Comunque, tra aborto, almeno in alcuni casi, ed eutanasia vedo una differenza a mio parere non da poco, nel valutare se dare o no la possibilità d'obiezione.
Eutanasia: "Non voglio farlo"; si cerca qualcuno che voglia farlo, e il malato soffrirà un po' di piú. Discutibile se sia da fare, ma dopo aver sofferto quel po' di piú avrà ciò che vuole.
Aborto: "Non voglio farlo"; si cerca qualcuno che voglia farlo, e nel frattempo la madre muore.
Nel secondo caso, quando sia in pericolo la vita della madre, onestamente sarei dubbio sul dare il diritto d'obiezione...
Nonostante le due cose siano simili la differenza fra aborto terapeutico e altri tipi di aborto è, imho, abissale. Il primo è uguale a qualsiasi operazione chirurgica fatta per salvare la vita di un malato, il secondo è molto differente. Un medico antiabortista, quindi, dovrebbe esprimere la propria obiezione solamente in quest'ultimo caso...
@ mornon
Lenire la sofferenza, non vuol dire necessariamente togliere la vita.
E', comunque, un atto estremo che non può essere imposto, neanche ad un medico. Il medico può al massimo indicare la spina da staccare, ma l'atto materiale deve essere liberamente compiuto.
Ti darei ragione solo in caso di "accanimento terapeutico".
Infatti, Lord Lupo, il medico non toglie la vita deliberatamente.
Il paziente sceglie di morire ed il medico lo aiuta: non il contrario.
Non è una scelta del medico far morire. E' invece una sua scelta decidere o meno di accompagnare fino alla fine il suo paziente.
Per quanto concerne l'aborto, non tutte le donne che vi fanno ricorso sono in pericolo di vita...Anzi.
Quindi è giusto che i medici abbiano il diritto di fare obiezione.
Senza contare che nei casi in cui davvero la madre è in pericolo di vita, anche i medici obiettori sono obbligati ad operare per salvarla.
E probabilmente loro cercheranno anche di salvare il bambino.
Infatti, Lord Lupo, il medico non toglie la vita deliberatamente.
Il paziente sceglie di morire ed il medico lo aiuta: non il contrario.
Non è una scelta del medico far morire. E' invece una sua scelta decidere o meno di accompagnare fino alla fine il suo paziente.
permettimi di dire che, se fossi un medico, fare un'iniezione letale ad una persona che potrebbe morire anche dopo molti mesi (o addirittura anni) mi creerebbe dei grandi problemi (questo il senso di deliberatamente, fatto cioè sapendo di provocare la morte di un altro essere umano) ed il fatto di sentirmi obbligato a farlo non mi farebbe sentire pienamente libero. Il paziente può essere tranquillamente "accompagnato fino alla fine" da un parente o amico.
Infatti, se fossi un medico dovresti avere la possibilità di scegliere di non fare quella puntura.
Qui nessuno pensa che il medico debba essere obbligato a farla. Anzi.
Come ad ogni uomo deve essere data la libertà di decidere se morire o meno, così ad ogni medico deve essere data la libertà di dire: "no, non me la sento".
Una volta che si ha questa libertà, la scelta diventa una questione strettamente personale, legata al proprio sentire, alla morale..a tutto quello che concerne quello specifico individuo.
Il paziente può essere tranquillamente "accompagnato fino alla fine" da un parente o amico.
Sono d'accordo. Io sceglierei una persona preposta ad accertarsi che la volontà del paziente sia realmente quella di morire, che la sua decisione è stata presa serenamente e dopo aver riflettuto. A quel punto darei il permesso di staccare la spina ad un suo familiare: il malato morirebbe tranquillo circondato da chi realmente gli vuole bene.
Se Welby avesse potuto muovere anche solo un braccio, quella spina se la sarebbe staccata da solo, invece c'era qualcuno, una legge, che lo costringeva a stare attaccato a un respiratore e ad un alimentatore. Se non è accanimento terapuetico questo :mellow:
Voler tenere in vita una persona a tutti i costi facendola soffrire lo trovo molto egoistico, staccare la spina lo trovo un gesto di grandissima umanità.
Sono favorevole a dare l'obiezione di coscienza (in realtà non sono per nulla d'accordo ma la libertà di scelta ci deve essere sempre e comunque) ma a condizione imprescindibile che in ogni ospedale ci deve essere almeno un medico disposto a staccare la spina. Così come dovrebbe esserci in ogni struttura pubblica almeno un medico disposto a praticare l'aborto.
Compito del medico è curare, dove possibile, la malattia. E non è mantenere in vita tutti a tutti i costi.
Se davvero siete convinti che il compito del medico è far vivere a tutti i costi... beh..a mio parere vi state considerando alla pari di Dio. Pensate di avere il potere di decidere della vita degli altri al loro posto.
Quoto in pieno. :wacko:
Lady delle Gocciole Extra Dark
We are only human, and the gods have fashioned us for love. That is our great glory, and our great tragedy.
Lenire la sofferenza, non vuol dire necessariamente togliere la vita
Necessariamente no, ma in alcuni casi, quando nemmeno essere sotto morfina sei volte al giorno impedisce di essere sentito urlare di dolore a una decina di stanze piú corridoi e rampe varie, mi viene il dubbio che le due cose possano quantomeno essere molto vicine.
E', comunque, un atto estremo che non può essere imposto, neanche ad un medico. Il medico può al massimo indicare la spina da staccare, ma l'atto materiale deve essere liberamente compiuto
Io stesso ho parlato di scelta, infatti :mellow:
Comunque, tra aborto, almeno in alcuni casi, ed eutanasia vedo una differenza a mio parere non da poco, nel valutare se dare o no la possibilità d'obiezione.
Eutanasia: "Non voglio farlo"; si cerca qualcuno che voglia farlo, e il malato soffrirà un po' di piú. Discutibile se sia da fare, ma dopo aver sofferto quel po' di piú avrà ciò che vuole.
Aborto: "Non voglio farlo"; si cerca qualcuno che voglia farlo, e nel frattempo la madre muore.
Nel secondo caso, quando sia in pericolo la vita della madre, onestamente sarei dubbio sul dare il diritto d'obiezione...
è chiaro che nel caso che l'aborto sia necessario per far vivere la madre, non si parla neppure di obienzione di coscienza...infatti non credo esistano medici che si rifiutano di far abortire in simili condizioni, tanto che anche la chiesa ammette la pratica in qst casi estremi...
Capisco la rabbia, ma augurare le malattie e la morte a chi la pensa diversamente non è il massimo.
La mia era una provocazione per sensibilizzare al tema della sofferenza altrui. E comunque non è una questione di "pensarla diversamente", ma di volontà di imporre agli altri la propria morale. Mentre il diritto all'eutanasia non lede in alcun modo chi è contrario ad essa, chi si oppone all'eutanasia compie un atto di prevaricazione e di crudeltà, perché impedisce agli altri malati e sofferenti di godere di questo diritto se ne fanno richiesta. Un amico della mia famiglia soffre di una malattia degenerativa che lo ha portato a perdere prima la parola, poi l'uso delle gambe, delle mani, fino ad arrivare all'impossibilità di deglutire e di respirare, che lo ha costretto a vivere intubato e immobile. Se voi vedeste la sofferenza atroce sua e della sua famiglia, sareste tutti favorevoli a concedere ai malati il diritto di poter scegliere una morte indolore e dignitosa, piuttosto che soffrire in uno stato di disperazione continua. Io credo che solo chi ha potuto assistere, come me, a un simile dolore provato da un amico, può rendersi conto di quanto il diritto alla dolce morte in certi casi sia l'unica soluzione dignitosa. La mia frase voleva dire che prima di fare una crociata contro l'eutanasia, i benpensanti farebbero meglio a pensare alle sofferenze di un malato di sclerosi laterale amniotrofica, e poi, solo allora, potranno pontificare sulla indisponibilità della vita e sul giuramento di Ippocrate.
Necessariamente no, ma in alcuni casi, quando nemmeno essere sotto morfina sei volte al giorno impedisce di essere sentito urlare di dolore a una decina di stanze piú corridoi e rampe varie, mi viene il dubbio che le due cose possano quantomeno essere molto vicine.
Meno male che lo avevo specificato nel post precedente: il caso da te descritto configura un caso di accanimento terapeutico :mellow:
Meno male che lo avevo specificato nel post precedente: il caso da te descritto configura un caso di accanimento terapeutico
Chiedo venia, non avevo inteso :mellow:
La mia era una provocazione per sensibilizzare al tema della sofferenza altrui. E comunque non è una questione di "pensarla diversamente", ma di volontà di imporre agli altri la propria morale. Mentre il diritto all'eutanasia non lede in alcun modo chi è contrario ad essa, chi si oppone all'eutanasia compie un atto di prevaricazione e di crudeltà, perché impedisce agli altri malati e sofferenti di godere di questo diritto se ne fanno richiesta. Un amico della mia famiglia soffre di una malattia degenerativa che lo ha portato a perdere prima la parola, poi l'uso delle gambe, delle mani, fino ad arrivare all'impossibilità di deglutire e di respirare, che lo ha costretto a vivere intubato e immobile. Se voi vedeste la sofferenza atroce sua e della sua famiglia, sareste tutti favorevoli a concedere ai malati il diritto di poter scegliere una morte indolore e dignitosa, piuttosto che soffrire in uno stato di disperazione continua. Io credo che solo chi ha potuto assistere, come me, a un simile dolore provato da un amico, può rendersi conto di quanto il diritto alla dolce morte in certi casi sia l'unica soluzione dignitosa. La mia frase voleva dire che prima di fare una crociata contro l'eutanasia, i benpensanti farebbero meglio a pensare alle sofferenze di un malato di sclerosi laterale amniotrofica, e poi, solo allora, potranno pontificare sulla indisponibilità della vita e sul giuramento di Ippocrate.
Nonostante sia cattolico capisco bene cosa vuol dire vivere una vita che non è più degna di chiamarsi tale; per questo sono a favore dell'eutanasia sui malati terminali che ridotti in quello stato non sono più creature di Dio ma abomini creati dallo stesso uomo.
Non solo: vorrei anche che la Chiesa cattolica accettasse questa pratica perchè in questo modo aiuterebbe a diffondere la cultura della dignità della vita.
Mi trovi d'accordo, quindi, sulla maggior parte delle cose che hai scritto. Non ho capito bene, però, il ruolo del medico... Cioè secondo te un medico deve essere obbligato a "staccare" la spina oppure può avere libertà di scelta?
Fra le due io propendo fortemente per la seconda.
i benpensanti farebbero meglio a pensare alle sofferenze di un malato di sclerosi laterale amniotrofica, e poi, solo allora, potranno pontificare sulla indisponibilità della vita e sul giuramento di Ippocrate.
più che con i benpensanti devi prendertela con i politici e con la costituzione, poi se ne può discutere....
il problema maggiore è questo :figo:
più che con i benpensanti devi prendertela con i politici e con la costituzione, poi se ne può discutere....
il problema maggiore è questo ^_^
I politici di fatto sono in maggioranza filo-clericali e dunque nemici del diritto alla dolce morte. Quanto alla costituzione, è noto che i suoi articoli possono essere interpretati anche in modi opposti, per cui non vedo seri rischi di incostituzionalità. In ogni caso hai ragione nel sottolineare la responsabilità del mondo poltico.
Però io aggiungo questo: se non si crea nella società civile un forte movimento di opinione che, a partire dalla constatazione della sofferenza terribile dei malati incurabili, affermasse il diritto di costoro a poter scegliere di morire dignitosamente e senza dolore.
Persino zio Martin sarebbe d'accordo: altrimenti non avrebbe dato tanto spazio spoiler da Il dominio 902dab4d326cabf344922f6f4a8c4d70'902dab4d326cabf344922f6f4a8c4d70
al dio dai tanti volti di Braavos, i cui sacerdoti di fatto praticano una forma di eutanasia.
:figo: :figo: ^_^
Nonostante sia cattolico capisco bene cosa vuol dire vivere una vita che non è più degna di chiamarsi tale; per questo sono a favore dell'eutanasia sui malati terminali che ridotti in quello stato non sono più creature di Dio ma abomini creati dallo stesso uomo.
Non solo: vorrei anche che la Chiesa cattolica accettasse questa pratica perchè in questo modo aiuterebbe a diffondere la cultura della dignità della vita.
Mi trovi d'accordo, quindi, sulla maggior parte delle cose che hai scritto. Non ho capito bene, però, il ruolo del medico... Cioè secondo te un medico deve essere obbligato a "staccare" la spina oppure può avere libertà di scelta?
Fra le due io propendo fortemente per la seconda.
Mi fa molto piacere che ci siano cattolici che, come te, sono aperti al dialogo ed affermano che l'accanimento terapeutico è un abominio creato dall'uomo e non ha nulla a che vedere con la sacralità della vita creata da Dio. Vorrei anch'io che la Chiesa ascoltasse di più la sua base di credenti, piuttosto che porre dei veti destinati ad influenzare enormemente il ceto politico.
Al medico deve essere lasciato il diritto di obiezione di coscienza, purché si garantisca al malato la possibilità di trovare medici disposti ad accogliere la sua richiesta di eutanasia.