Ringrazio Euron per avermi fatto riscoprire questa discussione :)
Il libro che ho appena letto è Il Grande Gioco, sottotitolo "I servizi segreti in Asia centrale", di Peter Hopkirk. Per una volta l'edizione/traduzione italiana (Adelphi) mi ha pienamente soddisfatto e non mi ha costretto a procurarmi la versione originale, The Great Game: On Secret Service in High Asia. Curiosamente, invece, mi sembra di aver capito che sono stati gli USA a cambiare leggermente il titolo, The Great Game: The Struggle for Empire in Central Asia. Personalmente tollero a malapena quando un titolo viene "adattato" da una lingua all'altra, che io sia dannato se capisco il bisogno di cambiare titolo da una lingua ... alla stessa lingua.
Prima di dire la mia, riporto la sinossi "ufficiale" dell'edizione italiana:
«Una delle letture più appassionanti ... Non bisogna lasciarsi spaventare dal fatto che siano oltre 600 pagine. Non dirò che lo si legge di un fiato, ma lo si centellina per sere e sere come se fosse un grande romanzo d’avventure, popolato di straordinari personaggi storicamente esistiti e di cui non sapevamo nulla».
UMBERTO ECO
«... grande affresco storico sul Grande Gioco, come lo chiamò Kipling, che impegnò inglesi e russi, per buona parte dell’Ottocento, in Afghanistan, in Iran e nelle steppe dell’Asia centrale. Mentre il grande impero moscovita scivolava verso i mari caldi inghiottendo ogni giorno, mediamente, 150 chilometri quadrati, la Gran Bretagna cercava di estendere verso nord i suoi possedimenti indiani. Vecchia storia? Acqua passata? Chi darà un’occhiata alla carta geografica constaterà che i grandi attori hanno cambiato volto e nome, ma i territori contesi o discussi sono sempre gli stessi. In queste affascinanti “mille e una notte” della diplomazia imperialista il lettore troverà l’antefatto di molti avvenimenti degli scorsi anni in Afghanistan e in Iran».
SERGIO ROMANO
Si tratta evidentemente di un grande classico, e se posso smentire un gigante come Eco, il mio sforzo è stato quello di non leggerlo tutto d'un fiato ma di centellinarlo, costringendomi a divorare non più di un capitolo, occasionalmente due, consecutivamente.
A grandi linee la storia narrata copre l'arco temporale che va dall'epoca napoleonica a poco prima dell grande guerra, periodo di circa un secolo che copre l'intera età vittoriana, che si apre con la sconfitta di un impero euro-continentale (francese) ad opera di inglesi e russi, e che si chiude con la sconfitta di un impero euro-continentale (tedesco) ad opera di inglesi (e americani) e russi. I classici paradossi della storia, se pensiamo che per il resto Regno unito e Russia sono state le maggiori potenze del pianeta dell'epoca, e naturalmente le maggiori rivali l'una dell'altra non solo geopoliticamente ma anche ideologicamente (solita storia: potenza di mare contro potenza di terra, democrazia contro autocrazia, eterna riproposizione della semi-mitologica contrapposizione grecia - persia).
Sempre in tema di ciclicità della storia, leggere della prima e della seconda invasione dell'Afganistan da parte dei britannici non può che farci pensare all'invasione dell'Afganistan da parte dell'Unione sovietica (circa un secolo dopo i fatti narrati) e all'invasione dell'Afganistan da parte di Stati uniti & amici, ancora più recentemente.
Quanto all'ambientazione, si "vola" dal Caucaso, alla Persia, al vecchio Turkestan e all'Afganistan appunto (peraltro il suffisso -stan è di origine persiana), e naturalmente anche all'India e persino alla Cina, senza dimenticare il ruolo dei turchi, eterni rivali dei russi per il possesso di Costantinopoli, ossia degli stretti tra Mediterraneo e Mar Nero, e dunque del collegamento tra India e Inghilterra, sopratutto dopo Suez, dal punto di vista britannico. Non a caso l'unica vera e propria guerra calda direttamente combattuta tra Regno unito (+ Francia + Turchia) e Russia, nel corso dei fatti narrati, è la (grande) guerra di Crimea, altro luogo a dir poco rilevante per la nostra attualità.
Nota a margine: in tutto il libro è invece pressochè totalmente assente il concetto stesso di Pakistan, abbastanza curioso se pensiamo che a distanza di neanche mezzo secolo dalla fine dei fatti narrati sarebbe diventato uno degli Stati più popolosi del pianeta, nonchè uno dei pochissimi in possesso dell'atomica, nonchè uno di quelli dalla storia più insanguinata.
Sempre in tema di geografia, il mio cuore ha avuto un sussulto quando nel libro è stato citato (e dopodichè è diventato immediatamente protagonista) "l'Oxus di Alessandro Magno". In effetti, per un occidentale dell'Ottocento, imbevuto di cultura classica, non dubito che il cuore dovesse battere a mille nel ripercorrere a distanza di duemila anni quelle stesse terre. Pazzesco. Come se non bastasse, alcuni dei peronsaggi più importanti di questa storia si chiamano Alessandro, come due o tre zar russi e il capitano Burnes
Gli scontri diplomatici e militari non mancano, ma i veri protagonisti (o almeno co-protaognisti, uno di questi è il tenente Henry Pottinger, che JKR vi si sia ispirata?), spesso giovanissimi, coraggiosi, capaci, sono appunto le "spie", gli esploratori e gli agenti più o meno "segreti" di questa guerra fredda prima della guerra fredda, così come le stesse terre che fanno da ambientazione (oltre a tutte quelle già citate, anche il famoso "Roof of the World"), le frontiere che devono essere tracciate, i valichi che devono essere esplorati, i selvaggi khanati e i perfidi emiri che devono essere inglobati e deposti. Non posso fare a meno di pensare che "Il Grande Gioco" sarebbe una sceneggiatura e un titolo perfetto per una serie tv da diverse stagioni alla GOT (nome simile peraltro). A parte i draghi (e il sesso), gli eventi e i luoghi narrati non hanno davvero niente da invidiare alle migliori saghe fantasy alla Asoiaf.
Prossima lettura, a questo punto obbligatoria, Ghost Wars: The Secret History of the CIA, Afghanistan, and bin Laden, from the Soviet Invasion to September 10, 2001, di Steve Coll (e penso che mi procurerò anche questo in edizione italiana, per non ritrovarmi sulla mensola un libro con un talebano in copertina).
"It may be a reflection on human nature, that such devices should be necessary to control the abuses of government. But what is government itself, but the greatest of all reflections on human nature? If men were angels, no government would be necessary. If angels were to govern men, neither external nor internal controls on government would be necessary. In framing a government which is to be administered by men over men, the great difficulty lies in this: you must first enable the government to control the governed; and in the next place oblige it to control itself".
Federalist No. 51, The Structure of the Government Must Furnish the Proper Checks and Balances Between the Different Departments, in The Federalist Papers, a collection of essays written in favour of the new Constitution as agreed upon by the Federal Convention, September 17, 1787
Alexander Hamilton, James Madison, John Jay
Nero come l'anima di Carlo Lucarelli e Massimo Picozzi
Interessante saggio in cui gli autori ripercorrono situazioni che oggi definiremmo crime stories o anche "semplici" drammi individuali e collettivi - es. l'efferata fine di Marcantonio Bragadin e la cruenta notte di San Bartolomeo - usando le tecniche espositive alla Blu Notte e le conoscenze di crimimologia e psichiatria di cui dispongono e che li hanno resi noti. L'aspetto particolarmente interessante del testo è la descrizione che emerge dell'Europa tra il XVI e il XVIII secolo: un continente caratterizzato da profonde e drammatiche trasformazioni sociali e culturali e ben poco somigliante all'immagine eterea e tranquilla che potrebbe dedursi dalla fioritura artistica del Rinascimento. Al contrario, risalta il ritratto di una società dove la violenza è usata in maniera verticistica e sistematica, dove alle prime conoscenze e tecniche scientifiche si accompagna ancora una fortissima dose di superstizione e ignoranza e dove ovviamente non si ha alcun riguardo per prigionieri e nemici veri e presunti, visti più come eretici e/o nemici mortali della Fede e della Patria che come esseri umani: a riguardo, risulta tragica la vicenda di Gian Giacomo Mora e Guglielmo Piazza oltre che quella già menzionata di Bragadin. Lo consiglio a chi volesse anche solo approfondire la martoriata storia del nostro Vecchio Continente.
Voto: 9
Io sto leggendo le mille e una notte e l'ho quasi finito. Alcune storie non le ho capite ma altre erano piuttosto carine e interessanti.
Schwa: una soluzione senza problema di Yasmina Pani
Interessante saggio di una nota linguista e divulgatrice, teso ad analizzare l'effettiva necessità e utilità dello schwa e di altri strumenti che dovrebbero rendere più "inclusiva" la lingua italiana. L'autrice riassume le caratteristiche del maschile non marcato con cenni sull'evoluzione del nostro linguaggio dal proto indoeuropeo, i motivi per cui esso non determina alcuna forma di discriminazione tra i parlanti e non è il sintomo di alcun patriarcato diffuso e sistemico ed evidenzia le criticità dello schwa in relazione alla lingua italiana, specie per quanto riguarda l'uso nel parlato. Il saggio conferma molte delle mie idee e impressioni sull'argomento, ma questa volta con argomentazioni scientifiche e una solida bibliografia alle spalle. Promosso.