Girando in rete mi è capitato di trovare una pagina molto interessante riguardante "Le Serpent Rouge". Conoscevo già a grandi linee la storia del piccolo libello stampato presumibilmente fra il 1966 e il 1967 e la sua correlazione con il mistero di Rennes-Le-Château, ma non avrei mai creduto di trovare un articolo a riguardo. Quindi lo posto.
Le Serpent RougeLibriccino che in qualche modo è legato al mistero di Rennes-Le-Château.
Il piccolo testo de:"LE SERPENT ROUGE. NOTES SUR SAINT GERMAIN DES PRES ET SAINT SULPICE DE PARIS" è stato scritto in lingua francese nell'Ottobre del 1966 da tre autori: Pierre Feugere, Louis Saint-Maxent e Gaston De Koker e pubblicato poi il 17 di Gennaio del 1967.
I tre autori del piccolo opuscolo morirono subito dopo la pubblicazione in circostanze poco chiare anche se i tre casi di morte vennero archiviati come suicidi. Questa conclusione è però poco soddisfacente dato che è quasi inverosimile pensare che solo dopo tre mesi dall'uscita del loro libro tutti e tre gli autori avessero avuto problemi così gravi, o così gravi e profondi squilibri, da spingerli a mettere in atto quell'estremo gesto; non tutti e tre assieme comunque. Qualcosa doveva averli spinti alla morte. Qualcuno in effetti ipotizzò che forse furono uccisi, condannati a morte da qualche tribunale iniziatico perché colpevoli di aver violato la regola del "Silentium". Ciò che avevano dato alle stampe forse non era tutta "farina del loro sacco", come si dice da noi, ma bensì ciò che avevano racchiuso in quelle pagine, altro non era che una trascrizione fedele di alcuni passi tratti da manoscritti segreti accessibili solo da alcuni iniziati. Tali scritti avrebbero dovuto restare nascosti alla massa ma con il loro lavoro (e proprio grazie ad esso) tutti ora potevano prendere visione di quell'antico segreto, scritto in modo oscuro, ma chiarissimo per chi sapeva leggere i simbolici significati. Mettere mano a certi documenti di proprietà di qualche setta segreta non è certo facile. O i tre scrittori vi erano entrati in possesso "casualmente" (ma nulla avviene per caso..) e fiutando il grosso affare letterario avevano trascritto e pubblicato tali documenti, oppure, Pierre Feugere, Louis Saint-Maxent e Gaston De Koker, altri non erano che membri essi stessi di una setta. Comunque fosse pubblicando "LE SERPENT ROUGE. NOTES SUR SAINT GERMAIN DES PRES ET SAINT SULPICE DE PARIS", i tre avevano involontariamente firmato anche la loro condanna a morte. Naturalmente queste sono conclusioni di alcuni espresse per cercare di dare una risposta plausibile a quanto successe a loro dopo l'uscita del libro. L'opuscolo in questione è composto da n. 13 pagine; nelle prime 5 troviamo l' Avant-Propos, nelle altre vi sono le immagini della Chiesa di Saint-Germain de Prés, delle tombe di re merovingi scoperte nella stessa chiesa, della copertina di un opuscolo pubblicato nel 1861 "Gnomon Astronomique", la genealogia merovingia, la Gallia del 511, la Gallia del 632 circa, della Chiesa di S. Sulpice, la pianta della stessa Chiesa (ed il meridiano di Parigi) ed il quartiere Saint-Germain del 1615 (anche qui vi è indicato il meridiano). Seguono tredici strofe e ogni strofa corrisponde ad un segno dello zodiaco.
La tredicesima strofa, terz'ultima in ordine di apparizione, porta il nome di Ofiuco o Serpentario.
Leggendo poi la descrizione degli interni della chiesa di Rennes-Le-Château ci si accorge di quante analogie vi siano con il luogo descritto in questo testo e la chiesa stessa. Che cosa rivelerebbe di tanto grave "Il Serpente Rosso", a parte le chiare analogie con la chiesa di Rennes-Le-Château, come vedremo nella pagina che segue? Forse questo testo rappresenta la chiave di lettura per svelare i segreti di Rennes? O è una specie di mappa per arrivare al fantomatico tesoro che si ipotizza essere nascosto in quei luoghi? Ma se il mistero è legato ad un tesoro di che tesoro si tratta? Il mitico Santo Graal o il tesoro dei Catari o deo Templari? Considerando le varie e strane morti disseminate sulla strada che conduce alla chiesa di Rennes o attorno a questo libro, si può affermare che cercare di capirci qualcosa, o averci a vuto a che fare qualcosa, sia stato per tutti un grosso rischio. L'abate Gélis, amico e confidente di Saunière (personaggio principale delle vicende di Rennes-le-Château) verrà ucciso e trovato con il cranio fracassato. La sua tomba è orientata verso Rennes-le-Château e sulla stessa è impresso un simbolo dei Rosa-Croce. Gli autori del Il Serpente Rosso furono trovati impiccati. La nipote di Marie Dénarnaud (amica e governante di Saunière) alla quale la Dénarnaud aveva regalato dei gioielli, verrà trovata assassinata. Questi gioielli provenivano da un'oreficeria visigota. L'assassino verrà scoperto e fu accertato che era membro di una setta segreta. Ma altri fatti strani, luttuosi e misteriosi si susseguono. Da molti anni si lavora sugli enigmi di Rennes-Le Château e anche se ancora non si è venuti a capo di nulla che sia veramente credibile e provato, c’è chi assicura che a Rennes sia nascosto il Graal, oppure che vi si nascondino sconvolgenti segreti sul cristianesimo e sul Cristo stesso o, ancora, il favoloso tesoro dei Templari, o quello dei Visigoti, o quello dei Catari, o la vera storia delle società segrete, o il tesoro della corona francese....
Qualcuno sostiene che nella chiesa di Rennes l'Abate Saunière avesse veramente trovato il Graal o l'Arca dell'Alleanza; certi invece sostengono che avesse trovato un luogo di culto segreto, considerato anche che, nelle decorazioni della chiesa, vi sono molti simboli rosacrociani e alchemici che è difficile trovare in altre chiese. O forse il tesoro del Tempio di Salomone, trafugato dai romani il 70 d. C., e riconquistato dai barbari quando saccheggiarono Roma, passato ai Visigoti e successivamente ai Templari ?...
Nessuno ancora oggi ha dato una risposta alle tante ipotesi, uno smentisce l'altro, ma nessuno è ancora riuscito a formulare un'ipotesi suffragata dalle prove e dalla realtà dei fatti. Il segreto rimarrà per sempre sempolto in quelle terre francesi dove l'ultimo a scavare fu l'Abate Saunièr, dato che oggi non è permesso, nemmeno ai residenti, di fare delle buche per piantare degli alberi?
Francamente ci auguriamo di no. Qualunque cosa si nasconda dietro questa storia che resiste al tempo con il suo fascino fomentato dal busines turistico, ci auguriamo che prima o poi venga risolto. A titolo di curiosità riportiamo qui a fianco il testo del Serpente Rosso lasciando a tutti voi la lettura e la formulazione di ipotesi personali.
L E S E R P E N T R O U G E
di Pierre Feugere, Louis Saint-Maxent, Gaston De Koker
(Le "x" che si vedono nel testo sono cancellature.)
PONTOISE - 17 GENNAIO 1967
Acquario
Come sono strani i manoscritti di questo Amico, grande viaggiatore dell'incognito, essi mi sono apparsi separatamente, tuttavia formano un tutto per colui che sa che i colori dell'arcobaleno uniti danno l'elemento bianco, o per l'artista che sotto il suo pennello, fa dalle sei tinte della sua tavolozza magica, sorgere il nero.
Pesci
Questo Amico, come posso presentarvelo? Il suo nome resterà un mistero, ma il suo numero è quello di un sigillo celebre. Come descrivervelo? Forse come il navigatore dell'arca imperitura, impassibile come una colonna sulla sua roccia bianca, che guarda verso il mezzogiorno, al di là della roccia nera.
Ariete
Durante il mio sofferto pellegrinaggio, ho tentato di aprirmi con la spada una strada attraverso la vegetazione inestricabile dei boschi. Avrei voluto arrivare alla dimora della Bella Addormentata in cui certi poeti vedono la Regina di un regno scomparso. Alla disperazione di ritrovare il cammino, le pergamene di questo Amico furono per me il Filo di Arianna.
Toro
Grazie a lui, ornai a passo moderato e con sguardo su (rivolto verso l'alto), io posso scoprire le sessantaquattro pietre disperse del cubo perfetto che i Fratelli della Bella del bosco nero, sfuggendo all'inseguimento degli usurpatori, avevano seminato sulla strada quando fuggirono dal Forte bianco.
Gemelli
Riunire le pietre sparse, lavorare con la squadra ed il compasso per
rimetterle nell'ordine regolare, cercare la linea del meridiano che va da Orientea Occidente, poi guardando dal Sud al Nord, infine in tutti i sensi per ottenere la soluzione cercata, facendo sosta davanti alle quattordici pietre marcate con una croce. Il cerchio era l'anello e corona, ed esso (era) il diadema di questa Regina del castello.
Cancro
Le lastre del pavimento a mosaico del luogo sacro potevano essere
alternativamente bianche o nere, e Gesù, come Asmodeo,
sorvegliava i loro allineamenti. Il mio sguardo sembrava incapace
di vedere la cima dove dimorava nascosta la meravigliosa addormentata. Non era stato Ercole con la potenza magica, come decifrare i misteriosi simboli impressi dagli osservatori del passato. Nel santuario tuttavia l'acquasantiera, fontana d'amore dei credenti che ridà il ricordo di queste parole: CON QUESTO SEGNO TU lo VINCERAI.
Leone
Di colei che io desidero liberare, salgono verso di me gli effluvi del
profumo che impregnano il sepolcro. Una volta alcuni l'avevano chiamata: ISIDE, regina delle sorgenti benefiche, VENITE A ME VOI TUTTI CHE SOFFRITE E CHE SIETE OPPRESSI E IO VI DARO' SOLLIEVO, ALTRI MADDALENA, dal CELEBRE vaso colmo di balsamo guaritore. Gli iniziati conoscono il suo vero nome: NOSTRA SIGNORA DES CROSS.
Vergine
Io ero come i pastori del celebre pittore Poussin, perplesso davanti l'enigma: "ET IN ARCADIA EGO!". La voce del sangue, vuole rendermi l'immagine di un passato ancestrale. Si, il lampo del genio attraversa il mio pensiero, rivedo, comprendo! Io conosco ora questo segreto favoloso. E meraviglia, al momento dei salti dei quattro cavalieri, gli zoccoli di un cavallo avevano lasciato quattro impronte sulla pietra, ecco il segno che DELACROIX aveva lasciato in uno dei tre dipinti della cappella degli Angeli. Ecco la settima sentenza che una mano aveva tracciato:ESTRAIMI DAL FANGO, PERCHE' IO NON VI RESTI AFFOSSATO. Due volte IS, imbalsamatrice e imbalsamata, vaso miracoloso
dell'eterna Dama Bianca delle Leggende.
Bilancia
Cominciato nelle tenebre, il mio viaggio non poteva terminare che nella luce. Alla finestra della casa diroccata contemplavo attraverso gli alberi spogli dell'autunno la vetta della montagna. La croce di creta si distaccava sotto il sole del mezzogiorno, era la quattordicesima e la più grande di tutte con i suoi 35 centimetri. Eccomi dunque a mia volta cavaliere sul destriero divino che cavalcava l'abisso.
Scorpione
Visione celeste per colui che mi ricordano le quattro opere di Em.
SIGNOL, intorno alla linea del Meridiano, nello stesso coro del santuario
da dove irradia questa sorgente d'amore degli uni per gli altri.
Io ruoto su me stesso passando con lo sguardo la rosa del P a quella dell'S,poi dall'S al P. E le spirali nel mio spirito diventano un polipo mostruoso che espelle il suo inchiostro. Le tenebre che assorbono la luce, ho un capogiro e porto la mia mano sulla mia bocca, mordendo istintivamente il palmo, forse come OLIER nel suo feretro. Maledizione,io comprendo la verità. E' il passaggio, ma egli stesso facendo il bene, come xxxxxxxx QUELLO della tomba fiorita. Ma quanto hanno saccheggiato la casa, non lasciando che cadaveri imbalsamati e numeri di metallo che non avevano potuto importare? Quale strano mistero cela il nuovo Tempio di SALOMONE edificato dai bambini di Saint VINCENT?
Ofiuco o Serpentario
Maledicendo i profanatori nelle loro ceneri e coloro che vivono sulle loro tracce, uscendo dall'abisso dove era stato tuffato, compiendo il gesto d'orrore: "Ecco la prova che del sigillo di SALOMONE io conosco il segreto, che xxxxxxxx di questa REGINA ho visitato le dimore nascoste". A questo, Amico Lettore, guardati di aggiungere o togliere uno iota ... Medita, medita ancora, il vile piombo del mio scritto contiene forse l'oro più puro.
Sagittario
Ritornando allora alla bianca collina, il cielo avendo aperte le sue cateratte, mi sembra di sentire vicino una presenza, i piedi nell'acqua come colui che riceve il segno del battesimo.Ruotando ad est, di fronte a me vidi srotolando senza fine i suoi anelli l'enorme SERPENTE ROSSO citato dalle pergamene, salato e amaro, l'enorme bestia aizzata (scatenata) davanti i piedi di questo monte bianco, rosso per la collera.
Capricorno
La mia emozione fu grande, "ESTRAIMI DAL FANGO", dicevo, e il mio risveglio fu immediato. Ho omesso di dirvi in effetti che questo era un sogno da me fatto questo 17 GENNAIO, festa di San SULPICIO.
A seguito del mio turbamento persistente, ho voluto, dopo le riflessioni di rito, riferirvi un racconto di PERRAULT. Ecco dunque Amico Lettore, nelle pagine che seguono, il risultato di un sogno che mi aveva cullato nel mondo dallo strano all'ignoto. A Colui che è il passaggio per fare il bene [o: A colui che sembra di fare il bene, o ancora: A Colui che cessa di fare il bene(?)].
Che ne dite ?
COSTANTINO E IL CRISTIANESIMO
Contrariamente alla tradizione, Costantino non fece del Cristianesimo la religione di Stato dell’Impero. La religione di Stato, sotto Costantino, era il culto pagano del Sole; e per tutta la sua vita Costantino ne fu il sommo sacerdote. E il suo regno veniva denominato ‹‹ l’impero solare ››, e il Sole Invitto figurava ovunque, inclusi stendardi gli imperiali e le monete. L’immagine di Costantino quale fervente neofita del Cristianesimo è chiaramente infondata. L’imperatore fu battezzato solo nel 337, quando giaceva sul letto di morte ed era troppo debole per potersi opporre. Il culto del Sole Invitto era di origine siriana, e venne imposto dagli imperatori romani ai loro sudditi un secolo prima di Costantino. Sebbene includesse elementi del culto di Baal e di Astarte, era sostanzialmente monoteistico, e in effetti presentava il dio del sole come la somma degli attributi di tutti gli altri dei; quindi assorbiva pacificamente in se i suoi potenziali rivali. Inoltre, era utilmente armonizzato con il culto di Mitra, che a quei tempi aveva un posto importante a Roma e nell’impero, e che comportava anch’esso l’adorazione del sole.
A Costantino il culto del Sole Invitto, molto semplicemente, faceva comodo. Il suo principale obbiettivo era l’unità : politica, religiosa e territoriale. Una religione di stato che riassumesse in se tutti gli altri culti favoriva chiaramente questo obbiettivo. E fu sotto gli auspici del culto del Sole Invitto che il cristianesimo consolidò la sua posizione.
L’ortodossia cristiana aveva molto in comune con in comune con il culto del Sole Invitto, e quindi poté fiorire indisturbata all’ombra dello spirito tollerante di quest’ultimo. Ed essendo essenzialmente monoteistico, il culto del Sole Invitto, spianò la strada al monoteismo cristiano.
Con un editto del 321 Costantino ordinò che i tribunali restassero chiusi nel ‹‹ venerabile giorno del sole ››, e stabilì che quel giorno dovesse essere dedicato al riposo. Fino a quel momento il Cristianesimo aveva considerato sacro il Sabbath ebraico. Obbedendo all’editto di Costantino, il Cristianesimo scelse come giorno sacro la domenica ( Sunday ). Questo non soltanto lo metteva in armonia con il regime esistente, ma lo distanziava ancora di più dalle sue origini giudaiche. Fino al IV secolo, inoltre, la nascita di Gesù era stata celebrata il 6 Gennaio, ma per il culto del Sole Invitto il giorno più importante dell’anno era il 25 Dicembre, la festa del Natalis Invictus, la nascita, o rinascita, del sole, quando le giornate ricominciano ad allungarsi. Anche in questo caso, il Cristianesimo si allineò con il regime e la religione di Stato.
Come già detto il culto del Sole Invitto si fondeva felicemente con quello di Mitra, al punto da confondersi con esso. Entrambi esaltavano il sole e avevano come giorno sacro la domenica. E festeggiavano entrambi una festività natale il 25 Dicembre. Quindi il Cristianesimo poteva trovare una certa convergenza anche con il mitraismo, tanto più che il mitraismo propugnava l’immortalità dell’anima, un futuro giudizio e la resurrezione dei morti.
Per favorire l’unità, Costantino sfumò volutamente le distinzioni fra Cristianesimo, Mitraismo e culto del Sole Invitto e finse che tra di essi non vi fossero contraddizioni. La fede, insomma, per Costantino era una questione di politica; e ogni cosa che favorisse l’unità veniva trattata con tolleranza.
Perciò, sebbene Costantino non fosse affatto il ‹‹ buon cristiano ›› dipinto dalla tradizione più tarda, in nome dell’unità e dell’uniformità consolidò la posizione dell’ortodossia cristiana, facendola crescere fino a diventare quella che noi oggi conosciamo come Chiesa Cattolica ( Universale ).
I MAGI verità provata dall'astronomia
"Dopo che Gesù nacque in Betlemme di Giuda durante il regno di Erode, alcuni Magi arrivarono dall'Oriente (Anatolè è il termine usato), a Gerusalemme e chiesero :"Dov'è il neonato re dei Giudei? Noi abbiamo veduto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo…", questo racconta Matteo nel suo Vangelo al cap. 2, non indicando il numero di questi sapienti e parlando vagamente di oriente. Matteo è il primo a scrivere tra il 40 e il 50 d. C. un resoconto, Vangelo, dei fatti che riguardano Gesù dopo la sua nascita, ed è un testimone diretto almeno degli anni della predicazione e della morte, essendo stato chiamato dallo stesso Salvatore al suo seguito. Prosegue Matteo: i sacerdoti consultati da Erode gli confermarono che una profezia della Bibbia, Michea V. 2.3, conteneva l'annuncio della nascita in Betlemme del re che avrebbe governato il suo popolo. Sempre secondo Matteo, i Magi trovarono Gesù in una casa, lo adorarono, gli offrirono oro, incenso e mirra. Avvertiti da un angelo che Erode li cercava per farsi dire chi fosse il bambino, tornarono alla loro terra seguendo un'altra via. Erode s'inviperì e fece uccidere tutti i bambini di Betlemme e dintorni "dai due anni in giù secondo il tempo che aveva investigato dai Magi", scrive Matteo. Questa indicazione è da tenere ben presente, perché è molto importante come vedremo più avanti. Prosegue il primo evangelista raccontando che Giuseppe fu avvertito da un angelo dell'imminente strage e seguendo il suo consiglio si recò in Egitto, l'angelo gli riapparve alla morte di Erode per avvertirlo che poteva rientrare nella terra d'Israele.
Il secondo Vangelo, detto di Marco, è scritto a Roma, mentre questi era interprete e segretario di San Pietro prima della sua morte, avvenuta nel 67, e si dice fosse il ragazzo che seguì per un tratto Gesù quando fu catturato nell'orto dei Getsemani. Marco inizia il suo Vangelo con la predicazione di Giovanni Battista e il battesimo di Gesù ad opera dello stesso.
Nel Vangelo di Luca, che si dice abbia avuto le notizie di cui scrive dalla Madonna stessa, al cap. 2 troviamo che mentre Giuseppe e Maria stavano recandosi da Nazaret dove abitavano a Betlemme paese d'origine per registrarsi al censimento, poiché Maria aveva finito il suo tempo e non avevano trovato posto nel caravanserraglio, partorì il suo figlio primogenito, lo avvolse nelle fasce e lo adagiò in una mangiatoia. Prosegue raccontando di un angelo seguito da una moltitudine di spiriti celesti che danno l'annuncio della nascita ai pastori, della loro adorazione senza menzionare assolutamente i Magi, la fuga in Egitto e la strage degli innocenti.
Anche il Vangelo di Giovanni, scritto verso la fine del primo secolo dopo la nascita di Gesù, quando incominciarono a circolare le prime eresie, inizia con la predicazione di Giovanni Battista.
È solo nel Vangelo di Matteo, dunque, che troviamo notizie sulla visita dei Magi a Gesù neonato e la descrizione dei loro doni in oro, incenso e mirra.
È nei cosiddetti vangeli apocrifi che l'episodio dei Magi è indicato con particolari più circostanziati. Nel Vangelo arabo-siriaco dell'infanzia si racconta che "… vennero a Gerusalemme dei Magi, come aveva predetto Zaradusth, o Zoroastro". Anche in questo vangelo, il numero dei Magi non è specificato. Solo nel Vangelo armeno, rifacimento del precedente notevolmente ampliato e abbellito, ecco che appare il numero dei tre personaggi con i nomi. Secondo questo scritto, i saggi "persiani" erano stati avvertiti di mettersi in cammino da un angelo e guidati per nove mesi da una stella finché giunsero a destinazione nel momento in cui "la vergine diventava madre". I tre magi, prosegue, erano tre fratelli che dominavano: Melkon il primo sui persiani, il secondo Balthasar sugli indiani e il terzo Gaspar sugli arabi. Questo Vangelo prosegue raccontando che portarono in dono a Gesù anche un libro scritto dallo stesso Dio che prometteva di mandare nel mondo il suo unico figlio ecc., la pergamena sarebbe stata consegnata da Dio a Seth e da questi tramandata di generazione in generazione, con l'aggiunta di un suo scritto nel quale diceva che la nascita sarebbe stata annunciata da una stella. Ora, Seth, figlio di Adamo, presso i giudei era considerato l'iniziatore dell'Astrologia e nel vicino oriente era confuso con Zoroastro.
E i Magi, nome che deriva dalla radice mag che significa dono nel senso religioso, non erano re ma una casta sacerdotale di consiglieri particolari dei re, versata nelle dottrine astronomiche e astrologiche di Zoroastro, che conoscevano la profezia di un Salvatore, che del resto circolava da secoli tra Europa, Asia e il lontano Giappone, fatta da questi e tramandata per generazioni.
Prima considerazione: di Magi e stella parla Matteo, il primo evangelista e di sicuro, anche se di certo c'è poco e quel poco è molto confuso, accanto a Gesù durante la predicazione e la morte. Marco, Luca e Giovanni sono relatori tardivi e, attenzione, Paolo era già entrato nel gruppo e… aveva preso in mano le redini della predicazione cristiana. Non è neppure certo, storicamente provato intendo, che San Pietro sia mai stato a Roma e Marco suo segretario, anche perché Paolo scrivendo ai romani nel periodo in cui il primo apostolo avrebbe dovuto essere nella città eterna non gli manda neppure i saluti!, non è certa neppure la data della folgorazione sulla via di Damasco, si dice approssimativamente verso il 37, e i tre Vangeli attribuiti a Marco, Luca e Giovanni sembrano essere stati scritti verso la fine del primo secolo quando, cioè, tutti i contemporanei di Gesù dovevano essere morti. Perché insisto su questi punti? Perché Matteo, il primo nel riferire ciò che "sapeva o gli era stato raccontato", presumibilmente aveva pensato solo alla dimostrazione della grandezza di Gesù se anche sacerdoti pagani orientali avevano avuto il segnale della sua nascita e si erano avventurati in un lungo viaggio per adorarlo. Gli altri tre Vangeli canonici, scritti in seguito, prendono le mosse da un Gesù già grande o, come in Luca, parlano solo dell'adorazione dei pastori presumibilmente per allontanare qualsiasi ombra di paganesimo dalla figura di Gesù.
Ma le indicazioni, per quanto scarne, di Matteo trovano conferma nell'astronomia.
Cosa ci racconta Matteo? Che i Magi, sacerdoti astronomi-astrologi, arrivano perché "hanno visto la sua stella". Anche a masticare poco di astrologia, "vedere una stella" indica un avvenimento astronomico particolare, tradotto poi nel linguaggio astrologico del "così in cielo così in terra" in avvenimento terreno concreto. Qual era il massimo aspetto astronomico del tempo, considerati anche gli strumenti di cui disponevano? La congiunzione dei pianeti, ma non quelle che si ripetono troppo spesso, poiché dalle tavolette assiro-babilonesi decifrate sappiamo che avevano riferimento alla vita della nazione, del paese, influivano sul carattere delle persone ecc., bensì a congiunzioni rare e importanti come quelle di Giove e Saturno e, soprattutto, la massima realizzata da Giove, Saturno e Marte, gli ultimi tre dei sette allora conosciuti.
Il 17 dicembre del 1603, osservando Giove e Saturno in congiunzione, Keplero ebbe per primo l'idea che qualcosa del genere fosse accaduto alla nascita di Gesù. Non ho i testi di Keplero, stando a fonti giornalistiche la congiunzione si stava verificando in Pesci, effemeridi alla mano era invece nel Sagittario. Nel 1925 lo studioso tedesco Schnabel decifra una tavoletta cuneiforme, che ora si trova al Museo statale di Berlino, e trova il resoconto di Giove e Saturno congiunti per ben tre volte nel segno dei Pesci tra il 29 maggio e il 15 dicembre del 7 avanti Cristo. Schnabel si ricorda di Keplero, attraverso calcoli stabilisce che questa congiunzione doveva essere visibilissima nelle regioni del Mediterraneo, ecco trovata la data di nascita di Gesù! Con le effemeridi antiche realizzate ai nostri giorni con mezzi sofisticati, si evince che se alle date indicate nelle tavolette cuneiformi Saturno era nei Pesci, Giove era nell'Aquario e spesso distante anche 25°. Ma è pur sempre un avvenimento particolare, i Magi lo vedono ripetersi per ben tre volte (ricordate: siamo nel 7 avanti la nostra era!), capiscono che qualcosa di grosso è accaduto… o sta per accadere? Prendiamo dal mio articolo GESU' l'astrologia può svelare il mistero del suo anno natale: "E arriviamo alla data fatidica: l'8 febbraio del 5 avanti la nostra era si è formata una congiunzione massima alla fine del segno dei Pesci tra Saturno, Giove e Marte, proseguita fino al 9 aprile con Saturno sempre alla fine dei Pesci e Giove e Marte all'inizio dell'Ariete, in due segni diversi, ma sempre nei gradi di tolleranza. È durata a lungo, quasi due mesi, e questo potrebbe collegarsi con i Magi che sappiamo essere astronomi-astrologi: l'hanno calcolata e poi vista in febbraio, si sono messi in viaggio e sono arrivati quando ancora era attiva. La Pasqua ebraica si festeggiava dopo il plenilunio di primavera? Quell'anno il Sole è entrato nell'Ariete il 22 marzo, il plenilunio c'è stato il 9 aprile, la nascita di Gesù si colloca a cavallo di questa data: fine marzo inizio aprile (poiché non ci è dato sapere se i pastori aspettassero o avessero già ricevuto la benedizione), del 5 avanti Cristo cui va aggiunto l'anno 0 e siamo a sei anni giusti avanti la nostra era". Questo mio ragionamento ci permette di far percorrere ai Magi i circa mille chilometri di distanza tra la loro terra e Betlemme in più o meno due mesi, perciò comodamente. Ma c'è un altro particolare che prendiamo da Matteo: Erode fece uccidere tutti i bambini di Betlemme e dintorni "dai due anni in giù secondo il tempo che aveva investigato dai Magi". Ricordate la tavoletta cuneiforme decifrata da Schnabel? Conteneva un avvenimento accaduto nel secondo semestre di due anni prima la data che indico io, 5 avanti la nostra era più lo 0, e i Magi cercavano un bambino che avesse dai due anni in giù, cioè che fosse nato nel periodo in cui i due pianeti erano stati più o meno congiunti. Perché io indico il 5 avanti la nostra era, più l'anno 0, e in primavera? Vi rimando al mio articolo GESU' l'astrologia può svelare il mistero del suo anno natale.
Conclusione: se non si vuole credere per fede, bisognerebbe credere che qualcosa di grande è accaduto non fosse altro che per queste tracce astronomiche e astrologiche, con buona pace di San Paolo.
HAN
(206 a.C. - 220 d.C.). Dinastia cinese che regnò in due riprese: gli Han occidentali o anteriori dal 206 a.C. al 9 d.C. e gli Han orientali o posteriori dal 25 al 220 d.C., divisi dal breve regno di Wang Mang e da alcuni anni di acuti disordini. La dinastia degli Han orientali, con capitale a Chang'an, nacque in seguito alle insurrezioni e alle rivalità militari e regionali che portarono al crollo degli immediati successori di Qin Shi Huangdi e si consolidò intorno alla figura di Liu Bang (titolo postumo: Gaozu), primo degli imperatori han e primo imperatore cinese di origine contadina. In un primo tempo il potere centrale faticò a controllare le spinte centrifughe dell'aristocrazia feudale che mirava a riappropriarsi delle proprie autonomie e dei privilegi persi sotto la dinastia precedente, mentre oltre i confini settentrionali premevano gli xiongnu. Il lungo regno di Wudi (140-87 a.C.) segnò la piena riaffermazione del potere centrale, la sconfitta degli Xiongnu e l'espansione dell'impero in tutte le direzioni: verso l'Asia centrale, verso la Corea, verso il Vietnam. L'ampliamento dei rapporti lungo la via della seta facilitò la graduale penetrazione del buddhismo in Cina, mentre sotto Wudi il confucianesimo diventava espressamente la base ideologica dello stato cinese e con la creazione dell'Università imperiale (124 a.C.) si rendeva sistematica la selezione per merito dei funzionari (esami imperiali in Cina). Wudi istituì molte colonie militari con soldati-contadini di leva e rafforzò i monopoli economici dello stato. Ma con i discendenti di Wudi la corte imperiale cadde preda di intrighi familiari e dello strapotere degli eunuchi. Nel 9 d.C., Wang Mang proclamò una nuova dinastia (Xin) e cercò di restaurare l'autorità dello stato attraverso la confisca delle terre dei latifondisti (da redistribuire ai contadini secondo l'antico sistema dei "campi a pozzo"), l'abolizione della schiavitù, rigorose riforme monetarie e fiscali e nuovi monopoli produttivi. In questo periodo scoppiarono numerose rivolte di contadini, oppressi dall'aristocrazia e dalla pressione fiscale, e lo stesso imperatore fu ucciso durante il saccheggio di Chang'an (23 d.C.). Due anni dopo Liu Xiu restaurò la dinastia Han e trasferì la capitale a Luoyang (a est di Chang'an) dove regnò sino al 57 d.C. Liu Xiu ridusse drasticamente il ruolo economico dello stato. I suoi successori ripresero la politica di controllo e di espansione lungo le vie commerciali dell'Asia centrale. Nel 97 d.C., uno dei più abili generali della storia cinese, Ban Chao, spinse le sue truppe fino alle sponde del mar Caspio, il punto più occidentale mai raggiunto dall'espansione cinese, a diretto contatto (se pur per un breve periodo) con i parti. In seguito il potere imperiale cadde nuovamente sotto il controllo dei circoli di corte e degli eunuchi di palazzo, con numerosi imperatori bambini, privi di potere. Tra il 159 e il 170 d.C. la crisi istituzionale si acutizzò: gli eunuchi eliminarono anche la tenace opposizione dei funzionari letterati collegati all'Università imperiale. Dopo la grande rivolta popolare dei turbanti gialli (184 d.C.), duramente repressa, l'impero rimase a lungo nel caos mentre i vari eserciti imperiali si ritagliarono spazi autonomi a livello provinciale. Seguirono guerre civili e rivolte contadine, con il saccheggio e la distruzione sia di Luoyang sia della stessa Chang'an dove la dinastia si era nuovamente insediata. Nel 220 d.C., con la fine degli Han orientali, la Cina entrò in un lungo periodo di frammentazione politica.
SONG
(960-1279). Dinastia imperiale cinese fondata dal generale Zhao Kuangyin dell'effimero stato degli Zhou posteriori (951-960), che pose fine alla frammentazione politica della Cina seguita al crollo dei Tang nel 907 e regnò dal 960 al 976, ponendo la capitale a Kaifeng. I Song tuttavia non riuscirono a riprendere il controllo delle zone settentrionali del paese ove si era formato, a opera di popolazioni Qidan, il potente regno cino-barbarico dei Liao (907-1125). Con l'andar del tempo, anzi, le reciproche posizioni di forza tra Song e regni barbarici si volsero decisamente a favore dei secondi. I Song vennero più volte sconfitti, costretti ad arretrare e a firmare paci umilianti con i Liao (1005) e con i Xi Xia (1044). Alleatisi con i Nüzhen, i Song riuscirono finalmente a sconfiggere i Liao, ma vennero a loro volta travolti dal nuovo stato nüzhen dei Jin che nel 1127 presero Kaifeng. La capitale Song venne allora spostata più a sud, dapprima a Nanchino e poi, dal 1138, a Hangzhou. Si distinguono pertanto due dinastie Song, i Song settentrionali (960-1127) e i Song meridionali (1127-1279). Anche i Song meridionali furono più volte messi in difficoltà dallo stato dei Jin, da cui vennero ripetutamente sconfitti e costretti sia a concludere dei trattati assai pesanti (1165 e 1208) sia a riconoscerne la sovranità formale (1142). Più tardi, nella speranza di prendere i Jin in una morsa, i Song si allearono con la nascente potenza dei mongoli. Questi abbatterono i Jin (1227), ma si rivolsero subito anche contro i cinesi. Il khan mongolo Mongka (1251-1259) condusse varie campagne contro i Song, ma fu Kubilai Khan, che nel 1271 aveva instaurato una nuova dinastia con il nome cinese di Yuan, a prendere la capitale Hangzhou nel 1276 e a sconfiggere definitivamente i Song nel 1279. Nonostante la debolezza militare, l'epoca Song viene considerata una delle fasi di massimo splendore culturale nella storia della Cina e un periodo di rapida evoluzione economica e sociale caratterizzato da significativi progressi tecnologici e scientifici. Di quell'epoca fu la grandiosa sintesi intellettuale del neoconfucianesimo, che tanto influenzò il successivo pensiero politico e le istituzioni non solo della Cina, ma di tutti i paesi dell'area (Corea, Vietnam, Giappone). In periodo Song, la continua crescita della produzione agricola della bassa valle dello Yangzi Jiang e delle regioni meridionali, favorita dall'introduzione di nuove varietà di riso, dall'irrigazione sistematica e dai terrazzamenti, spostò definitivamente verso sud il centro economico della Cina, mentre il nord, penalizzato dalla scarsa predisposizione dei regni barbarici all'agricoltura, fu da allora economicamente dipendente dal sud.
YUAN
(1279-1368). Dinastia di imperatori mongoli in Cina. Proclamata nel 1271 da Kubilai Khan, fu formalmente al potere dopo la definitiva sconfitta dei Song meridionali da parte dell'impero mongolo. La continua spinta all'espansione militare dei mongoli si espresse anche nei primi tempi del dominio degli Yuan con spedizioni contro il Giappone (1274, 1281), contro la Birmania (1277-1287), contro vari stati dell'Indocina (1283-1287) e contro Giava (1293), per i quali vennero utilizzate truppe cinesi e le ampie risorse finanziarie del nuovo stato, suscitando un gravissimo e diffuso malcontento nella popolazione sottomessa. Consolidato militarmente l'impero, i mongoli si trovarono ad affrontare l'estrema complessità economica e sociale della Cina e in particolare la sua delicata produzione agricola, altamente specializzata. All'interno della classe dirigente mongola, proveniente dalla aristocrazia militare, si delinearono subito due tendenze. L'una puntava a sottolineare e a rafforzare la tradizione delle abitudini seminomadiche dei mongoli e intendeva gestire la Cina come territorio di conquista, sotto un rigido controllo miliare, imponendo, quantomeno nelle regioni della Cina settentrionale, la riconversione al pascolo di vasti territori agricoli colonizzati dai cinesi. L'altra linea mirava a recuperare la tradizione amministrativa, culturale e istituzionale della Cina classica, incluso il pensiero politico confuciano (confucianesimo e neoconfucianesimo), inserendo l'aristocrazia mongola in modo organico al vertice della piramide sociale cinese, recuperando il ruolo degli intellettuali-funzionari cinesi e rafforzando le basi agricole della prosperità della Cina, anche a danno degli stanziamenti pastorali e nomadici delle tribù mongole. Benché quest'ultima politica avesse l'appoggio di figure di grande rilievo (primo fra tutti lo stesso Kubilai Khan), essa non riuscì mai a prevalere in modo decisivo, così che gli Yuan rimasero in buona parte estranei, e spesso ostili, all'immenso corpo sociale della Cina, e se ne alienarono tutte le componenti principali, incluse quelle sezioni dei grandi proprietari terrieri (la cosiddetta gentry) che li aveva inizialmente appoggiati in cambio di consistenti vantaggi fiscali. A partire dagli inizi del Trecento il paese fu scosso da sempre più frequenti insurrezioni contadine, spesso collegate a movimenti millenaristici di ispirazione buddhista e inizialmente dirette, oltre che contro i mongoli, contro gli abusi e i soprusi dei grandi proprietari cinesi. Gradualmente, di fronte alla brutale ottusità della reazione politica e militare mongola, nei movimenti insurrezionali confluirono elementi delle classi superiori cinesi e numerosi intellettuali. L'enorme superiorità numerica dei cinesi sui mongoli e la dispersione delle forze di quest'ultimi sull'immenso territorio determinarono il crollo degli Yuan, ai quali si sostituì la nuova dinastia cinese dei Ming. Il dominio mongolo in Cina, pur nella sua relativa brevità e pur con i caratteri conflittuali nei confronti della tradizionale società cinese, non fu tuttavia privo di aspetti positivi. In particolare, l'inserimento della Cina nella più vasta compagine dell'impero mongolo, che si estendeva fino al Mediterraneo e che era dotato di un eccellente sistema di trasporti e di comunicazioni, aprì il paese a nuovi contatti commerciali e culturali col continente euroasiatico. Da un lato in Cina si diffusero il nestorianesimo, il manicheismo, l'Islam e si stabilirono le prime missioni cristiane che, per quanto dessero adito successivamente a violente crisi di rigetto xenofobo, contribuirono all'arricchimento della tradizione religiosa cinese. Dall'altro, grazie alla disponibilità dei mongoli a consentire la libera circolazione di studiosi, commercianti e religiosi stranieri all'interno dell'impero, si ebbe una maggior conoscenza della ricca tradizione cinese all'estero attraverso l'opera di quanti stilarono resoconti dei loro viaggi, dalla Pratica della mercatura del fiorentino F. Balducci Pegolotti, al Milione di Marco Polo, alle opere geografiche dell'arabo Ibn Battuta.
MING
(1368-1644). Dinastia imperiale cinese emersa dagli estesi disordini e dalle insurrezioni contadine sviluppatesi nel paese a seguito della crisi istituzionale e del malgoverno dei mongoli Yuan. Ebbe un deciso connotato nazionalistico, dopo due secoli di dominazione straniera. Il suo iniziatore fu Zhu Yuanzhang, imperatore col nome di Hongwu dal 1368 al 1398, che attuò un deciso accentramento degli ordinamenti amministrativi e pose sotto rigoroso controllo la burocrazia dei letterati. Altrettanto incisiva la riorganizzazione istituzionale del terzo imperatore Ming, Yongle (1402-1424), anch'essa fortemente accentratrice ed autoritaria. Dopo Yongle la corte imperiale fu spesso indebolita da intrighi di palazzo e da contrasti tra i centri di potere della capitale Pechino, mentre la complessa macchina burocratica dell'immenso paese perdeva gradualmente il controllo di una società civile in vigorosa e continua espansione economica e demografica, sia nell'agricoltura che nei commerci. Lo stesso prestigio dei funzionari-letterati franava di fronte alla inettitudine del potere centrale e al sorgere di estese ricchezze individuali tra la nascente borghesia. Né le riforme fiscali introdotte dall'energico funzionario Zhang Juzheng nella seconda metà del XVI secolo, né l'attività degli intellettuali neoconfuciani agli inizi del XVII secolo riuscirono ad arrestare il declino economico e morale dell'istituzione imperiale in mano ormai agli eunuchi della corte. Tra Cinquecento e Seicento i Ming vennero più volte a contatto con i mercanti occidentali: prima i portoghesi, respinti inizialmente e poi ammessi, in posizione subordinata, a Macao; e poi via via tutti gli altri. Pur facendo poche concessioni e confinando tutti i traffici essenzialmente a Canton, senza consentire ad alcun contatto diplomatico, i Ming tollerarono e in certi casi sostennero la presenza di pochi missionari-intellettuali nella capitale, tra cui in particolare Matteo Ricci. Ai sempre pericolosi confini settentrionali, dopo le vittorie di Yongle sui mongoli nel 1410 (battaglia di Onon), nel 1449 i cinesi subirono lo smacco di Tumabao con la cattura dello stesso imperatore. Vi furono altre invasioni, sia pur limitate, tra cui quella giapponese respinta nel 1592-1598, con costi immensi per l'erario. Sempre maggiore era inoltre divenuta l'autonomia dei generali mercenari o degli alleati, costituiti spesso da truppe di popolazioni seminomadi. Proprio da una di queste, intervenuta a sedare un colpo di stato interno, venne la spinta decisiva al rovesciamento della dinastia, con la presa di Pechino nel 1644 e l'instaurazione della dinastia mancese dei Qing, l'ultima dinastia imperiale della Cina.
JOHN MARTIN, il Giovanni Crisostomo Martino trombettiere italiano che salvò la pelle a Little Big Horn
Il massacro di Little Big Horn che costò la vita a George Armstrong Custer e ai suoi 242 uomini, per colpa di un attacco di megalomania di Custer non dimentichiamolo, ha avuto due superstiti: il trombettiere John Martin e Comanche, il cavallo del capitano Keogh.
La storia è presto raccontata, del resto è ampiamente illustrata nell’articolo dedicato a Custer. Quest’ultimo si trova in perlustrazione per cercare traccia degli indiani che si oppongono all’invasione bianca delle Black Hills in cui è stata accertata la presenza di giacimenti d’oro. L’ordine è di non attaccare, ma aspettare l’arrivo del grosso delle truppe, Custer in crisi di astinenza da successo attacca anche se gli scout indiani lo hanno avvertito che “sono più i nemici delle nostre pallottole”. Prima di attaccare, però, ordina al trombettiere John Martin di correre a chiedere rinforzi. Il tenente William W. Cooke, per timore che il ragazzo di lingua italiana non abbia capito bene il senso del messaggio, pensa di metterlo per iscritto e scarabocchia su un foglietto: “Benteen. Come on. Big Village. Be Quick. Bring Packs. W.W. Cooke PS Bring pacs”, che tradotto suona “Benteen vieni in fretta e porta le munizioni”. John infila il pezzo di carta nel guanto e parte a razzo. Mentre si allontana a spron battuto avverte le prime scariche di fucileria, dall’alto della collina vede sbucare indiani da ogni dove, sente dietro di sé le grida dei guerrieri che lo hanno individuato e che cercano di colpirlo. Si lancia ventre a terra giù per il pendio e in poco più di un’ora riesce a raggiungere il maggiore Benteen a cui consegna il messaggio. Rinforzi e munizioni arrivano tardi per Custer e i suoi, se John Martin e i rinforzi hanno salvato la pelle lo devono ad una decisione di Toro Seduto: le forze indiane sono preponderanti, potrebbero schiacciarli, ma il vecchio capo ordina di cessare il fuoco: “Basta così, lasciateli andare, lasciateli vivere, stanno solo cercando di salvarsi la pelle. Sono venuti contro noi, ne abbiamo uccisi, ma se li uccidiamo tutti manderanno un esercito più grosso a sterminarci”, e i guerrieri si dileguano.
In Italia la storia del trombettiere John Martin è poco conosciuta, mentre in America era una celebrità. Sulla sua provenienza si è accesa una disputa, negli articoli scritti fino a qualche anno fa lo si dava nato a Roma, poi Pasquale Petrocelli ha scoperto che si trattava di Giovanni Crisostomo Martino, nato il 28 gennaio 1852 a Sala Consilina, Salerno, registrato così dal sindaco Fedele Allegrio, con il nome del santo ricordato il giorno precedente perché il neonato era stato lasciato nella Ruota dei Projetti, era un trovatello.
Allevato dalla famiglia della balia Mariantonia Botta, si arruola tra i garibaldini come tamburino e sembra abbia partecipato alla campagna di Trento del 1866, ma non ci sono conferme. Nel marzo del 1873 si imbarca a Glasgow sulla S.S. Tyrian e il 27 sbarca a New York. L’anno seguente si arruola nell’esercito come trombettiere, è assegnato allo squadrone H sotto il comando del capitano Frederich Benteen del Settimo Cavalleggeri. Le note personali dicono che è alto un metro e 68, occhi marroni, capelli neri e carnagione scura.
Tre anni dopo essersela scampata a Little Big Horn, il 7 ottobre del 1879 sposa Julia Higgins, diciannovenne di origine irlandese, da cui ha otto figli, il primo dei quali chiamato George in memoria di Custer. Arrivato alla pensione, gestisce con la moglie un negozio di dolciumi nei pressi di un forte. Nel 1906 John-Giovanni e la moglie si separano, lui si reca presso una figlia che vive a Brooklyn, il 27 dicembre 1922 muore investito da un camion secondo il racconto della figlia, è sepolto nel Cypress hill national cemetery di Brooklyn
IL MANICHEISMO
L’eresia forse più famosa e profondamente radicale fu il manicheismo, che fondeva il cristianesimo gnostico con vari filoni delle preesistenti tradizioni zoroastriane e mitraiche. Fu fondato da un certo Mani, nato presso Baghdad nel 214 d.C. da una famiglia imparentata con la casa reale cristiana. In gioventù, Mani, fu introdotto dal padre in una setta mistica imprecisata, probabilmente gnostica, che esaltava l’ascetismo e il celibato, praticava il battesimo e adottava vesti bianche. Intorno al 240 Mani cominciò a diffondere i suoi insegnamenti e, come Gesù, divenne famoso per le guarigioni spirituali e per gli esorcismi. I suoi seguaci lo proclamavano il “Nuovo Gesù” e affermarono che era nato da una madre vergine : requisito indispensabile per le divinità di quei tempi. Secondo gli storici arabi di periodi più tardi, Mani scrisse molti libri in cui sosteneva di rivelare segreti ai quali Gesù aveva accennato soltanto in modo oscuro e obliquo. Considerava suoi precursori Zaratustra, Budda e Gesù, e dichiarava che come loro aveva ricevuto la stessa illuminazione dalla stessa fonte. I suoi insegnamenti consistevano di un dualismo gnostico unito ad un imponente, complesso edificio cosmologico. Ogni cosa era pervasa dal conflitto universale tra la luce e la tenebra; il principale campo di battaglia di questi due principi era opposti l’anima umana. Come i Catari venuti dopo di lui, Mani abbracciava la dottrina della reincarnazione. E come i Catari, attribuiva grande importanza ad una classe di iniziati, di “eletti illuminati” ( per i catari i perfetti ). Chiamava Gesù “Il Figlio Della Vedova”, un espressione successivamente usata anche dalla Massoneria. Nel contempo affermava che Gesù era mortale o, se era divino, lo era in senso simbolico o metaforico, grazie all’illuminazione. E Mani, come Basilide, sosteneva che Gesù non era morto in croce, ma che era stato rimpiazzato da uno sconosciuto. Nel 276 per ordine del re, Mani fu imprigionato, flagellato a morte, scuoiato e decapitato; e forse per evitare una sua resurrezione, il suo corpo mutilato fu esposto in pubblico. Ma i suoi insegnamenti acquisirono slancio dopo il martirio. E tra i suoi seguaci, più tardi, almeno per qualche tempo vi fu lo stesso S. Agostino. Con straordinaria rapidità, il manicheismo si diffuse in tutto il mondo cristiano. Nonostante i feroci tentativi di sopprimerlo, riuscì a sopravvivere, a influenzare molti pensatori, e a protrarsi fino ai giorni nostri. C’erano scuole manichee particolarmente attive in Spagna e nella Francia meridionale. Prima delle Crociate, queste scuole strinsero legami con altre sette manichee in Italia e in Bulgaria. Le ricerche più recenti indicano che i Catari derivavano dalle scuole manichee insediate da molto tempo in Francia. In ogni caso la Crociata contro gli Albigesi fu sostanzialmente una crociata contro il Manicheismo; e nonostante gli assidui sforzi di Roma, il termine “manicheo” è sopravvissuto ed è entrato nel linguaggio comune.
bello soprattutto non sapevo che S agostino fosse stato Manicheo ma nn ho capito,mettono gesù e Buddha allo stesso livello?e sopratutto essendo stato manicheo S Agostino conosceva la teoria buddista??
bello soprattutto non sapevo che S agostino fosse stato Manicheo ma nn ho capito,mettono gesù e Buddha allo stesso livello?e sopratutto essendo stato manicheo S Agostino conosceva la teoria buddista??
A quanto ho letto e ha quanto ne so si, Mani metteva sullo stesso piano Gesù Budda e Zaratustra, tutti considerati suoi predecessori. Per quel che ne so di S. Agostino, si dice che fosse Manicheo, o che almeno il suo pensiero fosse indirizzato verso il manicheismo, almeno per i primi periodi, ma non so se conoscesse la teoria buddista.
L’ARIANESIMO
Tra tutte le eresie, fu quella di Ario che finì per costituire il pericolo più grave per la dottrina cristiana ortodossa durante il primo millennio della sua storia. Ario era un presbyter ( prete ) di Alessandria intorno al 318, e morì nel 335. Il suo dissidio con l’ortodossia era semplicissimo, e si basava su un'unica premessa : Gesù era interamente mortale, non era divino in nessun senso, e non era altro che un maestro ispirato. Postulando un unico Dio supremo e onnipotente, un dio che non si incarnava e non subiva l’umiliazione della morte a opera delle sue creature, Ario inseriva il cristianesimo in una cornice sostanzialmente giudaica. Può darsi, che risiedendo ad Alessandria, fosse stato influenzato dagli insegnamenti giudaici diffusi nella città, come ad esempio quelli degli ebioniti. Nel contempo, il Dio supremo dell’arianesimo esercitava un richiamo immenso sull’Occidente. Via via che il cristianesimo acquisiva un crescente potere secolare, questo Dio diventava più convincente. I re e i potenti riuscivano più facilmente a identificarsi in lui di quanto fossero disposti a identificarsi con una divinità mite e passiva che aveva subito il martirio senza opporre resistenza e aveva evitato i contatti con il mondo. Benché l’arianesimo venisse condannato al Concilio di Nicea nel 325, Costantino l’aveva sempre avuto in simpatia, e questa sua simpatia si accentuò verso la fine della sua vita. Quando morì, Costanzo, suo figlio e successore, divenne apertamente ariano. Nel 360 l’arianesimo aveva quasi soppiantato del tutto il cristianesimo, e sebbene venisse di nuovo condannato nel 381, continuò a prosperare ed acquisire seguaci. Fra i più fervidi sostenitori dell’arianesimo c’erano i Goti, che si erano convertiti a questa fede, abbandonando il paganesimo durante il IV secolo. Gli Svevi, i Longobardi, gli Alani, i Vandali, i Burgundi, gli Ostrogoti ecc….. erano tutti ariani. E lo erano anche i Visigoti. E sotto gli auspici dei Visigoti, l’arianesimo divenne la forma preponderante di cristianesimo in Spagna, nei Pirenei e in quella che oggi è la Francia Meridionale. A quanto si sa l’arianesimo non era ostile al giudaismo, diffusissimo allora nella Spagna e nella Francia meridionale, e non lo era neppure nei confronti dell’Islam, che sorse così fulmineamente nel VII secolo. L’idea che gli ariani avevano di Gesù era in piena armonia con quella del Corano. Gesù, nel Corano, è considerato un profeta mortale, precursore di Maometto e portavoce dell’unico Dio supremo. E come Basilide e Mani, il Corano afferma che Gesù non morì sulla croce ‹‹ Non lo uccisero, non lo crocifissero, ma cedettero di farlo ››. Il Corano non spiega questa affermazione ambigua, ma la maggior parte dei ricercatori sostiene che ci fu un sostituto e che questo venga spesso indicato con il nome di Simone di Cirene.
ATTILA E LA SPADA DI DIO
Secondo quanto riferito dallo storico goto Jordanes a proposito della spada, si diceva che essa possedesse poteri magici.
La legenda narra di un mandriano che alla ricerca di una giovenca ferita trovò, seguendo le tracce di sangue, la spada conficcata nel terreno come se fosse caduta dal paradiso e la regalò ad Attila.
Egli infatti possedeva una spada che si riteneva fosse appartenuta a Marte, ed egli potrebbe aver creduto, come anche i suoi seguaci indovini, che questa spada poteva renderlo invincibile.
L' icona della spada magica sarebbe poi riapparsa come soggetto leggendario molto tempo dopo la morte dell'Unno (vedi la leggenda di Excalibur)
Nella tradizione Ungherese Attila è visto come un eroe nazionale ed in molte opere si possono riconoscere riferimenti alla spada leggendaria.
Nella Chronica Hungaroruma, pubblicata nel 1488, si fornisce una spiegazione di come Attila avesse cominciato a venir chiamato Flagello di Dio: quando il suo esercito stava spostandosi da Orleans ai campi Catalaunici fece prigioniero un eremita che avrebbe posseduto doti profetiche.
Attila quindi gli chiese di dirgli qualcosa a proposito del suo destino.
"Grande re - disse l'eremita - chiedi ad un uomo ignorante di esprimere la volontà di Dio? Che talento vedi in me ultimo tra gli ultimi? Dio onnipotente che regna su tutta la terra da poco ti ha dato in mano la sua spada punitiva e tu ora sei il Flagello di Dio, per mezzo del tuo potere egli vuole punire tutti coloro che hanno abbandonato la via della giustizia. Dio si riprenderà la spada non appena lo vorrà e potrà consegnarla a qualcun'altro, così che tu sappia che la conquista in guerra non dipende dall'uomo ma rimane affidata al potere divino. Questa volta sarai piegato dalla potenza romana in battaglia, ma la spada non scivolerà ancora dalle tue mani e nemmeno il tuo dominio per ora finirà"
era da un pò che nn postavo nulla quì!
El Siglo di penna e spada
Dalla metà del 1500 fino alla metà del 1600 si individua solitamente il periodo dell'egemonia spagnola, el siglo de oro.
Durante questo periodo la Spagna generò capolavori della letteratura mondiale ma anche grandi soldati: le due cose sono strettamente legate.
Le due stelle letterarie del periodo sono ambedue ex-soldati: Cervantes, combattente a Lepanto e "cautivo" ad Algeri; Lope de Vega, imbarcato sulla Invencibile Armada
Ambedue sono debitori della loro esperienza nella creazione dei loro lavori.
Non sono eccezioni.
Una grande quantità di soldati spagnoli ha lasciato scritte le memorie della propria vita e proprio nel passaggio tra '500 e '600 nasce e si sviluppa l'autobiografia come genere letterario.
Caratteristiche dell'autobiografia sono la coincidenza tra scrittore e personaggio principale (scritto o no in terza persona), inoltre lo scopo dell'autobiografia è di essere letta da altri perché ne traggano diletto o giovamento.
Il sistema militare spagnolo ha un grosso merito in questo sviluppo. Tramontata la figura del condottiero che offriva i suoi servigi al monarca, il soldato spagnolo è un dipendente della corona, in costante lotta con la burocrazia per il pagamento del soldo e alla costante ricerca del plauso del re per ottenere gli avanzamenti di carriera. Strumento fondamentale di questa lotta sono i papeles, curriculum vitae redatti dagli stessi soldati (e vidimati dai comandanti, possibilmente di fama) per poter dimostrare i servigi resi alla corona.
Poco meno importanti sono i memoriali redatti per confutare le accuse davanti ai numerosi giudici ed inquisitori.
Questi soldati erano ben lontani dall'essere analfabeti: oltre all'ampia produzione di papeles autografi, si riscontra anche una copiosissima produzione di operette di carattere militare, veri e propri manuali per l'istruzione del soldato, che coprivano l'intero scibile dell'arte militare (specialmente la scherma) e che erano destinati ad essere letti anche dai soldati comuni. I in questo l'esercito spagnolo precede di circa 300 anni la pratica statunitense di stampare (durante la seconda guerra mondiale) tutta una serie di manuali (dall'uso delle armi alla prevenzione delle malattie veneree) per compensare la scarsa istruzione marziale delle reclute. Quindi il soldato era abituato a leggere e scrivere proprio dalle esigenze del servizio e vedremo che i contatti con la letteratura "alta" sono multiformi. Lo sviluppo del genere sembra seguire una linea di accrescimento costante, dal più semplice al più complesso. Dalla lista scarna delle proprie imprese lunga poche pagine, alla narrazione barocca in più volumi, compresa di poesie e saggi biografici.
Diego Garcia de Paredes è forse il soldato spagnolo per antonomasia; eroe popolare, fu creato cavaliere da Carlo V in persona e venne più volte citato da autori quali Cervantes, Quevedo e Lope de Vega. Prima di morire nel 1533, scrisse una piccola autobiografia destinata ad essere letta dai figli affinché in famiglia restasse il ricordo delle sue imprese. La sua fama era così grande che la "breve suma de la vida" divenne un grande successo editoriale. Mentre Paredes è diventato un personaggio letterario, all'opposto sta Pedro Gaytan che non divenne mai un personaggio ma si dilettava di letteratura. Gaytan fu sempre un umile fante e trascorse la maggior parte della sua carriera nel castello di Pizzighettone, data la paga bassa e la famiglia numerosa si ingegnava imponendo il pizzo al mercato locale, per questo venne processato e a sua difesa redasse una "respuesta y defensa"; Gaytan è un letterato perché nei lunghi momenti d'ozio del servizio di guarnigione redasse una Storia dell'assedio di Orano e tradusse in spagnolo un poesia di Tansillo.
Quello che limita ancora le "biografie scritte da se stessi" del '500 è il fatto che vennero scritte per un pubblico preciso: la famiglia nel caso di Paredes ed i giudici nel caso di Gaytan. Con il passaggio al secolo XVII si assiste ad un cambiamento, le autobiografie diventano sempre più corpose ed assumono un carattere ricreativo. All'inizio vengono composte perché siano lette nelle noiose serate dal nobile al cui servizio si trova l'autore o di cui cerca la protezione; infine si arriva ad opere pensate per essere pubblicate. Del primo tipo sono le "memorie del capitano Alonso de Contreras" e "la storia della monaca alfiere" di Catalina de Erauso. Contreras scappa giovanissimo da casa per "vedere il mondo", diviene un corsaro al comando dei Cavalieri di Malta (diventando alla fine cavaliere egli stesso), inframmezza la scalata ai vertici militari con avventure amorose (sembra uno stilema l'uccisione della moglie traditrice) e con un periodo di romitaggio, viene accusato ingiustamente di essere il capo dei moriscos e diventa amico di Lope de Vega (la commedia di questi "un rey sin reino" è basata sulle disavventure di Contreras), sconfigge Sinan Capudan Pascià ed incontra Sir Walter Raleigh (uccidendone il figlio). Verso la fine della sua vita scrive le sue avventure e le dedica al suo protettore di cui gli preme riconquistare la fiducia.
Catalina de Erauso fugge, anche lei, giovanissima dal convento e, facendosi passare per maschio, parte per "vedere il mondo"; finisce in America, dove diventa alfiere e si copre di gloria combattendo gli indios, cerca di darsi al commercio ma finisce inevitabilmente nei guai con la giustizia a causa della sua propensione a sguainare la spada (duella anche a Genova, probabilmente in piazza S.Matteo); nel corso dell'ennesimo duello viene ferita gravemente e decide di confessare la sua vera natura (fino ad allora si era fatta passare per castrato e non aveva disdegnato le avventure galanti con altre donne, purché belle) il vescovo che raccoglie la sua confessione la rinchiude prontamente in convento. Si reca infine in Spagna per chieder udienza a Filippo III da cui riceve una pensione ed il permesso di vivere come un uomo.
Queste due autobiografie sono ancora accomunate da uno stile scarno ma sono gia opere destinate ad un pubblico di curiosi (tutti e due erano famosi), anche se la loro diffusione si basa ancora su edizioni stampate privatamente.
Lo sviluppo si conclude con il commentario di Diego Duque de Estrada; Duque scrive le sue memorie, in più volumi, usando uno stile colto e barocco, con frequenti ammiccamenti al lettore o spettatore (anche se non vennero mai pubblicate). Le sue avventure ricordano quelle del Barone di Münchausen; Duque conosce tutti, è conosciuto da tutti, è un famoso commediografo (anche se non ne è rimasta una) ed un famoso poeta (son sopravvissute delle odi celebrative di una scaramuccia tra spagnoli e turchi).
Le sue avventure in Germania durante la Guerra dei Trent'anni sono quasi al livello del Simplicissimus e meriterebbero una traduzione.
Non è nemmeno che tutte le autobiografie di soldati siano scritte come romanzi picareschi, esistono anche opere meno rutilanti, valga come esempio quella di Domingo de Toral Y Valdes, il quale descrive le operazioni in Fiandra come fossero quelle della Grande Guerra (alla faccia della rivoluzione industriale) e che finisce nell'Oceano Indiano passando attraverso epidemie, carestie e disastri militari; infine, disgustato dall'incompetenza degli alti gradi decide di tornare in Spagna attraversando da solo il medio oriente. Le avventure di Toral y Valdes ricordano le avventure del Capitano Singleton di Defoe (escludendo qualsiasi influenza, una prova ulteriore della bravura di deFoe come romanziere "verosimile").
Toral y Valdes scrive le sue memorie in Spagna all'età di 34 anni e sembra che stia gia facendo un bilancio della sua vita, una vena di disillusione serpeggia per tutta l'opera.
Infine, degnissimo di menzione, è Jeronimo de Pasamonte, autore di una "vida e travajos" e, forse, l'autore del Quijote apocrifo firmato da Alonso Fernandez de Avellaneda.
Questa teoria trova conferme nel fatto che Pasamonte e Cervantes servirono nello stesso tercio nel periodo 1571-1573, inoltre nel cap. 22 del Quijote c'è un accenno ad una "vida de Gines de Pasamonte", cioè le memorie di uno dei galeotti liberati da Don Chisciotte.
Secondo Riquer la citazione malevola di Cervantes avrebbe spinto Pasamonte (individuo con manie di persecuzione, non per caso scova traditori dappertutto) ad insultare Cervantes nell'introduzione del Quijote apocrifo del 1614.
Naturalmente tutto questo rimane una bella teoria non suffragata da prove concrete.
Bello questo thread. Inizio a postare qualcosa anch'io.
Lo stato di Rus'
La Rus' di Kiev (Киевская Русь) è considerato essere il più antico stato sorto in Ucraina e in Russia prima che queste regioni prendessero questo nome.
Il termine Russia (ossia terra dei Rus) deriva da una parola, appunto rus di origine normanna, ma passata attraverso il finnico, che significa rematore. Prima dell' 860 genti provenienti dalla Svezia (indicate nelle cronache bizantine come Variaghi) si insediano nelle regioni dei lago Ladoga. La più antica cronaca russa, detta Manoscritto Nestoriano (poco precisa nelle date) cita tre fratelli Rjurik, Sineus e Truvor che governano sulle regioni intorno ai laghi Peipus, Ilmen e Beloe Ozero.
Dal Manoscritto Nestoriano:
Le quattro tribù, Chud, Slavi, Merian e Krivichi, che erano state obbligate a pagare tributi ai Variaghi, dopo averli respinti indietro sul mare rifiutarono di pagare loro altri tributi ed iniziarono a governarsi da sole. Ma non vi erano leggi tra esse e ogni tribù si levò contro le altre. La discordia si fece così strada ed essi iniziarono la guerra tra loro. Allora si dissero: "Andiamo a cercare un principe che possa governarci e ci giudichi secondo le usanze". Andarono così oltre il mare, dai Variaghi, detti Rus. Questi particolari Variaghi erano noti come Rus, proprio come altri erano detti Svedesi ed altri Normanni ed Angli ed altri ancora Gotland. I Clud, gli Slavi, i Krivichi e i Ved dissero ai Rus "Le nostre terre sono grandi e ricche, ma non vi è ordine in esse. Venite a regnare come principi su di noi". Tre fratelli, con i loro parenti, furono scelti. Essi riunirono tutti le loro genti e migrarono.
La fondazione
A Rjurik viene attribuita la fondazione di Novgorod (con Rjurikidi vengono indicati i sovrani delle terre dei Rus fino all'avvento dei Romanov nel 1613). La penetrazione normanna avviene lungo la "grande via" ossia il fiume Dnepr. Secondo la cronaca due seguaci di Rjurik, Askold e Dir, muovendo verso Costantinopoli si fermano nella regione di Kiev, città dei Poliali slavo-occidentali e la conquistano. Una data certa della presenza dei normanni nella Russia meridionale è proprio l'860 quando attaccano Costantinopoli. Oleg, secondo sovrano di Kiev, (879 – 913?), elimina Askold e Dir e rende tributaria Novgorod. Sotto di lui Kiev assume il titolo di "madre delle città russe". Oleg batte i Khazary e rende tributarie le popolazioni slave insediate sulle rive del Dnepr. Intorno al 1000 il contrasto con la Polonia porta Kiev a cercare l'alleanza con l'imperatore tedesco. Da questo momento il Granducato di Kiev, e di conseguenza la Russia, entra a far parte del gioco politico/militare europeo.
La conversione al cristianesimo
La cristianizzazione dei russi, dopo un primo tentativo intorno al 950 (Olga si fa battezzare a Costantinopoli) attraverso contatti con la chiesa di Roma, si consolida sotto Vladimir il Santo sotto la direzione del patriarcato di Costantinopoli. Gli annali russi affermano che quando Vladimir decide di adottare una nuova fede religiosa al posto di quella tradizionale, invia alcuni dei suoi più validi consiglieri e guerrieri come emissari in differenti parti dell'Europa. Dopo aver incontrato cattolici romani, ebrei e musulmani essi finalmente giungono a Costantinopoli. Qui rimangono sbigottiti dalla bellezza della cattedrale di Santa Sophia (Hagia Sophia) e dal servizio liturgico che si svolge in essa e decidono che la fede ortodossa è quella che vorrebbero seguire. Dopo il loro ritorno a casa essi convincono Vladimir che la fede dei Greci è la migliore scelta su tutte allora Vladimir viaggia anch'egli fino a Costantinopoli e combina il matrimonio tra lui stesso e la figlia dell'imperatore bizantino.
La scelta di Vladimir di aderire alla cristianità ortodossa è sicuramente anche il riflesso degli stretti legami tra il Rus di Kiev e Costantinopoli che dominando il Mar Nero controlla lo sbocco del Dnepr, la via commerciale di vitale importanza per Kiev. Aderire alla chiesa Ortodossa ha conseguenze politiche, religiose e culturali di grande vastità. La chiesa ha una liturgia scritta in cirillico ed un corpus di traduzioni dal greco che sono state appositamente realizzate per le popolazioni Slave. L'esistenza di questa letteratura facilita la conversione al cristianesimo degli Slavi orientali ed introduce presso di essi rudimenti di filosofia greca, scienza e storiografia senza la necessità di conoscere il greco. Per contro, i pochi istruiti nell'Europa (occidentale e centrale) del medioevo, devono conoscere il latino quale che sia la loro nazionalità. Non conoscendo gli Slavi orientali ne il greco ne il latino essi rimangono in realtà isolati sia da Bisanzio che dalle culture europee degli stati confinanti verso ovest.
La società del Rus'
Nei secoli che seguirono la fondazione dello stato, i discendenti di Rurik condividono il potere sul Rus' di Kiev. Le regole di successione vanno dal fratello più anziano a quello più giovane, dallo zio al nipote ed infine da padre a figlio. I membri più giovani della dinastia di norma iniziano la loro carriera politica come governanti di località minori per poi passare, come un vero e proprio cursus honorum, al governo di città più importanti ed infine competere per occupar il trono di Kiev.
Nel secolo XI e nel secolo XII, i principi ed i loro seguiti, che sono una mescolanza di elite slave e scandinave, dominano la società del Rus. Come ricompensa per la guida degli eserciti o per il loro lavoro amministrativo o politico, i membri del seguito, ricevono, dal principe, entrate e terre. La società del Rus' manca di classi ben definite e di città autonome, caratteristiche invece del periodo feudale dell'Europa Occidentale. Nondimeno i mercanti e gli artigiani di una città talvolta riescono ad esercitare una certa influenza politica attraverso l'assemblea cittadina, detta veche (concilio), che comprende tutti i maschi adulti. In alcuni casi la veche arriva a stipulare accordi con il principe locale e perfino a scacciarlo per invitarne un altro al suo posto.
Pur mancando una estesa condizione di servitù della gleba tipica dell'Europa feudale esiste una classe di contadini tributari verso il principe.
Lo sfaldamento dello stato
Nel 1132, alla morte di Mstilav, figlio di Vladimir II, lo stato unitario inizia a sfaldarsi anche in conseguenza della mancanza di precise regole di successione.
Anche i dati storiografici si fanno meno certi, di alcuni sovrani si conosce solamente il nome o poco più. Dopo Mstilav si contano infatti più di venti sovrani nell'arco di circa un secolo; sovrani che in molti casi regnano per breve tempo (uno o due anni).
Altra prova dello sfaldamento dello stato unitario è il fatto che nel cursus honorum dei Gran Principe di Kiev scompare il titolo di Principe di Novgorod.
Uno dei maggiori problemi del Rus' di Kiev è certamente rappresentato dalla scarsa omogeneità dei suoi componenti. La classe di governo, composta per lo più di discendenti dei Variaghi giunti al seguito di Rurik, è spesso propensa adare la precedenza alle esigenze ed aspirazioni locali e del proprio clan più che a pensare alla solidità dello stato centralizzato. Così spesso i principi delle varie località si alleano l'uno contro l'altro non disdegnando neppure di cercare alleanze al di fuori del Rus' come ad esempio accade con Polovtsi, Polacchi e Ungari.
Anche le Crociate contribuiscono al declino di Kiev modificando le rotte commerciali europee; nel 1204 la conquista ed il saccheggio di
Costantinopoli da parte dei partecipanti alla Quarta Crociata riducono il Dnepr ad una rotta marginale privando Kiev di buona parte dei suoi traffici.
La formazione di altri centri di potere
Al declino del Rus' come stato centralizzato fa riscontro il sorgere di centri di potere regionale. È in questa fase che si può porre la nascita delle tre etnie che caratterizzeranno il resto della storia della Russia europea: Ukraini nella parte sud occidentale e sud orientale, Bielorussi nel nord-ovest e Russi nel nord-est.
Nel nord la repubblica di Novgorod ha prosperato come parte del Rus' di Kiev con la funzione di controllo sulla rotta commerciale dal Volga al Mar Baltico. Con il declino dello stato centrale Novgorod divenne del tutto indipendente. Il governo della città viene retto da una oligarchia locale, le decisioni di maggior rilievo vengono prese da una assemblea cittadina che, in caso di bisogno, elegge un principe come comandante militare. Nel XII secolo]] diviene sede arcivescovile, segno della accresciuta indipendenza ed importanza.
Per la sua struttura politica e la predominanza delle attività commerciali Novgorod assomiglia più alle città nord europee della Lega Anseatica, che tra il XIII secolo ed il XVII secolo controllano il commercio sul Mar Baltico, che agli altri principati del Rus' di Kiev.
Nel nord-est gli Slavi hanno intanto colonizzato i territori che saranno poi conosciuti come Moscovia soppiantando le tribù Ungro-finniche presenti sull'area. La città di Rostov è il più antico centro del nord-est ma viene presto soppiantata, per importanza, prima da Suzdal e poi dalla città di Vladimir che diventa capitale del principato di Suzdal-Vladimir. Nella seconda metà del XII secolo sarà questo principato a sostituire Kiev nel dominio della Russia.
Nel 1169 il principe di Vladimir Andrey Bogolyubsky porta un grave colpo al poco stabile potere del Rus' di Kiev quando il suo esercito saccheggia la città. Dopo la vittoria Andrea pone sul trono di Kiev il suo fratello più giovane.
A partire da questo momento volendo cercare di dare una continuità alla sovranità nelle terre di Russia bisogna prendere in considerazione i Gran Principi di Vladimir-Suzdal.
Nel 1299, in piena invasione mongola, il metropolita della chiesa ortodossa si sposta da Kiev alla città di Vladimir spostando così anche il centro della vita religiosa della terre del nord.
Nel sud-ovest il principato di Galizia-Volinia si sviluppa molto rapidamente soprattutto grazie ai commerci con polacchi, ungari e lituani e si propone come un altro possibile successore del Rus' di Kiev. All'inizio del XIII secolo il Principe Roman Mstilavich unisce i due principati di Galizia e Volinia, conquista Kiev ed assume il titolo di Granduca del Rus' di Kiev. Suo figlio, il Principe Danilo (1238 – 1264) è il primo governante del Rus' ad accettare la corona dal Pontefice di Roma, senza peraltro rompere i legami con Costantinopoli. Danilo assume il titolo di "Re del Rus'".
Agli inizi del XIV secolo il patriarca della Chiesa Ortodossa di Costantinopoli accoglie le richieste dei governanti della Galizia-Volinia e concede un metropolita per compensare lo spostamento a Vladimir di quello di Kiev.
I sovrani della Lituania richiedono anch'essi un metropolita per Novagroduk e lo ottengono poco dopo. All'inizio del XV secolo questa Metropolia è ancora retta da Kiev come "Metropolia di Kiev, Halych e di tutta la Russia".
Comunque una lunga serie di insuccessi contro i Mongoli conbinata con tensioni interne ed all'intervento esterno portano allo sfaldamento del principato. Con la fine della dinastia degli Mstislavich alla metà del XIV secolo la Galizia-Volinia cessa di esistere. La Polonia conquista la Galizia mentre la Lituania si prende la Volinia incluso Kiev. I governanti Lituani vengono da allora elencati come sovrani del Rus'.