"D&D abbiano deciso ad un certo punto di dimenticarselo sulla famosa barca a remare per tre stagioni"
Già! anch'io pensavo avesse ormasi circumnavigato Westeros tre volte, sviluppando pettorali larghi tipo armadio quattro stagioni
E' stato un personaggio poco curato, poco da dire: dimenticato a remare per anni, e poi tirato fuori dal cappello a mo' di coniglietto bianco quando improvvisamente doveva rientrare in scena per qualche scopo futuro. E se suo sarà il compito -altissimo per significato ed importanza storica e morale- di tramandare il sangue Baratheon, il dispiacere è ancora maggiore.
Spero solo che il suo ripescaggio improvviso non sia funzionale ad una trashata immane (non lo faccio apposta: a me vengono solo in mente finali o banali, o troppo politically correct ed ottimisti, o irrimediabilmente trash -e questi mi auguro con tutto il cuore che non si verifichino). Ossia... be', Gendry ha sangue di re. E Melisandre per varie stagioni è stata ossessionata, dal potere sacrificale del sangue di re. Dopo il disastro dell'atroce immolazione della povera Shereen per ottenere, in battaglia, null'altro che una sconfitta epocale, le sue sicurezze hanno subito (oserei dire: finalmente) un duro colpo. Anche se, come ho scritto quando si parlava di lei, non sono state scalfite minimamente le sue certezze riguardo a R'hllor -che semmai, però, comincia per la prima volta a giudicare, a ritenere un Dio crudele e indifferente all'essere umano, ma a cui comunque crede più che mai, tetragona ed inscalfibile nella propria fede- ma ha subito un ulteriore, durissimo colpo la fiducia nella propria capacità di interpretarne i segnali, della cui ambiguità e fallacia era già ben consapevole anche prima.
E fin qui ci siamo. La cosa che non vorrei -nonchè, appunto, la trashata sublime- sarebbe che il ritorno in vita di Jon (di cui lei è stata strumento, almeno apparentemente) le ridia, magari sul lungo periodo o in una situazione altamente critica, che richiede una decisione immediata e/o un gesto estremo e disperato, alla "giochiamoci il tutto per tutto, e pazienza se non ne siamo sicuri neanche noi: ci fosse anche una possibilità su cento, sarebbe già qualcosa; sempre meglio che una fine certa", un po' di quelle sicurezze e certezze in nome delle quali ha già sacrificato non solo una delle poche anime totalmente pure del cupo e corrotto mondo di Got, la piccola, dolce, innocente Shereen, ma anche altri prima di lei, a Capo Tempesta, e magari chissà quanti prima ancora. E che chieda di immolarsi volontariamente... all'unico personaggio, tra quelli rimasti in gioco, che ha sangue di re ma non è così essenziale alla Storia da essere (come invece Jon o Danaerys, entrambi in odore di Azor-Ahai-tà) indispensabile ed intoccabile. E che Gendry, come gesto eroico, accetti. Concludendo il proprio cammino e la propria esistenza con un sacrificio tanto atroce quanto inutile, irrazionale e, almeno per il nostro sguardo di spettatori esterni, folle. Per quanto, come sempre, se ben scritta, ben recitata e ben girata -in questo caso puntando moltissimo sulla disperazione che conduce ad un gesto estremo che non è fondato su alcuna certezza ma è più un ultimo tentativo alla cieca, un brancolare nel buio minato alla base dal dubbio sull'efficacia di ciò che si sta facendo; sul tormento di un umano, umanissimo dubbio mentre si chiede ad un altro essere umano di pagare un prezzo altissimo senza alcuna certezza che ne valga la pena- anche questa potenziale trashata potrebbe essere trasformata in una scena accettabile, magari anche emozionante. Ma mi sembrerebbero troppo finezze psicologiche tutte insieme, per la piega che ha preso Got nelle ultime stagioni.
Da dove mi è venuta in mente questa ipotesi? Be', da una cosa che ho notato tempo fa, anche se penso che sia solo una casualità. La religione di Mel ha molti punti in comune con lo zoroastrismo, questo è abbastanza appurato. E dallo zoroastrismo è derivato -secondo alcune teorie- il mitraismo. Ora, so bene che qui i punti in comune tra i due culti -quello di R'hllor ed il Mitraismo- sono davvero pochi (basti dire che nel secondo alle donne era vietato essere ministre del culto e l'elemento purificatore era l'acqua, non il fuoco, come invece come nello zoroastrismo e nel culto di R'hllor; quindi in effetti l'analogia è tirata molto per i capelli). Però, una delle rappresentazioni più tipiche di Mitra lo vede nel momento in cui sacrifica -sgozzandolo, forse proprio per raccoglierne il sangue, questo non lo ricordo- un toro. E qual è l'animale che Gendry ancora ragazzo aveva di fatto adottato, per sua scelta e spontaneamente, come proprio simbolo, quando si era forgiato con le proprie mani quell'elmo di cui, guardacaso, tanto e tanto Martin ci parla?
Un toro.
Insomma: anzichè l'Agnello sacrificale della tradizione cristiana -che spesso temiamo sia, o sarà, per vie del tutto diverse, Jon- qui avremmo il Toro sacrificale. E Gendry quell'animale se lo è scelto, istintivamente, come simbolo.
Che il personaggio di Gendry sia poco approfondito non ci piove,ma ricordo a tutti che D&D hanno operato una trasposizione televisiva di millanta pagine rappresentata in puntate di meno di un'ora a stagione : hanno dovuto per forza semplificare e appioppare ad un personaggio pur sempre secondario come Gendry anche altre identità.
Lo conosciamo quando Ned va nella bottega del migliore armaiolo di Approdo del re e subito tramite il ragionamento di Ned capiamo che è figlio di Robert, uno dei tanti che,ovviamente non ha riconosciuto e che deve il fatto di aver pur sempre appreso un mestiere proficuo alla generosità e anche a conti fatti alla lungimiranza di un misterioso lord
Come ci viene presentato alla sua introduzione al proscenio di GoT il caro Gendry?Come un ottimo apprendista ,con grande talento, dai modi asciutti,pieno di dignità, non servile come il suo mastro artigiano,anzi fiero e conscio della sua abilità: ha fatto un elmo molto particolare che in un certo senso ne rispecchia anche ardore,forza fisica e immaginazione e ripeto grandi capacità.
Questo è il Gendry che ci tratteggiano in poche scene: sta a noi individuarne le peculiarità,fierezza soprattutto e capacità di forgiare qualsieasi armatura.
Poi Gendry con il precipitare degli eventi in casa Baratheon ,per sfuggire ad una morte feroce e anomina ( mentre lui è certamentre destinato a fare altro) si unisce a Yoren che ha con sè Arya con cui guarda te stringe amicizia prima "cameratesca" e poi quando sa che lei è una lady mostra un lato galante come se avesse avuto una sorta di nobile educazione, questo ci fa capire ulteriormente che,nonostante tutto è figlio di re ed ha sangue di RE,DNA compreso.
E lo sa Melisandre che lo acquista dalla fratellanza, con grande sdegno di Arya proprio, perchè ha sangue di re.Ad essa questo sangue serve per una magia di sangue,approvata ancora una volta da Stannis, che servirà a fargli fare "una carriera" ancora più rapida come Azor Ahai in pectore della donna rossa.
Ovviamente siamo in GoT e D&D per motivi di audience mettono su il teatrino delle sanguisughe ma contestualmente ci danno anche informazioni precise sul carattere di uomo buono ,giusto e leale che ha ser Davos che infatti lo fa scappare.
A questo punto lasciamo Gendry a remare e farsi muscoli non da poco per il protratto infinito regatare e su di lui cala un velo pesante: sappiamo che esiste,rema e lotta con noi pardon loro...ma lo rivediamo solo nella settima stagione quando il buon Davos,dovendo guidare una missione segreta ma non troppo (non per Cersei pare), ad Approdo del re,si ricorda di lui e vuole vedere che fine ha fatto.Lo ritrova nella stessa bottega del migliore armaiolo della capitale, è un grande lavoratore Gendry ma per fortuma non ha preso i lati negativi del padre .Come il padre è fiero e vuole fare qualcosa di importante nella sua vita.
E quando Gendry lascia senza rimpianti la sua bottega ,su invito di Davos , non porta una bella spada tagliente ma un martello da guerra dove è inciso il simbolo Baratheon, perchè lui sa di esserlo e ne è fiero,non lo nasconde.
Questo per ribadire la fierezza di Gendry,il suo non essere accondiscendente e pauroso vigliacco come poteva essere un uomo del popolo ,notoriamente senza onore.
Ci viene detto chiaramente che Gendry NON SA COMBATTERE con la spada perchè non è stato addestrato ad usarla, ma sa menare mazzate potenti ( i muscoli li ha sia perchè fabbro sia perchè è un grande rematore...) ergo egli porta con sè il martello.E siccome D&D lavorano anche di "precisione" quando vogliono darci certi indizi, vediamo pure che Gendry quel martellone da battaglia , sul tipo di quelli che usava il padre, sa come impiegarlo in modo estremamente letale ( vedi le uccisioni sulla spaggia delle cappe dorate troppo avide e curiose).
Poi Davos che è un uomo di mondo, anche se opino non abbia fatto il militare a Cuneo, lo porta da Jon perchè potrà essere utile alla causa e qui vediamo il teatrino dei tali padri tali figli, ma ricordiamo pure che sia Gendry che Jon sono bastardi ergo hanno una peculiarità precisa e pesante che li unisce ( e per inciso D&D sfottono ancora il troppo santissimo sull'altezza, si sa GoT non può raccontare di eroi belli,alti giovani e di gentile aspetto: il troppo stroppia, questo concetto vogliono far passare per dare al santissimo una sfumatura grigia martiniana...)
Gendry,sempre per il suo animo forte e fiero si unisce alla compagnia dell'estraneo ed è oggetto pure di una sorta di discorso iniziatico stile matricola al primo anno da parte del Mastino e compagni:Sandor gli dice che in fin dei conti la sua esperienza con Mel non è stata del tutto negativa,puro stile cameratesco con linguaggio ad hoc.
Poi sappiamo cosa succede sul lago ghiacciato e Jon invia il novello Filippide a chiedere aiuto presso i GdN: il nostro mostra capacità non da poco : sa correre, è fedele ,ha un Gps incorporato e batte il record della maratona, quello olimpico . Infatti percorre i 42,195 km in 15 ore scarse ( record precedente 2 ore 2 minuti e 57 secondi, stabilito il 28 settembre 2014 nella maratona di Berlino dal keniota Dennis Kipruto Kimetto che però essendo uomo di altopiano non credo fosse pure un eccezionale rematore....)
Ovviamente i corvi faranno di meglio ma loro sono supersonici...e forse hanno anche millanta occhi, elevati a 3 , occhi .
Gendry corre fino allo stremo delle forze mostrando un carattere forte e volitivo ...Insomma cosa deve avere di più un uomo per essere un buon re?
NULLA e infatti per me Gendry che potrebbe pure forgiare grazie a draghi e Sam nuovo acciao di Valyria potrà essere Gendry 1 Baratheon in attesa che la piccola Lyanna , figlia sopravvissuta di Jon e Dany divenga lei la regina legittima.
Non sposerà nè Sansa nè tantomeno Arya...per carità...io un pensierino a Lyanna Mormont lo farei dato che il tempo passa e i ragazzini crescono-, chissà ecco.
Ringrazio il mio caro amico JonSnow; per aver ideato e creato le immagini dei miei bellissimi ed elegantissimi avatar e firma
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« I am a wolf and I fear nobody. »
''They were insulting Jon and you sat there and listened.''
''Offend them and Jon loses his army.''
''Not if they lose their heads first.''
« Leave just ONE wolf alive and sheeps will NEVER be safe. »
« When the snows fall and the white winds blow, the lone wolf dies, but the pack survives. »
''I lupi sani e le donne sane hanno in comune talune caratteristiche psichiche: sensibilità acuta, spirito giocoso, e grande devozione. Lupi e donne sono affini per natura, sono curiosi di sapere e possiedono grande forza e resistenza. Sono profondamente intuitivi e si occupano intensamente dei loro piccoli, del compagno, del gruppo. Sono esperti nell'arte di adattarsi a circostanze sempre mutevoli; sono fieramente gagliardi e molto coraggiosi. Eppure le due specie sono state entrambe perseguitate''.
Lyanna è troppo Stark. Ci vuole almeno un tocco Targ...potrebbero chiamarla Rihanna
Sapete che ho completamente dimenticato una cosa? (Non sto mettendo in dubbio ciò che dite, eh; è proprio che non la ricordo; in più tendo a ricordare molto più Asoiaf che Got, anche perchè Got l'ho visto una volta sola e con meno partecipazione emotiva di come ho letto i libri): in Got quand'è esattamente che Gendry viene a sapere di essere un Baratheon?
Comunque, ripensando anche a quello che ho scritto ieri, ossia all'ipotesi di un suo sacrificio in quanto sangue di re... No, non mi torna. Gendry esistente solo in quanto carne -o meglio, sangue- sacrificale sarebbe una fine tristissima e storicamente amarissima ed ingiusta per i Baratheon (in Got mi pare sia l'ultimo Baratheon esistente, almeno per il grande pubblico, no?). Ha molto più senso, e contiene molta più giustizia (almeno quella umana, che come scrivevo giorni fa è ben misera cosa, perchè non cancella le ferite e soprattutto non riporta in vita chi non c'è più, Robert, Renly e, verosimilmente, Stannis, e forse, più importante, una giustizia poetica), che Gendry sia colui grazie al quale il sangue Baratheon sopravviverà e continuerà, seppur ibridato con quello di una qualche sconosciuta popolana o prostituta di cui si ricorda soltanto una vaghissima immagine di capelli biondi, sospesa tra il ricordo ed il sogno. Ed in particolare in lui sopravviverà il sangue di Robert, il re inadatto a regnare, che nell'entusiasmo dei vent'anni non aveva saputo valutare che quella di sovrano non era la sua natura nè la sua strada, ma che è stato comunque il re legittimo, ucciso, stritolato dai piani di una moglie (e una famiglia, i Lannister) subdola, cinica e priva di qualsiasi morale.
Curiosamente, o forse proprio di proposito, per uno dei mille scherzi o beffe della vita di cui Martin si è divertito a costellare Asoiaf: perchè, se da un lato l'infedeltà -incestuosa e morbosa, malata- di Cersei ha negato a Robert un figlio con il suo sangue, l'infedeltà di Robert -per noi più accettabile, ma forse anche per un "vizio" della nostra cultura, che spesso tende a giustificare il tradimento e la promiscuità maschile più che quelli femminili- ha fatto sì che quel figlio nascesse comunque. Da questo punto di vista, Cersei e Robert non sono stati così diversi... e, considerato che i figli di Cersei, almeno in Got, ormai sono morti e sepolti e quello di Robert no, è difficile dire, sul lungo periodo, chi veramente abbia ingannato meglio l'altro.
Tutto questo per dire che, a meno che l'intera linea di sangue dei tre fratelli Baratheon in Got sia stato un lungo, complesso e ramificato cammino destinato all'unico, sommo momento di un sacrificio finale ("finale" anche nel senso di totale, conclusivo di tutto, una linea che termina in un punto mentre la penna che l'ha tracciata si solleva per sempre dal foglio: ma questa, se sarà la meta crudele e disumana di qualche personaggio, purtroppo temo tanto sia quella di Jon), la meta di Gendry mi aspetto sia sopravvivere e far sopravvivere e, in fururo, moltiplicarsi il sangue e l'eredità Baratheon che gli scorre nelle vene, di cui è il custode, il portatore ed il vessillo vivente.
Spero tu abbia ragione. Gendry non ha mai aspirato al trono o al potere, sembra solo un giovane forte e coraggioso in cerca di avventure, al massimo ha enunciato un pallido desiderio di rivalsa nei confronti dei Lannister che gli hanno sterminato il padre. Quindi nell'ottica di Martin qualcosa di buono dovrebbe piovergli addosso prima o poi.
Vero. Me lo vedrei, quindi, alla lunga, sposare una ragazza di una casata minore o di importanza media: senza aspirazioni al trono (per il quale i contendenti sono ben altri, con più esperienza e preparazione), ma che intanto gli darà dei figli nobili e con sangue Baratheon, e terrà in vita il retaggio di Robert, di cui Cersei ha creduto troppo sbrigativamente di essersi sbarazzata con un otre di vino drogato e la complicità di un ragazzino sedotto e manipolato.
In quanto alla questione di Lamento di Vedova e Giuramento -se verranno fuse da Gendry in un unica spada, una Ghiaccio che ritorna alla faccia di tutto e tutto, o se "semplicemente" combatteranno fianco a fianco (versione che io preferirei, la troverei meno materiale ma paradossalmente più emozionante ed intensa per il valore simbolico)- ho appena letto questa bellissima osservazione di @sharingan. E' in un altro topic, quello sulla rilettura di Asoiaf; il che significa anche che riguarda i libri e non Got, contesto di questo 3d; eppure la vorrei riportare qui perchè penso sia illuminante anche per noi, per interpretare il tema delle due spade in Got. Copincollo (mettendo sotto spoiler, perchè a rigore parla di Asoiaf, anche se non è una rivelazione enorme, rispetto a Got):
SPOILER ASOIAF
Emblematica la sequenza di Tywin e delle spade in acciaio di Valyria che l'armaiolo non riesce a rendere del colore dei Lannister:
<< Queste antiche spade hanno una loro memoria, si dice, e non cambiano facilmente >>.
La spada da cui hanno origine Lamento di Vedova e Giuramento è Ghiaccio, la lama che per generazioni hanno posseduto gli Stark, l'arma che simboleggia tutto il Nord e che in questo frangente pare quasi voler fare un dispetto ai suoi nuovi padroni che non riconosce e rifiuta. Il Nord è memoria, antiche tradizioni, the north remembers.
Che dire? Ha già detto tutto Sharingan, e benissimo. Se D&D seguiranno questa traccia -ed è possibile, perchè almeno per il finale dovranno seguire alcune indicazioni di Martin, almeno, questo era dato per certo qualche mese fa- se esiste una giustizia poetica, al di là ed al di sopra di quella umana, Lamento e Giuramento si uniranno. Materialmente o simbolicamente, non importa. Perchè era come se ci fosse qualcosa, in Ghiaccio, che non voleva essere divisa, spezzata in due, finire. Non voleva "morire", mi verrebbe da scrivere. E se i cerchi si devono chiudere, se il male fatto dagli uomini quando si esaltano e credono di essere loro stessi a fare la Storia, mentre forse, almeno in un romanzo, a volte è la Storia, col suo incedere senza fretta, imprevedibile e beffardo, che fa gli uomini, che gioca con loro e si burla dei loro meschini, presuntuosi piani -come già tante volte è accaduto, in Asoiaf e Got, basti citare la fine dei Bolton- Ghiaccio sarà alla fine oggetto di una giustizia, seppure solo poetica e non retroattiva. Ghiaccio tornerà. In qualche modo, grazie a Gendry nelle sue vesti di fabbro o ancora come due spade gemelle, scissa ma non divisa, Ghiaccio tornerà.
Il 10/5/2018 at 16:49, porcelain.ivory.steel dice:in ASOIAF l'unico bastardo di Robert ad essere ufficialmente riconosciuto è un altro, Edric Storm.
Proprio per questo motivo il rammarico per non aver sviluppato meglio il suo personaggio è maggiore, perché in lui ancor di più che in altri avrei visto un ottimo braccio destro per Jon Snow una volta divenuto re del Nord.
Una rinata alleanza Stark - Baratheon, fondata non solo su interessi politico - dinastici ma su amicizia e lealtà reali e radicate sarebbe stata di certo un'ottima prospettiva per i Sette Regni, nell'ipotesi questi sopravvivano all'arrivo della nuova Lunga Notte, come io credo.
Sai cosa? Continuo a non vedermi Jon sul trono -sarebbe l'ennesimo sacrificare l'individuo alla pedina della Storia (quella che si studia nei libri, non il racconto di Martin)- ma se succedesse questo, ed inoltre accadesse ciò che hai scritto tu, ferma restando tutta la nostra perplessità su un ex fabbro ripescato nella settima stagione che di governo e politica non ha la minima esperienza, avremmo al potere la triade di casate che sono, o sono state, regali: Targaryen (Jon, con o senza Danaerys), Stark (ancora Jon) e Baratheon. Sarebbero esclusi i Lannister, sul trono per il breve periodo di Cersei: ma mi sembrerebbe giustificato, dato il modo assolutamente "sporco" in cui vi è arrivata e come ha gestito il potere, con l'imminente tradimento di Jon ed alleati.
Insomma: per la prima volta, credo, le tre casate principali (anche se mancano i Tyrell, e questo è l'unico difetto dell'ipotesi; ma potrebbe essere nato da un'eccesso di zelo di D&D nello sfrondare i rami che ritenevano laterali) collaborerebbero alla gestione del potere. E non sarebbe, questo, a parte un'abbastanza improbabile e storicamente molto prematura improvvisazione di un regime non più monarchico ma democratico, l'unico modo posibile per "spezzare la ruota" dell'alternanza dei regnanti e della continua lotta per il trono? In questo modo, che Danaerys sopravviva o meno, quella sua frase tanto altisonante quanto -ci era apparso allora- insostenibile al limite della presunzione, "I'll break the wheel", arriverebbe ad un compimento. Dimostrando che tanto campata in aria, presuntuosa ed irrealizzabile, alla fine, non lo era.
P.s. Non sto dicendo che io ritenga che succederà questo, eh: è solo un'ipotesi tra tante. Ma un'ipotesi che avrebbe una sua bellezza e, soprattutto, un suo significato.
Non mi sembra un'ipotesi tra le più probabili. Troppo buonista, e per quanto D&D possano essere intenzionati a tradire lo spirito di Martin hanno comunque dichiarato che il finale sarà quello voluto da lui, quindi certamente non questo. Sarà un finale dolceamaro, quindi non può mica andare tutto bene.
No ma io infatti non ipotizzo alcun lieto fine per nessuno, ed anche se non escludo che Jon possa sopravvivere e decidere per la prima volta nella sua vita di abbracciare una strada e non subirla per scelta altrui - in questo caso assurgere al trono ma non per discendenza dinastica bensì per incoronazione come Ultimo Eroe che conduce la resistenza degli uomini, poiché ritengo che Jon mai rinnegherebbe il proprio essere Stark, né mai si riterrebbe , a differenza di Dany, legittimo erede al trono che ora sappiamo essere passato alla casata Lannister - di certo non so se ci sarebbe una continuazione delle casate così come la conosciamo oggi.
Certo che anche a me la totale esclusione della casa Baratheon fa storcere il naso, perché ha dato i natali per lo meno a Robert, l'eroe della Ribellione, ed a Stannis, non esattamente un personaggio marginale.
Purtroppo, come già detto, per Gendry non riesco a prefigurarmi niente di definito.
Sicuramente, come detto mi sembra da tutti, sarà lui a forgiare o riforgiare acciaio valyriano, a che pro, altrimenti, tutto il suo addestramento nella bottega di Tobho Mott? ma escludo, come detto in numerose occasioni, che sia rifusa Ghiaccio, oramai non ha molto senso anche se è un'ipotesi romantica e suggestiva.
”My faith's in people, I guess. Individuals. And I'm happy to say that, for the most part, they haven't let me down.”
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"Dreams don't mean anything, Dolores. They're just noise, they're not real." "What is real?" "That wich is irreplaceable."
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"Gli umani sono strane creature, ogni loro azione è guidata dal desiderio, i loro caratteri forgiati dalla sofferenza. Per quanto essi provino, non potranno mai liberarsi dall'essere eternamente schiavi dei loro sentimenti. Finchè la tempesta li sconvolgerà dall'interno non riusciranno a trovare pace. Né da vivi, né da morti. E quindi, giorno dopo giorno, faranno ciò che è necessario.
La sofferenza sarà la loro nave.. il desiderio la loro bussola."
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Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza; ti salverò da ogni malinconia
perché sei un Essere speciale ed io avrò cura di te. Io sì, che avrò cura di te.
Pezzo di @JonSnow;
Davos:
Un padre. Peccato che ciò sia più chiaro in ASOIAF, sia laddove egli e Stannis non sono dei coetanei, sia dove non ha evidenti dimenticanze a riguardo della sua famiglia.
Egli non è rinomato per l'onore, eppure ne ha più di molte persone con origini meno umili delle sue. E' mosso da forti ideologie, da principi morali più saldi, pur con una derivazione esistenziale misera. C'è un potente senso di riconoscenza, di valore, di equilibrio, di diplomazia. Coloro che posseggono l'equilibrio sono destinati a leggere il meglio in ogni situazione. E questo è ciò che Davos fa da sempre in modo perentorio.
Il Cavaliere delle Cipolle non si sopravvaluta, non si sottovaluta, pur provando un senso di inadeguatezza in talune situazioni. Le sue origini gli pesano e lo stimolano al tempo stesso; Davos è in una posizione di ricettore, pronto a lasciarsi forgiare dall'esperienza, a mettere in mostra la capacità di ascoltare, di apprendere, di provare a dimostrarsi un uomo migliore. Non c'è negazione. L'apertura è totale, sia sotto il profilo mentale che sotto quello emotivo.
Si dona, ama, si pone al servizio. E' un uomo profondamente capace di amare, compassionevole, giusto a suo modo. Eppure al tempo stesso è in grado di ricorrere al pragmatismo, alla razionalità, alla verità di fondo. Egli è l'estensione della coscienza di Stannis, è la sua voce. Ciò che il Re dei Baratheon stesso auspicherebbe per la propria persona.
L'uomo che non dispensa i consigli migliori, ma quelli più giusti. La saggezza di dare il giusto valore alla vita umana e rispettarla, di credere fermamente in qualcosa. Perché non c'è resa nel suo animo, non c'è dubbio, non c'è arresto. Come tutti coloro con un cuore sano, egli ha il desiderio di contribuire alla nascita di un mondo altrettanto sano.
Dopo la morte di Stannis Baratheon tutto ciò crolla, almeno in parte. Eppure sceglie di vivere secondo le medesime regole precedenti, nonostante non abbiano dato veri e propri frutti. Paradossalmente segue lo stesso consiglio che dà a Jon quando questi gli dice ''I failed''. Emblematiche quindi le parole di Davos, che per primo segue la sua stessa massima: ''Good, go fail again.''
Ed è Jon Snow che sceglie di seguire, perché in Jon Snow rivede parte di ciò che è stato prima. Rivede l'importanza di un dovere, la volontà di seguire una giustizia pregna, di allontanarsi dalla violenza fine a sé stessa. Rivede parte di Stannis nella sua figura.
Davos è quindi un consigliere, un ricostruttore. Per primo si ricostruisce, dandosi nuova consistenza. Non spicca per atti di eroismo concreto, pur essendo un eroe ideologico. Difficilmente potrà morire. Ed è davvero difficile ipotizzare il suo destino, al punto che ne vedo solo due strade.
A) Sceglie di seguire l'ultimo discendente di sangue Baratheon ancora in vita, mettendosi al servizio di Gendry.
B) Ritorna a Casa per una vita comune nei panni di Lord Seaworth, un uomo che non dimenticherà né rinnegherà mai ciò che ha vissuto.
”My faith's in people, I guess. Individuals. And I'm happy to say that, for the most part, they haven't let me down.”
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La sofferenza sarà la loro nave.. il desiderio la loro bussola."
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Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza; ti salverò da ogni malinconia
perché sei un Essere speciale ed io avrò cura di te. Io sì, che avrò cura di te.
Analisi stupenda, quella di @JonSnow; come sempre. Questa volta mi ha dato una sensazione strana: ha reso perfettamente aspetti anche non immediati (anzi, che a me in alcuni casi erano proprio sfuggiti); eppure, mentre li leggevo mi trovavo a pensare “certo, è esattamente così!”... anche quando, di mio, non li avevo colti e forse non li avrei mai colti del tutto, così chiaramente e nettamente.
Sì, nella serie hanno ridotto, o quasi cancellato, l'aspetto di padre e marito di Davos (probabilmente perchè non c'era tempo nè modo per tirare in ballo tutta la sua famiglia, tra l'altro fuori scena e presente solo nei suoi pensieri, umanissimi e dolcissimi, di marito e padre). Eppure la sua natura paterna l'hanno conservata e comunicata allo spettatore, in qualche modo, riversandola tutta sul rapporto, tenerissimo, con Shereen. Scelta intelligente, tutto sommato: più rapida e "visiva", perfettamente funzionale al personaggio, che riesce in qualche modo a mantenerne e renderne palese una caratteristica fondamentale, seppure un po’ più attenuata rispetto al libro.
Sia in Asoiaf che in Got, comunque, l'elemento più saliente è il fatto che Davos è quanto più si avvicina ad un uomo puro. Paradossalmente (e trattandosi di Martin, non poteva non esserci un paradosso, sarebbe stato tutto troppo facile e banale, altrimenti) in un mondo in cui i cavalieri sono spesso corrotti se non paladini del male e della folla (vedi ser Gregor), il cuore più puro è custodito nel petto di un uomo qualunque, e non solo: un ex contrabbandiere, un ex fuorilegge.
E curiosamente, anche Davos ha subito la sua mutilazione fisica, passaggio esistenziale molto caro a Martin e ricorrente in molti suoi personaggi. Ma, diversamente dagli altri, questo non ha comportato la distruzione del se stesso precedente e la faticosa, difficile ricerca di una nuova base su cui ricostruirsi: anche se all’epoca di Got ed Asoiaf questo è ormai un episodio passato, superato (il che non significa affatto dimenticato, anzi), capiamo o “sentiamo” che per Davos non è stato l’inizio di un lento cambiamento, ma piuttosto una sorta di ufficializzazione di qualcosa che, dentro di sé, era già: con quella punizione Davos ha pagato le sue colpe, ha espiato. Dopo quella punizione che ha saldato un debito aperto con il passato, veramente in lui è rimasta solo la parte pura. Che, intuiamo, esisteva da sempre, ma doveva coesistere con qualcosa di estraneo, negativo, che forse non gli era mai appartenuto realmente ma era nato dalle circostanze (chissà per quali vie la vita lo aveva reso un contrabbandiere) o dalla necessità. La scelta di Stannis, che apparentemente sembra una stravaganza, appunto, “alla Stannis”, di non pesare il bene ed il male compiuti da una persona sulla stessa bilancia, concludendo che uno compensa l’altro, ma di pesarli su due bilance diverse, facendo pagare per uno e ricompensando per l’altro, in realtà qui più che mai mi pare un modo insolito ma efficace di intendere la giustizia. Soprattutto, il più adatto a Davos; quello di cui un uomo come Davos aveva bisogno. Perché Davos aveva bisogno di una punizione, per espiare e diventare fino in fondo il puro che è, senza più ombre sull’anima, ombre che non merita. E meritava un premio, per la sua statura umana. E non per niente Davos porterà con sé, finchè gli sarà possibile, quei mozziconi di dita, il segno tangibile di quella punizione: considerandole un portafortuna, un monito rassicurante, qualcosa a cui portare istintivamente la mano nei momenti difficili, quando più ha bisogno di forza conforto. Perché lui sa quanto quella punizione-espiazione lo abbia liberato da un peso, da qualcosa che forse non gli apparteneva ma a cui la vita, nei suoi percorsi bizzarri e troppo spesso non dipendenti dalla nostra volontà, lo aveva portato; dalla zavorra che appesantiva un’anima bella e pura.
Tutto questo, su Davos in generale. In Got... be’, in Got mi dispiace dover dire che Davos, a un certo punto, si è perso. O meglio: molte cose sono state lasciate allo spettatore, alla sua intuizione. Ma qualcosa è mancato proprio: mi è mancato il dolore, lo sconvolgimento totale, nel vedere il suo re sconfitto ed ucciso e il suo mondo crollato. Poi l’ha ritrovato, quel mondo e quegli ideali, in Jon. Ma persino troppo presto, troppo in fretta. Forse, a voler dare una lettura benevola, i giusti si riconoscono tra loro “a pelle”, senza bisogno di tante parole: ma anche così mi è rimasta la sensazione di una parte mancante, di un buco laddove ci sarebbe dovuto essere destabilizzazione, sgomento, sofferenza quasi incredula. Così pure, mi è mancato, da lì in poi, tutto l’elemento “dolore”. Davos sarà forte, sarà guidato da ideali superiori; ma è un essere umano. Profondamente umano, nel senso migliore della parola. E’ stato strano, per me, da un certo punto in poi, dopo la morte di Jon (per la quale ha ancora una reazione umana fino al midollo) vederlo diventato quasi... anaffettivo. Starà nascondendo tutto dentro per non turbare ulteriormente chi gli è vicino, in un momento in cui cause di turbamento ce ne sono già tante, mettiamola così: però, ho la netta impressione di arrampicarmi sugli specchi, con questa lettura. E sorvoliamo sulla battuta, di pessimo gusto dato momento e situazione, che fa a Jon dopo l’incontro con Danaerys: questa, veramente da dimenticare, fuori contesto e fuori spirito. Posso solo pensarla –io tendo a partire dall’idea che D&D non facciano niente per caso, che ogni momento abbia una sua logica, benché a volte non condivisibile, almeno per me- come un goffo spunto per farci capire che Jon è attratto da lei, per preparare il pubblico alla tanto discussa scena sulla nave. Ma accidenti: per far capire che tra due personaggi c’è attrazione, non sarebbe stato cento volte più raffinato ed appropriato lasciar fare a loro, con uno sguardo, con l’espressione anche solo di un momento?
Comunque.
Comunque, questo è un dettaglio, su sette lunghe stagioni; quindi sorvoliamo e amen.
Resta il fatto, grande ed intoccabile, che nell’ ingiusto universo di Asoiaf e Got, Davos è un giusto. E ancora di più: un giusto ma senza fanatismi; fermo ma pacato; poco eclatante ma saldo ed affidabile. Un uomo che sceglie una causa o una persona, eppure non ne diventa il burattino o il sostenitore a prescindere ma, istante per istante, ragiona, valuta, decide, prende posizione, con la propria testa e con il proprio cuore. Davos aspira al bene, ma vuole e sa valutare, momento per momento, qual è il bene, e dove si trova. Segue un ideale, eppure è un uomo libero, profondamente, totalmente libero. Tanto libero da dire cose sgradite anche al suo re, pur di essere sincero (e questa, mi ricordava una persona amica in pm qualche tempo fa, è una caratteristica della vera amicizia). Talmente libero, da non temere minacce di punizioni o di morte. O da temerle, come qualsiasi essere umano, ma da scegliere di anteporre a queste la sua libertà. Non è –almeno per ora- un eroe, perché gli eroi stanno nelle prime file, e lui non è uomo da prima fila, non ricerca visibilità:a lui basta esserci, dalla parte che sente essere giusta.
Analisi stupenda, quella di @JonSnow; ; come sempre. Questa volta mi ha dato una sensazione strana: è un concentrato a raffica di aspetti profondi, anche non immediati (anzi, che a me in alcuni casi erano proprio sfuggiti); eppure, mentre li leggevo mi trovavo a pensare “certo, è esattamente così!”... anche quando, di mio, non li avevo colti e forse non li avrei mai colti del tutto, così chiaramente e nettamente. Eppure, leggendo, ogni tassello andava al suo posto, perfettamente e senza sforzo, tanto quello che ha descritto è, davvero e fino in fondo, Ser Davos.
Sì, nella serie hanno ridotto, o quasi cancellato, l'aspetto di padre e marito di Davos (probabilmente perchè non c'era tempo nè modo per tirare in ballo tutta la sua famiglia, tra l'altro fuori scena e presente solo nei suoi pensieri, umanissimi e dolcissimi, di marito e padre). Eppure la sua natura profondamente paterna l'hanno conservata e comunicata allo spettatore, in qualche modo, riversandola tutta nel rapporto, tenerissimo, colmo di affetto, delicatezza ed amore, con Shereen. Scelta intelligente, tutto sommato: più rapida e "visiva", quindi più facile da rendere sullo shermo, ma perfettamente funzionale al personaggio, che riesce in qualche modo a mantenere e rendere palese una sua caratteristica fondamentale e così peculiare, seppure un po’ più attenuata rispetto al libro.
Sia in Asoiaf che in Got, comunque, l'elemento più saliente è il fatto che Davos è quanto più si avvicina ad un uomo puro. Paradossalmente (e trattandosi di Martin, non poteva non esserci un paradosso, sarebbe stato tutto troppo facile e banale, altrimenti) in un mondo in cui i cavalieri sono spesso laidi e corrotti, se non addirittura paladini del male e della folla (vedi ser Gregor), il cuore più limpido e nobile è custodito nel petto di un uomo assolutamente qualunque, o anche peggio: un ex contrabbandiere, un ex fuorilegge. La feccia della società, o poco di più. Che anche quando avrà un titolo, immediatamente si ritroverà, accanto a questo, la sua parodia, Cavaliere delle Cipolle. Ma che non ne sarà mai offeso, anzi, forse a modo suo ne sarà persino fiero: perchè è e rimane un uomo modesto, che non cerca la gloria, ma soprattutto perchè ricorda le sue origini che non intende rinnegare, racconta la sua storia, è veramente "lui". E perchè un uomo veramente nobile dentro può essere fiero anche delle proprie radici umili, di tutto il cammino che ha fatto di lui ciò che è adesso, non solo delle parti al sole; e perchè i titoli altisonanti sempre più spesso sono contenitori scintillanti fatti per mascherare la pochezza del contenuto.
Curiosamente, anche Davos ha subito la sua mutilazione fisica, passaggio esistenziale, più ancora che materiale, molto caro a Martin e ricorrente in molti suoi personaggi. Ma, diversamente dagli altri, questo non ha comportato la distruzione del se stesso precedente e la conseguente faticosa, difficile ricerca di una nuova base su cui ricostruirsi: anche se all’epoca di Got ed Asoiaf questo per lui è ormai un episodio passato (il che non significa affatto dimenticato, anzi, esattamente il contrario: semmai, interiorizzato, assorbito, eletto a parte essenziale di sè), in qualche modo, senza che ci sia detto esplicitamente, capiamo o “sentiamo” che per Davos non è stato l’inizio di un lento cambiamento, ma piuttosto una sorta di purificazione, di valorizzazione, di liberazione di qualcosa che, dentro di sé, egli era già.
Con quella punizione Davos ha pagato le sue colpe, ha espiato. Perchè Davos era oro grezzo: tanto di prezioso, mescolato dalla vita con impurità ed imperfezioni. La punizione che ha subito è stata la fusione nel crogiolo, che filtra le impurità e lascia solo la parte preziosa, non più offuscata o macchiata. Dopo quella espiazione che ha saldato un debito aperto con il passato, veramente in lui è rimasta solo la parte pura. Che, intuiamo, era il lui da sempre, era già lui; ma prima doveva coesistere con qualcosa di estraneo, negativo, che forse non gli era mai appartenuto realmente ma era scaturito dalle circostanze (chissà per quali vie la vita lo aveva condotto a questo, diventare un contrabbandiere) o dalla necessità. La scelta di Stannis, che apparentemente sembra una stravaganza, appunto, “alla Stannis” (o meglio: uno di quei comportamenti o aspetti di Stannis che tendiamo, con troppa fretta e superficialità, a liquidare come stravaganze, mentre sono le caratteristiche titaniche, e quindi estreme e spesso "scomode", di un personaggio titanico, che non concepisce il compromesso perchè, nella sua ricerca assoluta, quasi ossessiva, di giustizia, il compromesso sarebbe già una violazione dell'idea stessa di giustizia), di non pesare il bene ed il male compiuti da una persona sulla stessa bilancia a due piatti, concludendo che l'uno compensa l’altro, ma di pesarli su due bilance diverse, facendo pagare per uno e ricompensando per l’altro, in realtà qui più che mai mi pare un modo insolito ma efficace e quantomai sensato di intendere la giustizia. Soprattutto, il più adatto a Davos; quello di cui l'essere umano Davos aveva bisogno. Perché Davos aveva bisogno di una punizione, di un modo per espiare e diventare, finalmente fino in fondo, il puro che è, senza più ombre sull’anima, ombre che non merita e non gli appartengono realmente. E nello stesso tempo gli spettava un premio, a pieno diritto, per la sua grandissima statura umana. Compensare la colpa con il gesto positivo ed eliderli, come tirando una linea su due termini opposti in una somma algebrica il cui risultato, quindi, è zero, l'elemento neutro, nè positivo nè negativo, non sarebbe stato adatto a Davos. Non sarebbe stato Davos. Perchè la personalità, il cuore di Davos è tutto tranne che neutro, zero, nullo, vuoto. In Davos c'è tutto: il bene, tanto; e c'è stato -anche se non grave come in molti altri personaggi di Got, veri "cuori di tenebra"- il male, sotto forma di trasgressione delle leggi. Compensare l'uno con l'altro avrebbe significato non solo non consentirgli quella purificazione di cui sentiva, interiormente, il bisogno, ma anche non valorizzare la sua parte nobile, saggia, alta, pura. Negarla, in fondo, considerandola annullata insieme e da una cartteristica opposta. Non solo non premiarla, ma soprattutto non darle il modo di essere messa a frutto. Di esprimersi nella sua enorme, positiva potenzialità, come invece sarà da quando ascenderà al ruolo di consigliere di Stannis in poi.
E Davos sente, Davos sa tutto questo. Non per niente porterà con sé, finchè gli sarà possibile, quei mozziconi di dita, il segno tangibile di quella punizione: considerandole non un elemento negativo ma anzi una sorta di portafortuna, un auspicio rassicurante, qualcosa a cui porti istintivamente la mano nei momenti difficili, quando più hai bisogno di forza, sostegno o conforto. Quasi con affetto; e forse senza il "quasi": perchè ha una fiducia immensa in Stannis; perchè ama la giustizia quanto la ama lui. E perchè cinque falangi in cambio di un'anima nuova e nuovamente pura, per un uomo come Davos, che puro vuole esserlo, con tuto se stesso, senza gesti esteriori eclatanti che non appartengono a lui nè alla sua personalità schiva e pacata, eppure lo vuole con quieta ma salda fermezza, sono ancora un prezzo equo; quasi un regalo. Perché lui sa quanto quella punizione-espiazione lo abbia sollevato da un peso, da qualcosa che forse non gli apparteneva ma a cui la vita, nei suoi percorsi bizzarri e troppo spesso non dipendenti dalla nostra volontà, lo aveva portato; dalla zavorra che appesantiva irrimediabilmente un cuore che invece aspirava a nobiltà, giustizia e purezza. E che ora, finalmente, è libero di essere se stesso.
Tutto questo, su Davos in generale. In Got... be’, in Got mi dispiace dover dire che Davos, a un certo punto, per me lo abbiamo perso. O meglio: lui c'era, fisicamente, ma molte cose sono state lasciate allo spettatore, alla sua intuizione. Troppe cose, per il mio soggettivissimo giudizio. E qualcosa mi è mancato, proprio: mi è mancato il dolore, lo sconvolgimento totale, nel vedere il suo re, -quel re non solo seguito, per scelta, ma ammirato, paradossalmente anche guidato, a volte, e amato, sempre- sconfitto ed ucciso. Mi è mancato lo sgomento, la sensazione devastante di terreno che ti manca sotto i piedi nel ritrovarti, in pochi giorni od ore, tutto il tuo mondo, tutto ciò su cui hai fondato la vita, crollato e spazzato via per sempre. Poi li ritroverà, quel mondo e quegli ideali, probabilmente anche quella figura carismatica e titanicamente idealistica, diversissima ma per certi versi equivalente, in Jon. Ma persino troppo presto, troppo in fretta. Forse, a voler dare una lettura benevola, i giusti si riconoscono tra loro “a pelle”, senza bisogno di tante parole: ma anche così mi è rimasta la sensazione di una parte mancante, di un buco vuoto laddove ci sarebbe dovuta essere un momento di destabilizzazione totale, disorientamento, sofferenza enorme e quasi incredula. Così pure, mi è mancato, da lì in poi, tutto l’elemento “dolore”. Davos sarà anche forte, sarà guidato da ideali superiori; ma è un essere umano. Profondamente umano, nel senso migliore della parola. E’ stato strano, per me, da un certo punto in poi, dopo la morte di Jon (per la quale ha ancora una reazione umana, umana fino al midollo) vederlo diventato quasi... anaffettivo. Starà nascondendo tutto dentro per non turbare ulteriormente chi gli è vicino, in un momento in cui cause di turbamento ce ne sono già tante, mettiamola così: però, ho la netta impressione di arrampicarmi sugli specchi, con questa lettura. E sorvoliamo sulla battuta, di pessimo gusto dato momento e situazione, che fa a Jon dopo l’incontro con Danaerys: questa, veramente da dimenticare, fuori contesto e fuori spirito. Posso solo pensarla –io tendo a partire dall’idea che D&D non facciano niente per caso, che ogni momento abbia una sua logica, benché a volte non condivisibile, almeno per me, e quindi anche quando non apprezzo mi chiedo quale possa essere- come un goffo spunto per farci capire che Jon è attratto da lei, per preparare il pubblico alla tanto discussa scena sulla nave. Ma accidenti: per far capire che tra due personaggi c’è attrazione, non sarebbe stato cento volte più raffinato ed appropriato lasciar fare a loro? Sarebbe bastato un incontrarsi e subito distogliersi di sguardi, l’espressione anche solo di un momento... senza andare a tirare in ballo, cambiare, sporcare la figura di Davos, con una battuta così ordinaria e fuori luogo, da chiacchere da bar, totalmente fuori contesto e che non appartiene in alcun modo a quel character; nonchè far fare a Jon Snow la figura del ragazzino di terza media in piena tempesta ormonale, cosa del tutto immeritata ed assurda, data la gravità della situazione e, soprattutto, la statura morale del personaggio. Oltre a far passare il messaggio (per me, terribile) che quando una donna di bell'aspetto si trova con degli uomini, qualunque siano le circostanze, stia anche per abbattersi sull'intero mondo conosciuto l'ondata immane e distruttiva di quello che appare come il Male assoluto, niente: sempre a quello si pensa. Sempre a quello. Che tristezza infinita.
Comunque.
Comunque, questo è un dettaglio, su sette lunghe stagioni: quindi sorvoliamo, facciamo finta che non ci sia stato; e amen.
Resta il fatto, grande ed intoccabile, che nell’ingiusto universo di Asoiaf e Got, Davos è un giusto. E ancora di più: un giusto, ma senza fanatismi; fermo ma pacato; poco eclatante, ma saldo ed affidabile. Un uomo che sceglie una causa o una persona, senza per questo diventarne il burattino. Che la sostiene, ma mai a priori, mai a prescindere, bensì istante per istante, siuazione per situazione. Ragionando, valutando, decidendo, prendendo posizione, con la propria testa e con il proprio cuore. Davos aspira al bene, ma vuole e sa valutare, momento per momento, qual è il bene, e dove e presso chi e in quale azione si trova. Non delega un altro a farlo per lui, neppure il suo amato, ammiratissimo Stannis. Segue un ideale e, per molto tempo, un re; eppure è sempre, in ogni istante, un uomo libero. Profondamente, totalmente libero. Tanto libero da dire, a volte, cose sgradite anche al suo sovrano, perchè un consigliere vale per quanto è sincero, non per quanto è lesto ad assecondare, lusingare ed adulare (e questa, mi ricordava una cara amica in pm qualche tempo fa, è una caratteristica della vera amicizia). Talmente libero, da non temere minacce di punizioni o di morte. O da temerle, come qualsiasi essere umano; ma da scegliere di anteporre a queste la sua libertà. La libertà più alta, altruistica, impegnativa e spesso pesante da sostenere: quella di scegliere, sempre e soltanto, ciò che la propria ragione e coscienza indicano essere giusto.
Eppure, con tutto questo -e anche in queste sfumature, in queste scelte e soluzioni non scontate, si vede il genio di Martin- Davos non è, almeno per ora, un eroe. Almeno di quelli "classici", vistosi, eclatanti. Perché gli "eroi" stanno nelle prime file, e lui non è uomo da prima fila. Davos non ricerca visibilità, non sgomita per farsi posto nè spettacolarizza se stesso ed il proprio ruolo: a lui basta esserci, dalla parte che sente essere giusta. Nel posto esatto che gli indica la sua coscienza. E che sia la prima fila o l'ultima, non ha alcuna importanza.
Oppure sì, Davos con la sua rettitudine di uomo semplice, non spigolosa ed altisonante come quella di uno Stannis ma altrettando salda, la sua coerenza non gridata ma inflessibile; con il suo stesso esserci, dove e come giustizia richiede, è un eroe. Ma di quelli di cui parlavo in un vecchio post: quelli che costruiscono il proprio eroismo con calma e pazienza. Pezzo per pezzo, giorno per giorno. Con il percorso di una vita, non con l'acme spettacolare di un singolo gesto eclatante e quasi sublime, possibilmente platealmente compiuto sotto gli occhi di tutti. Quelli che non finiranno mai sui libri di storia, ma resteranno nei cuori di chi li ha conosciuti, finchè costoro saranno in vita. E poi scivoleranno, quietamente e senza strepito, nell'oblio che tutto inghiotte, quello a cui siamo destinati tutti.
Quelli che sono anche tra noi, a volte, nella vita reale.
Ser Davos Seaworth è un contrabbandiere divenuto cavaliere e poi consigliere di re, ma è prima di tutto uomo onesto, padre e marito devoto, è più di ogni cosa la coscienza dei re che serve e che consiglia: egli è la voce della coscienza di Stannis, egli è la guida di cui Jon ha bisogno per accogliere su di sé il fardello del divenire l'uomo che è destinato ad essere.
E' padre di figli suoi, molti dei quali morti per servire lo stesso Re che serve lui, ed è padre per chiunque lo incontri e ne chieda consiglio.
Spesso si ha la tentazione di individuare in Ned Stark la figura paterna per antonomasia, eppure è in ser Davos Seaworth che ho sempre ritrovato tutto quel corollario di caratteristiche morali che fanno di un uomo un padre, un tutore, un mentore, un esempio, un educatore ed un supporto.
Egli è tutto questo, da uomo di umili origini cresciuto nella parte più infima di Approdo del Re sa cosa vuol dire patire la fame e la miseria, la povertà ed il vivere in questa misera condizione al cospetto di signori ben più facoltosi.
Egli non ha invidia alcuna verso chi sta meglio di lui, ma persegue un sogno di miglioria se non per sé stesso e per sua moglie (è un uomo già di mezza età), almeno per i suoi figli.
Tutto ciò che compie lo compie in quest'ottica: da contrabbandiere sfrutta l'occasione di correre in aiuto del Lord di Capo Tempesta assediato ed alla fame, si introduce furtivamente nella fortezza dei Baratheon e salva da morte certa il grosso della gente di Stannis portando con sé un carico di cipolle, il quale ricambia questo atto di generosità e coraggio con una nomina a cavaliere.
E' di certo per ottenere un beneficio che Davos soccorre Stannis, ma è per sopravvenuto rispetto e perché riconosce in lui un uomo di valore e di princìpi che gli resta accanto; Stannis gli taglia le falangi della mano sinistra come punizione per i suoi crimini, dimostrandosi un re che è al servizio della legge ma che non si pone mai al di sopra di essa; esegue egli stesso la sentenza, pratica ormai desueta ad eccezione del Nord.
Essendo uno dei pochi personaggi non nati da famiglie nobili, ci da una lettura diversa degli eventi narrati nelle Cronache, un punto di vista da uomo del popolo, che non bada ai fronzoli, alle cariche, alle onorificenze, alla conquista del potere per brama di potere, ma a ciò che un uomo vale.
Ed egli vale molto, come dice @JonSnow;, ben più dei signorotti di cui è spesso circondato alla corte di Stannis; il suo senso dell'onore e della lealtà verso il re che ha scelto di servire lo pongono spesso in conflitto con molti di essi, presi invece soltanto dal compiacere Stannis, chi per piaggeria, chi per timore.
Egli è un uomo abituato ad essere schietto e diretto, pragmatico ma mai ambiguo, uno che soppesa ogni parola prima di pronunciarla; pondera tutto perché conosce il prezzo di una parola e di un gesto sbagliato; conosce il bene e conosce il male del cuore degli uomini, ha conosciuto spesso le tenebre e molto meno frequentemente la luce, ma è a quest'ultima che guarda sempre con rinata fiducia, anche quando non ci crede nemmeno lui.
E' uomo equilibrato e giusto, quando cede alla rabbia lo fa per mero senso di ingiustizia che avverte su di sé. Proprio come Stannis concede poca indulgenza agli altri perché ancor meno ne concede a se stesso.
Si può dire che il rapporto tra i due sia così profondamente genuino e sincero che entrambi hanno, col tempo e con la reciproca vicinanza, mutuato dall'altro quelle caratteristiche che mancavano loro e che ne vanno a limarne i caratteri ugualmente spigolosi.
Spesso Davos viene indentificato come la coscienza di Stannis, in antitesi con l'influenza negativa di Melisandre sullo stesso, ma col tempo e con l'evolversi degli eventi si capisce che i due, Davos e Melisandre, sono contrastanti ma non inconciliabili, piuttosto seguono ciecamente le proprie differenti visioni di ciò che un buon re dovrebbe essere ed i propri ideali, rimanendo ciascuno fedele a questi ideali ed a se stesso: entrambi consigliano Stannis al meglio delle loro capacità ed in totale buona fede.
Mentre, però, Melisandre vede nel secondo dei fratelli Baratheon Azor Ahai rinato, ed in virtù di questo lo pone al di sopra di ogni legge morale e degli uomini, Davos è lì per ricordargli i suoi doveri di re verso il suo popolo: Davos lo tiene ancorato a terra ed alle sue responsabilità. E questo Stannis lo sa.
Tenerissimo e di una dolcezza infinita il suo rapporto con la principessa Shireen, quasi un secondo padre per lei, laddove il primo pur amandola moltissimo è incapace di dimostrarglielo, in virtù del carattere granitico ed apparentemente inscalfibile che è la sua caratteristica e che a sua volta ha come risultato quello di alienargli ogni forma di empatia ed affetto altrui.
Shireen tratta il Cavalier Cipolla da pari, esortandolo a migliorarsi e ad imparare a leggere, poiché è questo che un consigliere del Re deve essere in grado di fare; ne diviene fonte di gioia quando questo perde tutto, dopo la Battaglia delle Acque Nere in cui periscono quasi tutti i suoi figli.
Si dedica a lei con paterna dedizione, cerca in ogni modo di proteggerla così come fa con Gendry.
Riceve il dono di potersi dedicare ad altri figli, ad altri ragazzi con cui la vita non è stata benevola.
Ottiene di salvare la vita del secondo, ma fallisce nello stesso tentativo con la prima.
Una morte terribile, quella della principessa, che non smetterà mai di tormentarlo, sia per il senso di colpa di non essere stato lì con lei per impedirlo, sia perché frutto dell'ennesimo sacrificio della sacerdotessa rossa.
Infine, quando tutti i suoi pilastri sembrano essersi sgretolati, trova in Jon Snow l'ennesima spinta per rinascere ancora.
Un altro bastardo da salvare, un altro ragazzo da condurre a trovare se stesso ed il suo posto nel mondo, ma questo è un ragazzo speciale: è colui che sia Jeor Mormont che Stannis Baratheon avevano individuato come grande e carismatico condottiero ed unificatore di popoli, ed è oltretutto l'incarnazione di tutto ciò che per lui un sovrano dovrebbe essere. Jon deve fare questo percorso da solo, è ovvio; deve uccidere ciò che è stato, divenire ciò che è destinato ad essere, e per farlo deve passare attraverso la prova più ardua di tutte: morire per mano dei suoi stessi confratelli.
Ma è al suo ritorno alla vita che troverà al suo fianco il suo nuovo consigliere, un uomo semplice, un uomo giusto, un uomo onorevole e affidabile, in una sorta di staffetta temporale prima con Ned e poi con Lord Mormont.
Sposa la sua causa, in toto.
Per molti è una forzatura, ma se ci mettiamo sempre nell'ottica della riduzioni televisiva di più di cinquemila pagine capiamo che non c'era altro verso per accostare in breve tempo Davos a Jon.
Per il suo finale anche io non vedo la morte, ma mi piacerebbero per lui due ipotesi:
”My faith's in people, I guess. Individuals. And I'm happy to say that, for the most part, they haven't let me down.”
___
"Dreams don't mean anything, Dolores. They're just noise, they're not real." "What is real?" "That wich is irreplaceable."
___
"Gli umani sono strane creature, ogni loro azione è guidata dal desiderio, i loro caratteri forgiati dalla sofferenza. Per quanto essi provino, non potranno mai liberarsi dall'essere eternamente schiavi dei loro sentimenti. Finchè la tempesta li sconvolgerà dall'interno non riusciranno a trovare pace. Né da vivi, né da morti. E quindi, giorno dopo giorno, faranno ciò che è necessario.
La sofferenza sarà la loro nave.. il desiderio la loro bussola."
___
Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza; ti salverò da ogni malinconia
perché sei un Essere speciale ed io avrò cura di te. Io sì, che avrò cura di te.
23 hours fa, Stella di Valyria dice:Oppure sì, Davos con la sua rettitudine di uomo semplice, non spigolosa ed altisonante come quella di uno Stannis ma altrettanto salda, la sua coerenza non gridata ma inflessibile; con il suo stesso esserci, dove e come giustizia richiede, è un eroe. Ma di quelli di cui parlavo in un vecchio post: quelli che costruiscono il proprio eroismo con calma e pazienza. Pezzo per pezzo, giorno per giorno. Con il percorso di una vita, non con l'acme spettacolare di un singolo gesto eclatante e quasi sublime, possibilmente platealmente compiuto sotto gli occhi di tutti.
Eroi o non eroi, sono questi gli esseri umani che fanno della dignità e della coerenza il proprio esercizio quotidiano, e l'esercizio quotidiano di una virtù forgia spesso il carattere di un uomo.
”My faith's in people, I guess. Individuals. And I'm happy to say that, for the most part, they haven't let me down.”
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"Dreams don't mean anything, Dolores. They're just noise, they're not real." "What is real?" "That wich is irreplaceable."
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"Gli umani sono strane creature, ogni loro azione è guidata dal desiderio, i loro caratteri forgiati dalla sofferenza. Per quanto essi provino, non potranno mai liberarsi dall'essere eternamente schiavi dei loro sentimenti. Finchè la tempesta li sconvolgerà dall'interno non riusciranno a trovare pace. Né da vivi, né da morti. E quindi, giorno dopo giorno, faranno ciò che è necessario.
La sofferenza sarà la loro nave.. il desiderio la loro bussola."
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Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.
Ti porterò soprattutto il silenzio e la pazienza; ti salverò da ogni malinconia
perché sei un Essere speciale ed io avrò cura di te. Io sì, che avrò cura di te.
Il cavaliere delle cipolle è uno dei miei personaggi preferiti di GoT perchè non è un predestinato o un cattivo più o meno sfaccettato oppure un nobile decaduto già alla nascita perchè "bastardo" di fatto agli occhi di un padre assente e egocentrico.
Ser Davos è un uomo a tutto tondo, con i suoi pregi ed i suoi difetti che peraltro ha saputo elaborare il "lutto" per essere un ultimo per nascita e censo ed ha cercato di migliorare con intelligenza e sagacia lo status suo e quello della sua famiglia e lo ha fatto non massacrando coloro che si ponevano sul suo eventuale cammino, dileggiandoli o infamandoli per avere un posto al sole ,ma mettendosi sempre in gioco e cercando SEMPRE di fare la cosa giusta.E per inciso Stannis ne ha capito l'essenza di UOMO ( come aveva intuito le peculiarità di leader di Jon: era un grande comandante Stannis e conoscitore di uomini per questo) giusto e saggio,incapace di mentire e tramare per suoi piccoli fini e ne aveva fatto alla faccia dei mediocri e degli invidiosi vorrei ma non posso ( ergo rido e sparlo alle spalle di Stannis e gli do un appoggio di facciata ) il suo primo e molto ascoltato cavaliere.E questa scelta,incompresa dai poveri di spirito, rende Davos pieno di orgoglio tanto che accetta di buon grado l'amputazione delle ultime falangi delle dita,e del resto lui sa che Stannis è personaggio integerrimo,pagata la pena per la sua attività "illegale" ( ma che ha salvato Stannis e famiglia) lui sente di essere diventato un nuovo uomo che rispetta e "ama" il suo re .Egli è un uomo pragmatico, abile negoziatore,cocciuto e molto orgoglioso dei suoi figli.
Già Davos è la figura paterna più importante di GoT insieme con quella di Ned che ama i figli e ama Jon ( che ascolta sempre in molte sue richieste) ma non può esternare tutto il suo amore per difenderlo , oltretutto.Davos ama i figli e tutto quello che fa è per loro di cui è fierissimo.Ma li perde in modo atroce,non per questo diventa un odiatore anche se ne avrebbe i motivi, anzi dalla loro morte è come se cercasse su chi riversare il suo amore di padre sopravvissuto ai figli,oltretutto cercando anche di combattere ancora di più le ingiustizie .E infatti rischia la vita per attaccare Melisandre di cui non condivide la strategia violenta che lascia ovunque strie di sangue ,specie se di re , ed aiuta Gendry non tollerando che venga ucciso un povero ragazzo innocente solo per aumentare il potere di Stannis.E da padre si comporta con la piccola Shereen che gli insegna a leggere ( e per questo il suo dolore per una morte atroce sarà ancora più lacerante e devastante) e con Jon Snow che peraltro anche Stannis avrebbe voluto come figlio: nella serie certe scene sono chiarissime.
Dopo la disfatta di Stannis poteva fare diverse scelte,ma era ben consapevole di quello che stava per accadere per cui sceglie di aiutare Jon che sta per affrontare una situazione impossibile e senza via di uscita e cioè la guerra contro gli estranei.
Il rapporto Jon -Davos nella serie è tra i più belli e coinvolgenti:Davos è sconvolto dalla sua morte ,ma non la accetta ,ne difende il corpo e cosa incredibile arriva a pregare Melisandre di cui conosce le capacità,di fare qualche magia per resuscitarlo e ci vuole credere con tutte le sue forze a questo miracolo,ha perso suoi figli,non vuole perdere il suo figlio adottivo che apprezza per lealtà, rettitudine ,empatia ,voglia di aiutare sempre i più deboli.E non a caso è lui che lo prende tra le braccia una volta rinato e cerca di motivarlo nel momento in cui per la prima volta lo vede confuso e apatico sul suo futuro.Da allora sarà sempre al suo fianco e lo aiuterà ovunque anche nel cercare truppe per la battaglia dei bastardi, sempre con sollecitudine, rispetto,considerazione,affetto.
E' per Jon il miglior consigliere e "motivatore" che poteva avere, non è nè nobile nè colto nè sagace nè intelligente come Tyrion, il consigliere che Dany accetta in dono,ma è pragmatico,semplice,diretto ,LEALE e ama Jon e gli è devoto molto di più di quanto lo fosse a Stannis,tra loro ripeto c'è un rapporto padre - figlio del quale peraltro Sansa,ovviamente, non capisce forza e portata.
Prima della battaglia dei bastardi assistiamo ad un bel dialogo tra Tormund e Davos in cui il cavalier cipolla parla di Stannis dicendo che aveva demoni in testa e su domanda di Tormund afferma che Jon non ha demoni da omaggiare perchè è Jon.E poi assistiamo alla carica suicida di Davos quando vede Jon fuori di sè in pericolo tra le truppe nemiche:lui guida la carica ma non sa combattere ...commovente direi .Anche qui Davos si comporta come un padre non come un sottoposto.
A Dragonstone poi abbiamo conferma del loro rapporto unico padre-figlio quando Davos non lo presenta con titoli altisonanti ridicoli e vuoti ,ma dice solo : questo è Jon ,mostrando affetto e familiarità per chi davvero è Jon ,uno che ha accettato di essere re solo perchè deve proteggere il dominio degli uomini e non vuole il potere nè è disposto a tutto per averlo.
E da "padre" fa pure il paraninfo tra Jon e Dany perchè un loro matrimonio ,visto che c'è anche attrazione reciproca , risolverebbe tanti problemi...
E tra le altre cose trova pure il tempo per pensare a Gendry che va a recuperare : è uomo di sentimenti non di fredda razionalità o di vuota vendetta.Adesso prima della lunga notte serve buttare il cuore oltre l'ostacolo e Davos è bravissimo in questo come...Jon.
Credo che sopravviverà e o tornerà dalla moglie oppure resterà al servizio di Jon in qualche modo o della corte di Gendry
Merita di continuare a fare ancora del bene...
Ringrazio il mio caro amico JonSnow; per aver ideato e creato le immagini dei miei bellissimi ed elegantissimi avatar e firma
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« I am a wolf and I fear nobody. »
''They were insulting Jon and you sat there and listened.''
''Offend them and Jon loses his army.''
''Not if they lose their heads first.''
« Leave just ONE wolf alive and sheeps will NEVER be safe. »
« When the snows fall and the white winds blow, the lone wolf dies, but the pack survives. »
''I lupi sani e le donne sane hanno in comune talune caratteristiche psichiche: sensibilità acuta, spirito giocoso, e grande devozione. Lupi e donne sono affini per natura, sono curiosi di sapere e possiedono grande forza e resistenza. Sono profondamente intuitivi e si occupano intensamente dei loro piccoli, del compagno, del gruppo. Sono esperti nell'arte di adattarsi a circostanze sempre mutevoli; sono fieramente gagliardi e molto coraggiosi. Eppure le due specie sono state entrambe perseguitate''.