nessun parallelo con la magia di Dragonlance (nemmeno nella pratica, perché un incantesimo non viene dimenticato dopo essere stato pronunciato [...])
Non intendevo questo, mi riferivo alla mera classificazione
mi associo a damien relativamente ai dubbi tra manicheismo e manierismo.
Scusate... evidentemente il rientro in ufficio mi ha fatto un brutto effetto: ovviamente intendevo manierismo.
Mornon, in che senso alla mera classificazione? (Oggi devo essere un po' stordito...)
Scusate... evidentemente il rientro in ufficio mi ha fatto un brutto effetto: ovviamente intendevo manierismo.
Eheheh, è traumatico per tutti, a me sta venendo voglia di piangere
l'importante è che non si confonda la "naturalezza" con il "manicheismo" più squallido di certi romanzi (molti fantasy) o con la "piattezza" espressiva di certe traduzioni.
Tipo? Tanto per avere un'idea degli autori a cui ti riferisci
Troppi autori blandiscono il lettore, ma stilisticamente non lasciano davvero nulla (sono stilisticamente pavidi). Preferisco un autore stilisticamente fastidioso, che uno privo di stile.
Su questo sono d'accordo. Nello specifico confermo quanto ho detto finora sul tuo stile, a mio parere decisamente personale, almeno quanto a ritmo e articolazione. Aldilà di questo l'appunto di frankifol credo sia abbastanza azzeccato, anche se a mio parere la situazione non è così esasperata come la dipinge lui. Certo in alcuni punti, forse anche a causa di questa ridondanza stilistica (che per forza di cose assorbe attenzione), il bandolo della matassa sembra perdersi. Ma non sto qui a ripetermi
Per infilarmi nel discorso sulla magia aspetto che Mornon ti lavori ai fianchi
Ciauz
Posso dirti chi mi ha colpito con un suo stile (chi mi viene in mente così, su due piedi, e possa rientrare nel genere).
China Mieville, che nel contempo mi ha anche sfracellato i maroni (eccessivo, davvero eccessivo). E' il classico esempio di quanto dicevo: non è detto che considerare ottimo stilisticamente un autore, per me, significhi apprezzarne lo stile. Significa riconoscergli una personalità... a mio parere fondamentale in letteratura. Se poi vogliamo parlare di mero intrattenimento commerciale, allora ci sono caterve di romanzi spazzatura, pronti a compiacere il lettore.
Steven Erikson, che non ho ancora capito se stilisticamente mi fa impazzire in senso positivo o negativo. Ma, certo, è davvero personale (letto in originale, perché tradotto è già molto più piatto).
Alan D. Altieri, di cui ho letto il suo ultimo lavoro (Magdeburg - L'eretico). Ecco, l'ho trovato ridondante a tratti (appunto che fate a me e che posso capire, ma a me lui pare oltremodo ridondante d'intenzione), ma certo il suo stile non ti lascia indifferente e colpisce (in molti punti in senso assolutamente positivo).
Ursula K. Le Guin, la più elegante e leggera degli scrittori che io abbia mai letto, sia tradotta da Roberta Rambelli (un mito!), sia in lingua originale. Direi che lei ha lo stile che preferisco (e che in un certo senso mi ricorda quel maestro che è Luis Sepùlveda. Entrambi sono essenziali, a mio avviso, nel senso più poetico del termine).
David Gemmell, spartano, diretto e tagliente. Non è raffinato, ma di certo ha uno stile riconoscibile per immediatezza. Anche qui, però, pesano le traduzioni. Con la Rambelli andiamo sul sicuro, le altre... Vorrei leggerlo in inglese (ho letto qualche brano qui e là, brani che mi hanno comunicato le stesse sensazioni delle traduzioni: avendo uno stile tutt'altro che funambolico, credo sia più semplice da tradurre).
Morgan Llywellyn, raffinata e per nulla eccessiva. Mi pare abbia un'ottima capacità espressiva, ricca e nel contempo priva di troppi fronzoli.
Tutti gli altri, sicuramente buona parte della colpa è delle traduzioni, non mi hanno dato nulla stilisticamente, li ho trovati piatti, ammiccanti e quindi a tratti fastidiosi. E in questi includo "i grandi" (numeri) di Martin (che si eleva sopra la media per capacità tecniche, ma - nella traduzione - non stilistiche) e di Brooks.
Chi mi ha deluso molto, dal punto di vista stilistico, è stato Trugenberger. Probabilmente mi aspettavo molto di più da un autore non tradotto (e forse è soltanto una questione di aspettative, dopo aver sentito lodi sperticate sul suo romanzo. Tuttavia, le stesse aspettative non sono state tradite da Altieri...). Per carità, scrive bene, ma ha esattamente il tipo di stile che io considero blandire il lettore, poco coraggioso e sicuramente dannatamente impersonale. Questo, sottolineo, non c'entra con il buon libro che ha scritto.
Sicuramente ho dimenticato qualcuno tra i "buoni". I "cattivi" sono tutti gli altri.
in che senso alla mera classificazione?
Il mio dubbio era riferito semplicemente a un'eventuale influenza nella pura classificazione (ossia se la classificazione "Magia Diurna Notturna Crepuscolare" avesse fondamenti in quella di Dragonlance, come ispirazione), sul sistema di magia in sé (metodo di lancio, ecc.) avevo intuito che erano diversi
Per infilarmi nel discorso sulla magia aspetto che Mornon ti lavori ai fianchi
Vorrei leggerlo in inglese (ho letto qualche brano qui e là, brani che mi hanno comunicato le stesse sensazioni delle traduzioni: avendo uno stile tutt'altro che funambolico, credo sia più semplice da tradurre)
Sulle traduzioni del libri di Gemmel mi sai dire qualcosa?
Finta la rocca, la commento altrove ma linko. Così, per aere una voce fuori dal coro
http://www.fantasymagazine.it/forum/viewto...=4350&start=180
Scusa ma non capisco che senso ha linkare una discussione... e dopo uno dove intervine su questo forum o su quello...
Per favore, togli il link e metti qualche tua idea
grazie
prego.
Non volevo appesantire la rete con copie in ogni dove del MIO commento a sto libro ; (il link che ho messo infatti va diritto dritto al MIO commento del libro).
Effettivamente però sorgeva il problema di dove commentare, eventualmente qualcuno ne avesse avuto voglia, le mie (stavolta minuscolo... ) idee, quindi copio incollo.
-----------------------------------------------------------------------------------
Finalmente faccio parte anche io della schiera dei lettori della Rocca.
Nel complesso il romanzo non è che mi abbia proprio colpito positivamente.
I pregi che ho riscontrato sono riconducibili alla caratterizzazione dei personaggi e della Rocca, e all'atmosfera generale che si respira. Quest'ultima è piacevolmente dark, specie nella parte iniziale, prima che il mistero della Rocca venga meglio definito.
I personaggi sono di spessore, anche se in certi momenti tendono pericolosamente verso stereotipi D&D (nel primo capitolo addirittura un "guerriero" dice che la sua condizione implica una maggior fatica rispetto a quella insita nell'essere un nano o un elfo).
La Rocca poi è il vero protagonista. L' aura di terrore e mistero che la pervade è dipinto magistralmente. Peccato pero' che nel procedere della storia diventi via via sempre piu' simile ad un dungeon tradizionale, con sfumature che mi hanno fatto pensare alle mappe di Doom III, con creature tirate fuori da Painkiller.
Relativamente alle cose che mi hanno lasciato perplesso, in cima ci metto lo stile. Di base l'ho trovato molto pomposo, con picchi di vera e propria pretenziosità. Va ben un lessico ricercato, ma usare in poche pagine sempre il termine abbacinato al posto di accecato, o abbagliato mi ha fatto pensare ad una forzatura. L'autore avrà avuto i suoi motivi, ma a me la cosa non e' piaciuta. Lo stesso dicasi del tono di alcune frasi (lunghe e piene di virgole, tipo proposizioni coordinate) che mi hanno fatto pensare ad alcuni dialoghi di Sin City (per chi lo ha visto penso all'episodio delle prostitute e a quel monologo basato su cose del tipo "contemplare la poderositá immorale di quelle valchirie sanguinarie"). A tutto questo aggiungo poi un'onomastica quanto meno improbabile, letteralmente intasata da apostrofi ed accenti, e la presenza di termini tipo spettrovisione. D'altro canto mi sono ricreduto sulla presenza delle parolacce. Ci stanno bene, concorrono a dare un tono di realismo. Pero' perché allora non farli andare di corpo sti personaggi? Perché quel barbaro ogni tanto non si gratta il c**o?
Infine concordo con quei lettori che si sono lamentati per la mancanza di un movente forte.
Ultime due note. Bello l'inserire piú pdv nell'ambito di un medesimo paragrafo e molto paracula la tecnica con cui l'autore fa sì che i personaggi secondari facciano domande (di solito si tratta di ma perchè facciamo sta cosa? domanda che mi sono fatto pure io un sacco di volte), e la risposta che si sentono dare è "perchè qui comando io, se ti sta bene, bene, se no vattene....". Del tipo interbenti deus ex attuati dai personaggi.
In conclusione, credo che la mia avventura con andrea d'angelo finisca qui. Anzi, visto che le mie esperienze con Valzania e la Cerrino sono state peggiori, e quella con la troisi solo di poco migliore, mi sa che la mia avventura col fantasy italiano in toto finisce qui, sempre in attesa di trugenbergher, unico italiano al momento che nonostante grossi limiti sia riuscito ad interessarmi.
Replico la risposta data sul forum di FantasyMagazine.
Dunque... grazie anche a te di cuore per avermi letto, Frankifol.
Mi spiace il romanzo non ti abbia fatto una buona impressione, ma così è la vita (lo sto dicendo a me stesso).
Circa le tue critiche, direi che un avviso di spoiler non sia necessario. Inutile entrare nel merito dei particolari, credo che la divergenza delle nostre opinioni meriti un discorso più generale e, se vuoi, più interessante che star lì a discutere sui particolari di un singolo romanzo, soggettivi (anche perché non ha alcun senso che io difenda le mie scelte: se sono andate in stampa, significa che io le credo giuste. Se a te non son piaciute, significa che non condividi le mie scelte... e così via, diventa tutto sterile e fine a se stesso).
La cosa che più mi colpisce della tua critica è l'appunto allo stile. Non perché la ritenga sbagliata (essendo un'opinione, è valida come tutte le altre), né perché ritenga le sue motivazioni poco valide (anzi, hai spiegato bene il perché del tuo pensiero).
Ciò che mi colpisce è il tuo "concetto di scrittura".
Anzitutto, ma spero non sia il caso, potrebbe sembrare che tra le righe tu mi "accusi" di autocompiacimento nell'usare certi termini. E qui mi preme subito precisare un paio di cose.
In primo luogo, l'unica ricercatezza che c'è nelle mie revisioni è tesa all'utilizzare termini lessicalmente corretti; non sono il tipo di scrittore, cioè, che si mette lì e utilizza vocaboli ricercati per darsi un tono, compiacendosene. Anzi! Il più delle volte io mi innamoro di termini semplici, comunissimi, e spesso sono costretto a lavorare su questo aspetto durante la revisione, perché eccedo.
In secondo luogo, sono dell'idea che l'impoverimento della lingua e il conseguente sentirsi giustificati a traduzioni scialbe degli editori (che sviliscono le opere originali) passino anche per posizioni come la tua (che, magari senza volerlo, giustifica l'esistenza di traduzioni che io ritengo davvero povere, anche se magari corrette - ed ecco perché adoro le traduzioni della Rambelli, che cesellava il testo con raffinatezza: non erano mai traduzioni banali, le sue. Erano traduzioni di un'amante della lingua italiana). Vedere in "abbacinato" un termine ricercato, significa preferire un italiano piatto, a mio avviso. Scrivo come parlo (anche troppo e in fase di revisione questo pesa molto lavoro). I termini che utilizzo, li uso mentre parlo. Mi rifiuto di credere che gli italiani stiano diventando tutti quel popolo linguisticamente povero che utilizza qualche misero centinaio di vocaboli a fronte di centinaia di migliaia disponibili nei nostri vocabolari della lingua italiana. E, in ogni caso, voglio credere che perlomeno i lettori ne riconoscano molti di più con naturalezza, senza giudicarli ricercati soltanto perché la maggior parte direbbe "il sole mi ha accecato", in modo lessicalmente poco corretto. (Sia chiaro, uso il tuo esempio conscio che voleva soltanto essere tale. Non entriamo troppo nello specifico: vorrei fare un discorso generale, non polemizzare)
Sono molto soddisfatto del risultato finale, stilisticamente, ottenuto con "La Rocca dei Silenzi". Mi piace perché è crudo, perché è diretto e perché è compatto come volevo io. E, leggendo il tuo parere come altri (positivi o meno), mi piace molto anche l'idea che si discosti da tanti altri scritti scialbi del fantasy... a costo di sembrare e presuntuoso e pretenzioso.
Se da me si vuole la povertà stilistica della maggior parte delle traduzioni, be', è bene fare come fai tu e lasciar perdere gli autori italiani (che poveri certo non sono, quando scrivono).
E' una scelta, valida quanto altre. Per me, però, è triste.
Altra cosa. Non è questioni di essere "paraculi", facendo chiedere certe cose ai personaggi. Semplicemente, realisticamente molti avrebbero chiesto le stesse cose.
E' un concetto ben strano di scrittura, il tuo, che sembri vedere gli autori autocompiacersi e paracularsi. Non mi ritrovo in questo "ritratto", non è il modo in cui scrivo, né quello in cui sento ciò che scrivo.
Ciò non toglie, ovvio, che possa dare questa impressione. E in questo, Frankifol, ti ringrazio per la schiettezza e, sinceramente, ancora una volta, per avermi letto.
Domandina che esula in parte dal discorso
la maggior parte direbbe "il sole mi ha accecato", in modo lessicalmente poco corretto
Perché "lessicalmente poco corretto"?
Perché "lessicalmente poco corretto"?
E' più corretto "abbacinato" o "abbagliato".
A scanso di equivoci, non ho scritto che è scorretto. L'accezione "venire abbagliati da una luce" esiste, ma sono preferibili altri termini.
Un professore molto noto qui a Trieste diceva che "badate bene che esprimersi con proprietà di linguaggio significa non utilizzare sinonimi". Un'ovvia provocazione - e comunque la mia competenza in merito è di gran lunga inferiore alla sua e non sarei in grado di seguire il suo monito -, ma comprendo cosa intendesse.
In ogni caso, ribadisco, era solo un esempio (ripreso) per il discorso generale.
già, perchè? lo zingarelli li da come sinonimi. Uno può essere accecato pure solo per qualche attimo.....
cmq ho risposto a negrorè sull'altro forum. Che faccio? incollo pure qua? vabbhe no, due discussioni uguali tra le stesse persone su due forum diversi mi pare cosa un po' inutile....tanto il link sta ancora la!
A scanso di equivoci, non ho scritto che è scorretto. L'accezione "venire abbagliati da una luce" esiste, ma sono preferibili altri termini
Chiedevo anche perché, per il dubbio, sono andato a controllare su Il Treccani, e sotto "accecare" mi dà "(iperb.) Privare momentaneamente della vista, abbagliando o obbligando a chiudere gli occhi", e sotto "abbacinare" "(estensi) Privare per un tempo piú o meno lungo della funzione visiva, o ridurla notevolmente, anche assol."
In ogni caso, ribadisco, era solo un esempio (ripreso) per il discorso generale
Certo, era solo perché mi interessava
lo zingarelli li da come sinonimi
Ricordati comunque che "sinonimo" non significa avere lo stesso significato
ho risposto a negrorè sull'altro forum. Che faccio? incollo pure qua?
Direi di sí: anche se tra voi due andasse avanti nello stesso modo nei due posti, qui potrebbero intervenire altre persone, e andare a pescare là il testo per rispondere qui sarebbe un po' confusionario
sempre dallo zingarelli....sinonimo, Vocabolo che ha lo stesso significato fondamentale di una altro ma forma fonetica diversa....potremmo dibattere per ore sul senso di fondamentale, ma non se ne uscirebbe...