Maya ha scritto:Rispetto a "Che la festa cominci" - che se non erro hai appena letto - le atmosfere sono ben diverse, in effetti. Tanto quello è tragico-comico, tanto "Anna" è drammatico e molto più nelle corde di "Io non ho paura", piuttosto che di "Ti prendo e ti porto via" (per citare forse i due più famosi di Ammaniti).
Sì, Che la festa cominci aveva un'atmosfera ironica e surreale anche se conteneva degli inaspettati momenti di lirismo e introspezione. Comunque nei prossimi giorni causa giorni di ferie dovrei riuscire a riprendere Anna, se non altro per evitare una figura barbina in questo gruppo di lettura
Ho messo ordine dei miei pensieri e, a distanza di ormai qualche giorno, confermo il mio giudizio positivo sul libro.
Con "Anna" Niccolò Ammaniti ci porta in territori noti: un'afosa Sicilia e un gruppo di bambini e pre-adolescenti che, a causa di un evento incontrollabile, vivono il tragico "strappo" con la propria infanzia. Fin qui siamo nella sfera di "Io non ho paura" nel cui solco "Anna" s'infila con elementi abbastanza ricorrenti in molti dei romanzi dell'autore (quelli che ho letto quanto meno) - le miserie e le ipocrisie dell'essere umano, l'insofferenza nella vita di provincia, bambini e adolescenti abbandonati e trascurati da adulti non sempre all'altezza delle situazione -, e altri tipici della sua produzione recente - lo sguardo malinconico ma anche ironico su una società che collassa su se stessa, una certa ineluttabilità nella vita dei singoli.
La storia, ben costruita e bilanciata, mantiene un buon ritmo fino alla fine. Il finale non è scoppiettante, né imprevedibile, ma coerente e verosimile. Trovo che i personaggi - al di là delle mie personali simpatie o antipatie - siano tutti ben scritti e le loro voci adeguatamente caratterizzate. Tra tutti la più "originale" è la mamma: di solito nei libri di Ammaniti gli adulti e soprattutto i genitori sono abbastanza inadeguati, conformisti, insicuri. Qui invece
Non è comunque un romanzo privo di difetti: c'è un po' di ridondanza, qualche buco di trama qui e là e anche un po' di "già visto e letto", come già evidenziato da alcuni di voi - e questo nonostante la lungimiranza nel raccontare di una pandemia nel 2017! - Poteva forse osare un po' di più soprattutto nel finale che più che "aperto" appare "incompiuto".
Il fatto che lo spoiler sia vuoto è un errore oppure è un segno di sottile ironia?
Finita, faticosamente, la prima parte. Ho la sensazione che verso la fine ci sarà qualche colpo di scena. C'è qualcosa di strano nel primissimo capitolo ambientato nell'ospedale, e se la prima impressione della lettura mi aveva fatto venire in mente The Last of Us, proseguendo ho cominciato a pensare a 28 giorni dopo dove, come noto,
Non so perché ho fatto questa associazione, ma il POV di Anna è per forza di cose limitato e il romanzo è stato intelligemente costruito in modo da disvelare la trama poco a poco, come notato correttamente da altri prima di me. Il problema in realtà è solo l'atmosfera molto cupa che non mi invoglia alla lettura. Ho anche la sensazione che Ammaniti si trovi meglio in atmosfere cittadine e "libertine" come quelle descritte in Che la festa cominci, dove i protagonisti sono adulti spesso impelagati in situazioni grottesche in mondi che Ammaniti conosce molto bene, come quello dell'editoria. Nel complesso però la qualità è alta e come notato da Maya lo scrittore non rinucia ad analizzare, dove può, gli aspetti più miseri e quotidiani dell'essere umano.
Con oggi entriamo in modalità spoiler free per quel che riguarda il libro "Anna". In generale, mi sembra che il libro sia piaciuto. Io devo dire che ho proprio riscoperto Ammaniti. Ho riletto e letto (o ascoltato in audiolibro) anche altri suoi testi: una voce molto particolare e uno sguardo sulla società italiana attento, critico, a tratti spietato. Credo che leggerò altro a breve - ho trovato a casa "Branchie" che non credo di aver mai letto: proverò!
Vi va un altro giro o vi siete stufati? Nel caso penso possiamo iniziare a fare le nostre proposte. Io ne avrei già una:
Gesualdo Bufalino "Le menzogne della notte"
In realtà l'ho già letto, alle medie però per cui si parla di ere fa. Al di là di questo non lo ricordo per nulla, se non per il fatto che non mi aveva entusiasmato. Avevo però 11 anni. Di recente mi è stato consigliato da una persona i cui gusti sono abbastanza allineati ai miei per cui mi piacerebbe riprovarci. Tra l'altro è un libro abbastanza breve. La mia edizione, un vecchissimo tascabile Bompiani conta 154 pagine.
Io ci sto volentieri :)
Avevo pensato di proporre il libro che però ho già cominciato, I nostri cuori perduti di Celeste Ng.
Vale lo stesso? :unsure:
Koorlick ha scritto:Io ci sto volentieri :)
Avevo pensato di proporre il libro che però ho già cominciato, I nostri cuori perduti di Celeste Ng.
Vale lo stesso? :unsure:
Ma io non ho nulla in contrario π
Anch'io partecipo.
Questa volta propongo un classico che spero non abbiate già letto tutti
Peter Pan di Barrie :)
Lady delle Gocciole Extra Dark
We are only human, and the gods have fashioned us for love. That is our great glory, and our great tragedy.
Io propongo Congo di Michael Crichton. Altro libro per il quale mi serve una scusa per leggerlo
Non ho ancora finito Anna, ma mi mancano un'ottantina di pagine e ho evitato gli spoiler. Tra qualche giorno dovrei darne un'impressione generale.
Partecipo anche io al prossimo turno, devo solo pensare ad un titolo "breve ma intenso" da proporvi βΊοΈ.
Circa Anna vorrei spendere qualche altra parola.
Come ho preannunciato, non mi ha particolarmente presa, ma imparerete che sono una vera rompiscatole in tema di libri π , quindi non faccio molto testo.
Certo, la sensazione di già visto e già letto rimane molto forte (devo assolutamente rileggere Il Signore delle Mosche, mentre per La strada aspetterò ancora), ma ripensando al romanzo, tuttavia, vorrei segnalare qualche aspetto che mi è piaciuto o che mi è rimasto impresso.
Senza spoilerare troppo, visto che Euron deve finirlo (e Lady Joanna che fine ha fatto?) e senza addentrarmi in una recensione approfondita, che lascio volentieri a qualcuno più bravo di me - amo leggerle, ma molto meno scriverle π (anzi, approfitto per ringraziare Maya della sua).
Ho apprezzato l'amore fraterno tra Anna e Astor, è facile rivedersi nella (ed empatizzare con la) sorella maggiore che si lamenta del fratellino minore, pur adorandolo.
Senza ricadere nell'eccessivo sentimentalismo, come sarebbe stato fin troppo facile nello scenario di morte e desolazione descritto, Ammaniti riesce a rendere benissimo l’affetto tra i due fratelli, l’accudimento infantile ed inesperto prestato della maggiore, pur precocemente adultizzata, nei confronti del minore, e soprattutto le sensazioni di devastazione e di perdita che prova Anna quando il bambino viene portato via.
Peraltro, Astor è l'ultimo collegamento di Anna con il suo passato, con la sua vita precedente e soprattutto con la madre, l’unica vera figura di riferimento per la ragazzina *.
Il vestito viola della mamma strappato e gettato come un cencio, il cranio delle genitrice abbandonato come un rifiuto… li ho visti con gli occhi di Anna e mi hanno colpita.
[Della madre rimane però il quaderno, che da sempre è considerato l’oggetto più prezioso da Anna, pur conoscendolo ella a memoria… il quaderno che - se la Rossa dovesse venire a prendersela - la protagonista passerà al fratello come una sorta di testamento spirituale.]
*emblematico in questo senso è il breve passaggio di Anna nella casa paterna, dove non c’è nulla che la ragazzina senta davvero suo; la protagonista riesce infatti ad osservare con freddezza le rovine dell’abitazione. Pur essendoci ricordi, non ci sono rimpianti. Le emozioni vissute hanno toni ben diversi rispetto a ciò che prova Anna di fronte allo scempio della casa materna.
Sempre in tema di amore fraterno, ho trovato particolarmente struggente la vicenda dei gemelli Michelini, pur (giustamente) relegata ad un pugno di righe.
La figura dell'ottuso, materialista e sgradevole Mario risulta in qualche modo nobilitata dall'intenso sentimento d'amore che lo pervade nei confronti del gemello Paolo.
Il modo in cui si lascia morire, perché di questo si tratta, è il modo più efficace, silenzioso e nello stesso tempo plateale, per gridare al resto del mondo quanto la sua vita gli appaia vuota e senza valore senza il gemello, senza la forza dell'amore più profondo che ha provato nella sua breve vita.
Certo, avendo preso la Rossa, Mario poteva considerarsi condannato; tuttavia, poiché la speranza, si sa, è l’ultima a morire… ecco, quel passaggio l'ho trovato commovente (e convincente).
Circa la cotta di Anna per Pietro, del tutto ricambiata, ritengo che si potesse fare di più.
Le mie perplessità nascono più che altro da come Anna vive la scoperta dei primi sentimenti e delle prime pulsioni verso l’altro sesso.
Non mi è piaciuta, l’ho trovata aggressiva come una donna adulta disincantata in tema di uomini.
Il ragazzino, invece, è perfetto in quanto del tutto convincente.
In realtà, penso che il “problema” nasca proprio dalla figura di Anna, che, per quanto approfondita, appare sempre un po’ troppo sopra le righe o comunque poco credibile.
Vivere in condizioni estreme e dover crescere anzitempo sicuramente avrebbe un forte impatto su chiunque, vero; le nostre risorse, le nostre capacità di sopravvivenza vengono acuite nelle situazioni emergenziali, vero anche questo.
E, tuttavia… diverse scene (non da ultimo quella del polpo, per quanto fortemente evocativa) non mi hanno convinta.
Spenderei due parole anche sul finale.
Non mi dispiacciono i finali aperti e, come già osservato da altri, era difficile immaginarne uno diverso.
Concordo con Maya nel trovare questo finale “incompiuto” più che aperto.
Tuttavia, nel mio innato ottimismo, colgo (rectius voglio cogliere) una nota di speranza.
I due bambini - con l’adidas “magica” e nuova ad un piede ed una scarpa comune e vecchia all’altro (anche questa immagine la dice lunga sul messaggio di speranza lanciato dall’autore, imho) - sicuramente la nutrono.
E, chissà, forse il messaggio in parte - anche solo in minima parte: non conoscendo Ammaniti come autore posso solo descrivere le sensazioni che mi sono arrivate - è proprio questo: guardare le cose con la prospettiva aperta, fiduciosa e confidente nel futuro dei bambini, e credere in quel “pizzico di magia”, è l’unico modo per salvarsi davvero.
π
La lettura è un rapporto con noi stessi e non solo col libro, col nostro mondo interiore attraverso il mondo che il libro ci apre.
Italo Calvino
It’s gonna be legend… wait for it… dary!
Challenge accepted!
Barney Stinson
The person, be it gentleman or lady, who has not pleasure in a good novel, must be intolerably stupid.
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Le piccole cose hanno la loro importanza: é sempre per le piccole cose che ci si perde.
Fëdor MichajloviΔ Dostoevskij
Bien sûr je te ferai mal. Bien sûr tu me feras mal. Bien sûr nous aurons mal. Mais ça c’est la condition de l’existence. Se faire printemps, c’est prendre le risque de l’hiver. Se faire présent, c’est prendre le risque de l’absence.
Antoine de Saint-Exupéry
C’é una vergogna positiva, che prima di aprire bocca ti fa chiedere se hai veramente titolo per dire quello che stai per dire. É la grande assente di questo secolo.
Zerocalcare
Ogni persona che passa nella nostra vita è unica. Sempre lascia un po’ di sé e si porta via un po’ di noi. Ci sarà chi si é portato via molto, ma non ci sarà mai chi non avrà lasciato nulla. Questa é la più grande responsabilità della nostra vita e la prova evidente che due anime non si incontrano per caso.
Jorge Luis Borges
Di Ammanniti avevo letto soltanto Come Dio comanda, mi era piaciuto, lo avevo trovato un libro interessante e coinvolgente, ma senza quel guizzo necessario a farmi leggere altre sue opere.
Direi che l'impressione generale è confermata con Anna, un romanzo che a mio parere dispiega un'ottima tecnica espositiva, supportata da uno stile versatile e sempre adeguato al momento narrativo, ma che pecca nelle fondamenta della costruzione generale dell'opera. Un romanzo che sono contento di aver letto, ma che non so se rileggerei.
Lo scenario raccontato, seppur non originale in sé, è ben tratteggiato. Fa impressione che sia stato scritto qualche anno prima del Covid e che sia ambientato nel 2020. L'autore indugia - forse troppo? - sui dettagli più sgradevoli e ho notato anche quanto giochi nel presentare in chiave rivoltata elementi che dovrebbero essere naturalmente positivi, ad esempio il sole e il mare.
Da un lato questa scelta incupisce l'atmofera... ma il tema del romanzo quello è, non avrebbe senso edulcorarlo.
Trovo inoltre la scelta necessaria allo scopo di far calare il lettore con brutalità nella cornice del romanzo e chiudere da subito ogni forma di evasione, dal momento che subito dopo Ammanniti chiede a chi legge di fare ulteriori sforzi.
Il primo è l'assenza totale - razionalmente parlando - di speranza: la Rossa non ha solo colpito gli adulti, ma è latente nei bambini, e si scatena durante la pubertà. L'epidemia non significa solo un reset della società, ma l'impossibilità di una ricostruzione. I ragazzini di oggi non diventeranno adulti, non avranno la possibilità di fondare una nuova civiltà. Il destino è la morte, l'impossibilità pressoché totale di mettere al mondo dei figli, l'estinzione della specie. Come si convive con questo pensiero? In che modo ciascuno di noi reagirebbe dinanzi a questa prospettiva?
Ammanniti, e questo è il secondo sforzo, ci chiede di accettare le risposte che si dà alla domanda una tredicenne siciliana, forte, caparbia, testarda oltre ogni limite. Ecco, a volte l'autore pecca nel non rendere le sue scelte e le sue motivazioni immediatamente comprensibili ad un pubblico adulto, chiedendo uno sforzo di comprensione forse eccessivo, ma se dovessi pensare a cosa si poteva fare di meglio... avrei difficoltà.
Se Anna è un personaggio molto bello e tratteggiato in maniera efficace nel suo disperato, brutale, disincantato, illogico ottimismo, a mio parere possiamo dire quasi altrettanto del suo fratellino Astor. Tragicamente molto più infantile dei suoi sette anni, Astor più di ogni altro è il toccante emblema di cosa succede a livello personale quando vengono tolti i sostegni emotivi, cognitivi e sociali in un'età così delicata. L'uomo è un essere vivente complesso, la trasmissione di ciò che siamo non avviene interamente con il DNA, la creazione di una persona richiede una componente sociale ormai preponderante rispetto a quella biologica. Astor è quel che accade quando questa componente viene mutilata. Sebbene il paragone possa sembrare assurdo, Astor sono i velociraptor di The Lost World di Cricthon: questi dinosauri, creati in laboratorio, sono biologicamente formati, ma l'assenza della guida delle generazioni precedenti li rende... qualcosa di meno di quel che dovrebbero essere.
Passando ai comprimari, devo dire che ho trovato abbastanza ben fatti quelli apparsi nei flashback, a partire dai genitori di Anna - toccante il Quaderno delle Istruzioni lasciato dalla madre - mentre mi hanno lasciato un po' così quelli che si sono trovati a interagire con la protagonista. Pietro non lo trovo né carne né pesce, funzionale alla storia quel tanto che basta per indirizzare le vicende e i sentimenti di Anna, farle provare il sentimento di innamoramento adolescenziale, e tolto di scena in un modo un po' insulso. Un filo meglio la vicenda dei gemelli Michelini: sebbene anche qui la fine di Mario sia piuttosto sbrigativa, è ben evidente il dramma interiore del gemello sopravvissuto, incapace di dare un senso alla propria vita dopo la dipartita del fratello.
Discorso a parte meritano Angelica e tutto quel che ruota intorno alla Picciridduna. Daenys ha giustamente citato The Lord of the Flies di William Golding, a cui mi permetto di aggiungere Le Malêtre di René Kaës in termini di background psicologico e sociologico. Trovo necessario premettere che Anna non arriva minimamente a dare il groppo in gola e il nodo allo stomaco di The Lord of the Flies, dove assistiamo impotenti e atterriti all'innocenza lentamente tramutata in malvagità, alla nascita di una società militarista e nazista. D'altra parte in The Lord of the Flies i bambini superstiti sull'isola avevano una prospettiva di sopravvivenza, quindi la formazione di una società stabile, orientata al futuro e al controllo, era nell'ordine delle cose. In Anna abbiamo uno scenario differente. Anche qui, l'assenza di guide psicologiche, morali e sociali conduce ad una società di bambini deviata e sociologicamente disturbata; e poi è anche vero che le vicende di Anna non raccontano la parte più orrorifica della lenta e progressiva degenerazione del senso di umanità. Però è anche corretto attendersi una differenza fondamentale rispetto a The Lord of the Flies: venendo a mancare la prospettiva dell'avvenire, tutto si consuma nell'ottenimento di beni di fruizione immediata, nel potere esercitato qui ed ora, in un egoismo becero e barbaro, prima che la malattia faccia il suo corso letale. In quest'ottica, devo dire che la scrittura di Ammanniti riesce a trasmettere le giuste sensazioni, e persino la scena del tentato stupro di Anna non è per nulla gratuita, ma è perfettamente inserita nella cornice degli eventi.
Merita a mio parere una riflessione il momento in cui Astor, rapito, rifiuta di tornare con la sorella. Il punto solleva questioni importanti, a livello del tutto filosofico e generale. Quanto è giusto mentire per proteggere, persino ad un bambino così piccolo? Difficile dare una risposta, bravissimo Ammanniti a sollevare la domanda.
Veniamo infine a quello che ritengo il principale punto debole del romanzo, ovvero la trama generale. Tanto l'ambientazione e le singole scene sono ben costruite, quanto la trama, se ridotta all'osso, appare... insignificante. Scoppia l'epidemia, gli adulti muoiono, Anna e Astor iniziano una routine, per quanto malsana se giudicata con i normali termini sociali, nella loro casa al Podere del Gelso. Un terzo del romanzo serve di fatto a presentare premesse e personaggi e arrivare all'evento che mette in moto la vicenda: il rapimento di Astor e la profanazione del Podere, termine secondo me più che adatto considerato quanto la casa significasse per i due fratelli e soprattutto lo scempio fatto del corpo della madre. La seconda parte del romanzo riguarda il salvataggio di Astor, letterariamente impreziosita dalla società dionisiacamente distopica di Angelica e soci. La terza parte riguarda il tentativo di Anna di fuggire dalla Sicilia, nell'ingenua ma strenua speranza che sul "continente" siano sopravvissuti degli adulti e che qualcuno abbia trovato un vaccino alla Rossa. Una motivazione flebile per un lettore razionale, ma in fondo sensata per una tredicenne senza prospettive, il cui unico obiettivo è arrivare viva al giorno dopo, nel continuo terrore che inizino a manifestarsi i sintomi della malattia. Eppure, riducendo il tutto così ai minimi termini, resta in effetti ben poco. E non è neppure corretto dire che l'avventura è a misura dei protagonisti, perché muoversi in quel mondo in disfacimento richiede riserve di energia e sanità mentale che piegherebbero molti adulti. Semplicemente, Ammanniti riesce abilmente a costruire un mondo su una trama minimale, arrivando appunto a quella disparità valoriale tra ambientazione e vicenda descritta a inizio paragrafo.
Il finale, completamente aperto, non cambia il giudizio: se il riferimento finale a Pietro è in qualche modo commovente, razionalmente possiamo pensare che la situazione di Anna sia cambiata ben poco. La bomba biologica nel suo corpo continua a ticchettare il suo mortale conto alla rovescia, non ci sono garanzie che in Calabria la situazione sia diversa rispetto alla Sicilia. Eppure non è tutto uguale al punto di partenza: Anna e Astor non sono più confinati nel loro mondo privato e personale - e in un mondo destinato alla progressiva fine delle risorse, questo significava solo morte lenta. Privi di un rifugio, sono costretti ad accettare le sfide del mondo esterno, ma con queste anche le relative opportunità. Scremato da ogni orpello, è questo per me il significato del romanzo. Non nascondersi, nemmeno se il mondo va in rovina. Non smettere di lottare, non smettere di sperare, non smettere di accettare le sfide. Ed è un bel messaggio.
Come nuova proposta metto uno dei libri meno famosi di Umberto Eco, La misteriosa fiamma della Regina Loana.
Ho terminato il libro! (Circa 10 minuti fa a dir tanto π)
Al momento dico solo che mi è piaciuto e all'inizio, prima di iniziare a leggerlo, mi ero fatta un'idea completamente diversa su come potesse essere π
Per la nuova proposta ci penso domani π
Fondatrice dei Comitati
J.W.F.D. Jonny Wilkinson Fammi un Drop - M.N.Ü.A. Manuel Neuer Über Alles - M.B.F.C. Michael Ballack Fan Club
Membro del Comitato P.J.L. Comitato Pro Jaime Lannister - Membro del Comitato G.M.S.S. Giù le mani da Sansa Stark, per la difesa della giovane lupa (gemellato con G.M.A.S. Giù le mani da Arya Stark) - Membro del Comitato W.F.D.M. Walder Frey deve morire (possibilmente nel crollo delle sue torri) - Membro del Comitato GATTARYS! Comitato Gatti Uniti per Ser Balzo sul Trono di Spade - Membro del Comitato M.L.C.V.I.R.D. Ma con La Carne ci Vuole Il Rosso di Dorne - Membro del T.B.D.F. Team Baciate dal Fuoco - Membro del Comitato F.F.C. Folletto Fan Club
Never forget what you are. The rest of the world will not. Wear it like armor, and it can never be used to hurt you.
L'ho terminato anche io. In breve: l'ho gradito ma non mi ha entusiasmato. Al di là della cupezza, a volte estrema come nella terribile sequenza dell'agonia e della morte di Pietro, non mi è chiaro cosa volesse comunicare lo scrittore. Riflessione sulla caducità delle cose umane? L'uomo che nonostante le sciagure dovute ad una natura matrigna si rivolta a prescindere come il Sisifo di Camus? Un esperimento letterario di situazione post apocalittica in cui i protagonisti sono ragazzini invece che adulti?
È stato comunque interessante leggere un altro libro di Ammaniti. Il prossimo che ho in programma e in attesa sulla libreria è La vita intima, ma se va bene lo leggerò tra dei mesi.
@Daenys a me l'atteggiamento di Anna con Pietro non è sembrato prevaricatore. Come hai detto anche tu, una situazione così stressante inasprirebbe chiunque e anzi occorre molta sospensione dell'incredulità per leggere una storia di ragazzini che riescono a sopravvivere in mezzo al nulla e dopo aver perso la famiglia. Nel rapporto tra Anna e Pietro ho visto quel "punzecchiamento" reciproco che caratterizza quell'età e che avrebbe potuto andare avanti in maniera più dolce se Pietro non fosse morto, ferma restando l'ineluttabilità della Rossa.