25 minuti fa, Lyra Stark ha scritto:Secondo me non puoi apprezzarlo fino in fondo se non hai visto Top Gun, ci sono persino le parodie delle inquadrature
Conosco un po' la trama di Top Gun, anzi credo di averlo anche visto in passato e avevo in effetti la sensazione di capire le gag satiriche del film. Comunque fino al 2006, anno d'uscita di Scary Movie 4, il cinema demenziale aveva prodotto nel complesso molti film validi. Dopo questa data si è scaduti nella volgarità e nel turpiloquio e il genere è di fatto morto, anche se il genere è stato parzialmente rinvigorito dalla trilogia de Una notte da leoni.
Nosferatu - Il principe della notte, Werner Herzog (1979)
Celebre versione targata "nuovo cinema tedesco" del classico di Bram Stoker, con Isabelle Adjani e Bruno Ganz e un disturbantissimo Klaus Kinski nella parte del Conte Dracula. Il film è un remake del vetusto Nosferatu - Il vampiro del 1922, ma differisce molto di più dalla trama originale, soprattutto nel finale.
Personalmente - limite mio - ho sempre guardato con occhio alquanto critico il cinema horror degli anni '70-'80, trovandolo invecchiato assai male e non in linea con le corde emotive che uno spettatore del XXI secolo può percepire più sensibili. Tuttavia sono i film come questo che mi stanno lentamente facendo ricredere, capolavoro d'autore dall'atmosfera inquietante dall'inizio alla fine, con un cambio di ritmo tra prima e seconda parte davvero straniante (lentissimo il primo terzo circa, molto più incalzante di lì in avanti) e una fotografia a tratti davvero immersiva:
Mi riferisco in particolare alle scene in cui Harker esplora il castello di Dracula, quasi sempre inquadrato di spalle, dando la sensazione allo spettatore di stare seguendo il protagonista in quei luoghi oscuri.
Che dire, una piacevole sorpresa che mi invoglia ancora di più a esplorare il cinema horror d'autore di quel periodo.
Voto: 8
Il cinema horror anni 70 e 80 ha caratteristiche peculiari tutte sue Non sono un esperto, ma ho passato durante l'adolescenza il mio bel "periodo horror", tra Dylan Dog e cinema, e in quegli anni sono state prodotte una tonnellata di vaccate, ma anche vere e proprie perle che, come dici, oggigiorno non solo non verrebbero piú prodotte, ma difficilmente riescono anche ad essere apprezzate.
Epperó c'era qualcosa di speciale, di fisico, di viscerale, in quel genere, che oggi, con lo stile patinato e gli effetti digitali, si é un pó perso. Inoltre, i registi dovevano scontrarsi contro i limiti economici delle produzioni per forza di cose di nicchia (non cercavano certo il pg13, che tra l'altro é stato disponibile solo da metá anni 80) e potevano cercare senza problemi il grottesco e la catarsi, ovunque li trovassero.
D'accordissimo. C'è anche a parer mio da tenere in considerazione la presenza, talvolta, dell'autocensura imposta dai tempi.
Penso ad esempio alla scena in cui Dracula affonda i denti nel collo di Lucy: non si vede una goccia di sangue. È come se Herzog non se la fosse sentita di girare una scena evidentemente sensuale e sanguinosa insieme.
Hobbs & Shaw (2019) - David Leitch
Un film di azione esagerato, come non se ne vedevano da tempo. Giá collaudata nei vari Fast & Furious, la accoppiata Statham/Dwayne Johnson funziona alla grande. E dove la trama non pecca in creativitá il film é farcito di siparietti veramente memorabili.
Fortunatamente il film non si allaccia al filone dei Fast&Furious, anzi a parte qualche minimo riferimento, sembra seguire una strada propria, fatta di testosterone, di stile e di divertimento assicurato.
Voto 8/10
@Timett figlio di Timett Hai visto indubbiamente il miglior film della storia del cinema
Hancock (2008) di Peter Berg
Film che ricordo essere molto noto e piuttosto di successo all'epoca, ma che oggi appare poco più che un racconto sconclusionato. La parte migliore del film è la prima metà, con l'introduzione e l'analisi di un supereroe disfunzionale che crea più problemi di quanti ne risolva, ma quando viene introdotta
la sottotrama dei supereroi come essere immortali che diventano mortali quando si avvicinano alla loro controparte maschile o femminile
la trama perde di forza e tutto si risolve nel solito finale convenzionale in cui i cattivi vengono sconfitti (cattivi poi con ben poco carisma) e i problemi risolti. In questo caso
la risoluzione del problema è semplicemente avere Hancock a New York, lontano da Mary, a condurre la sua vita da supereroe ordinario e lontano da eccessi.
Secondo me, un'occasione mancata di creare un film che facesse una satira cattiva sui supereroi, ma da quello che sono neanche la recente serie tv The Boys ci è riuscita completamente. Comunque tra gli sceneggiatori figura Vince Gilligan, autore della serie tv Breaking Bad, e tra i produttori figura il famoso regista Michale Mann.
Voto: 5
Ho letto recentemente che volevano tentare un hancokverso, progetto poi abbandonato.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.
When the snows fall and the white winds blow,
the lone wolf dies, but the pack survives
Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
The Time Machine (2001) di Simon Wells
Remake del film del 1960 L'uomo che visse nel futuro (film che fra l'altro viene citato nella puntata 1x14 di The Big Bang Theory, La macchina del tempo) e come il film originale ispirato al famoso romanzo La macchina del tempo di H. G. Wells, di cui il regista di questa pellicola è bisnipote. Il film ha una prima parte ispirata, soprattutto nelle fasi in cui si mostrano i viaggi nel futuro del protagonista e il progressivo cambiamento in peggio del pianeta, ma scade nella rappresentazione macchiettistica e quasi caricaturale dei Morlock, nient'altro che esseri bestiali che vivono nel sottosuolo e si nutrono degli abitanti della superficie. Probabilmente ciò deriva dal fatto che il romanzo di Wells non è invecchiato benissimo (benché la sua importanza storica sia indubbia), e anche nei discorsi sui paradossi temporali il cinema e le letteratura nel frattempo sono andati avanti.
Il motivo per cui Alexander non può cambiare il passato, ossia la morte della fidanzata, è che se lo facesse non inventerebbe più la macchina del tempo e non potrebbe più tornare indietro e salvare la sua ragazza, generando così un paradosso la cui soluzione è appunto l'impossibilità di cambiare il passato, una sorta di determinismo ineluttabile. Ma questo tipo di visione dei viaggi del tempo è cambiata con la trilogia de Ritorno al Futuro e con la duologia di James Cameron di Terminator, in cui cambiare il passato fa sorgere una nuova timeline. È proprio quest'ultima visione dei viaggi del tempo ad essere diventata più familiare nel mondo del cinema.
In ogni caso un film indubbiamente originale e che ogni nerd dovrebbe vedere.
Voto: 6
Condivido il giudizio sul film, quanto alle considerazioni sotto spoiler, non mi pare che il modello "cameroniano" sia così preponderante, in tv o al cinema, mi sembra che le due soluzioni siano abbastanza equilibrate (senza contare che la prima, quella deterministica mi sembra scientificamente più plausibile, ha solo la pecca di offrire molte meno soluzioni narrative).
Non ho detto preponderante, ho detto familiare, anche perché altrimenti dovremmo anche considerare nell'elenco la soluzione offerta da Endgame (che è la più farraginosa e criticata). Di solito gli appassionati di cinema e libri quando pensano ai viaggi del tempo e alle loro implicazioni pensano ai film da me citati, ma forse entra anche in gioco il fatto che sono film molto più famosi di quelli della mia recensione. Comunque è solo un'impressione personale.
2 ore fa, Euron Gioiagrigia ha scritto:Non ho detto preponderante, ho detto familiare
L'avevo interpretato in quel senso. Sì, è come dici tu perchè in effetti l'approccio alla Cameron è quello che offre più possibilità narrative (creazione di nuovi universi/linee temporali e via discorrendo), però anche l'ipotesi deterministica (loop temporale) ha il suo fascino, che è quasi più accattivante, per me.
Robert the Bruce - Guerriero e re (2019), di Richard Gray.
Si tratta del seguito, se non ufficiale senz'altro ideale, di Braveheart, con Angus Macfadyen che riprende il ruolo di Robert. Il film inizia qualche anno dopo la morte di William Wallace, e ci presenta un Robert in fuga dagli inglesi dopo una lunga serie di sconfitte, con una golosa taglia sulla testa e scoraggiato al punto da congedare quei pochi soldati ancora fedeli e a rinunciare alla guerra d'indipendenza. Grazie all'assistenza di una vedova che lo cura dopo essere stato ferito, Robert ritrova la forza e l'umiltà di riprendere la lotta per liberare la Scozia.
Il film parte con delle ottime premesse, ma alla fine è un film abbastanza noioso. Quelli che dovrebbero essere i punti salienti della situazione in cui versa Bruce (la sua invidia per la popolarità di Wallace, le sue difficoltà militari, la lontananza dalla famiglia eccereta) vengono appena citati, e neanche da lui stesso, e il film si concentra maggiormente sulla famiglia che l'ha soccorso.
Robert the Bruce, poco guerriero e re quasi per niente. Per quanto Outlaw King non brillasse ganchè, qui è proprio buio pesto.
Voto, 4.
Ah se outlaw king era meglio non oso pensare a questo film allora
Che peccato, si che di roba per farci un buon film attorno a questa figura ce ne sarebbe. Attenderemo Cavill in kilt
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.
When the snows fall and the white winds blow,
the lone wolf dies, but the pack survives
Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
Tolkien (2019), di Dome Karukoski
Altra delusione.
Il film si apre nel 1916 con un Tolkien giovane ufficiale dell'esercito catapultato nell'inferno della guerra in trincea nella Somme, intento, pur debole e febbricitante, a rintracciare uno dei suoi migliori amici, del quale non si hanno ormai più notizie. Da questo momento il film, a sequenze che vedono Tolkien perseverare nella sua ricerca tra trincee invase di fango, sangue e corpi straziati, alterna una serie di flashback che ci mostrano, o dovrebbero mostrarci, non solo la vita di Tolkien, ma soprattutto dove e in che modo sia germogliato quell'impegno, quella passione e quel talento a cui dobbiamo il Legendarium. Solo che non riusciamo a cogliere niente di tutto ciò, e non ci riusciamo perchè non c'è quasi niente, di quel tutto ciò. L'intero film presenta due Tolkien: il primo è un giovanotto squattrinato, brillante ma socialmente emarginato, che si integra in un gruppetto di compagni di scuola accomunati da un notevole talento artistico, formando così il club dei TCBS e che poi si innamora di Edith Bratt. Il secondo Tolkien (che è quello che dovrebbe interessarci di più) invece ci viene presentato come un'appassionato di lingue, antiche e di sua invenzione, ma innamorato quasi esclusivamente del suono, della musicalità della lingua più che del suo significato profondo, al punto che il regista fa giungere Tolkien alla "scoperta" che le parole debbano avere un senso, oltre che un bel suono, solo quando Edith glielo fa notare per prima. Per il resto, il film è pieno di citazioni e riferimenti alle opere di Tolkien che però sono talmente marginali da essere poco più che easteregg; da una ragazza frequentata all'università che lo chiama scassinatore ai membri del TCBS che definiscono il loro club una compagnia; dalla stanza da letto di Tolkien tapezzata di appunti e bozzetti sui quali riconosciamo Shelob, la torre nera di Othranc o scritte in Khuzdul, al contrasto tra la vedreggiante campagna inglese dell'infanzia e la cupa e sporca Birmingham, riflesso fin troppo forzato e frettoloso di quelle che saranno poi la verde Contea e le Isengard e Hobbiville conquistate e corrotte da Saruman. Nel caos della Battaglia delle Somme, Tolkien, per la malattia e lo shock, intravede draghi intenti a sputare fuoco ed esalazioni velenose, vede i Nazgul falciare senza pietà i soldati, per arrivare alla scena più spettacolare del film: all'orizzonte del campo di battaglia, dalle fiamme di un grande incendio, Tolkien vede, sgomento, levarsi un colosso di fumo e fuoco, con una corona aguzza in testa.
Insomma, il film riesce a capitalizzare abbastanza bene l'interesse e la bravura di Tolkien per le lingue e il trauma dell'esperienza bellica, che sono due elementi importanti nella produzione lettearia di Tolkien, ma non i soli. Del suo interesse per la mitologia scandinava e finnica, anche in chiave nazionalpopolare, è del tutto assente (anzi, sembra quasi che L'oro del Reno glielo faccia conoscere Edith). Di religione non si parla, benchè sia un tratto importante nell'opera e nella filosofia di Tolkien, nè si toccano altri rilevanti elementi come il viaggio, il destino, il bene e il male, l'umiltà e il potere, la morte.
Voto, 4.
Accidenti, io di questo film non ne avevo mai neppure sentito parlare Apparentemente non mi sono peró perso nulla...