None, si può tranquillamente avere una forma simile e tutto sta a ricrearla. Inoltre come detto è una cosa che è venuta molto dopo le prime specializzazioni. E il tappo non è una cosa copiata ma una vera e propria invenzione. Poi non vuoi farla passare per quello che è perché finirebbe per smontare il castello di carte che hai creato, ma quest'è.
Inoltre, continui a mettere in risalto il discorso della superiorità e del divario di intelligenza etc. Il divario che si è creato tra le diverse società è nettamente maggiore del divario esistente tra alcune tribù di uomini tuttora esistenti e gli altri animali, per cui lo stesso ragionamento giustificherebbe senza problemi lo sterminio di intere popolazioni di aborigeni et simili. Allargando solo di poco si potrebbe parlare di superiorità dei bianchi sui neri (o viceversa se preferite) e arrivare a classificare i neri come sub-razza che si può tranquillamente togliere di mezzo perché meno sviluppata. E così via.
@Beric: chiaro. E moltissime persone hanno infatti una morale circoscritta agli appartenti della loro etnia/cultura/religione/nazione/civitas... una tempo oserei dire quasi tutte le persone. Mica erano irrazionali.
Anch'io a dirla tutta empaticamente sarei portato a sbattermene completamente dei nigeriani e dei vietnamiti, come detto non è che non ci dormo la notte a saperli sfruttati da me e dai miei amici. Ma chi li conosce, ma chi li ha mai visti.
Però grazie alla ragione e all'individuazione dei tratti comuni tra me e loro, posso superare questa distanza emotiva naturale con la nascita di un nuovo sentimento di "aggregazione", per cui un po' mi dispiace per loro e gli auguro ogni bene e se posso magari un pochino li aiuto, anche se non è vado a fare il missionario.
Ma se i tratti comuni tra me e un vietnamita sono molti, innegabili e di facile individuazione, quelli tra me e un facocero non lo sono. Non abbastanza per convincermi, per far nascere quel sentimento di aggregazione necessario all'applicazione della morale.
Per molte persone non è così, magari manco hanno bisogno di questo "aiutino" razionale per amare, aiutare e astenersi dal danneggiare tutti gli esseri viventi del creato.
O magari amano e fanno del bene solo gli animali e se ne fregano gli uomini, e chennesò io. Buon pro gli faccia. Oppure empaticamente manco la loro mamma gli sta simpatica, ma la loro ragione li porta a capire che il tutto è uno e viceversa, panta rei, vita di pi e save the whales.
come detto, ogni morale è soggettiva e arbitraria, stavo solo spiegando ad aryasnow le "basi razionali" (e quindi di come rilevasse il discorso somiglianza-differenza) per la mia personalissima e arbitraria individuazione del campo di applicazione
@Exall
ma ho letto che manco è un vero tappo, praticamente è della corteccia masticata e poi sputazzata... chewed bark. Vabbè ma sai quanti animali si masticano e sputazzano la corteccia degli alberi?
a sto punto molto più impressionati gli animali che si costruiscono un nido (anche quelli per motivi "termici"), magari usando diversi materiali (piume, perfino ragnatele) o un'altra struttura complessa. Ma sempre imitazione di strutture naturali resta.
ripeto, l'imitazione, anche accompagnata da una certa "lavorazione" è una cosa, la creazione di un nuovo oggetto con delle applicazioni originali è un altra.
Ma secondo me nemmeno queste differenze qualitative, grosse quanto vuoi, sarebbero sufficienti a fornire una giustificazione morale.
Cioè... in che modo? Dove sta il senso logico del collegamento? Mi sembra che ci sia un rapporto tra premessa e conclusione fin troppo arbitrario e inconsistente.
Non è quello il punto. Il punto è che la strumentalità reciproca delle forme di vità è qualcosa di inalienabile. Ogni forma di vita si trova, prima o poi, nella condizione di sopraffarne un altra per garantirsi la sopravvivenza,, perchè come diceva il già citato Gandhi la violenza è una necessità connaturata alla vita corporea, qualsiasi vita corporea.
Se le forme della nostra "sopraffazione" sono diverse (dal "sopraffarre" i topi a scopi di ricerca, al "sopraffarre" un cane pastore per obbligarlo a prestare assistenza ad un cieco) è solo perchè, evolvendoci, abbiamo sviluppato differenti capacità e differenti necessità rispetto alle altre specie. Da qui tutto il discorso sull'evoluzione.
Aggiungo, a questo punto, che il mio augurio è che si arrivi quanto prima ad un punto in cui l'evoluzione dell'uomo sia tale che possa sottrarsi a questa condizione, come si è già sottratto (in un certo senso) ad altre leggi di natura....ma vedo la strada lunga e tremendamente difficile.
Il divario che si è creato tra le diverse società è nettamente maggiore del divario esistente tra alcune tribù di uomini tuttora esistenti e gli altri animali, per cui lo stesso ragionamento giustificherebbe senza problemi lo sterminio di intere popolazioni di aborigeni et simili. Allargando solo di poco si potrebbe parlare di superiorità dei bianchi sui neri (o viceversa se preferite) e arrivare a classificare i neri come sub-razza che si può tranquillamente togliere di mezzo perché meno sviluppata. E così via.
Il punto è che la supremazia tecnologica non è necessariamente un punto a favore nella corsa evolutiva. Quindi noi potremmo tranquillamente convincerci di essere superiori agli abitanti della Sierra Leone e sterminarli, ma non abbiamo nessuna garanzia che la scelta sia poi quella evolutivamente corretta. Sarebbe un indiscriminato - o dettato da interessi contingenti che poi ipocritamente possono essere rivestiti di qualsiasi giusstificazione si desideri - esercizio di potere. Potere che però al momento l'uomo occidentale possiede e che non esercita principalmente per due motivi: 1) non ne ricaverebbe alcun vantaggio 2) sta talmente bene di suo da potersi permettere di applicare quella che AryaSnow chiama morale.
Il problema che tu poni si porrebbe invece in maniera importante nel momento in cui l'uomo fosse veramente in grado di individuare le scelte evolutivamente più azzeccate. Se, attraverso una serie di calcoli, si dimostrasse inconfutabilmente che lo sterminio di metà della popolazione umana aumentasse le probabilità di sopravvivenza della specie nel suo complesso nei prossimi 500 anni, e che gli individui più adatti a sopravvivere sono individuabili attraverso i parametri X, Y e Z... beh, allora che si dovrebbe fare, a vostro parere? Nei lemming, come nell'esempio di hack, questo avviene per via "genetica", nel senso che non risulta esserci una scelta consapevole e ponderata per i suicidi di massa, noi ci dovremmo arrivare per via comportamentale.
E questa non è fantascienza: la politica del figlio unico in Cina ricade espressamente in questo esempio: una strategia di controllo della popolazione volontario e imposto politicamente - non quindi spontaneo dei singoli individui come è invece il calo delle nascite in Europa - perché ritenuta positiva a lungo termine per la sostenibilità del Paese nel suo complesso.
Auspicare che l'uomo in futuro possa essere in grado di capirne abbastanza di evoluzione da individuare le strade più corrette da intraprendere significa anche che l'uomo si dovrà consapevolmente porre anche problemi di questo genere.
Ecco, toccato un altro argomento interessante.
Calo delle nascite spontaneo in Europa... perché? Benessere? Malessere?
Non è a caso che si dice della depressione il male del secolo, ed esiste un tipo di depressione che non ha cause esterne a cui imputarne l'insorgere, è un malessere del vivere che porta spesso al suicidio, o comunque, ovviamente ad una vita fatta di terapie farmaceutiche...(pensa te che giro per rientrare nel discorso delle medicine e delle ricerche...) atte a lenire la patologia.
Fosse genetica? Probabile eh... non si esclude, anzi, anche l'insorgere di malattie sempre legate al sistema neurologico, che portano inesorabilmente alla morte, e a condizioni di vita penose, sembrano legate alla trasmissione genica.
Un rimedio inconsapevole dell'essere umano? BOH! Ma non escluderei tale eventualità, a cuor leggero.
Insomma, è vero, a leggere gli interventi di Balon sulla morale, ci si trovano argomenti più che condivisibili, comprensibili, di sicuro siamo ancora legati al "branco", alla famiglia, poi dipende da cosa consideriamo personalmente come tale, ma è così.
Non ha torto nemmeno Arya Snow, che pone la questione morale, in ogni caso, perché l'essere umano questa capacità, direi proprietà di porsi domande e problemi da analizzare sotto il punto di vista emotivo/sentimentale e ideale, ce l'ha, proprio la formulazione delle idee creative che dovrebbe contraddistinguerci, secondo Balon che ne discute con Exall, è il fondamento dei vari concetti, di morale, etica, bene, male, questa è la consapevolezza, e anche la conoscenza delle cose, passa da questo.
Non è solo, infatti uno scoprire gli eventi, che siano naturali, in ambito chimico, fisico, astronomico e registrarli, ma è anche ponderare gli effetti di tali scoperte.
Questo facciamo, questo sappiamo fare.
Allora questa benedetta responsabilità, di cui continuo a parlare, nonostante abbia detto amen più volte, ci compete per forza, è nostra, volente o nolente.
Perché? Perché è così che stanno le cose.
Dormiamo sonni tranquilli nonostante la guerra in Siria, e via dicendo...
No, non è così, sappiamo, conosciamo tante tematiche, diverse problematiche che affliggono il mondo, più precisamente ci rendiamo conto che c'è una continua situazione di ingiustizia, per diversi motivi e un po' dappertutto a dire il vero.
Che poi a dirla tutta, ma chi dorme sonni tranquilli? Io no!!! Magari!
Se dico di essere misantropo... e ci sarà un motivo!
Poniamo una domanda... se possedessimo un potere superiore(andiamo di fantascienza va), tipo Superman, o chi per lui, che faremmo?
Sembra una domanda stupida(e lo so... " /> ), ma non la è... in realtà "testa" i concetti di responsabilità ed egoismo...
ps
ho scritto di getto, di fretta anche, perdonatemi se qualcosa non si capisce, non rileggo nemmeno... e posto.
@Balon:
Ma io sono d’accordo, sono cose ovvie. Sicuramente la nostra applicazione della morale e i nostri sentimenti sono influenzati dalla “vicinanza”. Tuttavia non sono d’accordo con la tua conclusione secondo la quale la morale è tutta una mera “questione di gusti soggettiva”. Non è così semplice.
Prima di tutto, bisogna fare altre distinzioni, separando l’empatia e la morale dagli interessi puramente egoistici in gioco. Infatti il meccanismo psicologico di cui parli tu in molti casi è prima di tutto una mera questione di convenienza: se devo decidere tra l’Italia bombardata e la Francia bombardata, mi dispiace per i Francesi, ma preferisco salvare l’Italia, non perché provi più empatia per gli sconosciuti italiani rispetto agli sconosciuti francesi, ma per il semplice fatto che in Italia ci vivo io e altre persone utili alla mia felicità personale. Motivazioni del genere hanno ben poco a che fare con la morale, quindi nel nostro discorso dobbiamo metterle un attimo da parte.
Fatta questa premessa, hai comunque ragione quando affermi che anche l’empatia vera e propria viene spesso influenzata dalla somiglianza e/o dalla vicinanza con l’altro individuo, per il semplice fatto che l’empatia è per definizione un mettersi nei panni dell’altro, operazione più facile e spontanea quando qualcuno che ci assomiglia di più e/o lo conosciamo meglio. Tuttavia ci sono ambiti diversi in cui si empatizza con qualcuno e, dato che la morale punta a “fare del bene all’altro e non farlo soffrire”, il tipo di empatia alla base della morale è nello specifico quello relativo alla sofferenza e al piacere.
Esempio: mi trovo di fronte a una persona completamente fuori di testa che passa le giornate a rotolarsi per terra. Posso anche non riuscire a empatizzare bene con i meccanismi psicologici che lo portano a comportarsi in quel modo (visto che è in una condizione mentale molto diversa dalla mia), ma empatizzare con la sua capacità in sé di provare sofferenza è qualcosa che si può fare più facilmente, soprattutto nei casi in cui il dolore è evidente. Se ad esempio qualcuno gli inchioda le mani al pavimento, la sensazione di dolore che ne deriva la posso capire benissimo anch’io e non ha alcun senso pensare “eh ma a lui la morale non la applico perché è troppo diverso da me: non capisco il motivo per il quale lui si rotola sul pavimento e quindi non ci vedo niente di male a inchiodargli le mani”. Le varie diversità tra me e quel tizio non bastano a giustificare razionalmente tale discriminazione, visto che abbiamo comunque in comune la capacità di provare piacere e dolore ed è questo l’aspetto moralmente importante. Se decido di tenere le persone pazze fuori dalla mia concezione morale, faccio qualcosa di irragionevole. Interessarsi alla loro sorte non è una scelta di gusto personale e arbitraria, ma è la cosa più sensata e coerente, a meno di non essere sociopatici e/o del tutto amorali. Stesso discorso per gli animali: possono esserci tutte le differenze di intelligenza di questo mondo, ma che abbiano la capacità di soffrire/godere è oggettivo e dal punto di vista etico la cosa che conta di più è questa.
Tu dici che ognuno estende il proprio campo di applicazione della morale e sceglie a seconda della propria sensibilità soggettiva dove fermarsi, e ritieni che non si possa considerare una scelta superiore ad un’altra. Io invece dico che c’è un punto preciso dove è ragionevole porre il confine: quello degli individui capaci di godere/soffrire. Né prima né dopo. Più ci si allontana da questo punto, più si è nel torto. Non ha senso applicare la morale nei confronti di oggetti inanimati e di esseri viventi non senzienti, né ha senso escludere alcuni esseri viventi senzienti da essa. Non a caso per me la morale deve fondarsi non tanto sui principi di vita/morte, quanto su quelli di sofferenza/piacere (infatti sono al 100% favorevole all’eutanasia e all’aborto prima dello sviluppo della capacità di provare dolore). Questo non l’ho deciso arbitrariamente, ma come conseguenza logica a partire della definizione iniziale che ho dato alla morale.
C’è da precisare un’altra cosa importante: come dici tu, il sentimento di empatia in sé qualcosa di irrazionale e spesso difficile da controllare. Il punto però è che la morale non coincide con il sentimento di empatia. Affonda le proprie radici in esso, prende lo slancio a partire da esso, ma ha poi bisogno di una forte rielaborazione razionale e di una notevole indipendenza dalla mera sensibilità. Altrimenti sarebbe davvero qualcosa di arbitrario e capriccioso: se una mattina non sono dell’umore per empatizzare con nessuno, dovrei sentirmi moralmente autorizzata a picchiare tutti quelli che vedo per strada, ma per fortuna non è così. Infatti non c’è affatto bisogno di passare le giornate a piangere per tutte le disgrazie che ci sono nel mondo per sentire un certo dovere morale verso gli individui che ne sono colpiti. Ci sono anzi persone che, pur non manifestando grande sensibilità, hanno un senso del dovere morale molto più forte di quelli che si commuovono appena sentono parlare di un cane abbandonato. Nel momento in cui ho fatto una certa esperienza del sentimento di empatia, posso estendere i principi morali che ne derivano anche ai casi in cui di empatia in sé ne provo poca o niente, perché mi rendo conto grazie all’aiuto della razionalità che si tratta di casi moralmente simili a quelli in cui l’empatia l’ho provata, cioè capisco che anche in questi casi c’è in gioco il dolore/piacere di un individuo senziente (ed è qui che nasce una forma di “senso della giustizia”, una componente molto importante della morale).
Tra l’altro lo stesso sentimento di empatia spesso non è che arrivi dal nulla: i sentimenti influenzano la ragione, ma anche viceversa, quindi usando la ragione nel modo in cui ho appena descritto è possibile accrescere in una certa misura anche l’empatia stessa. A me succede spesso: all’inizio nei confronti di individuo X non provo alcuna empatia, ma poi ci rifletto su bene e già inizio a empatizzare di più. E’ ovvio che questo è possibile solo fino a un certo punto (non ho chissà quale grande fiducia nel potere della ragione, anzi), e infatti la morale è qualcosa che, pur avendo bisogno di una certa empatia alla base (un individuo che ne è completamente incapace per me non può avere una morale, non nel senso in cui la intendo io almeno), deve anche mantenere una propria indipendenza da essa. Quindi, anche se oggettivamente il nostro sentimento di empatia è spesso “capriccioso” ed estremamente soggettivo (infatti può essere influenzato persino dai gusti musicali e c’è gente che si picchia persino per questo :-P), ritengo sbagliato usare questo fatto per sostenere l’arbitrarietà della morale.
@Jormun: tutto questo è ovvio, ma il senso di un discorso di tipo morale è proprio quello di distinguere tra di loro le varie forme di sopraffazione, cercando di stabilire quali sono più giustificabili e quali no, quali lo sono di più e quali lo sono di meno.
ma per te lo stacco razionale è giustamente "senzienti che provano dolore/piacere" perché secondo te la morale è "fare del bene e non far soffrire terzi".
ma è una definizione, seppur legittima, arbitraria e soggettiva, da cui tu trai determinate conclusioni soggettive.
per me la morale non è "fare del bene e non far soffrire gli esseri senzienti".
la morale è un pre-diritto, i famosi mores maiorum, le prime regole comportamentali che gli individui delle società minimamente complesse si danno per mantenere un minimo di ordine. E' appunto un fenomeno tutto interno alla società umana, sono le "regole tra uomini e per gli uomini".
I contenuti possono essere i più diversi, e tutti adempiere al loro scopo, tutti validamente.
ora, se può essere razionale estendere queste regole superando l'empatia naturale per il proprio nucleo familiare e "gruppo sociale" per abbracciare tutta l'umanità (in fondo, sono pur sempre "regole tra uomini per uomini": dunque perché non fare un passettino ulteriore, soprattutto in questo mondo globalizzato, seppur con molta fatica e spesso solo proclamando amore per l'umanità senza far seguire nessuna azione concreta in tal senso), tuttavia non vedo perché estenderla anche agli animali.
la morale non nasce per loro, non si applica a loro salvo casi particolarissimi (tipo animali sacri in certi popoli) o in via mediata (se uccido un topo di fogna se ne fregano tutti, se uccido il tuo topino da compagnia sono censurabile); neanche volendo la ragione si presta ad assimilare in modo convincente (almeno per me) un'aragosta a un nigeriano (vedi il discorso sopra) e visto che manco provo l'empatia necessaria a farmi soffrire per i cani abbandonati, beh, il mio stacco è l'umanità.
possono esserci stacchi diverse, tutti validi, tutto dipende da cosa si intende con morale.
@Exall
ma ho letto che manco è un vero tappo, praticamente è della corteccia masticata e poi sputazzata... chewed bark. Vabbè ma sai quanti animali si masticano e sputazzano la corteccia degli alberi?
a sto punto molto più impressionati gli animali che si costruiscono un nido (anche quelli per motivi "termici"), magari usando diversi materiali (piume, perfino ragnatele) o un'altra struttura complessa. Ma sempre imitazione di strutture naturali resta.
ripeto, l'imitazione, anche accompagnata da una certa "lavorazione" è una cosa, la creazione di un nuovo oggetto con delle applicazioni originali è un altra.
Sei senza speranza. L'elefante si fabbrica un tappo per tappare la buca che ha aperto. Il come è altro discorso, c'è l'atto creativo in mezzo che consite nel fabbricarsi l'utensile che gli serve per scopi complessi che vanno oltre il bisogno immediato. Però ovviamente questo spit.. il tuo sragionamento per cui starai ore a ruminare sul concetto di sputacchiare la corteccia. Complimenti per la dialettica fallita.
PS al limite al limite, pure volendo prendere per buono il tuo personalissimo concetto di morale, il far soffrire animali inutilmente (ad esempio la sperimentazione per cosmesi è inutile tortura) va contro la sensibilità di un gruppo grazie al cielo non limitato di persone, ossia urta i loro sentimenti, per cui il tuo ragionamento sulla morale implicherebbe il rispetto di questi sentimenti.
Come la metti la metti hai torto.
ma per te lo stacco razionale è giustamente "senzienti che provano dolore/piacere" perché secondo te la morale è "fare del bene e non far soffrire terzi".
ma è una definizione, seppur legittima, arbitraria e soggettiva, da cui tu trai determinate conclusioni soggettive.
Che il mio ragionamento poggi su questo presupposto è ovvio. Infatti con coloro che se be sbattono totalmente di "fare del bene e non far offrire terzi" non funziona e in questi casi non ha senso nemmeno discuterne.
Però non è una morale che ho scelto tirando i dadi :-P Si parte dal sentimento di empatia (che è qualcosa di concreto, che esiste) e lo si rielabora razionalmente,
per me la morale non è "fare del bene e non far soffrire gli esseri senzienti".la morale è un pre-diritto, i famosi mores maiorum, le prime regole comportamentali che gli individui delle società minimamente complesse si danno per mantenere un minimo di ordine. E' appunto un fenomeno tutto interno alla società umana, sono le "regole tra uomini e per gli uomini".
I contenuti possono essere i più diversi, e tutti adempiere al loro scopo, tutti validamente.
Ok, ma questo è un modo di intendere la morale che con l'empatia non ha nulla a che fare. E' una mera questione di convenienza personale nell'accezione più grezza del termine. Faccio un patto con i miei vicini in cui promettiamo di non ucciderci a vicenda, perché altrimenti ogni notte rischio di trovarmi con la gola tagliata da uno di loro. Non è altro che una forma primitiva di legge rispettata solo perché è comoda per sopravvivere.
Secondo me in questo caso non ha nemmeno senso parlare di "morale", che a questo punto risulta un concetto superfluo: basta limitarsi a parlare di rispetto degli accordi per convenienza. E a mio parere tale descrizione della realtà, per quanto importante e anzi dominante, è insufficiente a spiegare per intero la complessità delle motivazioni umane ed è un'altra cosa rispetto all'empatia.
Per me una persona che evita di danneggiare gli altri solo per poter sopravvivere bene nella società si comporta in modo amorale. I suoi motivi non sono etici. Si può parlare di morale solo se questa persona si tirerebbe indietro (o almeno si farebbe qualche scrupolo) anche con la garanzia di non essere scoperta e/o punita.
Per questo non trovo ragioni di escludere gli animali dall'etica. Dire che la morale vale solo per gli uomini e per la convivenza tra gli uomini equivale al ridurla a una mera questione di convenienza pratica, all'egoismo in senso stretto, mentre per me l'intero ambito etico ha motivo di esistere solo se offre anche qualcosa di più.
I motivi del menefreghismo generale nei confronti egli animali per me sono una combinazione di abitudine, conformismo, mancanza di riflessione e ovviamente egoismo. Tale indifferenza però è poco convincente nell'ottica di un'etica razionalmente solida, dotata di una propria autonomia e legata all'empatia.
Però Anastasia, una morale fondata sull'utilitarismo sarebbe altrettanto fondata.
Allora, secondo me, e secondo quanto sappia della definizione di morale, in se, essa non può prescindere da criteri di giudizi nei confronti di bene e male, posti ovviamente come concetti antitetici.
E' normale che la certezza morale, qualunque essa poi sia, debba essere fondata su intuito e affetto, e di conseguenza "allontana" prove materiali e logiche(anche se non le esclude).
In ogni caso la morale, è, in pratica una forma di insegnamento... la morale della favola, per esempio, e seppure esista e sia legittima la morale individuale, quella che ha più rilievo è di carattere collettivo(religiosa, filosofica), perché rappresenta un "complesso" di principi su cui si basa, e ai quali ci si uniforma(o meno...).
Cosa sarebbero i danni morali, ad esempio riconosciuti dal diritto, se un concetto di morale supera quello individuale, e si uniforma(eh si eh) a "regola" o "legge", o meglio ancora e più precisamente ad assunto, assioma se proprio vogliamo.
Rimane la contrapposizione al materiale, al "fisico", ma il concetto non è astratto e arbitrario, una morale non condivisa, è si una morale(individuale), ma di certo, traendo origine dal sentimento, dallo spirituale ancor meglio, conta ben poco in una considerazione globale.
Seppure rimane giusto, considerare la morale in maniera individuale, visto che si tratta di "spiritualità", essa resta, oserei dire, obbligatoriamente tendente al soddisfacimento del bene.
Ora... moralmente, fare del male ad un essere vivente, anche se non è umano, è comunque FARE del MALE.
Moralmente questo, in ogni punto di vista lo vogliamo "ficcare", è sbagliato.
Quello che permette di porsi la domanda se questo SBAGLIO sia necessario ad un BENE maggiore, resta il punto di dibattimento.
Ossia, è per un BENE maggiore che si accetta la sperimentazione sugli animali, ammesso che si riconosca questo valore di maggiore, ma di certo, alla base, c'è uno sbaglio morale, c'è un danno inflitto a qualcuno(anche se non umano).
E tutti gli esseri umani senzienti sanno comprendere cosa significhi infliggere un danno.
Lo facciamo, mettiamoci l'anima in pace, resta da vedere se questo danno, secondo la nostra discrezione è davvero necessario per un bene maggiore.
Ad esempio per i cattolici lo sarebbe.
Per gli animalisti no.
Possiamo discuterne all'infinito, resteranno le nostre idee, tendenze, credenze, empatie e spiritualità o quel che vi pare a farci schierare da chissà quale parte, o a prendere una certa posizione.
Ma è fuori ogni dubbio che il danno viene inflitto, è fuori di dubbio che commettiamo un atto mancante di morale, in se, perché facciamo del male(fisico proprio, e non solo).
Fare del male rientra nella sfera della moralità, e di certo non è accettabile, come gesto, per la stessa.
Punto. " />
Ecco perché parlo di responsabilità... prendiamocela eh, ogni tanto almeno
Ora... moralmente, fare del male ad un essere vivente, anche se non è umano, è comunque FARE del MALE.
Moralmente questo, in ogni punto di vista lo vogliamo "ficcare", è sbagliato.
Se per "male" tu intendi "dolore fisico" o "uccisione", ho già spiegato che questa condizione è inalienabile. Se vuoi nutrirti di un pollo o di un pesce devi "fargli del male". E quando il pesce si nutre di krill deve "fargli del male", "ucciderlo". Da lì, per ora, non si scappa, mi spiace.
I motivi del menefreghismo generale nei confronti egli animali per me sono una combinazione di abitudine, conformismo, mancanza di riflessione e ovviamente egoismo. Tale indifferenza però è poco convincente nell'ottica di un'etica razionalmente solida, dotata di una propria autonomia e legata all'empatia.
Scusa ma non sono affatto convinto che l'etica ( o morale, che dir si voglia) sia necessariamente legata all'empatia.
Io non avrei remore a barattare la vita di cento bambini in Congo se servisse a salvare la vita di mia sorella o della mia fidanzata ( e di certo una madre congolese ragionerebbe allo stesso modo se ci fosse in gioco suo figlio). Ora....questa scelta non sarebbe definibile come "etica" o "morale" in nessuna accezione comunemente intesa ma, IMHO, si tratterebbe di una scelta fortemente dettata dall'empatia: se sono spinto a fare uan scelta del genere è proprio perchè con un mio prossimo c'è un rapporto empatico molto forte, di massima "vicinanza emotiva".
Ora... moralmente, fare del male ad un essere vivente, anche se non è umano, è comunque FARE del MALE.
Moralmente questo, in ogni punto di vista lo vogliamo "ficcare", è sbagliato.
Se per "male" tu intendi "dolore fisico" o "uccisione", ho già spiegato che questa condizione è inalienabile. Se vuoi nutrirti di un pollo o di un pesce devi "fargli del male". E quando il pesce si nutre di krill deve "fargli del male", "ucciderlo". Da lì, per ora, non si scappa, mi spiace.
Joramun, hai ragione, comunque la morale, e quindi il concetto di bene e male non si applicano sugli animali, almeno finché non ne sappiamo di più " />
Invece sull'uomo si, e comunque la necessità di nutrirsi, rientra nel comportamento moralmente e eticamente accettabile.
Non lo sarebbe e non lo è, se quel male che fai è superfluo, è consapevolmente eccessivo o anche gratuito, ossia uccidi il pesce non per fabbisogno, ma per denaro, per arricchirti e venderlo a quintali, anche se a livello di bisogno nutrizionale ne servirebbe molto di meno. O magari lo peschi e lo uccidi e poi lo butti via, senza manco mangiarlo.
Ecco perché si dibatte se davvero serve o meno la sperimentazione sugli animali. Perché ci chiediamo se sia necessaria, nonostante il male fatto sia accertato, oppure stia diventando meno irrinunciabile di quanto sembri.
Cioè, è importante capire che, uccidere, è comunque un male, un danno arrecato. Come atto preso a se intendo.
Poi analizzando i motivi, possiamo trovarne di moralmente accettabili, dibattuti, e inaccettabili.
La morale si deve comunque applicare al solo essere umano, visto che, ripeto, è l'unico a dare significato antitetico a bene e male. E infatti l'etica è proprio questo, ossia l'osservazione del comportamento umano riguardo bene e male come concetti.
Spero di essermi spiegato.
@Joramun:
No, aspetta: non ho detto che ogni azione dettata dall'empatia sia per forza eticamente giusta, anzi. Piuttosto ho detto il contrario: che l'etica ha bisogno dell'empatia, e ogni azione dettata da motivi etici ha dietro almeno un po' di empatia alla base.
@Lord Beric:
In che senso? Per me l'utilitarismo è fondato, ma non trovo che il mio discorso lo escluda, anzi.
Infatti nella storia della filosofia utilitarismo ed estensione della morale a tutti gli esseri sensibili non sono mica in contrasto. Vedi la famosa citazione di Jeremy Bentham (Il problema non è "Possono ragionare?", né "Possono parlare?", ma "Possono soffrire?"), o il fatto che lo stesso Peter Singer sia un'utilitarista.
Poi è vero che il discorso è complesso, quindi cosa intendi dire? " />