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IL ZOROASTRISMO in PERSIA
Ardhashir (Artaserse I - da non confondere con quello del V sec. a.C.) il re che ha sconfitto definitivamente gli Arsacidi, è lui ad aver fondato questa nuova dinastia, prendendo il nome da un suo lontano antenato Sasan, l'ultimo sacerdote di Zarathustra a Persepoli distrutta dal terrificante Macedone. Morto Ardhashir nel 239 è salito sul trono suo figlio Shapur I. Regnerà per 33 anni, facendo risorgere militarmente e politicamente l'intero impero persiano; ma indirettamente la sua nuova concezione politica dello "Stato" farà scuola tra breve anche in occidente.
Quindi uno sguardo a questo nuovo sovrano orientale è doveroso perchè di grande significato storico politico e religioso. Anzi come fatto politico é addirittura epocale. Il mondo inizia un nuovo cammino con al vertice poteri che si distinguono da tutti quelli precedenti.
Siamo in Persia, dove la religione dominante, quella più ricca spiritualità è da 964 anni il Parsismo di Zarathustra.
La ponderata decisione di ARDASHIR fu quella di promuovere la riscrittura del libro sacro agli Archeminidi, l'Avesta, della religione del "Signore Bianco; il dio buono e supremo, creatore e giudice del mondo.
L'Avesta ai tempi di Alessandro era già un libro sacro, con una raccolta dei detti originali di Zarathustra, che sarebbe andato perduto durante l'invasione del Macedone. Questa antica "religione popolare" (che non è sinonimo di superstizione) di provenienza iranica-indiana era protetta dai re Achemenidi, ma poi con la caduta dell'impero persiano e insieme la dinastia per opera di Alessandro, subì una profonda crisi. Nel territorio conquistato dagli Arsacidi rimasero (per oltre 500 anni) solo alcuni solitari sacerdoti a continuare la loro imperterrita missione: una relazione vivente dell'uomo col suo partner superumano.
Quella semitica (Ebraico-israelitica, Cristianesimo, Islamismo) si fonda sull'assoluta superiorità e potenza di Dio rispetto all'uomo; quella indoeuropee (Parsismo, Buddhismo) tende invece a cancellare le frontiere fra l'uno e l'altro, da un lato, timor di Dio, umile sottomissione, assoluto sentimento di dipendenza; dall'altro tendenza a divinificare l'uomo, a penetrare nella sfera del divino.
Sono comunque considerate tutte -quelle citate sopra- Religioni Universali. A differenza di quelle locali, tribali, nazionali, non sono chiuse entro le frontiere di una nazione, e in pari tempi sono religioni aventi un fondatore, create da una data personalit, quali Mosè, Zarathustra, Gesù, il Buddha, Maometto.
L'Avesta al centro ha la dottrina fondata da Zarathustra; una scrupolosa riforma dell'antica religione iranica, "primordiale-naturale" ma già evoluta in un rapporto dell'uomo con una potenza misteriosa. Quando apparve Zarathustra nel 714 a.C. (secondo una recente iscrizione assira); si stava decisamente passando dalla vita nomadica a quella sedentaria allora prevalentemente agricola. Il profeta ebbe una precisa concezione dei benefici che si legavano a questa nuova civiltà, dove occorrevano nuove regole, l'ordine, tracciare un immagine del bene e del male, una giustizia terrena e una trascendentale, oltre a tutto ciò che poteva risvegliare e promuovere la vita. Qualcosa del genere stava accadendo anche in Grecia. Una presa di coscienza della nuova civiltà. E civiltà e religione sono in origine strettamente connesse. O primordiale con le varie forme della magia, o quelle che stanno diffondendosi ora, entrambe compenetrano tutti i domini dell'attività umana. E la Civiltà è l'insieme delle attività umane intese a dominare e dirigere la natura e le sue forze.
Come religione di un popolo nomade in via di divenire un popolo sedentario, il Parsismo di Zarathustra mostra in modo assai chiaro la compenetrazione di Civiltà e Religione.
Purtroppo poi ci saranno delle forte tensioni, quando tutte queste religioni nel loro stadio più alto (dominio teocratico) entreranno in contrasto con la Civiltà, col "mondo" e le sue seduzioni. Ogni piacere umano bandito, ogni godimento terreno una colpa. La reazione della Civiltà nei confronti della Religione, sarà quella di separarsi. Accadrà ai sofisti greci, al razionalismo del XVIII sec., all'attuale materialismo.
Eppure si afferma che non vi è altra religione che più del Parsismo abbia affermato il valore della cultura. E ha in proprio una escatologia che esercitò poi una grandissima influenza sull'ebraismo, sul cristianesimo e sull'islamismo.
Zarathustra appare come un riformatore che attacca con rigore la vecchia religione popolare, cercando di eliminare le escrescenze politeistiche (spesso divinità locali, nate autonome), portandola al monoteismo; spazza via i residui cultialistici arcaici; crea una sola fede, con un unico Dio.
Infatti per Z. al centro di ogni cosa sta solo il "Saggio Signore", e la sua missione è quella di preparare il regno del giusto pensare, del giusto agire e del giusto parlare. Z. si richiama a un giudizio di questo unico Dio, da cui dipende la beatitudine o la dannazione; così l'uomo viene inserito nella lotta grandiosa e drammatica fra le potenze del bene e quelle del male.
E' dunque importante sottolineare come questa religione in questi anni, diventa il nuovo cemento della coesione dei popoli orientali in Persia; e si può anche affermare che questa forma di coesione farà da modello anche in occidente quando quelle riunificazioni di carattere universale dell'impero romano porteranno a trovare nel cristianesimo -che aveva le stesse rivendicazioni- quell'unione politica e religiosa che porrà termine alle "persecuzioni" e inaugurerà il nuovo cammino della Storia dell'impero, con una politica che non ha più nulla a che vedere con il periodo augusteo (Qui in occidente questo avvenimento avverrà con Costantino, fra alcuni anni, nel 330)
Le fede comune dei popoli iranici-persiani, sul loro territorio prendeva sempre di più il sopravvento su quella ellenistica (da tempo in crisi). La organizzazione parsismo in una chiesa di Stato era una innovazione di un processo evolutivo che portava a rinforzare un potere monarchico con una dottrina che aveva formato per nove secoli la spiritualità dei popoli iranici. Quasi tutti i re partici (Arsacidi) chi più chi meno avevano alle volte solo permesso questa religione, altre volte l'avevano sostenuta, alcuni ne erano i seguaci, anche se tenevano distante (così anche a Roma) religione e sacerdoti dal potere politico; come se temessero dai secondi una rivalità dei poteri temporali (avevano abbastanza anteveduto!)
Forse per vie di esperienze visionarie, sentendosi in rapporto col suo unico Dio (rifiuta infatti tutte le altre divinità) Zarathustra appare un riformatore che attacca con piena coscienza tutte quelle credenze popolari del suo tempo, cercando di eliminare tutte le religioni politeistiche pagane (dei piccoli villaggi, del pagos - indi pagani) per riportarle a un unico divino monoteismo; una unica fede cui dipende o la beatitudine o la dannazione, il Bene e il Male; il primo impersonato da Mainyu, l'altro da Mazda.
Bene e male significava sulla terra anche ordine e disordine, e in una civiltà che stava organizzandosi riunendo vari clan e tribù con i loro diversi dei, nello stanziarsi in un luogo, nell'organizzare una comunità occorreva ed era necessario un unico Dio, un unico punto di riferimento.
Ma dopo aver concepito questo unico Dio che dava beatitudine o dannazione a un popolo fatto per lo più di nomadi ignoranti, furbi e ladri, Z. doveva prima di tutto insegnare a loro una legge morale fondamentale per far nascere la cooperazione necessaria; quindi insegnare il giusto pensare, il giusto parlare, il giusto agire. Cioè l'insegnamento dei sacerdoti doveva essere non solo il predicare la fuga dal mondo (infatti l'ascesi non entò nella dottrina di Z.) ma predicare una cultura etica terrena, poi viverla e operare con essa.
Non un'unica cultura imposta, quella soggettiva dei sacerdoti, ma doveva essere rappresentata da una somma di culture arcaiche dove si prendevano dalle varie tribù le tradizioni e le regole più sagge, quelle che avevano dato i risultati migliori nella convivenza comune. Regole derivate da esperienze che ogni gruppo, ogni clan aveva escogitato e applicato nel suo interno in migliaia di anni e che dopo una indiscutibile analisi del gruppo solo alcune e non altre risultavano essere le migliori, e accettate dalla maggioranza.
Zarathustra si scagliò contro i riti pagani e contro il sacrificio di animali che avevano la convinzione che anch'essi possedessero un'anima. E si scagliò soprattutto su quelle tribù o gruppi che fino allora erano vissuti di nomadismo rapace a spese di altre tribù magari deboli e indifese.
Rubare era possibile -anche se amorale- quando si era nomadi; ma non era ora più possibile conservare questo "costume" vivendo in una comunità; nè bastava il timore di essere scoperti e puniti. Ci voleva altro; una punizione ultraterrena che creasse un disagio interiore
Fondò in una parola l'Etica (in greco ethos); un termine che in origine designava proprio "una abitazione comune di uomini" e che poi passò a indicare il comportamento reciproco dei membri di un gruppo (in greco ethos significa costume). Infatti ai tempi di Aristotele - l'etica- si intese come dottrina morale nel suo aspetto "normativo individuale" con una tendenza più ampia: il sociale (ecco perchè si usò il termine costume). Ma non erano intuizioni sue, erano i concetti di Zarathustra, e chi legge entrambi noterà e scoprirà che Aristotele non era certo all'oscuro delle dottrine di cinquecento anni prima; Zarathustra non lo nomina mai, ma ne conosceva benissimo la dottrina.
Il mondo -dice la dottrina di Zarathustra- risulta diviso in due campi: Bene-Male, Mazda e Mainyu. L'intera storia dell'universo non è altro che la storia della lotta tra loro due; lotta tra i quali ogni uomo é chiamato a scegliere, ma che tuttavia non potrà che terminare solo con la totale sconfitta di Mainyu: il male".
Ma come eliminarlo? in due modi, uno terreno e uno nell'aldila'.
Grande importanza ebbero l'invenzione della recitazione delle preghiere. Importanza ebbe l'invenzione della confessione delle colpe che contemplavano delle penitenze, che prima erano espiazioni corporali (frustrate); poi il Parsismo preferì dare a quelle assurde pratiche, lavori civili per la comunità, come la costruzione di strade, ponti, dighe. Chi era colpevole di aver recato "un danno alla comunità" doveva lavorare, non c'era scampo, "per la comunità".
(Troveremo più avanti Shapur con una trappola far prigioniero l'intero esercito romano, ma non ne uccise nemmeno uno; li mise invece a costruire una delle più grandi dighe della Persia, che ancora oggi possiamo ancora ammirare)
C'era poi l'invenzione dei premi e delle pene nell'aldilà. Ed ecco che arriviamo al giudizio divino, che usa, appena passiamo nel mondo dei morti, la bilancia del bene e del male per giudicarci. Poi ecco l'invenzione del paradiso (in persiano significa, Giardino, Parco - ancora oggi). Ecco lo stato intermedio in attesa di essere giudicati. Ed infine troviamo l'inferno con il fuoco e le fiamme per l'espiazione.
Tutta questa escatologia, lo si intuisce, influenzò non poco l'ebraismo, il cristianesimo e l'islamismo che verranno poi in seguito. Non dimentichiamo che le leggi che Mosè avrebbe dato al suo popolo, in realtà non sono sue (e nemmeno i libri di M. - c'è tanta confusione) ma sono le leggi introdotte dal Re di Giuda, Gioisa nel 621 a.C. nel suo Deuteronomio. Un'opera fondamentale sulla riforma religiosa a Gerusalemme, che alcuni interpretano come una reazione contro l'allora dominio Assiro in Israele (fin dal 722). L'Assiria terminò la sua potenza nel 612 con il re dei Medi Ciassare, poi definitivamente sottomessa da Ciro il Grande, proprio il Re Persiano che poi liberò nel 539 gli Ebrei da Babilonia deportati nel 598 da Nabucodonosor. E a Babilonia il Parsismo era già di casa proprio dal 722. L'influenza sulla religione mosaica ci fu eccome. E a sua volta poi quella cristiana si impossessò di entrambe, modificando alcune cose. Ad esempio sulle punizioni divine sugli uomini "fuori legge", sui "peccatori".
Ma con una differenza enorme nella pena inflitta ai malvagi: infatti nell'inferno di Zarathustra le sue fiamme toglievano le impurità e i cattivi venivano restituiti al mondo nel giorno della "resurrezione" (viene chiamata l'Apocastasi - restituzione di tutto), mentre ufficialmente la dottrina cristiana la respinge, e considera l'inferno senza ritorno cioè per la vita eterna. Cioè un Dio quello cristiano piu' implacabile.
Per Nietzsche Zarathustra "fu veritiero piu' di qualsiasi altro pensatore" e gli dedico' il titolo della sua piu' famosa opera.
POLITICA E RELIGIONE
ARDASHIR e poi SHAPUR (Sapore) li abbiamo conosciuto gli scorsi anni come i due primi fondatori di quel nuovo impero persiano chiamato Sasanide che va prendendo sempre più corpo. Ma con una novita', una vera innovazione in campo politico: viene infatti fondato con una nuova concezione lo Stato, creando una forte alleanza con il "clero" di Zarathustra.
Shapur come capo di uno Stato redige anche un trattato morale, religioso, politico, che è poi il libro sacro del parsismo, L'Avesta (Il sapere). Ventuno libri di storie, saghe, preghiere, riti, fatti: come la creazione del mondo, e molti detti e proverbi antichissimi, fra cui alcuni di Zarathustra. Ma soprattutto è la summa della liturgia e delle litanie; prescritte e descritte nei minimi particolari. Moltissime di queste saranno poi mutuate dal cristianesimo, prima con i riti bizantini, poi da questi a quelli della Chiesa romana. E come legislatura politica e come osservanze religiose servì anche come modello perfino a Maometto. Anzi troviamo nel Corano molto più zoroastrismo che non nei testi del cristianesimo che con le varie dispute nei vari Concili, modificò moltissimi concetti e precetti, e dove poi ogni corrente - ve ne sono oggi 5, con 56 Chiese, 175 istituzioni - ritenne (ognuno con la sua convinzione all'interno delle proprie correnti) essere quei precetti i soli da osservare. Non di meno la stessa religione Maomettana con 3 correnti, 65 movimenti, e quella Ebrea con 3 correnti e 12 tribù politiche religiose.
Alcuni sostengono che lo stesso Gesu' Cristo, in quegli anni (di assenza, perchè di Lui non troviamo nessuna presenza in Palestina) sia stato in qualche santuario iranico e abbia preso conoscenza della dottrina di Zarathustra. Troppi sono i contenuti della sua religione che trovano moltissime affinità con quelle del parsismo.
Nella Persia di questi anni con Shapur il mondo religioso sacerdotale è arrivato a questa scelta e a fare questa unione politica per una maggiora tranquillità sul territorio - sempre sconvolto da guerre e ribellioni oltre che esterne anche intestine.
Mentre quella monarchica ha a sua volta bisogno -per essere autorevole- di un sostegno anche spirituale trascendentale, non bastavano più solo le armi; un appoggio dei sacerdoti voleva dire aumentare i consensi e nello stesso tempo il prestigio (e anche l'infallibilità) di chi regnava.
(vedremo in seguito come anche Costantino dovette adeguarsi, scegliendo alle volte la religione ortodossa e altre volte quella ariana, sempre per un calcolo di consensi puramente politici. E, senza andare tanto indietro nel tempo, nel 1801 Napoleone (trattato Consalvi), mentre nel 1929 lo farà anche (meglio di tanti liberali del'Ottocento) l'anticlericale Mussolini concependo i Patti Lateranensi- Con tempismo calcolato. Infatti dopo 35 giorni dai patti, alle elezioni, tutti i cattolici votarono il fascismo avallato dal Papa, e il giornale che abbiamo inserito nell'anno 1929, riporta appunto essere stata questa "una grande vittoria politica e spirituale del regime". Ma non era null'altro che uno scambio di favori; quello che è avvenuto quest'anno in Persia.)
I grandi sacerdoti di Zoroastro possedevano enormi estensioni di terra quasi tutta coltivabile, e quindi erano organizzati da una complessa struttura amministrativa che provvedeva allo sfruttamento del suolo esercitando una vera e propria autorità sulle popolazioni che erano ridotte a una sorta di schiavismo; anche se in sostanza questa condizione diventava una specie di protezione dell'individuo.
Assieme a loro c'erano i grandi sacerdoti degli antichi santuari, una mitica elite sacerdotale; ed a fianco i semitici Magusei, con il loro dialetto aramaico (prima impiegato nella diplomazia e negli affari e solo in un secondo tempo in quello letterario), o meglio conosciuti come i Magi. Quest'ultima era una antica tribù di Medi che inizialmente si chiamavano athravan "gli accenditore del fuoco", forse il piu' antico culto che si conosca essendo stata forse la prima forte sensazione a carattere sovrannaturale (il fuoco) che dovettero provare i primi uomini.
Da questo sgomento (il fuoco inceneriva, ditruggeva) e ammirazione (il fuoco era luce e calore) ancora un passo e arriveremo a quello della sua personificazione sotto forma di demoni, spiriti e di divinità che in quasi tutte le religioni si andarono poi formando. Fonte di vita, di luce e di calore, ma anche potente distruttore, che nell'idea di Zarathustra diventa purificatore e rigeneratore. Attenzione a queste due parole! Non un inferno senza ritorno. Ma l'Apocastasi, un ritorno del tutto.
Con questo lungo processo evolutivo dei popoli religiosi iranici durato secoli, con questa nuova concezione di Stato, re e sacerdoti vanno a realizzare quindi una unificazione politica- monarchica- religiosa che unisce le varie tribù, i vari regni, che daranno buoni contributi nel futuro impero sasanide, e li porterà sempre di piu' al distacco dall'occidente ancora permeato da molteplici riti pagani ellenici o romani, per altri 80 anni, fino all'arrivo di un imperatore, che adotterà poi la stessa politica persiana.
Infatti è interessante sapere che questo modello di Stato verrà in seguito mutuato da COSTANTINO nel 330, non solo come concezione, ma anche come rituali e normative liturgiche, tipo l'"Agenda" parsista che successivamente diventerà patrimonio dei sacerdoti occidentali cristiani come il Rituale romanum. E molte altre cose che scopriremo nei vari anni.
Ecco un articolo sui catari, o albigesi, e il catarismo >)
Catari o albigesi (XII - XIII - XIV secolo)
I catari furono la grande alternativa religiosa alla Chiesa Cattolica d'Occidente nel XII e XIII secolo.
Nei loro confronti la reazione della Chiesa fu fortissima e probabilmente proporzionata alla paura che questa setta potesse mettere in crisi l'intera istituzione cristiana.
Non si trattava infatti di singoli eretici da punire, ma di un fenomeno di vasta portata, a cui l'Europa occidentale medioevale non era abituata, e che ricordava i grandi movimenti religiosi eterodossi che avevano afflitto l'Impero Romano d'Oriente, come ad esempio i pauliciani. E' difficile altrimenti da spiegare la creazione di un potentissimo mezzo di repressione, come l'Inquisizione, la fondazione di un ordine religioso, i domenicani, preposti a confutare le dottrine c. e l'organizzazione di una crociata, con relativa licenza di massacro, di cristiani contro altri cristiani.
Tuttavia bisogna anche tener conto che, in quel momento, lo stesso potere di uno stato sovrano, come la Francia, già dilaniata dalla guerra dei Cent'anni con l'Inghilterra, avrebbe potuto essere messo in discussione da questa setta (o meglio dal suo alleato laico, il potente conte di Tolosa): essa quindi fu schiacciata dall'azione combinata di Stato e Chiesa.
La storia
A) I predecessori
Su questo punto, i commentatori e gli storici si dividono in due gruppi:
Ø Coloro i quali vedono nei catari una continuità del grande filone dualista, dai gnostici a Novaziano ai manichei ai già menzionati pauliciani ai bogomili, e
Ø Coloro che, pur non negando qualche similitudine con le sette dualiste precedenti, sono convinti della originalità del pensiero cataro, sviluppato come reazione alla corruzione dilagante nella Chiesa. Del resto anche le attività di predicatori itineranti all'inizio del XII secolo, come Pietro di Bruis, Enrico di Losanna, Tanchelmo di Brabante, Eon de l'Etoile, furono il segno di quel malessere, diffuso soprattutto a livello delle classe più deboli della popolazione, e che poté creare un substrato ideale per lo sviluppo di popolarità del catarismo.
B) L'inizio e i precursori
Già dal 1018, i cronisti Ademaro di Chabannes e Rodolfo il Glabro riferirono di “manichei” diffusi nella Francia meridionale, citando gli episodi di Leutard, i canonici di Santa Croce di Orléans, gli eretici di Arras. Simili episodi si segnalarono anche in altre nazioni, come ad esempio Gerardo di Monforte in Italia.
Nel 1143, Evervino di Steinfeld scrisse a San Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) per informare sulla presenza nella Renania, a Colonia, di eretici, anche donne, organizzati in uditori e eletti, che accettavano solo il Padre Nostro come preghiera e si rifiutavano di frequentare le chiese e ricevere i sacramenti, eccetto una particolare forma di comunione. Gli eretici furono bruciati e Evervino si stupì che salissero serenamente, o addirittura con gioia, sul rogo. Di simili fatti narrò anche Ecberto di Schonau.
Pochi mesi dopo, lo stesso Bernardo accorse nella Francia meridionale, su invito del legato pontificio cardinale Alberico di Ostia, con lo scopo di intervenire contro le predicazioni di Enrico di Losanna a Tolosa, salvo poi rendersi conto dell'elevata diffusione del c. nella zona.
Ogni tentativo del Santo di convertire gli albigesi (come li chiamò dal nome della città di Albi) non ebbe successo e tre anni dopo, nel 1148, il concilio di Tours li condannò, stabilendo che, se scoperti, essi dovessero essere imprigionati e i loro beni confiscati.
Tuttavia queste disposizioni non sembra che avessero avuto particolare effetto, anzi proprio in Francia meridionale, nella Linguadoca e in Provenza, i c. si consolidarono maggiormente.
Questa regione, a ridosso dei Pirenei, nota anche come Occitania, era stata parte dell'ex regno dei Visigoti durante l'alto Medioevo, si era sviluppata come cuscinetto tra il regno dei Franchi a Nord e gli Arabi a sud ed era, dal punto di vista politico, linguistico, culturale e della tolleranza, profondamente diverso dal resto dell'odierna Francia. Infatti gli occitani parlavano la lingua d'oc, e non l'oil come nel resto della Francia, avevano sviluppato la lirica dei trovatori (alcuni dei quali, come Guglielmo Figueira, furono c.), tolleravano gli ebrei e i pensatori eterodossi cristiani.
Vent'anni dopo la missione di San Bernardo, nel 1165 a Lombez fu tenuto un pubblico contraddittorio tra teologi cattolici e c., con a capo un tale Oliviero, che si risolse in un nulla di fatto.
Fu in quel periodo che i cattolici iniziarono a chiamarli catari, sulla cui etimologia gli autori dell'epoca hanno concepito due teorie: più probabilmente dal greco Kàtharoi cioè puri, o più folcloristicamente dal latino medioevale catus, gatto, un classico travestimento di Lucifero, al quale gli eretici, durante i loro riti (secondo i loro detrattori), baciavano le terga! Furono anche denominati pubblicani o pobliciani o populiciani, in collegamento ad un'altra eresia medioevale dualista, il paulicianesimo. Un ulteriore nome fu “bulgari”, dal paese originario della setta dei bogomili o “manichei” per un collegamento con l'eresia di Mani o impropriamente “ariani” (o arriani) per una connessione con le tesi cristologiche di Ario. Dal mestiere abitualmente svolti da molti dei credenti furono anche chiamati tixerand, dal antico francese per tessitori, mentre grande confusione fanno ancora alcuni autori anglosassoni, che si ostinano a chiamarli patarini, confondendoli con il noto movimento riformista, e non certo dualista, della Pataria del XI secolo.
Invece i c. chiamarono se stessi sempre e semplicemente boni homini o boni christiani.
Nel 1167, essi tennero il loro concilio a Saint-Félix de Caraman (o de Lauragais), vicino a Tolosa, al quale parteciparono il vescovo bogomila Niceta (impropriamente definito il “papa cataro”), e i vescovi della Chiesa di Francia, Robert d'Espernon e di Italia, Marco di Lombardia, oltre a Siccardo Cellarerius di Albi e Bernard Catalanus di Carcassonne, in rappresentanza delle altre realtà c. francesi. La presenza di Niceta servì ad avvallare la tesi che il bogomilismo di tipo assoluto, tipico della Chiesa di Dragovitza, in Bosnia, aveva influenzato in maniera decisiva la dottrina c. se non fin dall'inizio, almeno da questo momento in avanti.
Inoltre, il movimento nella Francia meridionale fu ristrutturato in quattro chiese: Agen, Tolosa, Albi e Carcassonne.
C) La reazione dei cattolici
Il periodo tra il 1178 ed il 1194 vide il fallimento di diversi tentativi di avvicinamento tra cattolici e c. in Linguadoca, mentre nel 1194 divenne conte di Tolosa, Raimondo VI (1194-1222), che era favorevole ai c. e sul cui territorio poterono svilupparsi indisturbate le diocesi c. di Agen e Tolosa. Tuttavia anche quelle di Albi e Carcassonne non correvano particolari rischi, in quanto comunque in territorio amico, essendo sotto il controllo del visconte Raimond-Roger Trencavel, nipote di Raimondo VI.
La svolta si ebbe nel 1198 con la salita al trono pontificio di Papa Innocenzo III (1198-1216), ideatore di una vera e propria campagna contro i c.
Dapprima egli inviò nel 1207-1208 famosi predicatori come (San) Domenico di Guzman (n. 1170- m.1221) e Diego d'Azevedo, vescovo di Osma, per cercare di convertire i c., ma i dibattiti pubblici, come già precedentemente quelli del 1165, non approdarono ad alcun risultato, anzi i teologi c., come Guilhabert de Castres, ne uscirono a testa alta.
Allora Innocenzo passò alle vie di fatto e bandì una crociata contro gli albigesi, prendendo come pretesto l'assassinio (in realtà a sfondo politico e non certo dogmatico), a Saint-Gilles nel 1208, del legato papale e monaco cistercense Pietro di Castelnau, al quale forse non era estraneo lo stesso Raimondo VI, scomunicato dal legato stesso nel 1207.
Alla Crociata parteciparono vari nobili della Francia settentrionale, come il Duca di Borgogna ed il Conte di Nevers, ed avventurieri di pochi scrupoli, attratti sia dall'indulgenza dai peccati, che, molto più materialmente, dalle possibilità di saccheggio o addirittura di divenire padroni delle città della Linguadoca. L'esercito crociato contava un totale di 20.000 cavalieri e oltre 200.000 soldati e servi al seguito.
Il 22 luglio 1209 la prima città ad essere posta sotto assedio, Béziers fu espugnata dai crociati, e il legato papale Arnaud Amaury, abate di Citeaux, interrogato su come si potesse distinguere gli abitanti cattolici da quelli c., pronunciò la famigerata e tremenda frase: “Uccideteli tutti, Dio saprà riconoscere i suoi”. Furono massacrate 20.000 persone e Amaury ricevette le congratulazioni dal Papa in persona!
Stessa sorte toccò a Carcassonne, dove fu imprigionato e morì in carcere il visconte Raimond-Roger di Trencavel.
Dal 1210 i crociati, con a capo Simon IV de Montfort, conquistarono una impressionante serie di città o cittadine c. : Agen, Albi, Birou, Bram, Cahusac, Cassés, Castres, Fanjeaux, Gaillac, Lavaur, Limoux, Lombez, Minerve (qui 140 catari si gettarono spontaneamente nelle fiamme), Mirepoix, Moissac, Montégut, Montferrand, Montrèal, Pamiers, Penne, Puivert, Saint Antonin, Saint Marcel, Saverdun, Termes, furono tutte espugnate secondo un crudele copione ben collaudato: seguivano mutilazione di nasi, occhi, orecchie e ovviamente l'onnipresente rogo dove bruciare gli eretici.
Un episodio per tutti fu la conquista di Lavaur nel 1211 con il rogo di ben 400 c. e l'uccisione di Giraude di Lavaur, una nobile c., sorella del comandante della guarnigione, molto timorata di Dio e amata da tutti i suoi concittadini, anche cattolici. Giraude fu gettata in un pozzo e lapidata a morte dai crociati.
Ogni signore locale di queste città lottò per la sua sopravvivenza, anche se questa significava passare per faydit, colui che era eretico o proteggeva gli eretici ed i suoi terreni venivano dati in ricompensa ai crociati.
Nel 1212 intervenne nella crociata, prendendo le difese dei tolosani, anche il re d'Aragona, Pietro I (1177-1213), cognato di Raimondo, poiché molte delle terre in questione almeno formalmente facevano parte del suo regno. Fra gli Aragonesi ed i crociati la lite degenerò in guerra, ma all'assalto di Muret, con i crociati, tanto per cambiare, nel ruolo di assediati, Pietro fu ucciso.
Il boccone più difficile per i crociati si rivelò l'assedio della capitale Tolosa del 1217-1218, dove Simon de Montfort venne ucciso da una pietra lanciata da una donna. Prese allora il comando della crociata l'inetto figlio di Simon, Amaury VI de Montfort, con scarso successo.
La situazione politica comunque stava già cambiando tutta a favore del re di Francia, sia nel 1215, quando il futuro re di Francia Luigi VIII il Leone (1223-1226) era intervenuto personalmente nelle operazioni militari, che nel 1224 quando lo stesso, diventato sovrano obbligò Amaury di fare dono di tutte le terre conquistate alla corona di Francia.
Oltretutto l'incapacità di Amaury permise ai c. ed ai conti di Tolosa di serrare le fila, prima della parte finale della guerra voluta da Papa Onorio III (1216-1227) e condotta da Luigi VIII in persona, e, per questo, denominata Crociata reale (1226-1228).
Alla fine nel 1229, Raimondo VII di Tolosa (1222-1249) spossato da una guerra, che aveva totalmente stravolto il Mezzogiorno della Francia, accettò una pace, mediata da Bianca di Castiglia, madre del nuovo re minorenne Luigi IX (1226-1270), e ratificata con il trattato di Meaux. Raimondo conservò parte delle sue terre, cedendo il resto alla Francia, dovette dichiarare la sua fedeltà al re, ma soprattutto negare ogni appoggio ai boni homini.
D) La fine
A questo punto ai militari subentrarono gli inquisitori domenicani e francescani, la cui attività era stata ufficializzata nel 1233 dal Papa Gregorio IX (1227-1241) come Inquisitio heretice pravitatis.
Gli inquisitori, odiati dalla popolazione locale, imperversarono sul territorio per circa 100 anni (1233-1325), in realtà facendo uccidere meno persone di quanto si è portati a credere (solitamente solo i c. “perfetti”, che si rifiutavano di abiurare), ma utilizzando metodi di tortura e pressione psicologica di una sottile efferatezza.
L'odio per gli inquisitori si concretizzò ad Avignonnet nel 1242, dove due di essi (Arnauad Guilhelm de Montpellier e Étienne de Narbonne) e il loro seguito furono massacrati.
Questo fu il pretesto per scatenare un ultimo colpo di grazia ai catari asserragliati nella fortezza di Montségur il cui assedio nel 1243-1244 fu l'atto finale della guerra contro i c.
Montségur era infatti diventata, dal 1232, l'ultimo baluardo della resistenza c., voluta da Guilhabert de Castrés.
Nel maggio del 1243 la fortezza, difesa da Raimond de Péreille e dal perfetto Bernard Marty, fu posta sotto assedio da parte delle truppe del siniscalco di Carcassonne, Hugues de Arcis, ma solo nel marzo del 1244, gli assedianti espugnarono la roccaforte. Immediatamente furono eretti i tristemente noti roghi, sui quali Bernard Marty e 225 c. furono bruciati.
E) Il movimento in Italia
L'Italia settentrionale e centrale, assieme alla Francia meridionale, fu l'area geografica dove si sviluppò maggiormente il c.: secondo l'ex cataro Raniero Sacconi, erano circa 2.500 alla ½ del XIII secolo, anche se questo dato si riferiva solo ai cosiddetti “perfetti”. Si suppone quindi che il movimento includendo credenti e simpatizzanti, fosse molto diffuso.
Il primo vescovo di tutti i c. italiani fu, come si è detto, Marco di Lombardia e il suo successore fu Giovanni Giudeo, ma in seguito il movimento si frazionò in sei chiese locali;
Ø Chiesa di Desenzano (sul Lago di Garda) l'unica che praticava un dualismo di tipo assoluto e i cui adepti si chiamavano albanensi, dal nome del primo vescovo Albano. Altri vescovi degni di nota furono Belesinanza e soprattutto il massimo teologo c. Giovanni di Lugio.
Ø Chiesa di Concorrezzo (vicino a Monza), la maggiore in Italia e i cui membri si chiamavano garattisti, dal nome del loro primo vescovo Garatto. Seguirono Nazario e Desiderio, ma con l'abiura dell'ultimo vescovo, Daniele da Giussano, la chiesa si estinse.
Ø Chiesa di Bagnolo San Vito (vicino a Mantova), i cui fedeli venivano chiamati bagnolensi o coloianni, dal nome in greco del loro primo vescovo Giovanni il Bello. Si estinse con l'abiura degli ultimi due vescovi, Albertino e Lorenzo da Brescia. A questa chiesa appartenne segretamente anche Armanno Pungilupo, morto nel 1269 e proposto per la canonizzazione in quanto ritenuto in vita persona di notevole rettitudine e santità e fatto oggetto, dopo morto, di venerazione e pellegrinaggi. Purtroppo un'inchiesta, voluta da Papa Bonifacio VIII rivelò che Pungilupo era, per l'appunto, un c. e quindi fu condannato postumo.
Ø Chiesa di Vicenza o della Marca di Treviso, fondata dal primo vescovo, Nicola da Vicenza, seguito da Pietro Gallo, noto per la confutazione delle sue dottrine da parte di S. Pietro Martire da Verona ,che, secondo una leggenda, fu un cataro pentito, diventato poi un inquisitore domenicano.
Ø Chiesa di Firenze, fondata da Pietro (Lombardo) di Firenze e di cui si ricorda il famoso condottiero ghibellino Farinata degli Uberti, cantato nell'Inferno di Dante.
Ø Chiesa di Spoleto e Orvieto, fondata da Girardo di San Marzano e proseguita da due donne, Milita di Marte Meato e Giuditta di Firenze. La chiesa si estinse con l'abiura dell'ultimo vescovo, Geremia.
Le ultime cinque praticavano un dualismo di tipo moderato, di origine bulgara (Concorrezzo) o dalla Sclavonia (le altre quattro).
Il c. in Italia seguì un destino diverso rispetto alle chiese sorelle in Francia, e ciò era dovuto all'appoggio che spesso le fazioni ghibelline, in chiave antipapale, accordavano loro. Il tutto perdurò fino alla battaglia di Benevento del 1266, quando la sconfitta del partito ghibellino e l'affermarsi di quello guelfo degli Angioini, fece mancare i potenti appoggi, goduti dai c. fino a quel momento.
Iniziò il declino ed anche in Italia venne il momento della resa dei conti finale: una “Montségur” locale, cioè l'espugnazione nel 1276 della rocca di Sirmione, dove si erano asserragliati i vescovi delle chiese di Desenzano e Bagnolo San Vito e numerosi perfetti italiani e occitani. Tutti furono arrestati e portati a Verona, dove 174 perfetti furono bruciati sul rogo nel 1278.
F) Il revival cataro
Infine, verso la fine del XIII secolo, si ebbe in Francia un nuovo rifiorire delle dottrine c., portate dai fratelli Guglielmo e Pietro Authier, da Amelio de Perles e da Pradas Tavernier, che si erano formati presso i c. lombardi ed erano quindi tornati per predicare in Francia: Pietro fu catturato e bruciato nel 1310 per ordine del famoso inquisitore Bernardo Gui.
Ufficialmente l'ultimo c. fu Guglielmo Belibasta, tradito dal c. rinnegato Arnaldo Sicre e bruciato nel 1321 per ordine dell'inquisitore Jacques Fournier, che sarebbe poi diventato Papa Benedetto XII (1334-1342).
Da quella data il c. cessò di esistere, almeno esteriormente, mentre probabilmente proseguì in forma segreta e limitata a pochi adepti.
La dottrina
I c. erano dei dualisti cristiani, che accettavano il Nuovo Testamento, e in questo si distinsero dai manichei, con i quali venivano spesso accomunati dai cattolici. Essi credevano nell'esistenza di due principi contrapposti, il Bene ed il Male, impersonificati rispettivamente dal Dio santo e giusto, descritto nel Nuovo Testamento, e dal Dio nemico o Satana.
Come si è detto, il c. si divideva in due filoni: quello assoluto e quello moderato.
Per i dualisti assoluti, i due Dei erano sempre esistiti in una eterna lotta ed avevano creato i loro due mondi, quello dello spirito e contrapposto quello imperfetto della materia, il mondo nel quale viviamo noi.
Per i dualisti moderati, Satana non era un dio, ma un angelo ribelle caduto, che aveva comunque creato il mondo materiale.
Alcuni degli angeli (circa un terzo), cioè gli spiriti, furono lusingati ad unirsi a Satana, che li intrappolò successivamente nei corpi umani, impedendo loro di ritornare dal Dio giusto.
L'anelito continuo, quindi, dello spirito, dalla sua dolorosa prigionia nel corpo dell'uomo, era quello di poter tornare un giorno da Dio Padre, cosa che i c. cercavano di fare attraverso il Consolament, durante la loro vita, perché altrimenti sarebbero stati costretti a subire una continua metempsicosi (passaggio dello spirito da un corpo all'altro, anche animale), fino a potersi riunire di nuovo con Dio.
La figura di Cristo, solo apparentemente, coincideva con la dottrina cattolica. In realtà non era affatto così: i c. credevano che Cristo fosse un angelo di Dio, chiamato Giovanni, secondo Belibasta, che era sceso sulla terra sotto forma di puro spirito. Quindi anche i c. aderivano al concetto docetista della mera apparenza della nascita, sofferenza e morte di Cristo sulla terra.
Automaticamente venivano a cadere due simboli cristiani, legati alla vita terrena di Cristo: la croce, che i c. negavano, se non odiavano, e la transustanziazione, la trasformazione cioè, del pane e vino in corpo e sangue di Cristo durante l'eucaristia, che i c. respingevano con orrore.
I riti e la liturgia
I c. rifiutarono la maggior parte dei riti e delle liturgie cristiane per utilizzare le proprie, che erano:
Ø Innanzitutto il Consolament, una forma di rito complesso con imposizione delle mani, fatto ad adulti, che riuniva in sé il valore dei sacramenti cristiani del battesimo, della comunione, della ordinazione e della estrema unzione. Con questa cerimonia, il c. da semplice fedele diventava un “perfetto”. Molti credenti aspettavano di essere in fin di vita per chiedere il Consolament e preferivano a quel punto lasciarsi morire per digiuno, per non rischiare di essere esposti alle possibilità di peccato. Questa pratica si chiamò endura e diventò popolare nel periodo del tardo c., quando la scarsità di “perfetti” poteva rendere impossibile una seconda cerimonia di Consolament, se fosse stata necessaria.
Ø Il Melhorament, un'elaborata forma di saluto tra c.
Ø L'Aparelhament, una confessione pubblica dei propri peccati.
Ø La Caretas, un bacio rituale di pace.
Ø La recita del Padre Nostro, in pratica, unica (eccetto alcune invocazioni minori) preghiera accettata dal c., con alcune significative correzioni del testo: il riferimento al “pane soprasostanziale” al posto del “pane quotidiano”, inteso non come cibo materiale ma come insegnamenti di Cristo, e l'aggiunta in fondo alla preghiera della postilla “perché Tuo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli. Amen”. I perfetti avevano l'obbligo di recitarlo più volte al giorno, solitamente in serie da sei (sezena), da otto (sembla) o sedici (dobla).
Come vivevano e come erano organizzati
Dal punto di vista alimentare, i perfetti c. erano vegetariani, abolendo dalla loro dieta carne, uova, latte e derivati, ma curiosamente non il pesce e i crostacei, e praticavano spessissimo il digiuno a pane e acqua, nella Quaresima, nell'Avvento, dopo la Pentecoste e tre giorni alla settimana o come penitenza per peccati di lieve entità.
Non potevano mentire ed erano inoltre casti, condannando il matrimonio e l'unione sessuale, che portava alla procreazione, come atto tipico del mondo materiale creato da Satana e che perpetrava continuamente la catena delle reincarnazioni, proprio quello che i c. cercavano di spezzare.
Infine essi erano tenuti al precetto di non uccidere, il che li mise spesso in forte crisi quando si trattava di difendersi durante la crociate e le successive campagne di persecuzioni dell'Inquisizione. Questi precetti, tuttavia, non si applicarono ai semplici fedeli e simpatizzanti, che poterono invece prendere le armi per difendere la propria causa.
Per quanto concerne l'organizzazione, il capo della comunità o della chiesa assumeva il titolo di vescovo, secondo i cronisti cattolici dell'epoca, mentre il perfetto, destinato a succedergli veniva denominato “figlio maggiore” e quello destinato a succedere a sua volta “figlio minore”. Pare invece improprio il titolo di “papa” cataro, attribuito a Niceta.
I testi
A parte il Nuovo Testamento, i c. avevano prodotto una copiosa letteratura, per la maggior parte andata distrutta durante le persecuzioni. Ci sono giunti:
Ø Il Liber de duobus principiis, scritto da Giovanni di Lugio, vescovo della chiesa di Desenzano e maggiore teologo c.
Ø La Interrogatio Iohannis, un apocrifo bogomilo portato in Italia da Nazario, vescovo della chiesa di Concorrezzo, che si ispirava alla Genesi e agli apocrifi della Bibbia.
Ø Un altro apocrifo bogomilo, la Visione di Isaia, tradotto in provenzale da Pietro Authier.
Ø Varie versioni dei rituali c., sia quello utilizzato dai francesi, denominato occitano, che quello usato dagli italiani, chiamato latino.
Ø Gli atti del concilio di Saint Felix de Caraman, trascritti in un testo, denominato Carta di Niceta, scritto tra il 1223 ed il 1226, di cui ci sono giunte delle copie del XVII secolo
bello mik!è un argomento molto interessante!cisto che siamo in tema religioso posto qualcosa sul manicheismo!!!
personalmente l'ho trovato molto interessante ti fà capire che medio ed estremo oriente nn sono inconciliabili e se nn lo sono loro nn lo siamo neppure noi!
IL MANICHEISMO
All’inizio della dominazione sasanide, nella regione del Fars erano venerate le divinità Ahuramazdah e Anahita.
Il re Sapur I si pose l’obiettivo di creare una Religione di Stato che potesse esprime il neonazionalismo iranico.
Trovò la risposta nel manicheismo che suscitò l’avversione della classe sacerdotale mazdaica e venne distrutto con la scomparsa dell’imperatore.
Con l’imperatore Narsete il manichiesmo conobbe un nuovo periodo di successo, in quanto fu posto in contrapposizione con il cristianesimo che si stava diffondendo in Mesopotamia, finchè lo zoroastrismo non lo annientò definitivamente in Iran, divenendo Religione di Stato.
Dottrina e sviluppo
Mani, uomo nobile, si professava inviato da dio, al pari di Zaratustra, Gesù e Buddha.
Egli si ispirava alle tradizioni iranica, babilonese, buddhista e cristiana.
Secondo la sua religione, il mondo è formato dalla lotta tra il BENE ed il MALE, luce e tenebre.
Nell’uomo l’anima ed il corpo rappresentano rispettivamente la luce ed il corpo: la morale manichea si sviluppa attorno alla liberazione dell’anima dal corpo.
Quando tutta la luce e tutte le anime tenute prigioniere saranno liberate e saliranno al sole, il cielo e la terra (la materia) crolleranno e si separeranno, mentre il regno della luce durerà in eterno.
I fedeli si dividono tra eletti ed uditori.
I primi si identificano nel clero che è tenuto al celibato, devono astenersi dalla carne ed evitare la cupidigia e la menzogna.
I secondi hanno diritto di sposarsi, possono lavorare, devono conservarsi puri e non aspirare alla ricchezza.
Non sono ammessi sacrifici cruenti né immagini divine, ma preghiere e digiuni.
I manichei praticano il battesimo, la comunione e ricevono l’assoluzione prima della morte.
Il manicheismo subì l’influenza gnostica, in quanto dimostrò un’avversione per l’ebraismo, considerata la religione delle tenebre.
Gli inni, di ispirazione babilonese, sono enunciati da Zoroastro; dal cristianesimo vengono presi il dogma della trinità ed alcune parti del Vangelo; i nomi degli angeli erano siriani.
Sapur I vede la debolezza delle religioni tradizionali iraniche e cerca di contrapporre, all’ascesa del cristianesimo e del buddhismo, che nel regno Kusana era divenuta religione di stato, questo nuovo culto.
Il mazdeismo si trovò minacciato all’interno, nonché stretto all’esterno dalle altre religioni monoteiste.
Alla morte di Sapur I, si diffusero violente persecuzioni contro tutte le religioni, in particolare contro il manicheismo.
Mani venne sottoposto a giudizio e condannato al supplizio.
I suoi fedeli lasciarono l’Iran e si recarono in Asia centrale, Siria ed Egitto, dove diffusero la propria religione.
Essa conobbe un discreto successo in Cina (dove si diffuse anche il cristianesimo nestroriano), Mongolia e Nord Africa, dove venne combattuto da S. Agostino.
Da qui il manicheismo si diffuse nel sud della Francia, dando vita alla setta purista dei Catari, che nel 1200 venne combattuta aspramente dai cattolici che ne massacrarono tutti i proseliti.
Mazdak
Secondo il filosofo iranico Mazdak, seguace di Mani, il popolo doveva evitare l’odio e la lotta.
Ad esso spetta l’uguale distribuzione delle ricchezze.
Questa sorta di comunismo iranico si oppone profondamente al sistema sociale sasanide, basato su classi chiuse, su una disomogeneità nella distribuzione delle ricchezze, su una forte presenza di schiavi.
Khavad si fa portavoce di questa filosofia, ma subisce un complotto.
Si rifugia presso gli Eftaliti e riprende il potere, con l’aiuto esterno.
Una volta rinsediato sul trono, non segue più il mazdakismo: tutti i suoi seguaci vengono massacrati e tale filosofia troverà accoglienza presso gli Arabi.
Orca sfleppa quanta roba da leggere E' interessante però approfondire.Ebbravo Giò
Appena mi libero degli esami dovrei avere un paio di argomenti da postare qui
assassini...?? uhm ne ho già sentito parlare di recente ma nn mi ricordo dove.....dannazione qlk di voi mi puo aiutare a ricordare????Secondo me ti riferisci ad Angeli e Demoni...
Quelli di Angeli e Demoni appartengono ad un altra setta del quale mi sfugge il nome. Forse gli Illuminati o una cosa del genere. Mi sfugge
SPOILER ANGELI E DEMONI, NON AMMAZZATEMI PERCHE' SONO OT, MA CHIUDO SUBITO.
No, no Michele, ti confondi.
L'assassino nero, quello che fa fuori di volta in volta i vari cardinali, è un Hashashin... sono sicuro.
FINE SPOILER.
Non mi riferivo a quello io. Ma alla setta degli illuminati o di qualcosa del genere, del quale mi sfugge il nome.
lord mi hai spoilerato il finale!hahahah scherzo nn ho mai letto ne angeli e demoni nè il codice da vinci!
mi racconando postate e commentate il più possibile facciamo diventare questo angolo una piccola biblioteca storica!
ah ovviamente sono beneaccette le domande,se qualcuno è interessato a qualche argomento basta chiedere!
qualcuno che darà la risposta lo trovarà di certo!
Questo è un saggio sul matriarcato, che in parte avevo già postato su un post sulle amazzoni :
LA NASCITA DELLA DEA
Un'immagine di donna conservata per circa 20 mila anni in una caverna tempio, ci descrive la mente dei nostri primi antenati.
E' molto piccola ed è stata intagliata nella pietra, è una delle cosìdette Veneri trovate un po' ovunque nell'Europa preistorica, dai Balcani al lago Baikal in Siberia, e in occidente da Willendorf, vicino a Vienna, alle Grotte du Pape in Francia. Insieme ai dipinti murali, alle caverne-tempio e ai luoghi di inumazione, queste statuette sono degli importanti documenti psichici delle popolazioni del Paleolitico. Contemporaneamente al primo manifestarsi della coscienza del rapporto tra l'individuo e gli altri esseri umani, gli animali e il resto della natura, deve essere sorta anche la consapevolezza del mistero, e dell'importanza pratica del fatto che la vita abbia origine da un corpo femminile. Sembrerebbe che il punto centrale sia l'associazione della donna con il potere di donare e di sostenere la vita.La più antica rappresentazione delle parti del corpo femminile - seni, glutei, ventre, vulva - risale al tempo in cui i popoli, non avendo ancora capito il processo biologico della riproduzione (l'accopiamento come causa di gravidanza), dovettero darsi una divinità che fosse l'estensione macrocosmica del corpo femminile. Si tratta di una Creatrice cosmica, dispensatrice della vita e della nascita. A queste parti del corpo femminile fu attribuito il potere miracoloso della procreazione. La misteriosa umidità del sesso e i labirintici organi uterini divennero la magica fonte della vita. Molto lontane dall'essere pura espressione dell'erotismo maschile, queste figure rivelano che fin dall'inizio, la volontà di vita dell'essere umano si espresse e trovò conforto in un gran numero di miti e di rituali, che denotano il nesso tra la donna e i poteri che governano la vita e la morte. Sembra che la colocazione rituale di conchiglie a forma di vagina intorno e sopra il morto, quanto la pratica di ricoprirle con pigmento rosso ocra (che simboleggia il potere vivificante del sangue), facessero parte di un rituale funebre inteso a fare ritornare il defunto tramite una rinascita. Esistono anche prove che pare servissero a propiziare la fecondità delle piante e degli animali selvatici che erano il mezzo di sustentamento della gente e, nel rifuggio di roccia di Cogul, in Catalogna, è raffigurata una scena di donne che danzano intorno ad una piccola figura maschile svestita, in quella che sembra essere una cerimonia religiosa. Compare nel Paleolitico Superiore la rappresentazione della Dea Dispensatrice di Vita, nella posizione di partoriente o dalla vulva come pars pro toto; tali simboli continuarono ad essere presenti nel Neolitico e anche in epoche successive. La Dea è collegata alle madri molto giovani nelle forme di animali quali l'orso, la cerva, il daino, e, nel Paleolitico Superiore, come bisonte femmina o giumenta. La continuità di tali immagini nella tarda preistoria e perfino in epoca storica si può spiegare non solo con l'indistruttibilità di simboli, collegati alla nascita e alla maternità, fortemente radicati, ma anche come memoria profonda assorbita di un sistema matrilineare, in un'epoca in cui la paternità era difficile da stabilire. Anche i simboli della fertilità e della gestazione affondano le radici nel Paleolitico Superiore, comparendo già allora la Dea Gravida, in origine forse divinità lunare (perchè tonda come la luna piena). Era centrale l'evidente timore reverenziale e la meraviglia per la nascita che s'incarna nel corpo della donna.
Con il passaggio all'economia neolitica si produssero notevoli innovazioni.
La nostra coscienza della preistoria progredì moltissimo grazie alla scoperta delle città Neolitiche di Çatal Huyuk e Hacilar, nella Turchia centrale. Secondo James Mellaart, che diresse gli scavi per conto del British Institute of Archeology di Ankara, "il fatto più interessante è che gli scavi in questi due siti rivelano una stabilità e una continuità dello sviluppo, durato forse diverse migliaia di anni, delle culture sempre più avanzate che adoravano la dea"..." Si può dimostrare una continuità religiosa da Çatal Huyuk e Hacilar fino alle grandi "Dee Madri" di epoca arcaica e classica" e che "l'interpretazione dell'arte del Paleolitico Superiore incentrata sul tema di un complesso simbolismo femminile (sotto forma di animali e simboli), mostra forti somiglianze con le immagini religiose di Çatal Huyuk e Hacilar".Sebbene si parli molto poco di questo, i numerosi scavi neolitici in cui sono state trovate statuette e simboli della dea coprono una vasta area geografica, che va ben oltre il Vicino e Medio Oriente, come dall'India fino all'Isola di Malta, nel Mediterraneo, per esempio. Insomma, quasi ovunque, i luoghi dove avvennero i grandi progressi sociali e materiali della tecnologia hanno il culto della Dea come caratteristica comune. Risale probabilmente a questo primissimo periodo neolitico l'origine del concetto della Dea Dispensatrice di Vita e di Nascita come Fato, poichè decide della durata della vita, della felicità e della salute, e come filatrice o tessitrice perfino dell'esistenza umana (il primo animale addomesticato, l'ariete, divenne sacro alla Dea Uccello e la Dea divenne così associata alla tessitura e alla tosatura).Contemporaneamente, la scoperta della ceramica aprì altri orizzonti verso la creazione di nuove forme scultoree, e verso un nuovo modo di raffigurare i simboli attraverso la pittura su ceramica. Apparvero quindi i vasi antropomorfi a forma di donna-uccello (chiamati askoi) e motivi decorativi come corsi d'acqua, triangoli, bande decorate a rete, spirali, serpenti e spire serpentine divennero predominanti. Nella nuova economia agricola, la Dea Gravida del Paleolitico fu trasformata in una divinità della Fertilità della Terra diventando simbolo del ciclo vitale della vegetazione (nascita, fioritura, morte). Acquistarono grande importanza gli aspetti legati alla fecondità di uomini e animali, l'abbondanza dei raccolti, la fioritura delle piante e i processi della crescita e dell'ingrassamento (la scrofa divenne sacra a questa Dea per le sue capacità di crescita veloce e di ingrassamento). La rappresentazione del mutamento delle stagioni si intensificò, manifestandosi nei rituali estivi/invernali o primaverili/autunnali e nella comparsa dell'immagine di una madre/sorella e di un Dio maschile, spirito della vegetazione che nasce e muore.
Ora sappiamo che l'agricoltura - non solo l'addosmesticamento degli animali, ma anche delle piante selvatiche - risale ad un'epoca molto più antica di quanto si credeva in precedenza. I primi segni di quella che gli archeologi definiscono la rivoluzione agricola, o del Neolitico, iniziano a manifestarsi tra il 9000 e l'8000 a.C., e ciò significa più di diecimila anni fa. Nel corso della preistoria le immagini della morte non sono predominanti su quelle della vita, ma sono combinate con i simboli della rigenerazione. Anche la Messaggera e la Reggitrice di Morte sono coinvolte nella rigenerazione. Questo motivo appare molto spesso: teste di avvoltoio sono poste tra i seni; fauci e zanne di feroci cinghiali sono coperte di seni (come nei santuari del VII millennio di Çatal Huyuk); le immagini della Dea Civetta dell'Europa occidentale sulle pareti delle tombe megalitiche e sulle stele hanno i seni oppure il loro corpo interno è un labirinto creatore di vita, con una vulva nel centro. La Dispensatrice di Vita può trasformarsi in una spaventosa immagine di morte oppure essendo rappresentata come un nudo rigido con uno sproporzionato triangolo pubico in cui comincia la trasformazione della morte in vita. Questa raffigurazione del Paleolitico Superiore, è l'antenata dell'antico nudo rigido europeo in marmo, alabastro, pietra di colore chiaro od osso: materiali che hanno il colore della morte. Durante il Neolitico, tombe e templi presero la forma dell'uovo, della vagina e dell'utero della Dea, o del suo intero corpo. Le tombe a corridoio megalitiche dell'Europa occidentale simboleggiavano con grande probabilità la vagina (corridoio) e il ventre gravido (tholos, camera rotonda) della Dea. La forma di una tomba è simile alla collina naturale con un omphalos (pietra che simboleggia l'ombelico) sulla sommità, simbolo universale del ventre gravido della Dea Madre con il cordone umbelicale, come si riscontra nel folclore europeo.Serpenti antitetici o teste a spirali riempiono l'antica decorazione europea fatta con argilla con i loro movimenti e torsioni. Vortici, croci e una varietà di segni quadrangolari sono simboli di dinamismo nella natura che assicura la nascita della vita e muove la ruota del tempo ciclico dalla morte alla vita, perchè la vita si perpetui.La spiegazione tradizionale delle statuete femminili può essere considerata più una proiezione di steriotipi che un'interpretazione logica di un'osservazione.
Come scrive la Eisler, "Sembra del tutto plausibile che l'evidente dimorfismo, cioè la differenza di forma tra le due metà dell'umanità, abbia avuto un profondo effetto sui sistemi di fede del Paleolitico. Sembra altretanto logico che la costatazione che la vita umana e quella animale sono generate dal corpo femminile, e che il corpo della donna, come le stagioni e la luna, segue dei cicli, abbia portato i nostri progenitori a considerare femminili, anziché maschili, i poteri del mondo che danno e mantengono la vita."
bravo mik hai fatto bene!così è tutto quì!
Tanto per rimenere in tema di matriarcato, ecco un articolo, a mio modo di vedere, molto interessante :
LE DONNE GUERRIERE :
Nei fregi del Partenone le vediamo nei loro morbidi chitoni, maneggiando piccole spade e giavellotti come atleti olimpionici. In fregi elenistici più recenti, come in quelli dei sarcofagi di Tessalonica, vengono rappresentate in pose seducenti, come donne guerriere con curve da cortigiane. Secondo Erodoto, i soldati greci le hanno combattute nella battaglia di Thermodon nel Mar Nero. Gli Sciiti le chiamavano Oriopata o "assassine di uomini". Ma quando Achille uscise la loro regina Penthesilea, nell’assedio di tr**a, si innamorò del suo viso muorente.Quello delle Amazzoni è uno dei nostri miti più antichi e potentemente ambigui. La persistenza della sua influenza sulla psiche occidentale è tale che, quando gli spagnoli, nel 1542, navigarono un immenso fiume in Sud America riportarono avvistamenti di Amazzoni e il fiume, infine, acquisì il loro nome. Poi, per circa 500 anni, niente. Le Amazzoni scivolarono silenziosamente nel regno della mitologia, dove sembrava dovessero rimanere. Così fu finché un gruppo di archeologi, durante un lavoro di scavi nelle steppe euroasiatiche, fece una scoperta inaspettata. Tra il 1992 e il 1995, un gruppo condotto da Jeannine Davis-Kimball, direttrice del Centro di Studi delle Civiltà Nomade Euroasiatiche nel Berkley in California, scavò un sito Neolitico di kurgans (tumuli sepolcrali) nei pressi di Pokrovka, al confine della Russia con il Kazakistan. Nello scorso gennaio, Davis-Kimball pubblicò sulla rivista Archeaology un resoconto degli scavi in quella zona: un saggio documentato da mappe e fotografie descrivendo la sua testimonianza del passaggio nelle steppe di femmine guerriere circa 2500 anni fa.Dentro ai kurgan, gli archeologi trovarono resti di entrambi i sessi, ma fu un gruppo di scheletri femminili che catturò la loro attenzione: donne straordinariamente alte per la loro epoca seppellite con pugnali e spade. Disposto accanto a una giovane femmina c’era una faretra contenente quaranta freccie dal puntale di bronzo; lo stesso scheletro presentava le ossa delle gambe arcuate possibilmente dovuto, congetturò Davis-Kimball, a tutta una vita passata in sella. Alloggiato sotto la gabbia toracica di un’altro c’era una punta di freccia piegata; testimonianza, forse, di una morte violenta in battaglia. Le notizie sulle sepolture del sito di Pokrovka alimentarono la cronaca e misero in moto un turbine di speculazioni. "Antiche tombe di donne armate che alludono alle Amazzoni", proclamò il The New York Times. In realtà, Davis-Kimball ebbe la cura di dire al Times che queste donne non erano, probabilmente, le donne guerriere dell’antica legenda; inoltre, furono scoperte a più di mille miglia a est dal luogo in cui, presumibilmente, i greci hanno combattuto le Amazzoni. Effettivamente, è più probabile che il loro significato riguardi una questione di una portata più vasta, rivitalizzando un vecchio dibattito sulle origine del patriarcato e ripristina, forse, una lunga e screditata ricerca dell’Atlantide femminista, una civilizzazione preistorica in cui le donne detenevano tanto o più potere degli uomini. "Questi kurgan non sono, in nessun modo, una prova del matriarcato", dice Davis-Kimball, "ma i matriarcati possono essere tuttavia esistiti". Mentre sottolinea che le etichette "matriarcato" e "patriarcato" riflettono una particolare concezione moderna del potere e dei rapporti tra i generi, Davis-Kimball osserva che "ci sono prove iconografiche sia nell’arte che nell’archeologia che suggeriscono effettivamente l’esistenza in passato di società non patriarcali". Aggiunge: "Sicuramente, queste società nomade delle steppe sembrano mostrare una specie di interscambialità di ruoli tra i sessi, anche nello scenario suppostamente maschile della guerra. Direi che i loro ruoli di genere sono più fluidi. E, almeno per ora, la questione si apre sempre di più". Davis-Kimball sottolinea che molti archeologi russi avevano già lavorato in altri siti kurgan nella stessa zona dagli anni 50, ma ogni volta che trovavano per caso donne sepolte con spade e pugnali, si astenevano da congetture interpretative oppure ritenevano che le armi fossero li puramente per scopi rituali. Le gambe arcuate e le punte di freccia consumate trovate nel sito di Pokrovka suggeriscono, comunque, che la Xena della serie televisiva ha, in realtà, dei veri predecessori. Sarah Nelson, un’antropologa dell’università di Denver e esperta in archeologia dell’est asiatico, espone la situazione più fortemente: "Archeologi maschi stanno scavando da anni sepolture militari di caste alte descrivendole come maschili ma, in effetti, sono spesso femminili" dice, "questo è, piuttosto, il significato dei ritrovamenti di Pokrovka: il patriarcato universale diventa, molto ironicamente, il supremo mito maschile!".
Sfidando alcune delle nostre supposizioni più basilari circa la storia dei generi nella cultura Occidentale, le scoperte di Davis-Kimball danno una nuova spinta a interrogativi che hanno turbato a lungo il suo campo. Se, come la maggioranza degli antropologi e archeologi credono, le donne sono subordinate -anche se sottilmente- agli uomini in ogni società attuale, come e perchè è sorto il patriarcato? Gli uomini sono sempre stati il sesso più potente e dominante nelle società umane o i documenti storici suggeriscono diversamente?
Non è un caso se questi interrogativi provochino disaggio negli scienziati di oggi. Dedurre fatti difficili circa i rapporti tra i sessi nelle società antiche in base a dei reperti ossei e a dei cocci di ceramica è un’impresa rischiosa. Tuttavia, congetture generiche riguardo le politiche sociali nelle culture antiche hanno una lunga tradizione in archeologia, la cui influenza continua a farsi sentire ancora oggi.Tra le più diffuse nozioni scolastiche di fin de siècle c’era la convinzione che nel lontano passato sia sorta da qualche parte in Europa un’Età dell’Oro matriarcale. Sia Sir James Frazer in Il Ramo d’Oro (1890) sia Robert Briffault in The Mothers (1927) accennano ad un antico idillio dominato da femmine. Il filologo svizzero Johann Jakob Bachofen (1815-1887) nella sua opera monumentale Mutterrecht und Urreligion, pubblicata per la prima volta nel 1926, dichiarò di "diritto materno" l’origine della cultura. Lo studio dell’arte funeraria romana di Bachofen, intrapresa nel 1840, lo ha convinto che la legge Romana in sè, quel pilastro del pensiero patriarcale, conteneva elementi che potevano solo pervenire da un distante passato di matriarcato, tra cui la sacrosanta nozione di matrimonio ancora diffusa ai giorni d’oggi. Bachofen elaborò una visione romantica della storia pre-patriarcale, ampiamente dedotta da uno studio meticoloso sul mito. Durante la prima metà del XX secolo, nel tentativo di accrescere la reputazione scientifica della disciplina, gli archeologi abbandonarono gradatamente la congettura basata sul mito per un regime più lucido di osservazione verificabile empiricamente. Armati da mucchi di statistiche su ottimali strategie di foraggio e di migrazioni demografiche, i sostenitori della Nuova Archeologia (come venne chiamato il movimento) si limitarono a prudenti, spassionate e retoriche asserzioni circa la preistoria in nome della scienza. Tuttavia, c’è stata un’archeologa che trovò poca utilità nel rigore della propria disciplina, una donna senza pazienza per grafici, statistiche e per lo stile accademico dei giornali di scuola. Nella sua ampia portata e nelle grandi rivendicazioni sull’antico matriarcato, il lavoro dell’archeologa lituana Marija Gimbutas aveva più in comune con le libere congetture di Bachofen che con la fredda scientificità dei suoi pari. Gimbutas, morta nel 1994, fu docente di archeologia all’UCLA e una delle prime esperte in culture neolitiche del sudest europeo. Durante tutta la vita, la sua convinzione in una perduta Arcadia femminile, sostenuta, secondo lei, da migliaia di manufatti ricuperati, ha ottenuto solo un minimo appiglio nel ambiente universitario, principalmente tra le studentesse femministe radicali come lei. "E’ chiaro che puoi arrivare e delle conclusioni usando le statistiche" ha detto Gimbutas nel 1987 difendendo il suo approccio audace, "ma se non hai una tua visione personale, se non sei un poeta o un’artista...allora sei solo un tecnico". Nel 1974 publicò Gods and Godesses of Old Europe (il titolo originale è The Godesses and Gods of Old Europe- Le Dee e gli Dei dell’Europa Antica - ma, nel 1974, non gli fu permesso di scrivere Godesses prima di Gods) in cui espose la sua teoria: "L’Europa Antica è stata abitata da una cultura che fu matrilocale (consuetudine per cui le coppie sposate vivono con il gruppo della madre della sposa) e, probabilmente, matrilineare (vale a dire, in cui discendenza ed eredità si tramandano per via materna), agricola e sedentaria, egualitaria e pacifica". Questa forma sociale di paradiso terrestre fu completamente distrutta in torno al IV millenio a.C. da nomadi Indoeuropei violenti, chiamati da Gimbutas popolo dei kurgans per analogia con i tumuli sepolcrali (apparentemente tutto ciò che rimane di loro). Ironicamente, questi kurgans appartenevano alla stessa cultura delle donne guerriere di Davis-Kimball benché Gimbutas li vedesse come villani patriarcali. The Godesses and Gods of Old Europe contiene un gran numero di lastre fotografiche che Gimbutas cita mentre guida il lettore attraverso una summa di alcuni dei 30 mila manufatti di un’Europa Neolitica da molto scomparsa: misteriose figure tozze di "dee" con maschere di uccelli o avvolte in spire di serpenti, vasi dipinti con api, farfalle, cani e delicate pietre a forma di fungo. "Questi simboli sono gli unici veri accessi a questa stimolante, geocentrica e riverente visione della vita", ha scritto. Prendendo spunto da Bachofen, sostiene che l’Europa antica avesse la propria iconografia e civiltà ispirata al femminile molto antecedente a qualsiasi influenza dall’Asia o Egitto. In Il linguaggio della Dea. Mito e culto della Dea madre nell’Europa neolitica, Gimbutas ha aggiunto saggi alle sue lastre fotografiche colorate. In uno dei saggi intitolato The World View of the Culture of the Goddess (la visione del mondo sulla cultura della dea) dispiega una visione quasi atlantidea del Vecchio Ordine Europeo. "Gli Antichi Europei non cercarono mai di vivere in posti scomodi, ad esempio su colli alti e scoscesi, come fecero in seguito gli Indoeuropei, che costruirono cittadelle in luoghi inaccessibili, circondando spesso i loro stanziamenti collinari con ciclopiche mura in pietra", scrive Gimbutas. "Gli insediamenti degli Antichi Europei venivano scelti in base alla bellezza della posizione, alla bontà di acqua e terreno, e alla disponibilità di pascoli per gli animali". Inspirati dall’influenza delicata della dea, vivevano in "case confortevoli", e in "un’epoca libera da conflitti". Quest’epoca gloriosa finì improvvisamente e violentemente con l’arrivo dei saccheggiatori kurgan. Secondo lei, le loro invasioni portarono in Europa una lingua proto-indoeuropea, ma anche flageli allora sconosciuti come la guerra e la tecnologia militare e, peggio ancora, il patriarcato. Per la prima volta in tombe europee, accanto a uno scheletro maschile eccezionalmente alto, o con le ossa grosse, si trovano gli scheletri di donne sacrificate, mogli, concubine o schiave del defunto. Questa pratica, che la Gimbutas definisce sati (termine che in India indica l’abbruciamento delle vedove, pratica che in questo paese continuò fino al XX secolo), fu sicuramente introdotta in Europa dagli indoeuropei Kurgan. "La frequenza di queste sepolture", scrive Gimbutas, "esclude la possibilità che si tratti di decessi coincidenti". Da qui in poi fu tutto un declino. La storia rivisionista di Gimbutas liquida la Grecia Antica come una cultura di immagini "assurde", e l’Alto Medio Evo come un inferno spietato che "si può vantare della più grossa creatività nella scoperta di strumenti e tecniche di tortura". Quest’ultimo periodo sfortunato fu solo "l’inizio delle pericolose convulsioni della legge androcratica che, 460 anni più tardi, culmina con la tortura e l’assassinio di 50 milioni di donne, bambini e uomini, nell’Europa dell’Est di Stalin", dichiara. Dal suo punto di vista, l’Età della Pietra fu, contrariamente, un’era di irreprensibile devozione femminile. La teoria di Gimbutas sulla dea ha goduto di maggiore popolarità tra le femministe teoriche degli studi umanistici che tra la gente del suo stesso campo di studio. Nel suo autorevole e polemico Il Calice e la Spada (Pratiche Editrice, 1996), la storica culturale Riane Eisler, presuppone l’esistenza di una antica cultura "gilanica" che si distingueva per l’eguaglianza di ruoli tra donne e uomini. Questo periodo segnato da grandi risultati culturali, fu rimpiazzato circa 5000 anni fa da un funesto regime "androcratico", un’evento che Eisler attribuisce, prendendo spunto da Gimbutas, alla violenta invazione dei kurgans: nel cuore del sistema degli invasori è stato riconosciuto un valore più grande al potere di togliere la vita che a quello di darla. Questo fu il potere simboleggiato dalla Spada "maschile" illustrato dalle gravure trovate nelle prime caverne kurgan mostrando questi invasori Indoeuropei letteralmente venerati. Dato che, nella loro società di dominio controllata da dei - e uomini - della guerra, questo era il potere
supremo.Respinta dalla storica Elizabeth Fox-Genovese (della Emory University) nel The New York Times come poco più che "assurdità", questa vivace storia apocalittica è stata, tuttavia, assorbita da altre studiose femministe, benché con più sobrietà. Per esempio, in Paradoxes of Gender (Paradossi di Genere, Yale 1994) Judith Lober, sociologa e docente nel Brooklyn College, presuppone migliaia di anni di pacifiche orticulture non-patriarcali nel sudovest europeo seguiti da uno scenario tenebroso di oppressione, con le popolazioni egualitarie di un tempo trasformate da uomini bellicosi in una vasta classe sfruttata e maltrattata di "lavoratori, partners sessuali, balie, ecc". Ispirata da Gimbutas, Lober confida sia nei manufatti che nelle statuette neolitiche della dea per giustificare le sue rivendicazioni di una società originaria non patriarcale. "Penso che questi idoli di dee abbiano un gran significato. Ad un certo punto, le donne hanno indubbiamente perso il loro status, una perdita che è tuttora con noi", spiega Lober. Sottolinea, comunque, che le donne furono probabilmente venerate in queste culture primitive, dovuto al loro ruolo di allevatrici di bambini e di produtrici di alimento (approva la teoria che le donne abbiano inventato sia la birra che il pane), ma indipendentemente da un qualsiasi sistema monolitico chiamato matriarcato.
Nonostante molti archeologi contemporanei appoggino le conclusioni di Lober circa il ruolo delle donne nelle società primitive, la maggior parte si guarda dal sostenere che le invasioni dei kurgans di Gimbutas fossero la causa del cataclisma che ha distrutto l’Ordine Antico. Nel suo campo, l’influenza di Gimbutas è durata poco, limitata ad un pugno di scienziati ed un pugno di siti nel est europeo, inclusa la città Neolitica di Çatal Hûyûk in Anatolia in Turchia, e il palazzo Minoan a Knossos. Gran parte degli scienziati rimase profondamente scettica. "Gimbutas ha girato ovunque facendo ogni tipo di affermazione non dimostrabile", dice Brian Fagan, un’archeologo di UC-Santa Barbara, echeggiando una critica frequente al lavoro della Lituana. "Quando si tratta delle strutture sociali di culture preistoriche, abbiamo a che fare con beni immateriali", afferma Mary Lefkowitz, docente Classico al Wellesley College e un’esperta in storia delle donne nella cultura Greca Antica. "Il patriarcato non è una congiura a cui puoi attribuire date e generalizzazioni", dice. "Il tomo di storia di Gimbutas è solo quello: una storia. Non puoi dire che ‘il patriarcato ha portato l’Età del Ferro e l’oppressione’ ".Per i suoi critici, l’interpretazione di Gimbutas delle testimonianze raccolte da lei - le migliaia di manufatti documentati nei suoi libri in lastre fotografiche - è assai sospetta. Nel The faces of the Godess (Osford, 1997), un diligente e esauriente resoconto di divinità femminili nelle culture primitive, Lot Motz, esperta in mitologia germanica, denota che, nelle culture primitive europee, immagini di uomini e animali sono tanto prolifiche quanto le raffigurazioni della dea. "É chiaro che non c’era l’introduzione di dei guerrieri né di valori militari", afferma severamente, "nessuna imposizione di un sistema patriarcale e nessuna mortificazione della dea". Laurent Talalay del museo Kelsey di archeologia a Ann Arbor nel Michigan rivendica che il lavoro di Gimbutas sia stato sfigurato da un pregiudizio di sesso come quello dei suoi pari Russi negli anni 50. Molte delle figure di "dee" del Neolitico, dice Talalay, erano neutre o ermafrodite, esibendo sia seni femminili che genitali maschili. Sfortunatamente, le statue definitivamente femminili sono decorate più elaboratamente, e per questo sono state oggetto di un’attenzione sproporzionata da parte degli studiosi. "Non penso, di certo, che possiamo congetturare sulle strutture sociali dell’Europa Antica Neolitica in base a delle statuette ambigue", afferma, "la nozione cospiratrice del culto della dea seguita più tardi dall’affascinante dominio ed espediente politico maschile, non è affatto dimostrata dai documenti archeologici". Per molti studiosi, le donne guerriere di Pokrovka sono l’ultimo chiodo nella bara di Gimbutas, mettendo permanentemente a tacere la sua teoria dei maschi sacheggiatori. "Abbiamo questo mito circa i così detti nomadi kurgan, che fossero stati dei gerarchici guerrafondai e così via", dice Claudia Chang, un’archeologa del Sweet Briar College che lavora nelle sepolture kurgan nell’Asia Centrale. "Di fatto, come dimostrano questi recenti scavi, il loro sistema di consanguineità ha spesso favorito le donne e gli consentiva l’ingresso nell’elite sociale e militare". Ovviamente, una volta che la teoria dell’invasione viene eliminata, rimane sempre la domanda di come il patriarcato si sia propagato. É improbabile che la risposta sia semplice.
I tumoli sepolcrali di Pokrovka sono datati dal 500 a.C. al 200 a.d., facendoli così, approssimativamente, contemporenei ai giorni gloriosi del maschio dominatore di Atene. "A quei tempi", dice Lefkowitz, "Atene era indiscutibilmente patriarcale, una cultura in cui gli uomini possedevano effettivamente le donne e controllavano i loro beni". In questo caso, spiega, il patriarcato era probabilmente un risultato dell’ossessione degli Ateniesi per la purezza della razza e di mantenere le ricchezze della città nelle mani dei suoi cittadini. "Era la loro ricerca di pura cittadinanza", dice Lefkowitz, "che li ha ossessionati circa la stirpe patrilineare. Per controllarla dovettero controllare direttamente le donne. Dovevano sapere chi erano i padri". Questo è un quadro molto diverso dei ruoli sociali delle donne rispetto a quello dedotto da Davis-Kimball con i suoi kurgan di Pokrovka - una società in cui le donne e non solo gli uomini, avessero potere militare e sociale. L’esistenza simultanea di guerriere nomadi e di soggiogate casalinghe ateniesi, suggerisce che, 2000 anni fa, i rapporti tra i sessi variavano enormemente da una popolazione all’altra. Così, quando e come il patriarcato diventò la norma universale?
Tra le alternative più prometenti allo scenario apocalittico proposto da Gimbutas è un modello gradualista, compreso nel lavoro dell’antropologa Sherry Otner e di altri, che presuppone una lenta e inevitabile transizione dal egualitarismo preistorico al dominio maschile dell’epoca moderna. Nel 1972, Otner pubblicò un saggio in Femminist Studies intitolato "Is Female to Male as Nature is to Culture?" (la Femmina sta per il Maschio come la Natura sta per la Cultura?). Fortemente influenzato da Simone de Beauvoir e spesso citato come l’inizio dell’antropologia femminista negli USA, il saggio di Otner dichiara categoricamente che "matriarcato apparte, la ricerca di una cultura genuina si è rivelata inutile". Tuttavia, teorizzò Otner, ci deve essere una spiegazione alla subordinazione delle donne agli uomini, situazione che era universale senza riguardo per il relativo e variabile potere femminile. Nonostante desiderasse trascurare qualsiasi ottima spiegazione sul determinismo biologico, Otner concluse che l’ubiquità del dominio maschile avesse le proprie radici nei fatti di riproduzione sessuale. Quasi ovunque, le donne vengono associate alla natura per causa del loro ruolo nella procreazione. (Le donne, come dice Beauvoir, sono biologicamente più assoggettate alla specie). Inoltre, dibatte Otner, tutte le società architettano rituali che mirano alla manipolazione della natura nel interesse della cultura. Nozione di purezza e impurità, evidenti in tabù legati alle mestruazioni, creano un’opposizione di genere tra natura (donne sporche) e cultura (uomini puliti) essendo la dimostrazione di un potente impulso collettivo per controllare la minaccia della natura. Fisicamente non ostacolati dal loro ruolo nella riproduzione e, quindi, liberi da ogni associazione simbolica con la natura, agli uomini è stato assegnato un valore antagonista, vale a dire, quello della cultura stessa, il cui dovere è di riaffermare quel controllo. In un saggio pubblicato nel suo libro Making Gender (Beacon Press, 1996), Otner elabora: "Gli uomini emergono come ‘leaders’ e come figure autoritarie; entrambi donne e uomini vis-à-vis, come scopo di attrarsi in una varietà di pratiche di cui solo alcune sono affermate nel potere, incluso il commercio, scambi, reti di parentela, partecipazione rituale, risoluzione di dispute e così via. Ciò è, il dominio maschile non sembra essere effettivamente sorto da qualche aggressivo "desiderio di potere", ma dal fatto che (come Simone de Beauvoir inizialmente suggerì nel 1949) le responsabilità domestiche maschili possono essere interpretate più episodiche rispetto a quelle delle donne, e sono più liberi di viaggiare, di congregarsi, di esporsi, ecc., e quindi di fare il lavoro della "cultura". Il saggio di Otner descrive un inesorabile progresso dal fatto biologico al simbolo, agli steriotipi di genere che trovano diffusa approvazione ai giorni nostri. Il patriarcato, dice lei, "è sorto come una consequenza non intenzionale di disposizioni che erano, in origine, puramente funzionali e di espediente. La sua demonizzazione come parte integrante delle politiche femministe contemporanee, sfortunatamente servono solo a confondere la questione". Molti antropologi, incluse quelle femministe, si innamorarono del pensiero di Otner; il suo lavoro ha goduto di un’influenza considerevole nel campo. Meg Conkey, un’antropologa del Berkley, dice: "pensiamo ora al patriarcato come un prodotto consequente al sovvertimento tecnologico". Una delle studiose che ha seguito il lavoro di Otner fu Elizabeth Barber, docente di archeologia e linguistica all’Occidental College di Los Angeles. Concentrandosi in una singola tecnologia (produzione tessile) nelle culture antiche, Barber ha usato un modello gradualista per tracciare i ruoli nell’evoluzione dei generi nelle società umane primitive. Nel suo Women’s Work, the First 20,000 Years (Norton, 1994), libro tollerante e magnificamente elaborato, Barber usa reperti tessili per ricreare la vita, spesso non registrata, delle donne nelle società antiche comunemente descritte come patriarcali. Barber conclude che due condizioni fondamentali sono necessarie per fare emergere il patriarcato. In primo luogo, c’è il commercio di metalli, un’attività che potrebbe essere condotta e monopolizzata più facilmente dagli uomini, visto che le donne, gravate dal peso di neonati e bambini, non potevano viaggiare per lunghe distanze. In secondo luogo, c’è una "rivoluzione di prodoti secondari" in torno al 4000 a.C., nella quale gli animali che venivano tradizionalmente cresciuti per il consumo, furono tenuti vivi e sfruttati per i loro prodoti secondari come il latte, la lana, e per il traino. Di consequenza, col miglioramento dell’alimentazione e del vestiario, fu possibile l’esistenza di campi di coltivazione in larga scala. Ripetendo Otner, Barber vede la divisione del lavoro e di genere come "un male inevitabile una volta che si sono lasciati indietro i mezzi di sussistenza agricola". Aggiunge: "Il modello comunitario non gerarchico ha solo funzionato in società piccole e relativamente povere dell’Età della Pietra. Non appena le persone vogliono e necessitano di comodità che non possono far crescere nel cortile di casa, questo modello smette irrevocabilmente di funzionare. Nicola di Cosmo, una storica dell’est asiatico a Havard, pensa che Barber sia sulla buona strada. "Le divisioni di genere nel lavoro erano, probabilmente, efficienti e, va da sè, sono state adottate", afferma. "La guerra sorge da una competizione per le risorse appena incominciano ad espandersi i network di mercato, e non per un’aggressività innata dei maschi".Secondo i sostenitori della scuola gradualista, il patriarcato non è tanto una cospirazione maschile per mantenere sotto le donne quanto un prodotto necessario alle società, in cui il progresso dipende, sempre di più, dalla mobilità e dalla forza bruta. Ragazze adolescenti e giovani madri erano semplicemente delle candidate improponibili per sollevare pesi nella costruzione di un’infrastuttura. Malgrado il suo tenore sobrio, il modello gradualista è ancora un’ipotesi che funziona, un modello che sembra plausibile ma che la documentazione storica deve ancora verificare. Infatti, sarà più facile di verificare la teoria gradualista nel futuro piuttosto che nel passato. Dopo tutto, se le rivoluzioni tecnologiche, una volta, avevano l’inevitabile ascendente maschile (e quindi patriarcale) si presume che, quando le macchine sostituiranno completamente le persone, come discutibilmente hanno iniziato a fare oggi, il patriarcato scomparirà ugualmente. In effetti, questo è esattamente ciò che Otner, come altri, ha predetto. "Così come la rivoluzione tecnologica ha creato il patriarcato, la tecnologia ora ha il potere di cancellarlo poichè evita la forza fisica ed equilibra i sessi". Mentre il futuro è certo di generare dati sufficienti per un’analisi ben informata, i 7000 anni, che si situano tra l’emergere dei primi insediamenti neolitici in Turchia e l’urbanizzazione patriarcale nell’Atene Classica, rimangono, con molta frustrazione, nell’oscurità. Saranno le donne kurgan di Davis-Kimball a fare luce su questo capitolo buio nella storia dell’umanità?
Baber dice che "i ritrovamenti di Pokrovka stanno per cambiare l’immagine dei sessi nella preistoria". Di Cosmo concorda: "L’ordine sociale nelle culture nomadi deve essere stato molto più flessibile di quanto non sia diventato rispetto ai ruoli di genere. Chissà. Magari le Amazzoni hanno una loro realtà storica, dopo tutto. E’ sicuramente interessante notare che le descrizioni etnografiche di Erodoto su questa regione sono state ampiamente riconfermate dall’archeologia. E’ un interrogativo affascinante capire se avesse ragione anche sulle Amazzoni". Per quanto riguarda Davis-Kimball, preferisce continuare la sua ricerca "Gimbutiana" sul matriarcato e sulle Amazzoni, pur di non abbracciare i nuovi e modesti paradigmi sostenuti dalla grande maggioranza dei suoi pari.Durante l’estate, Davis-Kimball, ha condotto degli scavi molto estesi nella provincia di Xinjian in Cina. Lì ha trovato quello che, con convinzione, definisce "mummie di sacerdotesse" molto ben conservate, che fanno parte del gruppo del sito delle sepolture enigmatiche del Caucaso e che crede siano residui di una cultura antichissima, datata circa 2000 a.C.. Il significato di questa cultura euroasiatica (alla quale non si è ancora attribuito un nome) è la prova delle potenti posizioni sociali occupate dalle donne: sembra che fossero sciamane e sacerdotesse, forse anche guerriere. Alcuni dei loro utensili di culto, come specchi, mazze, e come i tatuaggi spiraliformi ancora visibili nelle loro face e piedi mummificati, sono apparentemente simili a quelli scoperti a Pokrovka. Questa antica cultura euroasiatica avrà influenzato successivamente i nomadi con il loro prestigioso esempio femminile. In un lungo viaggio attraverso i musei dell’Asia Centrale, Davis-Kimball afferma di avere trovato "ovunque" prove dell’esistenza di donne guerriere e di donne sacerdotesse. In luglio e agosto, però, durante gli scavi in Moldavia nei siti particolarmente amati da Gimbutas, Davis-Kimball concluse che le prove di una cultura della dea in quel luogo fossero deboli. Decise che la ricerca di un antico matriarcato doveva prendere una strada diversa. "Penso che Gimbutas possa essersi sbagliata circa la cultura della dea", dice Davis-Kimball, "ma avrà avuto ragione circa una fondamentale, integra tradizione di potere di culto e di saggezza femminile, che è stata soffocata dal Medioevo in poi e, soprattutto, dalla Rivoluzione Industriale. "Trovo prove di questo in tutta l’Asia". Un amico fu perfino curato ad Ufa Bya da un mal di schiena da una donna sciamana! La questione del matriarcato non deve essere accantonata in nessun modo. Deve essere una domanda aperta perchè l’archeologia fino adesso è stata sempre così incline a non investigare sul ruolo delle donne nella storia. Gli uomini, dopo tutto, sono sempre stati timorosi delle donne con potere". Chissà! Forse la tribù di Penthesilea ci riserva ancora altre sorprese nascoste
Una domanda giò : come faccio a fare il titolo colorato ? Ho provato in mille modi ma non ci sono riuscito
Sono abbastanza ignorante nell'uso del forum
Anche se non sono Giò provo a risponderti lo stesso...
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Cmq interessante quello delle Amazzoni... la Saggistica Sloaniana non sbaglia!
mik ti ha detto tutto lord!comunque è un bel saggio l'ho letto già da qualche parte o sbaglio??
no non ti sbagli !! Credo anche questo a pezzi però !
Dimenticavo. Vi ringrazio tutti e due per le informazioni !!