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Fantasy limitante?
M di Mornon
creato il 24 gennaio 2005

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Inviato il 11 febbraio 2005 11:39 Autore

Non sto dicendo che Andersen fosse scadente, semplicemente che c'è autore e autore, e ognuno può avere una sua concenzione di fiaba; anche se non so se sia stato Andersen a inventare la Fiaba ^_^

Sul realismo, a mio parere inserire ciò che offrono le fiabe, i loro scopi, in un'opera non necessariamente ne mina il realismo interno, dipende da come l'autore gestisce il tutto. Io non parlo di struttura (onestamente non mi sono mai soffermato a pensarci), ma di cose che offre, di scopi, se vogliamo, quelle cose che Tolkien ha discusso e penso abbia inserito ne Il Signore degli Anelli.

Sulla fiaba: dieci persone ne darebbero dieci definizioni diverse, ho anche visto distinzioni tra fiaba e favola: il concetto è immenso, in quanto definire esattamente cosa sia fiaba e cosa non lo sia non è semplicissimo, anzi; e cosa ha da offrire (e cosa dovrebbe offrire) una fiaba è soggettivo: Tolkien aveva un'idea, tu ne avrai un'altra, una terza persona ne avrà un'altra.

Tempo fa ho scritto un brano per un lavoro, ne riporto un pezzo: "Poniamoci una domanda: cos’è una fiaba? Le risposte che possono venire in mente sono molteplici, partendo dalle fiabe popolari e arrivando a quelle odierne, passando per tutto ciò che è letteratura fantastica; 'fiaba' è un termine che contiene - propriamente o impropriamente - moltissime tipologie di scritti, con le piú disparate differenze. Capire cos’è una fiaba non è facile, se poi è possibile 'ridurre' tale termine a una catalogazione ben delimitata".

Comunque, l'impegno di Tolkien non era completamente volto a costruire un mito, anzi lui stesso, in una sua lettera, dice di aver lasciato quell'idea (a memoria, se troverò le parole esatte le manderò): la base erano i linguaggi, come detto.

Sul mito, qui è molto soggettivo: è arte? Per alcuni sí, per altri no...

Realismo: sui due fiumi ho già mandato risposta, vedi terzo messaggio dall'inizio di questa pagina; Gondor, cercherò informazioni, per ora continuo sulla Contea; riassunto, cercherò di fare qualcosa ^_^

 

P.S.: comunque, stando al brano da te indicato, punti in comune con Il Signore degli Anelli non mi pare siano pochi, soprattutto se si è convinti della divisione buoni/cattivi: ci sarebbe questa, la ricerca, il processo di crescita interiore, ecc. Con questo non voglio dire che rientri nella struttura, che sia una Fiaba, ma punti in comune non mi pare ce ne siano pochi... oppure ho frainteso cosa intendevi? ^_^

 

 

la bibliografia sta nei libri

 

Tecnicamente dovrebbe essere anche nei siti :(


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Damien Amfar
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Damien Amfar
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Inviato il 11 febbraio 2005 12:47
Non sto dicendo che Andersen fosse scadente, semplicemente che c'è autore e autore, e ognuno può avere una sua concenzione di fiaba; anche se non so se sia stato Andersen a inventare la Fiaba ;)

Sul realismo, a mio parere inserire ciò che offrono le fiabe, i loro scopi, in un'opera non necessariamente ne mina il realismo interno, dipende da come l'autore gestisce il tutto. Io non parlo di struttura (onestamente non mi sono mai soffermato a pensarci), ma di cose che offre, di scopi, se vogliamo, quelle cose che Tolkien ha discusso e penso abbia inserito ne Il Signore degli Anelli.

Sulla fiaba: dieci persone ne darebbero dieci definizioni diverse, ho anche visto distinzioni tra fiaba e favola: il concetto è immenso, in quanto definire esattamente cosa sia fiaba e cosa non lo sia non è semplicissimo, anzi; e cosa ha da offrire (e cosa dovrebbe offrire) una fiaba è soggettivo: Tolkien aveva un'idea, tu ne avrai un'altra, una terza persona ne avrà un'altra.

Tempo fa ho scritto un brano per un lavoro, ne riporto un pezzo: "Poniamoci una domanda: cos’è una fiaba? Le risposte che possono venire in mente sono molteplici, partendo dalle fiabe popolari e arrivando a quelle odierne, passando per tutto ciò che è letteratura fantastica; 'fiaba' è un termine che contiene - propriamente o impropriamente - moltissime tipologie di scritti, con le piú disparate differenze. Capire cos’è una fiaba non è facile, se poi è possibile 'ridurre' tale termine a una catalogazione ben delimitata".

Comunque, l'impegno di Tolkien non era completamente volto a costruire un mito, anzi lui stesso, in una sua lettera, dice di aver lasciato quell'idea (a memoria, se troverò le parole esatte le manderò): la base erano i linguaggi, come detto.

Sul mito, qui è molto soggettivo: è arte? Per alcuni sí, per altri no...

Realismo: sui due fiumi ho già mandato risposta, vedi terzo messaggio dall'inizio di questa pagina; Gondor, cercherò informazioni, per ora continuo sulla Contea; riassunto, cercherò di fare qualcosa ;)

 

P.S.: comunque, stando al brano da te indicato, punti in comune con Il Signore degli Anelli non mi pare siano pochi, soprattutto se si è convinti della divisione buoni/cattivi: ci sarebbe questa, la ricerca, il processo di crescita interiore, ecc. Con questo non voglio dire che rientri nella struttura, che sia una Fiaba, ma punti in comune non mi pare ce ne siano pochi... oppure o frainteso cosa intendevi? ^_^

 

 

Ho riletto quel messaggio e come avevo già fatto non ho capito gli argomenti ^_^

Nel senso:

1) una peste 1500 (scusa, per la prescisione 1364) anni prima ti sembra un motivo sufficiente perchè un territorio rimanga deserto? E' una concezione un po' distorta dei tempi ^_^ se mi permetti. in 1300 anni si fondano e cadono imperi immensi.

 

2) Io non sto contestando il fatto che possa non esserci nessuno, ma il fatto che lì non c'abbia MAI abitato nessuno, nessuna civiltà, niente di niente. Il fatto che i Raminghi si siano presi l'impegno di difendere la Contea non mi sembra un handicap: a loro cosa cambia se una civiltà si inserisce in quel luogo?

E' lo stesso problema di prima, migliaia di anni senza cambiamento alcuno.

Di più, un fiume di quelle dimensioni non ha piene tutto l'anno, dopo un po' il terreno che ha intorno si erode fino a dargli un letto più ampio che lo contiene senza grandi turbolenze (a meno che quella pianura sia una gigantesca distesa piatta di granito :( ).

 

3) A me non sembra che nella contea si muoia di freddo e a Gondor ci si squagli. Allo stesso modo non vedo perchè qualche centinaio di miglia (tra la contea e questo deserto di cui parliamo) dovrebbe fare la differenza in termini climatici: la Contea è fertilissima (anche grazie al clima immagino) e un suo stato vicino è un deserto. A me sa un po' di assurdo.

 

Per quanto riguarda il realismo delle Fiabe mi trovo a ripetere che intanto non capisco la distinzione interno-esterno e poi non si sta parlando di scopi (perchè uno scopo non c'entra niente col realismo e la coerenza dell'ambientazione), si sta parlando di caratteristiche della fiaba nel SdA.

 

Tolkien stesso ha detto che il punto fondamentale del suo lavoro erano i linguaggi? Non me ne stupisco visto che era un filologo, ma che questo renda il libro importante nella letteratura... boh, forse dovrei leggerlo in elfico e noterei cose che prima mi erano sfuggite :D

 

 

P.S.: comunque, stando al brano da te indicato, punti in comune con Il Signore degli Anelli non mi pare siano pochi, soprattutto se si è convinti della divisione buoni/cattivi: ci sarebbe questa, la ricerca, il processo di crescita interiore, ecc. Con questo non voglio dire che rientri nella struttura, che sia una Fiaba, ma punti in comune non mi pare ce ne siano pochi... oppure o frainteso cosa intendevi? :D

 

E' proprio quello che ho detto, il SdA ha tantissimi punti in comune con la fiaba. Sono d'accordissimo con te. Il fatto è che per te è un pregio e per me un difetto (a grandi linee).

 

 

 

 

 

 

 

Ciauz :D


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Mornon
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Inviato il 11 febbraio 2005 12:57 Autore
Per quanto riguarda il realismo delle Fiabe mi trovo a ripetere che intanto non capisco la distinzione interno-esterno e poi non si sta parlando di scopi (perchè uno scopo non c'entra niente col realismo e la coerenza dell'ambientazione), si sta parlando di caratteristiche della fiaba nel SdA

 

Sugli scopi, mi ricollegavo al discorso dei messaggi, di ciò che un'opera comunica ^_^

Per il realismo, se preferisci vedila come coerenza interna, personalmente, come detto, penso che "realismo interno" e "coerenza interna" siano due cose diverse.

Linguaggi: non il punto fondamentale, il punto di partenza; ossia, il suo lavoro (l'ambientazione in generale, Il Signore degli Anelli penso sia un discorso un po' diverso per vari motivi) parte dai linguaggi, per creargli un'ambientazione.

 

 

E' proprio quello che ho detto

 

Con "tanto per capire [...] quanto sia distante l'SdA da questa struttura" avevo capito che intendessi che è distante :(

 

 

Il fatto è che per te è un pregio e per me un difetto (a grandi linee)

 

Quindi per te la Fiaba (non una fiaba, la Fiaba in generale) non potrebbe mai essere considerata arte?

Secondo te quanto influenzano i punti in comune, e quanto quelli distanti (per esempio non c'è un eroe - ci sono piú personaggi, e Frodo non è esattamente l'eroe classico?


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Damien Amfar
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Inviato il 11 febbraio 2005 13:11

Avevo capito che tu ponessi una distinzione tra realismo interno e coerenza interna (anche qui, la coerenza è un concetto prettamente astratto non ha bisogno di essere interna o esterna), ma non ho ancora letto i PERCHè di questa cosa. Ti ho spiegato il mio, sarebbe cortese che tu argomentassi la tua posizione invece che ripeterla e basta.

 

Non c'è grande differenza. Se tu costruisci un'ambientazione intorno a dei linguaggi, in loro "onore", quello è il punto fondamentale, perchè tu crei tutto in relazione a loro (sacrificando, come ho già detto, i temi letterari).

 

Sulla Fiaba: che ne so!? Non si può fare una deduzione del genere, l'induttivismo è ormai superato da un pezzo. Vorrei leggere Albero e Foglia proprio per vedere se Tolkien aveva un concetto alternativo di Fiaba, che possa dare un valore diverso all'opera. Le fiabe che ho letto finora, nella struttura che io conosco (che a quanto pare è mortalmente diversa da quella di JRRT), non sono adatte (e infatti non lo fanno) a veicolare messaggi sull'uomo che non siano estremamente generali e comuni (e questo viene anche dal modo in cui la Fiaba nasce, dalla tradizione popolare).

 

Frodo non è l'eroe classico? :(

E cos'ha di diverso da un tizio che un bel giorno parte dalla sua casa per salvare la principessa (il mondo) rinchiuso in una torre da un signore cattivo (sauron) con l'aiuto di qualche amico (la compagnia) e di un tot di oggetti magici (la maglia di mithril, la spada florescente)?!

Frodo non è molto diverso dall'eroe classico. E' qualcosa di più, non lo metto in dubbio, ma non ha lo spessore di nessun grande personaggio della letteratura (stessa storia per Aragorn e compagnia cantando).

 

 

 

 

 

Ciauz ^_^


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Mornon
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Inviato il 13 febbraio 2005 1:09 Autore

Rieccomi a voi :sbav:

 

sarebbe cortese che tu argomentassi la tua posizione invece che ripeterla e basta

 

Ero convinto di averlo fatto, chiedo venia :wacko: Effettivamente avevo solo spiegato come mai a mio parere sia sensato parlare di realismo interno...

Allora: il tutto è probabilmente dovuto anche al semplice fatto che per me è logico parlare di realismo interno: se io dico una cosa come "La storia [titolo] è realistica", non si capisce se in riferimento alla storia stessa o alla nostra realtà; "è internamente realistica" specifica la prima cosa. Molte volte in discussioni ho usato espressioni come "Internamente parlando, questo può essere plausibile/possibile/spiegabile/ecc.", perché esternamente non sarebbe cosí.

Poi si potrebbe fare anche un discorso durante la lettura: un libro estremamente coerente può trasmettere un senso di assurdo, mentre uno meno coerente - anche se lontano dalla nostra realtà - può dare un senso di forte realismo: il primo non trasmette un realismo interno, il secondo sí.

Sotto questo aspetto può essere che sia una cosa molto vicina, a volte magari intercambiabile, con la coerenza interna, ma non necessariamente un libro coerente riesce a comunicare comunque una sensazione di realismo, né viceversa.

Infine, di fatto ci sono due realtà: quella interna e quella esterna. Mi appoggio a esempi su Tolkien semplicemente perché non me ne vengono in mente altri :wacko: Tra i linguaggi tolkieniani, il primo nato è esternamente il Quenya (in quanto Tolkien ha creato per prima ciò che è diventato la sua base), ma internamente è l'Elfico Primordiale: qui non si tratta di coerenza, semplicemente le realtà (in questo caso temporali) interna ed esterna sono diverse. Oppure, Bilbo ne Lo Hobbit, seppur indossando l'Unico, non vede mai l'Occhio: internamente si può spiegare col fatto che Sauron era ancora debole, esternamente Tolkien non sapeva ancora che quell'Anello fosse l'Unico, né aveva ideato l'Unico. La motivazione esterna non va bene internamente, non sarebbe realistica, e viceversa.

Comunque, a quanto ho capito (correggimi se sbaglio), a tuo parere il realismo è solo in rapporto con il nostro mondo, da cui un libro che non abbia elementi accertati in questo mondo non può essere realistico; da parte mia, penso che un libro - anche con elementi fantastici - possa essere realistico, se ben gestito, con l'accezione di cui sopra. Soprattutto, se il realismo viene portato a metro di giudizio, non mi pare logico togliere a una grande vastità di generi questo "parametro".

Poi magari il tutto è dovuto al fatto che ho sempre parlato di "realismo interno" :wacko:

Coerenza interna ed esterna: un libro può essere internamente coerente, ma esternamente incoerente, su un discorso analogo a quello sopra fatto.

Spero di essere riuscito a chiarirmi, ero convinto di averlo già spiegato :wacko:

 

 

Se tu costruisci un'ambientazione intorno a dei linguaggi, in loro "onore", quello è il punto fondamentale, perchè tu crei tutto in relazione a loro

 

Non necessariamente; mi spiego: se io creo un mondo per far sí che esista un luogo dove questi linguaggi siano parlati, le caratteristiche obbligate sono solo due: qualcuno che li parli e, se voglio, l'evoluzione linguistica. Tutto il resto è libero, posso anche mettere altri punti centrali; per dire, anche se non ci fosse stata la storia di Beren e Lúthien, i linguaggi esisterebbero, e il mondo anche. Infatti la Storia stessa è stata soventemente modificata da Tolkien, non necessariamente per questioni linguistiche.

Ci saranno degli avvenimenti storici che influenzeranno il linguaggio, questo sí, ma non saranno obbligati e accade anche nella realtà. Senza stare a fare esempi, ci sono cambiamenti linguistici dovuti a degli avvenimenti storici; ma gli stessi cambiamenti potrebbero derivare da altre cose, o ci potrebbero essere evoluzioni linguistiche diverse; e non necessariamente quelle azioni sono state create in relazione allo sviluppo del linguaggio, potrebbero anche essere state create per il proseguire della Storia, o per altro. Semplicemente, nelle conseguenze per quanto accade nella Storia qualche volta vengono considerate anche quelle sui linguaggi, come accade anche alle nostre lingue.

Considerando che in un mondo le razze ci sono, e l'evoluzione linguistica anche (per realismo, se non altro), non si deve sacrificare nulla.

 

 

Non si può fare una deduzione del genere, l'induttivismo è ormai superato da un pezzo

 

Induttivismo? :sbav:

Comunque, mi interessava solo sapere se avevi qualche idea in merito :sbav:

P.S.: questa tua risposta si riferiva sia all'influenza dei punti in comune, sia al fatto se la fiaba possa essere arte?

 

 

Su Frodo: direi che è ben lontano dall'eroe classico, alla Beowulf, forte, coraggioso, sopra la media, senza esitazioni, magari pure principe (o analogo) tra la sua gente, preparato e addestrato, e simili.

 

Sulla Contea, comunque per quanto detto prima continuo a non capire perché, anche se i territori intorno fossero irreali, la Contea stessa non sarebbe realistica (o plausibile, se preferisci)... riporto la risposta:

 

"sta di fatto che il Minhiriath fu completamente disboscato dai numenoreani. Gli abitanti locali si spostarono a sud, lasciando la zona deserta (e maledicendo numenor di tutto cuore). Quando una zona viene resa spoglia, è soggetta a frane, inondazioni nel caso di fiumi, e a pochi viene in mente di tornarci ad abitare, specie se i ricordi sono diventati leggende di orrore: una popolazione istruita ne potrà ridere, una ignorante e tribale come quella dei dunlending ne tiene conto. Mai sentito parlare di tabù? Nel dialetto polinesiano non si riferisce solo a comportamenti, ma anche a luoghi specifici.

Il Gwathló, o Inondagrigio, era un fiume di corso piuttosto ripido e impetuoso. Comunque sì, ad un certo punto si allargava e forse si calmava un po': all'altezza del Nin-in-Eilph, dove confluiva il Glanduin con molti punti di immissione. E cosa succede in quel caso? Una palude. Poi il corso si allarga, si allarga, si allarga (non limitamoci a pensare ai fiumi italiani che sono rigagnoli, pensiamo in grande) e guardarlo in tanti non è più tanto facile. L'unico passaggio è il ponte a Tharbad, ma non puoi far passare schiere armate, se non vuoi che dunedain ed elfi di Granburrone ti puntino gli occhi, e gli archi, subito addosso.

Peraltro sotto alla Contea, nei monti azzurri, dimoravano i nani. E loro non sono cordiali come gli hobbit, ma non invadono le coltivazioni altrui, visto che il loro unico interesse è il valore minerario di un terreno. È altamente probabile che fossero loro a fornire gli attrezzi alla Contea in cambio di prodotti agricoli. C'è più profitto a lasciare gli hobbit in pace, ed i Nani ci tengono al profitto.

Bisogna inlotre tenere conto che oltre quella zona c'era sì il deserto dal punto di vista di civiltà e città, ma nulla vieta che ci abitasse qualcuno; anzi qualche disperato, come si legge nel capitolo "all'insegna del puledro impennato", ci abitava. Solo che, come in molti deserti, si trattava di insediamenti isolati e di scarsa popolazione, che quindi non figurano nelle mappe. tecnicamente, anche la taiga siberiana è un deserto, pur non essendo totalmente arida, e così pure molte altre zone della terra. Qualche secolo fa la popolazione umana era una miseria, in confronto ai miliardi che siamo ora, e vastissime zone erano disabitate, e lo erano rimaste per secoli se non millenni. Prima dell'arrivo dei boeri, quanta gente ci abitava in sudafrica? Nemmeno i boscimani ci stavano fissi. E l'outback australiano? È ancora quasi del tutto deserto.

Se poi è la latitudine a sembrare strana, prendiamo un posto alla stessa esatta latitudine dell'Inghilterra: Labrador e Newfoundland. Quante città degne di tal nome ci sono fra Schefferville e Hopedale (400 km)? Nessuna. E lì pare ci siano arrivati i vichinghi prima del 1000, tempo per crearci floride civiltà ne hanno avuto a iosa.

Il fatto che non ci abitasse nessuno vicino alla Contea è ovvio: gli hobbit ci sono andati apposta perché non c'era nessuno!"


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Damien Amfar
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Damien Amfar
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Inviato il 13 febbraio 2005 14:12

Sul realismo: Penso di aver capito il tuo punto di vista, assolutamente condivisibile entro certi limiti. Il fatto è che tu parli di 2 realtà alternative, laddove io ne percepisco soltanto una. Non ha senso per me dare per reale il mondo della Terra di Mezzo o quello del Death Gate o che altro.

Questo proprio da un punto di vista filosofico, se vogliamo. Capisci quindi che realismo interno od esterno è un concetto che ha poco senso, per me, perchè essendoci una sola realtà o ci sei dentro o sei fuori (è un po' più complesso di così ma rende l'idea).

Qualsiasi mondo fantasy in realtà è sempre in parte realistico ed in parte no, gli elementi non realistici potranno quindi essere coerenti con il mondo creato o meno. La coerenza è forse un concetto un po' povero per descrivere il tutto. Meglio sarebbe forse abbinare coerenza e profondità dell'ambientazione. Di lì si arriverebbe a plausibile/non plausibile.

Il realismo è poi portato a metro di giudizio soltanto, per quanto mi riguarda, per personaggi e relativa psicologia. L'ambientazione può, ovviamente, avere elementi non reali (leggi la magia) e non peccare in alcun modo (posto che il sistema magico sia coerente con l'ambientazione).

 

Sui linguaggi: il tuo discorso fila perfettamente. Tu capisci però che letterariamente l'obiettivo di un libro, anche fantasy, non può essere la creazione di un mondo in cui questi linguaggi vivano. O meglio, può esserlo, ma non gli si può riconoscere uno spessore letterario tale da essere confrontato con libri densi di un significato, per l'uomo, estremamente più elevato. Che poi Tolkien abbia modificato la storia, l'ambientazione e quant'altro poco importa. Un autore, non mi ricordo chi, interpellato sulla possibilità che lui scrivesse un nuovo libro rispose: "Sa, scrivere libri è un po' come avere dei figli. Se non sei incinto non puoi farlo."

Tolkien era incinto dei linguaggi e lavorò per partorire qualcosa che li rendesse vivi. Quello che aveva dentro non era, nello scrivere il SdA, la spinta irrazionale, incomprensibile e mirabolante dell'autore e dell'artista ma quella del padre che, una volta procreato (scusate la metafora :wacko: ) l'ambientazione, vuole darle la possibilità di espandersi. Sull'onda dell'entusiasmo e nell'ottica dell'artigiano.

Spero di aver chiarito un punto che forse finora non era venuto fuori.

 

L'induttivismo è la teoria per cui da un grande numero di casi particolari si deduce la regola generale. L'esempio più famoso è di Popper, riassunto: "se io dovessi vedere un milione di cigni bianchi non potrei comunque mai dire "tutti i cigni sono bianchi" perchè ne basterebbe uno nero a falsificare la mia affermazione". Allo stesso modo se tu mi chiedi: "la fiaba non potrà mai essere arte?"

Io non posso che risponderti non lo so.

Sui punti in comune non so che dirti. Prendere alcune cose della fiaba non fa del SdA una fiaba a sua volta, ma qualcosa, come ho già detto di diverso, da valutare a se stante.

 

 

Su Frodo direi che è ESATTAMENTE l'eroe classico, ovvero l'unico che può far avverare la profezia, l'unico a poter risvegliare la principessa, l'unico a poter sciogliere l'anello nel Monte Fato. E' questo che rende l'eroe classico, imho, l'assoluta unicità della sua figura, carica di responsabilità insormontabili, che riesce però a superare le difficoltà ed ispirare quindi l'uomo comune a risolvere i suoi piccoli problemi quotidiani senza arrendersi. I mezzi che ha a disposizione cambiano di volta in volta, per Frodo sono temperanza e disinteresse del potere, per Aragorn il coraggio e l'abilità marziale, per il Principe Azzurro di Biancaneve il fatto che sia un principe. Per Aladino la nobiltà d'animo e, ancora, il coraggio.

Che sia addestrato, principe o povero poco importa.

 

Sulla Contea: tu capisci che non è questione che la Contea sia realistica, ma che sia plausibile nel contesto in cui è posta. Se io creo un mondo in cui tutto converge, con circostanze decisamente improbabili, verso un evento quell'evento sarà decisamente poco plausibile. Così la Contea, se innestata in un contesto assolutamente improbabile che le permette di essere quello che è, risulterebbe non plausibile.

Rapidamente sulla risposta:

1) E prima del disboscamento? Non c'era nessuno. E dopo il disboscamento? Non c'è più cresciuto niente su quella terra (che quindi, se prima era piena di boschi non era per nulla arida). Le questioni sono 2, o il disboscamento è avvenuto nel recente passato (alchè ci sarebbe stata una qualche popolazione insediata lì) oppure è avvenuto nel lontano passato e allora non si capisce perchè non ci sia più cresciuto nulla e perchè nessuno ci si sia più avventurato. Il fatto è che per quanto si possa andare indietro nel tempo si ritrovano sempre le stesse strutture e le stesse popolazioni, nessuna scissione e nessuna nascita di nuove nazioni?!

 

2) Il tabù esiste perchè è notevole. Se nessuno lo praticasse (nel caso del comportamento) o si recasse lì (nel caso del luogo) il problema non si porrebbe e non ci sarebbe tabù.

 

3) Ma scusate, le barche non se l'erano inventate? Per guadare un fiume ci sono tanti modi, mai sentito parlare di chiatte a spinta animale (quelle cose attaccate a una corda e fatte andare da una parte all'altra del fiume con la spinta di un cavallo)?

Nessuno ha mai pensato a fare niente in 'sto posto, tutti stavano bene come stavano. Davvero non notate l'artificiosità di tutta l'ambientazione? Mah... :wacko:

 

4) Spostarsi più a Sud no? E poi mica bisogna per forza passare con un armata. Anche perchè non c'è NESSUNO da combattere nel Minhiriath o sbaglio? Non servirebbero migliaia di persone, col tempo e le risorse iperabbondanti di una terra fertile e deserta crescerebbe una nazione RICCA. Ma questo non era previsto, quindi non poteva succedere.

 

5) Tecnicamente la taiga siberiana è fredda e ostile all'uomo quanto il deserto del Gobi (no forse un po' meno). La stessa cosa non mi pare si possa dirla del Minhiriath e dell'Enedwaith.

Stesso discorso per l'outback australiano. Prendi un esempio un po' più calzante, con un grande fiume immerso nel deserto: il Nilo (avevi detto di non guardare ai fiumiciattoli italiani no?). Se tu prendessi una carta del Nilo noteresti la grandissima quantità di insediamenti che si sono sviluppati intorno al suo corso, su su fino alla sorgente (anche se sempre più rari). Questo nonostante sia un fiume con piene devastanti e nonostante le cicliche battaglie con i libici e le altre civiltà africane.

L'esempio dell'isola di Labrador poi mi sembra davvero assurdo, inconfrontabile come risorse rispetto all'Inghilterra.

 

6) Ma solo gli Hobbit si erano accorti di 'sta cosa? Nessun altro uomo/elfo/mezzuomo/orco/nano al mondo se n'era accorto? Solo gli hobbit, furbissimi, si sono resi conto che c'era una terra incredibilmente fertile, isolata da qualsiasi rischio bellico pronta ad essere munta? Certo che le persone della Terra di Mezzo stavano davvero al Bar a leggere la Gazzetta come ho detto qualche post fa.

 

 

 

 

 

Ciauz :wacko:


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Inviato il 14 febbraio 2005 11:15 Autore

Con un po' di ritardo, la mia risposta; ho preferito pensarsi (e dormirci :wacko: ) su, per alcune cose ci ho dovuto pensare sopra, non mi ci ero mai soffermato prima :D

 

Il fatto è che tu parli di 2 realtà alternative, laddove io ne percepisco soltanto una. Non ha senso per me dare per reale il mondo della Terra di Mezzo o quello del Death Gate o che altro

 

La nostra realtà, quella in cui viviamo, è ovviamente una sola, fino a prova contraria: la nostra. Ma esiste anche una realtà letteraria, interna al racconto stesso, a mio parere. Non due realtà alternative, in quanto almeno fisicamente non possiamo scegliere in quale essere, due realtà diverse: la nostra realtà è una sola, nel senso che quella interna è nei libri: ma proprio perché esiste nei libri a mio parere ha senso definirla (del resto anche gli Elfi sono definiti, e per quanto ne sappiamo esistono solo nei libri), se non altro perché per i personaggi, di fatto, esiste; come si può parlare di personaggi (internamente persone), se non vivono in una loro realtà? Di fanno ne avranno una. Inoltre, se una storia dà un'impressione di realismo, allora è in sé realistica.

Noi saremo fuori (fisicamente parlando) dalla realtà interna, in quanto siamo esseri esterni, e dalla realtà esterna, la nostra vera realtà, effettivamente o sei dentro, o sei fuori. Ma la realtà interna è reale, come dice il nome stesso, internamente al racconto, quindi noi non ci siamo dentro (almeno fisicamente parlando).

Il tuo "qualsiasi mondo fantasy [...] è sempre in parte realistico e in parte no", visto in quell'ottica diventa che può essere internamente realistico, e avrà degli elementi che saranno realistici anche esternamente.

Se non si parla di realtà interna, come ti poni sul discorso dei personaggi? Se non esistesse una realtà interna, e quanto descritto non collimasse con la nostra realtà, allora quei personaggi (internamente persone) non vivrebbero in una realtà...

 

Plausibile/implausibile: il discorso è interessante, ma non so quanto lo applicherei: anche un libro con poca profondità d'ambientazione può essere plausibile; anzi, paraddossalmente forse è piú facile che lo sia: se io faccio un'ambientazione molto approfondita, descrivendo non solo le zone e i tempi dove si svolge la storia, ma tutto il mondo, la Storia, eventuali incoerenze saltano fuori. Se quelle zone non sono descritte, se il mondo non ha una Storia scritta? Io posso pensare tutto e il contrario di tutto, posso pensare che tutto quello che serve al realismo sia accaduto, anche se non narrato, non c'è nulla che mi dica il contrario; ma non ho metri di paragone, qualcosa per dire "La Storia è descritta cosí, questo non è detto mentre sarebbe plausibile che ci fosse, quindi questo punto è implausibile". L'autore non darebbe modo di fare simili discorsi, che vengono proprio dalla profondità dell'ambientazione, che piú è approfondita, piú spunti di confronto dà; piú è definita, piú le cose mancanti saltano all'occhio.

A questo punto, ha senso parlare di plausibilità come coerenza piú profondità d'ambientazione? Penso che la plausibilità ci possa essere anche senza profondità, per quanto sopra detto (senza coerenza il discorso è piú complesso, ma, almeno in rari casi, forse anche), quindi non mi pare la somma dei due.

Di certo avere coerenza, plausibilità e profondità d'ambientazione rende potenzialmente un'opera migliore di una che abbia solo parte di quelle.

 

Per i personaggi, e se io definissi una razza di Umani che per ambientazione/passato/cultura/ecc. fosse totalmente distante dai veri Umani? Esternamente non sarebbe realistica, ma internamente sí. E come giudicare il realismo di personaggi non Umani? Passi discutere sul realismo di - per dire - Sturm Brightblade (Umano), ma Laurana (Elfa - entrambi ambientazione Dragonlance)? Se è Elfa, difficilmente sarà realistica, se "realistica" è limitato esternamente; e se fosse esternamente realistica, facilmente sarebbe internamente irreale (o implausibile): Elfi che si ritrovano in schemi umani, con tutte le differenze che ci sono tra le due razze?

 

 

Tu capisci però che letterariamente l'obiettivo di un libro, anche fantasy, non può essere la creazione di un mondo in cui questi linguaggi vivano. O meglio, può esserlo, ma non gli  si può riconoscere uno spessore letterario tale da essere confrontato con libri densi di un significato, per l'uomo, estremamente più elevato. Che poi Tolkien abbia modificato la storia, l'ambientazione e quant'altro poco importa. Un autore, non mi ricordo chi, interpellato sulla possibilità che lui scrivesse un nuovo libro rispose: "Sa, scrivere libri è un po' come avere dei figli. Se non sei incinto non puoi farlo."

Tolkien era incinto dei linguaggi e lavorò per partorire qualcosa che li rendesse vivi. Quello che aveva dentro non era, nello scrivere il SdA, la spinta irrazionale, incomprensibile e mirabolante dell'autore e dell'artista ma quella del padre che, una volta procreato (scusate la metafora <_< ) l'ambientazione, vuole darle la possibilità di espandersi. Sull'onda dell'entusiasmo e nell'ottica dell'artigiano

 

Punto sicuramente interessante, qui ci sono da considerare due aspetti, a mio parere: i motivi per cui Tolkien scrisse sono due, come detto, creare un mito e dare un mondo ai linguaggi (sebbene il primo, a quanto ne so, lo abbia poi abbandonato). Onestamente non so quale sia venuto prima, dovrei informarmi. Ma breve discussione sui due punti:

  • linguaggi: quello che dici è vero se l'autore non avesse inserito null'altro; ma, come detto, Tolkien ha inserito altro: la sua idea di fiaba, di cosa deve dare, è già qualcosa; questo non per dire che per quello quanto fatto da Tolkien sia automaticamente paragonabile a un Pirandello, ma solamente per far notare come l'aver creato un mondo per i linguaggi non implichi non inserire altro.
    Del resto, non foss'altro per applicabilità, gente che ha trovato qualcosa, che ha anche cambiato qualcosa nella sua vita per questo, ce n'è.
     
     
     
  • mito: qui il discorso è estremamente piú complesso, volevo solamente fare una considerazione veloce: se io scrivo per dare un mito alla mia terra, sicuramente creare un corpus mitologico sarà il mio scopo; ma questo non nega che all'interno di questo corpus siano contenuti messaggi, significati; e questo, lo scrivere un mito (tutto il mito, non "solo" Il Signore degli Anelli), non può essere dovuto (anche?) alla "spinta irrazionale, incomprensibile e mirabolante dell'autore e dell'artista"? L'ispirazione per le sue storie l'aveva, quindi anche di queste era "incinto", quindi il frutto ne risentirà; onestamente, però, non so quanto questa faccenda del mito abbia influito (almeno inizialmente, penso molto), e non so se qualcuno possa saperlo (alla faccia della considerazione veloce :wacko: ).

Comunque, penso che il discorso si riconduca anche (genericamente, non specificatamente su Tolkien) a quanto un'opera perfetta, ma senza significati, possa essere arte: per qualcuno lo sarà, per altri no.

In ogni caso, penserò in merito alla faccenda dell'ottica dell'artigiano (ma un artigiano può essere un artista, no? ;) ) :D

 

Frodo: a dire il vero, non è detto che sia l'unico che può far avverare la "profezia" (profezia che poi non c'è, a differenza di altri casi, è tutto incerto), del resto non è nemmeno lui a compiere la missione, e, anzi, fosse stato per lui non si sarebbe compiuta (alla fine ha fallito, e avrebbe eliminato Gollum, che è colui che, una volta che Frodo si arroga l'Anello, fa in modo di distruggerlo). Frodo, arrogandosi l'Unico, cade alla fine della missione, cosa che non mi pare capiti agli eroi classici, non è l'unico a poter fare la missione (Isildur stesso era arrivato allo stesso punto - inoltre scontrandosi prima con Sauron -, e non mi pare si arroghi l'Unico; ci fosse stato un Gollum lí, magari l'Anello sarebbe stato distrutto in quel frangente). E senza Sam, sarebbe arrivato dove è arrivato?

Frodo non è unico, è un Hobbit medio, con le uniche differenze nel fatto che si interessava piú della media, alle culture esterne alla Contea (cosa dovuta anche a Bilbo).

Lo stesso disinteresse al potere è una caratteristica mediamente comune a tutti gli Hobbit, non solo di Frodo. Bilbo stesso resiste all'Unico per anni, usandolo al piú per sfuggire ai Sackville-Baggins, e, seppur con difficoltà, riesce a separarsene, e anche Sam lo fa.

Frodo non è il caso particolare in mezzo alla normalità, è lui stesso la normalità.

 

 

capisci che non è questione che la Contea sia realistica, ma che sia plausibile nel contesto in cui è posta

 

Di fatto, nel contesto in cui è posta è plausibile ;)

Comunque ho capito cosa intendi, ma anche in un'ambientazione (discorso generico) totalmente assurda ci può essere un pezzo realistico, no?

Di per sé, e qui arriviamo al motivo del ritardo, il tuo discorso fila, ma c'era qualcosa che non mi convinceva: continuavo a non riuscire a vedere la Contea in sé come irreale, e mi sono chiesto il perché; forse, stiamo parlando di due cose diverse: io della condizione, tu della condizione temporale, ossia del mantenersi della condizione stessa nel tempo. Forse la differenza di vedute sta in questa differenza: nella Contea c'è una condizione realistica; il mantenersi di questa condizione è, a tuo dire, irreale. Il fatto che il mantenersi di questa stessa condizione sia dovuta a delle contingenze esterne ad essa (ma interne al mondo) esternamente irreali (internamente sarebbe ancora un altro discorso) - ossia la mancanza di attacchi e quant'altro in discussione - non ne intacca il realismo proprio. È realistica l'esistenza di una zona in quella condizione? Sí. Il suo mantenersi è portato da cose irreali? Poniamo di sí. Questo rende quella condizione in sé irreale? Direi di no: se era in sé realistica prima, lo è ancora ora; ossia, è sempre realistico che una zona possa avere una simile condizione.

Discorso diverso è il mantenersi della condizione stessa: se le motivazioni sono irreali, allora il mantenersi sarebbe irreale. Ma il fatto che il mantenersi di una condizione sia irreale, non rende irreale la condizione in sé, no? Rende irreale il suo stazionare nel tempo, la condizione in sé e il suo mantenersi sono due cose separate.

Ossia, ipotizzare un oggi con le stesse società, tecnologia e mentalità di due secoli fa, realmente esistite, non renderebbe quelle società, tecnologia e mentalità in sé irreali, manterrebbero il loro proprio realismo; sarebbe il loro mantenersi nel tempo a essere irreale.

Il fatto è che la Contea è realistica, al massimo non sarebbe realistico il lasso di tempo per cui permane quella condizione; ma questo non mina il realismo intrinseco della condizione. Inoltre ci sarebbe il discorso che la condizione della Contea è realistica anche in relazione all'ambiente; ossia, se l'esempio di cui sopra fosse riportato a un oggi comunque con la tecnologia odierna, sarebbe irreale, mentre la situazione del mondo (stile medioevale) non rende acronistica la Contea, la sua condizione è anche cronologicamente valida. Forse è per questo che non riesco a vedermi la Contea in sé come irreale :wacko:

Spero di essere riuscito a spiegarmi, non è una cosa facile, e sto cercando di chiarirmela bene anche io :ehmmm:

 

 

Davvero non notate l'artificiosità di tutta l'ambientazione?

 

Da parte mia non voglio dire che l'ambientazione sia perfetta e completamente realistica (onestamente, non so neanche se sia umanamente possibile, per un Uomo, creare un mondo plausibile in ogni dettaglio); ma, per quanto la conosco, è un'ambientazione che mi pare realistica, in assoluto e piú di molte altre; magari ciò è anche dovuto agli approfondimenti fatti (sia con alcuni libri, sia discutendo su Eldalië), ma di per sé è un'ambientazione che mi pare realistica :)


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Damien Amfar
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Damien Amfar
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Inviato il 14 febbraio 2005 15:30

Sul realismo io non posso replicare, ritengo le nostre posizioni troppo distanti per poter essere in qualche modo mediate. L'unica cosa che posso consigliarti è leggere un libro di filosofia per chiarire la differenza tra verosimiglianza, coerenza e realismo. O anche semplicemente un buon vocabolario.

 

Se non si parla di realtà interna, come ti poni sul discorso dei personaggi? Se non esistesse una realtà interna, e quanto descritto non collimasse con la nostra realtà, allora quei personaggi (internamente persone) non vivrebbero in una realtà...

 

Infatti non vivono in una realtà. Qualsiasi personaggio è partorito dalla fantasia dell'autore e lì vive, finchè non viene scritto sulla carta e riletto da qualcuno, da quel momento in poi vivrà nella sua di immaginazione. Il concetto di realtà non è applicabile ai personaggi in quanto tali, considerati persone in una realtà alternativa, è applicabile all'idea di quei personaggi, che potrà essere quindi realistica o meno. Verosimile o meno. Nessuno di essi sarà mai reale, neanche in una loro propria realtà, che, di fatto, non esiste.

 

Dal mio vocabolario (Devoto - Oli Comparato. Non è granchè ma sono a Bologna e non a casa mia):

Reale: 1. Che ha effettiva esistenza

Realistico: 1. Fondato sulla concretezza dei fatti 2. Che riproduce fedelmente l arealtà nei suoi aspetti o problemi concreti.

Realtà: 1. La qualità di ogni cosa in quanto reale, sia oggettivamente sia soggettivamente.

 

Ora, tu capisci bene che ci sono due possibilità, o qualcuno percepisce la Terra di Mezzo come reale (e intendo qualcuno di vivo e, probabilmente, malato di mente <_< ) oppure la Terra di Mezzo effettivamente non corrisponde ad una realtà alternativa (si differenzia, ad esempio, dalla realtà virtuale, che ha diritto a questa definizione in quanto "sensibile").

 

 

Plausibile/implausibile:

 

L'autore non darebbe modo di fare simili discorsi, che vengono proprio dalla profondità dell'ambientazione, che piú è approfondita, piú spunti di confronto dà; piú è definita, piú le cose mancanti saltano all'occhio.

 

Su questo, imho, sbagli completamente. Approfondire un'ambientazione, arricchirla, significa, al contempo, definirla con maggiore precisione. Se io dò un'idea generica di un'epoca X senza raccontare il background di quell'epoca il problema non si pone, come dici giustamente tu. Questa scelta però impone all'autore di affidare tutto all'immaginazione del lettore, che potrebbe anche inventarla in maniera totalmente incoerente, mentre è plausibile che l'autore abbia bisogno di un passato per quell'ambientazione (e in realtà ne ha sempre e comunque uno, quello della memoria dei personaggi) e per la relativa storia che vuole raccontare.

Se invece ho la pretesa di ripercorrere a ritroso l'intera Storia del mondo che ho creato dò, necessariamente, un'infinita quantità di altri elementi a chi legge per farsi un'idea più precisa dell'ambientazione stessa.

Coerenza e profondità di un'ambientazione sono condizioni NECESSARIE alla plausibilità della stessa. Valutate contestualmente. Per intenderci, se io creo l'intera Storia di un mondo quella dovrà essere totalmente coerente per generare una situazione coerente. Altrimenti la situazione che io andrò a guardare e da cui partirò per raccontare la mia storia sarà assolutamente assurda.

 

Hai perfettamente ragione, un Elfo non sarà mai realistico, siamo d'accordo :wacko:

Lo stesso discorso varrebbe per una razza di umani diversa dalla nostra (che umani peraltro non sarebbero :wacko: ).

 

Sulla spinta dell'autore:

 

Linguaggi: I temi trattati sono ciò di cui l'autore dovrebbe essere "incinto". Se a metà scrittura l'autore sente il bisogno di descrivere un'idea complessa non la inserisce così a caso in mezzo ad un libro che voleva essere tutt'altro. Ogni opera d'arte letteraria è in realtà il tempio di un'idea, di un concetto, di una filosofia (in piccolo se vuoi). Non si aggiungono, imho, cose a caso o così per dare un significato più profondo a ciò che si sta scrivendo. Il procedimento dovrebbe essere esattamente l'opposto.

 

Mito: mi stai dando assolutamente ragione. Nel lavoro di cesello di Tolkien c'è tutto l'amore dell'artigiano ma nessuna spinta irrazionale come quella che ho descritto. Mettersi a creare il corpus mitologico di una nazione non può provenire che provenire da un pensiero razionale. Chi può sentire SENTIMENTALMENTE il bisogno di una mitologia?

Essere incinti di una storia da raccontare non è essere un'artista. Ogni volta che un padre addormenta un figlio inventandosi una storia è un'artista? Non credo. Un libro nasce da un'idea, è di quella che l'autore deve essere incinto, non dell'ambientazione, non del desiderio di DESCRIVERE un'ambientazione.

 

 

Un artigiano non può essere un'artista no. Se è un'artista è un'artista, punto. L'ottica dell'artigiano è l'ottica di chi lavora per ottenere qualcosa, che pianifica e razionalmente pensa a quel che vuole fare. Non SENTE il bisogno di fare. E' totalmente diverso, capisco che sia difficile da comunicare :ehmmm:

 

Frodo fallisce? Tu dici? Nessun altro avrebbe resistito al potere di corruzione dell'Unico fino al Monte Fato, nessuno avrebbe potuto arrivare ad un passo dal gettare l'anello nella lava. Frodo non è l'apoteosi della normalità.

Bilbo non sarebbe mai riuscito a portare a termine quella stessa missione. Sam stesso ritiene necessario restituire l'anello a Frodo. Perchè? Perchè lui è l'unico a poter andare avanti con quel fardello sulle spalle.

 

Sulla Contea: Un pezzo realistico non rende il resto dell'ambientazione realistica. Hai capito perfettamente cosa intendo, è un problema di evoluzione della situazione. La staticità dell'ambientazione, compresa la Contea, è assolutamente impensabile, inverosimile. Un singolo cambiamento nel corso della Storia porterebbe delle conseguenze a cascata su tutta l'ambientazione. Un'ambientazione può essere soltanto STRETTAMENTE STATICA, per essere coerente. Ovvero non deve succedere nulla di nulla di notevole. Le cronologie di Tolkien sono invece zeppe di eventi, eventi che non lasciano nessuno strascico. Tutto è uguale a se stesso, oscilla intorno ad uno standard che JRRT ha delineato per quella specifica nazione, popolazione o zona.

 

Ma il fatto che il mantenersi di una condizione sia irreale, non rende irreale la condizione in sé, no?

 

Assolutamente sì. La condizione iniziale può essere assolutamente coerente, ma nel corso del tempo la sua immobilità la rende assolutamente improponibile. Concretizzando: Se nell'anno 0 Tolkien mi presentasse la Contea in quel modo, generata da un dio fatta e finita insieme al resto del mondo sarebbe perfettamente COERENTE. Un mese più tardi però ci sarebbero già dei cambiamenti, perchè la Terra di Mezzo non è in equilibrio, come nessun luogo abitato da persone con dei desideri, la mentalità dei suoi abitanti è semplificata a dismisura per mantenere la situazione immobile. E' abitata da gente senza volontà, creata ad arte per rimanere ferma dov'è. Se vuoi dirmi che questa gente è, in realtà, internamente coerente posso accettarlo, anche perchè implicherebbe la loro assoluta lontananza da qualsiasi persona REALE.

 

 

Un Uomo non ha le facoltà per gestire 10000 anni di storia di un continente, per questo Tolkien ha fallito. Almeno, imho. L'ambientazione non è realistica, credo di averlo abbondantemente dimostrato, aldilà dei concetti con cui tu continui a valutarla in modo da poterla considerare tale.

 

 

 

 

Ciauz :wacko:


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Inviato il 14 febbraio 2005 17:42
Un Uomo non ha le facoltà per gestire 10000 anni di storia di un continente, per questo Tolkien ha fallito. Almeno, imho. L'ambientazione non è realistica, credo di averlo abbondantemente dimostrato, aldilà dei concetti con cui tu continui a valutarla in modo da poterla considerare tale.

Forse tu pensi di averlo dimostrato ma per me non è così

<_<

 

Temo che si potrebbe discutere per mesi perchè questa valutazione è puramente soggettiva e a me convincono decisamente di più le argomentazioni di Mornon; non posso entrare nel merito non conoscendo con tale profondità la materia... ma ti invito a leggere una raccontino di fs molto significativo:

Sulle proprietà endocroniche della Tiotimolina risublimata di Asimov

Asimov inventa una molecola e scrive un articolo scientifico perfettamente coerente con le ipotesi iniziali.

 

 

E' questa la coerenza che io cerco e trovo anche nel SDA


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Inviato il 14 febbraio 2005 18:46

Io invece Rosy ti invito a leggere il resto del 3d.

 

Un racconto di Asimov mi spieghi cosa c'entra col nostro discorso?

Mai parlato di SciFi, nè di Asimov, nè di limitazioni dovute al fantasy in se stesso (e il titolo lo si deve interamente a Mornon che ha interpretato non perfettamente un mio commento in un'altra discussione). Se tu trovi che il SdA sia realistico tanto meglio, vorrà dire che sarò io l'illuso, ma dubito che sia paragonabile la creazione di Storia di 10000 anni con quella di una molecola, con tutto il rispetto per quel racconto di Asimov.

 

Che la valutazione sia puramente soggettiva lo trovo abbastanza falso: un'ambientazione è realistica oppure no, non si sta parlando di ciò che uno sente o prova leggendo un libro.

 

 

 

 

Ciauz <_<


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Inviato il 14 febbraio 2005 19:31
Se è Elfa, difficilmente sarà realistica [...] Elfi che si ritrovano in schemi umani, con tutte le differenze che ci sono tra le due razze?

da Damien

Hai perfettamente ragione, un Elfo non sarà mai realistico, siamo d'accordo

da me stesso

La mentalità di alcune razze è spesso simile a quella umana, ma un appartenente ad una razza immortale si comporterebbe davvero come un uomo, o forse rimarrebbe sempre bambino, non angosciato dal tempo che fugge?
Un elfo non è realistico esternamente; ma dentro la storia, se viene presentato con caratteristiche differenti a quelle umane e giustificabili (entro le possibilità della nostra conoscenza e sensibilità), allora diviene plausibile. Ogni cosa, se opportunamente giustificata e differenziata dalla nostra realtà, può essere plausibile, credibile.

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Jeyne Westerling
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Inviato il 14 febbraio 2005 21:48

A mio avviso una ambientazione è realistica se è coerente con il postulato iniziale... e da qui il racconto di Asimov che è un capolavoro in tal senso, sono semplicistica?

Può darsi, ma è così che io valuto una ambientazione e ripeto a mio avviso l'ambientazione del sda è realistica...

 

sai cos'è soggettivo? il metro di giudizio, tu non intendi cambiare il tuo e io non intendo modificare il mio...

 

<_<:ehmmm:


D
Damien Amfar
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Inviato il 14 febbraio 2005 21:59
sai cos'è soggettivo? il metro di giudizio, tu non intendi cambiare il tuo e io non intendo modificare il mio

Sbagliato :wacko:

 

 

Non c'è metodo di giudizio da cambiare, il realismo non è SOGGETTIVO. Quindi è legittimo cercare la giusta posizione nel valutare la cosa, posto che anche la mia potrebbe essere sbagliata (sto aspettando una replica a quel che ho detto, magari ho interpretato nella maniera sbagliata il vocabolario :wacko: ).

 

Inoltre un'ambientazione non ha soltanto un postulato iniziale (perchè non è un'esperimento che prevede un solo evento) ma infiniti (paradossalmente) eventi intermedi che devono determinare la sua condizione "attuale". Altrimenti cadrebbe l'idea di sequenzialità della Storia e si potrebbe ritenere che Alessandro Magno fosse vissuto ieri o 200000 anni fa sarebbe stata la stessa cosa. :ehmmm:

 

 

 

Ciauz <_<


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Inviato il 15 febbraio 2005 12:42

Premetto che ho letto velocemente i post precedenti e forse mi è sfuggito qualcosa però...

Sul reale:

Imho, il concetto di reale è oggettivo nel senso che l'uomo ha stabilito i canoni che una cosa (di qualunque genere) debba avere per essere definita 'reale'. L'applicazione di tale concetto può presentare alcune 'varianti' (ad. realtà processuale: essa si basa sempre su fatti concreti, i quali però per essere presi in considerazione devono essere dimostrati o interpretati, diventando così sempre soggettivi; oppure 'realtà storica', la quale varia a seconda delle interpretazioni che vengono attribuite agli eventi che ne fanno parte, i quali non sempre - peraltro - sono oggettivi).

In definitiva, quindi, il concetto di reale è oggettivo, ma poi nella pratica esistono diverse 'sotto-realtà' le quali finiscono per renderlo soggettivo. :unsure:

E' questo che intendevi Jeyne?

Ad ogni modo, credo (sempre se ho capito il suo discorso :unsure:) che abbia ragione Mornon. Tolkien creando un suo mondo ha anche definito il suo (personale vivaddio!) concetto di reale (non è peraltro questo il grande potere del Fantastico :D). Personalmente non sono in grado di dirlo ma l'indagine - imho - dovrebbe vertere sulla realisticità della Terra di Mezzo in relazione ai 'canoni di realtà' che Tolkien ha stabilito per il suo mondo.

 

Ciao, ciao


L
Lord Lupo
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Lord Lupo
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Inviato il 15 febbraio 2005 12:54

 

Un artigiano non può essere un'artista no. Se è un'artista è un'artista, punto. L'ottica dell'artigiano è l'ottica di chi lavora per ottenere qualcosa, che pianifica e razionalmente pensa a quel che vuole fare. Non SENTE il bisogno di fare. E' totalmente diverso, capisco che sia difficile da comunicare :unsure:

 

Scusa, ma secondo te i grandi scultori rinascimentali (per fare un esempio più lampante) li consideri artisti o artigiani? :unsure:

p.s.: rifletti (prima di rispondere) anche sull'etimologia della parola :D

 

Frodo fallisce?

Imho sì. Viene soprafatto dal potere dell'Unico e sarebbe diventato o un nuovo Sauron o più probabilmente un suo schiavo.

 

Ciao, ciao


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