Replico anche qui la risposta scritta su FantasyMagazine (anche se manca qualcosa di Frankifol, mi pare... comincia a diventare un po' difficoltoso seguirla, se mancano pezzi: se i moderatori vogliono cancella questa mia risposta per mantenere l'ordine, non c'è problema).
Innanzi tutto, la mie opinioni non derivano dall’essere maleducato da traduzioni scialbe ma dal raffronto tra testi originali e traduzioni.
Mai pensata una cosa simile. So che sei un gran lettore e che hai molti romanzi fantasy alle spalle. Credimi, la mia opinione diversa non mi fa pensare che tu sia un ignorante e io il sapiente. Chiunque mi conosca sa che rispetto le opinioni altrui e le ritengo una ricchezza.
Semplicemente notavo alcune sensibili differenze tra il tuo approccio alla lettura e il mio (sono prima lettore che scrittore, ovviamente). E, ti dirò, non è che trovi il tuo approccio errato, semplicemente credo che, viste le premesse, potrebbe succedere che stilisticamente giudicherei pessimi romanzi che magari tu trovi ottimi.
Insomma, volevo allargare il discorso, partendo dalla considerazione che abbiamo due sensibilità diverse circa "il buon stile" (non per sviare le critiche al mio romanzo, per carità, il forum è libero e si può scrivere di tutto - basta rispettarsi a vicenda).
- Lo stile di erikson in originale che è decisamente più personale e complesso di quello di tutti gli altri autori che ho citato, ma che è accompagnato da traduzioni che oltre ad essere fedeli sono abbastanza piacevoli (qualche errore c’è, ma tant’è)
Ecco! Sono andato a pescarmi proprio quello più 'zzuto! :? In effetti ho letto "Deadhouse Gates" in inglese e mi è costato un po' di fatica, eh... E adesso ho sul comodino, ma non l'ho ancora iniziato (letto solo il prologo), "Memoires of Ice".
Il tutto per dire che credo tu abbia una visione un po’ troppo pessimistica dei traduttori in italia e troppo ottimistica sulle capacità stilistiche degli autori.
No, no... capisco quello che vuoi dire. Forse ho enfatizzato il discorso. In ogni caso, non ho grande esperienza di letture in inglese, quindi non ho un metro di paragone. Certo è che, se le traduzioni sono buone come dici tu (soggettivo, ma da come capisco hai letto più di me in originale, quindi sei una fonte plausibile ai miei occhi), allora molti autori fantasy non stanno facendo bene al genere (secondo me).
Tuttavia resto un po' scettico, perché di solito nelle traduzioni, anche quelle buone, ciò che salta è proprio quel tocco in più che si apprezza in originale.
Ciò che ho riscontrato personalmente, Erikson (che però tu dici essere un'eccezione), è che la traduzione dell'Armenia fosse buona... ma, per quanto buona, fosse zeppa di lacune prettamente stilistiche, appiattendo il lavoro dell'autore.
Tendo magari a fare di tutta l'erba un fascio, sbagliando, ma diffido delle traduzioni prima che degli autori.
Infine, per quel che mi riguarda, trovo che un’opera sia stilisticamente piacevole quando mi comunica naturalezza.
Sì, sei stato molto chiaro su questo e comprendo la tua posizione. Il mio stile non ti appare naturale... opinione sacrosanta. Nulla da obiettare.
Ps: non mi hai detto se mediti dei seguiti….
Certo che c'è un seguito e non l'ho mai nascosto. Anzi, sono mesi che ne parlo. Tuttavia è un seguito molto diverso da come ci si potrebbe aspettare.
Il mio progetto è di tre libri a sé stanti (attenzione: mio progetto significa proprio mio progetto, ovvero sia non è detto che "Il giorno dopo" e "La guerra dei venti" vedano la luce in libreria, nonostante sia nelle mie intenzioni scriverli). Tutti e tre sono leggibili separatamente, autoconclusivi, allo stesso modo de "La Rocca dei Silenzi".
potremmo dibattere per ore sul senso di fondamentale, ma non se ne uscirebbe...
Chiedevo anche perché, per il dubbio, sono andato a controllare su Il Treccani, e sotto "accecare" mi dà "(iperb.) Privare momentaneamente della vista, abbagliando o obbligando a chiudere gli occhi", e sotto "abbacinare" "(estensi) Privare per un tempo piú o meno lungo della funzione visiva, o ridurla notevolmente, anche assol."
Quoto questa parte del messagio di Mornon solo per evidenziare come ci sia molta coerenza tra il discorso fatto da Andrea (molto interessante) e la sua critica dell'utilizzo iperbolico di termini come accecare. In questo senso è imho, per quanto OT , evidente la tendenza di cui parlava Andrea circa l'impoverimento del linguaggio, in particolare quello parlato (deriva che peraltro trovo del tutto naturale, anche se non mi entusiasma di certo). Questo a livello generale.
Sul sinonimo propongo una definizione alternativa e, secondo me, più precisa. Dal Devoto-Oli:
1. In linguistica, parola che ha un significato sostanzialmente uguale ad un’altra, anche se variamente stratificato dal punto di vista degli affetti, della cultura e della classe sociale.
E forse qui si percepisce di più la presenza di sfumature di significato, tra i diversi sinonimi. Tutto senza scomodare termini come "fondamentale".
Il più delle volte io mi innamoro di termini semplici, comunissimi, e spesso sono costretto a lavorare su questo aspetto durante la revisione, perché eccedo.
capita sempre anche a me
Qui chiudo, ovviamente non posso entrare nel merito del resto della discussione.
Ciauz
ancora non ho finito il libro, ma posso già dire che La Rocca dei Silenzi mi ha un pò riappacificato con il fantasy commenti precisi a poi :P
ok ce l'ho fatta. a leggere il libro e tutta questa discussione.
non posso che commentare positivamente, ma devo spiegare con calma e chiarezza l'importanza di questa affermazione.
SPOILER SPARSI
innanzitutto, mio giudizio complessivo: 9,5/ 10, un libro perfetto, che meriterebbe un 11, ma il perchè del voto lo dico dopo :P
non so da che parte farmi a giudicare, quindi andrò a caso. dirò cose che non sono state dette, spero di esporle chiaramente
la prima cosa che ho adorato è questa: non considero questo libro un fantasy, ma un libro d'ambientazione fantasy. il fantasy non è il fine ma il mezzo. è una cosa che mi fa dannatamente piacere, perchè sono anni che scrivo e combatto per questo, ed è il primo libro che ho letto in cui l'autore sembra partire da mie stesse convinzioni.
E' un ambientazione fantasy perchè usa il fantasy per dire certe cose, e se avevo qualche dubbio è stato risolto dalla nota finale dell'autore. E' come se l'autore dicesse "io in questo libro devo dire certe cose" e tutto il resto è un mezzo per dirle, per far riflettere su di esse. Poi, certo, ci dev'essere anche la parte "intrattenimento", altrimenti diventa un saggio, ma in questo senso mi sembrano meno importanti, nella filosofia del romanzo, critiche sui personaggi, sulla coerenza interna della trama, ecc...
i personaggi sono ben strutturati? sì, a mio avviso, tenendo conto dello spazio che c'era e del ruolo che dovevano svolgere.
In un altro romanzo, in un normale fantasy, avrei desiderato la morte di Vorak, avrei parteggiato per qualche personaggio... qui no, ho sentito la differenza. L'ho sentita, non mi ha fatto immergere completamente...e questo per me è un bene, perchè il romanzo mi ha detto: "non voglio divertirti, voglio dirti certe cose. Non te ne deve fregare nulla se Vorak ammazza tizio o caio, devi interessarti al senso complessivo". (ovviamente sono tutte sensazioni mie, o cmq cose che io vorrei sentire in un fantasy e che mi hanno condizionato nella lettura di un romanzo fertile a queste sensazioni)
La trama sembra un pò un'avventura di D&D per pg di alto livello, ingigantita, migliorata e romanzata, creata da un ottimo master.
il finale è stupendo, come piace a me: un finale leggermente aperto, coerente, riflessivo, che strappa sorrisi sarcastici, e soprattutto che non piace alla gente comune che vuole il "the end" da filmetto.
La lettura mi ha preso: più che nello stile, era nella trama, nelle riflessioni e nella curiosità che generava il romanzo.
Ho letto tutto il fantasy medio-famoso, praticamente, a parte Jordan. E mi son piaciuti solo 5 autori, D'angelo è tra questi. Forse l'autore mi smentirà, ma è cmq nella sua nota finale che trovo una certa vicinanza a quanto penso, una certa strada comune, o cmq parallela, da seguire.
Elfo, Nano... perchè sono in maiuscolo?
Non so come sarà il seguito di questo libro, ma la rocca dei silenzi è perfetta così, a mio parere. Se l'intento era di dire qualcosa, di far riflettere su qualcosa (in questo caso manipolazione genetica, vita/morte), c'è riuscito in pieno. Sfruttare la sua ambientazione per altro toglierebbe forse importanza al messaggio del primo...
Per quanto sia in contrasto ideologico con entrambe le fazioni (thal e la maga di ammothad), un'ideologia di fondo che sembra propria dell'autore venga fuori lo stesso. Mi trovo in contrasto con essa, ma il modo in cui l'ha definita, cosciamente o no, mi fa piacere ancora di più il romanzo. Nonostante le sue perplessità della nota finale, secondo me è riuscito a trasmettere come la pensasse su quelle particolari questioni
Infine l'unica cosa che non mi è piaciuta al 100%, lo stile. Narrazione forse un pò troppo lenta, leggermente lenta. avrei tolto qualche pagina, per snellirlo un pò (di solito penso ad un rapporto tra "pagine d'azione" e "pagine di riflessione": se la bilancia tende troppo sulla prima, si rischia una riscrittura di una seduta di D&D, se tende sulla seconda si rischia di appesantire troppo il romanzo e di annoiare il lettore. Ecco, penso che la bilancia fosse leggermente sulla seconda). In generale direi un pò di snellimento dello stile e una maggiore velocità narrativa. Non che non sia scritto bene, per carità, ma forse un'attenzione eccessiva alla forma che mi ha annoiato in certe parti, soprattutto quando la curiosità della trama era incalzante, e che certe volte mi ha frustrato. Ma è solamente come l'avrei scritto io, un commento soggettivo, non potrebbe del resto essere un commento oggettivo per questo un 9,5, ma in realtà è un 10 :P
Oh... bene! Attendevo un commento di questo tipo, incentrato su questo tipo di riflessioni. E scusate fin d'ora se il mio messaggio non avrà un filo conduttore unico e salterà un po' di palo in frasca. Sono molte le cose su cui ho qualcosa da dire e spero di leggere repliche e approfondimenti.
Dunque, prima di tutto ti ringrazio di cuore per avermi letto, Xaytar. E pare la mia solita frase di rito, ma è sentita... e anche questa cosa di dire che è sentita sembra una mia solita frase di rito... mannaggia! Insomma, sappiate che davvero apprezzo e raccolgo come gioielli preziosi i vostri commenti, positivi e negativi. Sapere che da qualche parte, in Italia, un altro essere umano ha letto per ore un mio scritto è qualcosa di grande, che non si riesce a definire. Ci si abitua a ricevere commenti, si impara a prenderli con le molle e, soprattutto, con un certo occhio critico e obiettivo - cosa inizialmente impossibile. Ma a me, forse è una mia ipersensibilità, resta sempre la sensazione di essere fortunato e di non riuscire a cogliere appieno quanto. Forse mi sono spiegato.
Perché tutta questa pappardella? Semplice, perché in certi casi riesco ad afferrare la grandezza dei libri e l'esatto motivo che mi ha spinto e mi spinge tuttora a scrivere.
Ovvero sia, riflettere.
Da sempre il mio modo di riflettere ha seguito due strade: camminare immerso nella natura, scrivere (in qualsivoglia forma).
Il fatto è che a un certo punto della propria esistenza, un essere umano si rende conto che starsene lì a riflettere sulla vita da soli è un po' sterile. Allora tenta di condividere le proprie riflessioni. Quando si parla di visione del mondo, condividerle con chi ci sta vicino a volte sembra - sbagliando - poco... ma sono convinto che, pur nell'errore, questa sia la vera molla che porta uno scrittore (non uno scribacchino mestierante) a scrivere.
Ma è faticoso, molto, perché se si vuole far arrivare la propria riflessione al lettore si deve capire che si ha una sola possibilità. Sfruttare al meglio la propria unica possibilità implica molte cose.
Prima, far "ascoltare" al lettore la tua riflessione fino alla fine. E questo implica una buona amalgama di capacità tecniche e capacità artistiche.
Seconda, essere sì convinto delle proprie idee, ma ricordarsi che se si riflette con qualcun altro è d'obbligo riuscire a suscitare in lui interesse e quindi ulteriori soggettive riflessioni (altrimenti si può tranquillamente scrivere un bel diario e si è risolta l'esigenza di dialogare volendo aver sempre ragione). E questa cosa implica che si metta da parte l'aspetto egocentrico della riflessione, evitando di portar acqua al proprio mulino in modo disonesto nei confronti dell'interlocutore (con un romanzo è facile, nessuno può interromperti). Uno scrittore ha una responsabilità, che troppi autori sottovalutano o calpestano, sputando sulla fortunata opportunità che la vita dà loro: pubblicare. La responsabilità è quella di essere intellettualmente onesti con il lettore, tentare con tutte le proprie forze di fargli capire che ha in mano un pezzo di te, sentito, vero... l'unica cosa per cui merita spendere 16,50€ e, soprattutto, preziosissimo tempo. Per una storia fine a se stessa, continuo a credere, posso spendere altrettanto, ma non altrettanto tempo: lo considero, per l'appunto, troppo prezioso per sprecarlo con qualcosa che non mi dà nulla (posso guardare un film, per svagarmi, due ore non sono troppe... ma un libro costa "fatica" e, come spesso mi accade ultimamente, se mi accorgo che non sta dicendo nulla di interessante finisce immediatamente nello scaffale delle porcherie).
Aggiungo un pezzetto al mio sentire, riprendendo il filo conduttore.
In certi casi comprendo il motivo per cui scrivo: riflettere... per dialogare, sperando di raggiungere anche chi là fuori ha una visione simile alla mia, in qualche modo, su qualche aspetto (anche la sola voglia di comunicare per riflettere). Sono davvero cresciuto, in passato, quando mi sono reso conto d'aver bisogno di condividere il mondo con il prossimo, di essere un animale sociale che della socialità abbisogna. Pur dovendo affrontare la vita in solitudine, come tutti, c'è conforto e c'è crescita nella condivisione.
La mia nota finale dice tutto e non è un caso il fatto che abbia voluto scrivere esattamente quelle parole. Perché riflettere su temi attuali, se non per far riflettere? Perché parlarne ad altri se non perché si crede che ci sia un "altro" che, come te, vede nel romanzo l'occasione per dire e riflettere e non soltanto per raccontare e intrattenere?
Non comprendo la classificazione in generi - se non per (a mio avviso controproducenti) motivi commerciali.
L'ho già detto e lo ripeto: per me esistono soltanto i buoni libri e quelli che invece sono inutile spreco di carta.
La mia ambizione - e forse presunzione - è quella di dare tutto me stesso affinché il mio nome finisca sulla copertina di un buon libro, senza sprechi di carta.
La Rocca dei Silenzi è il primo romanzo che ho scritto dall'inizio alla fine preda di questa implacabile consapevolezza ("La Fortezza" forse anche... ma si portava appresso un'eredità scomoda, ricca di germogli ma in fondo acerba). In questo senso, lo considero il primo romanzo che rende giustizia alla mia visione di cosa sia un romanzo. In un certo senso, quindi, il mio primo vero romanzo.
Non volevo un romanzo che aprisse chissà quale porta su chissà quale fantastico mondo. Volevo un romanzo compatto, funzionale, che andasse dritto al nocciolo... senza troppe distrazioni. L'aver accantonato l'ambientazione è il primo avvertimento al lettore. L'aver puntato l'attenzione sui personaggi in un certo modo è il secondo, ripetuto avvertimento. L'aver soffocato con fermezza una conclusione in qualche modo consolatoria (cosa, questa, che ho sempre fatto, a dir il vero), inchinandomi rispettosamente alle coerenti conseguenze del narrato, è l'ultimo, duro avvertimento.
E, Xaytar, il seguito sarà semplicemente un'altra conseguenza di questa visione. Non temere, è tutt'altro che un seguito fine a se stesso, che svilisce il messaggio de "La Rocca dei Silenzi". Anzi, nella mia visione del progetto, non fa altro che esaltare questa spietatezza nel riflettere, portando le conseguenze, in modo coerente, a una riflessione ancora più grande, diversa, ma pur sempre correlata. Insomma, se mi fosse venuto in mente un seguito semplicemente per una visione commerciale della faccenda, ti assicuro che non l'avrei pianificato. Non riesco a scrivere un intero romanzo - faticaccia! - se non ho davvero qualcosa da dire, da aggiungere... qualcosa su cui riflettere ex novo (ovvero sia, non è che "Il giorno dopo" sarà un clone de "La Rocca dei Silenzi").
In questi ultimi tempi, l'unico autore che mi ha conquistato è Steven Erikson. Perché questo salto logico? Be', perché mi sono domandato questa apparente contraddizione con il mio pensiero, dal momento che Steven Erikson è l'esaltazione all'ennesima potenza proprio di ciò che io ho accantonato: l'ambientazione. Non ha pari, questo è il mio pensiero. In circolazione, da questo punto di vista, non c'è nulla che avvicini l'autore canadese, figuriamoci che lo eguagli.
E quindi, perché considerarlo un così grande autore? Perché, a mio avviso, Erikson riflette e fa riflettere sulla nostra realtà, sulla natura umana, sfruttando le enormi potenzialità del "mezzo espressivo fantasy" (abolisco il termine genere! ). Anche lui ha un problema di germogli acerbi: "I giardini della luna" non è un tentativo compiuto della sua visione, mentre "La dimora fantasma" è davvero un grande romanzo (non a caso, penso io, scritto ad anni di distanza dal primo: scrivere romanzi è una cosa che si impara forzatamente dai propri errori pratici, non da teorie personali). Il problema è che, per arrivare a un simile risultato, è necessario scrivere romanzi di almeno 800 pagine. La qual cosa comporta un problema irresolubile: se si vuole dare un maggior impatto alla riflessione, è necessario considerarla il primo obiettivo. Se, invece, si vuole anche riflettere, ma nel contempo stupire, be'... allora si rinuncia a un certo tipo di impatto e si lavora molto in un'altra direzione.
Erikson, unico tra gli autori che ho letto, non scrive centinaia di pagine perché lo pagano a parola (cosa a cui mi sembra non si sottragga nemmeno il grande George Martin, invece, purtroppo), bensì perché ha davvero tante cose da "mostrare". Non a caso l'impatto iniziale è violento, perché non sta lì a perdere tempo con spiegazioni dettagliate che prendono il lettore per mano... per molti un difetto, per me una specie di droga, che mi ha conquistato all'istante. In definitiva, penso, un'ovvia conseguenza e un'esigenza imprescindibile.
Erikson è per il lettore che ama le pennellate. Come autore di pennellate, non è che tutte gli riescano perfette ed è ovvio che qualche carenza a livello di caratterizzazione emerga. Ma, nel complesso, direi che è un difetto che si fa perdonare.
Credo che Steven Erikson abbia una visione molto simile alla mia di cosa sia un romanzo, ma ha anche un retroterra culturale molto diverso dal mio (e sicuramente più vasto), cosa che lo porta a mettere su carta la sua passione per il mondo e le sue logiche geologiche e antropologiche. Ciò non toglie che, in molti sensi, credo mi abbia conquistato per una certa affinità, per una visione del mondo e del genere (brrr...!).
E quindi, dove sto andando a parare? La questione D&D. Il parallelo viene spontaneo al lettore e questo, credetemi, non mi urta affatto. D&D è il punto da cui sono partito, in un certo senso (non prendetemi alla lettera, altrimenti mi fate un torto... D&D è un punto di partenza molto alla larga). Ho sempre considerato il potenziale di questo tipo di ambientazioni svilito da mediocri trattazioni (in generale) e intenzioni poco ambiziose.
Se il fine è riflettere sull'uomo, l'uomo deve uscirne protagonista... invece ho sempre avuto l'impressione che gli autori esaltassero l'elemento fantastico (il quale, per carità, intrattiene, è accattivante).
Be', ho tentato di fare l'esatto contrario, senza svilire l'elemento fantastico, ma relegandolo in secondo piano (in molti sensi).
Da un punto prettamente fantastico, i romanzi del filone D&D sono stati surclassati da molti autori. Steven Erikson li ha polverizzati (tranne i capostipiti di Weis & Hickman, che rimangono a mio avviso una pietra miliare impossibile da sgretolare).
In definitiva, il parallelo viene spontaneo, ma se ci si ferma a un parallelo superficiale, allora mi si fa torto. Oppure, semplicemente, non è possibile che io riesca a far presa su tutti. Quindi non mi si fa torto di proposito, è una questione di diverse sensibilità e di diversa visione.
Veniamo ad alcune tue considerazioni specifiche, Xaytar.
- La narrazione a tratti troppo lenta. Non mi difendo, è una questione troppo soggettiva. E quindi neppure la contesto. Ti basti sapere che il mio editor avrebbe considerato migliore un romanzo con una riflessione finale più presente, a scapito di qualche parte precedente... una sorta di visione opposta alla tua, in qualche senso.
- Il problema è che Uomo è minuscolo... deformazione personale che punta a considerare l'uomo privilegiato. Direi che è un particolare su cui sia io che l'editor non abbiamo riflettuto a sufficienza. Dovrò riflettervi in futuro. E', in ogni caso, un'incoerenza interna, direi... dovrò rileggere il romanzo, magari ti saprò dire cosa ne penso dopo questa prevista "lettura a freddo".
- Mia curiosità: chi sono gli altri quattro autori? Magari ne scopro qualcuno che non ho ancora letto, viste le nostre affini sensibilità circa il fantasy.
- Mi ripeto, ma non è male: io scrivo sempre un romanzo perché ho qualcosa da dire. Anche la mia trilogia aveva molte cose da dire. La sua immaturità era che aveva da dirle al genere, invece di volerle dire al lettore (un esempio su tutti: avevo da dire al genere che avevo le BEEP piene di personaggi che troppo spesso uccidevano senza serie, pesanti conseguenze sulla propria psiche. Ma questa cosa, per quanto originale nel contesto, va in una direzione sbagliata... il genere non può ascoltarti, i lettori invece sì ).
Per questo considero "La Rocca dei Silenzi" il mio primo vero romanzo: la via mi è chiara, ora, e continuerò a percorrerla fino alla fine, ovviamente si spera migliorando, progredendo, sempre aperto alla crescita (che non si arresta mai).
Miii... che lungo! 8)
non considero questo libro un fantasy, ma un libro d'ambientazione fantasy. il fantasy non è il fine ma il mezzo. è una cosa che mi fa dannatamente piacere, perchè sono anni che scrivo e combatto per questo, ed è il primo libro che ho letto in cui l'autore sembra partire da mie stesse convinzioni.E' un ambientazione fantasy perchè usa il fantasy per dire certe cose, e se avevo qualche dubbio è stato risolto dalla nota finale dell'autore. E' come se l'autore dicesse "io in questo libro devo dire certe cose" e tutto il resto è un mezzo per dirle, per far riflettere su di esse. Poi, certo, ci dev'essere anche la parte "intrattenimento", altrimenti diventa un saggio, ma in questo senso mi sembrano meno importanti, nella filosofia del romanzo, critiche sui personaggi, sulla coerenza interna della trama, ecc...
Non volevo un romanzo che aprisse chissà quale porta su chissà quale fantastico mondo. Volevo un romanzo compatto, funzionale, che andasse dritto al nocciolo... senza troppe distrazioni. L'aver accantonato l'ambientazione è il primo avvertimento al lettore. L'aver puntato l'attenzione sui personaggi in un certo modo è il secondo, ripetuto avvertimento.
Sul terzo negroriano avvertimento sorvolo , ma non posso non quotare, altrimenti i fiumi di parole di "Fantasy Limitante" (e i pochi che hanno avuto la pazienza e il fegato di leggere sanno di che parlo) e di tanti altri sprazzi in altrettante discussioni andrebbero dimenticati. E così non voglio che sia.
Forza raga che ce la si può fare ;)
Quoto il discorso di Andrea su Erikson, di cui ho appena finito i Giardini della Luna (ingollando l'ultima parte a ritmo infernale nonostante le fatiche diurne della documentazione pro-tesi), sperando che abbia ragione nel dire
Anche lui ha un problema di germogli acerbi: "I giardini della luna" non è un tentativo compiuto della sua visione, mentre "La dimora fantasma" è davvero un grande romanzo (non a caso, penso io, scritto ad anni di distanza dal primo: scrivere romanzi è una cosa che si impara forzatamente dai propri errori pratici, non da teorie personali).
Buona penna XD
Ciauz
- La narrazione a tratti troppo lenta. Non mi difendo, è una questione troppo soggettiva. E quindi neppure la contesto. Ti basti sapere che il mio editor avrebbe considerato migliore un romanzo con una riflessione finale più presente, a scapito di qualche parte precedente... una sorta di visione opposta alla tua, in qualche senso.
si, alla fin fine è trovare a mio avviso il pelo nell'uovo. leggermente troppo lenta, ma non mi ha dato fastidio. la grandezza dell'opera ha sminuito ancora questo lieve fastidio
- Il problema è che Uomo è minuscolo... deformazione personale che punta a considerare l'uomo privilegiato. Direi che è un particolare su cui sia io che l'editor non abbiamo riflettuto a sufficienza. Dovrò riflettervi in futuro. E', in ogni caso, un'incoerenza interna, direi... dovrò rileggere il romanzo, magari ti saprò dire cosa ne penso dopo questa prevista "lettura a freddo".
quindi era un errore, o era voluto? pensa che mentre leggevo mi ero immaginato che, siccome Elfi Nani e Demoni erano maiuscoli, alla fine si sarebbe scoperto che uomo era in minuscolo perchè era una Razza geneticamente modificata da qualcun altro
Mia curiosità: chi sono gli altri quattro autori? Magari ne scopro qualcuno che non ho ancora letto, viste le nostre affini sensibilità circa il fantasy
Erikson, e concordo sul discorso da te fatto.
brooks, per una questione affettiva.
tolkien, per una questione... diciamo di rispetto, come se fosse un genitore. superato, ma cmq mi sento in dovere di ringraziarlo :P
martin, per una questione di "Intrattenimento" e di intreccio, e della possibilità che mi ha dato di stare qui :P
quindi, alla fine della fiera, considerando i discorsi che ho fatto nel post precedente, tu e Erikson un gradino sopra agli altri 3.
(anzi, se proprio devo dirla tutta, Erikson è un grande, ma a volte mi sembra usare l'antropologia per fare fantasy. Io adoro fare il contrario, e la rocca dei silenzi mi ha dato quest'impressione )
- Mi ripeto, ma non è male: io scrivo sempre un romanzo perché ho qualcosa da dire. Anche la mia trilogia aveva molte cose da dire. La sua immaturità era che aveva da dirle al genere, invece di volerle dire al lettore (un esempio su tutti: avevo da dire al genere che avevo le BEEP piene di personaggi che troppo spesso uccidevano senza serie, pesanti conseguenze sulla propria psiche. Ma questa cosa, per quanto originale nel contesto, va in una direzione sbagliata... il genere non può ascoltarti, i lettori invece sì ).Per questo considero "La Rocca dei Silenzi" il mio primo vero romanzo: la via mi è chiara, ora, e continuerò a percorrerla fino alla fine, ovviamente si spera migliorando, progredendo, sempre aperto alla crescita (che non si arresta mai).
sempre dallo zingarelli....sinonimo, Vocabolo che ha lo stesso significato fondamentale di una altro ma forma fonetica diversa....potremmo dibattere per ore sul senso di fondamentale, ma non se ne uscirebbe
Se necessita di un aggettivo come "fondamentale" per definire il significato che ha uguale, allora non è tutto il significato, no? Un sinonimo ha sostanzialmente lo stesso significato di un'altra parola, ma non sotto ogni aspetto ("sigillare" e "sugellare": posso sigillare un patto e posso sigillare un patto, ma una lettera può essere solo sigillata).
Da Il Treccani, "Che ha significato fondamentale uguale [...] (ling.) Parola o espressione che ha lo stesso significato di un'altra, pur ammettendo caratteristiche e valori differenziati particolari o di ordine stilistico"; nei particolari, i sinonimi dovrebbero essere diversi
se i moderatori vogliono cancella questa mia risposta per mantenere l'ordine, non c'è problema
Io piuttosto inserireri quella mancante
"Il giorno dopo" e "La guerra dei venti"
Nuove informazioni
questa cosa, per quanto originale nel contesto, va in una direzione sbagliata... il genere non può ascoltarti, i lettori invece sì
Però il lettori possono ascortare quegli "avvertimenti al genere", riflettere sul genere stesso ("genere" per cui condivido le tue idee, classificazione utile per ordinare, ma limitante), andare a capire che, forse forse, qualcosa in piú era effettivamente possibile, no? In questo senso, anche il "messaggio al genere" diventa un messaggio al lettore, che può arrivare a capire che il genere in questione può essere (è?) qualcosa in piú
non posso non quotare, altrimenti i fiumi di parole di "Fantasy Limitante" (e i pochi che hanno avuto la pazienza e il fegato di leggere sanno di che parlo) e di tanti altri sprazzi in altrettante discussioni andrebbero dimenticati
Mi viene anche in mente che, appena ritroverò il pezzo in questione ( ), c'è un messaggio che aspetta di essere scritto
azz.....proprio come temevo . Ci si imbarca nelle sfumature di fondamentale . Mi astengo.
Cari ragazzi,
infine giungo alla sofferta decisione di tagliare i ponti con internet, in modo ufficiale e definitivo. Questo comporta che non collaborerò più con FantasyMagazine. E, soprattutto, che non frequenterò più alcun forum, newsgroup e altro luogo “pubblico” in cui ci si scambiano messaggi.
Arte è per arte. E conta prima di tutto ciò che io sono, non ciò che gli altri vedono di me. Rimpossessarmi della mia vita ora viene prima di qualsiasi altra cosa. Simbolicamente, perché non ho mai svenduto né l’una né l’altra a chissà quali logiche sotterranee, alle quali soltanto l’invidia può far pensare.
Ora darò spazio soltanto ai miei romanzi e l'unica mia voce in internet sarà quella che proverrà dal mio sito personale, http://www.negrore.com .
Naturalmente, chiunque lo vorrà potrà contattarmi via e-mail, che è presente in tutte le pagine del mio sito.
Prendo questa decisione tutt'altro che a cuor leggero, spinto da innumerevoli motivi, che convergono tutti nello stesso punto: il mio essere autore prima che qualsiasi altra cosa.
Internet è un luogo molto stimolante, ma anche fagocitante. Inutile star qui a elencarne pregi e difetti. Con questa decisione sofferta - e soltanto in apparenza improvvisa, perché sono mesi che ci giro attorno -, ma anche con estrema fermezza, mi riapproprio anche della mia individualità, che proprio in questi giorni viene messa in discussione, dai soliti detrattori... nulla di nuovo, né tanto meno di importante, ma quando si comincia a confondere un autore con i luoghi e le persone che frequenta allora la cosa si fa seria.
Quest'ultima è, tuttavia e in tutta sincerità, soltanto la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
La realtà è che ho semplicemente bisogno di tornare a respirare la stessa aria di pace che respiravo prima, di avere nuovamente tutto il mio tempo libero a disposizione per vivere, leggere, riflettere... e quindi scrivere in serenità.
Da ciò, la mia decisione, prima che sia troppo tardi.
Ringrazio di cuore tutti coloro i quali hanno dialogato con me in questo forum. La mia decisione potrebbe sembrare una sorta di tradimento nei vostri confronti, dopo tutto ciò che mi avete dato, criticando, domandando, apprezzando e donandomi molti attestati di stima che custodisco gelosamente in formato digitale: i vostri messaggi sono preziosi che nessuno riuscirà mai a rubarmi. Sono come un drago che veglia instancabile sul suo tesoro... e chiunque di voi tenterà di usare un anello invisibile verrà incenerito all’istante!
Davvero, grazie ragazzi.
A tutti voi il mio solito, sincero e questa volta grandissimo sorriso,
a presto,
Andrea "Negróre" D'Angelo
E’ per noi una grave perdita.
Ti ringrazio tanto per la tua gentilezza e pazienza: è stato molto interessante e stimolante poter discorrere con te.
Non voglio conoscere i motivi che ti hanno portato a tale scelta, ma non posso nasconderti che spero che tu torni a leggerci magari tra un po’.
Quindi arrivederci Andrea, questo forum di vedrà sempre molto volentieri.
Quanto a me io ti considero più un amico che scrive ottimi libri che un autore che scrive su questo forum…
A presto
Rosangela
inutile dire che mi lascia un pò interdetto...
mi dispiace molto, ma se questa è la tua decisione è giusto così.
avrai sicuramente i tuoi motivi, e vanno al di là di un giudizio incompleto che potremo avere noi...
spero solamente che il "negrore autore" non fagociti il "negrore uomo", con la fiducia che un giorno tornerai tra queste fredde mura
fino ad allora, buona scrittura, e l'augurio di ritrovare la serenità lontano dalla rete
compro sta sera
boh io, l'ho letto così perchè sentito parlare di Andrea e alla fine mi son deciso a leggerlo ma è stata una scoperta, perchè Andrea usa cose di tutti i giorni e le mette in stile fantasy in odo che per noi sono sia troppo difficile, alla fine, capire cosa ci volesse far capire.