Concordo in pieno, la nostra lingua è più flessibile di quanti molti credano, non vedo problemi nell'accettare entrambe le versioni.
2 minuti fa, Lyra Stark ha scritto:Perché siete persone che non hanno bisogno della lingua per autodefinire se stesse. Voi, noi in effetti, sappiamo chi siamo indipendentemente da come ci chiamano, non ci serve l'etichetta col nome per saperlo o per farlo sapere agli altri.
Forse non ci interessa nemmeno così tanto.
Amen
48 minuti fa, Lyra Stark ha scritto:Perché siete persone che non hanno bisogno della lingua per autodefinire se stesse. Voi, noi in effetti, sappiamo chi siamo indipendentemente da come ci chiamano, non ci serve l'etichetta col nome per saperlo o per farlo sapere agli altri.
Forse non ci interessa nemmeno così tanto.
Tu non hai bisogno di un etichetta ma guai se qualcun'altro sente questa necessità, nessuno può sentire questa necessità (sarebbe poco serio ), vedi che c'è un problema di proiezione?
Adesso faccio la domanda secca a @Pongi: a te darebbe fastidio che una tua collega decidesse di farsi chiamare medica, medichessa, altro o semplicemente ti interessa che nessuno ti imponga come chiamarti, sei sempre stata un medico e continuerai ad essere un medico?
43 minuti fa, Lyra Stark ha scritto:Solo a sprazzi però, quindi anche qui mi viene qualche dubbio, se un principio è valido e giusto tanto che si sente naturale lo si usa sempre
Non ho capito cosa intendi. Mi riferivo al fatto che c'è a chi dà noia che venga usato e, se urta qualcuno, me ne dispiaccio. Come soluzione linguistica, invece, la preferisco alla schwa perché banalmente sulla tastiera del computer non so come crearla. Dovrei fare ogni volta copia e incolla.
43 minuti fa, Lyra Stark ha scritto:Partire dal pensare di avere sempre ragione non mi pare molto costruttiva come posizione. O tollerante.
Temo che tu nona abbia compreso il senso di questo famoso proverbio. La morale è che riuscire o non riuscire in un'impresa dipende esclusivamente dalla tua volontà e dalla tua risolutezza: se credi di riuscire, riuscirai; se invece pensi di fallire, fallirai. Di conseguenza avrai sempre ragione comunque pensi.
47 minuti fa, Lyra Stark ha scritto:Perché il femminismo d'antan aspirava all'uguaglianza anche in questo senso, cioè eliminando la distinzione e appropriandosi dei termini usati per gli uomini.
Nel caso specifico la direttrice si indigna per lo stesso motivo che descrive Pongi: viene prima il fatto che è una donna rispetto alla sua professione
Una visione antiquata almeno quanto il termine "medica" con in più il fatto di essere non corretta dal punto di vista della lingua italiana che offre alternative femminili per alcuni termini impropriamente usati solo al maschile. Come già detto in altre circostanze, inoltre, esistono diverse correnti di femminismo, alcune delle quali vedono nel neutro maschile una forma esclusiva e discriminatoria di linguaggio.
Il fatto stesso che una donna si ponga il problema di annullare il proprio genere per poter essere credibile nella sua professione è di per sé la dimostrazione che la discriminazione patriarcale ha funzionato benissimo.
1 ora fa, Pongi ha scritto:che alle donne professioniste (medici, ingegneri, avvocati, architetti) non solo di tutto questo non frega nulla, ma sono mediamente abbastanza infastidite dalla pretesa di gente che nella vita fa tutt'altro di venire a dirgli come devono farsi chiamare.
A molte interessa però, perché a forza di chiamare le professioni solo al maschile si finisce per credere che certi livelli professionalità e credibilità si possano raggiungere solo annullando nella professione il fatto di essere donna. Basta aprire l'organigramma di qualsiasi organizzazione pubblica o privata: la sostanziale differenza nel numero di uomini e donne ai vertici balza immediatamente all'occhio. Come mai?
13 ore fa, Pongi ha scritto:Tutte queste dotte dissertazioni - Chomski e la ghenga di Palo Alto, l'Accademia della Crusca, i numerosi e insigni studiosi che con parole scelte sposano la causa di vetusti termini sepolti da secoli nei vocabolari- ignorano bellamente un dettaglio: che alle donne professioniste (medici, ingegneri, avvocati, architetti) non solo di tutto questo non frega nulla, ma sono mediamente abbastanza infastidite dalla pretesa di gente che nella vita fa tutt'altro di venire a dirgli come devono farsi chiamare.
Ma se noi ci autodefiniamo medici, e la stessa cosa vale per altre categorie professionali (per motivi di lavoro frequento un certo numero di avvocati, e tutte le donne che conosco si presentano come "avvocato XY", non avvocata o avvocatessa) per quale motivo dovreste cercare di convincerci a farci chiamare diversamente?
Bel tentativo di ribaltamento della prospettiva (con anche una punta di anti-intellettualismo, che non guasta mai), ma no: c'è una minoranza che chiede di essere tutelata anche nel modo in cui linguisticamente la si descrive e la si rappresenta e una maggioranza che non vuole riconoscerle questo diritto, e che nel vedersi negato il diritto di non riconoscere diritti, frigna.
13 ore fa, Pongi ha scritto:Che senso ha, allora, combattere questa battaglia postuma, oltretutto in modo spesso paternalistico e supponente?
Perchè la questione lavorativa (peraltro ben lungi dall'essere gioiosamente risolta come sembrerebbe da quello che scrivi) e solo un aspetto del gender gap nelle nostre società. Gender gap che non riguarda solo le differenze tra uomo e donna ma anche quelle tra differenti orientamenti sessuali e differenti identità sessuali.
13 ore fa, Lyra Stark ha scritto:Perché siete persone che non hanno bisogno della lingua per autodefinire se stesse.
Quindi saranno dei venusiani, suppongo. Perchè una delle caratteristiche principali che definiscono il genere umano (dal punto di vista antropologico, biologico, sociale e culturale), e tramite la quale egli stesso si definisce, è la lingua.
13 ore fa, Pongi ha scritto:Con buona pace di Chomski, nel merito ho più voce in capitolo io di lui
Sul modo in cui gradisci essere chiamata sul posto di lavoro certamente. Sul rapporto tra pensiero e linguaggio e sul come questa relazione agisca sulla società e sulle relazioni tra gli individui, certamente no.
Sul tema del linguaggio e di come questo contribuisca a modellare la società vi propongo le parole della sociolinguistica Vera Gheno
Intervista su Medium https://medium.com/fantastico-punto-esclamativo/potere-alle-parole-2cc313c83713
domanda: Anche la ridefinizione del femminile passa dalle parole. In «Femminili Singolari» tu smonti con accuratezza tutte le convinzioni linguistiche della comunità italiana, rintracciandone l’inclinazione maschilista. Ha senso mantenere distinzioni tra mestieri al femminile e mestieri al maschile?
risposta: E perché mai dovrebbe avere senso? Una delle repliche che sento più spesso sui social è “i mestieri sono neutri, ‘architetto’ vale sia per il maschio sia per la femmina”. Mi chiedo sempre se chi fa queste affermazioni si è mai fermato a pensare che sono molti di più i mestieri che decliniamo tranquillamente al femminile che non quelli che facciamo fatica a declinare: perché per maestra, operaia, sarta, regina, contadina eccetera non varrebbe questa regola della neutralità dei mestieri e dei ruoli? Semplice, perché a questi siamo abituati, a ministra, assessora, questora, avvocata no. L’unica vera differenza è l’abitudine, anzi, l’inerzia linguistica. Solo che, siccome diventiamo tutti un po’ “inerti”, linguisticamente parlando, ci inventiamo regole inesistenti. I mestieri non sono neutri nel momento in cui ci rivolgiamo a una persona che svolge un certo mestiere, e questo è quanto prescrive la norma della nostra lingua. Il problema, infatti, non è linguistico, ma decisamente socioculturale.
Dall'articolo "L'importanza di avere un nome" in "Questioni di un certo genere" (l'ho citato ieri)
"(...) è grazie alle parole che può esistere la nostra società in tutta la sua complessità (...). Il passo successivo in questo ragionamento, però, dovrebbe essere chiedersi che cosa serva, a una persona, per stare bene in una società edificata sulle parole. Per quello che vedo, tra le altre cose, anche la possibilità di un'autorappresentanza linguistica. Chi viene nominato ha più concretezza; chi non ha un nome, invece, è meno visibile ai nostri occhi. (...)
Credo che la prima cosa sia mettersi in ascolto. Nella nostra società, ancora oggi, il divergente ha meno possibilità di fare sentire la propria voce: è vittima di ingiustizia discorsiva, come spiega Claudia Bianchi nel suo libro Hate Speech (...)
C'è un momento in cui chi ha uno o più privilegi (è bianco, è maschio, è cisgender, è etero sessuale, è di mezza età, non ha disabilità, è neurotipico, è benestante, non è sottopeso né sovrappeso, ha un carattere adeguato alle attese della società, eccetera) deve fare un passo indietro e non dire "so come ti senti, provo empatia", ma "non so come ti senti, quindi ti lascio lo spazio per spiegarmelo. Con le tue parole"
20 ore fa, Maya ha scritto:Forse non è fondamentale. Non lo è sicuramente al fine di svolgere la professione medica. Ma sono fermamente convinta del fatto che sia un insieme di tante piccole cose che ci sembrano insignificanti a fare una grossa discriminazione.
Può darsi. Il fatto è che a volte anche quando ne accadono di belle grosse proprio all'atto "pratico" che è impossibile non notarle vedo che gente che si batte tanto per il PC e il linguaggio e compagnia ma non muove un dito, anzi fa finta di nulla. Quindi mi viene da chiedermi: politicamente corretto o paraculismo?
16 ore fa, joramun ha scritto:Quindi saranno dei venusiani, suppongo. Perchè una delle caratteristiche principali che definiscono il genere umano (dal punto di vista antropologico, biologico, sociale e culturale), e tramite la quale egli stesso si definisce, è la lingua.
Più correttamente dovremo dire il linguaggio, cioè il fatto di usare dei codici per esprimere pensiero e realtà. Lingua è l'insieme dei codici specifici di un gruppo. Comunque se così come tu dici, e non solo tu ma gli studiosi che hai citato, allora come mai la lingua non possiede alcuni strumenti di definizione di queste realtà che esistono da boh, sempre? Perchè l'uomo non ha voluto crearli o perchè si tratta di realtà più complesse da esprimere? E perchè allo stesso modo le realtà esistono comunque indipendentemente da come vengono chiamate?
E' interessante porsi la questione del come fanno a esistere realtà che noi non sappiamo come chiamare se il linguaggio è tutta una proiezione del nostro pensiero.
Comunque è interessante questo discorso, per esempio per i non addetti ai lavori (io tratto l'argomento da studi di linguistica, tu di psicologia penso) mi ha sempre affascinato studiare che il linguaggio è fondamentale e legato a doppio filo al processo di astrazione umana (cioè vedo una cosa, faccio processo di astrazione, la rappresento es. un gatto, il concetto di gatto, come lo esprimo). Secondo me è importante capire questo processo, che non è l'inverso: penso una cosa e la esprimo. Perchè almeno dacchè so io, l'umanità è sempre partita dalla realtà per astrarla e non il contrario.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.
When the snows fall and the white winds blow,
the lone wolf dies, but the pack survives
Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
5 ore fa, Maya ha scritto:Sul tema del linguaggio e di come questo contribuisca a modellare la società vi propongo le parole della sociolinguistica Vera Gheno
Che di questi temi ha fatto una bandiera e probabilmente pure la sua fortuna. Non è proprio una voce fuori dal coro o neutrale rispetto a chi sostiene queste posizioni. Come lei invece ci sono molti altri studiosi eminenti contrari a determinati usi o almeno, e questo è l'approccio nel quale mi ritrovo, piuttosto dubbiosi e perplessi.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.
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9 minuti fa, Lyra Stark ha scritto:Che di questi temi ha fatto una bandiera e probabilmente pure la sua fortuna. Non è proprio una voce fuori dal coro o neutrale rispetto a chi sostiene queste posizioni
E quindi? Vera Gheno è una sociolinguista che può vantare un curriculum di tutto rispetto. Quando parla di questi temi ha sicuramente più competenza di molti di noi con tutto il rispetto per chi ha partecipato o sta partecipando a questa discussione. Non vedo alcuno "scandalo" nel fatto che Gheno si sia costruita un punto di vista e una posizione molto specifici rispetto ad argomenti che sono il cuore del suo lavoro. Mi pare piuttosto comune in qualsiasi ambito scientifico. Non è certo la prima volta che uno studioso o una studiosa si votano anima e corpo a una tesi controversa o controtendenza: "eppur si muove"
La differenza tra una persona come Gheno e altri e altre che si cimentano in questo genere di discussioni (me compresa ) è che lei parla alla luce di anni e anni di studi e ricerca sulla lingua, sulla relazione tra società, linguaggio e comunicazione. Le persone la stanno ad ascoltare perché le cose che dice, condivisibili o meno, sono comunque frutto di studio, analisi, riflessioni molto accurate. Vogliamo essere proprio noi i primi a screditare una persona che, grazie a un ventennale lavoro, si è guadagnata una generale stima professionale?
30 minuti fa, Lyra Stark ha scritto:Il fatto è che a volte anche quando ne accadono di belle grosse proprio all'atto "pratico" che è impossibile non notarle vedo che gente che si batte tanto per il PC e il linguaggio e compagnia ma non muove un dito, anzi fa finta di nulla. Quindi mi viene da chiedermi: politicamente corretto o paraculismo?
Ma per esempio?
Non so se ho capito l'obiezione, ma in generale penso che eccezioni e perversioni esistono e sussistono anche quando le intenzioni degli attori sono sinceramente le migliori. E quindi? Siccome il politically correct non viene adottato sempre correttamente e coerentemente da tutti, facciamo a meno di applicarlo del tutto? Buttare il bambino con l'acqua sporca non è mai una buona idea.
Più in dettaglio ho finalmente capito l'obiezione di ieri sull'utilizzo che io personalmente faccio dell'asterisco e che mi dicevi non faccio sempre. Hai ragione. In effetti non lo uso sempre. Questo avviene per due ragioni:
- cerco di selezionare forme neutre (persone, soggetti, individui, eccetera) oppure di usare insieme maschile e femminile (es. ragazzi e ragazze, alunni e alunne, dottori e dottoresse ecc.). Quando sono di fretta metto l'asterisco.
- qualche volta mi sfugge e lo ammetto candidamente. Cambiare il modo di parlare è uno sforzo e ogni tanto lo stato di inerzia di cui parla Gheno vince, anche se a livello inconscio. D'altro canto, non si correggono facilmente abitudini di anni.
Questione genitore e genitrice: perché non ho scritto ieri "genitrice"? Ammetto di non aver pensato a questa formula per una ragione che in fondo conferma quello che sostengo: non si usa mai. Esattamente come "medica", "architetta", eccetera non usando questi termini non si conoscono e/o non si ha memoria della loro esistenza.
Spero di aver risposto a tutti i dubbi e i punti potenzialmente controversi che possono emergere dall'analisi delle mie parole.
Un altro intervento molto "fazioso" sulla schwa e sull'opportunità di riconsiderare il nostro linguaggio: https://www.wittgenstein.it/2022/02/13/un-po-di-cose-sullo-schwa-ma-soprattutto-non-sullo-schwa/
La firma è di Luca Sofri, direttore de Il Post. Perché questo mio intervento siamo meno "spam" evidenzio anche un passaggio:
"Il dibattito (sulla schwa) è interessante, ricco, è già stato molto fertile e utile a farci accorgere che esistono delle questioni di diritti, e speriamo prosegua: ma le sue parti eccitate, bellicose, addolorate, apocalittiche, somigliano alle reazioni irritate che alcuni eterosessuali hanno nei confronti dei matrimoni tra persone dello stesso sesso, e quindi somiglia anche il consiglio: basta non sposarsi con persone dello stesso sesso, non usare lo schwa, e lasciare che chi vuole possa farlo, inoffensivamente. Per la serenità di tutti, che si sta meglio a non innervosirsi per lo schwa".
Amen
1 ora fa, Maya ha scritto:Non vedo alcuno "scandalo" nel fatto che Gheno si sia costruita un punto di vista e una posizione molto specifici rispetto ad argomenti che sono il cuore del suo lavoro. Mi pare piuttosto comune in qualsiasi ambito scientifico. Non è certo la prima volta che uno studioso o una studiosa si votano anima e corpo a una tesi controversa o controtendenza: "eppur si muove"
Non capisco le faccine baciose o sorridenti più in là ... io non le mando ed è già un segno del tono che si vuole dare agli interventi e dell'approccio verso gli interlocutori. Mica sono qui per sfottere.
Comunque non c'è uno scandalo in quello che lei pensa, nè nel curriculum della studiosa di tutto rispetto, mi limitavo a notare che è un po' easywin portare a sostegno della propria tesi tutti contributi di pur illustri studiosi che sono apertamente a favore della stessa.
E' come andare a chiedere a un Milanista se il Milan è la squadra migliore del mondo.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.
When the snows fall and the white winds blow,
the lone wolf dies, but the pack survives
Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
47 minuti fa, Maya ha scritto:basta non sposarsi con persone dello stesso sesso, non usare lo schwa, e lasciare che chi vuole possa farlo, inoffensivamente. Per la serenità di tutti, che si sta meglio a non innervosirsi per lo schwa".
Amen
Di nuovo, non è che voglio insistere per far accettare il mio punto di vista, ma è troppo semplicistico dire chi vuole lo fa e altri no, ovvero ognuno faccia come gli pare, perchè in realtà poi si ha a che fare con contesti normati, in cui ahimè so che a molti non piacciono, è necessario avere delle regole per regolare appunto quello che altrimenti diventerebbe un minestrone. Nella grammatica come nel diritto, nelle procedure sanitarie come in qualunque altro. Non ci può essere l'anarchia in cui ognuno fa come gli pare, altrimenti lo sappiamo tutti che il risultato non è solitamente costruttivo.
E torniamo al discorso da cui eravamo partiti che così bene aveva esposto @Euron Gioiagrigia
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.
When the snows fall and the white winds blow,
the lone wolf dies, but the pack survives
Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
Personalmente lo schwa non mi fa impazzire, sia perché è un fonema non usato nell'italiano standard (anche se non ho problemi nel pronunciarlo), sia perché ho difficoltà nel digitarlo. Trovo che, almeno nella lingua scritta, funzioni meglio l'uso dell'asterisco, il quale, a ben vedere, non è altro che la forma aggiornata in senso non-binario della doppia desinenza a/o usata in contesti burocratici (laddove si usa binariamente "la/il sottoscritta/o", si può ricorrere in maniera più breve e inclusiva a "l* sottoscritt*").
Non capisco, invece, il perché ci sia una diffusa ostilità nei riguardi dei nomina agentis femminili. Per me, lo ribadisco, non è solo una questione di inclusività, ma di precisione nel parlare. A me lascia una sensazione strana utilizzare per una donna il nome di un mestiere al maschile (come "ministro"), quando è invece possibile ricorrere alla forma femminile (come "ministra"). Discorso uguale per gli uomini e i mestieri al femminile: anche se l'insegnamento è un mestiere spesso femminile, non mi sognerei di chiamare un docente uomo "maestra", lo chiamerei "maestro".
Vogliamo una società socialista che corrisponda alle condizioni del nostro paese, che rispetti tutte le libertà sancite dalla Costituzione, che sia fondata su una pluralità di partiti, sul concorso di diverse forze sociali. Una società che rispetti tutte le libertà, meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perché questa libertà tutte le altre distrugge e rende vane.
Enrico Berlinguer
What is honor compared to a woman's love? What is duty against the feel of a newborn son in your arms… or the memory of a brother's smile? Wind and words. Wind and words. We are only human, and the gods have fashioned us for love. That is our great glory, and our great tragedy.
George R. R. Martin (A Game of Thrones)
The measure of a life is a measure of love and respect,
So hard to earn, so easily burned
In the fullness of time,
A garden to nurture and protect
It's a measure of a life
The treasure of a life is a measure of love and respect,
The way you live, the gifts that you give
In the fullness of time,
It's the only return that you expect
Neil Peart (The Garden)
Ernest Hemingway once wrote, ‘The world is a fine place, and worth fighting for.’ I agree with the second part.
Andrew Kevin Walker (Seven)
In this game that we’re playing, we can’t win. Some kinds of failure are better than other kinds, that’s all.
George Orwell (Nineteen Eighty-Four)
2 ore fa, Lyra Stark ha scritto:Non capisco le faccine baciose o sorridenti più in là ... io non le mando ed è già un segno del tono che si vuole dare agli interventi e dell'approccio verso gli interlocutori. Mica sono qui per sfottere.
Risolte tutte le possibili falle e potenziali contraddizioni del mio ragionamento, il "problema" sono ora le emoji che inserisco nei miei post? Emoji la cui funzione nel linguaggio digitale non credo serva ancora spiegare nel 2022.
Chiariamone però l'uso nello specifico: nessuno sfottò, ma occhiolino per dire "sappiamo tutti cos'è questa citazione, no?". Su tratta del classico occhiolino di intesa con tentativo di allentare la tensione (credo che il senso intrinseco di questo emoji sia questo). Il mozzarellone di Barriera da sempre produce anche un cuoricino con l'occhiolino che non penso però ne alteri il senso.
Comprendo inoltre che il riferimento non era chiaro e vado a spiegare: "Eppur si muove" è una celeberrima frase di Galileo Galilei. Lo disse davanti al Tribunale dell'Inquisizione allorché gli si chiedeva di abiurare l'eliocentrismo. Da sempre è una frase che simboleggia la caparbietà dello studioso o del pensatore che volle portare avanti con coraggio un'idea contro corrente e ai tempi pericolosa. Intendevo con questo esempio dimostrare tanti e tante hanno preso posizioni radicali e frutto del proprio percorso di ricerca, ma anche di personali convinzioni scientifiche. Pensiamo solo all'influenza della religione.
Detto questo spero di non dover ulteriormente offrire prove e ragioni della mia coerenza, delle mie parole e della serietà con cui, nonostante l'uso disinvolto che faccio delle emoji, porto avanti da tempo una discussione su un tema a cui tengo molto (credo si sia capito). Se fosse il caso, nessun problema per me, ma temo non sarebbe interessante per i più. E probabilmente sarebbe anche complesso rimanere in topic.
2 ore fa, Lyra Stark ha scritto:mi limitavo a notare che è un po' easywin portare a sostegno della propria tesi tutti contributi di pur illustri studiosi che sono apertamente a favore della stessa.
E' come andare a chiedere a un Milanista se il Milan è la squadra migliore del mondo.
Innanzi tutto la sola studiosa è Gheno. Sofri è un giornalista, bravissimo e che stimo, ma il suo approccio al tema è empirico. Semplicemente le sue riflessioni da addetto ai lavori (è uno la cui professione si fonda sul linguaggio) mi sembrano stimolanti anche al fine di riportare il tema nei binari del tema del topic.
Secondo. Mi pare ovvio che a sostegno della propria tesi si portino contributi di chi è a favore di questa. Per loro stessa natura, pareri contrari non sarebbero a sostegno della tesi in questione. Forse però non ho capito l'obiezione.
Terzo. Piuttosto che limitarmi a dire solo "ci sono molti eminenti studiosi che pensano che..." senza citarne nessuno o nessuna, ho pensato di nominarne almeno una e per di più illustre, come tu stessa riconosci.
Quarto. La differenza tra Vera Gheno e un tifoso milanista è che Gheno è una studiosa, le sue convinzioni non sono frutto di un'irrazionale passione, ma di anni spesi in studi e ricerche. Chiedere un parere a Vera Gheno sull'evoluzione della lingua e del linguaggio significa ottenere un parere sicuramente frutto di convinzioni personali, ma comunque argomentata come non credo potrebbe fare un tifoso appassionato a proposito della squadra del cuore (con tutto il rispetto eh. Alcuni e alcune sono preparatissimi). Credo che anche chi non è d'accordo con lei possa trovare interessante leggere le sue riflessioni.
Rilancio con una proposta: proponete anche pareri contrari di nomi altrettanto illustri della sociolinguistica. A me farà sicuramente piacere leggerli anche se non dovessi condividerli.
2 ore fa, Lyra Stark ha scritto:Di nuovo, non è che voglio insistere per far accettare il mio punto di vista, ma è troppo semplicistico dire chi vuole lo fa e altri no, ovvero ognuno faccia come gli pare, perchè in realtà poi si ha a che fare con contesti normati, in cui ahimè so che a molti non piacciono, è necessario avere delle regole per regolare appunto quello che altrimenti diventerebbe un minestrone. Nella grammatica come nel diritto, nelle procedure sanitarie come in qualunque altro.
Il messaggio di fondo dell'articolo non è "anarchia", ma "tolleranza". Credo una lettura completa dell'articolo possa fugare ogni dubbio in questo senso. La "sesta cosa" che indica Sofri è che nessuno pretende di imporre l'uso della schwa. Semplicemente se ne valuta le potenzialità in ordine di risolvere un problema linguistico ed eventualmente di concederne l'uso a chi vuole, se vuole, quando vuole. Lo stesso Sofri infatti chiude con questo p.s. "no, non uso lo schwa, appunto, se non per occasionali solidarietà: liberi tutti" (e inserisce un link in cui spiega le sue ragioni)
2 ore fa, Jacaerys Velaryon ha scritto:Personalmente lo schwa non mi fa impazzire, sia perché è un fonema non usato nell'italiano standard (anche se non ho problemi nel pronunciarlo), sia perché ho difficoltà nel digitarlo. Trovo che, almeno nella lingua scritta, funzioni meglio l'uso dell'asterisco, il quale, a ben vedere, non è altro che la forma aggiornata in senso non-binario della doppia desinenza a/o usata in contesti burocratici (laddove si usa binariamente "la/il sottoscritta/o", si può ricorrere in maniera più breve e inclusiva a "l* sottoscritt*").
Non capisco, invece, il perché ci sia una diffusa ostilità nei riguardi dei nomina agentis femminili. Per me, lo ribadisco, non è solo una questione di inclusività, ma di precisione nel parlare. A me lascia una sensazione strana utilizzare per una donna il nome di un mestiere al maschile (come "ministro"), quando è invece possibile ricorrere alla forma femminile (come "ministra"). Discorso uguale per gli uomini e i mestieri al femminile: anche se l'insegnamento è un mestiere spesso femminile, non mi sognerei di chiamare un docente uomo "maestra", lo chiamerei "maestro".
Condivido. La schwa è più complessa da usare fosse solo che non è ancora possibile ricavarla dalla tastiera o dai programmi di scrittura più diffusi. Alcuni smartphone invece hanno già questa opzione.