Ebbravo Giò Sottolineo sto punto
Wilson non voleva contribuire ad incrementare le dimensioni di Gran Bretagna, Francia, o Italia.
e questo
I tre Grandi sapevano ancor prima di incontrarsi di voler punire la Germania. La Francia voleva vendetta, il Regno Unito voleva una Germania relativamente forte economicamente per controbilanciare il predominio continentale della Francia, e gli Stati Uniti volevano la creazione di una pace permanente il più in fretta possibile, cosi come la distruzione dei vecchi imperi. Il risultato fu un compromesso che non lasciò nessuno soddisfatto.
CROLLA L’IMPERO SPAGNOLO, LA CATALOGNA VUOL FAR DA SÉ
Il “catalanismo” è una sensibilità politica che nacque all’interno del più vasto movimento di rinascita della cultura catalana. Questo fenomeno, denominato Renaixença, si sviluppò verso la seconda metà del secolo XIX, e segnò la riscoperta di tutte le tradizioni catalane: la lingua, il diritto, la storia ed il folklore. La rinascita della cultura
catalana, che è peraltro iscrivibile nella coeva cornice europea del patriottismo romantico, fiorì anche per motivazioni intrinseche e specifiche al contesto spagnolo.
Innanzitutto il desastre del ’98. La sconfitta militare inflitta dagli Stati Uniti d’America nell’anno 1898 sancì la fine definitiva del secolare impero coloniale spagnolo in America Latina. La perdita di Cuba e delle Isole Filippine, oltre ad essere un’evidente perdita economica in termine di materie prime destò ai contemporanei grande emozione. La Spagna dal 1492: anno dell’unificazione e della scoperta del Nuovo Mondo aveva basato il suo stesso concetto di esistenza sul valore dell’Impero e dell’evangelizzazione degli amerindi.
Il secondo motivo che contribuì allo sviluppo di una politica regionale, è da ritrovare nell’incapacità del sistema spagnolo di riprodurre un modello di democrazia liberal-parlamentare capace di gestire la modernità. Il fallimento della classe politica madrilena si scontrò con l’indiscussa leadership economica della ricca borghesia catalana.
Nel 1880 Valentì Admiral, un repubblicano federale, convocò il primo congresso catalano apolitico ed interclassista, che in un certo modo può essere considerato l’atto di nascita del catalanismo moderno. In questo articolo si vuole mettere in evidenza come il catalanismo, dopo un prima fase embrionale, abbia acquisito sempre maggior coscienza di sé.
La crescente consapevolezza ha dato seguito alla costruzione di movimenti ed istituzioni politiche. Queste se da un lato furono determinanti per il conseguimento di risultati pratici, dall’altro hanno segnato per sempre la fine di una sorta di età dell’innocenza del regionalismo catalofono. Nel corso del XX secolo il catalanismo si cristallizzò come movimento politico, che in modi e per fini diversi si segnalava per essere la richiesta di autogoverno. Le vicende che attraversano il ‘900 catalano segnarono la perdita di unità, compattezza e trasversalità interclassista. Il movimento catalanista si divise al suo interno sviluppandosi in una lotta politica che raggiunse momenti di grande drammaticità.
In particolare si vuole qui analizzare gli avvenimenti della Semana Trágica, della guerra civile e della transizione post-franchista mettendo in risalto gli aspetti di divisione non tanto dei partiti catalani, ma di quelli catalanisti. In altre parole come le divisioni di censo attraversino la storia politica del principato.
1909 La semana trágica
Le elezioni del 1907 segnarono a Barcellona la vittoria di Solidaritat Catalana con il 67% dei voti. Solidaritat era un’alleanza elettorale composta da due diverse formazioni politiche. Si trattava di un esperimento di pragmatismo politico, atto al raggiungimento di obbiettivi minimi ampiamente condivisi. All’interno di Solidaritat vi erano due diverse anime. Da un lato gli uomini della Lliga Regionalista che era il partito fondato da Prat de La Riba. La Lliga era una formazione segnata da un nazionalismo di tipo borghese e conservatore. Poteva dirsi espressione dei timori di un settore degli industriali e dei proprietari terrieri. Si trattava di un catalanismo di tipo imperialista dal punto di vista culturale, pluralista ed europeista. D’altro lato la risposta operaia alla Lliga: Solidariedad Obrera che rappresentava con il sindacato UGT un catalanismo socialmente modernizzatore. Molto popolare in quegli anni, tanto da meritarsi il titolo di “emperador del paralelo” anche il populista Alejandro Lerroux ed il suo Partido Repubblicana Radical fondato su un programma demagogico e fortemente anticlericale.
La Semana Trágica del 1909 non fu un fenomeno isolato, anche se unico per la drammaticità delle sua dimensioni e delle conseguenze. Gli scontri che esplosero con violenza inaudita in diverse città della Catalogna vanno analizzati nel contesto delle tensioni sociali create dalla crescente industrializzazione e dall’emergere di un movimento operaio maggiormente organizzato. Lo sciopero generale del 1902 ne era già stata un’anticipazione, ma fu nel 1909 che si ebbe il culmine dello scontro.
Questo avvenne quando il governo di Madrid presieduto da Maura decise di rispondere alle agitazioni del movimento dei lavoratori con la forza. Gli operai barcellonesi si movimentarono contro il richiamo alle armi dei riservisti, che venivano imbarcati verso il Marocco, dove erano in corso scontri con le popolazioni indigene della valle del Rif. I sindacati, in un clima già saturo di tensione, promossero tre giorni di sciopero generale
Appello all’unità fra operai e contadini contro l’impegno spagnolo in Nord Africa. I manifestanti si opponevano all’invio di truppe in un conflitto considerato come una guerra di difesa di interessi privati. Infatti l’anno precedente era stata scoperta nella zona di Melilla una miniera controllata da una società di proprietà di due aristocratici spagnoli. Inoltre veniva contestata l’opportunità di richiamare alle armi uomini spesso padri di famiglia, con mogli e figli a carico. La semana trágica segnò la rottura definitiva dell’alleanza interclassista in Catalogna. La classe dirigente per difendersi dalle rivolte operaie chiese l’intervento dello stato centrale spagnolo e del suo esercito per soffocare i moti. I signori di Barcellona si accordarono con Madrid. La classe media non si limitò a reclamare la repressione della rivolte operaie, ma si chiese ed ottenne da Madrid, l’innalzamento dei dazi per l’importazione, favorendo così la fiorente industria tessile e chimica levantina. In cambio la Catalogna rinunciò al potere politico, accettando il titubante stato liberale castigliano a guida della nazione. Gli scioperi furono sedati nel sangue.
Solo tra il 25 luglio ed il 2 agosto si contarono centinaia di feriti e di morti. L’impari lotta tra esercito spagnolo e popolo in armi organizzatosi in barricate terminò con il soccombere di quest’ultimo. Al termine degli scontri seguirono rappresaglie e processi marziali. Grande scalpore in tutta Europa suscitò la condanna a morte eseguita nel castello del Montju?c del pedagogo anarchico Francisco Ferrer i Guardia. Il fondatore dell’Escuela Moderna fu fucilato al termine di un processo sommario pieno di irregolarità nonostante la sua estraneità ai fatti.
Questi avvenimenti segnarono l’indebolimento della sinistra catalana che perse consensi in favore della organizzazioni anarco-sindacaliste. Nel 1910 nacque la Confederació Nacional del Traball CNT, che restò il sindacato egemone fino alla guerra civile. Inoltre i transfughi della Lliga si attivarono nella creazione di nuove formazioni. Come tali segnalo qui il caso di Nicolau d’Olwer e la sua Acció Catalana, il colonnello Francesc Macià che diede vita a Estat Català. Lluís Companys e la Uniódels Rabassaires.
1937 La semana de sangre
Il 17 luglio 1936 la sollevazione dei generali contro il legittimo governo della Repubblica trovò a Barcellona una fiera difesa di popolo. Il governo catalano della Generalitat, nella persona del presidente Companys, rifiutò la distribuzione delle armi al popolo, nonostante fossero proprio i civili più che i militari a difendere le istituzioni democraticamente elette. Nelle caserme a tutti i livelli i militari diedero nella maggior parte dei casi pieno appoggio al pronunciamiento, o al limite assunsero un ambiguo atteggiamento temporeggiatore. La vittoria dei lealisti fu schiacciante per merito delle organizzazioni anarco-sindacaliste, che difesero la città dai nazionali senza tuttavia rompere con il governo regionale della Generalitat nonostante il mancato aiuto. Le armi furono ottenute dagli anarchici grazie all’idea del marinaio Juan Yague, che suggerì di andarle prendere dai quadrati ufficiali dei cargo ancorati nel porto.
Dopo tre giorni di combattimenti nella città di Barcellona il putsch si concluse con un fallimento. La città fu in mano agli anarchici che invitarono la popolazione a riorganizzare la nuova società dal basso secondo i precetti del comunismo libertario.
La Barcellona rivoluzionaria del 1936 fu splendidamente descritta in Homage to Catalunya da George Orwell. Lo scrittore britannico arruolatosi nel battaglione Lenin ha saputo unire ad un lucido sguardo politico il suo fenomenale talento letterario, lasciandoci così una commuovente testimonianza dell’estate anarchica della “Rosa di Fuoco”.
Il governo rivoluzionario nel primo periodo (luglio-settembre), costituì un comitato di governo basato su di una larga alleanza di tutte le forze antifasciste: il Comité Central de Milícies Antifeixistes de Catalunya. I principali provvedimenti del Comitato furono volti alla coerente applicazione dei principi dell’anarchia e della riorganizzazione della società attraverso la libera federazione di individui dal basso verso l’alto, secondo i principi del libertarismo bakuninista così radicati nelle classi operaie. Tutto doveva essere fatto in funzione della rivoluzione: anche la guerra. L’eroe anarchico della difesa di Madrid, Bonaventura Durruti, così descrisse l’azione della sua celebre V columna: “Noi facciamo la guerra e la rivoluzione allo stesso tempo […] Ogni villaggio che prendiamo comincia ad organizzarsi in maniera rivoluzionaria”.
Il governo di guerra fu costruito su di una larga alleanza democratica e catalanista. Il golpe di Franco era infatti volto anche a sopprimere le libertà locali accettate negli statuti repubblicani. Il governo antifascista fu formato da forze filo-borghesi antifranchiste, ma con una netta maggioranza delle espressioni più radicali quali gli anarchici della CNT ed i comunisti antistalinisti del Partido Obrero Uníficacion Marxista.
Il programma di governo fu teso verso la collettivizzazione delle terre, l’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione ed a favore dell’esercito volontario non inquadrato. All’interno dello schieramento repubblicano furono i filosovietici del Partido Comunista Español i più strenui avversari della rivoluzione sociale. Il PCE che seguiva le indicazioni del PCUS da Mosca voleva vincere la guerra senza portare avanti la rivoluzione.
Il presidente Stalin aveva bisogno di uscire dall’isolamento internazionale, vista la
Manifesto dell’Unione generale del lavoro minaccia sempre più reale di un futuro attacco della Germania hitleriana. Stalin doveva persuadere i governi di Londra e Parigi che la politica di riarmo del Reich fosse più pericolosa per loro dello spettro del comunismo bolscevico.
Una rivoluzione in Spagna non poteva certo rassicurare in questo senso i parlamenti franco-britannici. La presenza in Spagna di movimenti filo-trotskisti quale il POUM, aggravò la situazione dei rivoluzionari che si trovarono a combattere su due fronti: quello della guerra contro l’esercito di Franco spalleggiato da Italia e Germania e sul fronte della rivoluzione contro le forze socialdemocratiche borghesi ed il PCE appoggiato dall’URSS. Verso la primavera del 1937 il potere statale in Catalogna venne ricostituito a tutti i livelli.
Il 3 maggio 1937 la Centrale Telefonica di Barcellona, in mano anarchica dal 19 luglio dell’anno precedente, venne attaccata dai comunisti che agirono d’accordo con la quasi totalità delle forze repubblicane. Il proletariato barcellonese e la militanza anarchica e poumista innalzarono le barricate. Il governo centrale inviò forze armate e navi da guerra. Lo scontro si chiuse con l’uccisione di 500 persone, quasi tutte le vittime si contarono tra le file dei libertari. Tra queste si deve ricordare l’intellettuale italiano Camillo Berberi. Lo scontro si spostò presto dalle strade della città alle aule della politica: caduta del governo centrale, repressione poliziesca ripristino della politica moderata al fine di creare una efficiente organizzazione di guerra. Quello che fu combattuto dai catalanisti moderati fautori dello statuto repubblicano furono le politiche socialmente rivoluzionarie e l’anticlericalismo.
I socialdemocratici ed i cattolici catalani non vollero in nome del pericolo Franco lasciare al proletariato ed ai contadini l’iniziativa politica che avrebbe preso un corso troppo pericoloso per i loro interessi. Il Caudillo entrò vittorioso in una Barcellona deserta il 26 gennaio 1939, dopo aver sconfitto un esercito stanco e diviso, che fino al 1937 grazie alla forza d’animo delle milizie popolari e delle brigate internazionali aveva conquistato posizioni vantaggiose.
Mentre Franco entrava nella capitale catalana, diventata provvisoriamente sede delle Cortes repubblicane dopo la caduta di Madrid, circa mezzo milione di persone cercarono di riparare in Francia per fuggire alla rappresaglia del Generalissimo. I primi provvedimenti del dittatore furono l’abrogazione dell’autonomia catalana e la proibizione della lingua catalana. La Catalogna sprofondò dal punto di vista legislativo al tempo di Filippo V Borbone e del suo Decreto de Nueva Planta datato 1716. La situazione rimase gravissima per tutta la durata del regime. Franco governò per 36 anni, fino alla sua morte avvenuta nel novembre 1975, mantenendo una struttura centralizzata basata sull’abolizione di ogni diritto autonomista, soppressione della lingua e proibizione di qualsiasi libero sindacato e partito politico.
1977 La roctura pactada
La nuova scuola: insegnamento scientifico e razionale
La natura e la pratica del regime di Franco non fecero altro che rafforzare il sentimento catalanista in ogni strato sociale della popolazione. La lotta per il ripristino delle libertà democratiche si legò indissolubilmente con quella per il recupero dell’autonomia ed il ristabilimento della Generalitat. Nel 1971 nacque l’Assemblea de Catalunya con l’intento di unificare l’unità del poble catalá e creare una alternativa permanente di lotta democratica.
La giovane borghesia europeista espressione dei settori più dinamici della finanza partorì due progetti di tipo liberale: il Centre Catalá e l’Unió Democratica guidata da Jordi Pujol. Entrambi erano partiti cattolici d’ispirazione progressista ed europeista. Pujol era fortemente legato alla Banca Catalana ed al Barcelona Footbal Club. Un difensore degli interessi della ricca borghesia industriale e finanziaria, che aveva dato prova della sua sincera fede democratica e catalanista con l’arresto e la detenzione durante il regime.
A sinistra, a difesa delle masse lavoratrici lasciate da anni senza alcuna rappresentanza politica e sindacale, riscosse maggior successo il Partit Socialista Unificat de Catalunya. Il PSUC, pur facendo proprie le principale aspirazioni autonomiche, deve essere considerato l’appendice catalana del Partido Comunista Español. La politica che venne seguita era quindi quella proposta dal segretario generale Carrillo: eurocomunismo, compromesso storico e riconciliazione nazionale.
Su posizioni “rotturiste” ed indipendentiste si attestarono invece gruppi come il Partit Socialista d’Allibberament Nacional dels Pa?sos Catalans, che propose atteggiamenti radicali di lotta armata simili a quelle dei baschi di ETA.
Gli anarchici, assai minoritari, pur simpatizzando per le idee federaliste, sul modello degli scritti di Bakunin e Pi y Margall, considerarono relativo il problema delle nazionalità. Coerentemente al principio di negazione dei valori di stato e patria non considerarono mai indispensabile costruire una nazione catalana come premessa di una rivoluzione sociale. I libertari, quindi, si mossero alla ricostruzione del movimento ancora vessato dalla repressione poliziesca.
Alla morte di Franco, come stabilito dalla legge di successione del 1969, fu ristabilita la monarchia nella persona del Re Juan Carlos Borbone. Il nipote dell’ultimo re di Spagna: Alfonso XIII, nell’estate del 1976 nominò Suárez a capo del governo in sostituzione del dimissionario Arias Navarro.
Il giovane presidente, che era cresciuto politicamente nel Movimento, decise di puntare verso una modernizzazione delle istituzioni politiche del paese mantenendo integra la legalità post-franchista. Suárez era consapevole che la politica “continuista” di Arias non sarebbe stata percorribile perché il consenso nei confronti del regime si era eroso. All’interno delle stesse colonne del franchismo quali: chiesa, esercito e mondo imprenditoriale troppi si opponevano ad un cambiamento solo cosmetico del regime.
Suárez condusse il paese verso le elezioni del 15 giugno 1977 senza che l’opposizione democratica svolgesse alcun ruolo politicamente attivo. Il partito dell’esecutivo dispose di una campagna elettorale facilitata, scelse la legge elettorale, dispose delle forze di polizia e dei mezzi di comunicazione di massa. Nonostante ciò i democratici applaudirono il premier che seppur in maniera autoritaria e patriarcale condusse il paese verso il primo voto dal 1936.
In Catalogna l’unità del cartello elettorale denominato Pacte Democrátic fu solo apparente. La legge elettorale votata dalle Cortes franchiste vietò la partecipazione all’appuntamento con il voto a tutte le formazioni marxiste leniniste, anarchiche, repubblicane ed indipendentiste.
Le forze illegali che non vollero confluire con i comunisti del PSUC si presentarono raggruppate in coalizioni quali Entesa dels Catalans, che ottennero un grande successo di voti.
Fu creata una assemblea con il compito di trattare con il governo di destra di Madrid per l’approvazione di una nuova carta costituzionale e di un nuovo statuto autonomico. L’Assemblea dei Parlamentaris de Catalunya che si costituì con il sistema proporzionale fu presieduta da Josep Tarradellas, già presidente della Generalitat in esilio. Pujol per non perdere l’iniziativa, propose ed ottenne la creazione di una Comissió Permanent de l’Assemblea con il compito di negoziazione.
Il 17 ottobre 1977 Tarradellas venne invitato dal suo esilio francese di Saint-Martin-le-Beau a Madrid di fronte al Pubblicità per un giornale indipendentista catalano
presidente Suárez ed al Re Juan Carlos che lo nominò presidente della ristabilita Generalitat. La nomina avvenne nella Moncloa, la residenza ufficiale del Re. Questo avvenimento, che per via della velocità e della sorpresa quasi da blitz militare prese nome di “Operazione Tarradellas” fu per certi versi clamoroso. Tarradellas fu l’unico caso di un’investitura istituzionale elargita dal Re nei confronti di esponenti politici che rappresentavano una legalità di tipo repubblicano ed antifranchista. Il vecchio Presidente dovette in cambio accettare la legalità della monarchia e le sue leggi.
In un primo momento la cosiddetta ”operazione Tarradellas” apparve come una vittoria dell’opposizione. E se è vero che lo fu sul breve periodo, appare evidente che fu un successo dei postfranchisti in una prospettiva storica più ampia. Il governo, senza nulla perdere e giocando d’anticipo, eliminò gran parte delle richieste che venivano mosse dal Levante. In particolare Tarradellas a nome della collettività politica catalana accettò l’unità indivisibile dello stato e la monarchia che ne è a capo. Conseguenze del ristabilimento dell’honorable furono lo scioglimento dell’Assemblea de Catalunya e del governo della Generalitat in esilio. Il potere della Generalitat fu presto definito nell’ambito della nuova cornice costituzionale e dagli statuti d’autonomia che ne fecero da corollari.
Gli accordi della Moncloa segnarono il patto decisivo tra i franchisti aperturisti ed i democratici riformisti.
Il meeting della Moncloa si svolse il 27 ottobre 1977 ufficialmente per un’ampia convergenza sui piani di rilancio dell’economia spagnola. Furono invitati i partiti politici ma non i sindacati. Le soluzioni trovate per uscire dall’impasse della crisi, conseguenza anche del crack petrolifero del ’73, si adottarono soluzioni di tipo liberista.
La Moncloa segnò il consolidamento di un nuovo ampio consenso basato sull’economia liberale, la monarchia parlamentare, l’unità della patria spagnola. I rappresentanti catalani nell’assemblea costituente furono espressione di questa nuova legalità. Convergència Democratica e PSUC non difesero il principio dell’autodeterminazione dei popoli e dell’autonomia catalana. Quando il deputato basco Latemendía Belzunce propose un articolo che regolasse la possibilità di celebrare un referendum indipendentista la mozione fu bocciata all’unanimità. I catalani, al momento del voto si assentarono.
Conclusione: Catalogna nazione?
La lezione che si ricava dall’appassionanti vicende del ‘900 catalano è, fuor di dubbio che una “questione” catalana esiste. Questa affermazione che suona oggi ancor più scontata alla luce dei provvedimenti assunti dall’attuale governo Zapatero, appare già come una conquista rispetto al franchismo ed alla sua retorica tradizionalista e patriottica . L’autonomia come possibilità di libere espressione politica, questo pare oggi l’obbiettivo del catalanismo moderno. Tanto più che sembrerebbe evidente che il nazionalismo catalano mitologico e millenarista sia tanto vuoto quanto il nazionalismo “classico” spagnolo. Le divisioni all’interno dello società catalana mostrano proprio che se la Catalogna è nazione, lo è con tutte le contraddizioni delle moderne democrazie europee.
Certo che se fossimo entrati in guerra affianco degli AustroTedeschi forse ci saremmo potuti togliere l'impareggiabile sfizio di sfilare per i Campi Elisi.
Sarebbe proprio valsa la pena correre il rischio...quanto mi fan pena quei fessi dei Francesi...
Some people choose to see the ugliness in this world, the disarray. I choose to see the beauty. To believe there is an order to our days. A purpose.
Certo che se fossimo entrati in guerra affianco degli AustroTedeschi forse ci saremmo potuti togliere l'impareggiabile sfizio di sfilare per i Campi Elisi.
Sarebbe proprio valsa la pena correre il rischio...quanto mi fan pena quei fessi dei Francesi...
sarebbe stata una magra consolazione ma anche a me sarebbe piaciuto parecchio!
Certo che se fossimo entrati in guerra affianco degli AustroTedeschi forse ci saremmo potuti togliere l'impareggiabile sfizio di sfilare per i Campi Elisi.
Sarebbe proprio valsa la pena correre il rischio...quanto mi fan pena quei fessi dei Francesi...
Maledetti mangiaranocchie!!!
LA GUERRA PRIVATA DEL COLONNELLO LETTOW-VORBECK
Il colonialismo tedesco nel continente africano è una vicenda durata lo spazio di tre decenni o poco più, dai primi anni Ottanta del XIX secolo fino alla conclusione della Grande Guerra. Come l'Italia, anzi più di noi giunta in extremis sul palcoscenico della storia mondiale nelle vesti di stato unitario, la Germania del secondo impero recuperò il tempo perduto lanciandosi in una efficace campagna coloniale nel cuore del continente nero. Ne fu artefice il cancelliere di ferro Otto von Bismarck che tra il 1878, anno della prima spedizione della Società Africana Tedesca in Tanganika, e il 1885, quando la Conferenza di Berlino per gli Affari Africani delineò i criteri generali della politica coloniale europea nel continente, si mosse con gradualità e prudenza per ritagliare un posto al sole a uno stato in piena espansione economica e commerciale.
Sulle effettive ambizioni coloniale di Bismarck bisognerebbe aprire un capitolo a parte, perché da politico accorto qual era sapeva che l'Inghilterra avrebbe mal tollerato una competizione troppo stretta in ambito coloniale. Così come era a conoscenza del fatto che il prestigio offerto dall'acquisizione di territori oltremare non sempre portava come contropartita un beneficio economico immediato. Buona parte dell'Africa era ancora da esplorare e si favoleggiava di immense ricchezze custodite al suo interno, ma i costi per la realizzazione delle infrastrutture e per garantire una presenza articolata e costante sul territorio erano esorbitanti. Più praticabile era invece un'altra formula di controllo, quella lungo la costa, intesa a garantire basi d'appoggio per le rotte commerciali.
La penetrazione tedesca in Africa si mosse quindi tra questi limiti, dettati di volta in volta dall'opportunità politica ed economica. Ma c'era un ulteriore vincolo. Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo e Belgio si erano già accaparrati i territori migliori. Gli spazi di manovra per Bismarck erano quindi molto limitati. Fu così che la presenza tedesca in Africa si articolò giocoforza in direzione di quei territori, forse meno appetibili, certo di più difficile controllo amministrativo, lasciati indietro dalle altre potenze.
Furono quattro le principali aree di insediamento coloniale tedesche. L'Africa del Sud-Ovest, il Togo, il Camerun e il Tanganika, corrispondente all'attuale Tanzania.
Le vicende di quest'ultima colonia, e in particolare le vicissitudini belliche in cui fu coinvolta con lo scoppio della prima guerra mondiale sono rievocate in un bel volume di Alberto Rosselli, giornalista e saggista noto ai lettori di Storia in Network, specializzato nel riportare alla luce grandi avvenimenti storici che un certo provincialismo delle nostre accademie e delle nostre case editrici impedisce di riconoscere come tali. Rosselli ci aveva già abituati ricostruendo il conflitto anglo-francese in Nordamerica alla metà del XVIII secolo, la crisi finale dell'Impero Ottomano durante la prima guerra mondiale e le vicende dell'opposizione anticomunista in Europa Orientale dopo la Seconda Guerra mondiale. Con questo volume (L'ultima colonia, Gianni Iuculiano Editore) dedicato alla guerra coloniale nell'Africa orientale tedesca si riconferma attento studioso, pronto a cogliere i grandi eventi anche nei passaggi "tattici" meno noti, in guerre, battaglie ed episodi che hanno goduto degli effimeri onori della cronaca ma non necessariamente di quelli duraturi della storia.
L'ultima colonia che dà il titolo al volume era appunto il Tanganika, un territorio in buona parte montuoso e collinare, tagliato da grandi fiumi, bagnato da immensi laghi come il Vittoria, il Tanganika e il Nyassa, e ricoperto da una vegetazione lussureggiante. Quando scoppiò la prima guerra mondiale vi risiedeva una popolazione mista composta da più di sette milioni di indigeni, da quindicimila emigrati indiani e da diverse migliaia di arabi. I tedeschi erano circa cinquemila. Cinquemila più uno. Perché nel corso degli eventi bellici suscitati dalla dichiarazione di guerra del 1914 emergerà su tutte la figura del colonnello Paul Lettow-Vorbeck, audace e fantasioso comandante in capo dell'esercito tedesco in Tanganika. Quarantaquattro anni, militare di carriera con esperienze quasi sempre all'estero, soprattutto in Cina e in Africa, Vorbeck era un uomo intelligente, carismatico, esigente ed estremamente leale. Oltre a un coraggio innato aveva spiccate doti organizzative e un sopraffino intuito militare. Un Rommel della Grande Guerra, senza però il supporto tecnologico dell'Afrika Korps. Quando nell'agosto del 1914 scoppiarono le ostilità in Europa, nella lontana colonia tedesca gli effettivi dell'esercito erano costituiti da non più di 3000 soldati e da circa 12.000 ascari, cui si contrapponevano 160.000 uomini nei territori confinanti in mano alla forze dell'Intesa.
I punti di forza dell'esercito di Vorbeck erano l'agilità - una scelta praticamente obbligata vista la disparità delle forze - e lo straordinario affiatamento con le Schutztruppen, il corpo degli ascari, che il colonnello trattò al pari degli altri soldati tedeschi, consentendo loro di mantenere le proprie tradizioni culturali e religiose. Completavano lo schieramento teutonico un incrociatore leggero, qualche cannoniera e uno solo aereo, un piccolo idrovolante usato per ricognizione.
Nonostante tutti questi limiti, il contingente tedesco riuscì a tenere bloccati in Africa per tutta la durata del conflitto uomini e mezzi dell'Intesa che altrimenti avrebbero potuto essere schierati sul fronte europeo. «E' proprio sotto questo aspetto che la tenace resistenza del Tanganika tedesco va interpretata, in quanto questo possedimento fu l'ultima colonia tedesca a cedere le armi, ritardando - seppure in maniera indiretta - la resa della Germania. Costretti a combattere in condizioni di netto svantaggio, tra il 1914 e il 1918, i reparti di Vorbeck metteranno in pratica, con grande profitto, tutte le tecniche legate alla guerriglia, costringendo il nemico, di gran lunga meglio armato ed equipaggiato, ad un difficile confronto, reso ancora più logorante dalla natura del territorio e dal clima africano equatoriale».
Le scaramucce iniziarono l'8 agosto 1914 quando tre incrociatori inglesi bombardarono Dar es-Salaam, la capitale amministrativa del Tanganika. Fu più che altro un'azione dimostrativa, ma che evidenziò subito quale fosse la strategia inglese, dettata direttamente da Sir Winston Churchill, allora Primo Lord dell'Ammiragliato: conquistare subito tutti i territori d'oltremare dove sventolava la bandiera del Kaiser. E nel giro di pochi mesi le cose volsero decisamente a favore delle forze dell'Intesa. Alla fine del 1915, con l'occupazione del Togo, dell'Africa del Sud-Ovest e del Camerun il Tanganika rimase praticamente tagliato fuori da qualsiasi collegamento. L'arma giocata dal capitano Vorbeck fu allora quella della guerra guerreggiata, del sabotaggio delle linee ferroviarie nemiche tra Nairobi e Mombasa, dei raid mirati contro località o postazioni inglesi per fiaccare il morale dell'avversario.
Un avversario che invece poteva contare sui notevoli rifornimenti di uomini e mezzi provenienti dall'India. Vorbeck, per conto suo, dovette inventarsi un sistema di autoapprovvigionamento, una sorta di economia di guerra necessariamente autarchica. Dagli alberi da cocco i suoi tecnici estrassero un liquido che mischiato all'olio minerale veniva trasformato in una specie di carburante. Per sostituire i copertoni degli autoveicoli si allestì una produzione di gomma. Con il salnitro e lo zolfo presenti in abbondanza gli artificieri confezionarono mine e cariche esplosive.
La storia di quei quattro anni abbondanti di guerra è un rincorrersi di azioni ardimentose, di colpi rischiosi messi a segno da entrambi i contendenti, di vittorie e di sconfitte che però non ebbero mai come esito le abominevoli carneficine del fronte occidentale. E che forse proprio per questo motivo ci appaiono oggi con i toni del confronto epico e cavalleresco. Come quando gli ascari tedeschi riuscirono a bloccare, a colpi di baionetta, un maldestro sbarco inglese a Tanga. O quando gli inglesi affondarono l'incrociatore leggero Könisgberg nascosto lungo il fiume Rufiji: prima lo bloccarono ostruendo la foce del fiume poi lo finirono a colpi di cannonate. Altrettanto epica e sofferta la conquista inglese del forte di Bukoba, sulla sponda occidentale del Lago Vittoria, e quasi al limite del leggendario la missione, poi fallita, di un gigantesco Zeppellin partito da Berlino per portare soccorso alle truppe accerchiate.
La tenace difesa ebbe fine il 25 novembre 1918, quando la guerra in Europa era terminata da qualche settimana. «A mezzogiorno Vorbeck, alla testa delle ultime Schutztruppen fece il suo ingresso nel campo trincerato di Abercon dove in cima ad un alto pennone sventolava la Union Jack. Con fare impassibile, il colonnello tedesco fece allineare le sue truppe nella piazza d'armi del forte, dopodiché salutò la bandiera e gli ufficiali britannici. Poi Vorbeck proclamò ad alta voce la formale dichiarazione di resa ». Qualche giorno dopo il colonnello e i suoi ufficiali furono invitati a colazione dal generale van Deventer, il comandante in capo del contingente che aveva guidato le operazioni contro i tedeschi. Il generale non lesinò loro i complimenti per il coraggio e l'abilità dimostrati nella lunga campagna.
o ca**o! ci sarebbe da fare un'enciclopedia, co tutti sti argomenti!!! purtroppo mi beccate in un pomeriggio in cui ho pochissimo tempo avete la mia parola, xò, che me li leggerò tutti, dal primo all'ultimo! intanto, come assaggino, tiè, beccateve questo!
LA LOGGIA P2
Basteranno poche righe per permettervi di capire la carica e la potenza che andò assumendo la loggia “Propaganda 2”, comunemente nota come P2, nata nel seno della più grande associazione di Palazzo Giustiniani a partire dal 1971. In questa data Licio Gelli viene posto a capo della suddetta loggia: Gelli è un personaggio molto particolare, la cui entrata nella massoneria non fu priva di perplessità all’interno dell’associazione stessa, tanto che la sua richiesta di ammissione fu tenuta in sospeso per un anno prima di essere discussa. Già nel 1969 comunque, pur senza rivestire ruoli di prestigio presso Palazzo Giustiniani, il Gelli ricevette l’incarico di dare il via ad una riunificazione di tutte le logge italiane, soprattutto al fine far cadere le barriere esistenti con il mondo cattolico. Per capire bene a fondo cos’era la P2 è necessario prendere dei punti di riferimento: prima di tutto si trattava di una loggia “coperta”, di una loggia, cioè, che non rendeva noti i nomi dei propri affiliati, i quali per giunta molto spesso non sapevano chi fossero i loro confratelli, per lo meno negli strati più bassi. Secondo poi i piduisti non erano di certo persone qualunque… Tra gli iscritti troviamo nomi illustri quali Roberto Calvi (allora presidente del Banco Ambrosiano), Michele Sindona (cassiere della mafia) e poi alti gradi dell’esercito, dei servizi segreti, ministri, prelati e giornalisti. Notissima ormai al grande pubblico l’affiliazione di Silvio Berlusconi, che si presume abbia ricavato le sue grandi ricchezze e la possibilità di costruirle proprio grazie alla sua presenza nella loggia. Riportiamo un brano da “Piano della rinascita della democrazia” dello stesso Gelli, datato 1976: -“Nei confronti della stampa (o meglio dei giornalisti) l’impiego degli strumenti finanziari non può, in questa fase, essere previsto nomitatim. Occorrerà redigere un elenco di almeno 2 o 3 elementi, per ciascun quotidiano o periodico in modo che nessuno sappia dell’altro. L’azione dovrà essere condotta a macchia d’olio, o, meglio, a catena, da non più di 3 o 4 elementi che conoscono l’ambente. Ai giornalisti acquisiti dovrà essere affidato il compito di “simpatizzare” per gli esponenti politici come sopra prescelti […]. In un secondo tempo occorrerà: a) acquisire alcuni settimanali di battaglia; b) coordinare tutta la stampa provinciale e locale attraverso un’agenzia centralizzata; c) coordinare molte tv via cavo con l’agenzia per la stampa locale; d) dissolvere la Rai – tv in nome della libertà di antenna.”- . Potrebbe sembrare strano che alcuni di questi punti sono stati attualmente realizzati dal governo Berlusconi… ma questa è un’altra storia. Lo “smascheramento” della P2 avvenne attraverso le indagini dei pm di Roma e Milano riguardo l’utilizzo e la destinazione dei fondi del Banco Ambrosiano, che portarono all’arresto di Calvi. Quest’ultimo, uomo debole ed inadeguato per il ruolo assegnatogli nella loggia, commise fin troppi errori che pagò a carissimo prezzo. Fu trovato ucciso presso il “Blackfriars Bridge” a Londra nel giugno del 1982, incastrato dalla massoneria con la connivenza della “banda della magliana”, ed in particolare di Flavio Carboni: Licio Gelli e il suo braccio destro, Umberto Ortolani, pianificarono una trappola per far fuggire Calvi dall’Italia (gli fu mostrato un falso mandato di cattura) per poi ucciderlo a Londra. Erano certamente a conoscenza dei fatti, oltre ai vertici piduisti, esponenti della malavita organizzata e dello Ior (coinvolta per un flusso di fondi dal Banco Ambrosiano da indirizzare al sindacato polacco Solidarnosc). Come spiegare però, contando su una così fitta rete di appigli istituzionali, lo “smascheramento” e lo “sgretolamento” della loggia? Al di là di ogni ragionevole dubbio possiamo pensare che la P2, portata ad una situazione di estremo rischio per l’inaffidabilità di alcuni affiliati, abbia deciso autonomamente un rimpasto per consolidare di nuovo la propria posizione. In fin dei conti i progetti di Gelli oggi sono legge della Repubblica Italiana.
(Messaggio modificato da Ser Loras Tyrell:occhio alle esclamazioni =P)
interessante onestamente non sapevo che anche berlusconi appartenessa al P2 però sapevo di murizio costanzo!
ha avuto un ruolo anche nel golpe fallito?(anche se sarebbe giusto dire mai attuato visto che fù sventato sul nascere!)
Sul golpe ancora nn ho letto nulla, anke se un suo coinvolgimento non lo escluderei
Ma ci sono prove che sia esistita una fi**ta del genere o sono solo voci ??? Mi sembra di risentire la storia del Priorato di Sion e di cospirazioni ad alti livelli. Ci sono prove della sua esistenza ???
E poi scusate l'ignoranza : che cosa è il golpe ??????
sì le prove ci sono!un golpe è un colpo di stato e in italia ci siamo andati parecchio vicini negli anni 70!non sò molto sull'argomento magari qualcuno più ferrato di me potrebbe dare maggiori informazioni!
guarda, dopo domenica forse ti saprò dire molto di più..x ora quello che sò è che il P2 è strettamente collegato alla Massoneria, che nn è la semplice organizzazione finalizzata al custodire segreti edili e affini che era una volta..ti basti sapere che al giorno d'oggi Bush è il capostipite dei massoni domenica pomeriggio, qui a roma, ho un incontro con un'associazione che studia a fondo il problema della massoneria, o più in generale della storia da un punto di vista diverso da come l'abbiamo sempre visto..siccome prevedo che ne scoprirò delle belle, se riterrò che sia tutto se non esattamente vero, almeno verosimile, vi racconterò un po' di cose
E poi scusate l'ignoranza : che cosa è il golpe ??????
Ne so molto poco.
Penso di tratti del tentato colpo di stato organizzato ma mai attuato da alcune frange neofasciste appunto negli anni settanta.
In particolare si parlava di un sequestro di Saragat, dell'occupazione di alcuni Ministeri e della Rai.
I motivi per i quali si decise all'ultimo di evitarlo non sono ancora del tutto chiari.
Chiaramente bisogna stare all'occhio dalle immancabili politicizzazioni e dalle croniche inesattezze di Wikipedia.
Vedo con piacere però che le mie sommarie informazioni erano piuttosto esatte.
domenica pomeriggio, qui a roma, ho un incontro con un'associazione che studia a fondo il problema della massoneria, o più in generale della storia da un punto di vista diverso da come l'abbiamo sempre visto..siccome prevedo che ne scoprirò delle belle, se riterrò che sia tutto se non esattamente vero, almeno verosimile, vi racconterò un po' di cose
E io non vedo l'ora di ascoltarti
TERRORISMO RISPETTABILE
Dall'Hagana all'Irgun, le operazioni segrete in Palestina
URI AVNERY
Un buon consiglio ad Abu Mazen: stai alla larga dall'Altalena! Nel prossimo futuro Abu Mazen è destinato a sentire ripetere questo nome fino alla nausea. Ogni israeliano che incontrerà gli chiederà di fare ad Hamas ciò che Ben Gurion fece a quella nave. Ma sarà una richiesta insidiosa. Una breve analisi dimostrerà il perché.
Alla vigilia della fondazione dello stato di Israele, in Palestina c'erano tre organizzazioni ebraiche armate. In privato, gli esperti della sicurezza israeliana paragonano le organizzazioni palestinesi attuali ad esse. La più grande era l'Hagana (Difesa), una milizia semi-ufficiale e semi-clandestina della leadership sionista. Può essere paragonata a Fatah (Tanzim). La seconda era l'Irgun, ossia l'Organizzazione militare nazionale di destra di Menahem Begin. L'Irgun era nato negli anni `30 in seguito a una scissione dall'Hagana e conduceva azioni sanguinose contro gli arabi e le forze di occupazioni britanniche. Può essere paragonato all'ala militare di Hamas. Ancor più estremisti erano i Combattenti per la libertà di Israele, comunemente conosciuti come la banda Stern (dal nome del suo fondatore, poi ucciso dalla polizia britannica). Questo gruppo era uscito dall'Irgun nel 1940, dopo che l'organizzazione aveva acconsentito a un "armistizio" con gli inglesi allo scoppio della seconda guerra mondiale. C'è una certa rassomiglianza tra gli "sternisti" e la Jihad islamica.
La leadership sionista eletta, guidata da Ben Gurion, detestava i due gruppi "dissidenti", in primo luogo perché questi le impedivano di condurre la politica che riteneva giusta. Ogni volta che si discuteva un compromesso con le autorità britanniche, essi compivano qualche azione spettacolare contro gli inglesi, come l'attentato dinamitardo al quartier generale britannico presso l'hotel King David, oppure l'omicidio di Lord Moyne o l'impiccagione di due sergenti britannici. In secondo luogo, i dissidenti minacciavano la sua autorità. In terzo luogo, la leadership era di sinistra, mentre l'Irgun era di estrema destra. (L'ideologia degli sternisti è più difficile da definire).
Ben Gurion e i suoi colleghi tentarono di tutto. Alla fine del 1944 avviarono persino un'operazione chiamata in codice Saison. Gli uomini dell'Hagana furono incaricati di rapire i membri dell'Irgun per strada e nelle loro case e di consegnarli alla polizia inglese, che li interrogò sotto tortura e li incarcerò.
Fu Menahem Begin, il comandante dell'Irgun, a impedire una sanguinosa guerra civile. Egli non rifuggiva dal versare sangue arabo e britannico, ma considerava ripugnante versare sangue ebraico. Vietò ai suoi uomini di reagire e i membri dell'Irgun non si difesero neanche durante i giorni peggiori della Saison. Il suo rivale, il leader della banda Stern Nathan Yellin-Mor, impartì ordini diversi. Anni dopo mi ha raccontato: "ebbi un incontro segreto con il leader dell'Hagana, Eliyahu Golomb. Appoggiai il mio revolver davanti a me, sul tavolo, e dissi: `Ciascuno di noi aprirà il fuoco su chiunque tenterà di rapirci'". L'Hagana saggiamente decise di non passare all'azione contro questo gruppo.
E l'Altalena? Quando Ben Gurion proclamò l'istituzione dello stato di Israele nel maggio 1948, egli era determinato a mettere fine a tutte le organizzazioni armate tranne l'Hagana, che divenne l'IDF (nome ufficiale ebraico: esercito israeliano dell'Hagana). Aspettava solo un'occasione favorevole. Questa giunse quando l'Irgun inviò nel nuovo stato una nave carica di combattenti, armi e munizioni. La nave si chiamava Altalena (pseudonimo di Vladimir Jabotinsky, il padre spirituale e politico del Likud). I dettagli dell'Affair Altalena sono ancora avvolti nel mistero, ma l'esito è chiarissimo: Ben Gurion chiese che tutte le armi fossero consegnate a lui, Begin rifiutò. Contro la nave, che aveva raggiunto la spiaggia di Tel Aviv, fu aperto il fuoco. L'attacco era comandato da Yitzhaq Rabin. Menahem Begin, che era salito a bordo, fu fatto allontanare dai suoi uomini via mare e fuggì. Alcuni degli uomini dell'Irgun restarono uccisi, la nave affondò con tutte le armi nella stiva. Ben Gurion elogiò pubblicamente il "santo cannone" che l'aveva affondata.
Tutto questo accadeva nel mezzo della guerra contro gli arabi. Agendo in modo risoluto, Ben Gurion mise fine una volta per tutte all'esistenza di eserciti privati in Israele. (Tre mesi dopo egli distrusse anche la banda Stern, prendendo a pretesto l'omicidio del mediatore Onu svedese, il conte Folke Bernadotte, da parte degli sternisti.)
Quanti oggi chiedono che Abu Mazen "ripeta l'affaire Altalena", stanno avanzando una richiesta demagogica e pericolosa. Le circostanze sono diverse. Tra le altre cose:
Ben Gurion cominciò a distruggere l'Irgun dopo che gli inglesi se n'erano andati e lo stato di Israele era già stato istituito, sia formalmente che nei fatti. Ad Abu Mazen si chiede di fare altrettanto mentre lo stato di Palestina non esiste e l'esercito israeliano controlla tutti i territori occupati.
Ben Gurion, come oggi Yasser Arafat, possedeva la necessaria autorità morale, giuridica e materiale. Abu Mazen no.
Ben Gurion aveva a disposizione un esercito grande e disciplinato, che era già passato attraverso la verifica delle armi. (All'epoca io ero un soldato e la mia compagnia ebbe una parte indiretta nella vicenda.) Abu Mazen non ha niente. Nel corso degli ultimi due anni l'esercito israeliano ha distrutto sistematicamente le strutture delle forze di sicurezza palestinesi, comprese le loro prigioni e i loro database. Quando i soldati israeliani vedono un poliziotto palestinese armato lo uccidono immediatamente, violando gli accordi di Oslo che hanno istituito una forza di polizia armata. Non c'è analogia tra questa situazione e il background dell'affaire Altalena. Arafat e Abu Mazen oggi si stanno comportando esattamente come fece Ben Gurion in una fase simile: fanno pressione, sia moralmente che concretamente, sui "dissidenti", ci discutono e li minacciano.
L'eliminazione del nostro movimento clandestino armato è stata possibile solo perché la grande maggioranza della popolazione israeliana aveva capito che con l'istituzione dello stato era stato raggiunto l'obiettivo nazionale e le azioni dei gruppi armati non potevano che mettere a rischio questo risultato. Quando sarà istituito lo stato palestinese e la maggioranza dei palestinesi capirà che il loro obiettivo nazionale è stato raggiunto, per i loro leader non sarà difficile avere la meglio sulle organizzazioni armate che cercano di ostacolarli. Prima di allora, nessun "cannone sacro" palestinese aprirà il fuoco.
La Haganah
La Haganah e' l'organizzazione militare segreta dell'yishuv in Eretz Israel dal 1920 al 1948. I disordini arabi nel 1920 e 1921 (*q.v. Vedi anche Tel-Hai) rafforzano l'idea che e' impossibile dipendere dalle autorita' britanniche e che l'ishuv necessita della creazione di una forza di difesa indipendente, completamente libera dall'autorita' straniera. Nel giugno 1920 viene fondata la Haganah.
Durante i primi nove anni della sua esistenza, la Haganah e' un'organizzazione sciolta, formata da gruppi di difesa locali nelle citta' maggiori e nei diversi insediamenti. I disordini arabi del 1929 (q.v.) causano un cambiamento radicale nello status della Haganah, che diventa una grossa organizzazione.
· Essa comprende quasi tutti i giovani e gli adulti degli insediamenti, nonche' diverse migliaia di membri in ognuna delle citta'.
· Inizia un programma di addestramento globale per i suoi membri ed un corso addestramento ufficiali.
· Istituisce un deposito d'armi centrale, in cui affluisce un continuo flusso di armi leggere provenienti dall'Europa.
· Pone contemporaneamente le basi per produrre armi segretamente.
Gli anni 1936-1939, quelli della Rivolta Araba, sono gli anni in cui la Haganah matura e si sviluppa, passando da milizia a corpo militare. Nonostante l'amministrazione britannica non la riconosca ufficialmente, le Forze di Sicurezza Britanniche cooperano con lei formando una milizia civile (vedi Polizia d'Insediamento Ebraica P.I.E, ed anche Polizia Ausiliaria Ebraica - ghafirs. ) . Nell' estate del 1938, vengono costituite le Squadre Notturne Speciali S.N.S. sotto il comando del Capitano Orde Wingate* (vedi anche Plugot Sadeh, Yitzhak Sadeh*).
Durante gli anni dei disordini, la Haganah protegge lo stanziamento di oltre 50 nuovi insediamenti in nuove aree del paese. (Vedi Homa' Umigdal - Insediamenti Torrioni e Mura ). Quale risposta alla politica anti-sionistica del governo britannico, espressa nella Carta Bianca del 1939, la Haganah incoraggia l'immigrazione illegale ed organizza manifestazioni contro la politica anti-sionistica britannica.
Con lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, la Haganah deve fronteggiare nuovi problemi. L'organizzazione capeggia un movimento di volontari le cui unita'ebraiche si erano preparate al servizio militare nell'Esercito Britannico. (vedi Gruppo Brigata Ebraica); inoltre collabora con le unita' dell' Intelligence britannica ed invia membri del suo personale in diverse missioni commando nel Medio Oriente.
Un ulteriore esempio di questa collaborazione e' il lancio di 32 paracadutisti ebrei dietro le linee nemiche nei Balcani, in Ungheria e Slovacchia nel 1943-44. (vedi anche Hanna Szenesh*, Enzo Sereni*, Haviva Reik*). Allo stesso tempo, durante la guerra, la Haganah rafforza ulteriormente le sue basi indipendenti. Viene cosi' istituito uno speciale programma di addestramento sistematico per i giovani del paese. Nel 1941 viene istituito e mobilitato il primo reggimento della Haganah, il Palmach. Alla fine della guerra, quando diventa chiaro che la Gran Bretagna non ha nessuna intenzione di modificare la sua politica anti-sionistica, la Haganah inizia una lotta aperta e organizzata contro il dominio Mandatario Britannico. Questa lotta e' inquadrata nella cornice di un Movimento di Resistenza Ebraico unificato formato da Haganah, Irgun Zevai Le'umi - Etzel*, e Lohamei Herut Israel - Lehi*.
Distaccamenti della Haganah vengono istituiti nei campi per ebrei dislocati, in Europa, e membri della Haganah accompagnano le navi di immigranti ''iIlegali'' . Nella primavera del 1947 David Ben Gurion* si incarica di dirigere la politica generale della Haganah , in special modo in previsione di un incombente attacco arabo. Il 26 maggio 1948, il Governo Provvisorio di Israele decide di trasformare la Haganah nell'esercito regolare dello Stato e di chiamarla ''Zeva' Haganah Le-Yisrael'' - Esercito di Difesa Israeliano.
Irgun Zeva'i Le'umi - '' l'Organizzazione Militare Nazionale'' (abbr. Etzel, I.Z.L.)
L'Etzel e' un'organizzazione segreta, ebraica ed armata fondata nel 1931 da un gruppo di comandanti della Haganah , che l'avevano abbandonata per protesta contro la sua carta difensiva. Nell'aprile 1937, durante i disordini arabi, l'organizzazione si divide e, circa la meta' dei suoi membri, rientra nella Haganah. Il resto forma un nuovo Irgun Zeva'i Le'umi' (abbr, Etzel); ideologicamente e' legato al Movimento Revisionista e ne accetta l'autorita' del capo Vladimir Jabotinsky*.
Etzel respinge la politica '' controllata'' della Haganah ed effettua rappresaglie armate contro gli arabi, rappresaglie condannate dall'Agenzia Ebraica. Molti dei suoi membri sono arrestati dalle autorita' britanniche; uno di loro, Shlomo Ben Yosef, viene impiccato per avere sparato su un autobus arabo. Dopo la pubblicazione della Carta Bianca nel maggio 1939, Etzel indirizza le sue attivita' contro le autorita' Mandatarie Britanniche.
Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, l'organizzazione dichiara una tregua che sfocia in una ulteriore divisione. (vedi Lohamei Herut Israel). I membri dell'Etzel si uniscono alle unita' palestinesi dell'Esercito Britannico e, piu' tardi, alla Brigata Ebraica.
Dal 1943 Etzel viene capeggiato da Menachem Begin*. Nel 1944 Etzel dichiara guerra all'amministrazione britannica: attacca e fa saltare uffici governativi, istallazioni militari e stazioni di polizia. L'Agenzia Ebraica e la Haganah muovono contro Etzel in una campagna soprannominata "Sezon" . Etzel si unisce al Movimento di Resistenza Ebraica e, dopo il suo scioglimento nell'agosto 1946, continua ad attaccare i militari britannici e gli obbiettivi governativi.
Nell'aprile 1947 quattro membri dell'organizzazione sono impiccati nella prigione di Acco. Nel maggio 1947, Etzel irrompe nella fortezza e libera 41 prigionieri. Nel luglio 1947, quando altri 3 membri sono giustiziati, Etzel impicca due sargenti britannici.
Dopo la Dichiarazione d'Indipendenza , l'alto comando dell'Etzel offre di disperdere l'organizzazione e di integrare i suoi membri nell'esercito del nuovo stato ebraico. La piena integrazione viene raggiunta nel settembre 1948.
Lohamei Herut Israel (abbr. Lehi)
Lehi e' un'organizzazione armata segreta fondata da Abraham Stern* nel giugno 1940, dopo che l'Irgun Zeva'i Le'umi ha deciso una tregua, per la durata della guerra, alle azioni armate contro i britannici.
Lehi dichiara la continuazione della lotta contro i britannici, respinge l'arruolamento volontario degli ebrei nell'Esercito Britannico e tenta addirittura di contattare rappresentanti dell'Asse.
Durante il gennaio ed il febbraio 1942, i contrasti tra membri del "Gruppo Stern" e le autorita' britanniche raggiungono l'apice. Le autorita' britanniche reagiscono arrestando ed uccidendo membri dirigenti del gruppo. Abraham Stern* stesso viene catturato ed ucciso da ufficiali di polizia britannici. All'inizio del 1944, Lehi riprende le sue attivita', unendosi alla battaglia contro i britannici attraverso l'affiliazione al Movimento di Resistenza Ebraico. Durante e dopo questo periodo, Lehi effettua sia azioni di sabotaggio che attacchi armati, sia contro obbiettivi militari britannici che istallazioni governative. Nell'aprile 1947, Lehi comincia ad organizzare azioni di sabotaggio al di fuori della Palestina, inviando bombe ai politici britannici.
Il 28 maggio 1948, due settimane dopo la fondazione dello Stato d'Israele, i membri del Lehi si uniscono all'Esercito Israeliano; continuano pero' a combattere separatamente a Gerusalemme. Sospettandone i membri, le autorita' israeliane obbligano la banda a disperdersi dopo l'assassinio del mediatore delle Nazioni Unite, Conte Folke Bernadotte, avvenuto a Gerusalemme nel settembre 1948.Il Lehi cessa di esistere.
Il Movimento di Resistenza Ebraico
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, quando diventa chiaro che il governo britannico non ha alcuna intenzione di modificare la sua politica anti-sionistica, l'yishuv organizza il Movimento di Resistenza Ebraico, guidato dalla Haganah con la cooperazione dell'Etzel e del Lehi.
Il gruppo effettua la sua prima azione nell'ottobre 1945, qundo un'unita' del Palmach* attacca il campo di internamento di Atlit e libera i 208 immigrati "illegali" li' trattenuti. Nel novembre 1945, il Movimento mostra la sua forza lanciando un attacco massiccio su tutte le ferrovie e affondando diverse lancie costiere di ronda. Nei mesi successivi il Movimento sferra attacchi contro centrali di polizia britanniche, stazioni della guardia costiera, istallazioni radar e spazi aerei.
Nel giugno 1946 il Movimento di Resistenza Ebraico fa saltare i ponti che collegano la Palestina agli stati vicini. Le autorita' britanniche reagiscono a questo attacco il 29 giugno 1946 (" Il Sabato Nero") arrestando i membri dell'Esecutivo dell'Agenzia Ebraica. Le forze militari perquisiscono gli insediamenti cercando nascondigli per le armi ed arrestano migliaia di persone. L'Agenzia Ebraica ordina di cessare le azioni armate contro i britannici, ma Etzel e Lehi rifiutano di obbedire. Nel luglio1946, Etzel fa saltare gli uffici governativi centrali situati al King David Hotel di Gerusalemme:91 persone rimangono uccise - ufficiali governativi e civili, britannici, ebrei ed arabi. Dopo questa operazione, duramente condannata dall'Agenzia Ebraica e dalla Haganah, il Movimemnto di Resistenza Ebraico cessa di esistere. 1.Gruppo Brigata Ebraica Durante la Seconda Guerra Mondiale, il Gruppo Brigata Ebraica e' la sola unita' a combattere nell'Esercito Britannico e - di fatto - in tutte le Forze Alleate, come formazione indipendente , nazionale ed ebraica : e' formata prevalentemente da ebrei di Eretz Israel ed ha il suo proprio emblema. La formazione della Brigata e' il risultato di sforzi prolungati dell'yshuv e del Movimento Sionistico per ottenere una partecipazione ed una rappresentanza ebraica riconosciuta nella guerra contro la Germania Nazista. Nel 1940 gli ebrei palestinesi ottengono il permesso di arruolarsi in compagnie ebraiche al seguito del Reggimento Kent Est ( i "Buffs") : queste vengono poi inquadrate nei tre battaglioni di fanteria del neo-costituito "Reggimento Palestina". I battaglioni vengono inviati in Cirenaica ed Egitto dove continuano a svolgere prevalentemente - come gia' in Palestina - compiti di sorveglianza. I soldati ebrei domandano di partecipare ai combattimenti e di sventolare la bandiera ebraica. Tuttavia, e' solo nel settembre 1944 che il governo britannico accetta di costituire una Brigata Ebraica, comprendente fanteria, artiglieria ed unita' di servizio ebraiche. Dopo un periodo di addestramento in Egitto, il Gruppo Brigata Ebraica - formato da circa 5,000 soldati - prende parte agli ultimi combattimenti sul fronte italiano. Nel maggio 1945 la Brigata viene spostata nell'Italia nord - orientale dove, per la prima volta, incontra i sopravvissuti dell'Olocausto. La Brigata diventa un elemento determinante nell' "immigrazione illegale" (vedi anche Berihah). Nell'estate 1946 le autorita' britanniche decidono di congedarla. 1.Lo Stato d'Israele 2.Tzahal - l'Esercito di Difesa Israeliano (abbr. EDI) 3.[ vedi per favore il file Conflitto Arabo - Israeliano] Il Secolo Sionista CONCETTI 1.II. LOTTA E DIFESA di Nili Kadary 1.B. Rapporti Arabo - Israeliani nel Periodo dell'Yshuv 2.Sotto il Dominio Ottomano 1882-1917 L'insediamento ebraico incontra fin dall'inizio l'opposizione degli arabi locali: se per la maggior parte del tempo questa resistenza e' latente, ci sono anche molti episodi in cui esplode pubblicamente con attacchi sporadici, usurpazione di terreni e simili. E' dubbio se essa abbia una qualsiasi connotazione politica. Tuttavia, nel 1891, nove anni dopo l'inizio della prima aliyah, appare il primo segno di opposizione politica al Sionismo: notabili arabi di Gerusalemme sollecitano l'amministrazione ottomana a proibire l'immigrazione e la vendita di terreni agli ebrei. Questa richiesta viene piu' volte ripetuta nel tempo. Uno dei risultati piu' importanti della Rivolta dei Giovani Turchi del 1908, che porta alla ribalta nuovi governanti, e' la nascita del nazionalismo arabo. Il movimento nazionalista arabo si sviluppa prevalentemente in Siria, Libano e Terra d'Israele, dove vengono fondati giornali arabi - impegnati nell'incitare sistematicamente le persone contro l'immigrazione e l'insediamento ebraico. A Costantinopoli, i membri arabi del parlamento denunciano l'insediamento ebraico nella Terra d'Israele e descrivono il Movimento Sionistico come un pericolo per l'Impero Ottomano. Nel 1912 i Sionisti fanno dei tentativi per stabilire un contatto con il nazionalismo arabo: si ha un incontro tra Nahum Sokolov* dell'Esecutivo Sionistico e i leaders arabi. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale pone fine a qualsiasi dialogo tra i capi arabi e quelli del Movimento Sionistico. 1.Sotto il Governo Britannico 1918-1948 1.L'Accordo Weizmann Feisal La fine della Prima Guerra Mondiale e' seguita da un grande fermento tra i nazionalisti arabi che dichiarano la Terra d'Israele " Siria Meridionale" e ne esigono l'inglobamento in un vasto stato arabo con centro a Damasco. Chaim Weizmann*, capo della Commissione Sionistica, riesce tuttavia a raggiungere una certa intesa con l'Emiro Faisal, figlio di Sharif Hussein della Mecca e capo del nazionalismo arabo del tempo. Il 3 gennaio 1919 i due uomini firmano un patto che parla della "collaborazione piu' stretta possibile per lo sviluppo dello Stato Arabo e della Palestina" e di misure "per incoraggiare e facilitare l'immigrazione su larga scala degli ebrei in Plaestina". L'accordo viene tuttavia ripudiato dai nazionalisti arabi. 1.Moti Anti-Ebraici nel 1920 e 1921. Nel marzo 1920 moti anti-ebraici scoppiano a Gerusalemme (" Pasqua Insanguinata"). Le autorita' militari britanniche danno via libera agli arabi, mentre arrestano i difensori ebrei - guidati da Vladimir Jabotinsky*, condannato ad una lunga detenzione. Nell'aprile 1920 gli insediamenti ebraici nel Nord Galilea sono attaccati dagli arabi: Tel Hai ed altre localita' sono distrutte dopo una difesa eroica in cui molti, tra cui Josef Trumpeldor*, vengono uccisi. Nel maggio 1921 uno scoppio di violenza a Jaffa e' seguito da attacchi su ampia scala a Rehovot, Petach Tikva ed altre localita': 47 ebrei sono uccisi, 140 feriti. Le perdite arabe ammontano a 48 morti e 73 feriti causati, per la maggior parte, dalle azioni delle truppe britanniche. I moti dimostrano l'abilita' delle masse arabe e rivelano la relativa debolezza dell'yishuv. L'Alto Commissario - Sir Herbert Samuel *- comincia a ritornare sulle sue decisioni : ordina una momentanea sospensione dell'immigrazione e inizia i negoziati con il Comitato Esecutivo Arabo. Il risultato di queste trattative e' la Carta Bianca promulgata da Churchill nel 1922. 1.I Disordini del 1929 L'atmosfera, relativamente pacifica e costruttiva, degli anni 1922-1929 viene scossa da uno scoppio di violenza arabo nell'agosto 1929. Nei dieci mesi precedenti si erano verificate dispute di scarsa importanza tra ebrei ed arabi a proposito del diritto dei primi di pregare al Muro Occidentale (Muro Del Pianto) del Cortile del Tempio a Gerusalemme. Queste dispute sono sfruttate dal Mufti di Gerusalemme, Haj Amin al-Husseini, per fomentare l'odio religioso accusando gli ebrei di avere delle mire sui Luoghi Santi Musulmani della citta'. Il 23 agosto la folla araba tenta di attaccare gli ebrei a Gerusalemme. Gli attacchi sono ripetuti nei giorni successivi, ma vengono respinti dalla Haganah. La violenza si diffonde nelle altre parti del paese. Di sabato, 24 agosto, 70 uomini e donne della comunita' ebraica di Hebron vengono massacrati. Gli attacchi a Tel Aviv e ai quartieri ebraici di Haifa vengono respinti, ma il quinto giorno dei disordini, la folla araba uccide 18 ebrei e ne ferisce molti altri a Safed. Molti villaggi vengono razziati e distrutti: l'ordine viene ristabilito dalle truppe britanniche. La violenza del 1929 e i moti sboccano in una Commissione d'Inchiesta parlamentare (vedi Commissione d'Inchiesta Shaw ) e in un rapporto di un esperto britannico (vedi Rapporto Hope-Simpson) : il risultato e' la Carta Bianca del 1930 emessa dal Segretario Coloniale, Lord Passfield. 1.La Rivolta Araba 1936-1939 Nell'aprile 1936, con lo scoppio di moti a Jaffo, inizia il periodo di tre anni di violenze e disordini conosciuto come Rivolta Araba. 16 ebrei vengono uccisi e molti altri feriti. Gli arabi dichiarano uno sciopero generale. La Commissione Araba Superiore, guidata dal Mufti, annuncia che lo sciopero sarebbe continuato fino a che il governo britannico non avesse esaudito tre richieste: Cessare l'immigrazione ebraica Proibire il trasferimento di terreni a possidenti ebrei Formare un "governo di rappresentanza generale". Poco dopo l'inizio dello sciopero inizia una campagna di terrore: le proprieta' ebraiche vengono bruciate, i passanti ebrei vengono uccisi e gli insediamenti ebraici attaccati. Nelle regioni collinose, bande armate di terroristi tentano di attaccare insediamenti e difese ebraici cosi' come distaccamenti di polizia e dell'esercito britannici. Nell'agosto 1936, i britannici hanno lanciato un massiccio attacco contro i terroristi. Al termine dello sciopero generale nell'ottobre 1936, si stabilisce una calma innaturale. Nel settembre 1937, due mesi dopo il rapporto della Commissione Peel, i disordini si rinnovano. Le bande armate operano su vasta scala; i loro capi istituiscono un regime di terrore nei confronti dei loro oppositori arabi; si incrementano anche gli attacchi contro gli ebrei. La Rivolta comincia a sedarsi gia' alla fine del 1938 e termina nella primavera del 1939. 80 ebrei sono caduti vittima di atti di terrore nel periodo dello sciopero, mentre 415 sono i morti causati dai terroristi nell'intero periodo 1937-1939. Militarmente, la Rivolta Araba del 1936-1939 termina con una sconfitta, ma politicamente, concede un premio gli arabi palestinesi: la Carta Bianca del 1939. C. Il Conflitto Arabo - Israeliano (dal 1948) 1.La Guerra d'Indipendenza. La Guerra d'Indipendenza, conosciuta anche come Guerra di Liberazione, dura dalla fine del novembre 1947 al luglio 1949. Si divide in due fasi distinte. La prima fase inizia il 30 novembre, il giorno seguente quello in cui l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite approva la spartizione della Palestina (vedi Risoluzione ONU 29.11.1947), e termina il 15 maggio 1948, l'ultimo giorno del Mandato Britannico. La seconda fase comincia proprio l'ultimo giorno del Mandato Britannico e termina il 20 luglio 1949, con la firma dell'ultimo degli Accordi per l'Armistizio, quello con la Siria. Nella prima fase che, come gia' detto, inizia il giorno successivo a quello della Risoluzione ONU per la Spartizione della Palestina, l'yishuv e le sue forze di difesa - la Haganah*- sono attaccate dagli arabi palestinesi, aiutati da volontari irregolari dei paesi arabi. Il 14 maggio 1948, il giorno precedente la scadenza del Mandato Britannico, il Concilio Nazionale si riunisce al Museo di Tel-Aviv e approva la proclamazione dell'Indipendenza, che sancisce la fondazione dello Stato d'Israele. (vedi anche David Ben-Gurion*) Durante la notte tra il 14 ed il 15 maggio 1948, Tel-Aviv e' bombardata da aerei egiziani. Comincia cosi' la seconda fase della Guerra d'Indipendenza, in cui gli eserciti regolari di cinque stati arabi confinanti invadono il nuovo Stato d'Israele. Dal nord, est e sud giungono le armate di Libano, Siria, Irak, Transgiordania ed Egitto. (l'Arabia Saudita invia una formazione che combatte sotto il comando egiziano. Lo Yemen si considera in guerra con Israele, ma non invia forze militari). La Guerra d'Indipendenza si protrae per piu' di 13 mesi. Israele paga un prezzo elevato: 4,000 soldati e 2,000 civili rimangono uccisi. Il costo finanziario e' anche pesante. Lo Stato Ebraico, in ogni caso, e' una realta' definitiva. Si estende su un'area di quasi 8,000 metri quadrati comparati ai circa 6,200 garantiti all'interno dei confini secondo lo schizzo del Piano di Spartizione 1.Accordi per l'Armistizio (1949) Una serie di accordi bilaterali stipulati tra Israele ed Egitto (Rodi, febbraio 1949), Libano (Rosh HaNikra*, marzo 1949), Giordania (Rodi, aprile 1949) e Siria (Mahanaim, luglio 1949), pone fine alla fase militare della Guerra d'indipendenza. I negoziati tra Egitto ed Israele cominciano a Rodi nel gennaio 1949. Le conferenze con il Libano e la Giordania iniziano nel marzo 1949 e con la Siria nell'aprile dello stesso anno. Ogni negoziato si conclude con la firma ufficiale di un Accordo d'Armistizio Generale. I risultati dei negoziati sono: Israele ha l'intero Negev, fino al confine con il Sinai, a sud. L'Egitto mantiene il controllo della Striscia di Gaza, ma si ritira comunque nelle sue precedenti linee di frontiera. Israele si ritira dalle aree occupate in Libano e, la Linea di Demarcazzione segue la precedente frontiera. La Giordania mantiene il controllo dell'area collinosa e densamente popolata di Giudea e Samaria (zona detta "La Riva Occidentale dopo la sua annessione alla Transgiordania), compresa la Vecchia Citta' di Gerusalemme. Le forze armate siriane si ritirano alla frontiera internazionale Siria-Palestina. Israele considera gli Accordi di Armistizio come patti di non aggressione tra le parti. Dall'altra parte, i governi arabi giudicano l'armistizio come un incidente di guerra, che lascia inalterati i loro diritti di belligeranza. 1.Il Conflitto Arabo-Israeliano 1949-1956 Mentre Israele pensa agli Accordi d'Armistizio come conclusivi di ogni stato di guerra, gli stati arabi continuano a considerarsi in guerra con lei. Rifiutano di riconoscere Israele o di negoziare la pace: la sola esistenza d'Israele e' giudicata un'aggressione, e la sua distruzione diventa uno scopo fondamentale della politica nazionale araba. La Lega Araba conduce una guerra economica contro Israele che consiste, prima di tutto ed essenzialmente, nel boicottare totalmente Israele e i beni israeliani. Inoltre, la Lega Araba costituisce una organizzazione di boicottaggio per dissuadere le compagnie industriali e commerciali dallo stabilire relazioni economiche con Israele, minacciando l'esclusione dai mercati arabi. L'Egitto si pone alla guida del boicottaggio rifiutando il passaggio - attraverso il Canale di Suez e gli Stretti di Tiran - alle imbarcazioni e ai cargo appartenenti o destinati a Israele. Gruppi terroristici arabo - palestinesi, detti "Fedayeen" ("combattenti suicida"), iniziano incursioni sistematiche contro la popolazione civile israeliana. I "Fedayeen" operano da basi localizzate in e controllate da Egitto, Libano e Giordania. Nel periodo tra il 1951 ed il 1956 piu' di 400 israeliani vengono uccisi ed oltre 900 sono feriti, come risultato delle infiltrazioni e degli attacchi dei "Fedayeen". Gli atti terroristici, sostenuti dalle nazioni arabe, portano infine allo scoppio della Campagna del Sinai. 1.La Campagna del Sinai - 1956 La Campagna del Sinai, conosciuta anche come Operazione Kadesh, dura otto giorni, dal 29 ottobre 1956, al 5 novembre 1956. La breve guerra tra Israele ed Egitto coincide in parte con la Campagna di Suez Anglo-Francese. La Campagna del Sinai viene promossa da Israele, come reazione alle crescenti attivita' terrosristiche dei fedayeen. Il Capo di Stato Maggiore dell' Esercito di Difesa Israeliano (EDI) e', in questo periodo, Moshe' Dayan. L'attacco anglo-francese al Canale di Suez e' causato dalla nazionalizzazione egiziana del Canale. Gli obbiettivi d'Israele sono: 1.Distruggere le basi dei Fedayeen nella Striscia di Gaza e al confine col Sinai. 2.Prevenire gli attacchi egiziani su Israele, distruggendo le basi logistiche e quelle aeree nel Sinai. 3.Aprire il Golfo di Eilat alle navi israeliane. Il 5 novembre 1956 la Penisola del Sinai, la Striscia di Gaza e Sharm el-Sheikh sono in mano israeliana. Le perdite israeliane della campagna ammontano a 171 morti, diverse centinaia di feriti e 4 prigionieri. Le perdite egiziane, quando calcolate, vengono estimate intorno alle diverse migliaia di morti e feriti, oltre a 6,000 prigionieri. 1.
STERN, BANDA
(1942-1948). Formazione terroristica sionista. Prese il nome da Avraham Stern, noto per aver organizzato nel 1939 in Polonia campi paramilitari sionisti destinati a un fantasioso progetto di invasione della Palestina a partire dall'Italia. Stern militò quindi nell'' Irgun, da cui uscì con un gruppo di seguaci contrari alla collaborazione con la Gran Bretagna durante la seconda guerra mondiale decisa dai sionisti e accettata dalla stessa Irgun oltre che dalla Haganah. Diversamente da queste ultime, finanziate rispettivamente dall'' Agenzia ebraica e da ebrei ricchi della Palestina e degli Usa, il gruppo Stern, privo di risorse, ricorreva alle rapine per procurarsi fondi; braccato da britannici e sionisti, lo stesso fondatore venne ucciso nel 1942. I suoi seguaci si riorganizzarono assumendo ufficialmente il nome di Lokhamei Herut Israel (Combattenti per la libertà di Israele) o Lekhi e continuarono le operazioni antibritanniche, arrivando a uccidere in un attentato al Cairo (6 novembre 1944) il responsabile di Londra per il vicino Oriente, lord Moyne. Dopo aver compiuto altre clamorose imprese antibritanniche, nel 1946 la banda Stern partecipò all'eccidio di Deir Yassin. Dopo la nascita dello Stato di Israele la maggior parte dei suoi uomini (un migliaio, rispetto ai trecento del 1944) entrarono nella Haganah