Secondo tale ragionamento, nemmeno il credere in Dio non rispetta i "parametri logico-empirici" della specie Homo Sapiens... Quindi perché ci credi? Sei in grado di provare empiricamente l'esistenza di Dio? Se sì complimenti, hai risolto un nodo che esiste da quando è nata la filosofia.
Dio=causa prima incausata... il termine importante è il secondo, non il primo... la causa prima incausata.
logicamente ed "empiricamente" non si può non concepirla.
Ma difatti empiricamente non la puoi provare: come fai a concepire sulla base dell'esperienza una causa prima che non ha causa, dato che la conoscenza umana si ha proprio in tramite il principio di causa-effetto? (scusa il gioco di parole). E il principio di causa-effetto io lo interpreto precisamente come lo faceva Kant, è una categoria. Da ciò si evince che:
- Non avendo esperienza di una causa-incausata, non la puoi "concepire empiricamente";
- Il principio di causa-effetto è valido ed è razionale in quanto "metodo di interpretazione" (il termine preciso è forma a priori dell'intelletto, tu chiamalo pure altrimenti) con cui NOI esseri UMANI cogliamo la realtà esterna fenomenica. Se però la realtà noumenica fosse diversa (è una possibilità come le altre, e neppure così improbabile), il principio di causa-effetto andrebbe a farsi benedire... E quindi anche la tua necessità di trovare una causa prima incausata.
pure quella tigre di AryaSnow ha ammesso di non poter concepire nè l'inesistenza del tempo
Io mi trovo perfettamente in linea con la filosofia kantiana, ergo per me il tempo è anch'esso una forma a priori: non deriva dall'esperienza (cfr. Locke), non è un concetto (cfr. Leibniz), non è un ente (cfr. Newton). E' semplicemente il "meccanismo" attraverso il quale funziona la nostra sensibilità, così come lo spazio.
P.S.: più procede questa discussione e più mi viene un dubbio... Sono io che non so spiegarmi o qualcuno non ha ben chiaro il pensiero di Kant? :D
Dunque...
il determinismo e il libero arbitrio: continuo a pensare che se tutto quello che dici è frutto della posizione delle molecole dell'Universo, se neghi che le tue opinioni siano frutto di una scelta ponderata, razionale, allora esse hanno lo stessa forza persuasiva di uno starnuto.
E questo non dovrebbe valere solo per me che ti ascolto, ma anche per te che le formuli.
Ammettere che esprimere le proprie opinioni equivale a starnutire, nè più nè meno.
Che significa “equivale” a starnutire? Non si equivalgono, perché ci sono stati movimenti della materia diversi a provocarli. Sono due processi deterministici diversi, anche se entrambi deterministici.
Che significa “forza persuasiva”? E’ l’effetto su un soggetto, che viene appunto persuaso. Anche questo essere persuaso o meno è frutto del determinismo. Esso sta alla base di tutto. Continuo a non vedere il problema.
Quando ti concentri su concetti come “ragionare”, “essere persuaso”, “scelta” ecc, compi un’illusione (e anch’essa corrisponde ad un procedimento meccanico). Nel senso: il determinismo è ancora vero, quello che fai rimane in realtà ancora incluso in esso, non è che si nega: Semplicemente non è questo fatto che in quel momento ti interessa. Tutto è determinismo, il “ragionamento”, così come “la scelta” e tutto il resto sono particolari tipi di processi deterministici. Ma nel momento in cui parli di essi, è perchè ti concentri sulla loro specificità, anziché sul loro essere sotto sotto parte del determinismo. Se poi l’idea che in realtà tali azioni siano necessariamente determinate ti fa passare la voglia di chiamarle col nome con cui comunemente vengono chiamare (ad esempio, non vuoi più parlare di “scelta” o di “ragionamento”), chiamale come ti pare. Non vedo il problema.
Valutare due o più alternative implica un processo logico, e ogni processo logico implica una scelta.
Se non c'è scelta, non c'è logica, e se non c'è logica, il tuo ragionamento proprio non mi tange. Proprio come uno starnuto.
Ma certo che ti tange, invece. Ti tange perché sei stato deterministicamente portato a prestarci attenzione. Infatti mi hai risposto =P
Se ti tangerà anche questo messaggio che adesso ho scritto, non lo posso ovviamente sapere. Ma, qualsiasi cosa accadrà, sarà una questione di determinismo.
Del resto, tu dici che trovi tale concetto molto piú concepibile del nulla, ma altri non la pensano cosí,
Grazie tante. E’ chiaro che altri possono non pensarla così. E allora?
Uno può pensarla così, l’altro può pensarla cosà. Certo, è chiaro. E non avremo mai una verità assoluta. Ma che facciamo, una volta assodato questo? Ci limitiamo a ripeterlo?
Oppure prendiamo posizione ed esprimiamo come le pensiamo noi? Io (ora come ora) la penso così e lo voglio dire.
e come tu dici che, se non concepiamo il nulla, allora dappertutto c'è qualcosa; un altro può dire che, non concependo l'infinito, allora da qualche parte non c'è il nulla
Primo: io l’infinito invece lo concepisco. Nel senso che riesco a pensare al concetto (che poi varia in base a dove viene applicato. Nel caso del tempo ad esempio posso dire: “qualsiasi istante è preceduto e seguito da un altro istante”. Questo non mi pare proprio impossibile da capire), non nel senso che posso “percorrere” tutta la realtà a cui si riferisce (cosa impossibile per definizione). Il nulla invece non lo concepisco proprio. Se uno poi mi dice che lui l’infinito non lo concepisce… che devo dirgli? Amen. Al massimo posiamo tentare di spiegarci e di ragionarci “insieme”, se abbiamo voglia di impiegarci il nostro tempo. Ma se anche dopo di questo ognuno si mantiene della sua idea, pazienza. Non posso pensarla in un certo modo perché altri non sono d’accordo?
Secondo: che significa “non concependo l’infinito, allora da qualche parte non c’è il nulla”. Che senso ha la frase “da qualche parte non c’è il nulla”? E, se ha senso, in che modo essa dovrebbe essere conseguenza del non riuscire a concepire l’infinito? Non è che hai sbagliato a digitare?
A questo punto parlando di ciò che dà contro alla logica a quale logica ci riferiamo?
Ah guarda, io mi riferisco alla mia. Perché mi dovrei riferire a quella degli altri, visto che sto esprimendo il mio punto di vista?
Poi generalmente si parte dal presupposto che almeno potenzialmente le basi logiche possono essere condivise fra gli esseri umani. Magari uno può fare un ragionamento differente, ma poi può accorgersi che quello di un altro si rivela in realtà più convincente, e quindi riconoscere di non aver usato, almeno in uno specifico caso, la logica tanto bene. Non dico mica che quella che ha ragione sia io, eh, parlo in generale.
Se parliamo di determinismo totale, quando discutiamo io non faccio finta che il ragionamento non sia deterministico, perché altrimenti starei parlando di un'altra cosa, e, come detto, alla fin fine mi chiedo se il ragionamento esista. Libera di fingere che non sia cosí (e lo dico senza intento ironico), personalmente mi pongo in un'ottica diversa.
Allora: non è che fai finta nel senso che pensi “non è vero che è deterministico”. "Sai" che in realtà è deterministico, ma nel momento in cui leggi le mie argomentazioni non è questo fatto che ti interessa maggiormente. Così come ti concentri su altro quando ti gusti un bel piatto di pasta, fai sesso, ti leggi un libro ecc.
Quando uno fa un’operazione chirurgica, pensa a tutti gli atomi da cui il paziente che stai operando è composto? No, si concentra su quel preciso... grande insieme di atomi, che costituisce la parte del corpo da operare. Non pensa nemmeno al suo essere composto da atomi, pensa all'insieme "in quanto parte del corpo". Questo significa forse che diventa falso dire che la parte del corpo è composta da atomi? No, solo che non è questo il centro dell'attenzione per il momento. Puoi anche pensarci nel senso di “tenerlo vagamente a mente”, ma non concentrarti su questo.
EDIT: Ah scusa, mi sa che forse non ho capito bene il fulcro della risposta. Rileggendo adesso, mi sono accorta che non ti riferivi al "discutere in generale", ma proprio al discutere sul determinismo. Certo, è ovvio che nel momento in cui devi capire che la mia posizione è "tutto è determinismo", allora pensi all'idea "tutto è determinismo" =P Non hai per forza bisogno di pensare agli esempi specifici "anche questo tuo ragionamento è regolato dal determinismo", "anche la mia reazione al tuo ragionamento è regolata dal determinismo" ecc ecc. Non è che per capire un concetto devi elencare fino all'infinito tutti gli esempi che esso comprende. Se vuoi, puoi anche pensare al fatto che pure il mio ragionamento è incluso in questo processo, ma è chiaro che non puoi andare avanti all'infinito a dire "anche questo lo è, anche quest'altro lo è ecc". E allora? ^^''
Perchè il ragionamento non dovrebbe esistere? Se per te per parlare di ragionamento occorre per forza intenderlo come "assenza di determinismo", allora è chiaro che o esiste l'uno, o esiste l'altro. In quel senso dico infatti che "in realtà non ragioniamo". Ma chi lo dice che il ragionamento debba essere considerato così, piuttosto che uno dei tanti processi parte del determinismo? Se proprio non vuoi rinunciare a questa accezione "immateriale" del ragionamento, allora chiama il processo corrispondente che avverti nella tua mente in un altro modo e siamo a posto.
Comunque per me queste sono tutte pippe che non portano da nessuna parte.
Nessuno ti obbliga a parlarne. Io però già che ci sono ti rispondo.
E chi parla di Marco? Parlo di me. "Io sono andato al cinema" è il fatto. "Io sono andato al cinema perché l'ho liberamente scelto", è un altro fatto perfettamente equivalente al precedente. Se tu mi dici che il secondo può essere una illusione, allora io ti dirò che pure il primo può essere un'illusione.
Mi aspettavo che avresti risposto facendo riferimento a te stesso =P
Se tu parli di “ho scelto” nel solo senso di constatazione del tuo evento interno, allora è chiaro che oltre non c’è da parlarne.
Ma se mi si dice che questo “scegliere” è dato da qualcosa di diverso da un processo materialistico, allora avrei da ridire eccome. Posso anche dire che secondo me è qualcosa di diverso, ma non che percepisco ciò come dato di fatto. Il fatto di constatare il mio stato interno, non mi fa escludere che esso sia dovuto a movimenti della materia, così come la realtà che osservo intorno a me.
Che cosa mi mette in grado di scegliere, poi, davvero non lo so. E francamente me ne importa poco.
Ohhhh, benissimo. Se con la “percezione dell’evidenza del libero arbitrio” di cui parli tu sottintendi anche “la percezione dell’evidenza del fatto che non tutto è solo materia”, il passaggio dalla prima conclusione alla seconda è illegittimo.
Un conto è affermare “io scelgo, lo sento!”, un altro “c’è qualcosa in noi oltre la materia, lo sento!”.
Solo che comunemente con “scegliere” si intende anche la seconda affermazione. Il concetto di scegliere, così come viene solitamente inteso, contiene già al suo interno questo passaggio. Se ciò che uno intende con “scelta” è questo, allora gli dico che questa sua convinzione di scegliere io la vedo come illegittima (questo non significa che per forza esprime il falso, attenzione).
Qualche spiegazione per Mornon su un’altra questione:
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Non ho chiaro quale sia la distinzione che vuoi fare: negare la casualità da un punto di vista filosofico, e ammettere che possa esistere da uno scientifico, cosa significa? cosa implica? perché lo neghi, da un punto di vista filosofico? come concili questa negazione col fatto che da un punto di vista scientifico c'è? Il fatto che magari dia contro a una qualche logica non è una dimostrazione, in sé, perché, come detto sopra, di cose reali e illogiche è pieno il mondo.
Rispondo molto vagamente, perché in realtà ci sarebbero un casino di precisazioni da fare…
Due ambiti (ma non solo due ambiti, anche semplicemente due persone diverse!) possono parlare da due prospettive molto diverse. “Parlare una lingua diversa”. Se due affermazioni dette da due persone diverse sono linguisticamente in contraddizione, non significa che si tratta di idee in contraddizione. Se per uno “cavallo” significa “mammifero erbivoro appartenente alla famiglia degli equidi” e un altro con “cavallo” intende “rettile che vola e sputa fuoco”, allora il primo dirà che il cavallo esiste e il secondo no. Questo non significa che uno dei due ha una visione errata della realtà.
Il mio scopo è capire in che senso la meccanica quantistica dice che “il caso esiste” (no, non ha senso che mi dici “il caso esiste nel vero senso della parola”. Non vuol dire niente. Qual’è questo “vero senso”? Se “già a pelle” siamo d’accordo su di esso, allora preoccuparcene è privo di ogni utilità. Se però il mio senso è diverso dal tuo, allora stiamo proprio parlando di due cose diverse, non dicendo cose contrastanti sulla stessa cosa). Se è una questione di “parlare due lingue diverse”, è un conto. Se invece ciò che sostengo è veramente in contrasto con la scienza, allora sono io che devo cambiare idea. Non perché credo che la scienza abbia in mano la verità infallibile, ma semplicemente perché per me i ragionamenti filosofici non vanno fatti contraddicendo le verità scientificamente attestate (per come li vivo io). Possono andare oltre ad esse, possono esprimerle con termini differenti, ma non dire che sono false. La filosofia non ha questo “diritto”. Al massimo sarà compito di un’altra scoperta scientifica quello di smentire una verità scientifica precedente.
Infatti ad esempio già sullo stesso concetto di caso che hai espresso tu avrei da discutere…
Ma adesso non mi addentro nella questione perché sto già parlando in privato con Tyrion Hill, voglio avere chiarimenti sulle basi scientifiche.
Del resto, lasciando un attimo da parte il caso, tu dici che non ha senso dire che una scienza dia contro ai fondamenti della logica (quali siano, da definire); perché? A parte che cose che in passato sembravano illogiche si sono poi dimostrate vere, la nostra logica è basata su un mondo finito e macroscopico, quindi nell'infinito/infinitesimo e nel microscopico può benissimo non valere: gli esempi non si contano.
Anche qui, facendo un discorso molto veloce e vago…
Appunto, cose che in passato sembravano illogiche. Non significa che lo erano, non in senso assoluto almeno. La razionalità non è qualcosa di fisso, immobile, uguale per tutti e per sempre. Razionalità ed esperienza sono strettamente connesse. Le esperienze (che siano esse esperienze del mondo esterno o esperienze interne, ossia sentimenti o riflessioni precedenti; che siano individuali o storiche) influiscono sulla nostra razionalità. Se ad una persona che ha fatto/non ha fatto determinate esperienze una cosa appare illogica, mentre ad un’altra che ne ha fatte di diverse no, allora le possibilità sono 1)Il motivo è che a uno dei due mancano le esperienze giuste per capire la logica dell’altro (ad esempio, un uomo delle caverne direbbe "La terra è sferica e ruota? Che cretinata! Se veramente fosse così io cadrei già dalla terra"). 2)C’è un problema incomunicabilità tra i due, stanno parlando di cose in realtà diverse.
Non penso che veramente una verità scientifica vada contro la logica. Se uno dice “Eh, lo so che la logica sembra essere in contrasto, eppure le cose scientificamente stanno così”, in realtà userà una logica, per dire che le cose scientificamente stanno così. Infatti non mi stupisce affatto che ha detto Blackfyre nel penultimo post a pagina 13.
Spero di aver almeno un po’ reso l’idea, rispondendo riguardo alla mia idea di rapporto tra ragionamento e scienza. Perché adesso non posso discutere di ogni cosa, né stare sempre tre secoli a spiegarmi =P
Quoto alcuni passi delle risposte di Arya che mi piacerebbe approfondire con voi. Mi sono tenuto alla larga da questa discussione perchè sono una persona molto pratica, i ragionamenti astratti non facevano per me alle superiori, quindi di solito non filosofeggio :D però l'arrgomento è interessante.
E chi parla di Marco? Parlo di me. "Io sono andato al cinema" è il fatto. "Io sono andato al cinema perché l'ho liberamente scelto", è un altro fatto perfettamente equivalente al precedente. Se tu mi dici che il secondo può essere una illusione, allora io ti dirò che pure il primo può essere un'illusione.
Mi aspettavo che avresti risposto facendo riferimento a te stesso =P
Se tu parli di “ho scelto” nel solo senso di constatazione del tuo evento interno, allora è chiaro che oltre non c’è da parlarne.
Ma se mi si dice che questo “scegliere” è dato da qualcosa di diverso da un processo materialistico, allora avrei da ridire eccome. Posso anche dire che secondo me è qualcosa di diverso, ma non che percepisco ciò come dato di fatto. Il fatto di constatare il mio stato interno, non mi fa escludere che esso sia dovuto a movimenti della materia, così come la realtà che osservo intorno a me.
Che cosa mi mette in grado di scegliere, poi, davvero non lo so. E francamente me ne importa poco.
Ohhhh, benissimo. Se con la “percezione dell’evidenza del libero arbitrio” di cui parli tu sottintendi anche “la percezione dell’evidenza del fatto che non tutto è solo materia”, il passaggio dalla prima conclusione alla seconda è illegittimo.
Un conto è affermare “io scelgo, lo sento!”, un altro “c’è qualcosa in noi oltre la materia, lo sento!”.
Solo che comunemente con “scegliere” si intende anche la seconda affermazione. Il concetto di scegliere, così come viene solitamente inteso, contiene già al suo interno questo passaggio. Se ciò che uno intende con “scelta” è questo, allora gli dico che questa sua convinzione di scegliere io la vedo come illegittima (questo non significa che per forza esprime il falso, attenzione).
Mi piace molto l'impostazione deterministica data da Arya in riferimento alla scelta e al libero arbitrio.
Con lei condivido il fatto che sia di tipo deterministico, nel senso che se avessimo gli strumenti adeguati potremmo capirne il significato e forse addirittura prevedere una scelta esattamente, come si fa per qualsiasi altro fenomeno fisico. In effetti se ci pensate c'è uno schema, che credo un genio prima o poi riuscirà a mettere alla luce, nelle scelte di una persona. Faccio un esempio banale. In pizzeria prendo una diavola, lo faccio quasi sempre. Compio una scelta. E' una scelta consapevole? Sì. E' un'illusione (nell'accezione utilizzata da Arya)? Sì.
Le due cose però coesistono e permettono a me di accettare ogni scelta che faccio giornalmente. Quello che credo è che alla parola "diavola" letta dai miei occhi, i miliardi di neuroni del mio cervello colleghino degli imput che creano un'immagine ed evocano esperienze passate, a cui associano sensazioni di piacevolezza. Il mio cervello suggestiona il mio corpo in modo tale che la "diavola" sia la scelta razionalmente privilegiata tra tutte quelle possibili. Naturalmente essendo una scelta di secondaria importanta la spinta chimica del corpo è molto blanda. Se invece la situazione fosse più pericolosa e la scelta si risolvesse in Correre (vivere) Stare fermo (morire) la risposta chimica del corpo sarebbe più forte.
A questo punto però il ragionamento deterministico viene a mancare, nel senso che se è possibile dare una spiegazione più o meno razionale del perchè compiamo certe scelte, utilizzando solo il nostro bagaglio genetico, non riesco a dire altrettanto felicemente nulla su Dio (o come volete chiamarlo). Riesco a spiegare me stesso attraverso la materia, ma non posso spiegare qualcosa che non comprendo, immateriale, incorporeo attraverso le leggi della materia.
Io non credo proprio che sarà mai possibile prevedere e spiegare veramente tutto. Il determinismo non lo intendo in questa maniera. Infatti, nel parlarne, non mi sono mai rifarita alla "possibilità di prevedere". Non mi dilungo su questo perchè già ho scritto a sufficienza, per ora =P
Sappi che comunque questa mia affermazione non ha nulla a che vedere con una presunta esistenza di cose immateriali.
A questo punto però il ragionamento deterministico viene a mancare, nel senso che se è possibile dare una spiegazione più o meno razionale del perchè compiamo certe scelte, utilizzando solo il nostro bagaglio genetico, non riesco a dire altrettanto felicemente nulla su Dio (o come volete chiamarlo). Riesco a spiegare me stesso attraverso la materia, ma non posso spiegare qualcosa che non comprendo, immateriale, incorporeo attraverso le leggi della materia.
Ma tu parti dal presupposto che dio esista e che le cose immateriali esistano.
Io mica credo in queste cose. Non perchè ho le prove per dire che non esistono ma perchè , detta in parole molto povere, non vedo perchè dovrei pensare che esistono ^^''
Io non credo proprio che sarà mai possibile prevedere e spiegare veramente tutto. Il determinismo non lo intendo in questa maniera. Infatti, nel parlarne, non mi sono mai rifarita alla "possibilità di prevedere". Non mi dilungo su questo perchè già ho scritto a sufficienza, per ora =P
Sappi che comunque questa mia affermazione non ha nulla a che vedere con una presunta esistenza di cose immateriali.
A questo punto però il ragionamento deterministico viene a mancare, nel senso che se è possibile dare una spiegazione più o meno razionale del perchè compiamo certe scelte, utilizzando solo il nostro bagaglio genetico, non riesco a dire altrettanto felicemente nulla su Dio (o come volete chiamarlo). Riesco a spiegare me stesso attraverso la materia, ma non posso spiegare qualcosa che non comprendo, immateriale, incorporeo attraverso le leggi della materia.Ma tu parti dal presupposto che dio esista e che le cose immateriali esistano.
Io mica credo in queste cose. Non perchè ho le prove per dire che non esistono ma perchè , detta in parole molto povere, non vedo perchè dovrei pensare che esistono ^^''
Che Dio e le cose immateriali "potrebbero esistere" come potrebbero esistere draghi e unicorni se ne vedessi uno. Non ne ho la certezza perchè la mia logica non mi permette di analizzare fenomeni immateriali e incorporei.
Io parto dal presupposto che una logica basata sul materialismo sia limitata a spiegare i fenomeni materiali. Per spiegare fenomeni immateriali, infiniti, quali Dio, verso il quale io ho una posizione agnostica giusto per chiarire, questa logica debba essere integrata da un certo numero di assiomi che includano l'esistenza preconcetta e precostituita di questi fenomeni o entità. Se come nel mio, o nel tuo caso, a quanto mi pare di aver capito, questi assiomi non vengono presi in considerazione, il problema dell'esistenza di DIo non si pone nemmeno. Ma ciò è sinonimo del fatto che la nostra logica è chiusa in modo perfetto, o al contrario esclude un campo di riflessione per le sue limitazioni? Secondo me è la seconda. :D Spero di essermi spiegato meglio.
x Arya
appunto, è solo una questione di determinismo... per quello che possiamo saperne, magari avresti avuto più forza persuasiva a scrivere "xjhonososdo"...
se neghi la scelta neghi l'utilità della discussione, ti pare? o meglio della discussione razionale (in quanto deterministicamente "xhjiobfbosdf" può avere la stessa forza persuasiva di un ragionamento articolato).
Quindi, a tutti gli effetti, dovresti concepire i tuoi interventi come una specie di autoincensamento, fini a sè stessi...
insomma, se non ammetti che tutti ragionano su basi comuni, non si può impostare un discorso, perchè io deterministicamente concepirò qualcosa, tu qualcos'altro, per te il problema non si porrà, per me invece si porrà, e non vedo quale possa essere l'utilità della discussione (anche qui: magari io la percepisco come inutile, mentre tu come la cosa più utile del mondo) partendo da questi presupposti totalmente istintivi.
Io sento che è così, perchè me lo dice l'Universo.
Tu senti che è cosà, perchè te lo dice l'Universo.
Bene, e adesso che abbiamo esposto le nostre percezioni delle cose, che si fa? non c'è il rischio di una forte incomunicabilità?
x Alekseij
io invece, pur ammirando molto Kant, non posso che ritrovarmi nella critica che gli fu fatta dagli idealisti...
1. se il noumeno è inconoscibile, come fa a dire che esiste?
2. noi percepiamo il fenomeno in base alle forme a priori, mentre la cosa in sè, il nuomeno, rimane inconoscibile, anche se risiede in ogni mente umana.
citando Wiki " se la cosa viene cercata 'in sé' e quindi al di fuori delle condizioni in cui può essere conosciuta nel suo apparire(in fenomeno, quindi) , si generano le idee della ragione (noumeno) sulle quali si basa la metafisica"
ma in questo caso Kant applica il concetto di causa-effetto (che dovrebbe valere solo per il fenomeno) anche al noumeno...
x Blackfyre
una domanda da ignorante (lo specifico sennò Tyrion Hill potrebbe aversene male), e quindi forse stupida..
dunque, a livello microscopico non esiste la certezza di posizione e velocità, ma si possono solo stabilire delle "probabilità".
allora mi chiedo: e a livello macroscopico invece sì? cioè, se io mi piazzo in cima a una montagna e butto di sotto un sasso, si riuscirebbe a calcolare con che posizione e velocità arriverà a terra? le variabili in questione sono innumerevoli: il vento, la forma del sasso e il modo in cui rimbalzerebbe sulle rocce, la forma delle roccie, la loro consisteza, il moto di rotazione della terra ecc...
insomma, se ci poniamo al di fuori di un laboratorio dove tutte le variabili sono sotto controllo, calcolate in precedenza e innescate "quando" vuole lo scienziato, riusciremmo a predire la velocità e la posizione del sasso? e con quale margine di errore? anche lo sbaglio di alcuni millimetri imporrebbe di parlare di caso e probabilità, oppure no?
e tornando al microscopico, non potrebbe essere lo stesso meccanismo del sasso buttato giù dalla montagna? insomma l'impossibilità di ricreare delle condizioni adatte a una misurazione perfetta e la possibilità innescarle al momento in cui si vuole?
Balon il punto non sono gli strumenti matematici insufficienti, il punto è che la natura si comporta in quel modo. Non esiste la certezza di posizione e velocità se andiamo nel mondo microscopico..e non è che se avessimo tecnologie più sofisticate sarebbe diverso; è così che si comporta la natura e noi ne prendiamo atto e lo spieghiamo con le formule connesse.
Esattissimo. Inoltre, la matematica vive per conto suo: non ha alcuna pretesa di essere collegata alla realtà. Certo, spesso prende ispirazione dalla realtà. E altrettanto spesso, determinati strumenti matematici tornano utili per descrivere fenomeni reali. Ma questi collegamenti possono tranquillamente essere considerati accidentali. Quindi, se la fenomenologia presentasse cose non descrivibili matematicamente, questo non intaccherebbe minimamente la matematica: al massimo ispirerebbe una nuova branca della matematica adatta a descrivere tali fenomeni.
1. se il noumeno è inconoscibile, come fa a dire che esiste?
Kant non asserisce mai in modo univoco l'esistenza del noumeno (in realtà i critici ancora discutono se egli lo ritenesse possibile o probabile); è tuttavia lecito pensare che egli ci credesse, così come credeva in Dio per fede... La stessa cosa che fai tu.
2. noi percepiamo il fenomeno in base alle forme a priori, mentre la cosa in sè, il nuomeno, rimane inconoscibile, anche se risiede in ogni mente umana.citando Wiki " se la cosa viene cercata 'in sé' e quindi al di fuori delle condizioni in cui può essere conosciuta nel suo apparire(in fenomeno, quindi) , si generano le idee della ragione (noumeno) sulle quali si basa la metafisica"
ma in questo caso Kant applica il concetto di causa-effetto (che dovrebbe valere solo per il fenomeno) anche al noumeno...
Non è esatto: Kant non applica il causa-effetto al noumeno, dato che egli non ha la pretesa di identificarlo né tantomeno di spiegarlo.
La metafisica si basa sulle idee (di nuovo, a cui si crede per fede e nulla di più) che la ragione formula per spiegare la realtà esterna; proprio per questo la metafisica non è giustificabile come scienza, in quanto prescinde sia l'esperienza sensibile che l'intelletto.
La critica degli idealisti inoltre non è forte come sembra, in quanto essi riconoscono all'idea una valenza ontologica (come già faceva Platone) che è indimostrabile, ma deriva unicamente dal crederci per convinzione (o per fede, che dir si voglia).
Quindi, se la fenomenologia presentasse cose non descrivibili matematicamente, questo non intaccherebbe minimamente la matematica: al massimo ispirerebbe una nuova branca della matematica adatta a descrivere tali fenomeni.
e non potrebbe nascere in futuro una nuova branca della matematica atta a descrivere in termini deterministici il caos?
per citare una tua definizione nell'altra discussione, non più il caos ma il caotico?
magari esiste già, chiedo :D
Kant non asserisce mai in modo univoco l'esistenza del noumeno (in realtà i critici ancora discutono se egli lo ritenesse possibile o probabile); è tuttavia lecito pensare che egli ci credesse, così come credeva in Dio per fede... La stessa cosa che fai tu.
ma senza nuomeno non è che tutta la sua filosofia crolla di brutto? cioè, ha costruito un ideologia perfettamente razionale, ma che ha come colonna portante qualcosa di razionalmente inconoscibile...
e poi il noumeno se non sbaglio non è solo Dio, l'Anima ecc, ma "la cosa in sè", ciò che veramente le cose sono, al di là dell'apparenza fenomenica (anche un sasso può essere noumeno, in questo senso)?
provo a spiegarme-lo in parole povere, perchè non mi ricordo molto bene
quando noi vediamo un sasso, lo percepiamo come fenomeno, cosa dura grigia che fa male se ti arriva in testa.
poi però, oltre queste apparenze, c'è la cosa in sè, il noumeno, la vera essenza del sasso, e in quanto uomini sentiamo il bisogno di indagarla, di andare oltre il fenomeno (pur consapevoli che andremo incontro all'insuccesso) ci addentriamo nella metafisica, nell'inconoscibile.
Ecco: non ha forse applicato al noumeno il principio di causa-effetto? la cosa in sè è causa delle nostre sensazioni, della nostra indagine metafisica
Premesso che non sono sicuro di quanto dirò, e che mancando dei termini specifici userò termini comuni (da cui, potranno esserci imprecisioni anche nell'eventuale correttezza dei concetti); quindi eventuali conferme o smentite sono ancora piú gradite del solito; la velocità è classificabile come materia o energia? Piú che energia in sé, mi sembra l'effetto dell'energia applicata alla massa; eppure nella teoria del moto la velocità è decisamente importante.
Le cose, in fisica, non sono "classificabili" in materia o energia... non so bene che cosa significhi la tua domanda. Ho anche l'impressione che consideri "massa" e "materia" come sinonimi, e questo rende le cose ancora più confuse. La materia è fatta di cose come atomi, elettroni, particelle... La massa... beh, la massa è energia! :huh:
Il caso direi che non è un "qualcosa" del tipo "materia" "atomi", direi che è piú un "modo di avvenire": nel senso, ci sono alcune cose che avvengono in materia deterministica, ossia posso prevedere se sarà A oppure B; e altre che avvengono in maniera casuale, ossia anche avendo tutti i dati al piú posso dire che al 90% sarà A e al 10% sarà B, ma non posso dire deterministicamente se sarà A o B. È stato introdotto nelle teorie scientifiche "semplicemente" perché si è visto che ci sono cose non deterministiche, la cui possibilità di previsione deterministica non dipende dalla conoscenza del sistema. Spero di essere riuscito a far capire che cosa intendo >_>
Sí, credo di avere capito, e mi pare corretto. È una buona descrizione del "caso": pur essendo noto tutto, il risultato finale è noto solo probabilisticamente". Ottimo!
Non ho un procedimento? Ma se lo faccio ogni volta che mi sveglio la mattina... apro gli occhi, sbadiglio, penso, sento fame, vado a fare colazione, desidero, anticipo, immagino, scelgo, creo. E non sarebbe riscontrabile da chiunque? Questo è l'esperimento piú ripetibile che esista! Ciascuno di noi lo può fare, ogni giorno, ogni istanteTutto vero, non lo discuto, il problema è il passaggio successivo, ossia passare da quanto hai scritto qui a "Esiste un piano divino": cosa lo dimostra? cosa c'è, di verificabile da tutti, anche e soprattutto da chi non ci crede, che dimostri che quanto citi è legato a un piano divino? Se ci fosse una risposta a queste domande, si sarebbe dimostrata l'esistenza del divino.
Ma per me "piano divino" è solo una etichetta, un termine di comodo. Perferirei usare "Qualcos'Altro", inteso oltre al "caso" (osservato), e al "determinismo" (pure osservato), che da soli non bastano a derivare la "coscienza di se'". La coscienza di se', per quanto possiamo derivare da qualsiasi modello scientifico esistente, è superflua. Del tutto inutile. Il mondo fisico potrebbe sussistere perfettamente anche senza questa. Ma la "coscienza di se'" esiste, quindi ci deve essere "Qualcos'Altro" di radicalmente diverso da tutto quanto siamo riusciti a concepire finora. Puoi chiamarlo "Il Divino", se vuoi. Poi, sicuramente non so che cosa cavolo sia, questo "Divino"...
Non contesto la tua deduzione, non voglio dire né sottintendere che sia sbagliata, semplicemente per quanto lecita non è qualcosa di dimostrato, e in questo senso dico che è un atto di fede: sottolineo che non implico nessuna accezione negativa, mi riferisco solo a un qualcosa creduto senza che ci sia una dimostrazione. Questo non implica che tutto sia un atto di fede, per esempio esiste una dimostrazione dietro all'asserzione secondo cui la serie infinita +1-1+1-1... converge a 0,5, dimostrazione che chiunque può verificare per cercare errori, anche e soprattutto se non ci crede.
Non lo dico come un volo pindarico, personalmente reputo veramente che sia cosí.
Vabbe'... qui non so bene cosa dirti...
Sull'influenza sui sistemi, possibilissimo che sia un'idiozia, ho citato i docenti solo per dire la fonte dell'informazione; ma specifico una cosa: se prendo un circuito elettrico e voglio misurare la tensione tra due punti, ci attacco un voltmetro; questo strumento assorbirà una corrente, per quanto piccola; e avrà una resistenza, per quanto grande; e quindi varierà la resistenza, la corrente, e quindi la tensione. In pratica, inserire il voltmetro ha influenzato la tensione del circuito. Poi tale cambiamento potrà essere ininfluente, ma che ci sia, anche alla luce di quell'esempio, mi sembra vero. L'influenza di cui parlavo è questa, non un'ipotetica domanda "se io non avessi fatto l'esperimento, che cosa avrebbe fatto il fotone?".
Sí, vabbè, ma col voltmetro è diverso: è ovvio che influenza la corrente, ma posso anche calcolare esattamente come, e quindi tenerne conto. Qui la domanda è legittima, ha senso. Ma in MQ no, non ha senso. Cercare di farlo sarebbe come riuscire a raggiungere "la cosa in se'" (come dicono i filosofi), e questo la scienza non ha mai preteso di farlo. Tutto ciò che vediamo è l'esperimento...
hai letto su "Le Scienze" che "il tempo nasce con l'Universo, prima non c'era nemmeno il tempo, bla, bla, bla"Non so se ho letto quello, come detto vado a memoria e potrei ricordare male: quando ho detto che controllerò non volevo dire che controllerò se quanto detto da AryaSnow è vero, ma che controllerò se quanto mi ricordo di quell'articolo lo è. Il numero è quello di Agosto di quest'anno, nel caso volessi darci un'occhiata. Comunque, scopro ora che sei un fisico :D
Comunque, so di sapere poco o nulla di fisica quantistica; e proprio per questo sottolineo continuamente "per quanto ho letto" e simili. Ma quel poco che so mi ha portato, seppur magari senza riuscire a spiegarlo chiaramente, a conclusioni che poi tu stesso hai confermato: il che non significherà conoscere la fisica quantistica, ma personalmente non mi pare poco.
Non volevo "umiliarti", o cose del genere: volevo solo dirti che attraverso la divulgazione si scopre solo che determinate cose esistono, e ci si può magari sentire invogliati a studiarle sul serio. Non sono cose difficili: occorre solo un poco di pazienza, e un paio d'anni di tempo. Io vi sto dando delle informazioni, non delle spiegazioni. Se poi siete costretti a "fidarvi" non è colpa mia... Le università sono aperte a tutti, potete seguire le lezioni anche senza iscrivervi... ma se vi costa troppo tempo, allora fidatevi. Ad esempio, io sono costretto a fidarmi del mio idraulico - potrei imparare il suo mestiere, ma non ho tempo, non posso fare tutto, per cui trovo opportuno fidarmi di lui: non gli strappo la chiave inglese di mano dicendogli "Lascia stare, non hai capito un ca**o, faccio io". Sarebbe un disastro! :D
A volte sei troppo pedante su ogni dettaglio, e questo ostacola la discussione (nel senso di renderla meno fruttuosa)Non era la mia intenzione, se è capitato me ne dispiaccio; quello che volevo dire è semplicemente questo: visto che per sapere cosa pensi mi devo affidare a leggere quello che scrivi, devo andare a vedere cosa significa quello che hai scritto, no? Se ti pare pedanteria mi rincresce, ma personalmente lo considero la base della discussone: tu scrivi una cosa, e io cerco di capire quello che hai scritto, rispondendo a esso, e non a mie personali estensioni. Penso che lo faccia anche tu: se scrivo "Il caso non esiste", penso che tu rispondi a un'affermazione che nega l'esistenza del caso, no? Ho visto discussioni andare avanti sul "Non l'ho mai detto", e cerco di evitare una simile cosa.
Hai ragione. Scusami se sono stato un po' brusco, ma volevo più che altro rassicurarmi che non sto parlando al vento...
Quindi, se la fenomenologia presentasse cose non descrivibili matematicamente, questo non intaccherebbe minimamente la matematica: al massimo ispirerebbe una nuova branca della matematica adatta a descrivere tali fenomeni.e non potrebbe nascere in futuro una nuova branca della matematica atta a descrivere in termini deterministici il caos?
Ma il caos è deterministico.
per citare una tua definizione nell'altra discussione, non più il caos ma il caotico?
Non capisco quale differenza intendi fra caos e caotico...
magari esiste già, chiedo :D
La matematica del caos è già sviluppata alla grande! >_>
Non capisco quale differenza intendi fra caos e caotico...
caotico inteso come caos determinstico, appunto
quindi il caos è probabilistico... ottimo, ha il suo senso.
altre due domande:
1. è da escludere al 100% che ci sia un difetto di strumenti, inteso come il non poter conoscere e valutare "in tempo reale" tutte le variabili possibili?
cioè se oggi affermiamo che "al 90% sarà A e al 10% sarà B", è da escludere che domani, magari con qualche nuova equazione o la scoperta di nuove particelle, non potremmo dire "al 91% sarà A e al 9% sarà B"?
2. questo discorso del caos deterministico non è applicabile anche alla realtà macroscopica? riprendendo l'esempio del sasso della montagna, e quindi data la purtroppo (o per fortuna) concreta l'impossibilità di conoscere e valutare con esattezza tutte le variabili, non è che anche per il nostro sasso, come per la particella, dovremmo dire "al 90% cadrà in A, al 6% cadra in B e al 4% cadrà in C"?
Arya, tu mi fai diventar matto... :D
E chi parla di Marco? Parlo di me. "Io sono andato al cinema" è il fatto. "Io sono andato al cinema perché l'ho liberamente scelto", è un altro fatto perfettamente equivalente al precedente. Se tu mi dici che il secondo può essere una illusione, allora io ti dirò che pure il primo può essere un'illusione.
Mi aspettavo che avresti risposto facendo riferimento a te stesso =P
Se tu parli di “ho scelto” nel solo senso di constatazione del tuo evento interno, allora è chiaro che oltre non c’è da parlarne.
E perché no? Tutti gli eventi, stringi-stringi, sono interni... vedere una foglia è un evento interno, perché corrisponde alla consapevolezza di averla vista... Se ti dico "Ho visto una foglia", che fai, mi rispondi "È un tuo evento interno, quindi è inutile parlarne?" :D Soprattutto se la foglia la vedi pure tu...
Ma se mi si dice che questo “scegliere” è dato da qualcosa di diverso da un processo materialistico, allora avrei da ridire eccome. Posso anche dire che secondo me è qualcosa di diverso, ma non che percepisco ciò come dato di fatto. Il fatto di constatare il mio stato interno, non mi fa escludere che esso sia dovuto a movimenti della materia, così come la realtà che osservo intorno a me.
Ma i movimenti della materia non hanno bisogno di provocare coscienza per avvenire, e non hanno nemmeno bisogno di provocare coscienza avvenendo. Avvengono e basta, in modo completamente predicibile dalle teorie scientifiche attuali. Per questo si dice che la coscienza è un epifenomeno (wow, che parolona... :huh: ).
Che cosa mi mette in grado di scegliere, poi, davvero non lo so. E francamente me ne importa poco.
Ohhhh, benissimo. Se con la “percezione dell’evidenza del libero arbitrio” di cui parli tu sottintendi anche “la percezione dell’evidenza del fatto che non tutto è solo materia”, il passaggio dalla prima conclusione alla seconda è illegittimo.
Beh, un tentativo di motivarlo l'ho fatto. Mica ci sono balzato su alla cieca... i movimenti della materia non hanno bisogno di provocare coscienza per avvenire, e non hanno nemmeno bisogno di provocare coscienza avvenendo. E allora, da dove viene la coscienza? Dire che viene dalla materia mi sembra non solo ugualmente illegittimo, ma pure forzato, dato che la materia non sembra aver modo di produrre coscienza. Ripeto: tutti i comportamenti che la materia mette in atto, sono già interamente spiegati. Con esattezza strabiliante. E ancora la coscienza non appare nelle formule.
Un conto è affermare “io scelgo, lo sento!”, un altro “c’è qualcosa in noi oltre la materia, lo sento!”.
Il secondo mica lo sento - lo deduco...
Solo che comunemente con “scegliere” si intende anche la seconda affermazione. Il concetto di scegliere, così come viene solitamente inteso, contiene già al suo interno questo passaggio. Se ciò che uno intende con “scelta” è questo, allora gli dico che questa sua convinzione di scegliere io la vedo come illegittima (questo non significa che per forza esprime il falso, attenzione).
... qui non riesco a seguirti più... >_>
Kant non asserisce mai in modo univoco l'esistenza del noumeno (in realtà i critici ancora discutono se egli lo ritenesse possibile o probabile); è tuttavia lecito pensare che egli ci credesse, così come credeva in Dio per fede... La stessa cosa che fai tu.
ma senza nuomeno non è che tutta la sua filosofia crolla di brutto? cioè, ha costruito un ideologia perfettamente razionale, ma che ha come colonna portante qualcosa di razionalmente inconoscibile...
No, alt: Kant arriva a giustificare in modo mirabile ed estremamente attuale matematica e fisica, in quanto si basano sui fenomeni e non sui noumeni. L'estetica e la logica trascendentale si basano solo sui fenomeni!
e poi il noumeno se non sbaglio non è solo Dio, l'Anima ecc, ma "la cosa in sè", ciò che veramente le cose sono, al di là dell'apparenza fenomenica (anche un sasso può essere noumeno, in questo senso)?
provo a spiegarme-lo in parole povere, perchè non mi ricordo molto bene
quando noi vediamo un sasso, lo percepiamo come fenomeno, cosa dura grigia che fa male se ti arriva in testa.
poi però, oltre queste apparenze, c'è la cosa in sè, il noumeno, la vera essenza del sasso, e in quanto uomini sentiamo il bisogno di indagarla, di andare oltre il fenomeno (pur consapevoli che andremo incontro all'insuccesso) ci addentriamo nella metafisica, nell'inconoscibile.
Riguardo alla parte in grassetto: può esserci la cosa in sé (che sia possibile o probabile per Kant è ancora oggetto di discussioni), e se esiste non sappiamo com'è (potrebbe essere identica a come noi la percepiamo, oppure totalmente diversa).
Riguardo alla parte sottolineata: non è esatto, in quanto per Kant è universale (= comune a tutti gli uomini e per tutti valida) solo la conoscenza fenomenica. La cosa in sé, poiché non si basa sui giudizi sintetici a priori, non è oggetto di una scienza; poiché non si basa sui giudizi sintetici a posteriori, non la possiamo conoscere con l'esperienza; poiché non si basa sui giudizi analitici a priori, non si percepisce intuitivamente in modo insindacabile.
la cosa in sè è causa delle nostre sensazioni, della nostra indagine metafisica
No, le sensazioni sono causate dal fenomeno... Il noumeno, per l'ennesima volta, non è verificato empiricamente. Inoltre, la metafisica non è una scienza in quanto non si basa sui giudizi sintetici a piori... Ergo, non è una materia discorsiva: non puoi argomentare l'esistenza di Dio (ecco perché le "prove" della sua esistenza non hanno senso).
Non capisco quale differenza intendi fra caos e caotico...
caotico inteso come caos determinstico, appunto
quindi il caos è probabilistico... ottimo, ha il suo senso.
No, il caos non è probabilistico... Il caso, è probabilistico. Continuo a non capire... :D
altre due domande:
1. è da escludere al 100% che ci sia un difetto di strumenti, inteso come il non poter conoscere e valutare "in tempo reale" tutte le variabili possibili?
cioè se oggi affermiamo che "al 90% sarà A e al 10% sarà B", è da escludere che domani, magari con qualche nuova equazione o la scoperta di nuove particelle, non potremmo dire "al 91% sarà A e al 9% sarà B"?
Assolutamente escluso.
2. questo discorso del caos deterministico non è applicabile anche alla realtà macroscopica?
Certo. Anzi solo a quella, in pratica.
riprendendo l'esempio del sasso della montagna, e quindi data la purtroppo (o per fortuna) concreta l'impossibilità di conoscere e valutare con esattezza tutte le variabili, non è che anche per il nostro sasso, come per la particella, dovremmo dire "al 90% cadrà in A, al 6% cadra in B e al 4% cadrà in C"?
Questo non è un esempio di caos, perchè se migliori la conoscenza delle condizioni iniziali migliori proporzionalmente l'esattezza del risultato. Invece nel caos questo serve a poco: minime variazioni, sempre al di sotto dell'accuratezza della tua misura, possono dare risultati totalmente diversi. Comunque, il caos non c'entra nulla con la MQ: quella si basa sul caso (accoppiato alla deterministica distribuzione di probabilità). Nel mondo microscopico si ragiona in un modo, nel macroscopico in un altro. Si potrebbe applicare la MQ anche al mondo macroscopico, bada bene: solo che i termini casuali diventerebbero talmente minimi da essere di fatto irrilevanti - e i calcoli sarebbero inutilmente complessi. Nel macro ci si avvale di una descrizione puramente deterministica (ereditata dai secoli passati), che funziona perfettamente.
No, alt: Kant arriva a giustificare in modo mirabile ed estremamente attuale matematica e fisica, in quanto si basano sui fenomeni e non sui noumeni. L'estetica e la logica trascendentale si basano solo sui fenomeni!
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per Kant è universale (= comune a tutti gli uomini e per tutti valida) solo la conoscenza fenomenica. La cosa in sé, poiché non si basa sui giudizi sintetici a priori, non è oggetto di una scienza; poiché non si basa sui giudizi sintetici a posteriori, non la possiamo conoscere con l'esperienza; poiché non si basa sui giudizi analitici a priori, non si percepisce intuitivamente in modo insindacabile.
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le sensazioni sono causate dal fenomeno... Il noumeno, per l'ennesima volta, non è verificato empiricamente. Inoltre, la metafisica non è una scienza in quanto non si basa sui giudizi sintetici a piori... Ergo, non è una materia discorsiva: non puoi argomentare l'esistenza di Dio (ecco perché le "prove" della sua esistenza non hanno senso).
Ecco: solo queste poche frasi mostrano l'enorme grandezza di Kant. Che non per nulla è considerato il padre del pensiero scientifico moderno. Stupendo!