....quello che mi preme è sottolineare che senza regole o con poche regole, il mercato tende naturalmente verso la ocncentrazione ed i monopoli, non verso la concorrenza
dipende dai beni in questione. il mercato fornisce in modo efficiente solo i beni esclusivi (chi li produce può impedire a chi non paga di consumarli) e rivali nel consumo (la stessa unità di bene non può essere consumata contemporaneamente da più persone).
inoltre devono essere sostituti (uno vale l'altro)
per beni come questi il libero mercato è auspicabile.
il libero mercato è, e rimarrà, solo un bel modello teorico inapplicabile come la repubblica di platone, perchè pone troppa fiducia in un meccanismo che, primo, è tutto da provare, secondo, troppo automatico, terzo, se pure tentato lo è stato con risultati fallimentari. basta farsi un giro nel mondo del lavoro, o in un mercato rionale, per capire come sia IMPOSSIBILE un mercato di concorrenza perfetta. al massimo una concorrenza monopolistica che, come si legge in ogni manuale di economia, non permette vera concorrenza, potendo ogni piccolo produttore e/o rivenditore diversificare il proprio prodotto e metterlo al prtezzo che vuole.
per il mercato del lavoro, poi, la asimmetria relativa alla forza contrattuale tra datore e lavoratore non può essere risolta in base al mercato, perchè chi lavora ha esigenze che una società non può permettersi di trascurare, privilegiando l'imprenditore che fa soldi. semplicemente non è etico, così come non è etico sganciare bombe per esportare la democrazia...
il libero mercato è, e rimarrà, solo un bel modello teorico inapplicabile come la repubblica di platone
a me sembra sia applicato in ogni dove, invece... dai coltivatori di mele agli studi di legge; forse non sarà applicato in modo perfetto, ma ci si avvicina parecchio.
le dimissioni del lavoratore è vero, possono avvenire anche senza causa, ma c'è un motivo per cui avvengono, icoè il fatto che il lavoratore ha come entrata il salario, che lo fa mangiare. quindi, rinunciando volontariamente al lavoro, volontariamente si mette in disoccupazione
Parallelamente si potrebbe dire che il datore, rinunciando volontariamente al lavoro della persona, volontariamente diminuisce la sua forza lavoro. Inoltre, il datore non può licenziare il lavoratore senza motivo perché gli toglierebbe quello con cui mangia; ma se il lavoratore si licenzia di punto in bianco non crea problemi al datore? Certo, sono previsti (non so se per ogni tipo di lavoro, dal garzone al dirigente) i tempi di preavviso, ma che basta pagare per non rispettarli (per simmetria, dovrebbe essere come negli Stati Uniti: ti licenzio senza motivo, ti risarcisco, ma non sono obbligato a riassumerti, cosí come il lavoratore non è obbligato a restare), e che comunque non danno garanzie di poter riottenere tutta l'esperienza che se ne va in tempo. Se il datore non può danneggiare il lavoratore, perché il lavoratore può danneggiare il datore?
Il fatto è che tu stesso hai detto che "è inadempiente perchè recede senza giusta causa, unilateralmente, venendo meno al suo impegno e chiudendo il contratto in modo arbitrario", e che "è un controsenso logico, oltre che giuridico, dire che è serio un impegno che prevede la possibilità PER UNA SOLA DELLE PARTI, di recedere dal contratto senza motivo". Quelle stesse frasi fanno sí che le dimissioni, per come previste, rendano il lavoratore inadempiente, che il suo impegno non sia serio, e che il contratto di lavoro per come attualmente previsto sia un controsenso logico e giuridico. Però per lui quelle frasi non contano, sebbene non contandole in tal caso di fatto perdano di significato.
Ora, tu hai parlato di "per una sola delle parti", ma a questo punto cosa intendevi, visto che non solo questo è l'ordinamento vigente, ma lo difendi pure? A questo punto, per quanto da te stesso detto sarebbe piú logico un contratto in cui (1) nessuna delle due parti possa recedere quando e come vuole, oppure (2) un contratto in cui entrambe le parti possano farlo.
sul fatto che sia inadempiente, continuo a ripeterlo, perchè il datore si assume l'impegno non solo di pagare, ma di DARE UN LAVORO al dipendente, il quale si impegna a lavorare. ora, se unilaterlamente e senza causa, non dai più il lavoro, ecco che hai rescisso il contratto senza causa. ergo, se inadempiente
Non concordo: è inadempiente se il contratto prevede di dare un lavoro e di non licenziare senza giusta causa; ma in tal caso è ovvio che sia inadempiente, visto che si pone l'inadempienza non come tesi, ma come ipotesi. Del resto, il lavoratore si impegna, come tu stesso dici, a lavorare; quindi, per parafrasarti, "se unilaterlamente e senza causa non lavori piú, ecco che hai rescisso il contratto senza causa. ergo, se inadempiente": il ragionamento è lo stesso, anzi mi pare piú logico quello applicato al datore (perché se il datore si impegna a dare un lavoro, ma non a non licenziare senza motivo, licenziando non è inadempiente; mentre, se il lavoratore si impegna a lavorare, smettendo di farlo è inadempiente).
Invece, prendendo un contratto come "Io do a te lavoro, tu dai a me soldi", il licenziamento immotivato non significa essere inadempienti.
In breve: se il datore è inadempiente quando unilateramente rescinde il contratto, non vedo perché il lavoratore non debba esserlo; soprattutto considerando che impegnarsi a dare un lavoro non significa impegnarsi a mantenere ciò che si è dato; e che, quindi, se non è prevista la seconda cosa, licenziare non significa essere inadempienti.
Poi, ripeto, può fare schifo, si può considerare giusto l'ordinamento odierno; ma, se è inadempienza quando lo fa il datore, a logica non c'è motivo per cui non debba esserlo quando lo fa (ancora di piú) il lavoratore.
consideriamo poi le implicazioni pratiche di una delegislazione in materia. io imprenditore a licenzio quando voglio chi mi pare. il costo dei miei dipendenti così è 100. tu imprenditore b invece fai il corretto. il costo dei tuoi dipendenti è 120. allora, per quale motivo tu b dovresti continuare a comportarti correttamente spendendo di più?
Il mio discorso non è "Una legge che permetta di licenziare quando mi pare sarebbe giusta", è un altro discorso, quello che facevo notare è che (1) il licenziare quando mi pare non implica necessariamente inadempienza, se il contratto non mi impegna a non farlo; e (2) che per quanto da te stesso detto la legislazione attuale fa sí che, logicamente e giuridicamente, il contratto di lavoro sia un assurdo.
In breve, per cercare di non far perdere i concetti nel discorso:
Poi, ripeto, si può considerare giusta la situazione odierna, si può dire che altrimenti farebbe schifo, ma quanto sopra mi pare perfettamente sensato (non nel senso che sia necessariamente giusto, ma che è logico).
Il ragionamento di Mornon è di una logica stringente.
peccato che la logica stringente non tenga conto del fatto che non è vero che il lavoratore si può licenziare come vuole, ma primo deve dare un preavviso, secondo in caso il lavoratore debba un risarcimento, proporzionalmente è assai maggiore che il risarcimento dovuto al lavoratore in caso inverso...
inoltre, il danno che riceve il datore è infinitamente minore rispetto al danno che il lavoratore subisce in caso di licenziamento ingiusto. cmq l'obbligo di reintegro è un qualcosa in più che il legislatore ha previsto per colmare l'insufficiente risarcimento (che peraltro è solo in indennizzo) che il datore è tenuto a dare.
peccato che la logica stringente non tenga conto del fatto che non è vero che il lavoratore si può licenziare come vuole, ma primo deve dare un preavviso, secondo in caso il lavoratore debba un risarcimento, proporzionalmente è assai maggiore che il risarcimento dovuto al lavoratore in caso inverso
Peccato invece che ne tenga conto, se leggi attentamente i miei messaggi non solo l'ho considerato, ma l'ho anche messo in relazione con l'analogo contrario (datore verso lavoratore). Tra l'altro, tu hai parlato di essere licenziato senza motivo, io ho parlato di dimettersi senza motivo: che il preavviso sia nullo o sia di un anno, che il risarcimento sia nullo o infinito, ciò non toglie che il lavoratore si può dimettere senza motivo, e quindi il preavviso, e quindi il risarcimento, su cui comunque ho risposto, non tocca la logica del licenziarsi/dimettersi senza motivo; altrimenti, sempre per simmetria anche il "Tra tre mesi ti licenzio, ma non ho un motivo per farlo" dovrebbe essere altrettanto valido. "Con preavviso" "con risarcimento" non significa "con motivo", e qui di assenza di motivo si stava parlando.
Inoltre, quanto dici non tiene conto di quanto ho detto sui tuoi messaggi: il contratto di lavoro è un contratto che vincola due parti; con riferimento a esso, hai detto, cito di nuovo, "è inadempiente perchè recede senza giusta causa, unilateralmente, venendo meno al suo impegno e chiudendo il contratto in modo arbitrario", e che "è un controsenso logico, oltre che giuridico, dire che è serio un impegno che prevede la possibilità PER UNA SOLA DELLE PARTI, di recedere dal contratto senza motivo". Quindi, per quanto tu hai detto, il lavoratore non prende un impegno serio, il dire che lo fa è un controsenso logico e giuridico, e dimettendosi senza motivazione è inadempiente. Oppure, mi sfugge perché parli di unilateralità, di "una sola delle due parti", quando in un contratto con due parti intendi riferirti a una delle due: a questo punto, avresti dovuto dire "è un controsenso logico, oltre che giuridico, dire che è serio un impegno che prevede la possibilità per il datore di recedere dal contratto senza motivo", ma per i motivi detti un simile approccio non mi trova d'accordo: se la recessione unilaterale è un controsenso, lo è a prescindere da chi sia quest'unica parte. Poi, si può renderlo giusto con giri legali, ma se è un controsenso giuridico in un senso, lo è anche nell'altro, altrimenti i concetti da te detti perdono di significato.
mornon quello che non ti sovviene è un fatto molto semplice: cioè che il contratto di lavoro non è un semplice contratto a prestazioni corrispettive, ma un contratto a prestazioni corrispettive anomalo, cioè nel caso semplice abbiamo un dare/avere che coinvolge i patrimoni di entrambe le parti. nel caso del rapporto di lavoro solo UNA parte impegna il suo patrimonio, l'altra impegna la sua PERSONA, cioè si assume un impegno infinitamente più stringente del semplice impegno monetario. ecco perchè viene tutelato in maniera diversa.
sul risarcimento, non è vero che non è importante QUANTO sia punitivo, invece lo è moltissimo. perchè se questo non è un risarcimento punitivo non c'è un deterrente a rispettare il contratto. e se guardi, l'afflittività del risarcimento a carico del datore di lavoro è minima, rispetto al danno che procura. da qui l'obbligo di reintegro.
parificare le posizioni del datore e quelle del lavoratore è assolutamente improprio.
quello che non ti sovviene è un fatto molto semplice: cioè che il contratto di lavoro non è un semplice contratto a prestazioni corrispettive, ma un contratto a prestazioni corrispettive anomalo, cioè nel caso semplice abbiamo un dare/avere che coinvolge i patrimoni di entrambe le parti. nel caso del rapporto di lavoro solo UNA parte impegna il suo patrimonio, l'altra impegna la sua PERSONA, cioè si assume un impegno infinitamente più stringente del semplice impegno monetario. ecco perchè viene tutelato in maniera diversa
Mi sovviene, lo capisco benissimo, quello che invece non capisco è cosa intendessi dire con frasi come "è un controsenso logico, oltre che giuridico, dire che è serio un impegno che prevede la possibilità PER UNA SOLA DELLE PARTI, di recedere dal contratto senza motivo", da te dette in relazione al contratto di lavoro, non a un contratto generico, se poi non lo applichi al contratto di lavoro; ossia: in relazione al contratto di lavoro hai detto quello, ma quello non si applica al contratto di lavoro. Che senso ha allora dirlo? Cosa volevi dire, nello scrivere quello (e altre cose come "è inadempiente perchè recede senza giusta causa, unilateralmente, venendo meno al suo impegno e chiudendo il contratto in modo arbitrario")?
Comunque, sottolineo che l'unico motivo per cui il licenziamento ingiustificato è inadempienza è perché c'è una legge che dice che è inadempienza; ossia, come ho detto, se il contratto non prevede quella clausola (né tramite contratto, né tramite legge), il licenziamento ingiustificato non è inadempienza. In altri termini, per far sí che non sia inadempienza basta postulare un contratto che non lo vieti.
sul risarcimento, non è vero che non è importante QUANTO sia punitivo, invece lo è moltissimo
Né io ho scritto che non sia importante, ho solamente sottolineato la disparità tra lavoratore-datore (me ne vado senza preavviso e senza motivo e devo solo darti un risarcimento, anche se magari ti ho lasciato totalmente nei casini) e datore-lavoratore (se ti licenzio senza motivo devo pagarti e riprenderti).
parificare le posizioni del datore e quelle del lavoratore è assolutamente improprio
Torno nuovamente a ripetere che non ho mai detto che sia proprio o improprio, è un'altra discussione, che a seconda dell'ordinamento che si considera prenderebbe strade diverse; sto solamente provando a capire perché tu hai detto delle cose, riferite al contratto di lavoro, che poi in realtà non trovano applicazione, per quanto tu stesso dici, al contratto di lavoro. Voglio dire, un concetto come "è un controsenso logico, oltre che giuridico, dire che è serio un impegno che prevede la possibilità PER UNA SOLA DELLE PARTI, di recedere dal contratto senza motivo", oltretutto espresso in relazione al contratto di lavoro, descrive esattamente il contratto di lavoro attuale, e quindi, oltre a dire che il contratto ipotizzato da Balon e me è perfettamente serio, dice che il contratto di lavoro attuale non è un impegno serio, almeno dal lavoratore verso il datore. Poi, dici che non è cosí. Allora perché hai scritto una simile cosa? Perché non sono stato io a dire che il contratto di lavoro, almeno dal lavoratore al datore, non è un impegno serio, ma tu; io sto solamente facendo notare appunto che sei stato tu a dirlo.
In pratica quanto hai detto si riassume in "In merito ai contratti di lavoro dico [questo], che però non va applicato ai contratti di lavoro"; e allora no, non capisco cosa vuoi dire :wub:
Aggiunta:
solo UNA parte impegna il suo patrimonio, l'altra impegna la sua PERSONA, cioè si assume un impegno infinitamente più stringente del semplice impegno monetario
Cosa intendi con "piú stringente"? Entrambi sono tenuti a dare quanto si sono impegnati a dare nel contratto, e considerando che il lavoratore può interrompere l'impegno senza motivo, mentre il datore no, di per sé mi pare meno stringente l'impegno del primo.
quoto mornon, e torno ad aggiungere che lasciando libertà di iniziativa contrattuale, è più facile che vengano alla luce gli aspetti positivi e negativi della disciplina.
Se invece è lo Stato a dire "il contratto di lavoro deve essere così, punto e basta" magari si raggiunge un livello accettabile, ma non sapremo mai se è possibile fare di meglio.
Il mercato (perchè la forza lavoro è una merce, lo dice pure marx) tende all'efficienza ("tende", non "raggiunge al 100%").
Poi tu hai mille volte ragione a dire che speculatori e sfruttatori tendono a mettersi d'accordo per accumulare ricchezza a scapito dei lavoratori. Ma lo Stato dovrebbe servire proprio a questo: lasciare che i privati trovino le disciplina contrattuale che più li soddisfa (proprio come alle bancarelle del pesce), limitandosi a evitare accordi e frodi per manipolare artificialmente il mercato.
A me sembra che il discorso fili... poi tu dici che nella realtà non è applicabile, ma io dico che non è mai stato applicato con sufficiente rigore e consapevolezza
allora, riassumiamo.
sottolineando l'impegno personale (più stringente significa che l'impegno è più gravoso, dato che si impegna la propria persona e non il proprio denaro), intendo dire che la legge compensa con la sua previsione una disparità contrattuale tra datore e lavoratore. prevedere che un lavoratore decida di liberarsi di un impegno personale quando vuole compensa appunto la poca forza contrattuale. e cmq la legge prevede dei meccanismi che non permettono al lavoratore di prendere ed andarsene quando vuole. il preavviso ad es. serve al datore per poter sostituire il dimissionario. sulla previsione dell'art. 18 chiariamoci. non si prevede RISARCIMENTO e riassunzione, ma INDENNIZZO (molto più leggero) e riassunzione, oltretutto solo per le imprese con più di 15 dipendenti, che sono solo la metà delle imprese. per gli altri è previsto solo un indennizzo, che appunto non è un risarcimento. sul controsenso logico e giuridico volevo dire che prevedere che una delle parti, cioè quella con più forza contrattuale, abusi della sua posizione di privilegio, è un controsenso, perchè è un'offesa alla libertà contrattuale. cioè, abbiamo da un lato una parte che è necessitata a firmare un contratto, dall'altra una parte che non ha tale necessità. ora, prevedere che la parte forte rescinda senza motivo il contratto è appunto un assurdo. non lo è se è prevista per la parte debole, perchè deve compensare appunto tale disparità. e cmq, è chiaro che questa è la previsione vigente, un po' in tutto il mondo occidentale, ma non si può escludere che si possa per esempio mettere una clausola di giusto motivo anche per il lavoratore (anzi, per certi lavoratori iper qualificati o dirigenti sarebbe auspicabile). quando dicevo che non è pensabile un cambiamento credo che io mi riferissi alla distinzione interesse pubblico/interesse privato, per i motivi che ho detto, cioè che parificare le 2 cose elimina l'interesse pubblico, perchè si toglierebbe il potere di imperio alla macchina statale, oppure si dovrebbe concederlo ai privati. entrambe le ipotesi sono ovviamente imposibili,non ti pare?
sottolineando l'impegno personale (più stringente significa che l'impegno è più gravoso, dato che si impegna la propria persona e non il proprio denaro), intendo dire che la legge compensa con la sua previsione una disparità contrattuale tra datore e lavoratore. prevedere che un lavoratore decida di liberarsi di un impegno personale quando vuole compensa appunto la poca forza contrattuale
C'è da dire che se il lavoratore si ammala, e per questo non può lavorare per N tempo, prende comunque soldi; se il datore si ammala, e per questo non può pagare lo stipedio... cosa capita? Il lavoratore può dimettersi senza preavviso?
Inoltre, prima si diceva che la parte piú debole va tutelata (non può essere licenziata senza motivo), e a questo si aggiunge la compensazione (può invece andarsene quando vuole): per tutelare non bastava vietare il licenziamento? "Io datore non ti posso licenziare senza motivo, tu lavoratore non puoi dimetterti senza motivo": il lavoratore sarebbe tutelato, e lo sarebbe anche il datore.
Inoltre, se non ricordo male l'indennizzo pagato dal datore al lavoratore in caso di licenziamento ingiustificato è almeno pari alle mensilità non ricevute, e forse pure superiore; ora, se il dipendente se ne va senza rispettare il preavviso, e a causa di questo io perdo (dimostrato) X Euro (qualunque sia X), il risarcimento è almeno pari a X? Se se ne va ingiustificatamente con il preavviso, ma nonostante questo perdo (sempre dimostrato) Y Euro (qualunque sia Y), deve ridarmi almeno Y? Se no (e immagino di no, almeno nel secondo caso), è un'ulteriore asimmetria che mi sfugge: perché il lavoratore viene compensato dei danni ricevuti, e il datore no, visto che in entrambi i casi si tratta di una rottura ingiustificata? Se riceve X Euro di danni, perché (nel caso sia cosí) il risarcimento dovuto deve essere inferiore a X?
Quindi, posto che sia vero quanto sopra detto, da un lato abbiamo il datore: non può licenziare quando e come vuole; se il lavoratore se ne va senza motivo e senza preavviso riceve un risarcimento che magari nemmeno è pari ai danni ricevuti; se il lavoratore se ne va senza motivo e con preavviso non riceve risarcimenti, anche se riceve danni. Non sono certo di cosa capiti se per motivi di salute o altro non può dare lo stipendio ai dipendenti, ma penso che sia un motivo valido perché il lavoratore se ne possa andare.
Dall'altro abbiamo il lavoratore: può andarsene senza motivo; non può essere licenziato ingiustamente; se viene licenziato ingiustamente i danni vengono compensati; se per motivi di salute non può dare il lavoro riceve comunque soldi, e il datore non può licenziarlo.
Ora, io non voglio dire che la posizione dovrebbe essere totalmente simmetrica, che il datore dovrebbe poter licenziare quando gli pare il lavoratore, questo è un altro discorso; ma siamo sicuri che l'asimmetria insita nei contratti di lavoro non faccia pendere la bilancia dall'altra parte, invece che equilibrarla?
sul controsenso logico e giuridico volevo dire che prevedere che una delle parti, cioè quella con più forza contrattuale, abusi della sua posizione di privilegio, è un controsenso, perchè è un'offesa alla libertà contrattuale. cioè, abbiamo da un lato una parte che è necessitata a firmare un contratto, dall'altra una parte che non ha tale necessità. ora, prevedere che la parte forte rescinda senza motivo il contratto è appunto un assurdo. non lo è se è prevista per la parte debole, perchè deve compensare appunto tale disparità
Che non lo sia mi pare quanto meno opinabile: per compensare basterebbe dire "Tu datore non puoi licenziarlo quando e come ti pare", e la posizione di forza in tal senso verrebbe meno; dare invece analoga possibilità al lavoratore è un qualcos'altro che si aggiunge al "piatto della bilancia" del lavoratore. Parlando di contratti seri e vincolanti, non si potrebbe tutelare la parte debole ("Non puoi essere licenziato senza motivo"), senza però inserire la possibilità che solo una delle due parti possa rescindere unilateralmente senza motivo (che poi sarebbe anche un tutelare il datore, che sul lavoratore investe risorse che vanno oltre al semplice stipendio)?
se leggi bene ho detto che sarebbe auspicabile un dovere di motivazione anche per le dimissioni...
sulla salute...il lavoratore prende soldi se è malato per un certo periodo. dopo può anche essere licenziato, mi pare dopo 6 mesi di malattia consecutivi...
se leggi bene ho detto che sarebbe auspicabile un dovere di motivazione anche per le dimissioni
No, hai detto che sarebbe auspicabile "per certi lavoratori iper qualificati o dirigenti", che è un sottogruppo molto limitato dei lavoratori, mentre il mio discorso voleva sottolineare che invece lo vedrei meglio come applicazione piú larga. Se poi intendevi l'auspicabilità in generale, allora siamo d'accordo :(
sulla salute...il lavoratore prende soldi se è malato per un certo periodo. dopo può anche essere licenziato, mi pare dopo 6 mesi di malattia consecutivi
Qui sarebbe da vedere bene, ma l'asimmetria resta: se il datore non può dare lo stipendio per cinque mesi? <_<
intendevo auspicabile per tutti, in special modo per quelle categorie.
per l'altra domanda, se il datore non può pagare gli stipendi per qualche mese, più che giusta causa di dimissioni comincerei a parlare di fallimento dell'impresa. i lavoratori potrebbero mettere in mora il datore, e nel fallimento sarebbero creditori privilegiati. in ogni caso è un'ipotesi di scuola pensare che un datore possa avere un'azienda attiva ma non poter pagare gli stipendi. se non li puoi pagare è perchè non puoi più continuare l'attività produttiva, o perchè sei un mascalzone che sta per scappare con i soldi. se fossero solo problemi personali, beh l'imprenditore normalmente accorto darebbe disposizioni precise per quanto attiene ai pagamenti, ti pare?