Il 16/11/2017 at 17:51, ***Silk*** dice:Bentornato @AemonTargaryen!
Adesso il trio di AGOT si è ricostituito, dobbiamo solo scegliere un nick per uno che inizi con la P.
Ma che peccato! Il maestro Targaryen torna in questi lidi, proprio ora che gli impegni lavorativi mi costringono a prendere una pausa.
I casi della vita...
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.
When the snows fall and the white winds blow,
the lone wolf dies, but the pack survives
Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
Jon:
Il capitolo è del tutto interlocutorio per quanto riguarda la parte strutturale: non ci sono, difatti, particolari evoluzioni del ragazzo o dei personaggi attorno a sé, bensì vi è un inesorabile prendere tempo affinché tutta l'attenzione confluisca sulle azioni di Ghost e sul ritrovamento che egli farà successivamente. Il metalupo si dimostra ambiguo nei comportamenti sin dall'inizio, instillando nel lettore un sospetto crescente verso di lui. Lettore che è stato proprio educato a fidarsi dell'affidabilità e delle stranezze di Ghost dall'occasione in cui si è dimostrato in grado di percepire la presenza del Non-Morto nei pressi dell'alloggio del Lord Commander Jeor Mormont. Dunque qualsiasi atteggiamento strano dell'albino dagli occhi rossi è da allora estremamente pesato e mai minimizzato nel giudizio. Lo stesso tipo di fiducia è condivisa da Jon che, pur rimanendo spiazzato, segue sempre l'istinto se si tratta di approfondire le stranezze comportamentali del suo peloso sodale. Ossidiana, dunque.
Si è sempre ipotizzata la presenza della mano di BloodRaven dietro tale ritrovamento. Effettivamente sarebbe un'azzardo ipotizzare che la matrice altri non sia che il caso. Che sia una manipolazione di eventi di Corvo di Sangue o meno, quello di Ghost è un lavoro certosino. Egli è stato come ''affidato'' a Jon, la sua stessa esistenza è un'estensione del suo padrone ed in esso trova il suo fine. Il metalupo bianco ha una scopo, più di tutti i suoi fratelli una missione, è legato a doppio filo in questo, che egli sia diretto oppure no da Brynden Rivers, dal destino o da altre forze.
In ogni caso ciò che salta all'attenzione è l'analisi del terreno che Jon compie una volta sul luogo. La conclusione è che il tutto sia stato scavato e sotterrato di recente. Eppure il contenuto del fagotto appartiene a persone e creature che risalgono a secoli e secoli prima. Ciò rappresenta una contraddizione ed è forse la prova di una terza mano dietro di essa. In questo caso trova credibilità l'ipotesi Brynden Rivers che, tutt'ora circondato da superstiti dei Children Of The Forest, non si ritroverebbe sprovvisto di ossidiana e avrebbe fatto in modo che essa finisse nelle mani dei confratelli. Magari è stato un fac-simile di Manifredde a scavare la fossa e inserirvi tale contenuto su suo ordine.
Bran:
Questo è invece un capitolo in cui i moniti e i presagi nefasti aggiungono consistenza alla loro forma originaria, cominciando ad intaccare le menti di coloro che li ricevono e finendo così per divenire oggetto di accesi dibattiti. La figura di Jojen assume tratti che lo estraniano sempre più da ogni situazione, come detto prima, causa conoscenze che superano la normalità e il canonico. Il suo avvertimento è spiegato a Bran con maggiori dettagli e, in terza persona, il lettore è ben conscio della minaccia Greyjoy e finisce quindi col riallacciarla alla previsione in essere, riconoscendo del tutto la credibilità dell'erede dei Reed. Ritorna anche ser Rodrick, consegnando, purtroppo per lui, false notizie e speranze. Nell'occasione, ovviamente, Luwin dà ancora sfoggio del suo scetticismo aprioristico e senza indagine. Da notare come Martin piantasse benissimo i semi del tradimento Bolton sia con le azioni del figlio bastardo, sia con continue citazioni negative e ambigue a riguardo di Roose.
Credo che il punto di vista finale, ossia quello che proviene dalla bocca di Meera, totalmente contraria al fatalismo passivo del fratello, sia qui più reiterato per chiarire e contestare al tempo stesso le domande che chi legge si pone. Logico che dopo una previsione come quella su Reek che assassina Bran, chiunque giunga al ragionamento di uccidere Reek. Cosa ovviamente impossibile per la prosecuzione della trama, ma non impossibile come atto in sé. Un metodo si sarebbe trovato, quindi non mi ritrovo d'accordo con Martin che risponde a ciò mediante la bocca di Jojen.
Tyrion:
Anche questo costrutto di paragrafi, come quello di Jon, è interlocutorio e preparativo per il suo climax. C'è uno scambio di provocazioni superficiali tra Varys e Petyr Baelish, i quali si lasciano al puro esercizio dialettico solo per sfizio personale e non per causare una vera e propria offensiva. Nell'occasione del capitolo corrente, al di là del consueto odio Tyrion-Cersei, è proprio Littlefinger a banchettare. Egli aveva già architettato di spostare l'assetto su un alleanza Tyrell-Lannister ed aveva già altrettanto calcolato di proporsi come emissario. Lo si capisce dalla velocità con cui pretende da Tyrion organizzazione, difesa, tipo di scorta. La repentinità con cui scende in dettagli è, in questo senso, rivelatrice.
La fortuna di Littlefinger risiede nell'odio familiare che attanaglia i fratelli Lannister, i quali si lasciano così fregare da un avversario esterno, anche con estrema facilità e in un momento, come si può intuire dalla metafora sui polli e i Lord, in cui egli è all'apice della sua arroganza. Facile scorgere nella mossa di Baelish un senso di paura assoluto e crescente verso una possibile vittoria di Stannis, che significherebbe per lui una disfatta senza pari e, se non alla morte, lo porterebbe comunque ad essere fuori dai giochi e a non poter agire come sempre indisturbato, facendo i propri comodi. Logico che in una situazione simile egli opti per un male minore, per teste a sua considerazione manipolabili ed umorali, totalmente distanti dal rigore morale dell'erede dei Baratheon, il quale non ha mai avuto pietà per i soggetti ambigui ed immorali. E' la prova che Varys e Tywin dicono il vero nel momento in cui eleggono Stannis a pericolo maggiore. Comunque, a differenza di Varys, la forza di Baelish sta nel fatto che nessuno, forse per esigenze di trama, si sia mai voluto concentrare seriamente su di lui, portandolo ad avere la fine che merita. E' incredibile quanto limitante sia il suo cinismo.
Theon:
Capitolo che fa male emotivamente a coloro che oltre che agli Stark tengono inevitabilmente al Nord. Si è dunque dispiaciuti della fine di Tallhart, ma al contempo orgogliosi del suo atteggiamento in una situazione così sfavorevole. Non ha implorato, né tantomeno si è sentito perso, preservando dignità e coraggio. In un certo senso la sconfitta morale verso ciò che la morte comporta. Ed è anche la prova concreta, una volta tanto, che quelle sull'uomo del Nord forte e audace non siano solo dicerie. Theon d'altro canto è diviso, in conflitto, soggiogato dai fantasmi di Ned Stark, dai suoi insegnamenti e dal cercare al tempo stesso di sospingersi oltre ogni limite, sorpassandolo per poi non ritornare più indietro.
L'erede delle Isole di Ferro, o comunque ciò che egli crede di essere, tenta in tutti i modi di evitare l'omicidio di Benfred con scuse poco credibili e con un temporeggiare senza fine, rassegnandosi poi ad un sacrificio inevitabile se si vuole preservare il seguito già precario degli Uomini di Ferro. Il fatto che poi si lasci andare ai ricordi trascorsi e cominci ad essere conscio egli stesso di cosa comporti il suo tradimento, conferma il combattimento con la propria coscienza, una coscienza che cerca di soffocare addossando le colpe maggiori a Eddard Stark. Il calcio al vessillo dei Tallhart e l'omicidio di Todric non sono in vero un atto di vanità, ma uno sfogo di un senso di colpa latente, un atto di rabbia, con cui rimettersi a posto.
Vanità e narcisismo ritornano poi nell'obiettivo chimerico che egli si pone e cioè la presa di Winterfell. Obiettivo che cerca di perseguire corrompendo Dagmer con una buona dialettica, una dose di allusioni e immancabili complimenti vuoti. Come ogni narcisista egli cerca di riempire l'ego degli altri pensando che questo sia un metodo del tutto efficiente per ottenere ciò che vuole. Effettivamente Theon è tutt'altro che un pessimo oratore, ma può attecchire su soggetti di medio livello, tradizionalisti, a tratti grezzi. Non ha, purtroppo per lui, il carisma oggettivo e inequivocabile di chi conduce. Ma, dopotutto, egli stesso, al netto dell'essere vanesio, si riscopre più volte a sentirsi debole.
« I did what I thought was right. » Jon Snow
« There are no men like me. Only me. » - Jaime Lannister
« No one can protect me. No one can protect anyone. It's true, I am a slow learner, but I learn. Winterfell is Our Home, we have to fight for it. » - Sansa Stark
« Leave one wolf alive and the sheep will never be safe. » - Arya Stark
« A good act does not wash out the bad, nor a bad act the good. » - Stannis Baratheon
Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale. Ed io avrò cura di te.
@***Silk*** Qualcosa tipo PiperHalliwell_Stargaryen può andar bene?
Di seguito altri cinque capitoli. ACOK, capitoli 17-21.
Tyrion IV.
Un capitolo che oserei definire quasi “di transizione” nell'economia del romanzo. A livello narrativo i passi avanti non sono tanti, anche perché oltre alla notizia di Renly in marcia, non vi sono significativi avanzamenti rispetto a quello che è un po' il cuore pulsante di questo secondo capitolo di ASOIAF, ossia la Guerra dei Cinque Re, che al di là dei POV di Jon, Bran e Daenerys assume un ruolo narrativamente centrale. Non va comunque tralasciata la decisione su Myrcella, della quale sarà interessante leggere in TWOW le reali ripercussioni.
Comunque, c'è da dire che, in un POV con questa tipologia di contesti, Tyrion Lannister si esalta, come accade con pochi personaggi. Il suo cercare di governare districandosi in questo ginepraio è veramente uno spettacolo, così come lo sono le sue interazioni con personaggi del livello di Varys e Littlefinger: non credo sia così semplice come appaia leggendo, scrivere dialoghi fra personaggi dotati di quest'acume mentale.
Concordo con la tua analisi, @JonSnow;, proprio rispetto alle interazioni con questi due, specialmente riguardo Littlefinger ed il suo ego. La tracotanza di Petyr è sottolineata in maniera particolarmente emblematica in questo confronto, dove a mio parere si “lascia andare” un po' troppo negli atteggiamenti, nelle parole, rendendo molto più evidenti i suoi punti deboli rispetto ad altre circostanze, come hai ben sottolineato.
Devo dire che rileggere ASOIAF è un vero piacere, anche quando si tratta di capitoli non cruciali o in cui non vi siano accadimenti eclatanti.
Sansa II.
Qui Sansa dimostra un coraggio non da poco nel recarsi al Parco degli Dei. E Joffrey non perde mai l'occasione di dimostrare di essere un sovrano retto, giusto e savio. Probabile che, al suo posto, il cavallo di Caligola si rivelasse un sovrano decisamente migliore.
Tornando a Sansa. Il POV si lascia ricordare soprattutto per via delle due interazioni con Dontos e Sandor. Rispetto alla prima, mi sembra significativo il fatto che, in Sansa, la scintilla scatti solamente nel momento in cui riveda la riproposizione della storia di Florian e Jonquil. Poi, devo dire che il giuramento di Dontos ha un che di decisamente malinconico.
Per quanto concerne invece la seconda interazione, va detto che il Mastino è un personaggio con una “presenza scenica” importante: basta una sua comparsa anche breve per rendere quei momenti di lettura particolarmente “densi”; credo che Martin riesca a trasmettere i tormenti di Sandor in una maniera talmente vivida che il paragone con quelli di altri personaggi (nel complesso della storia più “centrali” di lui) non appare neanche azzardato, anzi. Tenendo presente che Sandor rimane pur sempre un personaggio “secondario” (concetto che comunque, in ASOIAF, va contestualizzato) ciò rende bene l'idea della profondità di quest'opera.
Capitolo che, per me, trasuda empatia rispetto ai tre personaggi di questi dialoghi. Empatia che si declina, rispetto ad ognuno, in maniera diversa.
Arya V.
Torniamo all'infinito viaggiare di Arya. A quello che rimane dopo il massacro. Un piccolo gruppo di individui smarriti che non sa quale sia la propria strada, ma sa dove vuole arrivare: alla salvezza.
È indicativo del personaggio il fatto che nonostante Arya sia una ragazzina d'alto lignaggio, non si faccia problemi a mangiare vermi e scarafaggi in assenza d'altro, a differenza di Gendry e Lommy.
La sepoltura di Yoren è l'ennesimo indicatore dell'umanità della giovane Stark. Dignitosa, l'uscita di scena del vecchio guardiano della notte. Il rischio che si è assunto rifiutando di consegnare Gendry denota bene lo spessore umano che ci si ritrova dinanzi. Il personaggio di Yoren è degno dei Guardiani della notte delle ballate. È poi la dimostrazione che anche in mezzo agli orrori della guerra, che è nefandezza umana, si possa trovare un qualche raggio di luce, di umanità: Yoren da questo punto di vista si dimostra davvero grande.
Tyrion V.
Prima parte del capitolo incentrata su altofuoco e Ordine degli Alchimisti. Prima parte che, vista anche la citazione di Rossart, inevitabilmente fa tornare alla mente le vicende degli ultimi giorni del regno di Aerys II. Jaime Lannister è stato l'eroe di King's Landing, quel giorno fatidico. Ed è inutile girarci intorno: un giuramento rotto di fronte alla vita di migliaia di migliaia di innocenti verso un Re divenuto ormai del tutto folle, e quindi incapace di essere Re, non rappresenta, a mio parere, la vera macchia sull'onore del Leone di Lannister.
Il decidere di far addestrare le truppe Lannister nell'utilizzo dell'altofuoco, evitando quindi potenziali disastri fra le mura della Capitale durante l'attacco di Stannis, è l'ennesimo punto (fra i tanti di questi capitoli) a favore di Tyrion Lannister in vista delle politiche del 2018.
Il confronto con Cersei (come quelli precedenti) ci dice molto di entrambi, come i miei colleghi hanno ben sottolineato. Comunque il rifiuto del conforto da parte di Cersei, devo dire, è un momento abbastanza intenso.
Aggiungo che questo sottovalutare Robb Stark anche da parte di Tyrion è un po' avventato, forse, visti i precedenti non esattamente rincuoranti per i Lannister nei confronti bellici col Re del Nord: di fatti, ad Oxcross i leoni prenderanno una seconda, sonora batosta. Per converso, è comunque emblematica l'alta considerazione di Stannis quale nemico più pericoloso per la Casa Lannister. Alla fine dei conti, comunque, i fratelli Baratheon, dividendosi, consegnano – pur in maniera indiretta – le chiavi della vittoria ai Lannister, che a differenza loro, nonostante l'astio profondo fra alcuni di essi, rimangono uniti, fino alla vittoria della War of the Five Kings. Poi, ovviamente, vanno tenuti in considerazione anche gli errori commessi da Robb.
Bran III.
POV malinconico, come i precedenti. Molto intenso, a livello emotivo, il percorso tormentato del piccolo Brandon. Nel capitolo in questione, vi sono vari momenti intensi sotto questo aspetto. A partire dall'arrivo nella sala, quasi in trionfo, cavalcando Dancer, alla discesa da cavallo, durante la quale tutti gli occhi sono piantati su di lui. L'orgoglio che permane, pur comprendendo che le intonazioni non siano in suo onore, ma che facciano invece riferimento a suo fratello, a suo padre, ai suoi autorevoli avi (aspetto evidenziato già da @***Silk***): è l'orgoglio di essere uno Stark, cosa di cui, in futuro, dovrà cominciare a fare gradualmente a meno. Anche se non darei per scontato un distacco definitivo di Bran dalla propria famiglia ed anzi, mi incuriosisce come possa evolvere la dicotomia fra l'essere uno Stark e l'essere destinato all'addestramento di Brynden Rivers che, almeno in teoria, dovrebbe presupporre maggiore distanza e terzietà. Altro acuto emotivo è dato poi dal rimarcare il fatto di non voler divenire un lord, ma un cavaliere.
Nonostante per tre POV si sia entrati in una sorta di spirale di malinconia apparentemente incurabile del piccolo Lord Stark, l'arrivo dei Reed segna, nella parte di storia riguardante Bran, un vero punto di svolta.
Trovo centrata la tua considerazione, Silk , sul sentirsi spettatore di una realtà che sembra non appartenergli. È drammaticamente fuori contesto. E di fatti, il suo posto, dovrà cercarlo lontano da Winterfell.
@AemonTargaryen, mi hai rubato Piper!
Adesso dovrò accontentarmi di Paige H. Blackfyre... XD
@JonSnow;, tu chi prendi?
Come al solito, metto 3 capitoli. Più avanti, aggiorno col quarto e con le risposte ad entrambi. Nell'attesa e speranza di tornare a maggior diligenza.
Arya VII
Su questo POV credo di avere una lettura un po’ diversa in alcune parti rispetto a quella di @JonSnow;.
Ecco che Arya assume una nuova identità: essendo ormai chiaramente una ragazzina non è più Arry, ma Weasel. Vediamo che le difficoltà della sua nuova realtà la hanno costretta a chiudersi ancor più in sé stessa: Arya si porta dietro il rapporto con Hot Pie e Gendry, ma sceglie anche di non avere nessun altro rapporto, neanche con le persone facenti parte del gruppo a cui è stata assegnata. Ha capito sulla propria pelle che la vita delle persone che non portano un cognome è estremamente precaria e può cessare in qualsiasi momento per qualsiasi ragione, o anche per nessuna:
As for those she served with, she did not even want to know their names. That only made it hurt worse when they died. Most of them were older than she was and content to let her alone.
Quindi, molto umanamente, la piccola Arya tenta di proteggersi per quello che può e fa una grandissima tenerezza. Il suo è un proteggersi dalla propria sensibilità per sopravvivere nel migliore dei modi in questa nuova realtà. Difatti, cede terribilmente alla notizia della vicinanza di Robb che le fa volare la mente a tutta la famiglia:
Arya had not known her brother was so near. Riverrun was much closer than Winterfell, though she was not certain where it lay in relation to Harrenhal. I could find out somehow, I know I could, if only I could get away. When she thought of seeing Robb’s face again Arya had to bite her lip. And I want to see Jon too, and Bran and Rickon, and Mother. Even Sansa... I’ll kiss her and beg her pardons like a proper lady, she’ll like that.
Addirittura nella disperazione della sua precarissima condizione si trova a chiedersi cosa farebbe Tywin se gli rivelasse la sua vera identità. Quasi come a preferire una condizione da ostaggio nobile, come Sansa, piuttosto che quella dell’anonima popolana che si trova a rivestire. E nella sua solitudine, non le resta che attaccarsi alla forza della rabbia e quindi della vendetta, allungando la lista della sua preghiera serale. In una realtà tanto estraniante, precaria, e animalesca come quella del popolo, l’unica sua forza e tornare ad essere una Stark e non dimenticare chi ha fatto del male a lei e alla sua famiglia per potersi riscattare attraverso la vendetta. E la vendetta diventa quasi una religione a cui Arya si vota.
Nella realtà di Harrenhal, Arya si adatta, tenendosi lontana da chi ha potere così da assicurarsi la sopravvivenza e allo stesso tempo raccogliendo informazioni su tutti sempre a sua tutela.
Si inizia ad intuire la capacità di rigenerazione dalla morte di Beric, dai commenti dei soldati:
A fat archer once said the Bloody Mummers had slain him, but the others only laughed. “Lorch killed the man at Rushing Falls, and the Mountain’s slain him twice. Got me a silver stag says he don’t stay dead this time neither.”
Come diceva @JonSnow;, viene posto l’accento sul capitale umano di cui si serve Tywin, non solo Amory Lorch, la Montagna, il torturatore, ma anche Weese e Vargo Hoat:
How many monsters does Lord Tywin have?
Ed anche sulla modalità altrettanto dura con cui risolve le faide interne ai propri sostenitori. Senz’altro è un uomo che costruisce il suo potere anche sul terrore. Caratteristica che anche in lui traduce un certo trauma di gioventù derivante dalla percezione del padre e della casata al tempo presso i loro bannermen.
Arya intravede anche Tywin di persona ed il suo volto in un certo qual modo gli ricorda Ned, sicuramente per la Lord face, ma è anche possibile, come dice @JonSnow;, che possa aver anche colto una certa antica malinconia per una perdita mai superata.
E poi c’è l’incontro con Jaqen. E’ Jaqen stesso a cercarla perché deve offrire 3 vite al dio rosso, quelle 3 vite che Arya, salvando lui e i suoi compagni gli ha sottratto. Credo che, per quello che sappiamo oggi, l’allusione al dio rosso sia dovuta al fatto che i 3 siano stati salvati dalle fiamme. I Faceless venerano il many-faced god, perché gli ex-schiavi che poi fondarono il tempio del bianco e del nero veneravano una eterogeneità di divinità che il primo faceless man ritenne essere espressioni diverse della stessa in quanto tutti pregavano per il “dono”. Quindi, sì, il many-faced God è un dio della morte, ma non è lo Straniero dei 7. Al massimo lo straniero è uno dei suoi mille volti. Come lo è anche il dio rosso, preso come riferimento in questo caso a causa della rischiata fine tra le fiamme.
Sulla scelta dei 3 nomi, invece, sono d’accordo con @JonSnow;. Sembra un po’ una forzatura. Se da una parte è realistico che rifletta sul senso di nominare persone non residenti a Harrenhal, come Cersei o Joffrey, la cosa più intelligente da fare sarebbe eliminare Tywin, il Lord che combatte contro suo fratello e la sua famiglia. E’ anche comprensibile che usi il primo nome come un test, non affidandosi ciecamente a Jaqen, ma limitarsi all’uccisione di personaggi minori è una scelta molto forzata. Anche perché l’aneddoto di Chiswyck porta comunque ad identificare nella Montagna il soggetto a cui assegnare la maggior condanna.
Catelyn III
Le storie sulle origini dei vari luoghi le trovo sempre terribilmente affascinanti. E quella sulle origini di Storm’s End ed il suo caratteristico meteo non è da meno: il mito dell’amore tra Durran ed Elenei che conferisce alla stirpe un’origine semidivina, la forza di volontà di Durran ed il perdurare della punizione divina, che rafforza anche la potenza dell’umano che nei secoli ha perdurato in quei luoghi.
Anche agli occhi di Cat, Stannis appare curioso: il suo stemma e i suoi modi traducono il suo abbraccio totale al dio rosso, che abbiamo visto essere soprattutto opportunismo più che mistica, un connubio totale tanto da minimizzare lo stemma della propria casata ed origine, anche forse perché simbolo riconducibile a Robert, il fratello che lo ha sempre superato in tutto e mai apprezzato più di tanto, e tanto da elevare la donna rossa, quella col potere, quella che gli crea le opportunità, a portatrice del suo stemma. Posizione di Stannis che traduce anche un po’ come questa opportunità del dio rosso sia anche l’ultima spiaggia a cui si vota per ottenere ciò che non è mai riuscito ad ottenere finora e che negli anni gli ha provocato un rancore interiore su cui ha costruito il suo carattere.
La sua incapacità di relazionarsi al prossimo è subito chiara dalla frase che rivolge a Cat:
His deepset eyes regarded her uncomfortably. This was not a man made for easy courtesies. “I am sorry for your lord’s death,” he said, “though Eddard Stark was no friend to me.”
In una potenziale relazione con uno dei pretendenti al trono, non ci sarebbe voluta una grandissima intelligenza per capire che la seconda parte della frase è un’espressione non-necessaria che inasprisce la relazione. Ma la sua pignoleria, il suo rancore verso Ned che nel cuore di Robert, secondo Stannis, aveva il posto che a lui spettava, non gli consentono di optare per ciò che sarebbe nel suo stesso interesse.
Ed il resto della conversazione lo conferma:
“He was never your enemy, my lord. When the Lords Tyrell and Redwyne held you prisoned in that castle, starving, it was Eddard Stark who broke the siege.”
“At my brother’s command, not for love of me,” Stannis answered. “Lord Eddard did his duty, I will not deny it. Did I ever do less? I should have been Robert’s Hand.”
“That was your brother’s will. Ned never wanted it.”
“Yet he took it. That which should have been mine. Still, I give you my word, you shall have justice for his murder.”
Stannis ha bisogno di affermare il suo diritto ad essere Primo Cavaliere su Ned alla persona che gli era più vicina, un bisogno più forte della necessità di giustiziare i suoi assassini per giustizia. Il suo rancore vince sulla giustizia, che ammetterà di compiere ma in maniera quasi meccanica. Discorso che uccide qualsiasi empatia e solidarietà nella controparte. Non c’è da sorprendersi se i bannermen preferiscano Renly a Stannis e preferiranno poi addirittura Joffrey. La relazionalità di Renly è un qualcosa di più comprensibile e che offre sicuramente più possibilità agli interlocutori di trarne vantaggio, a differenza di una rigida e meccanica moralità, in cui anche agendo a vantaggio del proprio re, non ci si può considerare mai completamente salvi: vedasi Davos che è l’emblema di questo.
E quello che Stannis non comprende è che gli esseri umani non seguono meccanicamente le prescrizioni, devono essere accompagnati, gli si deve indorare la pillola. Questo è quello che Renly fa e Stannis non fa, perché le regole culturali di Westeros lo fanno sentire superiore nel diritto e nel giusto, ma dall’alto della sua posizione è proiettato verso la fine di Mario Monti e dei suoi bocconiani nel 2013…
“I have no quarrel with Renly, should he prove dutiful. I am his elder, and his king. I want only what is mine by rights. Renly owes me loyalty and obedience. I mean to have it. From him, and from these other lords.”
E veniamo anche a Renly. Renly fin dall’inizio di AGOT ha tramato per portare al potere i Tyrrell. Morto Robert, vi si è legato per portare avanti lo stesso piano in termini diversi. Il suo aspetto e i suoi standard si ascrivono maggiormente nella tradizione Westerosiana. Il che unito al suo carattere ed anche all’influenza e al peso dei Tyrrell favorisce che i bannermen dei Baratheon lo preferiscano. Certo, non è nel giusto. Ha ragione Stannis nel riconoscergli la rottura della regola che lo vorrebbe soggetto al fratello maggiore. Ma Stannis, nel corso della sua vita, non ha posto le basi affinché i Lord potessero supportarlo come re. E’ quindi abbastanza comprensibile che i Tyrrell e Renly, lo superino considerandolo una causa persa.
La conversazione tra i 2 fratelli sembra farli regredire all’infanzia. Come dice @JonSnow;, da un lato troviamo troppa rigidità ed indisponibilità al dialogo da chi si sente debole ma nel giusto, dall’altro troviamo la superficialità ed ironia di chi si sente forte. Cat si pone come equilibratore, ma la rabbia ed il rancore di Stannis nel trovarsi di fronte il solito Renly, gli fanno perdere le staffe e lo fanno arroccare su una posizione di totale chiusura. Si può dire che dialetticamente Renly abbia vinto, perché riesce a far sì che Stannis si metta in difficoltà da solo. Ma fino ad un certo punto, possiamo anche presumere che Stannis si sarebbe messo in ulteriore difficoltà senza bisogno dell’aiuto del fratello.
Stannis frowned at her. “You presume too much, Lady Stark. I am the rightful king, and your son no less a traitor than my brother here. His day will come as well.”
La prospettiva del dialogo, anche quando si fa un po’ più serio è tutta giocata sull’illusione del diritto. E su quanto entrambe le posizioni dei 2 fratelli possano essere discutibili o mancanti sotto un qualche punto di vista. Nella loro realtà, il potere è detenuto da chi ha la competenza e la forza da detenerlo, oltre che la posizione che renda accettabile tale soggetto. Il diritto ereditario dei Targaryen fu portato dalla forza di Aegon e le sue sorelle e dei loro draghi e anche dal fatto che cambiarono le regole e furono i primi a voler unire, o meglio volersi impossessare di Westeros. Con la perdita dei draghi e delle relazioni, si arriva alla Ribellione e quindi a Robert, legittimo per forza, usurpatore per diritto. Insediatosi sul trono è la sua la discendenza legittima e quindi Stannis. Ma filosoficamente parlando lo è davvero? E se quello che conta è la forza, le relazioni, l’abilità politica, alcune battaglie non partono già come perse? E che senso ha la conquista del potere se non lo si è in grado di mantenere?
Tutto questo per dire, per quanto ami Stannis come personaggio, motivo per cui quando appare mi dilungo forse più del dovuto, vederlo come pura giustizia, anzi, come mi ha ricordato qualche post fa @AemonTargaryen, più che giustizia diritto, mi sembra una visione riduttiva e anche un po’ superficiale. Nel suo essere senza filtri, riesce a partorire la battuta migliore di tutto il dialogo:
“A year ago I was scheming to make the girl Robert’s queen,” Renly said, “but what does it matter? The boar got Robert and I got Margaery. You’ll be pleased to know she came to me a maid.”
“In your bed she’s like to die that way.”
“Oh, I expect I’ll get a son on her within the year. Pray, how many sons do you have, Stannis? Oh, yes-none.” Renly smiled innocently. “As to your daughter, I understand. If my wife looked like yours, I’d send my fool to service her as well.”
Personalmente, apprezzo molto anche il sarcasmo di Renly. E nell’arco del dialogo, con il suo essere irrisorio, la vince lui. Specialmente con l’episodio della pesca, già citato da @JonSnow;, che con estrema semplicità mette in luce tutta la negatività insita in Stannis.
La superficialità però è il male peggiore, quello di Renly. Perché non pensa neanche per un attimo che un seasoned warrior come Stannis possa escogitare qualche stratagemma per prendere ciò che ritiene suo di diritto.
Alla fine di questo POV, si intende facilmente che probabilmente nessuno dei 2 per motivi diversi è fit to be king. E risalta la figura di Catelyn, che si muove in sordina tra questi 2 protagonisti nella speranza che comprendano quale sia il vero nemico: chi risiede a KL. Ella si muove con grande sapienza per ottenere un’alleanza per Robb, ma non si trova di fronte alcun interlocutore con sufficiente senno.
Ultima nota formale. La musicalità di questa frase mi ha totalmente conquistato:
The steel gleamed strangely bright in the wan sunlight, now red, now yellow, now blazing white.
Sansa III
L’incipit del POV trasmette panico e frenesia, che è quella che Sansa prova ogni volta che deve uscire dalle proprie stanze. Trovo una similitudine in questo momento tra la sorte di Sansa e quella di Arya, entrambe stanno vivendo una condizione tale per cui nessuna regola ed intuito può salvarle: sono alla mercé totale di chi gode di un potere maggiore del loro, Arya in quanto popolana, Sansa in quanto ostaggio di Joffrey. Qualsiasi comportamento può portarle a punizioni estreme, anche alla morte (motivo per cui Tyrion si sente in dovere di proteggere Sansa dal nipote), tutto dipende dallo stato d’animo in cui versa il loro aguzzino di turno. Sansa lo sa, ma ha bisogno di illudersi di poter avere un ruolo, anche solo una flebile influenza sulla sorte che Joffrey deciderà, per questo continua freneticamente e paranoicamente a farsi bella per lui. Infatti questa volta la sua colpa è rappresentata dall’ultima battaglia vittoriosa di Robb a Oxcross.
Joffrey usa quindi Sansa per sfogare la sua frustrazione e dimostrarsi in qualche modo comunque potente agli occhi dei suoi cortigiani.
Sansa non aveva tutti i torti nell’ossessionarsi a controllare quel poco che può perché Joffrey sia invogliato a trattarla nel miglior modo auspicabile, o comunque nel meno peggio. Infatti quando ordina a Boros e Meryn di colpirla gli ricorda di non toccarne il volto:
“Leave her face,” Joffrey commanded. “I like her pretty.”
Il trattamento riservato a Sansa è talmente duro da far vacillare anche Sandor e fargli sentire la necessità di esprimere il proprio parere per soccorrerla:
“Enough,” she heard the Hound rasp.
“No it isn’t,” the king replied. “Boros, make her naked.”
Solo Tyrion, Primo cavaliere, riesce a fermare questa situazione surreale e salvare Sansa. Ritorna infatti il motivo onirico già presente nel POV di Sansa precedente:
Sansa moved as if in a dream.
Anche in questo caso un sogno distorto. Se nel POV precedente sono Dontos e Sandor a salvarla, in questo a loro 2, che poco possono di fronte alla corte, si è aggiunto il folletto. Gli esseri meno atti fisicamente ad impersonare i cavalieri delle canzoni, sono quelli che le hanno prestato soccorso. Un insegnamento per Sansa, la realtà le chiede di andare oltre le apparenze: quelle del bel principe/re, delle guardie reali, e di coloro che si fregiano del titolo di cavaliere. Cosa molto simile a ciò che ritroviamo nel percorso di Arya.
Come diceva @JonSnow;, è interessante la totale dissociazione tra ciò che dice e ciò che pensa: tra ciò che le richiede lo spirito di sopravvivenza e ciò che il suo vero io necessita comunque di esprimere nella sua testa. E questa viene fuori soprattutto nel dialogo con Tyrion:
Robb will kill you all, she thought, exulting. “It’s... terrible, my lord. My brother is a vile traitor.”
Tyrion stesso le riconosce una certa capacità nel mentire. Ma leggendole in faccia la speranza che la vittoria di Oxcross le ha portato, cerca di riportarla coi piedi per terra, riconoscendo al padre delle capacità tattiche che vanno ben oltre quelle degi altri familiari che Robb è riuscito a sconfiggere.
"And now at last it comes. You will give me the Ring freely! In place of the Dark Lord you will set up a Queen. And I shall not be dark, but beautiful and terrible as the Morning and the Night! Fair as the Sea and the Sun and the Snow upon the Mountain! Dreadful as the Storm and the Lightning! Stronger than the foundations of the earth. All shall love me and despair!”
She lifted up her hand and from the ring that she wore there issued a great light that illuminated her alone and left all else dark. She stood before Frodo seeming now tall beyond measurement, and beautiful beyond enduring, terrible and worshipful. Then she let her hand fall, and the light faded, and suddenly she laughed again, and lo! she was shrunken: a slender elf-woman, clad in simple white, whose gentle voice was soft and sad.
“I pass the test”, she said. “I will diminish, and go into the West and remain Galadriel.”
***
"A ruler needs a good head and a true heart," she famously told the king. "A cock is not essential. If your Grace truly believes that women lack the wit to rule, plainly you have no further need of me." And thus Queen Alysanne departed King's Landing and flew to Dragonstone on her dragon Silverwing. [...] The queen died of a wasting illness in 100 AC, at the age of four-and-sixty, still insisting that her granddaughter Rhaenys and her children had been unfairly cheated of their rights. "The boy in the belly," the unborn child who had been the subject of so much debate, proved to be a girl when born in 93 AC. Her mother named her Laena. The next year, Rhaenys gave her a brother Laenor.
Altri tre capitoli. ACOK, 22-24.
Catelyn II.
Narrazione che si sposta nell'Altopiano, con Catelyn che fa da emissario per conto del Re del Nord presso Renly Baratheon. Interiormente, emergono dei segni di stanchezza da parte di lady Stark, che nonostante la sua forza viene anch'ella lentamente consumata dalla situazione ingenerata dalla Guerra dei Cinque Re e dagli eventi che l'hanno preceduta, con la disgregazione familiare che ne è derivata. Ritengo che spesso le critiche nei confronti di questo personaggio siano eccessivamente aspre. Un personaggio che si ritrova, al pari di molti altri, in situazioni di conflitto interiore non da poco, trovandosi non solo divisa fra il suo ruolo di madre e quello di consigliera del Re del Nord, ma addirittura anche per quanto concerne soltanto il primo, viste le leghe che la separano dagli altri suoi figli. Situazioni mai facili da gestire, né a livello materiale e né a livello emotivo.
Ritengo questo passaggio particolarmente significativo. In ogni caso, “profetico”.
One day, she promised herself as she lay abed, one day she would allow herself to be less than strong.
Renly, pur avendo grandi numeri e carisma, risulta poco concreto, e quindi inconsistente. E la chiusura del POV, che mette l'accento sull'ostinazione e la caparbietà di Stannis, per quanto mi riguarda riesce a strappare un sorriso.
Jon III.
Spedizione oltre la Barriera, parte 2. Gli uomini ai comandi di lord Mormont giungono presso la “fortezza” di Craster. Si tratta di un capitolo che contiene all'interno di sé delle descrizioni stupende, con un Martin che, parafrasando Baudelaire, pur in prosa non rinuncia alla poesia. Ed il lettore non può che concordare con quanto pensa Jon: c'è davvero qualcosa di magico, oltre la Barriera.
Mi sembra poi di poter affermare che in questi primi POV di Jon Snow in ACOK si riscontri una consapevolezza del proprio ruolo abbastanza importante, ed in questo terzo capitolo mi sembra si continui a mettere l'accento sul punto. Il confronto con Chett è aspro, e verrebbe quasi da pensare che Jon sia una sorta di privilegiato per avere con sé un meta-lupo oltre ad essere attendente del Lord Comandante. Non è così. Se Jon Snow acquisisce gradualmente una posizione di maggior forza all'interno della confraternita, è perché se l'è guadagnata; si può poi discutere sul fatto che egli, grazie al ritrovamento dei cuccioli di meta-lupo, sia una sorta di predestinato. Ma al di là di quell'evento, il ponte fra il suo status di nuova giovane recluta e quello di attendente l'ha costruito da sé. Altre considerazioni più o meno sparse.
Viene sottolineato nuovamente come Ghost renda i cavalli inquieti. Martin giocherà questa carta con una certa abilità nel prossimo scontro ad Oxcross: in un solo colpo trova il modo di consentire a Robb Stark di sorprendere (di nuovo) i Lannister amplificandone l'aura (a tratti leggendaria) da indomabile condottiero indipendentista.
Capitolo in cui si accenna con una certa frequenza a Robb Stark. Nonostante ciò, Jon non fa più i conti con i conflitti interiori di un tempo.
L'umorismo che passa attraverso Edd è fantastico. Trasuda realismo.
“He has the look of a Stark.” Volendo giocare con le ipotesi, in uno dei vari, possibili scenari futuri, sarebbe una considerazione curiosa da fare, di fronte ad un Re dei Sette Regni.
Il corvo di Mormont che risponde “Wall!” farebbe pensare che esso agisca (esprimendosi anche “in codice”, per così dire) in funzione di uno “scopo”. Le teorie formulate negli anni che lo vorrebbero legato in qualche modo a Brynden Rivers hanno, innegabilmente, il loro fascino.
It was impossible, and dishonorable besides. So why do I feel so ashamed? Il solco fra le leggi di un'istituzione, qual è la Night's Watch, ed il concetto di giustizia, che invece, come accade spesso, le trascende.
Per inciso e ad opinione prettamente personale, il passaggio the shield that guards the realms of men, potrebbe anche essere interpretato in maniera più “larga”.
Comunque, come poi si evince dal dialogo con Mormont, i Guardiani sono costretti a passare dalla poesia alla prosa per quanto riguarda Craster, che con il proprio rifugio si è rivelato più volte fondamentale per ranger in missione oltre la Barriera.
Theon II.
Al di là del siparietto a tratti abbastanza divertente con Asha che si protrae per buona parte del capitolo, ci sono dei picchi di solitudine e malinconia non da poco in queste pagine. Theon è un personaggio fuori contesto, un po' come Bran in questa fase del romanzo, ma con la differenza che il suo status si protenderà ancora fino alla fine di ADWD. E a Pyke lo è più che a Winterfell. Particolarmente significativo mi sembra il momento in cui, quando Asha parla dei possibili successori di Balon e si sofferma su di Euron – che già in queste righe viene delineato come una figura letale – definendolo come ormai un estraneo che a suo dire non potrebbe governare gli ironborn, Theon rivede nel sostantivo “estraneo” anche se stesso. Altro passaggio che ho trovato particolarmente significativo:
“I am their lawful prince,” Theon said stiffly.
“By the laws of the green lands, you might be. But we make our own laws here, or have you forgotten?”
Scowling, Theon turned to contemplate the leaking trencher before him. He would have stew in his lap before long. He shouted for a thrall to clean it up. Half my life I have waited to come home, and for what? Mockery and disregard? This was not the Pyke he remembered. Or did he remember? He had been so young when they took him away to hold hostage.
Asha, che in questo POV – come già sottolineava @JonSnow; – fa la sua prima comparsa nelle Cronache, si distingue fin dalle prime righe che la riguardano come un personaggio dotato di un acume al di sopra della media. Inoltre ha carisma. Almeno nel suo ambiente, è certamente leader.
Tra l'altro, pur in un capitolo in cui si diverte in maniera tutto sommato sadica ma giustificata dal voler capire chi sia suo fratello, di Asha si riesce già ad intuire una mentalità abbastanza “progressista”, pur nel suo essere ironborn.
Appare decisamente più interessata alla persona del fratello rispetto agli altri membri della famiglia, e di fatti, a differenza degli altri, non si ferma al pregiudizio dato dal fatto che Theon sia cresciuto nelle green lands, ma si fa anche raccontare le vicende vissute a Winterfell e nella prima parte della campagna di Robb Stark: mi sembra sia sinceramente interessata a conoscere suo fratello (più in profondità), al di là di tutto. Inoltre gli fornisce dei consigli validi. Fra le righe conclusive del capitolo, poi, si intravede, a mio parere, dell'affetto.
Vorrei, infine, soffermarmi sulla densità della tecnica narrativa di Martin. Grazie al fatto di avere dei POV che approfondiscano il personaggio, Theon, pur commettendo delle azioni a dir poco deplorevoli, riesce a trasmettere all'interno della narrazione un sentimento che si avvicina alla pena. Dietro ai sorrisi (spesso inopportuni) si percepisce una desolazione abbastanza profonda, e tuttavia, nel modo di fare e anche di pensare, Theon si tiene ancora – in questi capitoli di ACOK – su un livello abbastanza superficiale. Ma non serve, a mio parere, giungere necessariamente alla lettura dei capitoli di ADWD per percepire una profondità celata dietro un lato più frivolo. Già in questo capitolo mi sembra si intraveda una voragine nell'animo di Theon, che lo stesso tende ancora ad ignorare. Forse perché, dovesse soffermarsi su ciò, rischierebbe di soffrire di vertigini e cadervi dentro. Sarà necessario, in tal senso, attendere ADWD, per esplorarne le profondità.
Il 14/11/2017 at 23:14, AemonTargaryen dice:Rispetto all’introspettiva di Arya, risulta a mio avviso emblematico, nel capitolo, questo passaggio già evidenziato da Silk.
…it wouldn’t be ghosts at Harrenhal, it would be knights. Arya could reveal herself to Lady Whent, and the knights would escort her home and keep her safe. That was what knights did; they kept you safe, especially women. Maybe Lady Whent would even help the crying girl.
Gradualmente, la realtà si rivela a lei per ciò che è. Lo sta già facendo in maniera durissima, e continuerà farlo.
oltre a contestualizzare il percorso di Arya, contestualizza, insieme ad altri pezzi del puzzle presenti in altri POV - vedi anche le considerazioni di Cat su Brienne e i giovani cavalieri di Renly -, l'infantilità e l'essere acerbi della generazione che è protagonista del mondo di ASOIAF. Imputare queste caratteristiche maggiormente ad alcuni personaggi piuttosto che ad altri credo sia sminuire questo dato di partenza che poi, effettivamente, viene colmato diversamente con le esperienze che ciascun personaggio vive nel corso della storia.
Su Maester Luwin:
Sono totalmente d'accordo con te sul fatto che la razionalità di Luwin, o comunque il suo rifiuto della magia, sia una reazione molto umana, troppo umana, derivante dalla sua passata esperienza. A tratti sembra quasi una forzatura della narrazione: Luwin è completamente immerso nella realtà, a tratti mistica, del Nord, la sua razionalità estrema sembra quasi una necessità volta verso lo sviluppo di Bran. Sembra che Martin abbia sentito la necessità di affiancargli una figura in un certo qual modo autorevole che gli impedisse di liberarsi subito e votarsi alla sua natura/al suo destino. Quasi un pretesto per avere una controparte ed una maggiore indagine della psicologia di Bran.
Sul sogno della cena di Bran:
Sì, il primo pensiero è stata anche per me una sorta di allegoria che contrappone Bran ai 2 Frey: Bran non trae giovamento dal potere neanche da quello più elevato e positivo che detiene rispetto ai Frey, mentre i Frey sguazzano nei godimenti temporanei del minor potere che detengono rispetto a Bran, camminando spesso sulla linea sottile tra potere e abuso - sempre che così si possa definire nel contesto medievale, diciamo abuso /bullismo per il nostro canone di pensiero odierno.
Come prefigurazione di eventi futuri però, come dicevo non ci ricollego riferimenti. Anche se siamo nel periodo in cui ci si avvicina al tradimento da parte dei Frey. Infatti, in Arya VII, sappiamo che Roose è vicino a Harrenhal e che i prigionieri Frey sono stati riscattati, a differenza degli uomini del Nord.
14 hours fa, AemonTargaryen dice:Per inciso e ad opinione prettamente personale, il passaggio the shield that guards the realms of men, potrebbe anche essere interpretato in maniera più “larga”.
Larga come?
14 hours fa, AemonTargaryen dice:Già in questo capitolo mi sembra si intraveda una voragine nell'animo di Theon, che lo stesso tende ancora ad ignorare. Forse perché, dovesse soffermarsi su ciò, rischierebbe di soffrire di vertigini e cadervi dentro.
Con poche parole, sei riuscito a riassumere la condizione del personaggio in maniera perfettamente calzante.
"And now at last it comes. You will give me the Ring freely! In place of the Dark Lord you will set up a Queen. And I shall not be dark, but beautiful and terrible as the Morning and the Night! Fair as the Sea and the Sun and the Snow upon the Mountain! Dreadful as the Storm and the Lightning! Stronger than the foundations of the earth. All shall love me and despair!”
She lifted up her hand and from the ring that she wore there issued a great light that illuminated her alone and left all else dark. She stood before Frodo seeming now tall beyond measurement, and beautiful beyond enduring, terrible and worshipful. Then she let her hand fall, and the light faded, and suddenly she laughed again, and lo! she was shrunken: a slender elf-woman, clad in simple white, whose gentle voice was soft and sad.
“I pass the test”, she said. “I will diminish, and go into the West and remain Galadriel.”
***
"A ruler needs a good head and a true heart," she famously told the king. "A cock is not essential. If your Grace truly believes that women lack the wit to rule, plainly you have no further need of me." And thus Queen Alysanne departed King's Landing and flew to Dragonstone on her dragon Silverwing. [...] The queen died of a wasting illness in 100 AC, at the age of four-and-sixty, still insisting that her granddaughter Rhaenys and her children had been unfairly cheated of their rights. "The boy in the belly," the unborn child who had been the subject of so much debate, proved to be a girl when born in 93 AC. Her mother named her Laena. The next year, Rhaenys gave her a brother Laenor.
Il 27/11/2017 at 15:07, ***Silk*** dice:Larga come?
Volevo sottolineare come, pur essendo sicuramente una cosa non pacifica, non me la sentirei di definire del tutto errata - o comunque priva di un fondamento logico - un'interpretazione estensiva del giuramento che mettesse l'accento sul difendere gli uomini, prima ancora dei loro regni, e che quindi legittimasse eventuali interventi.
In ogni caso, mi sembra che la posizione nei confronti di Craster sia discutibile. Anche perché in questo caso ci si trova di fronte, oltre agli abusi nei confronti di innocenti, anche ad una condotta che in prospettiva appare potenzialmente molto dannosa. Tra l'altro, ciò avviene in un territorio dove la Night's Watch è pienamente legittimata ad agire.
Poi, chiaramente, c'è da tenere conto anche dell'importanza dell'insediamento di Craster nelle missioni di molti ranger.
Arya:
Apertura che propone un tipo di approccio del tutto ansiogeno. Si ha, dunque, l'effettiva percezione di una svolta, soprattutto nel momento in cui viene indirettamente enunciata la decisione di Lord Tywin di un ritorno alle armi. Il capitolo è comunque più introspettivo di quanto si possa immaginare. La selvatica immagine della giovane lupa indomita e risoluta lascia spazio a quella della ragazzina immatura, spaesata, talvolta contraddittoria. Si ha un sottofondo che oscilla tra il desiderio di fuga e il negarsela. La stessa Arya, violata e traumatizzata dagli eventi, non è più invulnerabile a rapporti malati e controversi, come si può evincere dall'episodio promessa di condividere del cappone con Weese. Pertanto fuga e negazione diventano un tutt'uno che porta ad un principio di Sindrome di Stoccolma, laddove, ipotizzando una parola gentile, la ragazza è addirittura in grado di provare un crescente senso di colpa per il carnefice che ha condannato. Tra i rapporti più sani, invece, quello con Gendry, dove ella lascia trasparire un evidente cotta al primo stadio. Non è un caso se, ovunque lo incroci, la prima traccia descrittiva dei suoi Pov si focalizzi sul suo aspetto fisico, che le porta naturale attrazione. Il cap è altrettanto lungo, forse anche troppo; sinceramente non lo trovo completamente apprezzabile proprio perché diretta conseguenza di quella forzatura sui nomi da pronunciare. Tutto il testo corrente appare difatti come una ricerca ossessiva di giustificazioni plausibili da proporre al lettore a riguardo del fatto che la ragazzina eviti di scegliere come opzioni soggetti quali Tywin, la Montagna e Joffrey.
Catelyn:
Capitolo veramente meraviglioso per intensità emotiva, come lo sono del resto gran parte dei Pov di Catelyn che Martin ci ha proposto. Dalle notizie su Oxcross, qui più ricche di dettagli, si può desumere come anche Robb fosse un metamorfo. Oserei dire che il legame mostrato con Grey Wind fosse tutt'altro che inferiore a quello dei fratelli, ma anche più concreto e solenne, come diventassero un tutt'uno. Un tipo di legame certamente diverso da quello tra Bran e Summer, in cui questi è mero banco di prova, strumento di metamorfismo per il primo. Altrettanto diverso da quello Ghost-Jon, che poggia sì le sue basi su affetto indissolubile, ma vive di criptico e misticismo. In vero più si rilegge di Robb e più cresce il mio rammarico. In ogni caso anche qui sono ben mostrate le abilità militari del Re del Nord e una certa predisposizione al giudizio che è stata propria del padre. Altro elemento interessante del capitolo sono i dialoghi con Brienne ed Edmure. La donna cavaliere mostra tutta la sua fragilità e umanità, ma altrettanto un onore senza pari, a cui riesce ad aggrapparsi senza perdersi nella totale negatività. Degno di nota è come Catelyn si ponga e rivolga a lei e cioè da un'eterna, canonica e incontrovertibile posizione materna. Catelyn è, semplicemente, madre. La nascita di un giuramento che lega due donne che nutrono reciproco rispetto e che, stoicamente, si oppongono ai fruitori del male più puro.
Quello con Edmure è naturalmente più confidenziale, ma anche risolutivo. Anche qui si ha la percezione di un interlocutore da cui Catelyn si sente infinitamente incompresa e distante. Un qualcuno da compatire per palesi limiti, da osservare quasi con tenerezza e nulla più. Quella di suo fratello minore non è altro che incauta espressione di belligeranza impulsiva, ingenuità, a tratti superficialità, che viene anche messa a nudo nel momento in cui Catelyn gli cita lo svago che si è concesso. Il piano di Tyrion, la cui matrice ella scorge in maniera subitanea, è comunque fallito.
Ma è ovviamente il nuovo, ultimo incontro con ''Eddard Stark'' ad essere il fulcro del capitolo. Tutto il pezzo incentrato su di esso non può che risultare straziante e profondo nella sua ineluttabilità. Sotto un certo aspetto è anche l'enunciazione della morte materiale, eterna ladra d'identità, che lascia comprendere la friabilità dell'esistenza. Egli, difatti, non è più Ned Stark. Non ci sono più occhi grigi, c'è solo il vuoto. Ma il confronto con ciò che rimane di Eddard non è solo un desiderio sentimentale da appagare, non è solo un atto d'amore, ma anche un evento in cui risorgere con ritrovata forza. E' a Grande Inverno che le sue spoglie devono riposare. L'ordine della Lady è perentorio, orgoglioso. Ed è da questo che si evince come alle volte i lasciti di una persona sopravvivano alla morte. La voce è di Catelyn Stark, ma è stato Ned a parlare.
Tyrion:
Prima il commiato, poi la rivolta. Dalle iniziali riflessioni del Folletto si può dedurre come cresca in lui un orgoglioso senso del dolere, di pari passo al compiacimento di riscoprirsi utile per una famiglia che lo ha sempre e solo visto come una mostruosità senza scopo giunta su di essa come una maledizione. E' stupefacente cogliere determinate sfumature quasi impercettibili perché assediano non poco il rinomato cinismo di Tyrion, facendo palesare evidenti fragilità affettive che non gli consentono un vero distacco con i suoi consanguinei. Emergono però anche le debolezze, che si riallacciano al luogo comune secondo cui ogni legame è un limite, ogni forma di emotività è la tomba del raziocinio. Non solo l'amore, ma anche l'odio. Il sentimento negativo che nutre per sua sorella è in grado di offuscargli una visione strategica ad ampio respiro. Così focalizzato su di lei, sulle sue mosse, sull'umiliarla da non rendersi conto di lasciare campo libero e anonimato ad avversari ben più scafati e subdoli, nonché pericolosi, come può esserlo Petyr Baelish. La rivolta del popolo è invece figlia di un sentimento di esasperazione impossibile da comprimere. Affamare e umiliare la gente che si governa è il primo passo di autolesionismo che un sovrano può commettere. D'altronde è anche indicativo il passaggio in cui Tyrion osserva una Cersei sorridente e civetta, lasciandosi scappare la riflessione in cui gli è impossibile credere che sua sorella non colga la mostruosità del proprio primogenito, ormai oltre ogni limite. Ed in effetti, per una persona così paranoica, suona veramente strano che non cerchi di tenere sotto controllo in primis il proprio figlio.
La rivolta è anche un espediente per lasciar trasparire il crollo emotivo di Tyrion, ormai da tempo sotto pressione nel nuovo ruolo. Ciononostante egli riesce comunque a non ignorare il problema Sansa Stark ed il valore strategico della giovane lupa.
In ogni caso da non sottovalutare come egli, pur negandoselo appellandosi al raziocinio, stia via via cominciando a fidarsi davvero di Varys e a contare fin troppo su di egli. Ma anche i sentimenti per Shae, una prostituta, che Tyrion dà immediatamente ordine di proteggere ad ogni costo. Tutti errori che sottolineano un vuoto affettivo che lo portano ad avere un criptico complottista ed un venale mercenario come migliori amici, nonché una meretrice come amante. Tutte illusioni a senso unico, in cui non è corrisposto.
Davos:
Splendido, splendido capitolo che si apre con il confronto con l'eroico Penrose, il quale si dimostra testardo, fedele e più che risoluto. Egli percepisce in Stannis un pericolo per la vita di Edric Storm. Chissà se in effetti a torto o a ragione, visto che da un lato Storm è pur sempre il nipote di Stannis, il medesimo Stannis che ha fatto chiaramente intendere di volerlo usare come prova umana dell'incesto di Cersei, data la schiacciante somiglianza con Robert che invece non è presente in Joffrey e fratelli. Ma dall'altro... c'è sempre la magia del sangue in gioco e i sussurri di Melisandre, impossibile quindi avere certezza delle sorti di Edric una volta affidato a Stannis.
Citavo in precedenza il passaggio sulla pesca di Renly ed eccolo qui. Uno dei migliori della trama di Stannis, nonché di ASOIAF. E' la mascella contratta che si scioglie, senza perdere di maestosità. Il fragile cervo che non ha più bisogno di ergersi, ma solo di appartenere. E' tutta l'affettività latente di Stannis, che, negativo o meno, è ben lontano dall'esserne esente. Sì, egli amava suo fratello minore, per quanto le azioni finali dicano il contrario. Ma lo spunto filosofico lanciato dall'Unico Vero Re è anche una verità assoluta: un'azione positiva non può smentire quella negativa, come quella negativa non può smentire quella positiva. Un uomo andrebbe soppesato e compreso nella sua interezza, per quanto siano le azioni negative che tendono a sopravvivere al tempo, mentre quelle positive sono destinate a perdersi nella memoria degli uomini. Altrettanto impossibile dargli torto nel momento in cui sottolinea la mancanza di giudizio e raziocinio degli uomini, da sempre influenzati da un circolo di simpatia e percezioni istintive: anche se Robert avesse pisciato nelle loro coppe, egli sarebbe stato inneggiato ed osannato per aver prodotto un nettare così delicato. Mentre l'acqua che Stannis offre non è abbastanza, ma è anzi vista come una possibile fonte di veleno. Per quanto ci siano sprazzi di una filosofia pessimistica, c'è anche molta verità. E la verità, in Stannis, è una, com'è giusto che sia. La verità non ha attenuanti o forme diverse. Ve n'è una singola, da accettare o rifiutare. Incredibile quanti spunti meravigliosi offra la figura dell'Unico Vero Re.
Ma ciò accade parimenti nel confronto finale tra Melisandre e Davos, dove ella lo definisce uomo grigio. Ciò che Davos propone non è affatto illogico: qualunque uomo, in quanto coscienza, è un insieme di luci ed ombre, azioni onorevoli e deplorevoli. Ma la stessa Donna Rossa, nella sua visione così netta e testarda, non propone fandonie. Alla fine, per quanto il corollario di azioni si sposti verso una sponda o l'altra, l'indole di un uomo parte quasi sempre da una base positiva o negativa, che difficilmente può essere cambiata.
Infine... La Magia Nera che torna a palesarsi e a dimostrare come Melisandre, invasata religiosa o meno, sia un vero pericolo ed una fonte di potere affidabile in taluni scenari.
« I did what I thought was right. » Jon Snow
« There are no men like me. Only me. » - Jaime Lannister
« No one can protect me. No one can protect anyone. It's true, I am a slow learner, but I learn. Winterfell is Our Home, we have to fight for it. » - Sansa Stark
« Leave one wolf alive and the sheep will never be safe. » - Arya Stark
« A good act does not wash out the bad, nor a bad act the good. » - Stannis Baratheon
Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale. Ed io avrò cura di te.
Il 27 novembre 2017 at 01:00, AemonTargaryen dice:Jon III.
Il confronto con Chett è aspro, e verrebbe quasi da pensare che Jon sia una sorta di privilegiato per avere con sé un meta-lupo oltre ad essere attendente del Lord Comandante. Non è così. Se Jon Snow acquisisce gradualmente una posizione di maggior forza all'interno della confraternita, è perché se l'è guadagnata; si può poi discutere sul fatto che egli, grazie al ritrovamento dei cuccioli di meta-lupo, sia una sorta di predestinato. Ma al di là di quell'evento, il ponte fra il suo status di nuova giovane recluta e quello di attendente l'ha costruito da sé.
Ah, che bello che ogni tanto si noti questo particolare. Purtroppo Jon Snow vive da sempre anche di un giudizio troppo affrettato nell'associarlo a nient'altro che la canonica figura predestinata a cui far compiere il Viaggio dell'Eroe. In vero c'è gradualità, fatica, viaggio. La sua è un ascensione regolare, a passi importanti ma che non lasciano il vuoto nel percorso intermezzo. C'è una costruzione lenta in ciò che riscopre di sé e in ciò che ottiene. E' come se passasse per livelli e gradi, raggiungendo una maturità intrinseca nelle poche gioie che può trarre dal potere. E di più... il Jon Snow uomo nasce e matura nei propri difetti e nei propri limiti, nel rammarico, in un'ideologia negativa e imperfetta che non è figlia del classicismo che le figure dei predestinati propongono, a maggior ragione con positività.
Credo che il pregiudizio sull'aura predestinata sia più figlia di una commistione tra la visione della Serie Tv e la passata lettura dei libri, dove la figura cartacea soffre delle emozioni negative lasciate dalla controparte televisiva, certamente scadente su questo piano.
Il 27 novembre 2017 at 01:00, AemonTargaryen dice:Theon II.
AVorrei, infine, soffermarmi sulla densità della tecnica narrativa di Martin. Grazie al fatto di avere dei POV che approfondiscano il personaggio, Theon, pur commettendo delle azioni a dir poco deplorevoli, riesce a trasmettere all'interno della narrazione un sentimento che si avvicina alla pena. Dietro ai sorrisi (spesso inopportuni) si percepisce una desolazione abbastanza profonda, e tuttavia, nel modo di fare e anche di pensare, Theon si tiene ancora – in questi capitoli di ACOK – su un livello abbastanza superficiale. Ma non serve, a mio parere, giungere necessariamente alla lettura dei capitoli di ADWD per percepire una profondità celata dietro un lato più frivolo. Già in questo capitolo mi sembra si intraveda una voragine nell'animo di Theon, che lo stesso tende ancora ad ignorare. Forse perché, dovesse soffermarsi su ciò, rischierebbe di soffrire di vertigini e cadervi dentro. Sarà necessario, in tal senso, attendere ADWD, per esplorarne le profondità.
Anche questa è un'osservazione molto acuta. Theon è amato dai più per la profondità che raggiunge in ADWD. Ma ADWD è per l'appunto il suo picco narrativo-introspettivo. Se vogliamo osare di più si può dire che in sostanza quel Theon sia l'epicentro di Dance almeno come pura qualità narrativa, reggendo un volume in calo e limitato nelle altre trame e linee introspettive. Però il percorso pregresso di Theon è già degno di nota prima di Reek. Anzi, proprio la volgarità che trasuda talvolta, la sua ambiguità morale, il compiacere, i suoi limiti, lo rendono un elemento di spicco della narrativa di ASOIAF ben prima. Reek è solo l'exploit.
« I did what I thought was right. » Jon Snow
« There are no men like me. Only me. » - Jaime Lannister
« No one can protect me. No one can protect anyone. It's true, I am a slow learner, but I learn. Winterfell is Our Home, we have to fight for it. » - Sansa Stark
« Leave one wolf alive and the sheep will never be safe. » - Arya Stark
« A good act does not wash out the bad, nor a bad act the good. » - Stannis Baratheon
Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale. Ed io avrò cura di te.
Proseguo con il recupero.
Tyrion VI.
Si parte dal confronto con Cersei. Da notare come Tyrion, stavolta, a dispetto dello schiaffo emotivo del rifiuto da parte della sorella nell'ultimo POV, non si lasci sopraffare dall'emotività. E di fatti, per averla avvelenata,“si sentì quasi triste”. Quasi.
Continua, quindi, il delicato lavoro di Tyrion a King's Landing, che pur tra varie difficoltà riesce a governare, gestendo varie criticità. L'interesse e l'ammirazione che Varys mostra nei suoi confronti mi paiono, ancora una volta, sincere. Su Littlefinger invece, ci sono da un paio di capitoli piccoli segnali di debolezza. A differenza sua, Varys è insondabile.
ACOK appare, forse a maggior ragione attraverso il punto di vista di Tyrion, come una grande partita a scacchi. Gradualmente, mossa dopo mossa, si giungerà all'epilogo, che vedrà il Leone vittorioso.
@***Silk***. Trovo interessante la tua considerazione sul fatto che Tywin sperasse in una vittoria di Rhaegar. Sento di condividerla. È curioso il fatto che spesso i Tyrell vengano bollati come arrampicatori sociali, ma che di solito non lo si sottolinei con la stessa enfasi riguardo ai Lannister. In quel momento, Tywin, passando dalla parte del più forte, al fine di conquistarne la fiducia fa in modo che i figli di colui il quale avrebbe dovuto essere il suo sovrano vengano macellati. E non vale, moralmente, dire che l'avrebbe fatto comunque qualcun altro.
Arya VI.
Il capitolo dell'arrivo ad Harrenhal. Poche pagine, pregne di violenza, sature degli orrori della guerra.
Centrale l'aspetto che già sottolineava @***Silk***: la paura. Il fatto che per la prima volta Arya provi una paura di tale intensità rende questo capitolo non un intermezzo di poco conto, ma un momento importante per quanto concerne il personaggio.
Il fatto che Arya abbia inquadrato, per così dire, molti degli uomini della Montagna, è figlio della necessità del momento: quella di sopravvivere. Al di là del dramma di questa situazione, la giovane Stark dimostra di essere sempre sveglia. Talvolta avventata, come di fronte ad Harra ed Amabel, ma sveglia.
Rende bene l'idea di quale sia la situazione attuale, la considerazione – che già evidenziava Silk in riferimento al regno mai “decollato” del primo re Baratheon – dell'anziano prigioniero, il quale rimpiange il vecchio Re: non Robert, ma Aerys. Il che è tutto dire.
Bran IV.
Capitolo breve ma interessante. Durante la prima interazione con i Reed, quando Bran non accetta quello che sarà il suo destino, i lupi rifiutano di sottostare al controllo del giovane Stark. Torna alla memoria l'episodio forse ancor più strano riguardante l'aggressione nei confronti di Tyrion in presenza di Robb. In questo caso, sento di condividere la considerazione di @***Silk*** sul fatto che essi facciano specchio della non accettazione del destino di Brandon.
In questo primo scambio, dopo la descrizione del sogno di Jojen concernente il lupo alato, la sensazione è che Winterfell non sia più il luogo di Bran e anzi, pare quasi che si voglia sottolineare una contrapposizione di qualcosa di esoterico concernente la fortezza ancestrale degli Stark persino rispetto ai poteri di Bloodraven.
La malinconia degli ultimi POV di Bran non manca neanche stavolta, ma la presenza dei Reed segna un punto di rottura nel percorso del piccolo Stark.
Su Luwin. È vero, in questo caso continua a mostrarsi la voce della razionalità. Eppure l'anello in acciaio di Valyria è già di per sé indicativo di una non totale estraneità alla materia, ed il disagio mostrato in talune occasioni di fronte ai piccoli Stark non passa inosservato. Condivido in tal senso l'ipotesi avanzata da @JonSnow;: credo dalla storia e dalle parole del Maestro si possa trarre questa conclusione.
Devo dire, comunque, che rispetto alla seconda ipotesi che paventavi sono curioso rispetto a ciò che Martin ci dirà nei prossimi volumi. Immagino che, ovviamente, si tratti di piani accessibili a pochi, all'interno dell'ordine. D'altro canto, il fatto che Luwin sia uno dei pochi ad aver avuto approcci con questa materia porterebbe per lo meno a porsi il dubbio se sia venuto o meno a conoscenza di qualcosa.
Tyrion VII.
Apertura con un Lancel che sfoggia boria ed arroganza in misura direttamente proporzionale alla sonora e sontuosa lezione che Tyrion gli impartisce. Dall'insinuazione di Tyrion sull'aver consumato rapporti sessuali con Cersei, la sicurezza del tracotante rampollo leonino evapora. Da questo momento in poi, assistiamo all'infacondo e patetico stoltiloquio del cartonato venuto male di Jaime Lannister. Ci troviamo di fronte ad una specie di brutta copia, a tratti (a tratti?) penosa e scipita del vero Leone di Lannister.
In questa interazione, alcune risposte di Tyrion meritano d'essere incorniciate. Nel complesso, un dialogo a tratti esilarante.
Chiusura dal taglio decisamente più profondo. Condivido le vostre considerazioni, pur riferite ad aspetti diversi del personaggio. Trovo interessante e decisamente centrata l'osservazione di @JonSnow; , che mette l'accento, fra le varie cose, sul fatto che al di là delle parole, delle critiche nei confronti del padre e della sorella, egli stesso si senta a suo agio in determinate situazioni.
Del resto, come sottolinea @***Silk*** in una considerazione che trovo altrettanto centrata, Tyrion, al di là delle differenze talvolta profonde, condivide con i suoi familiari l'orgoglio. Ed è emblematico il passaggio che riporta la mia collega: [...] This was what I was made for, and gods forgive me, but I do love it... And her. And her. Dove her, come sottolineava Jon, altro non è che la ciliegina.
I'm free of Tysha now, he thought. She's haunted me half my life, but I don't need her anymore, no more than I need Alayaya or Dancy or Marei, or the hundreds like them I've bedded with over the years. I have Shae now... Shae.
Qui, a mio parere, Tyrion mente a se stesso. Mi trovo pienamente d'accordo con le tue considerazioni in merito, Silk: Tysha è un qualcosa di irrisolto. Un vero e proprio nodo nella vita di Tyrion. Qualcosa di cui proprio non riesce a disfarsi.
Vado avanti anche io.
Alla fine, il POV che mi mancava la volta scorsa di Cat, lo inserirò in questo set di 4, così è più comodo per la lettura di adesso.
Catelyn IV
Nell’impossibilità di compiere qualsivoglia azione, incluso il cammino verso Nord, Cat non può fare altro che trovare conforto nei 7: la preghiera è l’azione più attiva che possa compiere in questo momento. Ma è un vero conforto? Non sembra dal pensiero che rivolge agli antichi dei di Ned:
Not even a cricket could be heard, and the gods kept their silence. Did your old gods ever answer you, Ned? she wondered. When you knelt before your heart tree, did they hear you?
Poi questa linea mi fa partire numerose personalissime congetture:
The Warrior was Renly and Stannis, Robb and Robert, Jaime Lannister and Jon Snow. She even glimpsed Arya in those lines, just for an instant.
C’è allitterazione e ci sono legami incrociati tra i personaggi citati. Renly e Stannis, i restanti fratelli Baratheon, lì a contendersi la discendenza di Robert. Robb e Robert, i re. Robb che porta il nome di Robert. Robb unito a Robert da un comune destino di tradimento che li porterà alla fine. Robert brother in law di Jamie e Robb “half brother” di Jon. Infine Jamie e Jon: I 2 cavalieri, quello bianco e quello nero. Jon che era rimasto estremamente affascinato dalla fisicità da cavaliere di Jamie. Jamie già Lord Commander della guardia reale, Jon futuro Lord Commander dei GdN. E l’ultimo incrocio: Jamie prigioniero di Robb e chissà Robert il re su cui le vicende si sono aperte e Jon quello su cui dovranno chiudersi? Perdonatemi questa personalissima interpretazione/volo di fantasia causato dal troppo entusiasmo relativo al chiasmo che segue i 2 fratelli. Anche Arya è identificata nel guerriero e Cat ci ha visto giusto, è quello che si è trovata a dover essere per sopravvivere e quello che il destino serberà per lei in un certo qual modo.
E’ molto toccante la parte in cui poi Cat ripensa alla madre, alla sua perdita, a quanto, se ciò non fosse accaduto, le cose avrebbero potuto essere diverse, a quanto lei come donna avrebbe potuto essere diversa, più consapevole, quasi migliore, senz’altro completa. Come se aver perso quell’interazione e l’educazione trasmessa di madre in figlia fosse quasi la causa primaria del suo fallimento come ambasciatrice e verso Robb e più in generale del suo fallimento come madre verso ognuno dei suoi figli e come moglie. Personalmente, non sono d’accordo col personaggio, mi allineo a voi nel dire che Cat è uno dei personaggi probabilmente tra i più bistrattati immotivatamente. Senz’altro è una reazione molto molto umana.
Vorrei condividere quel brano con voi:
The smoke was making her eyes burn. She rubbed at them with the heels of her scarred hands. When she looked up at the Mother again, it was her own mother she saw. Lady Minisa Tully had died in childbed, trying to give Lord Hoster a second son. The baby had perished with her, and afterward some of the life had gone out of Father. She was always so calm, Catelyn thought, remembering her mother’s soft hands, her warm smile. If she had lived, how different our lives might have been. She wondered what Lady Minisa would make of her eldest daughter, kneeling here before her. I have come so many thousands of leagues, and for what? Who have I served? I have lost my daughters, Robb does not want me, and Bran and Rickon must surely think me a cold and unnatural mother. I was not even with Ned when he died...
E pensando alle madri e a quanto possano mostrare più fierezza e spregiudicatezza di un guerriero quando in gioco c’è il bene o peggio la vita dei propri figli, d’un tratto capisce Cersei e ricollega tutto gli eventi nefasti che hanno afflitto gli Stark: la morte di Jon Arryn, la caduta di Bran, la morte di Ned, la conseguente perdita di Sansa e Arya e tutto il resto. La sua ultima preghiera per sé stessa fa quasi effetto:
“Guide me, wise lady,” she prayed. “Show me the path I must walk, and do not let me stumble in the dark places that lie ahead.”
C’è comunque da dire in favore di Renly che, vuoi per presunzione, vuoi per legame di sangue, si rifiuta di infrangere i patti presi col fratello per la battaglia e richiede che sia portato rispetto al suo corpo nel caso che perisca. Anche se, nel momento in cui Cat gli para davanti la verità che Stannis possa effettivamente essere l’erede legittimo, fatica ad accettarla ad un passo da quella che ritiene essere una vittoria abbastanza certa.
Permane ancora il mistero su chi Barristan abbia scelto come suo sovrano dopo il benservito ricevuto da Joffrey. Come Lord Commander della guardia reale e come unica guardia reale onorevole o comunque non direttamente legata ai Lannister, il suo riconoscimento ha un certo peso.
Per la prima volta si manifesta il potere di Melisandre, che Stannis ha visto come sua grande opportunità di rivalsa, e non si può dargli torto in questa sua valutazione. Così il grande esercito dei Tyrell perde il suo capo e la ragione per cui combatteva. E della dipartita di Renly mi è piaciuta tantissimo questa frase:
The king stumbled into her arms, a sheet of blood creeping down the front of his armor, a dark red tide that drowned his green and gold.
Non c’è da stupirsi se Brienne viene ritenuta colpevole della morte di Renly, non c’era nessun altro con loro e la magia da tempo ormai si è sopita a Westeros. Sicuramente i più avranno pensato che Brienne non potendo avere Renly abbia deciso di ucciderlo perché non lo avesse nessun’altra, oppure, molto più semplicemente, considerandola un abominio e aberrazione per il suo aspetto ed il fatto che da donna abbia scelto di essere un cavaliere, non può che aver compiuto lei tra i presenti un atto tanto abominevole, essendo anche l’unica tanto vicina da poter attentare alla sua persona. Robar infatti si convince della veridicità delle parole di Cat soltanto quando lei giura sulla tomba di Ned e sul suo (di lei) onore di Stark.
Il fatto che Cat abbia riconosciuto nell’ombra le sembianze di Stannis conferma la sua sensibilità verso l’elemento magico che si era già palesata in AGOT. E su questo dato Brienne basa la sua necessità di vendetta per la morte del suo re ed amato. Nonostante i primi accorsi alla tenda abbiano identificato in Brienne l’assassino di Renly, Cat ha ben chiara la loro posizione all’interno di quella tenda. Giusto per ribadire la sua intelligenza, spesso ignorata:
“Leave them. We must be well away before they think to look for us. We were both with the king when he was killed. That will not be forgotten.” Wordless, Brienne turned and did as she was bid. “Ride,” Catelyn commanded her escort when they were all ahorse. “If any man tries to stop us, cut him down.”
Jon IV
Si dirigono verso il Fist of the first men, la cui descrizione già anticipa un’aura magica:
It was said that the Fist had been a ringfort of the First Men in the Dawn Age. “An old place, and strong,” Thoren Smallwood said. “Old,” Mormont’s raven screamed as it flapped in noisy circles about their heads. “Old, old, old.”
Dal comportamento di Ghost però Jon percepisce che il luogo prescelto per l’accampamento, che razionalmente ha le migliori caratteristiche difensive, non sembra essere effettivamente sicuro per l’affidabile istinto di Ghost:
Ghost was not like to be alone down there, he thought. Anything could be moving under that sea, creeping toward the ringfort through the dark of the wood, concealed beneath those trees. Anything. How would they ever know?
Il dialogo che segue tra Jon e Sam, invece, fa andare la mente a Bran e alla rivelazione che gli ha fatto Jojen sul suo essere imprigionato e sul loro essere venuti per liberarlo:
“No doubt. You’d best get a bird ready. Mormont will want to send back word.”
“I wish I could send them all. They hate being caged.”
“You would too, if you could fly.”
Non so se da parte di Martin ci fosse questa intenzione, ma sembra quasi iniziare ad avvertirci che il destino di Bran non sia succedere a Robb e a Winterfell, ma che sia qualcosa di ben lontano da tale realtà. Cosa di cui eventualmente ci accerteremo in TWOW, o peggio ADOS, se mai arriveremo a leggerli (il primo direi di sì, sul secondo ho forti dubbi).
E non dimentichiamoci che Sam ha insegnato ai raven la parola Jon:
Jon heard the ravens before he saw them. Some were calling his name.
Quando Jon e Mormont parlano di Benjen, anche il corvo sente di dover intervenire. Mi verrebbe da pensare che Benjen sia veramente morto. In questo modo, viene eliminata una persona che probabilmente è a conoscenza delle origini di Jon e di ciò che successe prima/dopo la ribellione di Robert. Inoltre, toglie anche l’unico diretto avversario di Jon che avrebbe più credibilità come successore del Lord Commander:
“Yes,” said Jon, “but... what if.”
“...he’s dead?” Mormont asked, not unkindly.
Jon nodded, reluctantly.
“Dead,” the raven said. “Dead. Dead.”
“He may come to us anyway,” the Old Bear said. “As Othor did, and Jafer Flowers. I dread that as much as you, Jon, but we must admit the possibility.”
“Dead,” his raven cawed, ruffling its wings. Its voice grew louder and more shrill. “Dead.”
Oppure si può anche interpretare come un avvertimento nel breve periodo che, insieme ad altri segnali descrittivi, ci prepara all’incontro con gli Others. Come in questi presentimenti:
“Seems to me like it smells... well... cold. “
“Your head’s as wooden as your teeth,” Hake told him. “There’s no smell to cold.”
There is, thought Jon, remembering the night in the Lord Commander’s chambers. It smells like death.
Questo presentimento continua a farsi sempre più reale al ritorno di Ghost:
The direwolf circled the fire, sniffing Jon, sniffing the wind, never still. It did not seem as if he were after meat right now. When the dead came walking, Ghost knew He woke me, warned me.
Sul finale si possono fare molte congetture e mi trovo molto in linea con quelle fatte da @JonSnow;. Le armi in ossidiana rinvenute da Jon sono sicuramente molto antiche, con ogni probabilità appartenute ai COTF, però è anche evidente che siano state messe in quel luogo recentemente. Col senno di poi sembrerebbe quasi un regalo di Brynder Rivers portato lì forse da Coldhands. La forma di foglia delle frecce mi sembra una prova evidente dell’antichità di tali armi, mentre il mantello nero da GdN in cui alcune di esse sono avvolte, oltre all’analisi del terreno fatta da Jon, sembra far pensare che siano state messe lì di recente.
He saw a dozen knives, leaf-shaped spearheads, numerous arrowheads. Jon picked up a dagger blade, featherlight and shiny black, hiltless. Torchlight ran along its edge, a thin orange line that spoke of razor sharpness. Dragonglass. What the maesters call obsidian. Had Ghost uncovered some ancient cache of the children of the forest, buried here for thousands of years? The Fist of the First Men was an old place, only...
Beneath the dragonglass was an old warhorn, made from an auroch’s horn and banded in bronze. Jon shook the dirt from inside it, and a stream of arrowheads fell out. He let them fall, and pulled up a corner of the cloth the weapons had been wrapped in, rubbing it between his fingers. Good wool, thick, a double weave, damp but not rotted. It could not have been long in the ground. And it was dark. He seized a handful and pulled it close to the torch. Not dark. Black.
Even before Jon stood and shook it out, he knew what he had: the black cloak of a Sworn Brother of the Night’s Watch.
Sull’intenzione di Ghost, anche a me resta il dubbio: può aver agito spontaneamente seguendo il suo istinto che gli fa percepire la presenza di un’utilità per Jon e gli altri, oppure può essere mosso dal potere di Brynden. Su questo credo che resterà il mistero per il momento. Probabilmente dipende anche dal modo in cui si ritiene possa essere avvenuto il ritrovamento della cucciolata di metalupi. Se si ritiene che la cucciolata sia stata inviata da Bloodraven, è più probabile che Blood raven abbia manipolato Ghost per far ritrovare le armi a Jon. Questa idea non mi piace molto perché implicherebbe l’inserimento di un forte potere nelle mani di BR, nonché la possibilità che agisca in certi casi da deus ex-machina. In realtà, preferirei pensare che il risveglio della magia, inteso come atto naturale, unito alla fine dell’estate, abbia portato ad una serie di avvenimenti quali la metalupa che si è spinta a sud della barriera e la fortificazione del potere degli Others. Quindi, mi piace dotare Ghost di libero arbitrio, ponendo che il dono sia sicuramente stato collocato lì da Bloodraven, il metalupo poteva scegliere di indirizzare o meno Jon verso tale ritrovamento. Ha scelto di portarlo lì perché il suo istinto gli ha fatto percepire l’utilità futura dei manufatti per il suo umano.
Piccola nota di colore: ogni volta che leggo dei denti di legno mi sale un brivido.
Bran V
La prima cosa che mi colpisce in questo POV è il modo in cui Bran descrive Rickon:
“Tell Robb I want him to come home,” said Rickon. “He can bring his wolf home too, and Mother and Father.” Though he knew Lord Eddard was dead, sometimes Rickon forgot... willfully, Bran suspected. His little brother was stubborn as only a boy of four can be.
Rickon sembra avere trovato il suo modo di accettare la realtà e la morte di Ned. Il modo che un bambino che non comprende può trovare per accettare quest’assenza, fingendo, finché Robb e Cat sono lontani che lo sia anche il padre, dimenticando quale sia la sua vera sorte. Probabilmente perché, sapendo che Robb ne avrà per molto, quello è al momento l’unico modo possibile per evitare di accettarne la perdita. C’è anche da dire che, forse, Bran può anche essere più duro del dovuto nell’analizzare il fratello. Non è neanche peregrino che Rickon possa effettivamente avere dei lapsus in cui si dimentica di questo evento perché lo ha vissuto soltanto attraverso una missiva dopo molto tempo che Ned era partito alla volta di KL.
Un altro dettaglio interessante è il modo con cui Osha descrive a Bran la via per arrivare oltre la Barriera:
“The way’s easy. Look for the Ice Dragon, and chase the blue star in the rider’s eye.”
Il fatto che esista una costellazione chiamata il drago di ghiaccio immagino che significhi che questa bestia abbia una certa rilevanza o ce l’abbia avuta a un certo punto nel tempo, che fosse a livello reale o mitico, basti pensare ai nomi delle nostre costellazioni. Inoltre, trovo anche curioso che la stella rappresentante l’occhio del cavaliere sia blu.
Probabilmente questa considerazione che fa Bran, seguita dal dialogo con Jojen, ci conferma ciò che pensavamo del sogno della carne:
They weren’t, though. Bran got a sick feeling in his belly. They like the taste of this dish better than I do.
I Frey sono molto più interessati ad ottenere il potere nonostante nella linea di successione siano estremamente lontani di quanto non lo sia lui che lo ha molto più a portata di mano. Probabilmente, ipotizzo, è proprio Winterfell ciò che incatena Bran e gli impedisce di aprire il terzo occhio. In ogni caso, è questo sogno anticipatore che apre la mente di Bran verso l’avvertimento di Jojen derivante dal suo green dream. Green dream che una volta arrivato a Winterfell sembra sempre più reale:
“I dreamed that the sea was lapping all around Winterfell. I saw black waves crashing against the gates and towers, and then the salt water came flowing over the walls and filled the castle. Drowned men were floating in the yard. When I first dreamed the dream, back at Greywater, I didn’t know their faces, but now I do. That Alebelly is one, the guard who called our names at the feast. Your septon’s another. Your smith as well.”
Con Ser Rodrik, arriva anche Ramsey e le notizie sulla sua crudeltà. Dal ritrovamento del corpo di Lady Hornwood, più che per mancanza di cibo, si può dedurre col senno di poi che sia impazzita a causa delle torture inferte dallo stesso Ramsey, le volte in cui si sarà presentato nella torre in cui l’aveva rinchiusa.
Maester Luwin, nonostante il suo scetticismo, per un attimo capisce a cosa possa riferirsi il sogno di Jojen, o almeno lo ricollega ai raid degli uomini di ferro, ma non li ritiene un vero e proprio pericolo.
Vista la mia opinione sul libero arbitrio di Ghost nel POV precedente, immaginerete che la cosa che più mi colpisce è la staticità, l’impossibilità di piegare ciò che viene visto nei green dreams, quasi come se la linea del tempo fosse prefissata nel passato perché è passato, ma soprattutto nel futuro come unica linea possibile e percorribile nonostante le scelte che si pongono davanti ai personaggi. La difficoltà maggiore è nel sapere anticipare cosa significhino queste metafore del futuro prossimo. Infatti, se l’annegamento di alcuni si traduce nell’uccisione da parte dei Greyjoy; l’uccisione di Bran e Rickon da parte di Ramsey si tradurrà nella loro finta uccisione per camuffare la loro fuga. Certo si può anche utilizzare una interpretazione differente, che veda attuabili, nel caso dei fratelli Stark, entrambe le soluzioni, ma che abbia prevalso quella della finta morte perché i 2 sono riusciti a fuggire. La mancanza di libero arbitrio e di un futuro plasmabile ammetto che mi farebbe apprezzare di meno la storia, anche perché renderebbe più facile la gestione della trama. Scusate le divagazioni.
Tyrion VIII
In questo POV, come diceva @JonSnow;, si pongono le premesse per l’alleanza tra Lannister e Tyrell. Ciò che trovo interessante è che oltre a Tyrion, Petyr e Varys concordino sull’alleanza. Su Petyr, come ha già spiegato il buon @JonSnow;, vedo principalmente motivazioni di autoconservazione. L’unico vero pericolo rimasto in campo è Stannis, che per sua natura difficilmente unirebbe le proprie forze a quelle degli Stark. E Stannis, come ci spiegherà più avanti Cersei, non è comprabile. I motivi di Varys forse sono più celati. Senz’altro si può affermare che il regno di Joffrey ha maggiori presupposti per essere spodestato da Aegon, rispetto ad un ipotetico regno di Stannis. Però oggettivamente parlando dal punto di vista di Varys non vedo una grossa convenienza per l’uno o per l’altro, se non conservazione, nel soppesare i 2 aghi della bilancia: quando tra i 2 piatti nessuno è spiccatamente meglio, si preferisce optare per il noto. Voi, @JonSnow; e @AemonTargaryen che idea vi siete fatti?
Mi colpisce questa frase di Cersei:
Cersei’s quiver was empty. “Make your offer then, but gods save you all if Joff does not like this girl.”
Anche lei sembra essere ben consapevole come Robert della natura del suo primogenito. Il che mi fa porre una serie di quesiti: perché nessuno dei 2 genitori non abbia sentito il bisogno di provare ad influire o a cambiare questa natura del ragazzo? Di Robert, possiamo dire tranquillamente che non lo ritenesse una propria incombenza, perso com’era nell’annegare i fantasmi del suo passato ed il suo presente stesso. Cersei, invece, lei che ama sfoggiare la sua presunta forza ed il suo presunto potere, niente ha saputo fare per controllare il figlio. Mostrando forse che sotto l’aspetto e le sembianze di leonessa, si presume ci possa essere molta meno forza e determinazione di ciò che non sembri.
Theon III
Theon sembra avere, a tratti, una percezione abbastanza sensata della realtà che sta vivendo, ripeto, a tratti:
And to watch me. Theon dare not push matters too far with his uncle. The command was his, yes, but his men had a faith in the Drowned God that they did not have in him, and they were terrified of Aeron Damphair. I cannot fault them for that. […]
“If we sailed, yes,” Theon admitted. “I have another plan.” He watched the other carefully to see how he would take that. Without the Cleftjaw he could not hope to succeed. Command or no, the men would never follow him if both Aeron and Dagmer opposed him, and he had no hope of winning over the sour-faced priest.
Ma continua ad essere marcata la sua estraneità agli usi e costumi degli uomini di ferro e anche il conflitto interiore che lo anima tra l’essere accettato dai propri sottoposti e la sua formazione nordica:
“Stygg, silence him,” he said. They forced Benfred to his knees. Werlag tore the rabbitskin off his belt and jammed it between his teeth to stop his shouting. Stygg unlimbered his axe. “No,” Aeron Damphair declared. “He must be given to the god. The old way.” What does it matter? Dead is dead. “Take him, then.” “You will come as well. You command here. The offering should come from you.” That was more than Theon could stomach.
Si lascia infatti andare al ricordo della visita a Tallhart fatta con la sua “famiglia precedente”, cercando di sopire il conflitto tra le due inconciliabili “sensibilità”, convincendosi che la morte per annegamento possa essere un atto di clemenza, rispetto ad una decapitazione fatta male. E qua c’è tutta la superficialità e quel tocco di creatività che gli hanno permesso di sopravvivere ad un decennio di prigionia dorata a Winterfell. Ma anche l’ottimo lavoro educativo compiuto da Ned, i cui insegnamenti morali, impartiti a Theon tra la tarda infanzia e l’adolescenza, continuano a riaffiorare. In fin dei conti, volente o nolente, Ned è la cosa più vicina ad un padre che Theon abbia avuto:
Paying the iron price. My lord father would approve. Theon thought of seeking out the bodies of the two men he’d slain himself to see if they had any jewelry worth the taking, but the notion left a bitter taste in his mouth. He could imagine what Eddard Stark would have said. Yet that thought made him angry too. Stark is dead and rotting, and naught to me, he reminded himself.
Ed è quasi comico, più avanti nell’affermare/pensare queste parole:
“I am no Stark.” Lord Eddard saw to that.
Questo suo imprinting educativo viene fuori nell’uccisione di Todric, quasi come se volesse impedire l’uccisione insensata del figlio di Botley, compiuta a battaglia finita e contraria all’etica nordica. Anche in questo caso, come nel caso di Tallhart, cerca di darsi una scusa per non sentirsi colpevole verso la parte di sé che è iron man:
It was said that the ironmen of old had oft been blood-drunk in battle, so berserk that they felt no pain and feared no foe, but this was a common ale-drunk.
Nessuna delle due parti in Theon sembra prevalere. Anzi, azzardo, farebbe volentieri prevalere la parte nordica, quella a cui ormai è abituato. Ma non può. Far prevalere la parte nordica significherebbe perdere tutto quello che ritiene gli spetti ereditariamente parlando. Se solo gli uomini di ferro dessero alla questione ereditaria la stessa importanza che le viene data nel resto dei 7 regni. Viene quasi da chiedersi se l’uccisione di Todric sia veramente il risultato di una fatalità, di un movimento scomposto che Todric fa, e se Theon non si stia prendendo in giro anche in questo. Un arciere che riesce a salvare Bran dai bruti con un colpo pericolosissimo può sbagliare questo colpo?
E per combattere questo suo sentire profondo, che gli impedisce il coronamento di essere accettato come condottiero di ferro deve correggere subito il tiro, dando un calcio al vessillo dei Tallhart, esagerando nel comportamento per ribilanciare i momenti in cui ha ceduto al nordico che c’è in lui. Un lato di sé che vuole seppellire per ottenere la fiducia dei suoi uomini. Se ottiene la loro fiducia può coinvolgerli nella matta impresa volta a dimostrare la propria supremazia sulla sorella. Sorella di cui è palesemente geloso e da cui pensa di essere stato derubato nei propri diritti ereditari. Da un lato, è interessante che al sopirsi della rivalità tra i due Baratheon, per la morte di Renly, si riprenda questa tematica, portandola avanti tra i due fratelli Greyjoy e declinandola in maniera diversa:
His thrice-damned sister was sailing her Black Wind north even now, sure to win a castle of her own. Lord Balon had let no word of the hosting escape the Iron Islands, and Theon’s bloody work along the Stony Shore would be put down to sea raiders out for plunder. The northmen would not realize their true peril, not until the hammers fell on Deepwood Motte and Moat Cailin. And after all is done and won, they will make songs for that bitch Asha, and forget that I was even here. That is, if he allowed it.
Del resto, l’invidia e la gelosia sono probabilmente sentimenti che conosce bene dagli anni trascorsi a Winterfell. E non li prova soltanto nei confronti della sorella. Ha bisogno di affermarsi in paragone a tutto ciò che l’iron man medio considera affermato. Come accade anche nel caso di Dagmer:
Theon had assigned him the task of guarding the ships; otherwise men would have called it Dagmer’s victory, not his.
Che culmina alla fine del POV, quando lascia intendere di mirare a Winterfell. Winterfell, il feticcio che lo libererà dall’essere stato prigioniero degli Stark e gli permetterà di eclissare le vittorie della sorella, vincendo la stima di Balon. Nella sua mente obnubilata da tutti quei costrutti che gli hanno permesso di mantenere un certo equilibrio negli ultimi dieci anni. Ha ragione @JonSnow; nel definirlo narcisista, il suo grande errore sta nel non uscire dal sé e nel rendersi grande secondo i parametri che si è creato nel suo sé. Non approfondisce, resta in superficie, non si adatta in profondità alla nuova situazione di ostaggio liberato. Agisce ancora da tale.
"And now at last it comes. You will give me the Ring freely! In place of the Dark Lord you will set up a Queen. And I shall not be dark, but beautiful and terrible as the Morning and the Night! Fair as the Sea and the Sun and the Snow upon the Mountain! Dreadful as the Storm and the Lightning! Stronger than the foundations of the earth. All shall love me and despair!”
She lifted up her hand and from the ring that she wore there issued a great light that illuminated her alone and left all else dark. She stood before Frodo seeming now tall beyond measurement, and beautiful beyond enduring, terrible and worshipful. Then she let her hand fall, and the light faded, and suddenly she laughed again, and lo! she was shrunken: a slender elf-woman, clad in simple white, whose gentle voice was soft and sad.
“I pass the test”, she said. “I will diminish, and go into the West and remain Galadriel.”
***
"A ruler needs a good head and a true heart," she famously told the king. "A cock is not essential. If your Grace truly believes that women lack the wit to rule, plainly you have no further need of me." And thus Queen Alysanne departed King's Landing and flew to Dragonstone on her dragon Silverwing. [...] The queen died of a wasting illness in 100 AC, at the age of four-and-sixty, still insisting that her granddaughter Rhaenys and her children had been unfairly cheated of their rights. "The boy in the belly," the unborn child who had been the subject of so much debate, proved to be a girl when born in 93 AC. Her mother named her Laena. The next year, Rhaenys gave her a brother Laenor.
Jon:
Capitolo necessario per introdurre la figura di Qhorin, avvolta nel leggendario cliché dell'impavido guerriero sopravvissuto a migliaia di battaglie lasciandosi dietro cadaveri e segni inequivocabili sul corpo. Un Qhorin che comunque non coinvolge tanto per il mito che lo accompagna, quanto per un'arguzia riscontrabile sin dalle prime battute. Non solo è un fine stratega e un uomo abile negli scontri ravvicinati, quanto è anche un soggetto in grado di fare analisi mirate e giungere a conclusioni logiche con una rapidità invidiabile. Egli pesa Jon ed il suo valore in maniera istantanea, riuscendo ad anticipare sul tempo anche lo stesso Mormont. E con le stesse modalità e una certa intraprendenza si dimostra anche più lungimirante del Lord Comandante sul da farsi. Egli è leader filosofico, estraneo al tipo di comando che un uomo paziente e diplomatico come il Vecchio Orso tende ad esercitare. Ancor più interessante è la filosofia di accettazione che Qhorin porta avanti. Emblematiche le sue parole sulle vesti della Confraternita e quanto egli abbia ben compreso la stessa ed il suo significato. Il Monco, più di tutti, ha la facoltà di incarnarla. Niente dubbi, niente lacrime. Solo sacrificio e consapevolezza. Proprio queste caratteristiche, unite alla mancanza dell'aria da duro, lasciano che si salvi dal facile stereotipo, rendendosi invece unico.
Jon, invece, continua a mostrarsi meno impulsivo e più deciso, non sottovalutando nulla sul suo cammino, al punto da non dimenticare, ancora una volta, che lo scavo dove è stata rinvenuta l'Ossidiana sia chiaramente di recente fattura. E' un Jon sempre più maturo, che abbandona la fiamma della rivalsa per il meno accogliente gelo della consapevolezza.
C'è spazio inoltre per il solito, apprezzabile ed eclatante humor nero di Edd, nonché per l'ennesimo riferimento all'asse Jon-Stark, riconosciuto subito dal Monco per la somiglianza con Ned.
Tyrion:
Un Folletto in crescendo, almeno sul piano emotivo. Perché sì, l'incedere della trama non può che portare il terzogenito dei Lannister ad un crollo intimo e a fare i conti con sé stesso. Tyrion trasuda qui un certo isterismo di fondo, un'instabilità che volta le spalle al cinico raziocinio su cui ha sempre fatto affidamento. La delusione ricevuta dalla presa di Capo Tempesta da parte di Stannis lascia un indizio non da poco sui suoi modi di fare. Egli contava su un assedio sicuro appunto per avere il tempo di sbarazzarsi liberamente di Robb, noncurante, però, che lo stesso Robb Stark attaccava l'Ovest appunto per dare il tempo a Stannis di concentrarsi su Approdo del Re, rendendo così a Tywin impossibile intervenire in soccorso della famiglia. Questo fa capire che per quanto si possa essere arguti non bisogna mai scadere nella tracotanza e nell'eccessiva sicumera, in quanto lasciano spazi aperti in strategie che si credevano perfette.
Lo sbalzo emotivo del Folletto, comunque, si riscontra anche nel rapporto con Shae, che comincia a considerare sempre più come una figura vicina alla propria intimità. Intimità intesa come spazio astratto del tutto personale e psichico, esulandolo dai rapporti sessuali. Una sorta di amore in embrione, memoria di errori passati. Non è un caso se egli si riferisca a lei, in un lapsus, come la Lady del Primo Cavaliere. Un perseverare nei propri errori causato da un vuoto affettivo inequivocabile. Medesimo scenario riproposto anche nel relazionarsi a Varys, dicendogli con velata ironia di fidarsi di lui come un membro della propria famiglia, ignorando però di dire la verità in quel medesimo momento, perché sì, l'eunuco rappresenta un momento di interazione esterna e di fuga tanto quanto Shae.
Un Varys che, un po' per stima, un po' per diminuire strategicamente la distanza con il suo interlocutore, sceglie di renderlo partecipe del suo racconto più intimo e drammatico. Da qui si comprende anche il motivo per cui Varys scelga effettivamente di evitare l'ascesa di Stannis al Trono. D'altro canto Tyrion non è in grado di raccogliere tale dramma nei dovuti parametri, finendo per scadere nel vittimismo e nell'autocommiserazione che da sempre lo caratterizzano.
Catelyn:
Ho sempre fatto riferimento all'aura di presagio che circonda il character di Catelyn. Questo capitolo, metaforicamente, ne è il simbolo conclamato. Il dono, negativo o positivo che sia, che, pur senza poggiare sulla precognizione più dettagliata, lascia percepire l'ombra incombente anche nelle giornate di luce più vivida. E no, non è masochismo indiretto, tantomeno una forzatura personale dell'Io della donna in questione, bensì un richiamo dal quale non può esimersi. Ella non coglie, a ragione, la decisività nelle varie vittorie ottenute, riscoprendosi sempre al medesimo punto in cui era precedentemente. Nonostante la resistenza eroica dei Lord dei Fiumi, Edmure compreso, in questo capitolo si può notare come Tywin non faccia altro che sfinire e diminuire gli alleati del Re del Nord. Una diminuzione da cui egli stesso non è esentato. La differenza è che il Leone di Lannister può permettersi delle perdite, dato che conta su forze largamente più numerose, mentre Stark e Tully non hanno la medesima garanzia su vasta scala. Un qualcosa che Catelyn, pur non essendo un'esperta sul piano militare, può cogliere con facilità. Ma al di là dell'aspetto bellico, anche e soprattutto il risvolto introspettivo di questo Pov è degno di nota. Non solo per la matriarca Stark, quanto anche per Brienne. Significativo il dialogo tra le due sul ruolo della donna, sul suo fare stoico e silente, nonché sui doveri del tempo. Una Brienne che emerge, come sempre, per onore e palese sensibilità. Due grandi donne nel vero senso della parola, che lasciano spazio a numerose analisi ed interpretazioni.
Vengono poi qui posti i semi per la futura caduta politica e strategica di Robb. In primis il lavoro di fondo che Martin fa nella narrazione per creare precedenti e aumentare le ombre sulla figura di Roose Bolton. Catelyn lo considera, nella stessa, un arrivista ambiguo privo di qualsivoglia calore umano anche nei confronti della propria progenie. Poi nel confronto con Cleos, voluto e cercato da Cat proprio perché in lei è già presente l'idea di tenere in considerazione lo scambio e di avviarlo, per quanto cerchi di negarlo a sé stessa.
Non ultima, poi, l'attenzione sulla figura della madre di Jon, ossessione mai superata da parte della donna. Un metodo per tenere alti anche gli interrogativi del lettore sul mistero in questione.
Bran:
Breve e intenso. Necessario per mostrare la conquista, fin troppo facile e voluto dalla trama, di Grande Inverno. Tutte le parole di Jojen si dimostrano così affidabili e fondate, poiché la catena di eventi dietro di esse si è verificata. Non è sorprendente, poi, vedere un Luwin così scosso, dato che tutti coloro che credono di possedere una razionalità superiore agli altri e si ergono maestosi solo sulla base di una negazione aprioristica non possono che accusare maggiormente il dolore di un fallimento inevitabile nel momento in cui esso si verifichi. Bran, d'altro canto, dà prova di coraggio e maturità, non sottraendosi al suo dovere di Stark. Per quanto il Pov sia di Bran, gli strascichi più importanti sono di Theon, che qui si mostra in tutta la sua vanità, esaltandosi per il momento di vantaggio effimero, ma ignorando l'utopia del progetto che cerca di portare avanti.
« I did what I thought was right. » Jon Snow
« There are no men like me. Only me. » - Jaime Lannister
« No one can protect me. No one can protect anyone. It's true, I am a slow learner, but I learn. Winterfell is Our Home, we have to fight for it. » - Sansa Stark
« Leave one wolf alive and the sheep will never be safe. » - Arya Stark
« A good act does not wash out the bad, nor a bad act the good. » - Stannis Baratheon
Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale. Ed io avrò cura di te.
Il 05 dicembre 2017 at 16:29, ***Silk*** dice:
Sul finale si possono fare molte congetture e mi trovo molto in linea con quelle fatte da @JonSnow;. Le armi in ossidiana rinvenute da Jon sono sicuramente molto antiche, con ogni probabilità appartenute ai COTF, però è anche evidente che siano state messe in quel luogo recentemente. Col senno di poi sembrerebbe quasi un regalo di Brynder Rivers portato lì forse da Coldhands. La forma di foglia delle frecce mi sembra una prova evidente dell’antichità di tali armi, mentre il mantello nero da GdN in cui alcune di esse sono avvolte, oltre all’analisi del terreno fatta da Jon, sembra far pensare che siano state messe lì di recente.
Sinceramente non riesco a trovare altre spiegazioni che la succitata. Anche perché pur essendo le armi antiche, il fagotto è rinvenuto in una fossa manipolata di recente. E' impossibile che siano stati messi lì secoli a dietro, date le condizioni del terreno. Quindi o Brynden o qualcun altro. Ma sicuramente qualcuno le ha messe lì con la precisa intenzione di farle rinvenire nelle modalità che poi abbiamo visto. Anche nel Pov successivo di Jon questi si concentra ancora una volta sul fatto che il terreno fosse stato lavorato di recente.
Il 05 dicembre 2017 at 16:29, ***Silk*** dice:Tyrion VIII
I motivi di Varys forse sono più celati. Senz’altro si può affermare che il regno di Joffrey ha maggiori presupposti per essere spodestato da Aegon, rispetto ad un ipotetico regno di Stannis. Però oggettivamente parlando dal punto di vista di Varys non vedo una grossa convenienza per l’uno o per l’altro, se non conservazione, nel soppesare i 2 aghi della bilancia: quando tra i 2 piatti nessuno è spiccatamente meglio, si preferisce optare per il noto. Voi, @JonSnow; e @AemonTargaryen che idea vi siete fatti?
Come giustamente dici non c'è molta convenienza o differenza. Si tratta di una scelta personale. Mentre Ditocorto lavora contro Stannis e pro-Lannister perché con il primo al potere ci avrebbe rimesso posizione politica e forse anche la vita, Varys decide di difendere Approdo da Stannis per motivi propri. Motivi che sono spiegati poi nel Pov di Tyrion, in cui l'eunuco afferma di odiare a morte la magia e chi la usi, visto quanto gli è accaduto. Servendosi Stannis di essa e di Melisandre, è normale che egli sia avverso a Varys.
« I did what I thought was right. » Jon Snow
« There are no men like me. Only me. » - Jaime Lannister
« No one can protect me. No one can protect anyone. It's true, I am a slow learner, but I learn. Winterfell is Our Home, we have to fight for it. » - Sansa Stark
« Leave one wolf alive and the sheep will never be safe. » - Arya Stark
« A good act does not wash out the bad, nor a bad act the good. » - Stannis Baratheon
Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.
Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale. Ed io avrò cura di te.
Sulle armi in ossidiana, siamo d'accordo. Anche secondo me difficilmente possiamo darne un'interpretazione più convincente. La parte secondo me che non resta chiara è quella relativa a Ghost e al suo libero arbitrio. Personalmente mi auguro che sia stato lui in quanto metalupo di Jon a voler condurre il suo umano alla scoperta, piuttosto che Brynden, usando Ghost come mezzo. Però i continui rimandi che troviamo nei POV di Cat sui metalupi mandati dagli dei antichi mi danno da pensare.
Su Varys, idem. Hai ragione sulle considerazioni che egli può fare verso un uomo che affida la sua fortuna a Melisandre. Inoltre, aggiungerei che per come è Stannis, non dico che non scommetterei neanche sulla sopravvivenza di Varys, ma immagino che almeno una sorta di contrappasso per aver servito Joffrey ce la si possa aspettare, pensando al trattamento Davos.
"And now at last it comes. You will give me the Ring freely! In place of the Dark Lord you will set up a Queen. And I shall not be dark, but beautiful and terrible as the Morning and the Night! Fair as the Sea and the Sun and the Snow upon the Mountain! Dreadful as the Storm and the Lightning! Stronger than the foundations of the earth. All shall love me and despair!”
She lifted up her hand and from the ring that she wore there issued a great light that illuminated her alone and left all else dark. She stood before Frodo seeming now tall beyond measurement, and beautiful beyond enduring, terrible and worshipful. Then she let her hand fall, and the light faded, and suddenly she laughed again, and lo! she was shrunken: a slender elf-woman, clad in simple white, whose gentle voice was soft and sad.
“I pass the test”, she said. “I will diminish, and go into the West and remain Galadriel.”
***
"A ruler needs a good head and a true heart," she famously told the king. "A cock is not essential. If your Grace truly believes that women lack the wit to rule, plainly you have no further need of me." And thus Queen Alysanne departed King's Landing and flew to Dragonstone on her dragon Silverwing. [...] The queen died of a wasting illness in 100 AC, at the age of four-and-sixty, still insisting that her granddaughter Rhaenys and her children had been unfairly cheated of their rights. "The boy in the belly," the unborn child who had been the subject of so much debate, proved to be a girl when born in 93 AC. Her mother named her Laena. The next year, Rhaenys gave her a brother Laenor.
Il 29/11/2017 at 00:23, AemonTargaryen dice:
Volevo sottolineare come, pur essendo sicuramente una cosa non pacifica, non me la sentirei di definire del tutto errata - o comunque priva di un fondamento logico - un'interpretazione estensiva del giuramento che mettesse l'accento sul difendere gli uomini, prima ancora dei loro regni, e che quindi legittimasse eventuali interventi.
In ogni caso, mi sembra che la posizione nei confronti di Craster sia discutibile. Anche perché in questo caso ci si trova di fronte, oltre agli abusi nei confronti di innocenti, anche ad una condotta che in prospettiva appare potenzialmente molto dannosa. Tra l'altro, ciò avviene in un territorio dove la Night's Watch è pienamente legittimata ad agire.
Poi, chiaramente, c'è da tenere conto anche dell'importanza dell'insediamento di Craster nelle missioni di molti ranger.
Ci metto un po' ma arrivo.
Sul giuramento sono d'accordo con te. Mi è capitato di rileggere Jon VI di AGOT e anche i commenti che facemmo al tempo e quella è anche l'interpretazione che il Lord Commander tenta di passare a Jon:
Il 21/7/2017 at 15:39, ***Silk*** dice:“A man of the Night’s Watch lives his life for the realm. Not for a king, nor a lord, nor the honor of this house or that house, neither for gold nor glory nor a woman’s love, but for the realm, and all the people in it. A man of the Night’s Watch takes no wife and fathers no sons.
All'epoca avevo citato questa parte per paragonarla a come Varys intende il realm a sua volta, non soffermandomi troppo sul contesto dei NW. Credo che adesso meriti citarla per avvalorare quanto hai intuito dalla lettura del giuramento ma anche da come poi Jon lo interpreta attraverso i suoi POV.
Già che ci sono aggiungo anche il giuramento:
Il 21/7/2017 at 15:39, ***Silk*** dice:“Night gathers, and now my watch begins. It shall not end until my death. I shall take no wife, hold no lands, father no children. I shall wear no crowns and win no glory. I shall live and die at my post. I am the sword in the darkness. I am the watcher on the walls. I am the fire that burns against the cold, the light that brings the dawn, the horn that wakes the sleepers, the shield that guards the realms of men. I pledge my life and honor to the Night’s Watch, for this night and all the nights to come."
Come dicevi tu, è proprio nella parte i grassetto la chiave per quest'interpretazione.
Scusate se continuo a quotarmi, ma avendo già evidenziato questi estratti, mi tornava più comodo che ricercarli nei POV. XD
Su Craster. Idealista!
Cioè in potenza hai ragione, il reame degli uomini dovrebbe includere anche i Bruti oltre barriera, anche se questi sono percepiti come il nemico. E dovrebbe includere la proteziine degli innocenti secondo la nostra concezione. C'è anche da dire che nel Medioevo la legge non era intesa per tutti gli uomini, ma si fermava fino alla porta di casa, applicandosi al capo-famiglia, a cui poi tutti gli altri abitanti della casa erano soggetti. Tema che ritorna anche nei POV di Jon, cito a memoria Lord Mormont che dice a Craster "Your home, your rules".
Sicuramente, la vince la convenienza e l'opportunismo in questa relazione: l'importanza dell'insediamento geografico per le missioni in qiesti luoghi poco ospitali fa chiudere un occhio sui comportamenti poco edificanti di Craster.
Concordo sicuramente con la condotta dannosa in prospettiva: stanno foraggiando tacitamente gli Others. E, a questo punto della storia, non possiamo dire che non abbiano prove su di loro, visto il ritorno dei 2 GdN come white walkers.
Ti chiederei maggiori lumi invece sul perché quello di Craster lo consideri un territorio in cui la Night's Watch è pienamente legittimata ad agire.
Superficialmente parlando, dovrebbero agire dalla Barriera in giù a difesa degli uomini. Se si applica l'interpretazione estensiva che sembra piacerci di più, il territorio si estenderebbe a qualsivoglia territorio includa uomini. Ma ho il sospetto che tu intendessi una terza opzione, che magari è più relativa alle missioni oltre Barriera dei Rangers, che però sono più di scouting (credo).
"And now at last it comes. You will give me the Ring freely! In place of the Dark Lord you will set up a Queen. And I shall not be dark, but beautiful and terrible as the Morning and the Night! Fair as the Sea and the Sun and the Snow upon the Mountain! Dreadful as the Storm and the Lightning! Stronger than the foundations of the earth. All shall love me and despair!”
She lifted up her hand and from the ring that she wore there issued a great light that illuminated her alone and left all else dark. She stood before Frodo seeming now tall beyond measurement, and beautiful beyond enduring, terrible and worshipful. Then she let her hand fall, and the light faded, and suddenly she laughed again, and lo! she was shrunken: a slender elf-woman, clad in simple white, whose gentle voice was soft and sad.
“I pass the test”, she said. “I will diminish, and go into the West and remain Galadriel.”
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"A ruler needs a good head and a true heart," she famously told the king. "A cock is not essential. If your Grace truly believes that women lack the wit to rule, plainly you have no further need of me." And thus Queen Alysanne departed King's Landing and flew to Dragonstone on her dragon Silverwing. [...] The queen died of a wasting illness in 100 AC, at the age of four-and-sixty, still insisting that her granddaughter Rhaenys and her children had been unfairly cheated of their rights. "The boy in the belly," the unborn child who had been the subject of so much debate, proved to be a girl when born in 93 AC. Her mother named her Laena. The next year, Rhaenys gave her a brother Laenor.