La civiltà ce l'hanno tutti, sia gli americani che gli aborigeni d'australia, non esiste nessun incivile
Non saprei... si può parlare di civiltà, per esempio, in uno stato in cui i governanti accumulino ricchezze lasciando la popolazione nella fame?
O si arriva all'integrazione di culture, con un governo centrale globalizzato in cui si tengono conto delle costanti culturali delle società che comprendiamo, o dobbiamo convivere con la relatività del giusto e non imporre il proprio giusto agli altri
Quindi il terrorismo, sotto questo aspetto, sbaglia?
esiste solo quello statale che è utilità. Quindi rimane a difesa della pena di morte la paura di ripetizione del reato
Ma se la pena di morte non è un deterrente, una pena riabilitativa non lo sarebbe ancora meno? Non solo posso pensare che tanto non mi prenderanno, ma anche che, se mi prenderanno, potrò uscire in poco.
Domanda: e se quella statale fosse anche punizione? Se sbagli verrai riabilitato, ma anche punito?
potenzialmente l'omicidia potrebbe restare meno di un ladro
Il che mi lascia perplesso...
"lo volevo, ma non potevo permettermelo/comprarlo" cos'era?
Intendevo "Lo volevo" come volerlo, non come necessità: macchina di lusso, non pane.
Se era un pezzo di pane perchè non ha da mangiare, non è una colpa così grave da incarcerarlo anche a vita, siccome probabilmente lo rifarebbe
Se probabilmente lo rifarebbe, non dovrebbe stare in riabilitazione finché non si sarà certi che lo rifarà? Ossia, vista la situazione, o finché risolleva la sua condizione, oppure per sempre?
Qualche domanda (sempre da quella discussione): se tu sapessi che un Omar lavora in qualche centro per via del suo progetto di riabilitazione, ti sentiresti sicuro se tuo fratello/sorella ci andasse? E se nascesse un rapporto tra tuo fratello/sorella e l'ipotetico Omar, lo accetteresti senza remore?
Io uccido una persona: posso chiamare il mio gesto, a seconda dello stato in cui vivo, omicidio, legittima difesa, giustizia... Le parole cambiano, il trattamento che riceverò cambia, ma resta il fatto che ho tolto la vita ad un uomo
E fino a qui condivido.
La pena di morte è un omicidio legalizzato a posteriori
E qui non condivido piú, se non altro perché sarebbe legalizzato a priori, in quanto la legge che rende legale la pena di morte sarebbe a priori. Non prendendo i termini col proprio significato è possibile che incoerenze saltino fuori (che, ripeto, non vedrei comunque, in quanto lo stato condanna l'uccisione al di fuori della legge, non l'uccisione in sé: da cui la pena di morte, se legale, non andrebbe contro quel modo di porsi).
Potete chiamarla uccisione, potete dire che ha ammazzato un Uomo, questo sí; ma per essere omicidio deve essere illegale. E continuo a non capire il senso di cambiare il significato dei termini solo perché non piace com'è: da ora in poi potrei chiamare la pena di morte in modo piú breve, per esempio "fratellanza".
lo stato, fatto da uomini, crea una giustificazione all'assassinio per vendetta, e si inventa le parole "pena di morte"... Così siamo a posto, no? Abbiamo inventato un bel termine che ci permette di uccidere legalmente quante persone vogliamo, siamo perfettamente candidi e puliti nei confronti dei nostri simili, perché ci siamo appena attribuiti il potere di assassinare
La pena di morte non è assassinio, evito di ripetere il perché, ripetendo solo l'aspetto che l'assassinio è portato a tradimento per definizione; e a mio parere non è solo una differenza formale: potrei accettarlo come assassinio se non ci fosse la legge che avverte a priori, la difesa, gli appelli, la giuria, ecc. Ma questi ci sono, per l'assassinato no; quindi no, non vedo assolutamente assassinio e pena di morte allo stesso piano.
In secondo luogo, allora perché lo stato può compiere un sequestro di persona (leggasi "pena detentiva")? "Abbiamo inventato un bel termine che ci permette di [sequestrare] legalmente quante persone vogliamo, siamo perfettamente candidi e puliti nei confronti dei nostri simili, perché ci siamo appena attribuiti il potere di [sequestrare]". La differenza sarebbe in... ?
Cosa è successo? Lo stato ha ucciso un innocente? O quello che prima è stato ucciso come colpevole subità una riabilitazione post-mortem?
Né l'una, né l'altra, un simile cambiamento di legge non sarebbe retroattivo, quindi non varrebbe nel passato. Ogni giudizio, detentivo di morte o rieducativo, è emesso in base alla legge attuale; se si iniziassero a fare discorsi "Ma magari in futuro", non se ne uscirebbe piú: ma magari in futuro il furto sarà legale; perché punirlo oggi, allora?
ci sono specie animali che si attaccano (e parlo tra individui della stessa specie) spinti unicamente dal desiderio di uccidere? Mi diresti quali?
La tortora, forse la colomba; lo scoprí Konrad Lorenz, e lo racconta ne L'Anello di Re Salomone.
occorrerebbe definire bene cosa si intende per "riabilitare", per non sfociare nell'imposizione di una cultura e di un modo di fare non propri del "riabilitando"
Per quanto ho capito, il suo concetto comprende quello: prendo un terrorista, per rieducarlo in modo che non sia dannoso per la mia società gli inculco le idee della mia società, della mia cultura; come lui stesso ha detto,
la riabilitazione in parte è imporre le proprie idee di giusto e sbagliato sugli altri, ma sappiamo anche che le idee di questi sono già state imposte dalla cultura. Quindi, perchè nn scegliere quelle più utili alla nostra società?
Il rispetto per la vita è in tutte le culture, la cultura è nata dalla vita. Non esiste una cultura che dica " andate ad uccidere".
....uno stato in cui i governanti accumulino ricchezze lasciando la popolazione nella fame.....me ne vengono in mente un pò...in Italia non si può dire che i governanti non accumulino ricchezze e che non ci sia una buona fetta della popolazione in condizioni di povertà....diciamo che non siamo il caso peggiore ed abbiamo avuto fortuna. Uno stato in cui non esistono ricchi e poveri? Quindi non ci sarebbe civiltà?
Il rispetto per la vita è in tutte le culture, la cultura è nata dalla vita. Non esiste una cultura che dica " andate ad uccidere"
La cultura che "crea" i terroristi mi pare non si faccia problemi, in merito... Nazismo, seppur mirato su certe categorie alla fin fine portava a quello, con un'organizzazione scientifica della morte.
Poi la stessa questione del rispetto della vità cambia da cultura a cultura: dove c'è l'eutanasia c'è rispetto per la vita? E dove non c'è? Dove c'è la pena di morte non c'è rispetto per la vita? E simili esempi.
Uno stato in cui non esistono ricchi e poveri? Quindi non ci sarebbe civiltà?
Non sto dicendo questo, ma tra il caso Italia, e un caso in cui il governante sia straricco e intaschi anche gli aiuti per la popolazione, con la maggior parte della popolazione ridotta alla fame, non so quanto si possa chiamare "civiltà"...
Quoto ale per la spiegazione della civiltà...Tutte le culture sono specifiche e civili...
La definizione di civiltà è: l’insieme delle caratteristiche materiali, sociali e culturali che identificano un popolo, spec. relativamente a una data epoca, area o fase di sviluppo (quindi non esiste popolo che non abbia una cultura). Tra le difinizione c'è anche "buona educazione", ma buona rispetto a cosa? ad una cultura. QUindi non è altro che un giudizio che ha una cultura di un'altra, rispetto ai propri valori. Quindi noi condanniamo il cannibalismo perchè ci pare una delle cose più incivili di questo mondo, senza renderci conto che all'interno di quella cultura ha un senso, un'importanza rituale (e soprattutto non è, come tutti pensiamo, un uomo che ne sbrana un altro). Anche un regnante che si arricchisce alle spese dei suoi sudditi è perfettamente civile. Come scegliamo quella migliore? Con approsimazione ed umiltà, conoscendo i limiti del relativismo, basandoci sull'utilità.
Quindi il terrorismo, sotto questo aspetto, sbaglia?
si, sbaglia nel mal interpretare la propria cultura e volerla imporre agli altri. (sto parlando di quello islamico in particolare, ma anche tutti in generale).
Ma se la pena di morte non è un deterrente, una pena riabilitativa non lo sarebbe ancora meno? Non solo posso pensare che tanto non mi prenderanno, ma anche che, se mi prenderanno, potrò uscire in poco.
potrò uscire con poco se sarò talmente bravo, geniale e fortunato da fregare gli esperti di riabilitazione. E' più facile pensare a un modo per scappare fisicamente di prigione, ma questo c'è in tutti i casi.
Domanda: e se quella statale fosse anche punizione? Se sbagli verrai riabilitato, ma anche punito?
Della punizione, in fin dei conti, lo stato se ne fa ben poco. A cosa serve la punizione? A mettere in pace la coscienza, a dire: "ok tu hai sbagliato, vieni punito per far sì che sia ribadita l'idea di giusto di cui stiamo parlando". Ma una volta definita la giustizia relativa ad un ambito legale dello stato, non più oggettiva, lo stato poco se ne fa di una punizione. Il passato è passato, pensiamo al futuro: pensiamo al buono che si puà fare da questa brutta situazione, vediamo come si può rimediare. Piùche punire, pensiamo a rimediare.
potenzialmente l'omicidia potrebbe restare meno di un ladroIl che mi lascia perplesso...
lascia intuitivamente perplesso pure me, ma ragionando sui dati di prima la cosa è coerente. Ovviamente col potenzialmente mi riferisco a un caso raro, ma non avrebbe senso dare delle pene a priori senza pensare a che tipo di persone sono. Poniamo che l'assassino abbia ucciso per gelosia, in un raptus, e che il giorno dopo si penta. Poniamo pure che gli psicologi e i riabilitatori verificano che quella persona si sente effettivamente pentita, che vuole riparare ai suoi errori (ovviamente non avverrà mai in un solo giorno, ma potenzialmente potrebbe avvenire), esce di prigione e per il resto della sua vita fa il bravo cittadino. Il ladro invece ha rubato una ferrari perchè ama le macchine sportive, non gliene frega niente della società e nonostante i tentativi di riabilitazione continua a provare amore per queste macchine sportive a scapito della legalità, dando il timore che se uscisse ripeterebbe il reato e anzi magari commetterebbe pure omicidi per rubare auto. In questo caso l'omicida resta meno di un ladro, ma è un caso limite che raramente si verificherebbe. come ho detto sopra, non bisogna pensare alla pena per mettere in pace la coscienza o il concetto di giustizia ("ha sbagliato, è giusto che paghi") ma pensare alla riabilitiazione per migliore il futuro suo e soprattutto nostro ("ha sbagliato, vediamo di insegnarli a non rifarlo più e mandare avanti in modo migliore sta cavolo di società").
Se probabilmente lo rifarebbe, non dovrebbe stare in riabilitazione finché non si sarà certi che lo rifarà? Ossia, vista la situazione, o finché risolleva la sua condizione, oppure per sempre?
Nel caso del tizio del pezzo di pane, si cerca sia riabilitazione sia risollevare condizione, proprio perchè sappiamo che l'errore è stato causato dalla condizione di povertà in cui si trovava. Essendo poi una colpa così poco grave (rubare un pezzo di pane) si fa riabilitazione "pesante" solamente se corre il rischio di svaligiare una decina di panetterie o uccidere per soldi, e cose del genere.
Qualche domanda (sempre da quella discussione): se tu sapessi che un Omar lavora in qualche centro per via del suo progetto di riabilitazione, ti sentiresti sicuro se tuo fratello/sorella ci andasse? E se nascesse un rapporto tra tuo fratello/sorella e l'ipotetico Omar, lo accetteresti senza remore?
il progetto di riabilitazione come lo intendo io non gli permetterebbe di incontrare mia sorella, se non nella fase finale della riabilitazione: lo farei lavorare nei centri sociali solo nella fase terminale, ovvero nel periodo di prova in cui si pensa che sia riabilitato e lo mettiamo alla prova, proprio per non rischiare la ripetizione del reato. La riabilitazione dell'assassino va fatta in posti e situazioni in cui non può nuocere (un esempio di riabilitazione può essere: stai un pò di tempo a fare lavori forzati così rifletti sul tuo comportamento, seduta psicologica giornaliera, studi vari, e alla fine attività sociale in centri di reintegrazione). E' una sorta di "condizionamento", lo so.
E qui rispondo alla giusta domanda finale, perchè in effetti la riabilitazione è una sorta di imposizione della cultura dominante sul singolo. Tuttavia, se diamo più importanza all'individuo lo stato crolla (anche se è suo dovere proteggere i suoi individui, deve puntare all'utilità massima, non al massimo d'utilità per il singolo) e soprattutto non usa violenza su uno che ha usato violenza sui membri attivi di quella società. Un individuo sa benissimo che la riabilitazione è un imposizione, però se non è d'accordo è libero di andarsene in un altro stato dove non c'è questa cosa. E, come ho già detto, non può appellarsi troppo alla sua identità individuale compromessa, perchè essa stessa è già fatalmente compromessa dalla cultura d'appartenenza (scambiate due neonati nella culla, e pregiudicherete il loro futuro).
Ale, ho letto attentamente il tuo post, e sono d'accordo su tutto... Tranne che su questo:
la riabilitazione è una sorta di imposizione della cultura dominante sul singolo
Se il singolo in questione è esponente di una cultura differente, come intendi la riabilitazione? Se quello che da noi è crimine nel suo stato non lo è, lo consideri colpevole o no? Dovresti tu, esponente di un paese e quindi parte non neutrale, metterti a giudicare due culture? E poi addirittura scegliere la migliore?
L'integrazione di culture è un grosso problema...ci vorrebbero delle persone apposite proprio per questo. Se è un estraneo ed ha commesso un reato che nel suo stato non è considerato tale, noi non possiamo giustificarlo con superficialità: entrando nel nostro stato, accetta anche la nostra legge, e la sua cultura deve per forza essere in qualche modo integrata (esempio scottante, minoranze islamiche e problemi di burka).
Quoto ale per la spiegazione della civiltà...Tutte le culture sono specifiche e civili
Stante la definizione di "civiltà", che non pensavo fosse cosí, non posso negare...
Con approsimazione ed umiltà, conoscendo i limiti del relativismo, basandoci sull'utilità
Sull'utilità per chi? Della maggioranza, ma quale? Se c'è scontro tra due culture (una impositiva e l'altra no), ogni cultura avrà una cosa che è utilità per lei.
sbaglia nel mal interpretare la propria cultura e volerla imporre agli altri
Ma questo sbaglio è assoluto? Perché ci potrebbe essere una cultura secondo cui è giusto imporsi alle altre; se è assoluto, allora cade il relativismo, e per un simile atto si potrebbe vedere una pena assoluta (non nel senso di "definitiva"), no?
potrò uscire con poco se sarò talmente bravo, geniale e fortunato da fregare gli esperti di riabilitazione
Vero, oppure pensando che non avrei tanto da riabilitare; se c'è chi pensa di riuscire facilmente a sfuggire alle indagini (non dico sia impossibile, ma "facilmente" è un'altra cosa), non mi stupirei se ci fosse chi penserebbe una simile cosa.
una volta definita la giustizia relativa ad un ambito legale dello stato, non più oggettiva, lo stato poco se ne fa di una punizione. Il passato è passato, pensiamo al futuro: pensiamo al buono che si puà fare da questa brutta situazione, vediamo come si può rimediare. Piùche punire, pensiamo a rimediare
Probabilmente il tutto deriva dal fatto che sono legato al concetto di pena, ma l'idea che un reo, anche di delitti gravi (all'eccesso un genocida) potrebbe - sempre all'eccesso - uscire dopo un giorno... non mi convince.
Poniamo che l'assassino abbia ucciso per gelosia, in un raptus, e che il giorno dopo si penta
In questo caso il problema è che potrà sempre ricadere preda di un raptus, soprattutto essendo già successo; ma forse, alla fin fine,
"ha sbagliato, è giusto che paghi"
sono legato a questo concetto, e magari deriva tutto da quello; ci penserò.
il progetto di riabilitazione come lo intendo io non gli permetterebbe di incontrare mia sorella, se non nella fase finale della riabilitazione
Posta nella fase finale di riabilitazione, stessa domanda; ti sentiresti tranquillo, lo accetteresti senza remora alcuna? Ovviamente, cercando di metterti nella situazione per provare a bilanciare la risposta a freddo.
stai un pò di tempo a fare lavori forzati così rifletti sul tuo comportamento
Per riassumere: lavori forzati in senso costruttivo e non duro come in passato, per quanto ho capito, giusto?
Se quello che da noi è crimine nel suo stato non lo è, lo consideri colpevole o no?
Se lo ha fatto nel nostro stato, sí: appellarsi al "Ma da me non è reato" non è giustificazione, altrimenti sarebbe troppo facile fare crimini e non avere conseguenze (io statunitense mi porto un carico di armi in Italia, perché nel mio stato non è reato avere armi senza porto d'armi?). Se vai in uno stato, accetti le sue leggi.
Dovresti tu, esponente di un paese e quindi parte non neutrale, metterti a giudicare due culture? E poi addirittura scegliere la migliore?
Discorso difficile; ma di certo si può considerare che chi viene da noi sa di venire in una cultura diversa, e sa che verrà sottoposto a leggi diverse, e che verrà giudicato per quelle leggi, in caso di infrazione.
P.S.: continui a pensare che il mio sia un punto di vista basato su definizioni di comodo? Se sí, potresti dirmi quali sarebbero, e perché?
Con approsimazione ed umiltà, conoscendo i limiti del relativismo, basandoci sull'utilità
Sull'utilità per chi? Della maggioranza, ma quale? Se c'è scontro tra due culture (una impositiva e l'altra no), ogni cultura avrà una cosa che è utilità per lei.
In questo caso mi riferisco all'utilità della maggioranza della popolazione mondiale, a cui fa più comodo che tutti gli stati mantengano un diritto alla vita piuttosto che la possibilità di uccidersi a vicenda (ed in effetti in quasi tutte le culture questo diritto alla vita è salvaguardato in maniera simile al nostro, pena di morte o no).
sbaglia nel mal interpretare la propria cultura e volerla imporre agli altri
Ma questo sbaglio è assoluto? Perché ci potrebbe essere una cultura secondo cui è giusto imporsi alle altre; se è assoluto, allora cade il relativismo, e per un simile atto si potrebbe vedere una pena assoluta (non nel senso di "definitiva"), no?
hai perfettamente ragione, se lo sbaglio fosse assoluto cadrebbe il relativismo. E' un bel problema, che dovrebbe essere risolto dall'integrazione tra le culture. Nella frase intendevo la cultura del terrorismo, ma si può generalizzarla: lo "sbaglio" è nell'imporre qualcosa di meno utile alla società in questione (nell'ottica della società che subisce l'imposizione).
potrò uscire con poco se sarò talmente bravo, geniale e fortunato da fregare gli esperti di riabilitazione
Vero, oppure pensando che non avrei tanto da riabilitare; se c'è chi pensa di riuscire facilmente a sfuggire alle indagini (non dico sia impossibile, ma "facilmente" è un'altra cosa), non mi stupirei se ci fosse chi penserebbe una simile cosa.
Sono d'accordo, il rischio c'è. La speranza è che la cultura cambi e che siano sempre meno le persone che la pensano così
Sul concetto di pena, magari sono io che son troppo legato idealisticamente alla riabilitazione :P
il progetto di riabilitazione come lo intendo io non gli permetterebbe di incontrare mia sorella, se non nella fase finale della riabilitazione
Posta nella fase finale di riabilitazione, stessa domanda; ti sentiresti tranquillo, lo accetteresti senza remora alcuna? Ovviamente, cercando di metterti nella situazione per provare a bilanciare la risposta a freddo.
Lo ammetto, sono troppo figlio della mia cultura per essere tranquillo al cento per cento (più è grave ciò di cui si è macchiato, più crescerebbe la paura). Magari ci andrei io, questo si. La speranza è però che col passare del tempo e con l'accumularsi dei casi di riabilitazione andati bene, la fiducia cresca. Anche perchè è solo lo stato terminale, dovrebbero essere molto rari i problemi.
stai un pò di tempo a fare lavori forzati così rifletti sul tuo comportamento
Per riassumere: lavori forzati in senso costruttivo e non duro come in passato, per quanto ho capito, giusto?
Si. Non per punirli, ma per "usarli" per fare qualcosa di costruttivo.
Se quello che da noi è crimine nel suo stato non lo è, lo consideri colpevole o no?
Se lo ha fatto nel nostro stato, sí: appellarsi al "Ma da me non è reato" non è giustificazione, altrimenti sarebbe troppo facile fare crimini e non avere conseguenze (io statunitense mi porto un carico di armi in Italia, perché nel mio stato non è reato avere armi senza porto d'armi?). Se vai in uno stato, accetti le sue leggi.
Sono d'accordo.
Dovresti tu, esponente di un paese e quindi parte non neutrale, metterti a giudicare due culture? E poi addirittura scegliere la migliore?
Discorso difficile; ma di certo si può considerare che chi viene da noi sa di venire in una cultura diversa, e sa che verrà sottoposto a leggi diverse, e che verrà giudicato per quelle leggi, in caso di infrazione.
d'accordo. Non esiste nessuno di neutrale, quindi se vieni in casa mia stai alle mie leggi. Questo non vuol dire che allora ogni cultura continuerà da sola, isolata e chiusa, ma il contatto con gli altri provocherà una necessaria integrazione e pian piano le culture si armonizzano a vicenda con la convivenza, stabilendo da sole le leggi più utile all'insieme (in questo caso raddoppiato) degli individui.
In questo caso mi riferisco all'utilità della maggioranza della popolazione mondiale, a cui fa più comodo che tutti gli stati mantengano un diritto alla vita piuttosto che la possibilità di uccidersi a vicenda
Ma questo non porta al fatto che è giusto imporre la propria cultura su un'altra, o se non altro interferire con la cultura altrui, se quest'ultima non è nell'utilità della maggioranza? Ossia, una nazione con il capo di stato che incamera persino gli aiuti per la popolazione, con la popolazione che muore di stenti, di certo non ciò che sarebbe utile per la maggior parte della popolazione; se a questo punto io stato straniero vengo e rovescio il governo, per poi imporre una forma di governo simile a quella presente da me?
E' un bel problema, che dovrebbe essere risolto dall'integrazione tra le culture
Con "integrazione" intendi raggiungere una cultura unica summa delle varie culture? O convivenza pacifica? Perché nel primo caso non mi pare auspicabile; nel secondo, a parte gli ovvi problemi con le culture impositive, non risolverebbe i problemi di relativismo.
lo "sbaglio" è nell'imporre qualcosa di meno utile alla società in questione
E se per quella società il meno utile fosse il non imporre la propria cultura (se ci sono culture che vogliono imporsi sulle altre, per loro teoricamente ciò è utile)? Non imporgli il meno utile significherebbe lasciargli imporre la propria, quindi lasciarci imporre ciò che per noi sarebbe meno utile...
Sono d'accordo, il rischio c'è
A tuo parere è maggiore o minore (o uguale) che con la sola pena detentiva?
sono troppo figlio della mia cultura per essere tranquillo al cento per cento[...]
La speranza è però che col passare del tempo e con l'accumularsi dei casi di riabilitazione andati bene, la fiducia cresca
Non saprei, onestamente: il timore odierno non è solo questione di casi di riabilitazione andati male, ma proprio del fatto che sapere di avere di fianco un ex-omicida, magari un ex-omicida seriale, proprio tranquilli non lascia; penso sarebbe naturale guardarlo comunque con, se non timore, almeno sospetto. Anche se i casi di riabilitazione andassero bene, ne basterebbe uno per minare la fiducia verso tutti i recuperati.
Non esiste nessuno di neutrale, quindi se vieni in casa mia stai alle mie leggi
Infatti molti problemi nascono da gruppi che per loro tradizione vanno contro le leggi della nazione in cui sono, e dal malcontento che provoca il fatto che vengano lasciati fare, mentre se lo facesse uno di noi sarebbe giudicato per l'infrazione...
Questo non vuol dire che allora ogni cultura continuerà da sola, isolata e chiusa, ma il contatto con gli altri provocherà una necessaria integrazione e pian piano le culture si armonizzano a vicenda con la convivenza
Teoricamente potrebbe anche significare che ogni stato continuerà con le sue leggi, la cosa importante forse è entrare nell'ottica "Stato in cui vai, leggi che trovi", e adattarsi alle leggi locali.
Comunque, già a oggi in varie nazioni i reati sono piú o meno gli stessi (non esattamente, ovviamente differenze ci sono), a cambiare sono le pene, no?
Ho votato inefficace e ingiusta.
Ingiusta perchè sono sempre dell'opinione che togliere la vita a qualcuno non diventi legittimo solo perchè lo dice una legge. Un omicidio è un omicidio, sia che lo compia il primo che passa per strada sia che lo compia il ministro della giustizia.
Inefficace perchè... beh, più di due secoli fa Beccaria scrisse che non è la gravità della pena che fa da deterrente, ma la certezza della pena.
Puoi mettere anche la pena di morte, ma finchè hai il 90% di probabilità di sfuggire alla giustizia, nessuno ti impedirà di commettere reati.
Ciao, Mor
Vero; ma nemmeno il piú saggio potrebbe valutare le conseguenze di tenere in prigione a vita una persona: e se, stando fuori, avrebbe scoperto la cura per l'AIDS? Allora non diamo nessun tipo di pena, perlomeno non detentiva o mortale?
Certo, che non possiamo valutare manco le conseguenze della prigione, ma allora dobbiamo eliminare tutte le punizioni, anche quelle che un genitore da al figlio che combina qualche marachella, la punizione va inflitta, per far capire che ha sbagliato (in quanti casi si sbaglia senza rendersene conto?)
P.S.: ricordiamo anche che Gandalf ha detto che molti meriterebbero la morte e sono vivi, non solo quanto da te scritto.
Non ho messo la prima parte perchè sapevo che molti si sarebbero ricordati comunque di quelle parole.
Cosí come la pena detentiva non è che sia un deterrente efficace, vedasi stati in cui è applicata, quindi questo è un punto per non applicare la pena di morte quanto per non applicare quella detentiva.
Una pena non eccessiva è giusto, secondo i parametri della nostra società, comminarla, come il padre che punisce il figlio per la marachella, per esempio la punizione è giusta (privarlo del dolce) , il riempirlo di botte oppure umiliarlo no.
Stessa cosa per altre pene; sicuramente, la pena di morte è definitiva.
E quindi irrimediabile, mentre il carcere, anche quello a vita, può consentire alla giustizia di porre rimedio, anche se tardivo. Guarda una notizia di oggi, a Siracusa è stato scarcerato un uomo accusato nove anni fa di un omicidio. Il vero colpevole ha confessato, e l'altro è stato scarcerato, se fosse stato condannato a morte non si sarebbe potuto rimediare.
Personalmente non la considera un'obiezione poi cosí valida, in quanto nemmeno le altre pene hanno una grande utilità come deterrente.
Ma la pena non deve servire da deterrente, mi ricollegavo ai discorsi di qualcuno che conosco favorevole alla pena di morte. Non avendo avuto la possibilità di leggere tutta la discussione ho pensato di mettere anche questo, magari qualcuno l'ha messa come argomentazione.
se nessuno ha il diritto di togliere una vita, chi ci dà il diritto di perdonare chi lo ha fatto?
Non si tratta di perdonare, il perdono spetta solo alle vittime o a chi è loro vicino, anche se personalmente credo nella forza del perdono, in fin dei conti sono cattolica, e come tale tendo a perdonare tutti, anche i miei peggiori nemici, ma non spetta alla società il perdono, ma al singolo individuo. E d'altra parte se uno ammazza io che non trovo giusto ammazzare non posso farlo, neanche nel nome della giustizia. E lo so che il concetto di giusto è estremamente individuale, ma sto solo esprimendo la mia opinione.
non possiamo valutare manco le conseguenze della prigione, ma allora dobbiamo eliminare tutte le punizioni
Appunto per questo non mi pare un gran metro, per escludere la pena di morte; mi pare migliore quello dell'utilità, onestamente.
Sul fatto che la punizione vada inflitta... c'è chi, in questa discussione, ha detto che lui eliminerebbe il concetto di pena, non punirebbe, ma si regolerebbe sul "Stai dentro finché non sei recuperato".
Non ho messo la prima parte perchè sapevo che molti si sarebbero ricordati comunque di quelle parole
Che cambiano non poco il discorso: se si usa la frase di Gandalf, allora in teoria si pone che esistano persone che meritano la morte, il che non è poco...
Una pena non eccessiva è giusto, secondo i parametri della nostra società, comminarla
Il problema è che quell'eccessivo' è soggettivo, quindi non portabile come elemento assoluto contro la pena di morte (o qualsiasi altra): per te è eccessivo, per altri no...
quindi irrimediabile, mentre il carcere, anche quello a vita, può consentire alla giustizia di porre rimedio, anche se tardivo. Guarda una notizia di oggi, a Siracusa è stato scarcerato un uomo accusato nove anni fa di un omicidio. Il vero colpevole ha confessato, e l'altro è stato scarcerato, se fosse stato condannato a morte non si sarebbe potuto rimediare
Ripeto: questo non è essere contro la pena di morte, ma contro come oggi verrebbe applicata. Il che è estremamente differente: dire di no perché potrebbe colpire innocenti non è necessariamente essere contro la pena di morte, ma contro il fatto che verrebbe applicata con incertezza di pena.
Non si tratta di perdonare, il perdono spetta solo alle vittime o a chi è loro vicino [...] non spetta alla società il perdono, ma al singolo individuo
Seguendo il discorso fatto da alcuni che non si devono dare pene, ma cercare di correggere, direi che il perdono verrebbe anche dalla società; ma qui è meglio che confermi chi ha portato nella discussione il discorso della cancellazione della pena a favore del recupero.
se uno ammazza io che non trovo giusto ammazzare non posso farlo, neanche nel nome della giustizia
Riferendo il discorso allo stato, questo esempio cade: lo stato non trova sbagliato ammazzare, ma ammazzare contro la legge: la legittima difesa non è sbagliata, un pubblico ufficiale che uccida con motivazione non ha sbagliato, ecc.
Se la pena di morte fosse legale, per quanto sopra detto lo stato potrebbe uccidere, in quanto quell'uccisione non rientrerebbe in quelle sbagliate.
Poi la pena di morte è opinabile, ovviamente, ma l'incoerenza non ci sarebbe, stante che lo stato non giudica sbagliata l'uccisione in sé.
Appunto per questo non mi pare un gran metro, per escludere la pena di morte; mi pare migliore quello dell'utilità, onestamente.
Ma la mia ossevazione non voleva essere un metro per escluderla, solo una mia considerazione, o meglio una mia riflessione, e come tale prettamente personale.
Che cambiano non poco il discorso: se si usa la frase di Gandalf, allora in teoria si pone che esistano persone che meritano la morte, il che non è poco...
Io volevo mettere l'accento non tanto sulla prima frase, quanto sulla seconda, sul fatto di non elargire giudizi, che io in quanto cattolica praticante lo considero parte del mio credo. Certo che la società deve giudicare, altrimenti arriveremmo al caos, ma appunto avendo Gesù detto "non giudicare se non vuoi essere giudicato" sono tenuta a farlo. E non per imposizione ma perchè lo trovo giusto.
Il problema è che quell'eccessivo' è soggettivo, quindi non portabile come elemento assoluto contro la pena di morte (o qualsiasi altra): per te è eccessivo, per altri no...
Ma appunto qui si tratta della mia opinione, non di quella degli altri, che posso anche rispettare ma non condividere.
Ripeto: questo non è essere contro la pena di morte, ma contro come oggi verrebbe applicata. Il che è estremamente differente: dire di no perché potrebbe colpire innocenti non è necessariamente essere contro la pena di morte, ma contro il fatto che verrebbe applicata con incertezza di pena.
Questo è solo uno dei motivi per cui sono contro la pena di morte, visto che in molti casi e in molti Paesi viene applicata su persone che poi alla prova dei fatti si rivelano innocenti. Quindi non contro come verrebbe applicata, ma come viene applicata. Certo che il tutto è assai più complesso di come l'ho esposto qui, ma in queste ultime sere ho voluto comunque esprimere la mia opinione essendo abbastanza stanca, quindi poco lucida, quindi non in grado di argomentare bene.
Seguendo il discorso fatto da alcuni che non si devono dare pene, ma cercare di correggere, direi che il perdono verrebbe anche dalla società;
Il vero perdono viene dal cuore, e quindi anche se consideriamo come perdono anche quello della società a conti fatti non lo è, ma qui sconfiniamo in campo filologico, quindi per il momento lasciamo perdere. Ecco, quello della società può piuttosto essere considerata una cancellazione, non un perdono. Mentre quello del diretto interessato (la madre di Erika che in punto di morte perdona la figlia, oppure il padre, che l'ha perdonata pubblicamente, così come nel suo cuore) venendo dal cuore è perdono in senso stretto.
ma qui è meglio che confermi chi ha portato nella discussione il discorso della cancellazione della pena a favore del recupero.
Su questo sono d'accordo.
Riferendo il discorso allo stato, questo esempio cade: lo stato non trova sbagliato ammazzare, ma ammazzare contro la legge: la legittima difesa non è sbagliata, un pubblico ufficiale che uccida con motivazione non ha sbagliato, ecc.Se la pena di morte fosse legale, per quanto sopra detto lo stato potrebbe uccidere, in quanto quell'uccisione non rientrerebbe in quelle sbagliate.
Poi la pena di morte è opinabile, ovviamente, ma l'incoerenza non ci sarebbe, stante che lo stato non giudica sbagliata l'uccisione in sé.
Qui ritorniamo al discorso del cristianesimo, io in quanto cristiana trovo sbagliata l'uccisione in sè, anche quella della legittima difesa, anche se posso fare questa considerazione solo per quel che mi riguarda, non posso certo condannare qualcuno solo perchè ha difeso sé stesso o i propri cari, così come non so come reagirei io stessa trovandomi di fronte a questo tipo di scelta, forse ammazzerei ma forse anche mi farei ammazzare per non uccidere un altro, e non sarei di certo la prima (pensiamo ai martiri).
Io volevo mettere l'accento non tanto sulla prima frase, quanto sulla seconda, sul fatto di non elargire giudizi
L'ho capito; ma visto che la frase è stata citata io ho voluto porre l'accento anche sulla prima parte, che ha implicazioni di un certo interesse, in materia: anche senza giudicare, partire dal presupposto che qualcuno (non si sa chi, non giudicando) merita la morte porrebbe che ci siano azioni punibili con la morte, da cui cadrebbe la questione "Nessuna azione è tanto grave da meritare la morte".
qui si tratta della mia opinione, non di quella degli altri, che posso anche rispettare ma non condividere
Sicuramente; da parte mia, visto che il tema della discussione è "pena di morte sí/no", stavo solo portando argomentazioni per dire come mai quanto detto non è, a mio parere, un metro per escluderla, anche a livello legale; perché, per escluderla dalle leggi, soprattutto di uno stato laico, le motivazioni non dovrebbero essere religiose.
Il discorso, a mio parere, si divide in due: per noi è sbagliata? e perché lo stato non dovrebbe applicarla? Nella prima parte motivazioni religiose vanno benissimo; nella seconda... si andrebbe contro la laicità dello stato, e inoltre si porterebbero mille altre questioni (basarsi su un Dio che non sappiamo nemmeno se esiste per certo? e poi su quale Dio, visto che non c'è un'unica religione, né una religione di stato? se sí a considerare nella legge il diritto unico a Dio di spegnere vite, perché no a considerare i sentimenti dei danneggiati? e simili).
Quindi non contro come verrebbe applicata, ma come viene applicata
Il "verrebbe" era riferito a un ipotetico inserimento in Italia (o in altro stato senza pena di morte).
Il vero perdono viene dal cuore, e quindi anche se consideriamo come perdono anche quello della società a conti fatti non lo è [...] quello della società può piuttosto essere considerata una cancellazione, non un perdono
Non concordo: perdono è non tenere in considerazione il male che è stato fatto, rinunciare a vendetta, punizione, senza avere risentimento verso il perdonato, oppure rinunciare a dare la punizione; considerando che un omicidio è un danno anche alla società, e che, rinunciando a dare pene e passando a un sistema rieducativo che non decida la durata a priori in base al male commesso, si rinuncerebbe alla punizione, il perdono può venire anche dalla società. L'atto compiuto dalla società rientrerebbe nella definizione stessa di "perdono", per quanto posso vedere.
Cancellazione... no, anche un sistema rieducativo non cancellerebbe: anche tralasciando la questione della fedina penale, se devi essere rieducato allora la colpa non è stata cancellata.
quello del diretto interessato [...] venendo dal cuore è perdono in senso stretto
Il perdono in senso stretto è quanto sopra scritto, da cui direi che potrebbe venire anche da una società.
Qui ritorniamo al discorso del cristianesimo, io in quanto cristiana trovo sbagliata l'uccisione in sè
Se si guarda all'incoerenza dal punto di vista dello stato si devono guardare i canoni dello stato, da cui l'incoerenza cade, il mio discorso era quello (avevo pensato che ti ricollegassi - o che comunque ti riferissi, avendo parlato di giustizia - all'apparente incoerenza di uno stato che condanna l'omicidio e applica la pena di morte). Il grosso problema è che i canoni cristiani (e religiosi in generale), soprattutto in stati laici e con leggi slegate dalla religione, non possono essere il metro per decidere quali pene inserire.
Solo per sapermi regolare: il tuo discorso tocca anche il perché lo stato non dovrebbe inserire la pena di morte (da cui i canoni religiosi cadrebbero), oppure verte solo sul fatto che per te sia sbagliata?
Quoto Xaytar su tutto tranne l'eutanasia ma vorrei aggiungere due cosette:
Sara' perche' sono toscano e da queste parti la pena di morte e' stata abolita secoli fa, ma trovo un po' inquietante che ci siano persone che la ritengono ultile,
necessaria poi...
Gia' Beccaria aveva individuato il triplice scopo delle pene:
Punire
Rieducare
Dissuadere
La pena di morte, oltre all'evidente rischio di uccidere degli innocenti ingiustamente condannati, esclude completamente la possibilita' di recupero.
La sua inefficacia dissuasiva e' dimostrata dalla storia dell'umanita'; mentre faccio un reato non penso alla pena, c'e' qualcuno di voi che non uccide o non ruba perche' ha paura di finire in galera (oltre al fatto che ci starebbe poco)?
il potere dissuasivo e' decisivo soltanto per reati che si commettono a freddo,
quando una persona fa un calcolo utilitaristico e decide cosa gli conviene fare, e in questo caso e' la certezza della pena ad essere decisiva (certezzza molto poco considerata in Italia, soprattutto per quelli piu' ricchi e potenti...).
Il potere punitivo e' rivolto soprattutto al danneggiato, per risarcirlo, per far vedere che lo stato tutela i cittadini onesti e per evitare che le persone si facciano giustizia da sole.
Per quanto riguarda il relativismo culturale non sapisco bene che cosa c'entri,
in uno stato occidentale (o meglio europeo) lo stato deve semplicemente porre dei limiti entro il quale il cittadino si puo' muovere, limiti certi e ben definiti, indipendentemente dalle convinzioni politiche,credenze religiose, opinioni del singolo che appartengono alla sfera privata ed individuale.
Esempio, l'infibulazione viola delle leggi, non e' solamente estranea alla nostra cultura quindi non puo' essere ammessa,se una donna vuole andare a giro con una coperta addosso e' libera di farlo ma nessuno la puo' obbligare a farlo.
La rieducazione , su cui nutro anch'io massima fiducia e' si frutto della cultura
dominante ma non deve catechizzare.
Con cio' non voglio dire che inviterei a cena un pedofilo che torturasse mio figlio,
il mio impulso sarebbe sicuramente omicida , forse riuscirei a controllarmi ma non sarebbe decisivo il timore della pena , ma soltanto la mia coscienzama; lo stato non deve comunque soddisfare gli istinti piu' bassi dei suoi cittadini.