la sostanza di qst scelta è: "miro ad un mercato più efficiente, chi ce la fa sta dentro, chi non ce la fa si f***ta". il che mi pare aberrantePerò fondamentalmente è il discorso "Se ci sono N posti di lavoro, devono andare agli N piú adatti"; in altri termini, chi ce la fa (perché ha le capacità) sta dentro, chi non ce la fa... il concetto che hai espresso, e quello affrontato nell'altra discussione sul posto ai piú adatti, mi pare, se non uguale, decisamente simile.
non proprio uguale. ora, mettiamo dei paletti. è chiaro che il posto di lavoro debba andare ai più capaci. ma allo stesso tempo non è detto che chi non ce la fa debba essere abbandonato. non parliamo solo di lavoro, parliamo di un intero sistema economico e sociale. in un sistema così, un vecchio che non ce la fa a mettere d'accordo pranzo e cena potrebbe anche morire di fame.
Premesso che non ho le competenze tecniche per analizzare i vostri riferimenti alle questioni teoriche, vorrei dare qualche risposta per come la vedo io.
Però, premettendo che vado a memoria, la piena occupazione non sarebbe anche un problema? Del tipo, una mia dipendente va in maternità, se non c'è nessuno disoccupato con chi la sostituisco? O, passando alla mala fede, un mio dipendente passa parte rilevante dell'orario lavorativo a farsi i fatti suoi; se non c'è nessuno disoccupato per sostituirlo, come posso lincenziarlo?
In Giappone il tasso di disoccupazione è prossimo allo zero (o lo era...) però esiste una mobilità trasversale: chiunque aspiri a qualcosa di meglio (o di ancora meglio) rispetto a quello che ha terrà d'occhio gli annunci anche se ha un contratto indeterminato, e magari risponderà al tuo.
"miro ad un mercato più efficiente, chi ce la fa sta dentro, chi non ce la fa si f***ta". il che mi pare aberrante
E' questo il punto. Skie è stato l'unico ad allegare una valutazione alla descrizione della realtà. E' utilissimo ragionare per capire come stanno le cose, ma visto che siamo persone e non computer, mi piacerebbe leggere qualche riflessione personale: va bene così? Va cambiato qualcosa? Perchè?
Ognuno ha le sue convinzioni, ma non si può esistere osservando oggettivamente il mondo e rifiutandosi di elaborare una propria opinione etica...
Però fondamentalmente è il discorso "Se ci sono N posti di lavoro, devono andare agli N piú adatti"; in altri termini, chi ce la fa (perché ha le capacità) sta dentro, chi non ce la fa... il concetto che hai espresso, e quello affrontato nell'altra discussione sul posto ai piú adatti, mi pare, se non uguale, decisamente simile.
E qui mi chiedo: perchè Tizio non ce la fa? In teoria è giustissimo dire che quei N posti vanno a N persone adatte, ma Tizio può benissimo rientrare nella categoria eppure non ottenere il posto di lavoro. Nella realtà può andare a un parente o a un uomo bianco etero senza figli...
Il discorso sulle leggi a tutela delle minoranze serve proprio a questo.
OT
Galline, uova, pesci, noci, abbiamo pure il frigo... che economia appetitosa :blush:
nessuno nega che eravamo sotto un regime, vero? e che la caratteristica di qst regime era la corporativizzazione dello stato. ci si aspetterebbe che, un codice nato sotto questo regime fosse profondamente influenzato dal regime stesso. invece, è in vigore ancora oggi. è stato adattato? quasi per niente. è stata tolta qualche incrostatura fascista (una trentina di articoli su oltre 1000), e subito si è rivelato adatto ad una democrazia. cosa significa questo? che, al di là degli interessi particolari in gioco, quando si va a legiferare, ci sono elementi di fondo che non possono essere eliminati, quale che sia l'interesse. perchè semplicemente spuntano fuori. e sono appunto tali elementi di giustizia.
essendo il fascismo un regime molto attento agli aspetti sociali e al consenso del popolo(come lo era il nazismo) è naturale che vi siano molti aspetti di giustizia sociale e tutela del popolo.
Inoltre tutto si può dira dei fascismo, ma l'attenzione l'"amore"e per i propri cittadini era indiscutibile.
Oppure si può dare un'altra interpretazione: fascismo o non fascismo, i medi-grandi industriali borghesi hanno sempre avuto in mano l'Italia. Per questo il codice andava e va bene.
Oppure, altra interpretazione: i giuristi che hanno redatto il cc non erano per niente fascisti, anzi si ispiravano ai principi liberali e democratici di Kelsen. E, visto che è stato completato nel 42, meno di un anno prima della caduta del fascismo, lo stesso fascismo non ha potuto riadattarlo ai propri scopi.
nessuno nega che eravamo sotto un regime, vero? e che la caratteristica di qst regime era la corporativizzazione dello stato. ci si aspetterebbe che, un codice nato sotto questo regime fosse profondamente influenzato dal regime stesso. invece, è in vigore ancora oggi. è stato adattato? quasi per niente. è stata tolta qualche incrostatura fascista (una trentina di articoli su oltre 1000), e subito si è rivelato adatto ad una democrazia. cosa significa questo? che, al di là degli interessi particolari in gioco, quando si va a legiferare, ci sono elementi di fondo che non possono essere eliminati, quale che sia l'interesse. perchè semplicemente spuntano fuori. e sono appunto tali elementi di giustizia.
essendo il fascismo un regime molto attento agli aspetti sociali e al consenso del popolo(come lo era il nazismo) è naturale che vi siano molti aspetti di giustizia sociale e tutela del popolo.
Inoltre tutto si può dira dei fascismo, ma l'attenzione l'"amore"e per i propri cittadini era indiscutibile.
Oppure si può dare un'altra interpretazione: fascismo o non fascismo, i medi-grandi industriali borghesi hanno sempre avuto in mano l'Italia. Per questo il codice andava e va bene.
Oppure, altra interpretazione: i giuristi che hanno redatto il cc non erano per niente fascisti, anzi si ispiravano ai principi liberali e democratici di Kelsen. E, visto che è stato completato nel 42, meno di un anno prima della caduta del fascismo, lo stesso fascismo non ha potuto riadattarlo ai propri scopi.
il lavoro era cominciato anni prima. è logico che i redattori fossero degli illuminati, se vuoi chiamarli così, anche xkè c'erano i miglior nomi della dottrina del tempo. non ribatto sul fascismo andremmo fuori tema.
dico solo che ne è risultato fuori un codice profondamente democratico, ben oltre quello che fosse lecito aspettarsi per l'epoca
Beh, mi pare una differenza sostanziale.Se consideri come oggetto di analisi una nazione, ciò che prende dall'esterno o da all'esterno è un oggetto di alimentazione di valore sul quale non hai controllo. E se il mercato crea valore proprio grazie quel qualcosa, questo sfugge all'analisi del fatto che il mercato sia a somma zero oppure no.
In parole povere, un frigo è in grado di raffreddare un ambiente, ma se sommiamo il frigo e la stanza in cui esso è contenuto la temperatura complessiva si è alzata. Questo per dire che l'interazione con un ambiente esterno permette di ottenere risultati che in ambito più generali non sono veri.
Quindi, per verificare la bontà di un mercato, dovremmo concentrarci sulla creazione di valore all'interno di quel mercato.
Ma la mia tabellina non voleva essere un esempio astratto (semplicissimo e forse semplicistico, ma non astratto), ma di come un paese ricco nel XXI secolo dovrebbe sfruttare le proprie risorse; poi ovvio che una crescita del 20% è improponibile eccetera.
Ma in tal caso è un sistema del tutto insufficiente per spiegare il valore del mercato.
Resta il fatto che, per dirla con un esempio che più terra terra non si può, se ho una gallina che fa 10 uova a settimana, è meglio darne il 10% ai poveri e le restanti 9 farle diventrare galline a loro volta (che poi produrranno 10 uova a testa, delle quali il 10% andranno ai poveri) oppure delle prime 10 uova darne 8 ai poveri e poi andare avanti allo stesso modo?
Certo il divario tra le uova che mi tengo e quelle che do ai poveri sarà palesemente ingiusto, ma, come diceva il buon Wiston, il capitalismo è un ingiusta distribuzione della ricchezza, ma il comunismo (o il socialismo, insomma) è un equa ripartizione della povertà
Ferma.
Da chi è composto il tuo sistema? Solo da te e dalla tua azienda agricola? Allora il donare 8 uova ai poveri è un semplice "faccio uscire il valore dal mio ambito", quindi è perso.
Il tuo sistema invece è la società formata da te, dalla tua azienda e dai potenziali clienti? Allora l'offerta, pur perdente per te nell'immediato, verso persone che ora come ora non possono pagarti avrà l'effetto di fidelizzarle a te, di permettere loro di sopravvivere fino al momento in cui non saranno in grado di lavorare e pagarti, e via discorrendo.
In pratica, una società dovrebbe vedere un disoccupato non come un fallimento da abbandonare, ma come un bambino, con un potenziale da sviluppare onde renderne possibile il reinserimento nel mondo lavorativo. E spiegherò meglio dopo questa cosa.
Da qui si ritorna alla mia domanda fondamentale: il mercato crea valore o lo sposta solamente (sia tenendo conto il pianeta nel modello sia, temporamente, ignorandolo)?
crea valore, se fatto come si deve. Può anche creare povertà.
Ipotizziamo il caso più semplice che possa esistere: 2 individui e 2 risorse (noci e pesci).
Diciamo che in un giorno l'individuo A riesce a raccogliere 60 noci o pescare 20 pesci, mentre l'individuo B a raccogliere 40 noci o a pescare 30 pesci.
Se i due individui si specializzano in quello che sanno fare meglio (il costo opporutnità: per l'individuo A ogni pesce a un costo opportunità di 3 noci, per l'individuo B di 4/3 di noci: è chiaro come si devono ripartire le mansioni) alla fine avremo 60 noci e 30 pesci.
Gli individui poi scambiano i loro prodotti ad un prezzo intermedio, diciamo 1 pesce per 2 noci
A alla fine della giornata A potrebbe portare a casa 40 noci e 10 pesci (da solo, raccogliendo 40 noci e poi andando a pescare, ne avrebbe potuto ottenere solo 7) mentre B 20 noci e 20 pesci (se avesse pescato 20 pesci per poi andare a raccogliere noci, ne avrebbe raccolte 13)
quindi lo scambio crea ricchezza, almeno da questo punto di vista... ovviamente se le risorse finiscono, oppure A e B si scambiano i ruoli, o se si frodano a vicenda, c'è povertà.
però da un punto di vista puramente teorico la somma potrebbe anche essere diversa da 0.
Molto bene... In primo luogo ti dico: se un raccoglitore di noci di cocco è disoccupato, la sua produzione di ricchezza sarà nulla. Se lo Stato investe su di lui e lo aiuta a trovare un nuovo lavoro, lo renderà nuovamente un membro produttivo della società, incrementando il suo apporto al PIL. Quindi la riduzione al minimo della spesa sociale non mi pare anche solo per questo una buona idea.
Secondariamente, hai anticipato la mia eventuale obiezione sul mercato come gioco a somma zero andando immediatamente a prendere un esempio riguardante materie prime.
Prima di argomentare questo passaggio, vorrei chiederti se secondo te c'è produzione di ricchezza nella trasformazione dei prodotti e nella fornitura dei servizi, dopodiché risponderò anche a questo punto.
Ti chiedo scusa per il procedimento poco ortodosso, ma la mia risposta si basa su un assunto riguardante tutti i livelli della catena produttiva, quindi preferirei estendere il discorso a livello generale.
Ma in tal caso è un sistema del tutto insufficiente per spiegare il valore del mercato.
infatti, intendeva spiegare come il mercato e la giustizia sociale italiana avrebbero potuto essere, e non sono.
Da chi è composto il tuo sistema? Solo da te e dalla tua azienda agricola? Allora il donare 8 uova ai poveri è un semplice "faccio uscire il valore dal mio ambito", quindi è perso.
beh, dai, cose come gli ospizi per i poveri o la cassa integrazione sono denaro perso... utilizzato in modo non efficiente, diciamo
In pratica, una società dovrebbe vedere un disoccupato non come un fallimento da abbandonare, ma come un bambino, con un potenziale da sviluppare onde renderne possibile il reinserimento nel mondo lavorativo. E spiegherò meglio dopo questa cosa.
io rimango convinto che se è disoccupato è perchè non c'è bisogno di lui in quell'ambito.
se poi si trova un nuovo settore dove può essere produttivo, ben venga il reinserimento.
In primo luogo ti dico: se un raccoglitore di noci di cocco è disoccupato, la sua produzione di ricchezza sarà nulla. Se lo Stato investe su di lui e lo aiuta a trovre un nuovo lavoro, lo renderà nuovamente un membro produttivo della società, incrementando il suo apporto al PIL. Quindi la riduzione al minimo della spesa sociale non mi pare anche solo per questo una buona idea.
ma se c'è già un raccoglitore di noci, e lui è disoccupato, significa che non ci sono abbastanza noci. E se lo metti a raccogliere noci, impoverisci il sistema economico
Prima di argomentare questo passaggio, vorrei chiederti se secondo te c'è produzione di ricchezza nella trasformazione dei prodotti e nella fornitura dei servizi, dopodiché risponderò anche a questo punto.
teniamo l'esempio delle noci e dei pesci.
A e B continuano a procurare materie prime, mentre C si mette a lavorare le lische di pesce (facciamo finta che sia pesce spada, boh...) e ne ricava così degli arpioni, con i quali B riesce a triplicare il suo pesce pescato... questo crea nuova ricchezza.
Ovviamente C andrà pagato per i suoi arpioni con il pesce... dipenderà da quanto i suoi arpioni risulteranno efficaci.
Ma in tal caso è un sistema del tutto insufficiente per spiegare il valore del mercato.
infatti, intendeva spiegare come il mercato e la giustizia sociale italiana avrebbero potuto essere, e non sono.
Ma non va bene nemmeno per quello, perché le assunzioni che fai ti portano a conclusioni del tutto irrealistiche. :blush:
Da chi è composto il tuo sistema? Solo da te e dalla tua azienda agricola? Allora il donare 8 uova ai poveri è un semplice "faccio uscire il valore dal mio ambito", quindi è perso.
beh, dai, cose come gli ospizi per i poveri o la cassa integrazione sono denaro perso... utilizzato in modo non efficiente, diciamo
Se produttori e consumatori fossero enti separati, sarebbe vero. Ma tu immagina questo: a causa del fatto che 1000 operai sono stati licenziati e non ricevono alcun aiuto sociale, smettono di comprare tutti i beni che non siano, ad esempio, quelli di prima necessità. La cosa comporta una flessione negli utili di determinate aziende, che a loro volta si troveranno costrette a sforbiciare il personale, allargando il fenomeno. E con il tempo il fenomeno, a meno di reinserimenti nel mondo del lavoro, si estenderebbe ad un numero sempre maggiore di beni.
Drenare soldi verso le fasce più deboli vuol dire anche proteggere dei consumatori, oltre che proteggere delle persone. Ha un senso economico che si somma al senso etico.
In pratica, una società dovrebbe vedere un disoccupato non come un fallimento da abbandonare, ma come un bambino, con un potenziale da sviluppare onde renderne possibile il reinserimento nel mondo lavorativo. E spiegherò meglio dopo questa cosa.
io rimango convinto che se è disoccupato è perchè non c'è bisogno di lui in quell'ambito.
se poi si trova un nuovo settore dove può essere produttivo, ben venga il reinserimento.
Esattamente quanto dicevo io con la flexycurity. Il punto è: secondo me lo Stato, per renderlo nuovamente produttivo, dovrebbe aiutarlo a reinserirsi, magari, come dici, in un altro ambito. Si tratta di un investimento, non di una spesa.
Inoltre il motivo che tu assumi è valido per un particolare tipo di disoccupazione, quella da esubero di personale.
Ma ci sono altri fattori, come ad esempio il fallimento aziendale, che non sono strettamente legati alla singola persona, e meriterebbero analisi più approfondite.
Prima di argomentare questo passaggio, vorrei chiederti se secondo te c'è produzione di ricchezza nella trasformazione dei prodotti e nella fornitura dei servizi, dopodiché risponderò anche a questo punto.
teniamo l'esempio delle noci e dei pesci.
A e B continuano a procurare materie prime, mentre C si mette a lavorare le lische di pesce (facciamo finta che sia pesce spada, boh...) e ne ricava così degli arpioni, con i quali B riesce a triplicare il suo pesce pescato... questo crea nuova ricchezza.
Ovviamente C andrà pagato per i suoi arpioni con il pesce... dipenderà da quanto i suoi arpioni risulteranno efficaci.
Ammettiamo che A senza gli arpioni peschi 10 pesci al giorno, mentre con gli arpioni questi sono 20. Ammettiamo pure che C non sappia pescare.
Si possono verificare diverse situazioni, che peseremo su A perché è solo su di lui che possiamo fare un raffronto con l'esempio precedente:
- C non fa gli arpioni, A pesca 10 pesci al giorno, non li da a C, C muore di fame. Per A la situazione non cambia
- C fa gli arpioni, A pesca 20 pesci al giorno, ne da 15 a C. Per A la situazione peggiora, diventa sfruttato
- C fa gli arpioni, A pesca 20 pesci al giorno, ne da 5 a C. Per A la situazione migliora, perché sfrutta (non dico truffa perché a C la cosa potrebbe andare benissimo) C pagando la sua opera meno del valore effettivo
- C fa gli arpioni, A pesca 20 pesci al giorno, ne da 10 a C. Pagando il prezzo corretto, per A non cambia nulla rispetto alla situazione precedente, e ci si potrebbe chiedere perché mai dovrebbe lavorare a queste condizioni, dal momento che a lui quei dieci pesci in aggiunta non portano alcun profitto!!
(Questo implica che lo sfruttamento è connaturato nel mercato del lavoro...)
In sostanza, la produzione di valore si riduce all'incremento di materia prima estratta nella medesima unità di tempo, ovvero abbiamo ricondotto questo esempio a quello precedente, in cui A e B si davano dei ruoli per massimizzare la produzione.
Il punto focale è: a parità tecnologica e di allocazione delle risorse (oggetto di studio dell'economia) non è possibile incrementare il benessere di un componente del sistema senza decrementare quello di un altro. Qualsiasi situazione di benessere deve essere pagata con una situazione di sfruttamento.
Ma il concetto più importante è il seguente: se consideriamo il fatto che le risorse sono finite (così rispondo a questo esempio e al precedente contemporaneamete), cadono le ipotesi da me scritte in corsivo: l'avere risorse finite infatti impedisce di considerare "ricchezza" la materia prima estratta e consumata. L'economia smette di diventare ottimizzazione delle risorse, per diventare ottimizzazione delle risorse finite, aprendo una miriade di problemi non banali.
Ma non va bene nemmeno per quello, perché le assunzioni che fai ti portano a conclusioni del tutto irrealistiche.
prendiamo lo Stato più liberista e quello più socialista: America e Svezia; la prima ha un Pnl di 12miliardi, la seconda di 0,3miliari; (proporzione 40-1; la popolazione invece è in rapporto di 30-1); se gli Stati uniti si mettessero a spendare la stessa (o anche minore) percentuale della svezia in giustizia sociale, beh, altro che ospedali gratis!
io non dico che il capitalismo sia perfetto e intramontabile: a un certo punto collassa su sè stesso, e allora una politica più attenta al sociale può sanare il mercato.
credo però che ogni Stato dovrebbe lasciar galoppare il capitalismo e arricchirsi al massimo fino al punto in cui il sistema comincia a dimostrare i primi scriccholii; a quel punto sarà così ricco da potersi permettere una giustiia sociale superiore a quella che avrebbe avuto applicandola sin da subito.
L'Italia avrebbe tutto da guadagnare a liberalizzarsi un po', anche dal punto di vista del sociale.
Esattamente quanto dicevo io con la flexycurity. Il punto è: secondo me lo Stato, per renderlo nuovamente produttivo, dovrebbe aiutarlo a reinserirsi, magari, come dici, in un altro ambito. Si tratta di un investimento, non di una spesa.
ma io sono d'accordo; basta che non venga imposto all'azienda/e che l'ha rifiutato (perchè, se l'ha rifiutato, avvrà i suoi validi motivi, economici, pratici, sociali...)
Ammettiamo che A senza gli arpioni peschi 10 pesci al giorno, mentre con gli arpioni questi sono 20. Ammettiamo pure che C non sappia pescare.Si possono verificare diverse situazioni, che peseremo su A perché è solo su di lui che possiamo fare un raffronto con l'esempio precedente:
- C non fa gli arpioni, A pesca 10 pesci al giorno, non li da a C, C muore di fame. Per A la situazione non cambia
- C fa gli arpioni, A pesca 20 pesci al giorno, ne da 15 a C. Per A la situazione peggiora, diventa sfruttato
- C fa gli arpioni, A pesca 20 pesci al giorno, ne da 5 a C. Per A la situazione migliora, perché sfrutta (non dico truffa perché a C la cosa potrebbe andare benissimo) C pagando la sua opera meno del valore effettivo
- C fa gli arpioni, A pesca 20 pesci al giorno, ne da 10 a C. Pagando il prezzo corretto, per A non cambia nulla rispetto alla situazione precedente, e ci si potrebbe chiedere perché mai dovrebbe lavorare a queste condizioni, dal momento che a lui quei dieci pesci in aggiunta non portano alcun profitto!!
(Questo implica che lo sfruttamento è connaturato nel mercato del lavoro...)
bisogna considerare quanti pesci C riuscirebbe a pescare (costo opprtunità); ammettiamo che non sappia pescare, o che ne peschi massimo 2-3; se riesce a ottenerne 6-7 è già un notevole miglioramento.
Il prezzo corretto è tutta qualla scala di valori compresi tra i costi opportunità (senza arpioni A pesca 10 pesci in meno; senza arpioni C riesce a pescare solo 3 pesci; lo scambio giusto è quindi tra i 4 e i 9 pesci; non è sfruttamento)
l'avere risorse finite infatti impedisce di considerare "ricchezza" la materia prima estratta e consumata. L'economia smette di diventare ottimizzazione delle risorse, per diventare ottimizzazione delle risorse finite, aprendo una miriade di problemi non banali.
per fortuna le risorse fondamentali sono tutte rinnovabili; non dico che sia un sinonimo di infinite, ma quasi
Ma non va bene nemmeno per quello, perché le assunzioni che fai ti portano a conclusioni del tutto irrealistiche.
prendiamo lo Stato più liberista e quello più socialista: America e Svezia; la prima ha un Pnl di 12miliardi, la seconda di 0,3miliari; (proporzione 40-1; la popolazione invece è in rapporto di 30-1); se gli Stati uniti si mettessero a spendare la stessa (o anche minore) percentuale della svezia in giustizia sociale, beh, altro che ospedali gratis!
Eppure la qualità della vita è immensamente più alta in Svezia o Danimarca, rispetto agli USA...
Quindi la scelta più giusta non è forse quella svedese? :indica:
io non dico che il capitalismo sia perfetto e intramontabile: a un certo punto collassa su sè stesso, e allora una politica più attenta al sociale può sanare il mercato.
credo però che ogni Stato dovrebbe lasciar galoppare il capitalismo e arricchirsi al massimo fino al punto in cui il sistema comincia a dimostrare i primi scriccholii; a quel punto sarà così ricco da potersi permettere una giustiia sociale superiore a quella che avrebbe avuto applicandola sin da subito.
E nel frattempo generazioni e generazioni saranno vissute senza avere niente...
Sarebbe come dire che gli Italiani di oggi accettassero una vita di sacrifici per ripagare il debito pubblico contratto 30 anni fa. Ti pare che ci sia qualuno disposto a farlo?
Purtroppo il portare un sistema al limite dell'esplosione e poi correggerne a forza la rotta non è fattibile: se tu gonfi un palloncino portandolo al limite dell'esplosione e poi ti fermi di colpo puoi farlo, ma devi contare una certa (difficilmente quantificabile) inerzia sociale, ben rappresentata dall'esempio degli Italiani di poco sopra, che devi tenere in conto.
Lanciare un sistema al massimo produce risposte sempre violente, e una ripercussione altrettanto forte dal lato opposto, come dimostra il passaggio dallo zarismo al comunismo in Russia.
È un sistema molto più sicuro mantenersi sempre "ai margini del caos" (a proposito, RIP Lorenz, e grazie di tutto! :blush: :blush: :blush: ).
Esattamente quanto dicevo io con la flexycurity. Il punto è: secondo me lo Stato, per renderlo nuovamente produttivo, dovrebbe aiutarlo a reinserirsi, magari, come dici, in un altro ambito. Si tratta di un investimento, non di una spesa.
ma io sono d'accordo; basta che non venga imposto all'azienda/e che l'ha rifiutato (perchè, se l'ha rifiutato, avvrà i suoi validi motivi, economici, pratici, sociali...)
Ma questo è ben diverso da quanto avevi detto nella precedente discussione, quando condannavi qualsiasi intervento statale (regolazioni forse a parte); un conto, vedi, è obbligare un'azienda ad assumere un gay, un conto è incentivarla, lasciando valutare al datore di lavoro, caso per caso, se accettare l'offerta e inserire nel suo ambiente con tasso di omofobia X il nuovo elemento oppure no.
Lo Stato falsa comunque il mercato del lavoro, ma senza imposizioni. ;)
Ammettiamo che A senza gli arpioni peschi 10 pesci al giorno, mentre con gli arpioni questi sono 20. Ammettiamo pure che C non sappia pescare.Si possono verificare diverse situazioni, che peseremo su A perché è solo su di lui che possiamo fare un raffronto con l'esempio precedente:
- C non fa gli arpioni, A pesca 10 pesci al giorno, non li da a C, C muore di fame. Per A la situazione non cambia
- C fa gli arpioni, A pesca 20 pesci al giorno, ne da 15 a C. Per A la situazione peggiora, diventa sfruttato
- C fa gli arpioni, A pesca 20 pesci al giorno, ne da 5 a C. Per A la situazione migliora, perché sfrutta (non dico truffa perché a C la cosa potrebbe andare benissimo) C pagando la sua opera meno del valore effettivo
- C fa gli arpioni, A pesca 20 pesci al giorno, ne da 10 a C. Pagando il prezzo corretto, per A non cambia nulla rispetto alla situazione precedente, e ci si potrebbe chiedere perché mai dovrebbe lavorare a queste condizioni, dal momento che a lui quei dieci pesci in aggiunta non portano alcun profitto!!
(Questo implica che lo sfruttamento è connaturato nel mercato del lavoro...)
bisogna considerare quanti pesci C riuscirebbe a pescare (costo opprtunità); ammettiamo che non sappia pescare, o che ne peschi massimo 2-3; se riesce a ottenerne 6-7 è già un notevole miglioramento.
Il prezzo corretto è tutta qualla scala di valori compresi tra i costi opportunità (senza arpioni A pesca 10 pesci in meno; senza arpioni C riesce a pescare solo 3 pesci; lo scambio giusto è quindi tra i 4 e i 9 pesci; non è sfruttamento)
Dipende: se C imparasse a pescare, oppure se A imparasse a fabbricare arpioni, impiegherebbero in modo più efficiente il loro tempo?
Insomma, per rendere l'esempio nel mondo reale: l'Occidente potrebbe avere l'attuale stato di benessere se i lavoratori cinesi non fossero in condizioni disumane?
l'avere risorse finite infatti impedisce di considerare "ricchezza" la materia prima estratta e consumata. L'economia smette di diventare ottimizzazione delle risorse, per diventare ottimizzazione delle risorse finite, aprendo una miriade di problemi non banali.
per fortuna le risorse fondamentali sono tutte rinnovabili; non dico che sia un sinonimo di infinite, ma quasi
Rinnovabile vuol dire che si rigenera, ma si rigenera solo se in ogni momento la quota totale è positiva. Una risorsa non si rinnova più se ne porti a 0 la quantità in un certo istante di tempo.
Vedi il fatto che la pescosità dei mari in meno di un secolo si è ridotta dell'80%...
In un ambiente a risorse finite, possiamo ancora considerare generazione di valore il consumo di materie prime, o dobbiamo iniziare a rivedere il concetto?
Negli esempi che abbiamo fatto, l'importante era avere pesci e cocchi: più se ne avevamo, più c'era valore. Ma in realtà, se una persona mangia due pesci e tre cocchi al giorno, possiamo/dobbiamo ancora considerare valore il pescato eccedente?
oddio! :blush: sfruttare il capitalismo al massimo, e poi? quando i danni sono irreversibili, si cambia tutto? e come fai? con una rivoluzione? con interventi che non sanno da dove iniziare?
il punto è che i sistemi sociali vanno corretti piano piano, non si portano al limite del collasso. anche perchè le dinamiche sociali sono molto più complesse di quelle economiche.
bisogna mettersi ben chiaro un concetto in mente: non c'è il sistema sociale migliore, c'è il sistema sociale adatto alle necessità, così come non esiste un'auto migliore, ma l'auto più adatta alle noste esigenze. tutti vorrebbero il maserati, ma poi comprano la fiesta ed un motivo ci sarà... dunque quello cha vale in italia non vale in svezia, o in america. le scelte sociali sono scelte di valore, ancorate al dato reale dell'ordinamento in cui debbono essere fatte.
Eppure la qualità della vita è immensamente più alta in Svezia o Danimarca, rispetto agli USA...Quindi la scelta più giusta non è forse quella svedese?
se l'america spendesse nel sociale la stessa percentuale, no.
adesso come adesso, nel mondo reale e non teorico, indubbiamente si sta meglio in Svezia. Ma in potenza si potrebbe stare cento volte meglio in america.
Purtroppo il portare un sistema al limite dell'esplosione e poi correggerne a forza la rotta non è fattibile: se tu gonfi un palloncino portandolo al limite dell'esplosione e poi ti fermi di colpo puoi farlo, ma devi contare una certa (difficilmente quantificabile) inerzia sociale, ben rappresentata dall'esempio degli Italiani di poco sopra, che devi tenere in conto.Lanciare un sistema al massimo produce risposte sempre violente, e una ripercussione altrettanto forte dal lato opposto, come dimostra il passaggio dallo zarismo al comunismo in Russia.
ho approfondito un po'meglio la storia economica del giappone: praticamente 30 anni fa si è lanciato in una corsa capitalista senza pari, diventando in breve la seconda potenza economica mondiale, tanto da insidiare
il primato degli usa.
Hanno accumulato una quantità immensa di capitale, al punto che non sapevano più cosa farsene (nessuno investiva più ecc.), finchè è arrivata la crisi e la loro economia è diventata molto più debole.
Se, prima della crisi, avessero investito quei capitali nel sociale, migliorando le condizioni della popolazione, il giappone sarebbe potuto diventare il paradiso terrestre e contemporaneamente rilanciare la sua ecomìnomia.
Il giapone, grazie al capitalismo, avrebbe potuto farlo (non l'ha fatto, ma avrebbe potuto); l'Italia non può neanche se vuole. E stiamo peggio sia del giappone, che della svezia che degli stati uniti.
Esattamente quanto dicevo io con la flexycurity. Il punto è: secondo me lo Stato, per renderlo nuovamente produttivo, dovrebbe aiutarlo a reinserirsi, magari, come dici, in un altro ambito. Si tratta di un investimento, non di una spesa.
dipende dal peso che si da al verbo "aiutarlo"... offrire dei corsi di specializzazione, metterlo al corrente di nuove proposte, facilitare l'acquisto di abitazione se si deve trasferire, va bene.
Ma "incentivare" le aziende ad assumerlo, no.
dipende: se C imparasse a pescare, oppure se A imparasse a fabbricare arpioni, impiegherebbero in modo più efficiente il loro tempo?
su questo punto mi sento di risponderti con una certa sicurezza: assolutamente no.
Il maggiore benessere si avrà sempre con la specializzazione e lo scambio
Insomma, per rendere l'esempio nel mondo reale: l'Occidente potrebbe avere l'attuale stato di benessere se i lavoratori cinesi non fossero in condizioni disumane?
secondo me sì... anzi se ai lavoratori cinesi succede quello che è successo nel dopoguerra in europa (tutti al mare con la lambretta rossa, cara ti regalo la borsetta di gucci) diventeremo ancora più ricchi.
Il problema è che 1,5miliardi di persone si passano da quarto stato ottocentesco a medio borghesi, il pianeta esplode nel giro di 10 anni (inquinamento stellare, risorse introvabili... terribile)
In un ambiente a risorse finite, possiamo ancora considerare generazione di valore il consumo di materie prime, o dobbiamo iniziare a rivedere il concetto?In un ambiente a risorse finite, possiamo ancora considerare generazione di valore il consumo di materie prime, o dobbiamo iniziare a rivedere il concetto
il problema delle risorse è sicuramente drammatico, ma non vedo come possa influenzare l'analisi dell'efficienza del libero mercato... come avevo risposto alcuni post fa, nel momento in cui in un settore vengono messe sul mercato tutte le risorse, è chiaro che è un gioco a somma zero, o anche somma negativa.
Eppure la qualità della vita è immensamente più alta in Svezia o Danimarca, rispetto agli USA...Quindi la scelta più giusta non è forse quella svedese?
se l'america spendesse nel sociale la stessa percentuale, no.
adesso come adesso, nel mondo reale e non teorico, indubbiamente si sta meglio in Svezia. Ma in potenza si potrebbe stare cento volte meglio in america.
Questo forse se limiti l'analisi ad un istante di tempo.
Ma se nel conteggio metti tutte le generazioni necessarie per raggiungere l'obiettivo, forse la situazione cambia un po'.
Meglio 5 generazioni che lavorano come schiavi per seguire il capitalismo più selvaggio e sfrenato, e poi improvvisamente dare alla sesta ogni sorta di sussidio possibile immaginabile, oppure meglio dare a tutte e sei le generazioni un modello sostenibile di stato sociale?
Te a metto in un altro modo: saresti disposto a lavorare senza tutela alcuna, solo con la promessa che i tuoi bisnipoti avranno la sanità interamente gratuita?
Esattamente quanto dicevo io con la flexycurity. Il punto è: secondo me lo Stato, per renderlo nuovamente produttivo, dovrebbe aiutarlo a reinserirsi, magari, come dici, in un altro ambito. Si tratta di un investimento, non di una spesa.
dipende dal peso che si da al verbo "aiutarlo"... offrire dei corsi di specializzazione, metterlo al corrente di nuove proposte, facilitare l'acquisto di abitazione se si deve trasferire, va bene.
Ma "incentivare" le aziende ad assumerlo, no.
Perché mai? Diamo per appurato che Stato e aziende hanno obiettivi differenti. L'obiettivo dello Stato non è il profitto, ma il benessere, e sono due cose leggermente diverse.
Sono d'accordo che imporre l'assunzione di un omosessuale, per tornare all'esempio precedente, è ridicolo.
Ma se lo Stato ci mette soldi suoi per incentivare la cosa, lasciando comunque al singolo imprenditore facoltà di accettare o rifiutare, non vedo il problema.
Riguardo invece il tuo esempio, se uno perde il posto per ragioni di demerito è invece più che corretto che sia solo per merito che possa rientrare nel mondo del lavoro. Ma trovo anche corretto che non sia abbandonato a sé stesso, ma che lo Stato lo metta in condizione di poter progredire; che poi lo faccia davvero deve stare unicamente a lui, ma non mi vedo uno Stato che abbandona i suoi abitanti...
dipende: se C imparasse a pescare, oppure se A imparasse a fabbricare arpioni, impiegherebbero in modo più efficiente il loro tempo?
su questo punto mi sento di risponderti con una certa sicurezza: assolutamente no.
Il maggiore benessere si avrà sempre con la specializzazione e lo scambio
Magari sarà vero, ma specializzazione in cosa?
Nel nostro esempio A pesca 10 pesci, 20 con gli arpioni, C sa fare gli arpioni, e se pescasse di persona prenderebbe solo 3 pesci, con o senza arpione.
Quindi A paga 5 pesci a C per l'arpione, e tutti hanno più di quanto avrebbero avuto da soli.
Ma mettiamo caso che C, se avesse passato del tempo a imparare a pescare, sarebbe stato in grado di prendere anche lui 10 pesci al giorno.
Cosa rende la prima strada preferibile alla seconda? C si può considerare sfruttato nella situazione attuale (arpione per 5 pesci), sapendo questo?
L'allocazione ottimale delle risorse deve essere una funzione del tempo. E non sempre l'ottimo nell'istante X conduce all'ottimo globale.
Insomma, per rendere l'esempio nel mondo reale: l'Occidente potrebbe avere l'attuale stato di benessere se i lavoratori cinesi non fossero in condizioni disumane?
secondo me sì... anzi se ai lavoratori cinesi succede quello che è successo nel dopoguerra in europa (tutti al mare con la lambretta rossa, cara ti regalo la borsetta di gucci) diventeremo ancora più ricchi.
Il problema è che 1,5miliardi di persone si passano da quarto stato ottocentesco a medio borghesi, il pianeta esplode nel giro di 10 anni (inquinamento stellare, risorse introvabili... terribile)
A parte il problema delle risorse che sollevi, il punto è che oggi noi siamo ricchi non perché abbiamo più soldi, ma perché possiamo comprare tutto ciò che ci è neccessario e molto di superfluo ad un prezzo abbordabile. E questo prezzo è abbordabile perché il lavoro necessario a produrre quei beni cosa poco. E quel lavoro costa poco perché le condizioni di lavoro nei luoghi di produzione sono quello che sono.
Quindi, quando la Mattel dovrà mettere in conto le ferie pagate dei dipendenti cinesi, gli scioperi, gli standard di sicurezza, le 35 ore lavorative, gli standard ambientali... Le Tartarughe Ninja di plastica costeranno sempre così poco?
In un ambiente a risorse finite, possiamo ancora considerare generazione di valore il consumo di materie prime, o dobbiamo iniziare a rivedere il concetto?In un ambiente a risorse finite, possiamo ancora considerare generazione di valore il consumo di materie prime, o dobbiamo iniziare a rivedere il concetto
il problema delle risorse è sicuramente drammatico, ma non vedo come possa influenzare l'analisi dell'efficienza del libero mercato... come avevo risposto alcuni post fa, nel momento in cui in un settore vengono messe sul mercato tutte le risorse, è chiaro che è un gioco a somma zero, o anche somma negativa.
(Sicuramente negativa a causa dell'entropia insita in un qualsiasi processo di trasformazione. :blush: )
Il punto è che se come insieme di riferimento prendiamo il pianeta Terra le risorse SONO finite. E quando andremo sulla Luna e inizieremo a estrarre manganese, le risorse saranno lo stesso in numero finito. E via dicendo.
Quindi, lo ripeto, non converrebbe ripensare al concetto di ricchezza? Sapendo che, come scrivi, una volta messe in gioco tutte le risorse il gioco diventa a somma 0 (se non negativa), ha sempre senso definire ricchezza il massimo utilizzo di materie prime, senza imporre vincoli dovuti alla capacità di rinnovamento di quelle materie?
Te a metto in un altro modo: saresti disposto a lavorare senza tutela alcuna, solo con la promessa che i tuoi bisnipoti avranno la sanità interamente gratuita?
no, ma io non sarei neppure disposto mettere a rischio la vita per la libertà, la democrazia, la patria eccetera... che si arrangino i miei bisnipoti.
comunque l'america degli anni d'oro del capitalismo, diciamo anni 50-70, e anche prima, quando per la prima volta è entrata tra i big del pianeta, dal 1880 al 1920, era un posto fantastico, dove veramente ognuno poteva realizzarsi... certo non perfetto, ma comunque un gran bello stato, ricco, giusto, ottimista... per molti aspetti molto meglio della svezia
e qui mi viene il dubbio: capitalismo, socialismo, comunismo: tutte grandi caz***e: alla fine il 90% del benessere generale si ottiene grazie a un rapporto ottimale tra tra popolazione e territorio...
Tutto si gioca allora sul benessere soggettivo: e quello si ottiene molto più facilmente con il capitalismo
L'obiettivo dello Stato non è il profitto, ma il benessere, e sono due cose leggermente diverse.Sono d'accordo che imporre l'assunzione di un omosessuale, per tornare all'esempio precedente, è ridicolo.
Ma se lo Stato ci mette soldi suoi per incentivare la cosa, lasciando comunque al singolo imprenditore facoltà di accettare o rifiutare, non vedo il problema
e lo Stato i soldi dove li trova? se lo Stato va in bancarotta a causa della spesa pubblica (come sta facendo l'Italia), ne risente tutto il sistema economico...
Ma mettiamo caso che C, se avesse passato del tempo a imparare a pescare, sarebbe stato in grado di prendere anche lui 10 pesci al giorno.Cosa rende la prima strada preferibile alla seconda? C si può considerare sfruttato nella situazione attuale (arpione per 5 pesci), sapendo questo?
un cameriere si sente sfruttato quando lo pagano 1000 euro al mese, sapendo che se fosse andato all'Università magari adesso sarebbe un notaio strapagato? non so... se C ha preferito fare arpioni, ci sarà un motivo, e così chi decide di fare il cameriere invece del notaio
Quindi, quando la Mattel dovrà mettere in conto le ferie pagate dei dipendenti cinesi, gli scioperi, gli standard di sicurezza, le 35 ore lavorative, gli standard ambientali... Le Tartarughe Ninja di plastica costeranno sempre così poco?
no, dovranno per forza aumentare il prezzo. Ma allora la domanda calerà. E 1/3 dei lavoratori cinesi della mattel verranno rispediti a casa. Quindi il signor mattel guadagnerà tale e quale a prima.
Quindi, lo ripeto, non converrebbe ripensare al concetto di ricchezza? Sapendo che, come scrivi, una volta messe in gioco tutte le risorse il gioco diventa a somma 0 (se non negativa), ha sempre senso definire ricchezza il massimo utilizzo di materie prime, senza imporre vincoli dovuti alla capacità di rinnovamento di quelle materie?
per adesso direi di sì, visto che la maggior parte delle risorse sono ancora "infinite" l'acqua non è infinita, ma dal nostro punto di vista quasi... il vento, l'energia idroelettrica, l'idrogeno... tutte praticamente infinite... e ti assicuro, prima che finisca l'acqua, finirà una bella fetta del genere umano (e quel punto, ai superstiti, l'acqua sembrerà ancora infinita come lo era 500 anni fa)
per adesso direi di sì, visto che la maggior parte delle risorse sono ancora "infinite" l'acqua non è infinita, ma dal nostro punto di vista quasi... il vento, l'energia idroelettrica, l'idrogeno... tutte praticamente infinite
Sicuro? :blush: Le zone colpite da siccità, se non in siccità quasi perenne, esistono ancora oggi, anche in Italia ogni tanto si lamenta; questo la rende considerabile ancora come infinita, al di là del nostro piccolo spazio personale?
L'idrogeno... anche considerandolo infinito, non è tale né l'energia necessaria per estrarlo, né l'acqua da cui estralo (vedi anche problema di cui sopra).
l'acqua è tanta, tantissima... noi la sprechiamo in modo scandaloso, ma per una persona nella vita sarebbero sufficienti 2x365x70=51100 litri d'acqua, pari a 51 tonnelate (giusto? :blush: )
le cascate del niagare hanno una portata di 6500 tonnellate al secondo... questo vuol che 120 persone potrebbe vivere l'intera vita con 1 secondo di cascata del niagara
poi c'è la pioggia per le piante, l'acqua per gli animali e un sacco di altre cosa "indirette", ma, caspita, avete idea di quanta acqua in più ci sia nell'oceano pacifico rispetto a un secondo delle cascate del niagara???