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GoT - Percorsi evolutivi e mete finali.
J di JonSnow;
creato il 16 febbraio 2018

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Stella di Valyria
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Stella di Valyria
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Inviato il 09 giugno 2018 12:55

Già. Ma la cosa più singolare -il tocco di genio, per me, e la strizzata d'ochio allo spettatore o lettore più attento, che è alla seconde visione o lettura-  è che, quando lui pronuncia quella frase, lo fa con un tono ironico, distaccato; come se stesse cinicamente scherzando: perchè non è consapevole neanche lui, di stare raccontando, a se stesso ed a noi, pubblico e lettori, la propria malattia ed ossessione, la trappola in cui è caduto e di cui diverrà consapevole solo molto tempo e moltissima vita dopo. Questa per me è una di quelle tante sottigliezze di Martin, talmente fini da essere quasi inafferrabili, da cogliersi solamente dopo un bel po' che ci pensi, che mi fanno dire "questo scrittore ha del genio, e autentico"

 

E bellissima la tua osservazione, @porcelain.ivory.steel: non ricordavo che quella frase tornerà, dopo tanto, uguale ma completamente diversa: stesse parole, ma pronunciate in modo e con un senso totalmente diverso (anche se in una scena che non è il massimo, per i miei gusti, rappresentando uno dei tanti passi indietro nel cammino del Got-Jaime). Pronunciate, questa volta, con piena, totale consapevolezza.

 

E poi, immaginiamo, potrà tornare ancora, nei suoi pensieri, in modo simile nella forma ma ancora cambiata nel significato. Ci sarà un momento, o molti, per esempio durante il suo percorso solitario dopo aver voltato le spalle ad Approdo ed a tutta la sua vita precedente, in cui, ritrovata la licidità, l'autonomia di giudizio ed il vero Jaime, proabilmente penserà "Ah, le cose -orribili, folli, che non mi appartenevano, diversissime da me- che ho fatto, per amore".
E per un amore che era in me; che io provavo.

Solamente io.

 

Modificato il 05 July 2024 17:07

                              

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Stella di Valyria
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Inviato il 10 giugno 2018 14:25

Visto che il 3d è ufficialmente chiuso -ci siamo scambiati i saluti finali, il commiato ufficiale- ma poi ha ancora avuto questa breve, gradita "codina" (come i titoli di coda di certi film USA, che regalano ancora qualche chicca minore) posso ancora aggiungere due spunti tardivi, che mi sono venuti in mente quando l'analisi dei personaggi corrispondenti era già finita?

Per non fare un OT grandioso, non li sviluppo, li butto lì solo come spunti. Insomma, quasi: perchè, che io riesca a limitarmi a buttare lì uno spunto e poi fermarmi, non ci credo neanch'io :)

 

 

- Il Mastino; anzi, ormai, Sandor: ma quante volte ha dovuto rinascere, quest'uomo? Quante volte ha dovuto reinventarsi, per scelta o costretto dalle circostanze? Quante volte l'ha saputo fare, e quale ricchezza interiore si deve possedere, per questo?

 

Una, da bambino, dopo lo strazio e l'orrore (oltre alla sofferenza atroce, una devastazione fisica che segnerà e cambierà la vita, guardacaso: tema ricorrente in tanti personaggi di Asoiaf. Ma il Mastino è l'unico, insieme forse a Varys, per il quale il cambiamento avviene in peggio, non in crescita ma in involuzione e regresso, almeno all'inizio). Inventandosi "il Mastino"; costruendoselo addosso come difesa e forse unico modo per sopravvivere. Trasformandosi da essere umano -anzi, l'essere umano nella sua fase più vulnerabile, l'infanzia- in cane per sopravvivere al dolore, per non patirne altro quando il vaso era già colmo da trabocccare.

 

Un'altra, dopo lo scontro con Brienne, l'abbandono di Arya e la quasi-morte. E qui, con la svolta inversa alla precedente. E decisiva, totale: la rinascita da cane ad essere umano, da monade circondata da mura quasi invalicabili a membro di una comunità; da distruttore senza cuore a costruttore con legami umani amici, affetti, sentimenti. Uomo di pace, ma in un tempo che, per la pace e la ricostruzione, non è ancora pronto.

 

E una terza, ancora, dopo l'uccisione dei suoi compagni. Dopo questa, nonostante la sua volontà e non per sua scelta, non sarà più l'utopista, l'uomo di pace -non ancora, perchè i tempi non sono ancora arrivati, il suo cammino non è concluso e la Storia non ha finito con lui, ha ancora molto da chiedergli. E lo scopre nel modo più crudele e doloroso: un'immersione profonda, totale, devastante in quello stesso dolore a cui, come Mastino, aveva voluto bloccare ogni via d'accesso. Ma nemmeno tornerà ad essere l'animale, il cane: il nuovo Sandor sarà una sintesi dei precedenti; da entrambi prenderà il meglio, o almeno il meglio in quelle circostanze ed in quel momento storico. Il nuovo Sandor ha di nuovo la spada in pugno, ma è un esssere umano. E' ancora una volta un uomo d'armi, ma che combatte, come dirà Beric, finalmente, per la vita.


Ed è singolare come queste "rinascite" avvengano, se non dopo delle vere morti, come per Beric, dopo momenti in cui alla morte passa molto vicino: tramite il dolore atroce sulla propria carne; abbandonato agonizzante e pressochè in fin di vita; vedendo i propri compagni ed amici morti. Da questo punto di vista, .Sandor è quasi un Beric in versione laica, solamente umana, completamente terrena. Che rinasce -ogni volta diverso e migliore, tra l'altro- ma senza miracoli, interventi soprannaturali nè clamore alcuno. Attingendo non ad un dio, ad una magia o ad un elemento esterno, ma solamente alle proprie terrenissime risorse, al profondo di se stesso. Al proprio cuore, al tanto che c'è dentro.
E penso a quante volte la vita -quella vera, e non solo quella degli altri, spesso proprio la nostra- ci chiede di rinascere. Di rialzarci quando siamo caduti nel modo più devastante e pensiamo di non averne più nè le forze, nè -e questo è ancora peggio, molto peggio- la volontà o il desiderio. Questo, Sandor lo ha saputo fare. Tre volte. La prima, in un modo che possiamo definire moralmente sbagliato, ma che è stato, almeno, funzionale per lui, gli ha permesso di sopravvivere. Le altre, migliorandosi e correggendo quanto di sbagliato c'era nella prima.

 

 

E allora, in questo senso, rispetto ad un Beric, quanto è più umano, Sandor. Quanto è ancora più vicino a noi; alle nostre storie e lotte di uomini e donne reali, che si muovono, cadono e si rialzano non tra le pagine di un libro, per quanto bellissimo, ma nel mondo vero.

Sarà anche solo un personaggio in un romanzo, un insieme di parole, a voler essere cinici e razionali all'estremo, anche se sono parole che disegnano un essere umano, e di quelli colossali; però...

 

...Però, sarò anche un' ingenua, ma a me Sandor, con le sue rinascite non miracolose, soltanto fortemente volute, attinte solo da dentro se stesso, infonde speranza.

Anche nell'affrontare la vita reale.

 

 

 

- Due, Beric. Ho parlato della differenza con cui Mel e lui affrontano la stessa religione, lo stesso dio; cogliendone, soprattutto, lei il lato oscuro, lui quello luminoso. Dirò di più: a me, puramente a pelle, senza alcuna base razionale, l'ultimo Beric fa quasi pensare al Cristianesimo. Lo so, questa religione dovrebbe, semmai, corrispondere al culto dei Sette Dei. Eppure c'è qualcosa, in Beric... Non so se sia solo, irrazionalmente, per la sua pacatezza in qualche modo serena e rasserenante, nonostante la situazione terribile, che mi ricorda molto una persona di chiesa in particolare, dall'umanità profondissima e, se mi passate l'aggettivo, luminosa, che mi era stata vicina, anche se in modo quasi laico, in un passaggio dolorosissimo della mia vita, o per la sua dedizione assoluta alla vita, il suo porla come fine primo ed ultimo, e il suo abbandono sereno e fiducioso nelle mani del suo Dio ("Sia fatta la Tua volontà" del Padre Nostro, appunto). Pe la sua distanza da Mel. Perchè Mel sacrifica ed immola altri; mentre Beric sta andando incontro a -lo intuiamo, lo sentiamo chiaramente- sacrificare ed immolare se stesso. E già lo ha fatto, parzialmente, per sei volte, in quelle resurrezioni in cui "ogni volta perdeva un pezzo di sè"; nell'accetttare di tornare ad un tipo di esistenza mutilata, dolorosa, che non avrebbe mai auspicato per Ned.

 

Ma in entrambi i riferimenti religiosi, Zoroastrismo -quasi sicuro per Mel, forse con una punta di Mitraismo, nell'idea del sangue ed in particolare del sacrificio del toro (Gendry)- ed eventualissimo Cristianesimo, c'è una singolarità fortissima: entrambe le religioni, nella real life, comprendono il concetto di paradiso. Di un aldilà benevolo; di un premio -almeno per i meritevoli- in attesa oltre la linea nera della morte. Ma nè Mel nè Beric ne parlano, anzi, a volte lo negano espressamente. Mel non ha mai neanche accennato alla promessa di una ricompensa ultraterrena neanche per la povera Shereen, che pure era l'anima più candida ed innocente di questo mondo; Beric dice apertamente che di là non ha visto nulla (se ben ricordo), ma soprattutto che "la morte vincerà sempre".
Ecco: l'ateo Martin ha attinto a delle religioni esistenti -in molti casi mostrandole subito ed espressamente in un modo che allo spettatore/lettore appare pura follia (i sacrifici umani di Melisandre)- ma le ha private dell'elemento consolatorio che è presente, forse alla base, credo, della maggior parte delle religioni moderne. Forse per adattarle allo spirito cupo e disperato di Asoiaf...

Ma, tornando ai personaggi (argomento di questo topic), questo in un certo senso conferisce un valore ancora maggiore alla loro fede: perchè non si attendono, nè Mel, nè, soprattutto, il non sanguinario, positivo, a noi molto più vicino Beric, una ricompensa per se stessi. Neanche in un aldilà incerto ma promesso: Beric, accettando di farsi strumento del suo dio e della lotta per la vita, sa che sta immolando se stesso. Donandosi totalmente e senza ricompensa diretta alcuna. Eppure, lo accetta. Pienamente. Serenamente.


E questo, va ancora al di là di ciò che chiede la fede cristiana, che "almeno" promette, al credente che fa sacrificio di sè, un aldilà ed un paradiso: no, quella di Beric è una fede mille volte più esigente, aspra, e quindi eroica. Non so: voi, da atei -so che moltissimi, qui dentro, lo sono- potete anche considerarla l'estremo spreco di sè, l'estrema follia. Per me, "non credente ma sperante" e con una fascinazione di base verso l'elemento spirituale (purchè non sia una sciocchezza new age), è una vetta altissima. E mi fa amare ancora di più questo personaggio.

 

 

E penso che anche il più convinto degli atei, se ha degli ideali alti, non possa ritenerlo u fanatico (come appare invece Mel), nè fare a meno di stimarlo profondamente: proprio per lo stesso motivo per cui la sua risposta, come ho scritto qualche post fa, "raggiunge" il non credente Jon Snow. Perchè Beric si muove su un terreno che è in comune al credente (al cristiano, mi verrebbe da dire, ma ripeto, è solo una sensazione mia, opinabilissima) ed al semplce uomo di alti ideali. "Non è necessario avere una religione per avere una morale, perché se non si riesce a distinguere il bene dal male quella che manca è la sensibilità, non la religione.", scriveva l'ateissima Margherita Hack.
Ecco: le parole di Beric a Jon nascono, per lui, dalla religione; ma contemporaneamente appartengono alla morale, alla sensibilità umana (laica) nella sua forma più estrema, alta, altruistica fino all'eroismo.

In fondo, abbiamo quasi sempre l'idea che un ateo ed un credente non possano avere profondi punti in comune, condividere un pezzo di strada insieme, magari "forte" e decisivo; ma che, nei momenti veramente decisivi, la divergenza di sentire debba venir fuori prepotentemente. Be', Beric e Jon ci insegnano che non è così.

 

E anche nella real life, in fin dei conti, un Padre Kolbe ed un Salvo D'Acquisto, uno profondamente religioso, l'altro credente, ma senza voti e nelle vesti di un ragazzo qualsiasi, hanno fatto il medesimo, identico gesto:  il supremo dono di sè, per salvare altre vite, altri innocenti.  Pur arrivandoci per strade completamente diverse: una religiosa ed una laica.

(E, se posso fare un ultimo inciso... le ultime parole di Kolbe all'SS che, dopo averlo lasciato agonizzare per settimane, lo stava finendo con un'iniezione letale, furono  «.L''odio non serve a niente... Solo l'amore crea!.

Sicuramente è solo un caso suggestivo; ma visto che ho citato Massimiliano Kolbe... questa contrapposizione odio/amore ribadita fino all'estremo, in una situazione -il campo di concentramento di Auschwitz e mentre l'ago di una siringa di acido fenico stava per entrargli nel braccio- davvero di fronte alla morte, ad un attimo appena da essa- quanto mi ricorda un'altra contrapposizione. Quella nella frase di Beric in un momento in cui sull'umanità sta per abbattersi l'orrore indicibile, "la morte vincerà sempre: ma noi, nonostante tutto, combattiamo per la vita"

 

Modificato il 05 July 2024 17:07

                              

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Stella di Valyria
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Inviato il 11 giugno 2018 16:50

Visto che il 3d è ufficialmente chiuso -ci siamo scambiati i saluti finali, il commiato ufficiale- ma poi ha ancora avuto questa breve, gradita "codina" (come i titoli di coda di certi film USA, che regalano ancora qualche chicca minore) posso ancora aggiungere due spunti tardivi, che mi sono venuti in mente quando l'analisi dei personaggi corrispondenti era già finita?

Per non fare un OT grandioso, non li sviluppo, li butto lì solo come spunti. Insomma, quasi: perchè, che io riesca a limitarmi a buttare lì uno spunto e poi fermarmi, non ci credo neanch'io :)

 

 

- Il Mastino; anzi, ormai, Sandor: ma quante volte ha dovuto rinascere, quest'uomo? Quante volte ha dovuto reinventarsi, per scelta o costretto dalle circostanze? Quante volte l'ha saputo fare, e quale ricchezza interiore si deve possedere, per questo?

 

Una, da bambino, dopo lo strazio e l'orrore (oltre alla sofferenza atroce, una devastazione fisica che segnerà e cambierà la vita, guardacaso: tema ricorrente in tanti personaggi di Asoiaf. Ma il Mastino è l'unico- su Varys è d'obbligo un grande punto interrogativo-  per il quale il cambiamento avviene in peggio, non in crescita ma in involuzione e regresso, almeno per una lunghissima fase iniziale). Inventandosi, appunto, "il Mastino"; costruendoselo addosso, il mostro che non era e senza quella crudeltà atroce non sarebbe stato, come difesa e forse unico modo per sopravvivere. Trasformandosi da essere umano -anzi, l'essere umano nella sua fase più vulnerabile, l'infanzia- in cane per sopravvivere al dolore, per non patirne altro quando il vaso era già colmo da trabocccare.

 

Un'altra, dopo lo scontro con Brienne, l'abbandono di Arya e la quasi-morte. E qui, con la svolta inversa alla precedente. E decisiva, totale: la rinascita da cane ad essere umano, da monade circondata da mura in teoria invalicabili a membro di una comunità; da distruttore senza cuore a costruttore con legami umani, amici, affetti, sentimenti. Uomo di pace e costruttore. Ma in un tempo che, per la pace e la ricostruzione, non è ancora pronto.

 

E allora, eccone una terza, ancora, dopo l'uccisione dei suoi compagni. Dopo questo momento, nonostante la sua volontà e non per sua scelta, non sarà più l'utopista, l'uomo di pace -non ancora, perchè i tempi non sono ancora arrivati, il suo cammino non è concluso e la Storia non ha finito con lui, ha ancora molto da chiedergli. E lo scopre nel modo più crudele e doloroso: un'immersione profonda, totale, devastante in quello stesso dolore a cui, come Mastino, aveva voluto sbarrare ogni via d'accesso. Ma nemmeno tornerà ad essere l'animale, il cane: il nuovo Sandor sarà una sintesi dei precedenti. Da entrambi prenderà il meglio, o almeno il meglio in quelle circostanze ed in quel momento storico. Il nuovo Sandor ha di nuovo la spada in pugno, ma è più che mai umano. E' ancora una volta un uomo d'armi, ma che combatte, come dirà Beric, finalmente, per la vita.


Ed è singolare come queste "rinascite" avvengano, se non dopo delle vere morti, come per Beric, dopo momenti in cui alla morte passa molto vicino: tramite il dolore atroce sulla propria carne; abbandonato agonizzante e pressochè in fin di vita; vedendo i propri compagni ed amici morti. Da questo punto di vista, .Sandor è quasi un Beric in versione laica, solamente umana, completamente terrena. Che rinasce -ogni volta diverso e migliore, tra l'altro- ma senza miracoli, interventi soprannaturali nè clamore alcuno. Attingendo non ad un dio, ad una magia o ad un elemento esterno, ma solamente alle proprie terrenissime risorse, al profondo di se stesso. Al proprio cuore, al tanto che c'è dentro.
E penso a quante volte la vita -quella vera, e non solo quella degli altri, spesso proprio la nostra- ci chiede di rinascere. Di rialzarci quando siamo caduti nel modo più devastante e pensiamo di non averne più nè le forze, nè -e questo è ancora peggio, molto peggio- la volontà o il desiderio. Questo, Sandor lo ha saputo fare. Tre volte. La prima, in un modo che possiamo definire moralmente sbagliato, ma che è stato, almeno, funzionale per lui, gli ha permesso di sopravvivere. Le altre, migliorandosi e correggendo quanto di sbagliato c'era nella prima.

 

 

E allora, in questo senso, rispetto ad un Beric, quanto è più umano, Sandor. Quanto è ancora più vicino a noi; alle nostre storie e lotte di uomini e donne reali, che si muovono, cadono e si rialzano non tra le pagine di un libro, per quanto bellissimo, ma nel mondo vero.

Sarà anche solo un personaggio in un romanzo, un insieme di parole, a voler essere cinici e razionali all'estremo, anche se sono parole che disegnano un essere umano, e di quelli colossali; però...

 

...Però, sarò anche un' ingenua, ma a me Sandor, con le sue rinascite non miracolose, soltanto fortemente volute, attinte solo da dentro se stesso, infonde speranza.

Anche nell'affrontare la vita reale.

 

 

 

- Due, Beric. Ho parlato della differenza con cui Mel e lui affrontano la stessa religione, lo stesso dio; cogliendone, soprattutto, lei il lato oscuro, lui quello luminoso. Dirò di più: a me, puramente a pelle, senza alcuna base razionale, l'ultimo Beric fa quasi pensare al Cristianesimo. Lo so, questa religione dovrebbe, semmai, corrispondere al culto dei Sette Dei. Eppure c'è qualcosa, in Beric... Non so se sia solo, irrazionalmente, per la sua pacatezza in qualche modo serena e rasserenante, nonostante la situazione terribile, che mi ricorda molto una persona di chiesa in particolare, dall'umanità profondissima e, se mi passate l'aggettivo, luminosa, che mi era stata vicina, anche se in modo quasi laico, in un passaggio dolorosissimo della mia vita, o per la sua dedizione assoluta alla vita, il suo porla come fine primo ed ultimo, e il suo abbandono sereno e fiducioso nelle mani del suo Dio ("Sia fatta la Tua volontà" del Padre Nostro, appunto). Pe la sua distanza da Mel. Perchè Mel sacrifica ed immola altri; mentre Beric sta andando incontro a -lo intuiamo, lo sentiamo chiaramente- sacrificare ed immolare se stesso. E già lo ha fatto, parzialmente, per sei volte, in quelle resurrezioni in cui "ogni volta perdeva un pezzo di sè"; nell'accetttare di tornare ad un tipo di esistenza mutilata, dolorosa, che non avrebbe mai auspicato per Ned.

 

Ma in entrambi i riferimenti religiosi, Zoroastrismo -quasi sicuro per Mel, forse con una punta di Mitraismo, nell'idea del sangue ed in particolare del sacrificio del toro (Gendry)- ed eventualissimo Cristianesimo, c'è una singolarità fortissima: entrambe le religioni, nella real life, comprendono il concetto di paradiso. Di un aldilà benevolo; di un premio -almeno per i meritevoli- in attesa oltre la linea nera della morte. Ma nè Mel nè Beric ne parlano, anzi, a volte lo negano espressamente. Mel non ha mai neanche accennato alla promessa di una ricompensa ultraterrena neanche per la povera Shereen, che pure era l'anima più candida ed innocente di questo mondo; Beric dice apertamente che di là non ha visto nulla (se ben ricordo), ma soprattutto che "la morte vincerà sempre".
Ecco: l'ateo Martin ha attinto a delle religioni esistenti -in molti casi mostrandole subito ed espressamente in un modo che allo spettatore/lettore appare pura follia (i sacrifici umani di Melisandre)- ma le ha private dell'elemento consolatorio che è presente, forse alla base, credo, della maggior parte delle religioni moderne. Forse per adattarle allo spirito cupo e disperato di Asoiaf...

Ma, tornando ai personaggi (argomento di questo topic), questo in un certo senso conferisce un valore ancora maggiore alla loro fede: perchè non si attendono, nè Mel, nè, soprattutto, il non sanguinario, positivo, a noi molto più vicino Beric, una ricompensa per se stessi. Neanche in un aldilà incerto ma promesso: Beric, accettando di farsi strumento del suo dio e della lotta per la vita, sa che sta immolando se stesso. Donandosi totalmente e senza ricompensa diretta alcuna. Eppure, lo accetta. Pienamente. Serenamente.


E questo, va ancora al di là di ciò che chiede la fede cristiana, che "almeno" promette, al credente che fa sacrificio di sè, un aldilà ed un paradiso: no, quella di Beric è una fede mille volte più esigente, aspra, e quindi eroica. Non so: voi, da atei -so che moltissimi, qui dentro, lo sono- potete anche considerarla l'estremo spreco di sè, l'estrema follia. Per me, "non credente ma sperante" e con una fascinazione di base verso l'elemento spirituale (purchè non sia una sciocchezza new age), è una vetta altissima. E mi fa amare ancora di più questo personaggio.

 

 

E penso che anche il più convinto degli atei, se ha degli ideali alti, non possa ritenerlo u fanatico (come appare invece Mel), nè fare a meno di stimarlo profondamente: proprio per lo stesso motivo per cui la sua risposta, come ho scritto qualche post fa, "raggiunge" il non credente Jon Snow. Perchè Beric si muove su un terreno che è in comune al credente (al cristiano, mi verrebbe da dire, ma ripeto, è solo una sensazione mia, opinabilissima) ed al semplce uomo di alti ideali. "Non è necessario avere una religione per avere una morale, perché se non si riesce a distinguere il bene dal male quella che manca è la sensibilità, non la religione.", scriveva l'ateissima Margherita Hack.
Ecco: le parole di Beric a Jon nascono, per lui, dalla religione; ma contemporaneamente appartengono alla morale, alla sensibilità umana (laica) nella sua forma più estrema, alta, altruistica fino all'eroismo.

In fondo, abbiamo quasi sempre l'idea che un ateo ed un credente non possano avere profondi punti in comune, condividere un pezzo di strada insieme, magari "forte" e decisivo; ma che, nei momenti veramente decisivi, la divergenza di sentire debba venir fuori prepotentemente. Be', Beric e Jon ci insegnano che non è così.

 

E anche nella real life, in fin dei conti, un Padre Kolbe ed un Salvo D'Acquisto, uno profondamente religioso, l'altro credente, ma senza voti e nelle vesti di un giovane uomo "qualsiasi", hanno fatto il medesimo, identico gesto:  il supremo dono di sè, per salvare altre vite, altri innocenti.  Pur arrivandoci per strade diverse: una prettamente religiosa ed una più laica.

E, se posso fare un ultimo inciso, dato che il mio buon proposito di essere sintetica è andato, come sempre, a farsi friggere alla gransissima... le ultime parole di Kolbe all'SS che, dopo averlo lasciato agonizzare per settimane, lo stava finendo con un'iniezione letale, furono  "L''odio non serve a niente.Solo l'amore crea".

Sicuramente è solo un caso fortuito, benchè suggestivo; ma visto che ho citato Massimiliano Kolbe... questa contrapposizione odio/amore ribadita fino all'estremo, in una situazione -il campo di concentramento di Auschwitz e mentre l'ago fatale di una siringa di acido fenico stava per entrargli nella carne- davvero di fronte alla morte, ad un attimo appena da essa, quanto mi ricorda un'altra contrapposizione. Quella nella frase di Beric in un momento in cui sull'umanità sta per abbattersi l'orrore indicibile: "la morte vincerà sempre: ma noi, nonostante tutto, combattiamo per la vita".

 

Modificato il 05 July 2024 17:07

                              


the neck
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Inviato il 11 giugno 2018 19:45

nonostante sia un "po piu complicato" esplorarne il percorso evolutivo, in ogni caso collegato ai personaggi che accompagnano o dai quali vengono "schierati", quale sara il destino(sempre che non me lo sia perso tra le varie pagine della discussione)di spettro, nymeria, drogon e rhaegal? anche il loro destino è tutt'altro che scontato!

Modificato il 05 July 2024 17:07

" A Grande Inverno giuriamo la fedeltà della Torre delle Acque Grigie. Cuore e focolare e raccolto a te noi doniamo, mio lord. Le nostre spade, le lance e le frecce sono al tuo comando. Da’ misericordia ai nostri deboli, aiuta i nostri inermi e fa’ giustizia per tutti. Noi mai ti volteremo le spalle. Lo giuro sulla terra e sull’acqua. Lo giuro sul bronzo e sul ferro. Lo giuriamo sul ghiaccio e sul fuoco. "

 

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Inviato il 18 giugno 2018 9:53

Temo che Spettro si immolerà per Jon.

Nymeria sarà al fianco di Arya.

Rhaegal pensavo che morisse, in realtà potrebbe essere decisivo nelle battaglie finali ed accompagnare Jon sul Trono di Spade.

Drogon ero convinto che ce la facesse, ora non ne sono più sicuro.

Spero di sbagliarmi.


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Inviato il 18 giugno 2018 23:09

Cogliendo l'invito ad ipotizzare la sorte dei nostri amici a due e quattro zampe, la butto lì.. :)

Io spero che dopo la strage di metalupi delle prime stagioni, alla cui dipartita non mi abituerò MAI, i due superstiti, Nymeria e Spettro, abbiano entrambi salva pellaccia e pelliccia. Di certo combatteranno al fianco dei loro rispettivi Stark, dopodiché per Nym ipotizzo una vita da lupo errante col suo branco nelle terre dei fiumi, per esempio, mentre Spettro lo vedrei sempre accanto a Jon, se questi sopravvive, altrimenti a Grande Inverno, con gli eredi Stark, come ultimo baluardo e custode dell'antico branco.

Tuttavia per Spettro c'è un'altra ipotesi, più poetica, e forse più scontata.

Che l'anima di Jon si trasferisca dentro il metalupo dopo la sua (definitiva) morte umana, e che così, un tutt'uno come sono sempre stati, siano erranti nelle terre oltre la Barriera, fino alla fine dei loro giorni.

Tutto dipende, insomma, dalla sorte di Jon.

 

I draghi invece sono abbastanza certa periranno in battaglia, forse uno tra i tre potrebbe sopravvivere, e non sono nemmeno certa possa essere Drogon. 

Questo perchè credo che il loro riapparire dopo secoli sia stato funzionale a ridare potenza e vigore alla magia a Westeros, per permettere che anche altre forze magiche ancestrali e altrettanto potenti si risvegliassero e perchè un ciclo si chiudesse, ma con la scomparsa della magia, cosa che presumo, dovrebbe esaurirsi anche la loro funzione.

Rimarrebbero quindi figure mitologiche di un tempo che fu.

Non piccoli come gli ultimi draghi Targaryen, ma i draghi di Daenerys Targaryen, maestosi e che riempirono, ancora una volta, il mondo di meraviglia.

 

Modificato il 05 July 2024 17:07

ltyUYas.png

My faith's in people, I guess. Individuals. And I'm happy to say that, for the most part, they haven't let me down.”

___

"Dreams don't mean anything, Dolores. They're just noise, they're not real." "What is real?" "That wich is irreplaceable."

___

"Gli umani sono strane creature, ogni loro azione è guidata dal desiderio, i loro caratteri forgiati dalla sofferenza. Per quanto essi provino, non potranno mai liberarsi dall'essere eternamente schiavi dei loro sentimenti. Finchè la tempesta li sconvolgerà dall'interno non riusciranno a trovare pace. Né da vivi, né da morti. E quindi, giorno dopo giorno, faranno ciò che è necessario.

La sofferenza sarà la loro nave.. il desiderio la loro bussola."

___

Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.

 

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza; ti salverò da ogni malinconia

perché sei un Essere speciale ed io avrò cura di te. Io sì, che avrò cura di te.

 

P
Pongi
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Pongi
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Inviato il 19 giugno 2018 16:59

Riguardo ai metalupi temo che anche nell'ultima stagione non saranno in grande evidenza: sono stati praticamente dimenticati fin qui, non credo che la produzione desideri spendere le risorse di computer grafica necessarie per farli combattere in modo credibile. Concordo che Nymeria ricomparira' a fianco di Arya ma credo che si sacrifichera' per salvarla, vome potrebbe anche fare Spettro con Jon. La CGI verrà secondo me utilizzata per rendere piu efficaci gli altri due draghi, soprattutto Rhaegal che potrebbe essere cavalcato da lui in combattimento. Alla fine, comunque, ho idea che gli animali "magici" moriranno tutti.


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lalt
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lalt
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Inviato il 21 giugno 2018 15:14

Recentemente ho rivisto la 7 e c'è un aspetto che mi ha colpito.

Molti dei dialoghi a due sono - credo - intenzionalmente usati 

non solo per porre l'accento sul percorso di uno dei due interlocutori, ma

perché i percorsi di entrambi vadano in qualche modo confrontati.

 

Ne cito uno... il dialogo Jon/Theon - il secondo - quando sono nella sala del trono

è ricchissimo di dettagli.

 

Jon e Theon sono i due "volevo essere tanto uno Stark" cresciuti a GI.

Eppure uno Theon era un nobile e il suo "problema" d'identità Stark/nonStark era quello.

L'altro un bastardo... ma non sa ancora che non lo è.

Ma non solo...

A parte il finale ( quello che Jon dice a Theon è quello dovrà dire a se stesso - o che qualcun altro, magari

Theon stesso gli dovrà dire - quando scoprirà chi è davvero: un Targaryen non uno Stark, anche se Ned è sempre 

con lui) è quello che sta in mezzo che è ancora più interesante.

 

Pensateci bene: quando Theon dice a Jon che ha sempre invidiato la sua capacità di fare sempre la scelta giusta

e quando poi gli parla di Yara, la situazione e quello che Jon dice, ricorda moltissimo quello maestro Aemon disse a lui quando voleva fuggire e raggiungere Rob.

E' una specie di doppia citazione... perché all'epoca Jon non sapeva quale fosse la cosa giusta da fare...

anche Theon ha sempre pensato il contrario.

Allo stesso tempo, Jon è molto più diretto con Theon (diversamente da Aemon) "allora conosci già la risposta/che 

ci fai ancora qui" o qualcosa del genere.

Perché lui quel percorso l'ha fatto: è restato, la prima volta. Poi è "morto" (kill the boy) non solo metaforicamente parlando

e poi si è ripreso GI e i suoi fratelli ancora vivi.

Theon è già "morto" metaforicamente ma non ancora risorto. Eppure lo fa nella scena dopo: che è l'esatto contrario

della scena Jon/Sam e il resto dei confratelli che lo vanno a prendere quando fugge.

Theon esce dall'incontro con Jon e va a battersi sulla spiaggia con gli uomini di ferro che vogliono fuggire e li convince ad andare a riprendere Yara. Poi si lava il viso con l'acqua di mare: simbolicamente è quella la sua "rinascita".

 

Quindi a guardarla tutta, a vedere tutti questi dettagli, non solo la scene/le scene sono molto più ricche...

ma spiegano benissimo tutto il percorso di entrambi e soprattutto di Jon. Nel suo caso c'è qualcosa di più...

io credo vogliano lasciar intendere che per certi versi, non solo ha fatto propri tutti gli insegnamenti dei suoi vari

maestri... ma li ha persino "superati". Mormont, Aemon... vedremo con Ned..

 

Anche se personalmente, la scena alla fossa del drago, quando prima dice "magari ho lo stesso atteggiamento

sbagliato di mio padre, ma penso che dire la verità sia la cosa giusta altrimenti restano solo bugie ecc..."

è fantastica... se pensiamo che il punto di tutta la sua vita è che Ned ha mentito per proteggerlo.

Basta pensare alla scena nella fossa, quando parla delle bugie... non che Ned abbia fatto la scelta sbagliata all'epoca

quando lo ha "salvato" ma chi sa se 

 

 


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Inviato il 21 giugno 2018 15:32

Mi scappa un altro post... sorry:

 

Jon/Dany... a parte le ovvie similitudini sottolineate da Davos nel loro primo incontro

c'è un altro aspetto. 

Quando lei si avvicina e gli dice sostanzialmente che in tutta la sua vita non ha avuto fede in nessuno

a parte se stessa, in Daenerys Targaryen (e lo dice proprio "Daenerys Targaryen") anche lì è un gioco di specchi.

E credo ce ne sia più di uno tra i due...

Perché il punto è non solo che Jon non ha mai particolarmente creduto in se stesso, ma... che il fot**** 

Aegon Targayen, legittimo erede del Trono di Spade... è lui.

 

E anche la scena alla fossa, quando Dany gli spiega di come i draghi siano stati tenuti prigionieri, fatti indebolire

fino a scomparire e di come in ultima istanza anche la sua famiglia sia sparita e sia destinata a finire con lei che 

non può avere figli... lo so che molti pensano che questo serva a "costruire" l'idea del figlio Jon+Dany, ma io credo

sia possibile sia l'una che l'altra cosa. Sia il figlio che Dany morta punto (senza figlio) ma Jon/Aegon vivo e con un

futuro possibile davanti a lui...

 

Che il punto possa essere proprio che quella famiglia un futuro ce l'ha... perché c'è Jon, non lei.

 

Il che ci riporta di nuovo al dialogo Jon/Aemon... Aemon non ha potuto far nulla per impedire che la sua

famiglia venisse distrutta, come racconta a Jon in quel discorso, quando per altro rivela a Jon la sua vera identità...

Jon - dopo aver fatto un percorso che è il contrario di quello di Aemon - al contrario...

 

A pensare a tutte queste cose, si impazzisce...


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Inviato il 21 giugno 2018 16:18

E' questo il motivo per il quale riguardare i vari episodi è sempre utile, si scorgono dettagli che in precedenza erano sfuggiti o si erano interpretati in maniera più semplicistica e meno profonda, a me per esempio è capitato con la seconda, terza e quarta stagione, che avevo guardato più distrattamente.

Ad ogni modo, per tornare sul confronto Theon/Jon, se hai la pazienza e la voglia di andare a ritroso con le analisi troverai di certo quella di entrambi, e questo aspetto in particolare lo abbiamo affrontato nel percorso di Theon e Asha.

 

Di certo quel dialogo nella sala di Roccia del Drago è l'assoluzione che Theon cercava ed aspettava da Jon, un'assoluzione che non riusciva a dare a se stesso finchè non l'ha ricevuta dal bastardo di casa Stark, quello di cui si era tante volte preso gioco negli anni della spensieratezza, durante i loro giochi ed addestramento, quando erano tutti insieme, Theon, Jon e Robb. 

Theon ha tradito Ned ed ha tradito Robb, verso il quale nutriva un affetto fraterno; ha ingannato le persone che di lui si fidavano, che lo hanno accolto e trattato come un ospite e non come un ostaggio, quale di fatto era. 

Theon ha necessità di sentirsi dire quelle parole da Jon, che contrariamente a lui nasce bastardo ed ora è Re del Nord per meriti e non per diritto di sangue.

La sua evoluzione è stata più volte interrotta, il suo liberarsi delle ferite inferte, interiori ed esteriori, non è stata lineare, il terrore di Ramsay lo ha portato a non fuggire con la sorella la prima volta a Grande Inverno, sempre il terrore di Ramsay gli ha impedito di accendere la candela per Sansa, il rinnovato orrore delle torture lo ha portato a lanciarsi giù dal ponte della nave mentre Euron prendeva in ostaggio sua sorella. 

Il suo arco evolutivo, lo abbiamo detto molte volte, è uno dei più complessi, ed è anche uno dei migliori che Martin ci abbia presentato. Quanto volte io personalmente mi sono trovata a fare letteralmente il tifo per lui, perchè si affrancasse dal giogo sadico di Ramsay, e quante altre sofferto perchè non accadeva, non accadeva mai.

Sono Sansa prima e Yara poi, a Grande Inverno ed a Roccia del Drago, a dargli l'input per reagire.

Hai ragione, la sua rinascita è in quel bagnarsi il viso con l'acqua salata, il mare, le lacrime, in una caduta in ginocchio finalmente liberatoria.

 

Tornando al confronto con Jon, poi, sì, è come se Jon quelle stesse parole inconsciamente le rivolgesse anche a se stesso; quel dialogo è molto ben scritto ed è di certo precursore di ciò che vedremo nella prossima stagione, quando Jon verrà a conoscenza dei suoi natali e si sentirà più o meno allo stesso modo, combattuto non credo, visto che anche da queste parole, se mai ce ne fosse bisogno, capiamo quanto per Jon sia solo Ned l'unico padre che egli riconosca e sempre riconoscerà, perchè così è.

Però le cose cambieranno, immagino, nei confronti di Dany, della quale ormai egli pare essere innamorato; la sua legittimazione Targaryen, che di certo emergerà in maniera inequivocabile, sarà funzionale a riequilibrare le forze tra chi si è finora, erroneamente, creduta la legittima Regina dei Sette Regni per discendenza, e chi al contrario non si è mai erto al disopra di altri perchè nato senza titoli e senza cognome, ma che ha conquistato rispetto e titolo battaglia dopo battaglia, e con battaglie non intendo solo quelle militari, ma anche e soprattutto quelle etiche e morali.

 

Interessante quanto rilevi poi nel parallelismo con Aemon: in effetti è come se Jon, ormai chiaramente non più ragazzo da tempo, ma uomo e re, che come ricorda Theon è sempre stato il più maturo, il più saggio di loro, colui che faceva sempre quanto era giusto, si sentisse in obbligo di motivarlo a trovare il coraggio di fare ciò che lo stesso Theon già sa di dover fare, cioè andare a salvare sua sorella. 

Jon incarna ora davvero il sovrano saggio e maturo, che sa educare, sa punire ma sa anche perdonare. 

Sarebbe stato facile per lui con una sola frase distruggere l'io già traballante di Theon, ma non lo fa, comprende e perdona.

E glielo dice chiaramente, non posso perdonarti per ogni cosa, ma ti perdono quello che posso.

 

Riguardo Dany, beh credo che Davos più che le similitudini speculari faccia notare le differenze, palesi ed abissali, trai due: l'una perennemente tronfia e sicura di sé, dei suoi diritti e della sua pretesa al trono che fu della sua famiglia; l'altro, tutto l'opposto. 

Lei che pretende il trono sentendosi l'unta del signore, lui che le dice palesemente che, mentre loro si beccano come bambini, c'è qualcosa di terribile che incombe su tutti loro, qualcosa che farà capire a tutti quanto farsi la guerra non serva a nulla, perchè l'unico nemico che conta non può essere sconfitto se restano divisi. 

Una ha a cuore il conquistare, l'altro il preservare e proteggere.

Paradossalmente, in quel momento Dany sta già perdendo parte delle sue battaglie, e Jon sta già andando in suo soccorso, ma nessuno dei due ancora lo sa. 

Modificato il 05 July 2024 17:07

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My faith's in people, I guess. Individuals. And I'm happy to say that, for the most part, they haven't let me down.”

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"Dreams don't mean anything, Dolores. They're just noise, they're not real." "What is real?" "That wich is irreplaceable."

___

"Gli umani sono strane creature, ogni loro azione è guidata dal desiderio, i loro caratteri forgiati dalla sofferenza. Per quanto essi provino, non potranno mai liberarsi dall'essere eternamente schiavi dei loro sentimenti. Finchè la tempesta li sconvolgerà dall'interno non riusciranno a trovare pace. Né da vivi, né da morti. E quindi, giorno dopo giorno, faranno ciò che è necessario.

La sofferenza sarà la loro nave.. il desiderio la loro bussola."

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Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.

 

Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza; ti salverò da ogni malinconia

perché sei un Essere speciale ed io avrò cura di te. Io sì, che avrò cura di te.

 

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Inviato il 22 giugno 2018 15:38

Sono d' accordo con lalt e aggiungo una cosa che mi ha fatto notare mio padre: Jon e Theon sono i due volti dell' adozione. Jon stabilisce con Ned che va oltre il sangue, diventando piú simile a lui di quanto lo siano Arya, Sansa, Bran, lo accoglie nel suo cuore; Theon invece lo rifiuta, il suo dramma è simile a quello di chi proviene da una famiglia disfunzionale, e viene perció dato in adozione, ma non riesce a considerare la sua nuova famiglia come tale o a legarsi ai suoi nuovi genitori. Per quanto riguarda Dany, per me il suo sfoderare i titoli è un meccanismo di difesa: non ha mai conosciuto la sua famiglia (a parte l' odioso Viserys) e quindi l' ha idealizzata, ha idealizzato il nome Targaryen e ha idealizzato il Continente Occidentale. Poi scopre che suo  padre è un pazzo, che Westeros non è la sua patria (come le ha fatto gentilmente notare Randyll Tarly) e che il figlio del "cane dell' usurpatore" è l' uomo migliore che lei abbia incontrato, l' unico che l' abbia trattata come una persona, non un oggetto, non una dea, ma alla pari. 

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"Gli dei esistono" ripetè a se stessa. "E anche i veri cavalieri. Tutto questo non può essere una menzogna".

 

Comitato Pro Brandon Stark; Comitato S.P.A. Salvate il piccolo Aemon (in difesa del figlio di Mance, del figlio di Gilly e di tutti gli altri bimbi di ASOIAF); Comitato QUANDO C'ERA LUI (Meglio Tywin di quella psicopatica di sua figlia); Comitato A.T.P.A. (Aemon Targaryen pro-pro-prozio dell'anno); Comitato E.S.S.S. (Eddard Stark Santo Subito); Comitato E.T.S.T. (Eddison Tollett li seppellirà tutti); Comitato M.E.F.H. (Martin esci fuori Howland) gemellato con M.E.F.W. (Martin esci fuori Willas); Comitato T.M.G.M.S.  (Theon Mezzo Greyjoy Mezzo Stark); Comitato Y.L.J.E.M. (Ygritte levati, Jon è mio), Comitato T+S: Tyrion+Sansa (possibilmente a regnare su Castel Granito); Comitato Pro Jojen e Meera Reed; Comitato G.M.S.S. (Giù le mani da Sansa Stark); Comitato L'unico Vero Aegon (ovvero l'Egg delle novelle);

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Inviato il 22 giugno 2018 16:02

C'è da dire però che quelle di Jon e Thoen sono situazioni profondamente differenti, come tu fai notare, i due volti di una circostanza simile ma non del tutto uguale. Mi riferisco al fatto che Jon, pur consapevole da sempre di non essere un figlio legittimo di Ned, è sempre stato trattato quasi da tutti come tale, senza alcuna differenza con gli altri fratelli e sorelle. Lui ha sempre avvertito affetto ed ha sempre mostrato complicità con loro, di fatto solo Cat si è mostrata ostile verso di lui e Sansa quasi non l'ha mai calcolato, di riflesso a quello che era il pensiero materno sul fratellastro.

Mentre Theon sa benissimo di essere poco più che un ostaggio contro eventuali colpi di testa di Balon, per quanto venga definito protetto e trattato con tutto il rispetto che si conviene ad un ospite del suo rango. 

Theon è cresciuto come un Greyjoy, e solo dopo la permanenza a Grande Inverno si rende conto di avere interiorizzato moltissimi degli insegnamenti di lord Eddard e tanti dei modi di fare degli Stark.

Il ‎22‎/‎06‎/‎2018 at 15:38, Figlia dell' estate dice:

Theon invece lo rifiuta, il suo dramma è simile a quello di chi proviene da una famiglia disfunzionale, e viene perció dato in adozione, ma non riesce a considerare la sua nuova famiglia come tale o a legarsi ai suoi nuovi genitori. 

Concordo in pieno  con questo passaggio, ed è anche per questo motivo, oltre che per dimostrare di essere ancora una piovra, che si cimenta nell'ardua impresa di conquistare e tenere Grande Inverno, impresa che va ben al di là delle sue capacità e che gli riesce solo per necessità narrativa.

Quando poi si rende conto, molto dopo, di aver tradito forse l'unica vera famiglia che ha avuto, emergono tutti i suoi sensi di colpa. Ma è ormai tardi.

 

Penso anche io che Dany abbia idealizzato moltissimo il suo retaggio, e che si senta in diritto ed in dovere di ambire a riconquistare il trono che fu della sua famiglia, diritto e dovere in egual misura.

Tuttavia, lo snocciolare titoli, per quanto sia un meccanismo difensivo, non fa altro che renderla inutilmente altezzosa, se si considera che senza i draghi avrebbe avuto ben pochi mezzi per arrivare laddove ella è convinta di dover arrivare per diritto di nascita.

Il figlio del cane dell'usurpatore si rapporta a lei come è sempre stato abituato a trattare con tutti, con rispetto ma senza alcuna riverenza; non si è inchinato a Stannis, per non venire meno al suo giuramento, re del quale aveva profonda stima, lo fa con lei, temo, anche qui per necessità di trama.

Modificato il 05 July 2024 17:07

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Inviato il 01 maggio 2019 21:48

Per me:

 

Jon e Dany: salgono sul torno insieme, oppure sale solo uno di loro e l'altro muore.

 

Sansa: Regina o lady protettrice del Nord

 

Jaimie e Cersei: morti

 

Tyryon: vivo o morto

 

Bran: prende il posto del corvo al Nord.

 

Arya: gira per il mondo. Altrimenti resta a Westeros e si tiene Gendry come scopamico


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