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Scrivere
L di Lord Alexander Stone
creato il 04 maggio 2009

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Alexander
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Inviato il 04 maggio 2009 20:51 Autore

Sulla scia del successo del forum 'Scrittura Creativa', per evitare di creare troppa confusione e di deviare dai temi settimanali, ecco a voi un topic dove confrontarsi liberamente, dove giovani scrittori, senza alcun criterio di pubblicazione, possono confrontarsi sugli elementi narrativi, parlare dei testi pubblicati sulla Cittadella (alcuni davvero belli), postare brani e progetti e discuterne insieme.

 

Il forum Scrittura Creativa è nato per seguire un tema settimanale. 'La barriera', 'il Parco degli dei'. E' un topic, come ho specificato, che segue un filo conduttore particolare: quello della descrizione, delle sfere sensoriali. Ogni settimana, con coloro che partecipano, si decide il nuovo tema. Dunque non lascia - nonostante i miei sforzi di allargare gli orizzonti - la libertà letteraria allo scrittore.

 

E' capitato, durante il topic, di incontrare alcune richieste da parte di coloro che volevano approfondire altri elementi narrativi, di coloro che volevano postare dei racconti (è già successo). Mi sono arrivate diverse richieste da parte di alcuni utenti che volevano saperne di più, che volevano proporre la lettura di loro scritti in generale, in via di pubblicazione o semplicemente sogni.

Così è nata un pò di confusione: ai testi del tema settimanale si sono aggiunti testi di vario genere.

 

Così, Scrittura creativa: descrizioni è diventato il luogo d'incontro generale, di discussione sulla scrittura, di pubblicazione di testi e racconti e idee generiche mentre -secondo quanto specificato- doveva essere semplicemente una raccolta di paesaggi e descrizioni e commenti.

 

Perciò Scrivere: le vostre opere è diventato il topic dove ognuno, con la propria esperienza e con la propria fantasia può pubblicare qualsiasi cosa, dalle poesie, ai racconti alle descrizioni a parti di romanzo, discutere di tutti gli elementi narrativi e ricevere consigli quando ne ha bisogno.

 

Scrittura creativa: descrizioni diventa quindi una semplice galleria di immagini per migliorare la sola descrizione. Ho voluto approfondirla particolarmente perchè mi rendo conto di quanto sia sottovalutata nella maggiorparte dei casi di scrittura moderna !

 

Detto questo, vi auguro una splendida giornata.

 

Perire omne tempus arbitrabatur quod studiis non impenderetur...

 

 

 

 

P.S.Questi topic esistono a patto, naturalmente, di non cadere nel plagio.

Esistono diverse leggi che tranquillizzano uno scrittore aperto, e non tarderò nel farvele conoscere.

Io stesso posterò alcune parti di miei racconti...

Buona lettura e buon lavoro.


M
meloth
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meloth
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M

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Inviato il 04 maggio 2009 21:00

“Sembra un angelo caduto dal cielo”.

Semplici ma intense parole vergate frettolosamente sul blocco degli appunti, proprio sul finire delle lezioni. Era l’ultimo sabato di lezioni prima delle vacanze di Natale, e Rose era più raggiante che mai. Lo studio stava gradualmente dando i suoi ottimi frutti, Gala avrebbe trascorso le vacanze natalizie con lei, e il racconto autobiografico che stava scrivendo diventava sempre più appassionante giorno dopo giorno. Ma non erano quelli i veri motivi della sua felicità. L’unica sua gioia, l’unico pensiero col quale si svegliava al mattino e si addormentava la sera era lui:Nemesis. Lo aveva incontrato altre volte dopo quella sua visita inaspettata di Settembre, anche se decisamente troppo poche per potersi permettere di essere così felice. Una volta al mese, o durante i primi giorni o poco prima degli ultimi. Indovinare quando sarebbe venuto era diventato facilissimo. Bastava guardare Gwenhyfar;se era più luminosa e bella del solito allora voleva dire che Nemesis era da quelle parti. Rose non era più gelosa, non solo per le parole del giovane riguardo il suo rapporto con la Dama,ma anche perché la donna sembrava molto più discreta e meno affettuosa col ragazzo. Tutte le volte che li aveva visti salutarsi, si erano limitati entrambi all’abbraccio, in tempi sempre più brevi.

Si, una volta al mese era davvero insufficiente per poter sperare e sognare. Eppure Rose era felice solo quando lo vedeva. Non parlavano molto, né di cose importanti. Piccole sciocchezze quotiDiana, che però per entrambi avevano un valore fondamentale. La seconda volta che si erano rivisti, Nemesis le aveva domandato semplicemente se avrebbe festeggiato Samhàin, il 31 Ottobre. Quando Rose aveva risposto che una simile festività non esisteva nel mondo dei normali, lui si era limitato a guardarla sorpreso e triste al tempo stesso. :<<Come siamo diversi, tu e io>>le aveva detto con la voce ridotta ad un sussurro. Poi aveva aggiunto:<<Forse è per questo che sto bene con te ma mi sento a disagio al tempo stesso>>e se ne era andato senza aspettare una risposta. Rose si era dispiaciuta così tanto per quella reazione che non aveva mangiato nulla né a pranzo né a cena. A Novembre le cose erano andate meglio, ma Rose si era resa ridicola come mai in vita sua. L’incontro era avvenuto una settimana dopo il precedente, il 3Novembre, e Rose ad un semplice saluto e sorriso del ragazzo rispose con una tempesta di scuse. :<<Mi dispiace di metterti a disagio>>gli aveva detto con voce tesa<<so di essere troppo irruenta a volte, troppo orgogliosa, troppo impaziente, troppo aspra, troppo curiosa, troppo irascibile, troppo indisponente e…>> <<Troppo insicura>>l’aveva interrotta lui sorridendo<<io ti ho detto solo ciao, e tu mi stai facendo una lista completa delle tue esagerazioni! Non sei un mostro pieno di orrori, si più sicura di te stessa>>e le aveva dato un bacio sulla fronte. Rose era rimasta ferma come di sasso, un po’ per la sorpresa del bacio un po’ per la critica di lui, e aveva risposto annuendo a fatica alla domanda di Nemesis riguardo il suo andamento scolastico. Si era sentita stupida e del tutto inadeguata, però felice che lui non fosse più turbato dalla loro diversità. Inutile negare che, in qualche modo, anche lei spesso provava lo stesso in sua presenza.

Quel 20 Dicembre sarebbe stato l’ultimo giorno d’incontro tra lei e Nemesis, glielo aveva promesso la volta scorsa. L’ultimo del periodo invernale naturalmente. Aveva intenzione di approfondire la conoscenza in primavera a tutti i costi, non si sarebbe lasciata sfuggire Nemesis per nulla al mondo. Sentiva di poter essere felice con lui, anche se in molti lati del carattere era diversa da lui, e non voleva perderlo. Sapeva per certo, pur avendolo conosciuto da poco, che la sua presenza era molto importante nella sua vita. Fece la cartella in fretta e furia, gettando dentro i libri e i quaderni alla rinfusa,badando poco alla Dama che la osservava in silenzio. Le sembrava stranamente pensosa e spossata, ma non vi fece molto caso. Quel pomeriggio si sarebbero svolti i colloqui, ed era ovvio fosse stanca. Sfrecciò fuori veloce come un lampo, nonostante le gambe minacciassero di cederle, ignorò del tutto il saluto di Penny e di Lea. Alla fine dell’ultima rampa di scale si scontrò per l’ennesima volta contro Cerdic, ma svincolò in fretta dalla sue braccia pronte per stringerla con un frettoloso:<<Non oggi Cerd, non ho tempo da perdere>>. Non fece caso al verso di delusione proveniente dal mezzodemone;Nemesis era molto più importante di quello stupido sempre pronto a provocarla e deriderla.

Nemesis era al solito posto, appoggiato al muricciolo che separava i due spiazzi dell’edificio.Di Gwenhyfar non c’era traccia, il che incuriosì Rose non poco. Quando però si avvicinò tanto da poter vedere bene il giovane in volto, rimase senza parole per lo stupore. Pallido, pallido come un cadavere, le vene del volto perfettamente visibili sotto la pelle tesa e sottile. Gli occhi spenti, con delle sottili nervature rossastre,e le guance stranamente incavate lo facevano apparire come un malato prossimo alla morte. Non era brutto, la magrezza del volto gli donava, ma aveva un aspetto inquietante. Rose non riusciva proprio a riconoscerlo, persino i capelli spettinati le sembravano quelli di un’altra persona. :<<Ti chiedo scusa, ma sono malato>>intervenne lui con voce roca, notando l’imbarazzo e lo stupore di lei. Rose annuì poco convinta, poi disse piano<<se non stai bene, sarà meglio che torni a casa>> <<No, ce la faccio>>rispose lui debolmente<<e poi sono venuto apposta per te, per parlarti. Ti fidi di me?>>chiese poi teso. Rose lo guardò confusa, alla ricerca di un segno di riconoscimento, poi disse:<<Si, perché me lo chiedi?>> <<Voglio mostrarti un posto, ti piacerà. Sempre se ti fidi, non voglio forzarti a fare nulla>>si affrettò a dire lui con fare premuroso. Rose esitò a rispondere, pensando a cosa avrebbe detto sua madre a riguardo,e riflettendo sul fatto che conosceva Nemesis da poco tempo. “Mi ha salvato la vita”si disse poi confutando ogni dubbio”se avesse avuto brutte intenzioni nei miei confronti, non avrebbe esitato durante tutte le volte che siamo rimasti da soli. Si, posso fidarmi”concluse poi sicura. Rimaneva solo da convincere Meg, e non aveva la più pallida idea di come avrebbe fatto. Sua madre non era ancora arrivata, ma era questione di minuti e sarebbe stata sul luogo. Non si sbagliava. Stava per aprire bocca ed esporre il problema, quando la voce austera di sua madre la richiamò. Corse da lei facendo cenno al ragazzo di attendere, formulando mentalmente la supplica da rivolgerle per ottenere il suo permesso.

:<<Allora, andiamo?>>le chiese Meg facendole posto sul calesse. Rose non si mosse, tesa come la corda di un arco. Sua madre alzò il cipiglio perplessa e disse irritata:<<Rose, muoviti che non posso stare qui tutto il giorno. Ricorda che oggi ci sono i colloqui e io devo pulire casa prima di accompagnarti. Qualsiasi cosa tu debba fare qui la farai durante le vacanze>> <<No mamma, io devo farla adesso>>rispose Rose tentennando. Meg sospirò seccata, rivolgendo gli occhi al cielo. :<<Ho capito, sali che ti accompagno io a quel negozio di vestiti, o tu non ci dormi la notte>>le disse con tono di resa. Rose decise che doveva agire in fretta. :<<Mamma, conosci Nemesis, il giovane che mi ha salvato la vita al Monte Thànatos?>>esordì sforzandosi di mantenere il tono deciso. Meg gettò un’occhiata al di là delle sue spalle, proprio verso Nemesis. Sorrise e disse con tono di apprezzamento:<<Si, ti sei scelta proprio un bel ragazzo>> <<E tu che ne sai?E poi non è il mio ragazzo!>>esclamò Rose punta nel vivo, mentre nella mente si faceva strada uno strano sospetto. :<<Tu conosci Nemesis!>>le disse stupita, voltandosi indietro a guardare il ragazzo. Meg sorrise e rispose:<<L’ho visto a Settembre, mentre ci parlavi. Non è forse il giovane col quale parli ogni mese?>> <<Mamma!Tu mi hai spiata!>>esplose Rose indignata, mandando all’aria tutto quello che aveva progettato per ottenere quello che voleva. Meg continuò a sorridere. :<<Credevi che non me ne fossi accorta,eh?Le madri hanno cento occhi>> disse la donna ridendo, mentre Rose impallidiva<<Bella cosa!Non sei tu quella che dice che dobbiamo essere sincere le une con le altre?>>la rimbeccò sua figlia. Meg riprese il tono severo all’istante. :<<Rose, sono tua madre!Devo sapere tutto quello che fai senza farti capire nulla. E poi io non ti ho mentito. Tu casomai sei stata scorretta a non parlarmene>> <<Credevo che tu avresti disapprovato>>ammise Rose imbronciata<<E perché mai? Anzi, magari ti sistemassi con un ragazzo!Ti addolcirebbe il carattere acido che ti ritrovi!>> <<A proposito di sistemarmi,Nemesis mi ha chiesto di fare una passeggiata con lui. Posso?>>chiese Rose con tono supplichevole e le mani giunte come in preghiera. Meg scrollò le spalle con fare indifferente, poi rispose calma:<<Se vuoi, ed è un ragazzo di cui sai di poterti fidare, perché no? Vai, io ti aspetto>> <<Grazie!>>esclamò Rose gettandole le braccia al collo<<farò subito, deve dirmi una cosa. Non ci tratterremo, credo non stia molto bene>> <<Ci credo, quando ti ritrovi una peste come te tra i piedi resistere per più di un minuto è impossibile!>>rispose Meg con tono così serio da far infuriare la figlia.

Rose tornò in fretta da Nemesis, gli fece un largo sorriso e disse:<<Mia madre ha detto che possiamo passeggiare, però dobbiamo fare subito. So che alle lunghe si preoccuperebbe per me e andrebbe in crisi>> <<Mi dispiace>>si scusò Nemesis,il tono molto strano., ma Rose era così felice che non ci fece caso. Nemesis le prese la mano, stringendola con le dita lunghe ed eleganti ma insolitamente fredde, e la guido lungo la strada che dalla scuola portava al parco delle terme, proprio infondo alla Middle Street. Giunti lì la strada curvava verso destra, biforcandosi in due direzioni opposte. Una curvava verso ovest, l’altra verso est. Loro imboccarono quella più occidentale, facendo attenzione ai carri che sfrecciavano a poca distanza di tempo gli uni dagli altri. Nonostante fosse insolitamente emaciato, Nemesis aveva una grazia nei movimenti unica, fluidi e nello stesso tempo eleganti. Rose faceva fatica a stargli dietro, inciampando nei sassi quasi ogni cinque o sei passi, ma lui la salvava dalle cadute dirigendola abilmente con la mano. Quello che calpestavano non era un sentiero molto battuto, infatti non vi erano impronte né umane né di cavalli, a differenza della parte centrale del bivio e del ramo orientale. Si sarebbe potuto classificare come terreno di campagna, se non fosse stato per il gran numero di pini ed abeti che lo costeggiava. :<<Un bosco!>>esclamò estasiata Rose guardando quel mare smeraldino di fronde che si estendeva come un grande anello lungo i contorni della via, a tratti confondendosi con essa. Nemesis si voltò e sorrise per il suo entusiasmo, facendo tornare un po’ di colore sul viso cereo. :<<Questo che vedi è il primo tratto della Selva Nera>> <<La stessa che ho attraversato per giungere nel regno di Horsa e a Camelot?>>chiese Rose sorpresa, ricordando un tipo di bosco molto diverso da quello<<Si. Non ti meravigliare, la selva è molto eterogenea riguardo al tipo di vegetazione. Dipende dalla latitudine, come tu stessa ai visto. A Camelot, il villaggio più settentrionale del centro-sud di Isgard, la latitudine diventa piuttosto elevata e per questo abbondano le conifere>> <<Una di queste strade porta a Camelot?>> <<Si, questa che stiamo percorrendo>> <<Oddio, non vorrai portarmi li?!>>chiese Rose allarmata, fermandosi di colpo. Nemesis rise, ma non era la risata serena e limpida di sempre. :<<Andiamo, se anche fosse? Che vuoi che siano 30 miglia a piedi? Io ne ho percorse molte di più in passato>> <<Beato te, io sono un disastro quando si tratta di camminare per lunghi tragitti>>si lamentò Rose,riprendendo a camminare. Si fermarono solo dopo aver percorso poco più di un miglio, di fronte ad un a staccionata di legno consunto. :<<Qui hanno costruito una specie di rifugio per i boscaioli, ma ci si possono fare anche scampagnate. Credo faccia al caso nostro, no?>>disse Nemesis scavalcando la staccionata con un salto impeccabile. Tese la mano a Rose per aiutarla a fare altrettanto, e Rose si maledì per aver indossato la gonna di pelle con gli stivali proprio quel giorno. :<<Hai delle bellissime gambe>>commentò Nemesis una volta che Rose fu passata dall’altra parte, con tono sincero e gentile ma appena più basso del solito. Rose sorrise timidamente e rispose:<<Grazie, sei il primo che me lo dice. Di solito le mie gambe sono sempre fonte di imbarazzo, anche se a me piacciono. Sono dritte, che importa se sono tornite?>> <<Come dovrebbero essere?Come quelle di Electra Noir?>>le chiese lui recuperando un po’ di allegria. Rose sorrise trionfante, pensando alla delusione di Electra se avesse sentito quelle parole. :<<Conosci Electra?>>s’informò poi cercando di non sembrare troppo interessata. Lui annuì senza dire nulla, le riprese la mano e la trascinò verso un tronco segato lì vicino, accomodandosi con disinvoltura. Rose ne osservò rapita la muscolatura perfetta, ma più tesa del dovuto, e si sedette su un grande masso cavo a circa un metro di distanza. Nonostante la superficie della roccia fosse molto fredda e scivolosa, era comoda abbastanza per potersi sedere allungo, e di questo Rose fu grata data la sua scarsa resistenza muscolare. Per un po’ la ragazza si fissò i piedi in silenzio, sprofondando in un sempre più grande e soffocante imbarazzo, sperando vivamente che Nemesis le parlasse presto. Passarono alcuni minuti, interrotti solo dal rumore di un calesse, e Nemesis non parlava. Rose incominciò ad innervosirsi. Non capiva perché l’aveva condotta in quel luogo dichiarando di avere qualcosa di importante da dire, quando il silenzio tra di loro stava diventando un muro invalicabile. Lo sentiva lontano e distante, aveva paura che se non avesse parlato subito lo avrebbe perso. Provò due volte ad aprire bocca, ma era come se le fosse scomparsa la voce.Quasi urlò per la disperazione, per non riuscire a comprendere il suo strano comportamento. Tutto quel mistero la stava uccidendo, dilaniando in una morsa dalla quale non riusciva a liberarsi. Stava per alzarsi e andarsene, quando lui finalmente parlò.

:<<Conosci la storia di Lufeshir e Earendel?>>le chiese con voce vaga e trasognata, tutto assorto nei suoi pensieri. Rose gli osservò il volto, notando che aveva gli occhi lucidi, e l’espressione persa nel vuoto. :<<No>>ammise Rose cercando di fare mente locale sulle leggende fino ad allora studiate, ma non ricordando quei nomi<<Raccontamela>>aggiunse poi entusiasta per aver trovato un punto di conversazione. La voce del ragazzo giunse come un sussurro del vento talmente era bassa, eppure profonda come il tempo in cui la leggenda si era svolta.:<<Ti canterò la canzone di Lufeshir e Earendel>>disse<<tratta da un lai composto dagli elfi dei boschi durante la Seconda Età.Bella, ma triste, come molte leggende elfiche. Durante l’anno 1000 di quell’età, che ne decretò la fine, si svolge questa vicenda. Lufeshir era una mezz’elfa, figlia del re degli elfi Theodwud e della dea Danu, mentre Earendil era un semplice cacciatore della razza degli uomini. Un giorno i due si incontrarono, si innamorarono e decisero di sposarsi nonostante le diversità delle loro razze. Lufeshir infatti era immortale per via delle sue origini divine, mentre Earendel sarebbe morto come tutti gli uomini. E così decretarono la loro triste sorte. Questa, approssimativamente, è la canzone:

In una terra incantata, avvolta da bruma

Vi era una bellezza incantata

Splendente come sole

Eterea come luna.

Fra boschi rigogliosi e impetuose cascate

Fra campi ricoperti di campanule dorate

Lei dolcemente cantava

E sull’erba fresca danzava.

 

Vagando per lidi

e per passi montani

Per boschi sconosciuti

e paesi lontani

Ei giunse nel bosco,

il bello straniero

Dal gentile portamento

Nobile e fiero.

 

Vide da lungi mentre riposava

Il bagliore d’argento che la foresta emanava

E udì una dolce voce cantare

E piedi veloci sul prato avanzare.

Come ombra veloce nel bosco di notte

Egli inseguì il miraggio fra alberi e grotte

Finchè non giunse presso una cascata

E si aggrappò saldamente alla veste argentata.

 

La dolce creatura guardò il suo viso,

Sporco e affannato

Livido e liso

E subito stupita rimase ferma ad osservarlo

Mentre già in cuor suo cominciava ad amarlo.

Lui felice e stranito la strinse timoroso

Lottando contro il tempo che scorreva ingiurioso,

Le accarezzò dolcemente i riccioli corvini

E il viso delicato dai tratti fini.

 

Lufeshir aveva nome la graziosa dama

Della sue bellezza grande era la fama

Figlia di elfo e di creatura divina,

Viveva presso la cascata, squillante e argentina.

Passarono anni tra inverni e primavere

E il giovane sempre tornava a vedere

La danza incantata di Lufeshir la bella

Al raggio di sole, al lume di stella.

 

Altre stagioni vennero e andarono

E i due innamorati a primavera si sposarono,

Felici e gai furono per loro gli anni

Finchè del male non giunsero gli inganni.

Mentre Lufeshir cantava presso la cascata,

Il marito giocava con la figlia neonata

Giunse un drago malefico, strisciando silenziosamente

E si avventò sulla fanciulla, mordendola crudelmente.

 

Per giorni e per notti Lufeshir la bella

Giacque nella foresta, come eclissata stella

Né morta né viva, tenero fiore spiccato

Che intatto rimane disteso sul prato.

Tremendo dolore accecò il cacciatore,

Che per tutte le selve cercò l’assalitore

E trovatolo nel bosco intento a razziare

Gli si fece incontro per poterlo ammazzare.

 

Al Padre Divino giurò di riportare

Lo smeraldo sacro, se lei gli voleva ridare,

A gran voce pronunciò il giuramento

Promise la sua vita, in caso di fallimento.

L’impresa volle la fine del valoroso

Che in vita era stato uomo glorioso

Ma la promessa fatta fu portata a compimento

E Lufeshir si risvegliò, in preda al dolore e al tormento.

 

Sola e silenziosa si dipartì dalla cascata,

Dove per anni felici era stata allungo amata,

Mai più Fato volle che lei potesse tornare

Nelle belle contrade in cui amava tanto danzare.

Distesa su un letto di foglie boschive

Volò oltre le mortali rive,

A cercare da Morte il suo innamorato

Peichè era a lei indissolubilmente legato.

 

E quando fu al cospetto della grotta di Morte,

Signore tenebroso dei destini e della sorte

Intonò piangendo uno struggente lamento

Trasportato nella grotta dalle ali del vento.

Morte pregò affinchè le potesse ridare

L’unico uomo che era in grado di amare,

E per quel servigio lei gli avrebbe dato

In cambio la sua vita, pur di avere quella dell’amato.

 

Pianse Morte, che è detto l’Impassibile

Di fronte ad un canto di bellezza simile

E uscì dalla sua dimora per parlare con la creatura,

Che gli si gettò ai piedi senza timore e paura.

Il fato dei morti il dio non poteva cambiare,

Si che il cacciatore indietro non potè tornare,

Giacchè era morto per poter riscattare

L’anima di colei che sola poteva amare.

 

Ma Morte per Lufeshir volle pregare

Affinchè il suo dolore si potesse alleviare

E Dio solo due scelte diede all’innamorata:

Sulla terra tornare, sola e addolorata,

O lì restare insieme a colui che in vita l’aveva amata.

Lufeshir lasciò il bosco e la cascata,

In eterno restò con l’amato, né è mai più ritornata

Alle contrade in cui ora col pianto e colla guerra

Si rimpiange la gemma più bella della terra>>

E qui la voce del giovane, tremolando appena, si fermò.

Rose esitò appena prima di commentare, ancora immersa nel racconto del canto, che sembrava essersi materializzato davanti i suoi occhi per effetto di qualche strano incanto. Fu Nemesis a rompere quella magia. :<<Ti amo>>disse semplicemente in un sussurro, quasi vergognandosi e odiando quelle parole.

La ragazza non rispose nulla, ma lo fissò intensamente con i suoi grandi occhi da cerbiatto. Era strano ciò che stava provando in quel momento. Si sentiva felice, certo, felice come non lo era mai stata in vita sua. Nessun ragazzo le aveva mai detto di essere innamorato di lei, nessun ragazzo in verità si era mai innamorato di lei. Né lei si era mai innamorata di un ragazzo prima di Nemesis. La soddisfazione di aver finalmente ottenuto quello che in segreto sognava ogni notte era grandiosa, talmente bella da farle dimenticare tutto il resto. Eppure si sentiva confusa. Non sapeva cosa fare, cosa dire, nemmeno cosa pensare. Dentro di lei sentiva di aver sempre saputo ciò che le aveva confessato il ragazzo, tuttavia per qualche strana ragione ne dubitava. Lui si agitò sotto il suo sguardo, turbato. :<<Non avrei dovuto dirtelo, lo so. Sarebbe troppo pretenzioso da parte mia essere ricambiato. Ma non lo pretendo, anzi non lo desidero>>disse il giovane con voce triste e rassegnata, facendo un lungo sospiro. Rose agì d’impulso, come la sua natura le suggerì. Si alzò dal masso e gli si avvicinò, prendendogli il volto tra le mani. :<<Sei ricambiato, e anche ampiamente direi>>ammise con sincerità ed un largo sorriso, ma dentro di lei l’inquietudine cresceva. Nemesis agì in un modo del tutto inaspettato, che atterrì Rose. Dilatò narici ed occhi in modo mostruoso, mentre le nervature delle mani divennero talmente evidenti da farle sembrare due rami rinsecchiti. Rose impallidì e si ritrasse, allibita. :<<Nemesis, ti senti bene?!>>esclamò turbata e tremando di paura. Lui la guardò con occhi vuoti, senz’anima. :<<Io vorrei non averti mai incontrata Rose, vorrei non essermi mai innamorato di te. Tu sei la mia rovina. E io sono la tua. Dimmi che mi odi!Dimmi che non è amore quello che provi per me, ma semplice infatuazione!Dimmelo!>>esplose lui rosso per la furia, mentre Rose si accasciava a terra sul fogliame, Quello che era un sogno si stava lentamente trasformando in un incubo,e Rose non sapeva come uscirne. :<<Nemesis, io sono veramente innamorata di te>>mormorò lei flebile<<ti amo come non ho mai amato nessun altro, ora lo so. Io sono felice solo accanto a te, credimi. Se solo tu ti aprissi di più con me, se solo la smettessi di nasconderti dietro una maschera, io potrei amarti senza ostacoli e senza timore>> <<Tu hai paura di me>>rispose lui in una risata amara<<e sai perché. Oh si, lo sai bene. Il tuo istinto di sopravvivenza te lo suggerisce, ce l’hai scritto dentro il tuo timore verso di me>> <<Io non ti conosco bene, e questo mi rende turbata>>si giustificò Rose<<ma se solo potessi conoscerti, sono sicura che mi fiderei ciecamente>> <<Se tu mi conoscessi bene Rose, lo rimpiangeresti per il resto della tua vita>> <<Nemesis, ti prego, dimmi che stai scherzando!>>gridò allora la ragazza, in preda alla disperazione. Lui parve calmarsi, i nervi si distesero. Appariva sconvolto per quello che aveva fatto, come se non fosse in sé. :<<Rose, ti ho fatto del male?!>>chiese ansioso scattando in piedi e correndo verso di lei.

Lei piangeva, il capo chino sulle ginocchia. Voleva che fosse davvero tutto un brutto sogno, voleva risvegliarsi nel suo letto e scoprire di avere ancora opportunità per realizzare i suoi sogni. E invece tutto quello era vero, paradossalmente vero. Quante volte aveva sognato quel momento da bambina?Tante, e si era sempre detta che sarebbe riuscita a trovare il suo principe, l’unico uomo della sua vita. Non immaginava che quel sogno si sarebbe trasformato in una così dura realtà. Le mani di Nemesis si posarono sul suo capo, accarezzandolo dolcemente. :<<Rose, ti prego, guardami>>l’esortò lui con tutta la delicatezza che gli era rimasta. Lei ubbidì, tremando violentemente. :<<Perché mi fai questo?>>farfugliò tra le lacrime<<perché dichiari di amarmi, e poi mi aggredisci in questo modo? Ho fatto qualcosa di male?Io non ti odio!>>singhiozzò poi stringendolo forte a sé. Sentì il respiro di lui farsi regolare, i muscoli tesi rilassarsi. Lo guardò in volto, e rivide il viso del quale si era innamorata dalla prima volta che lo aveva ammirato alla stazione di Charing Cross. Il volto di un angelo. :<<Tu sei un angelo caduto dal cielo, vero? Forse per questo non mi vuoi>>disse esaminandogli il viso con le dita della mano. Nemesis scosse il capo affranto, stringendo la mano di lei tra le sue. :<<Io sono un mostro Rose, una malvagia creatura>>ribattè pieno di rabbia e dolore<<c’è qualcosa di insano e malvagio dentro di me, cbe succhia tutta la mia felicità. Distrugge tutto ciò che amo, divora la mia anima>> <<Posso aiutarti, se me ne parli>>disse lei convinta, in tono di supplica. Un’altra risata di lui, fredda e sardonica. :<<Credi che non abbia tentato, principessa?!>>gridò il ragazzo esasperato<<credi che non abbia combattuto?L’ho fatto, lo sto facendo, ma è tutto inutile. Sai, quando ti ho conosciuta ho pensato di rinascere. Mi sentivo per la prima volta libero e felice, privo di dubbi e tensioni. Per questo ti ho cercata a scuola, perché ero convinto che tu potessi guarirmi. Era solo un’illusione, bella ma crudele. La verità è che io non so cosa sono, da dove vengo, cosa voglio. Io non so nulla di me. Io temo me stesso più di qualsiasi altra cosa, perché so che quella mostruosa entità vive in simbiosi con me. Non me ne libererò mai, non mi libererò mai della mia natura>> <<Tutti abbiamo paura di noi stessi>>rispose Rose accalorata<<tutti abbiamo dei mostri nascosti dentro. Prima o poi vengono fuori, e si deve combattere ogni giorno o accettare la sconfitta. Non posso credere che tu, un valoroso cavaliere, voglia arrenderti così!>>concluse supplichevole, fissandolo con crescente preoccupazione. Nemesis la guardò con le lacrime agli occhi, ora nuovamente iniettati di sangue e sporgenti. Portò le mani incrociate sulle braccia e, con sommo orrore di Rose, conficcò le unghie nella carne fino a che rivoli di sangue rosso vivo non cominciarono ad uscire dalle ferite. :<<Smettila, così ti fai solo del male!>>strillò Rose slanciandosi verso di lui per farlo smettere. Fu allora che lui fece una cosa che la convinse di non avere più davanti Nemesis, ma un’altra persona. La spinse contro il tronco del pino di fronte. Lo fece con forza bruta, quasi fosse un animale rabbioso e incapace di controllarsi. Rose gridò di dolore mentre la schiena cozzava violentemente contro la ruvida e dura corteccia dell’albero, poi crollò a terra sbattendo la faccia su di un sasso appuntito. Sentì un lungo rivolo di sangue scorrerle dal naso sul volto, il suo sapore dolciastro bagnarle le labbra spaccate,ma non se ne curò. La schiena le doleva molto, come se fosse spaccata in due pezzi, mentre le ginocchia sbucciate cominciavano a gonfiarsi là dove l’impatto con l’osso era stato maggiore. Non si curò nemmeno di quello. Perché il vero dolore, quello che la stava dilaniando, non era causato dalle ferite. Era causato da Nemesis, da quel suo gesto orribile e ingiustificabile. :<<Nemesis>>bisbigliò sommessamente strisciando verso di lui, il timore nella voce mentre pronunciava il suo nome<<perché?>>. Nemesis si voltò lentamente, le braccia ormai del tutto sanguinanti. Il viso era tornato ad essere quello di un mostro, orrendamente deformato, gli occhi erano quelli di un folle. Nel loro profondo, un barlume di umanità baluginava ancora, come la fiamma tremolante di una candela. :<<Non ti ho raccontato la storia di Lufeshir e Earendel a caso>>disse lui quasi ringhiando come una bestia<<ma perché tu capissi. Come loro, noi siamo troppo diversi per stare insieme. Io ti amo, ho giurato a me stesso che ti avrei protetto da qualsiasi pericolo. Ma non posso proteggerti da me stesso. Le persone che si amano alla fine sono quelle che si feriscono più delle altre. Io me ne vado da qui, non mi vedrai mai più.Vattene, e si felice>> concluse con voce tremante. Rose non ebbe bisogno di altre esortazioni, ormai era chiaro:Nemesis non la voleva accanto a sé. :<<Sei un vigliacco! Sei un mostro!>>gridò al ragazzo prima di precipitarsi giù per la discesa. Mentre scavalcava la staccionata, strappandosi un ampio tratto della gonna, le giunsero le urla di Nemesis :<< Perdonami!>>lo sentì strillare prima che questi prendesse a dare pugni e calci feroci ad alberi e rocce, completamente fuori di senno. Nemesis non era un angelo caduto dal cielo;era solo un angelo caduto.


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Il Grande Iulio
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Il Grande Iulio
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Inviato il 12 maggio 2009 21:26

Salve a tutti, sono iscritto da poco a questo forum e accetterò consigli da chiunque. Sto scrivendo un libro, un fantasy ambientato in un futuro neanche troppo lontano dove l'europa è stata quasi del tutto distrutta da grandi guerre... il resto del mondo se la passa un po' meglio. La storia segue diversi personaggi, che si trovano in luoghi diversi, e descrive dal punto di vista di ognuno. Non lo divido in capitoli ma attuo una divisione tipo "il quinto giorno" (non so se nessuno di voi l'ha letto) con date e luogo. Come potrete vedere uno dei personaggi ha lo stesso nome del mio account. Vi prego di essere sinceri e criticare senza pietà:

 

1 gennaio XII, astronave Phoebus, Saturno

Il paesaggio fuori dal vetro era terribilmente deprimente. In un altro momento forse gli sarebbe apparso come uno spettacolo cosmico, ma in quel mentre Mark non poteva trovarlo bello: lo fissava intensamente, come se con i suoi occhi avesse potuto vedere le astronavi nemiche prima dei sensori della Phoebus. I superiori sembravano dire il contrario, ma egli ne era sicuro, ormai la guerra era persa. Da quando il Ministro degli Esteri aveva insultato gli ambasciatori rettiliani, per l’Impero Inglese erano stati guai: un sacco di nazioni, fino al giorno prima fedeli alleate, avevano preso a lanciare missili e ultimatum. E Mark sapeva che presto anche là, in quel angolo sperduto del sistema solare, le conseguenze si sarebbero fatte sentire. A suo parere la guerra universale che si stava combattendo era assolutamente insensata, non riusciva a capire i giochi di potere e non pensava che la vittoria avrebbe portato dei vantaggi; ma da bravo soldato inglese, svolgeva il suo lavoro senza discutere. A spaventarlo non era tanto la paura di morire – aveva visto talmente tante morti da non temere più nemmeno la sua – ma la vita che conduceva. I capricci dei superiori, il cibo liofilizzato, le vanterie dei compagni. Era stanco di quella vita. E, nonostante fosse un bravo soldato inglese, appena avuta l’occasione sarebbe scappato. La Terra, la Terra. Gli mancava molto. Erano sedici anni che era lontano dal suo pianeta natale: troppo! La fuga rimaneva l’unica possibilità. Non si scoraggiava, anche se i motivi per farlo erano tanti, prima di tutto la distanza: più di un miliardo di kilometri. Per tornare sulla Terra, se avesse potuto li avrebbe percorsi anche a piedi.

 

1 gennaio XII, GGJ, provincia di Ravenna

Il Grande Iulio si rigirò nella branda; aprì gli occhi. Scoccò un’occhiata all’orologio attaccato alla parete. Indicava le sei e venticinque. Temeva sempre che quell’orologio fosse sempre sul punto di rompersi, a causa del continuo tremore a cui era sottoposto quasi ininterrottamente dalle sette di mattina alle sette di sera. Però teneva duro, e di questo c’era solo da rallegrarsene, perché un orologio è sempre un orologio e ha il suo valore. Si alzò scostando il lenzuolo sudicio – l’ultima volta che era stato lavato era la vigilia della partenza, ovvero diciotto giorni prima –, si avvicinò alla sedia e sì vestì. Anche i suoi abiti avevano bisogno di una bella lavata. Prese un po’ d’acqua dalla tanica in cui raccoglieva la pioggia e si sciacquò il viso; era opaca e aveva un odore penetrante e acidulo. Evitò di pensare a quali sostanze dovevano esservi disciolte. Staccò la sua spada dal muro e la infilò nella cintura, a sinistra, poi prese il PSP [il psp non è il noto aggeggio elettronico ma una pistola: viene detto più avanti] e lo infilò nella cintura, a destra. Aprendo la porta corazzata lanciò un’occhiata alla Monna Lisa. La tela era annerita e rovinata, piena di crepe. Quindi, con voluta lentezza, si avviò lungo il corridoio. Il rumore dei suoi passi, amplificato dalle pareti di metallo, rimbombava, facendogli temere di svegliare qualcuno. Arrivato a metà del corridoio, alzò la testa e si assicurò che la botola sul soffitto fosse ancora aperta. Chiese «Vedette? Marco, Paolo, tutto bene?» e fu soddisfatto che in risposta gli giungesse un deciso, anche se assonnato «Nulla di particolare da segnalare.» e poi un «Sa per caso che ore sono?». «Le sei e mezza, dovete resistere ancora mezz’ora. E vi ho già detto che dovete darmi del tu.» Dopo aver controllato, in alcuni rapidi passi fu in fondo al corridoio, risalì la scaletta e, dopo aver tolto il chiavistello, aprì il portellone, che cigolando riempì di luce il buio corridoio. Mentre si adattava al freddo esterno osservava i desolati paraggi. Con triste consapevolezza pensò che adesso la città, e quasi tutta l’Europa, era una sorta di zoo, e anche serra, degli orrori. Tutto intorno al punto d’osservazione le auto, i carri, le roulotte, le biciclette e le tende della popolazione formavano un grande cerchio. Erano tutti accampati fitti, e dal satellite apparivano di certo ben visibili; ma il Grande Iulio non sapeva se esserne felice o doversene preoccupare. In ogni modo la stazza del GGJ, alto alla piattaforma più di trenta metri, li avrebbe resi comunque ben rintracciabili, nonostante le spesse nubi che spesso riempivano il cielo. Un oggetto simile non si nascondeva facilmente. Rimase così per un po’ di tempo, ad osservare il frutto di dodici anni di lavoro. L’aveva visto crescere pezzo per pezzo, ne aveva fatto progetti, aveva fatto arrivare da luoghi lontani l’uranio per i motori atomici, e si era applicato alla sua costruzione con ogni fibra del suo essere. E il risultato era stato più che soddisfacente. Il GGJ era contemporaneamente una fortezza medievale, un bunker, un carro armato, un laboratorio scientifico, un ospedale, una caserma e un condominio. Il corpo centrale, dalla forma tozza, largo ventidue metri, era dotato davanti di un mazzafrusto di proporzioni titaniche e dietro di un’altrettanto grande ascia bifronte. Questa seconda arma aveva una lama affilata, per colpire bersagli “morbidi” (un albero era considerato morbido), ed una più rozza, per demolire edifici, mura e quant’altro. Il Grande Iulio si era premunito che le lame, come le punte della sfera metallica del mazzafrusto, fossero costruite col ferro più puro che avessero a disposizione: come sapeva per averlo letto e per esperienza diretta, il ferro respinge la magia e il sovrannaturale, soprattutto quando adoperati dalle forze del Male. Per utilizzare un paragone non molto esatto, come l’acqua spegne il fuoco, così fa il ferro con il sovrannaturale. I cingoli, alti diciotto metri, larghi dieci e alla base lunghi quaranta, erano in alto più lunghi che in basso, vedendoli di profilo apparivano come un trapezio rovesciato. La parte del corpo centrale che si trovava al disopra dei cingoli aveva, a destra e a sinistra, una conformazione a ziggurat: contando anche la piattaforma superiore quattro strati di quasi quattro metri ciascuno, come livelli di mura uno sopra l’altro. Dalle pareti sporgeva un grande numero di bocche da fuoco orientabili, che in realtà bocche da fuoco non erano: le parti nascoste dalle pareti non erano infatti cannoni ma baliste, anche se scientificamente evolute e dotate di un sistema di specchi che permetteva di vedere l’esterno e mirare. Al centro della piattaforma stava una grande torretta girevole, dotata di un lungo cannone (vero), a cui si accedeva tramite una botola sul soffitto del piano inferiore. All’interno si trovava la sala di comando. Al di sopra di questa torretta ve n’era un’altra, più piccola, con un cannone (vero anche questo) antiaereo. Al di sopra dei motori v’era una stanza segreta che conteneva un antico eliplano, alimentato da un motore a benzina, e delle gigantesche ancore, terminanti con giganteschi rampini, che il Grande Iulio aveva fatto installare nel caso che il GGJ si trovasse in bisogno di maggiore stabilità. Su ogni piano si trovavano stretti dormitori per molte persone, addette a manovrare le baliste. Le stanze rimanenti erano occupate dalla dispensa, dal laboratorio, dalla biblioteca, dalla camera del Grande Iulio, dalla cassaforte, dalla toilette e dalla stanza delle armi. Quest’ultima conteneva qualche centinaio d’archi, una cinquantina di balestre e pistole, e una coppia di mitragliatrici; infine i proiettili, severamente centellinati. Il Grande Iulio era soddisfatto. Il suo maggiore timore per quel colosso di metallo era che i motori si bloccassero. Se ciò fosse accaduto, era molto probabile che non si riuscisse a trovare il guasto in quei complicati meccanismi, con il rischio di far saltare per aria tutto. Ma forse non c’era motivo di preoccuparsi: il motore era nuovo, e durante i diciotto giorni da cui era in funzione aveva lavorato alla perfezione. Con questi pensieri in testa, il Grande Iulio rientrò dal portellone, mostrando alle cieche pareti una smorfia di malcelata allegria.


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zack86sq
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zack86sq
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Inviato il 12 maggio 2009 22:43

Salve a tutti, sono iscritto da poco a questo forum e accetterò consigli da chiunque. Sto scrivendo un libro, un fantasy ambientato in un futuro neanche troppo lontano dove l'europa è stata quasi del tutto distrutta da grandi guerre... il resto del mondo se la passa un po' meglio. La storia segue diversi personaggi, che si trovano in luoghi diversi, e descrive dal punto di vista di ognuno. Non lo divido in capitoli ma attuo una divisione tipo "il quinto giorno" (non so se nessuno di voi l'ha letto) con date e luogo. Come potrete vedere uno dei personaggi ha lo stesso nome del mio account. Vi prego di essere sinceri e criticare senza pietà:

Allora comincio io. ^_^ :dart: ^_^

Scherzo. Non ho molto tempo per segnalarti tuto ciò che vorrei su questo brano, anche per non affrettare un giudizio, sbagliando. Prometto di farlo appena posso.

Una cosa però velocissimamente te la dico, perchè in un romanzo di Fantascienza, dovrai farci i conti sempre. La plausibilità di ciò che scrivi. E' vero che la realtà supera la fantasia, ma la fantasia deve essere reale in un romanzo.

In particolare la descrizione delle apparecchiature deve essere il più verosimile possibile e non giocare sulla incapacità di comprendere del lettore. Io devo leggere e non devo pensare "ma che ca***ta".

Prendiamo la descrizione del GGJ:

In ogni modo la stazza del GGJ, alto alla piattaforma più di trenta metri,[...]l’uranio per i motori atomici, [...] Il GGJ era contemporaneamente una fortezza medievale, un bunker, un carro armato, un laboratorio scientifico, un ospedale, una caserma e un condominio. Il corpo centrale, dalla forma tozza, largo ventidue metri, era dotato davanti di un mazzafrusto di proporzioni titaniche e dietro di un’altrettanto grande ascia bifronte [...] ed una più rozza, per demolire edifici, mura e quant’altro. Il Grande Iulio si era premunito che le lame, come le punte della sfera metallica del mazzafrusto, fossero costruite col ferro più puro che avessero a disposizione: come sapeva per averlo letto e per esperienza diretta, il ferro respinge la magia e il sovrannaturale, soprattutto quando adoperati dalle forze del Male. [...]I cingoli, alti diciotto metri, larghi dieci e alla base lunghi quaranta, erano in alto più lunghi che in basso, vedendoli di profilo apparivano come un trapezio rovesciato. La parte del corpo centrale che si trovava al disopra dei cingoli aveva, a destra e a sinistra, una conformazione a ziggurat: contando anche la piattaforma superiore quattro strati di quasi quattro metri ciascuno, come livelli di mura uno sopra l’altro. Dalle pareti sporgeva un grande numero di bocche da fuoco orientabili, che in realtà bocche da fuoco non erano: le parti nascoste dalle pareti non erano infatti cannoni ma baliste, anche se scientificamente evolute e dotate di un sistema di specchi che permetteva di vedere l’esterno e mirare. Al centro della piattaforma stava una grande torretta girevole, dotata di un lungo cannone (vero), a cui si accedeva tramite una botola sul soffitto del piano inferiore. All’interno si trovava la sala di comando. Al di sopra di questa torretta ve n’era un’altra, più piccola, con un cannone (vero anche questo) antiaereo. Al di sopra dei motori v’era una stanza segreta che conteneva un antico eliplano, alimentato da un motore a benzina, e delle gigantesche ancore, terminanti con giganteschi rampini, che il Grande Iulio aveva fatto installare nel caso che il GGJ si trovasse in bisogno di maggiore stabilità. Su ogni piano si trovavano stretti dormitori per molte persone, addette a manovrare le baliste. Le stanze rimanenti erano occupate dalla dispensa, dal laboratorio, dalla biblioteca, dalla camera del Grande Iulio, dalla cassaforte, dalla toilette e dalla stanza delle armi. Quest’ultima conteneva qualche centinaio d’archi, una cinquantina di balestre e pistole, e una coppia di mitragliatrici; infine i proiettili, severamente centellinati.

 

Da ciò che leggo tu descrivi un una specie di tank di forma rettangolare su quattro piani, (in cui il rettangolo di base è un 22x10 m e l'altezza è circa 30 metri da cui dobbiamo togliere una decina di metri che sono l'altezza delle torrette) ammettendo che non sia una piramide ma un parallelepipedo il volume totale disponibile per infilarci dentro tutto quello che hai detto è (22x10xfacciamo25 = 5500mc)

togli la parte non occupata dalla tua ziggurat (rimangono circa 4500 mc)

Elimina il livello più basso che è occupato interamente dalla meccanica, motori, sistemi idraulici, ecc (rimangono circa 2000-2500mc) faccio riferimento alle dimensioni di un qualsiasi tank dell'esercito in cui c'è posto per 2-3 persone appena, sarà 7x3x3 circa, se devo far muovere una piramide alta 10 volte tanto e larga altrettanto ovviamente anche la potenza necessaria sarà maggiore e qjuindi maggiore lo spazio destinato alle apparecchiature. Tu stesso dici che i cingoli sono alti 18 metri, più della metà di tutta la costruzione.

 

Tu poi ci vuoi inserire dormitori, biblioteca, un livello di baliste meccaniche, stanza segreta, un deposito di armi, ecc.

Solo un deposito abbastanza fornito, perchè i missili per alimentare i cannoni che hai inserito dovrai lasciarli da qualche parte, e gli alloggi per gli uomini ti ruberrebbero quasi tutto lo spazio che ti è rimasto.

Quindi a meno che nel tuo scifi non esistano tecnologie per la miniaturizzazione degli oggetti, o sono io che non riesco a visualizzare bene la tua costruzione o mi sembra troppo piccola per quello che ci vuoi fare.

Secondo me per quello che vuoi fare tu il GGJ dovrebbe avvicinarsi come dimensioni, più ad una piattaforma petrolifera che ad un tank, ovviamente senza i piloni che affondano nell'oceano. ^_^

 

Non mi spiego poi la scelta delle armi inglobate nel tank. Il mazzafrusto e l'ascia bipenne. Se servono per farsi largo tra le macerie, molto più utile e compatta una pala meccanica tipo quelle usate dalle ruspe. Anche perchè se servissero a colpire oggetti in movimento sarebbero troppo lente date le enormi dimensioni del tank e quindi inutili.

Forse la scelta si comprende andando avanti con la storia ;) ^_^

Comunque nel frattempo, puoi pensarci su e farti uno schizzo del tuo tank. ANche perchè se poi le dimensioni aumentano, aumenta anche il consumo di carburante utilizzato, e magari possono sorgere altri problemi di compatibilità tecnologica con l'universo che hai creato. ^_^


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Inviato il 12 maggio 2009 22:57

[...] Così, Scrittura creativa: descrizioni è diventato il luogo d'incontro generale, di discussione sulla scrittura, di pubblicazione di testi e racconti e idee generiche mentre -secondo quanto specificato- doveva essere semplicemente una raccolta di paesaggi e descrizioni e commenti.[...]

Caro Lord Alexander, approvo l'idea di spostare i racconti da qualche altra parte - altrimenti la confusione su "Scrittura Creativa" sarebbe diventata ingestibile.

Tuttavia mi piacerebbe che "Scrittura Creativa" non restasse limitato alle sole descrizioni, ma fosse anche aperto ad altri tipi di esercizi di scrittura creativa - dialoghi, incipit, caratterizzazione di personaggi, ecc. Già con il tema del "Surrealismo" hai portato un grande stimolo alla discussione. Ma fare solo descrizioni di paesaggi alla lunga può stancare... secondo me. Io resto affezionato alla discussione su "Scrittura Creativa", comunque: francamente a me di leggere tutte le opere prime di scrittori alle prime armi interessa pochissimo.


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Tyrion Hill
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Inviato il 13 maggio 2009 1:09

“Sembra un angelo caduto dal cielo”.

Allora: mi sono sforzato di leggerlo, sebbene il tuo primo brano (quello postato su Scrittura Creativa) non mi fosse piaciuto per niente. Devo ammettere che questo è migliore. Ci sono alcune intuizioni. Ci sono sempre parecchie ingenuità, è ancora decisamente immaturo - ma promette bene. Se continuassi a scrivere, e se aprissi i tuoi orizzonti non solo letterari, ma anche di vita vissuta, il tuo talento potrebbe dare frutti davvero tangibili. Da questo testo in particolare dovresti eliminare una buona quantità di superfluo (che annoia), ricordando sempre di evitare nel modo più assoluto ogni luogo comune e frase fatta (quando ho letto "grandi occhi da cerbiatto" è stato un colpo quasi mortale - se ho continuato è esclusivamente per il fatto che sono un eroe senza macchia e senza paura).

Comunque, non capisco davvero perché disprezzi tanto la Troisi e la Strazzulla: il tuo stile mi sembra quello (anche se la Troisi è decisamente più brava... Certo, tu hai tutte le carte in regola per superarla, un giorno).


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Seetharaman Toral
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Seetharaman Toral
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Inviato il 13 maggio 2009 13:45

“Sembra un angelo caduto dal cielo”.

Da questo testo in particolare dovresti eliminare una buona quantità di superfluo (che annoia), ricordando sempre di evitare nel modo più assoluto ogni luogo comune e frase fatta (quando ho letto "grandi occhi da cerbiatto" è stato un colpo quasi mortale - se ho continuato è esclusivamente per il fatto che sono un eroe senza macchia e senza paura).

 

concordo con l'analisi, e aggiungo che anche i dialoghi soffrono di frasefattismo e banalità.

 

Sicuramente meglio della troisi comunque, almeno questo non l'hai avuto l'idea di farlo pubblicare e ciò ti rende onore ;)

 

Non prenderla a male se le mie parole sembrano cattive, sono sempre stata terribile con libri, film e quant'altro ^_^

 

 

Il paesaggio fuori dal vetro era terribilmente deprimente. In un altro momento forse gli sarebbe apparso come uno spettacolo cosmico

cosa sarebbe uno spettacolo cosmico ^_^ ?

 

 

gli ambasciatori rettiliani,

no, gli alieni rettiloidi no! E' come con gli alieni a insetto, sono abusatissimi!

 

cacchio, devo scappare! finsisco dopo, poi edito!


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Il Grande Iulio
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Inviato il 13 maggio 2009 14:09

Vi ringrazio per gli utili consigli, che prenderò sicuramente in considerazione. Comunque specifico che stanze all'interno del tank sono piccolissime e strette, appunto per le dimensioni descritte. La biblioteca, come dico poi più avanti, contiene solo poche centinaia di libri, ed è anch'essa una stanza molto piccola. Il mazzafrusto e l'ascia li ho inseriti per mia pura scelta estetica (sono di gusti strani): sono pienamente conscio che, sia come armi che come braccia meccaniche, non sono l'idea migliore. Forse cambierò.

Per lo "spettacolo cosmico" devo aver fatto un errore, perchè anch'io penso che non abbia senso. Correggo subito con "grandioso".

^_^

(questa è a grandi linee l'idea che avevo del tank: ci mancano le torrette una sull'altra e delle armi davanti e dietro ho messo solo il braccio) ;) Tank

 

 

EDIT by Qho:

 

Se le immagini sono molto grandi cerchiamo di mettere il link e non direttamente l'immagine ^_^


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Inviato il 13 maggio 2009 14:34

...Testo...

 

Avevo già letto il testo in anteprima (hehehe) trovo la storia originale, l'unica cosa, come ti ho già detto di persona, mi sembra troppo inverosimile la costruzione di un carroarmato dalle dimensioni apocalittiche da parte di un gruppo di superstiti sbandati e senza risorse. ;)

 

Per il resto è scritta molto bene ^_^ ^_^


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Alexander
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Inviato il 13 maggio 2009 14:38 Autore

Salve, scrittori. Volevo porre alla vostra attenzione due mie recenti poesie.

 

Essendo entrambe sul sito www.scrivere.info, uno dei siti di poesia italiani in cui sono iscritto, ed essendo pubblicate in esclusiva per il sito, non ho la possibilità di inserirle in questo topic.

 

Quindi a voi i link:

 

 

- il campo del silenzio http://www.scrivere.info/poesia.php?poesia=71978; poesia vincitrice del premio 'Il trebbo' 2008, categoria ragazzi;

 

- l'ulivo e il contadino http://www.scrivere.info/poesia.php?poesia=58783, dall'albo d'oro;

 

 

la prima è riflessiva e silenziosa, la seconda piena di gioia, di vita. La metrica è libera e le parole fluiscono senza nessuna correzione di lunghezza. Volevo proporle per trovare anche solo una giornata di riflessione creativa sulla poesia, sulle sue forme, sulla sua artisticità.

 

Buon pomeriggio a tutti voi. ;)


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triex
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Inviato il 13 maggio 2009 14:39

Io invece non ho letto nessuno di questi racconti ma posso darvi un consiglio comunque:

 

Dividete in paragrafi e lasciate una riga di spazio a separarli: il muro di testo fa passare qualsiasi voglia di mettersi a leggere su video.


S
Seetharaman Toral
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Seetharaman Toral
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Inviato il 13 maggio 2009 14:51

Vi ringrazio per gli utili consigli, che prenderò sicuramente in considerazione. Comunque specifico che stanze all'interno del tank sono piccolissime e strette, appunto per le dimensioni descritte. La biblioteca, come dico poi più avanti, contiene solo poche centinaia di libri, ed è anch'essa una stanza molto piccola. Il mazzafrusto e l'ascia li ho inseriti per mia pura scelta estetica (sono di gusti strani): sono pienamente conscio che, sia come armi che come braccia meccaniche, non sono l'idea migliore. Forse cambierò.

 

dato che è solo un pezzo al momento non soni in grado di capire quanto sia plausible un tank del genere, ancora l'ambientazione è troppo nebulosa per capire se stoni o no.

Anche a me lasciano perplessa la scelta dell'asciona e della mazza, non credo sarebbero una scelta ingegnieristica felice...ma non so che tipo di tecnologia tu abbia creato per il tuo mondo, quindi per ora prendila come un appunto e non una critica vera e propria.

 

scusa se richiedo: ma questi "rettiliani" sono qualcosa di meglio dei soliti alieni da film di serie b o il nome trae in inganno ^_^ ? Ci tengo perchè essendo pricipalmente lettrice di fantascienza, le storie con alieni squamosi o chitinosi mi hanno stufato non poco ;)

 

 

la prima è riflessiva e silenziosa, la seconda piena di gioia, di vita. La metrica è libera e le parole fluiscono senza nessuna correzione di lunghezza. Volevo proporle per trovare anche solo una giornata di riflessione creativa sulla poesia, sulle sue forme, sulla sua artisticità.

 

Buon pomeriggio a tutti voi. ^_^

allora...è il tipo di poesia che non sopporto, quindi non sono in grado di valutarla oggettivamente.

 

Però non mi hanno fatto rattrappire in preda all'orrore, un punto a tuo favore.


A
Alexander
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Inviato il 13 maggio 2009 14:57 Autore

Chissà se invece le poesie a versi liberi di Pablo Neruda ti fanno rattrappire dall'orrore... ;)


S
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Seetharaman Toral
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Inviato il 13 maggio 2009 14:59

non è problema dei versi liberi, ma il tema dei componimenti :unsure:...diciamo che vado su autori come Ungaretti, Montale, Masters, Dickinson, Whitman, Auden...


I
Il Grande Iulio
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Il Grande Iulio
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Inviato il 13 maggio 2009 15:00

Mi duole dirlo ma i rettiliani sono proprio i soliti, vecchi e ammuffiti alieni squamosi. Capisco che la mia decisione di utilizzare proprio questi non sia molto gradita, ma li ho scelti per ricollegarmi alla fantascienza tradizionale. Comunque mi sono limitato a prendere l'aspetto: come usanze, religione, struttura sociale e tecnologia ho creato tutto originalmente. Altro particolare che forse non gradirai, nel mio libro è presente anche la razza dei grigi, anche questi già visti mille volte. Uomini, rettiliani e grigi formano una sorta di "triade" delle creature senzienti, in quanto nell'universo conosciuto non sono presenti altre forme di vita.

Non sono molto chiaro. :unsure:

Forse dovrei elaborare meglio il concetto.


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