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Commenti su film appena visti
D di Darrosquall
creato il 25 luglio 2005


Euron Gioiagrigia
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Euron Gioiagrigia
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Inviato il 02 novembre 2019 0:07

Casper (1995) di Brad Silberling

 

Erano forse vent'anni che non guardavo questo film, e all'epoca l'avrò visto almeno una decina di volte su un VHS consumato che dovrei avere ancora. Nulla da dire, commuove come la prima volta in cui l'ho visto, e dietro vi sono anche delle sequenze steampunk che mi gustano assai (si pensi a quella nel laboratorio). E in più vi si può scorgere una riflessione non banale sulla morte e sulla perdita dei propri cari. All'epoca fu un grande successo, e sono assolutamente felice che non abbiano mai pensato di fare un sequel o un remake come è stato con Jumanji, che rovinerebbero del tutto il ricordo che ho di questo pezzo della mia infanzia.

Splendide, splendide musiche di James Horner, soprattutto la parte con il pianoforte.

Due curiosità sciocche: la doppiatrice italiana della giovane protagonista è Valentina Mari, la stessa di Rei in Evangelion; il direttore della fotografia è Dean Cundey, lo stesso di 1997: Fuga da New York.

 

Voto: 9

Modificato il 05 July 2024 17:07


Euron Gioiagrigia
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Euron Gioiagrigia
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Inviato il 03 novembre 2019 11:51

Terminator 2 - Il giorno del giudizio (1991) di James Cameron

 

Ho visto per la prima volta l'extended cut, ma non aggiunge scene fondamentali a dir la verità, anche se è interessante quella in cui

quando John Connor vede due Sarah Connor alla fonderia, si accorge che quella che gli sta chiedendo aiuto in realtà è il T-1000 perché i piedi avevano preso le sembianze del pavimento, a causa di un danno riportato precedentemente dal T-1000 a causa dell'azoto liquido.

Comunque, per usare le parole di Mereghetti, è un filmone epocale ed imperdibile, un sequel migliore dell'originale sotto tutti i punti di vista: più lungo, più ricco di azione, più effetti speciali, più pathos, più speranza, visto che alla fine di tutto

il Giorno del Giudizio viene scongiurato

sempre che il sequel che sta uscendo questi giorni non rimescoli ancora una volta le carte in tavola. È un film che non è invecchiato per nulla in 28 anni, e che ha ancora molto da insegnare ai registi odierni su come si dirige un film di azione e di fantascienza. Ed è anche un film genuinamente femminista, vista la forza della protagonista interpretata dalla stupenda Linda Hamilton.

Splendido l'apparato tecnico di contorno, a partire dagli effetti speciali della Industrial Light & Magic, al make-up di Stan Winston, alle musiche di Brad Fiedel.

 

Voto: 10


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AemonTargaryen
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AemonTargaryen
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Inviato il 03 novembre 2019 17:12

Selma - La strada per la libertà (2014) di Ava DuVernay.
 
Un intenso affresco dei convulsi mesi di lotta politica portata avanti dal Movimento per i diritti civili degli afroamericani, caratterizzati dalle marce da Selma a Montgomery che sfociarono nella firma del Voting Rights Act. Una pellicola dal taglio profondamente politico, che racconta  un breve ma denso capitolo di una storia straordinaria. La storia di un intero popolo.
 
1964. Martin Luther King vince il Nobel per la pace, guadagnando una visibilità mediatica che lo mette nelle condizioni di poter intavolare un confronto con il Presidente Lyndon Johnson circa l'introduzione di una legge federale per abbattere i muri giuridici di natura burocratica che impediscono in concreto l'esercizio del diritto di voto dei neri americani. Di fronte all'inconcludenza dell'incontro, ha inizio la pianificazione delle proteste non violente nella cittadina di Selma. Se la strategia della non violenza presuppone che dall'altra parte venga posta in essere una reazione, Selma, nel cuore dell'Alabama di George Wallace, è il luogo perfetto per metterla in pratica.
 
Un buon cast e una regia che si esalta a più riprese. Selma è forse un film di grandi istantanee – nelle quali Ava DuVernay mostra talento e idee interessanti – legate assieme da  fasi di gestione ordinaria. Dal dialogo tra Martin Luther King e Ralph in prigione, in cui emergono tutti i dubbi di un leader, alle lacrime strazianti del nonno di Jimmi Lee Jackson, dall'orgoglioso discorso sulla storia dei neri statunitensi dell'attivista a Coretta fino alle sequenze finali, c'è tutta una serie di istantanee davvero riuscite, emotivamente impattanti.
 
Il reverendo King, protagonista della pellicola, è interpretato da David Oyelowo, che nelle due ore di pellicola si esalta in particolare nei momenti più intimi, in cui emergono i dubbi e i conflitti interiori del grande leader statunitense (“Quando un uomo cade, cosa ne è di quelli che lo seguono?”).
Condivisibile che pur non lesinando talvolta di accennare ad alcune tensioni private di King, esse siano state fatte passare in secondo piano, privilegiando la narrazione di una storia che nella realtà come nella pellicola è stata ed è più grande delle vicende personali di un singolo uomo, per quanto grande egli possa esser stato. Quello che alla fine rimane, è il dipinto di uomo che pur non perdendo l'aplomb che lo contraddistingue anche nei momenti più difficili, ha un'indole che gli impedisce di sottrarsi dall'agire per la causa in cui crede, al costo di grandi sacrifici personali e familiari; un uomo che ha nel cuore la forza di portare avanti una battaglia epocale per perseguire i propri ideali, ma che al tempo stesso – e questo è certo un aspetto interessante – non smarrisce nell'agire politico un costante ricorso al dialogo, che però non lo porta mai ad accettare forme di compromesso che tradiscano il senso più profondo delle sue battaglie. Più che un Don Chisciotte del Novecento, dunque, un grande uomo politico in grado di assumersi la responsabilità di decisioni e azioni coraggiose.
 
Colonna sonora sempre all'altezza, che alterna alcuni classici dei Sixties ad alcuni brani contemporanei. Glory di John Legend è una gran canzone: assolutamente calzante al contesto delle lotte guidate da Martin Luther King, ma potrebbe benissimo essere un inno politico del nostro tempo.
 
Una pellicola che centra pienamente l'obiettivo, che si potrebbe definire pedagogico, di scuotere le coscienze portando l'attenzione su una questione attualissima, alla base della costruzione di una società che voglia dirsi davvero democratica: la questione della lotta per l'uguaglianza.
Selma è un film di cui la fedeltà storica è uno dei capisaldi, che con pennellate vivaci dipinge l'America di mezzo secolo fa, per certi aspetti non troppo diversa dall'America e dal mondo attuali. Ci sono i soprusi “di Stato” e le sistematiche, criminali violazioni dei diritti pienamente istituzionalizzate; c'è il razzismo, con l'ignoranza, l’indifferenza e le menzogne che stanno alla sua base, un razzismo che talvolta prende le forme delle idee criminali dei suprematisti bianchi, talaltra quelle di leggi non meno vergognose; c'è anche, tuttavia, la solidarietà di chi pur non vivendo le disuguaglianze sulla propria pelle decide di marciare per il diritto di voto dei neri, attirando su di sé l'odio razzista, che ad esempio per l’attivista Viola Liuzzo ha significato essere massacrata una manciata di ore dopo l'ultima marcia da membri del Ku Klux Klan.
Tuttavia, Selma, come detto, non narra che un breve capitolo di una storia straordinaria, assai più grande. La storia di un popolo forte, orgoglioso, che ha vissuto secoli di angherie e che ha sempre resistito, non rinunciando mai, citando una frase del film, “a sorridere e ad amare”. E tuttavia, per il modo stesso in cui ha narrato questo capitolo, DuVernay è riuscita a raccontare il senso più profondo dell'intera storia. È un grande merito.
 
Il messaggio politico è talmente forte da far passare altri aspetti del film quasi in secondo piano. Il che potrebbe essere visto come un limite. Visto e considerato il contesto ritengo che non lo sia. Prima del Voting Right Act del 1965, più del 50% degli abitanti di Selma era composto da neri, ma soltanto il 2% poteva “votare e determinare il proprio destino come esseri umani”. Fa un certo effetto pensare che nel 1961, quattro anni prima dei fatti di Selma, nacque Barack Obama.
 
In definitiva, un film assai intenso, che punta a scuotere le coscienze. E ci riesce.

 

Modificato il 05 July 2024 17:07

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Oathkeeper
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Inviato il 06 novembre 2019 9:12

Qualcuno di voi ha visto l'ultimo Terminator? Avevo un hype altissimo per questo capitolo ma me lo hanno smontato le recensioni. Non sono andata a vederlo e volevo avere una vostra opinione in merito.


Questa è l'unica Odissea:  gli Argonauti partono in cerca della realtà per trovare, alla fine,

colui che la sta sognando. (Il pappagallo dalle sette lingue)

 

Flectere si nequeo superos, Acheronta movebo. ( Virgilio - Eneide )

 

Tutte le fini sono il mio inizio, tutti i cammini sono il mio sentiero.

(benedettini disertori)

 



 


ryer
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Inviato il 06 novembre 2019 12:13
Il 31/10/2019 at 10:17, Lady Monica dice:

Downton Abbey

 

Sono uscita dal cinema con i lucciconi e un senso di nostalgia acuto: non mi ero resa conto quanto DA mi fosse mancato. E' stata una delle serie che mi è piaciuta di più in questi ultimi anni e rivedere la famiglia Crowley e la servitù la al loro posto, mi ha fatto felice. 

 

Già, è stato lo stesso anche per me. Tra l'altro avevo letto della possibilità di un secondo film, anche se temo che a quel punto

non ci sarà più Lady Violet

<_<

 

La scena di Molesley durante la cena faceva troppo ridere :blink:



Euron Gioiagrigia
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Inviato il 07 novembre 2019 12:43
Il 6/11/2019 at 09:12, Oathkeeper dice:

Avevo un hype altissimo per questo capitolo ma me lo hanno smontato le recensioni. 

 

Abbiamo letto le stesse recensioni allora. Comunque penso di andarlo a vedere domenica, ti farò sapere.


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Timett figlio di Timett
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Inviato il 08 novembre 2019 12:11

Spider-Man: Homecoming (2017) - Jon Watts

 

Il mio progetto di vedere tutti i film del MCU, mi ha portato, volente o nolente, ad affrontare il reboot (anzi tri-boot) di Spiderman. Ero scettico dell'importanza del personaggio per l'universo Marvel, e lo sono ancora. Il film, che avevo un po' temuto di vedere alla fine mi ha lasciato praticamente indifferente. 

 

La storia del ragazzino ragno é stata rivisitata, ma neanche troppo, e adattata al 2017, con tanto di "uomo sulla sedia" come sidekick. Alcune gag sono carine, l'attore é sicuramente capace e adatto per fare spiderman. Tutte impressioni positive, ma non posso dire che il film mi abbia lasciato qualcosa. Probabilmente c'entra anche il target del pubblico, che in confronto agli altri film della serie é stato un pochino abbassato, probabilmente si tratta dell'inserimento quasi forzato di Tony Stark (belle invece le interazioni Happy - Peter Parker, i momenti migliori del film), forse é il villain con la faccia da buono, senza un vero obiettivo, forse perché la scena che avrebbe dovuto essere l'apice della suspance é stata noiosa (quella della nave). Non so, sono state parecchie le cose poco convincenti, che mi hanno fatto sembrare la pellicola in oggetto una delle più fiacche della saga MCU.

 

Voto 6/10


 

greyjoy.jpg

Team Greyjoy

 

image.png

 

#SaveSerBalzo!

Fondatore del comitato di quelli che venerano Nina Gold :ninja:

Co-ideatore del comitato pro-mozzarelloni headbangers (in cerca di nuovo mozzarellone headbanger) :huh: 

Appartente al comitato di protesta: Merret Frey stava solo bevendo!! >_>

 

*
***Silk***
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***Silk***
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Inviato il 12 novembre 2019 0:02

Das Leben der Anderen. 

 

Film rivisto recentemente e in occasione del trentennale della caduta del muro di Berlino. Anche a distanza di anni è sempre una buona occasione per riflettere con una recensione sui generis. 

 

Tradotto in italiano "le vite degli altri", ma letteralmente "la vita - o volendo, il vivere - degli altri". Il titolo ci mette già in un'ottica di meta-racconto, se vogliamo, anticipando che il protagonista, il capitano della Stasi Gerd Wiesler, interpretato dal fu straordinario Ulrich Muehe, sarà lo spettatore del vivere dello scrittore e intellettuale Georg Dreyman e di tutti coloro che gli ruotano intorno, nella Berlino Est della DDR. 

 

Ma Gerd Wiesler non è uno spettatore passivo come il pubblico di una sala cinematografica. È una spia che ha il compito di invadere silenziosamente e controllare ogni minimo dettaglio della vita di Dreyman, a sua insaputa, allo scopo di coglierlo in fallo e scovare una falla, un'infedeltà verso l'ortodossia del regime. L'assenza di intimità e di privacy della DDR è amplificata dall'ambientazione. Qui, prevalgono ambienti chiusi e si alternano principalmente gli interni della casa di Dreyman alla stanza da cui Wiesler ascolta, in attesa di trovare qualcosa di compromettente e guadagnarsi la promessa promozione. 

 

Questo quadro claustrofobico e soffocante, a tratti incredibile per la nostra percezione, eppure reale, perché non si tratta di finzione ma di un vero, seppur distopico, periodo storico, è ancor più aggravato dalle ragioni che, sotto la formalità della difesa dell'ortodossia, muovono la vicenda: l'interesse del ministro della cultura per la compagna di Dreyman, l'attrice Christa-Maria Sieland.

Già, di per sé, l'idea di un controllo dettato dalla necessità di salvaguardare l'unica ideologia è sufficientemente agghiacciante e alienante, come piano formale. Per quanto, se ci riflettiamo bene, coi dovuti distinguo, anche nella nostra odierna realtà possiamo riscontrare molteplici casi in cui, a diversi livelli, ci vengono proposte in - più o meno - piccolo delle "uniche vie", che non tengono conto della particolarità. 

In un tale contesto, gli ambienti chiusi ricorrenti della fotografia si fanno metafora di un muro che non si vede, ma che, a differenza di tanti altri muri odierni e passati, volti a separare chi sta ai due lati della costruzione, ha una significativa peculiarità: si giustifica come protezione degli abitanti dell'est ma mira a contenerli, impedendo la fuga e annientando il dissenso, con ogni mezzo.

Oltre il primo livello filosofico di protezione dell'ideologia, si staglia l'ulteriore ombra dell'aleatorietà, della corruzione e quindi di una mancanza di fondo di ideologia, che resta una grigia facciata, un muro scalcinato: l'azione scaturisce per accomodare un prurito del potente di turno. Questo ulteriore tassello, se possibile, amplifica ancora di più il già forte senso di alienazione e di assurdità, laddove cade anche il pretesto della "causa superiore". 

 

Su questo background, si ergono le esperienze di vita dei personaggi che si muovono di fronte ai nostri occhi. Ciò che prende vita e si fa intenso è il linguaggio delle emotività e della consapevolezza in un mondo che porterebbe alla negazione dell'una e dell'altra.

Riprendendo un'ispirazione letteraria a cui ho già accennato poc'anzi, risiede proprio nella consapevolezza e nell'emotività - quella genuina - il germe di disallineamento con l'ortodossia. Assistiamo così al percorso emotivo e di presa di coscienza degli individui: mentre il grigio e solo burocrate della Stasi, attraverso il suo lavoro di spionaggio, si inizia ad aprire all'arte, alla cultura, e si trova in qualche modo ad affezionarsi all'oggetto dello spionaggio, al nemico, a ciò che lo separa da un avanzamento di carriera, osserviamo la sua controparte, l'oggetto, prendere consapevolezza della realtà effettiva attraverso il suicidio dell'amico Albert Jerska, altro intellettuale, impossibilitato ad operare dallo stesso regime per le sue idee politiche. 

 

- Stai ancora dalla parte giusta? 

- Sì. 

 

Nel momento in cui Dreyman inizia davvero a incamminarsi su un percorso di ribellione, Wiesler, che dovrebbe smascherarlo, sceglie di proteggerlo: prende coscienza della propria esistenza, della propria solitudine, del significato delle relazioni umane, dei sentimenti, di fronte ai quali gli ideali a cui si era finora votato crollano. È un silenzioso, lento e delicato dialogo tra due uomini agli antipodi che non si incontrano mai, o quasi. E, nel monologo inconsapevole che quotidianamente Dreyman fa a beneficio di Wiesler, si assiste a un'inconsapevole quanto spontanea educazione sentimentale che arriva a risvegliare l'anima di quest'ultimo, tanto da ribaltare il suo obiettivo iniziale e infondere una visione di ottimistica speranza nelle potenzialità del singolo individuo, che prescinde la sua stessa estrazione. Una evoluzione che tanto più risalta, se messa a confronto con l'epilogo della fragile e contesa compagna di Dreyman. 

 

 


"And now at last it comes. You will give me the Ring freely! In place of the Dark Lord you will set up a Queen. And I shall not be dark, but beautiful and terrible as the Morning and the Night! Fair as the Sea and the Sun and the Snow upon the Mountain! Dreadful as the Storm and the Lightning! Stronger than the foundations of the earth. All shall love me and despair!”

 

She lifted up her hand and from the ring that she wore there issued a great light that illuminated her alone and left all else dark. She stood before Frodo seeming now tall beyond measurement, and beautiful beyond enduring, terrible and worshipful. Then she let her hand fall, and the light faded, and suddenly she laughed again, and lo! she was shrunken: a slender elf-woman, clad in simple white, whose gentle voice was soft and sad.

 

“I pass the test”, she said. “I will diminish, and go into the West and remain Galadriel.”

 

***

 

"A ruler needs a good head and a true heart," she famously told the king. "A cock is not essential. If your Grace truly believes that women lack the wit to rule, plainly you have no further need of me." And thus Queen Alysanne departed King's Landing and flew to Dragonstone on her dragon Silverwing. [...] The queen died of a wasting illness in 100 AC, at the age of four-and-sixty, still insisting that her granddaughter Rhaenys and her children had been unfairly cheated of their rights. "The boy in the belly," the unborn child who had been the subject of so much debate, proved to be a girl when born in 93 AC. Her mother named her Laena. The next year, Rhaenys gave her a brother Laenor. 

 

 


Euron Gioiagrigia
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Inviato il 12 novembre 2019 18:13

Nausicaa della Valle del vento (1984) di Hayao Miyazaki

 

Gli anni '80 si confermano un periodo estremamente prolifico per il cinema, e infatti questo è uno dei migliori film d'animazione di tutti i tempi. I temi dell'ambientalismo, del femminismo e del pacifismo sono esposti in modo lucido e pacato (ma anche deciso) e confermano la cifra stilistica di Miyazaki, non a caso considerato uno dei maestri dell'animazione giapponese. Un film che somiglia nella modalità espositiva e nella storia ad una favola, ovviamente a lieto fine, con una lentezza che non diventa mai noia. Assolutamente consigliato.

 

Voto: 10



Neshira
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Inviato il 12 novembre 2019 22:12

Mi accodo a chi consiglia Downton Abbey: visto da profana totale (ovvero, della serie sapevo solo che era girata ad Highclere più un sunto di 10 minuti di due Lady del forum:blink:) e me lo sono goduto parecchio lo stesso. Tra l'altro il genere in costume di solito mi addormenta quindi tanto di cappello.

 

Di mio consiglio la famosa invasione degli orsi in Sicilia anche se è stato difficile beccarlo pure in una città come Firenze: bellissimo film per bambini...ma ormai, fosse solo per la resa grafica, nessuna favola a cartoni è più solo per bambini, tanto meno questa. Ben al di sopra di parecchi Disney fotocopia e giusto una pagliuzza al di sotto di la Canzone del Mare - e solo per il tema musicale; film a cui per me somiglia tantissimo anche se con colori e disegni completamente all'opposto: nell'idea di rischiare un folklore a dettagli per niente universali, nel cambiare 'pov' tra fantasy illogico spinto e particolari di vita di persone normalissime, nell'happy ending non così zuccheroso e un minimo aperto. 8/10 nella categoria.


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Inviato il 13 novembre 2019 8:32

Sully (Clint Eastwood - 2016)

Nulla da dire, ben diretto e recitato. Efficace nel descrivere l'evento e l'indagine successiva. Se dovessi cercare delle debolezze, elencherei la leggera retorica patriottica dei newyorkesi che si adoperano per il salvataggio (retorica tutto sommato contenuta), gli effetti speciali deboli (l'ammaraggio sembra fatto un ventennio fa) e il poco approfondimento delle conseguenze psicologiche che Sully non puó non aver avuto dopo essere sopravvissuto ad un evento del genere (2 incubi non sono un approfondimento sufficiente).

Ma posso tranquillamente consigliarlo.

 

Il ponte delle Spie (Steven Spielbeg - 2015)

Ancora non l'avevo visto :ehmmm:Molto ben fatto, ottima regia classicamente Spielberghiana, lussuosa fotografia e ottima recitazione. Circa la fotografia, ho notato che in molte scene si trovavano i volti in ombra, in alcuni casi ombre apparentemente involontarie (date dal passaggio di altri attori davanti alla luce, o per via del luogo esatto scelto dall'attore). Mi sono domandato se fosse una scelta di Spielberg e, se si (e mi parrebbe strano il contrario), perché lo abbia fatto. 

La storia scorre liscia, col giusto livello di complessitá, e il film regala anche un paio di momenti comici funzionanti.

Magari avrei fatto un pó a meno del sentimentalismo Spielberghiano, soprattutto in un paio di payoff finali

la frase "un uomo tutto d'un pezzo" e i bambini (liberi) che per gioco scavalcano il recinto.

Queste due cose sono perfette, si incastrano benissimo. Ma sono talmente esplicite nella loro funzione da risultare quasi irritanti.

 

Bel film, lo consiglio.


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Inviato il 13 novembre 2019 14:16

Io invece devo dire la verità ho trovato i 2 veramente noiosi, tanto che ho faticato a seguirli (ovvero a rimanere sveglia) e me ne ricordo ben poco. Di fatto non mi hanno lasciato nulla se non la sensazione di palla allucinante.
Tra l'altro la combo Spielberg/Hanks mi risulta micidiale e la cosa che mi sorprende è che si tratta di professionisti di primo livello, quindi che spreco.


E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.

 

A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.

 

When the snows fall and the white winds blow,

the lone wolf dies, but the pack survives

 

Stark è grigio e Greyjoy è nero

Ma sembra che il vento sia in entrambi

 
 
What do they say of Robb Stark in the North?
They call him The Young Wolf
They say he can't be killed...
 
A thousand years before the Conquest, a promise was made, and oaths were sworn in the Wolf's Den before the old gods and the new. When we were sore beset and friendless, hounded from our homes and in peril of our lives, the wolves took us in and nourished us and protected us against our enemies. The city is built upon the land they gave us. In return we swore that we should always be their men. Stark men!

 

 

ryer
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Inviato il 13 novembre 2019 14:45
16 hours fa, Neshira dice:

Mi accodo a chi consiglia Downton Abbey: visto da profana totale (ovvero, della serie sapevo solo che era girata ad Highclere più un sunto di 10 minuti di due Lady del forum:blink:) e me lo sono goduto parecchio lo stesso. Tra l'altro il genere in costume di solito mi addormenta quindi tanto di cappello.

 

 

Pensavo fosse fruibile solo da chi aveva già seguito la serie, mi fa piacere sentire che si può apprezzare anche da "neofiti"... però se ti è piaciuto, ti consiglio di provare a recuperare la serie, alcune dinamiche tra i personaggi si possono cogliere solo avendo visto le puntate.

 

p.s. Sono anch'io una fan de "La canzone del mare", se non li hai già visti ti consiglio anche "The secret of Kells" e "The breadwinner", sempre dello stesso studio d'animazione :)



Neshira
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Guardiani della Notte
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Neshira
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Guardiani della Notte

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Inviato il 13 novembre 2019 18:22
3 hours fa, ryer dice:

p.s. Sono anch'io una fan de "La canzone del mare", se non li hai già visti ti consiglio anche "The secret of Kells" e "The breadwinner", sempre dello stesso studio d'animazione :)

Non li conoscevo, grazie *_*. Sicuramente li recupero prima di 5-6 stagioni intere di serie :blink:


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Inviato il 15 novembre 2019 18:28

Joker (2019) - Voto: 9

 

Ogni fotogramma è così vivido nel rappresentare la miseria dell'individuo, e l'interrelazione di quella stessa miseria con quella insita nella società di cui è parte passiva e attiva in un'indefinita assenza di tempo. Profondamente comune, brutalmente ecumenico. Società e uomo mai si scindono, pur essendo due entità diversamente costituite, assaporando la condivisione del sempre verde degrado. E così ogni istante non può che essere permeato da un senso di profonda angoscia, da ansie di rituale e inevitabile accadimento. Il circoscriversi di un essere assuefatto nella sua stessa debolezza apparente, ricettore passivo di un diverso susseguirsi. Pelle ed ossa che diventano immagini di una simbolica e sconcertante fragilità, interconnessione tra un rachitismo fisico e il consolidarsi di una vulnerabilità astratta.

 

La silenziosa apertura alla possibilità di scelta, all'attribuzione di ogni responsabilità, brillantemente diramata nel senso di un'ineluttabile empatia. L'ambivalente e controverso dilemma, la spartizione delle colpe. La società, di cui la prevaricazione e il predominio sono lussuriosi amanti, che rigetta l'individuo non conforme, ma al tempo stesso l'individuo non conforme che rigetta una società che non lo rispecchia. Ancora, la società come un dispotico contenitore di situazioni e assetti precedente organizzati, l'individuo come un caotico recipiente di idee solamente accennate, concettualmente privo di collocazione. Il mutuale fallimento dell'integrarsi e dell'integrare, ove altrettanto mutuale è il peso della comune colpa. Essere al cospetto di un ambiente in cui non ci si identifica ma di cui si è irrimediabilmente parte significa dunque soccombere alla responsabilità di vagare in un'area poco nitida e allontanarsi sempre più dalla comprensione.

 

E così Arthur semplicemente è. Indissolubilmente intrappolato nella beffa di un risata che è connaturata nei suoni di un sofferente e perenne ragliare. Incapace di relazionarsi all'esistenza, ai suoi pari. Incapace di relazionarsi a sé stesso. Uno spietato residuo in carne di un'educazione mancata, disgregata dal vuoto costituito dall'assenza di autentici modelli di riferimento. Un essere che non si è mai affacciato ai prodromi di un sillabario emozionale, mai indotto, di riflesso, alla formazione di esigenze motivazionali e relazionali, mai realmente sospinto alla creazione della propria morale e alla nascita del proprio quanto autentico Io. Mai realmente evoluto; prigioniero consapevole e al tempo stesso inconsapevole in una sfera emotiva profondamente infantile, disorganizzata e candida, afflitta da un errato e disturbante scambio madre-figlio. La sua mente è dunque un disordinato giardino di pulsioni incontrollate e di convinzioni monche, la cui emancipazione non è stata mai realmente raggiunta, ma solo vagamente sfiorata. La moltitudine dei suoi comportamenti più accennati non sono che il riflesso di un'infanzia in cui egli stesso è violentemente cristallizzato. Un essere vittima della peggiore delle barbarie: l'impossibilità di formarsi, l'impossibilità di un'autonomia mentale, spirituale e sociale.

 

Lo stesso rapporto materno, da adulto, è il basico reflusso di un soggetto la cui incapacità relazionale è controversa istanza di mancata evoluzione. Egli accoglie su di sé il peso di una madre delirante; l'accudire l'altro come unico esercizio d'amore semplicista, ma profondamente enfatico nella sua disarmante purezza, devoto e costante nel prendersi cura del simbolo e della maggior causa delle sue falle sociali e di qualsivoglia scambio interpersonale. Mai banalmente egli si perde nell'incedere in sé stesso, ma sempre drammaticamente vincolato alla propria tragedia, e così i suoi poco elaborati meccanismi di difesa.

 

Egli vive nel paradosso di un identità profondamente immatura e solo parzialmente formata, un paradosso altrettanto costituito dall'essere una forma addensata nella solitudine che ricerca tuttavia in modo costante e pedissequo la vicinanza del prossimo, scontrandosi di conseguenza con il rinnovato censimento di un'altrettanto organizzata indifferenza che tende a respingerlo e a isolarne maggiormente l'essere, alimentando il dubbio del suo configurarsi come vittima del presupposto sociale. Così Arthur è emblema di una condanna, e ogni prova d'empatia viene smembrata e ricostituita in una costante incursione nella psichedelica non-esistenza. Preciso e inconfutabile, le sue parole e le sue gesta lo rendono eternamente adagiato in una logorroica furia, il sincopante ed evidente bisogno di enfatizzare il proprio esistere.

 

Crudele e veritiero, l'emanazione di una solitudine profondamente equilibrata nel suo perenne conflitto. La raffigurazione dello sfero di Empedocle, solo ma stabilmente legato alla proiezione e alla stabilità di sé.

 

Ogni parte del suo essere lentamente gocciola nel patologico, mutazione in una creatura manchevole di censura morale, dedito al disfacimento della convenzione. Nell'omicidio egli riscopre la conseguenza della propria incapacità a creare ed edificare, e dunque l'avversa inclinazione al distruggere. La componente mnemonica è soltanto accennata dai singulti della rimozione. Una fragile creatura che incamera ed esercita una violenza già latente in sé stessa, disseppellita in una raccapricciante metamorfosi.

 

Quasi con grazia Arthur consegue nel poco credibile riferimento di una visione destabilizzata. La sua struttura identitaria diviene la testimonianza di un perverso divenire. La trasgressione è dunque pura e sperimentale didattica, il respiro derivato dall'allentamento di ogni principio costrittivo.

Il suo sorriso rosso è dunque dipinto che irride la boria di fallimentari convenzioni. Mediante la sua armoniosa danza diffonde l'effetto di un'allucinazione collettiva, l'anarchia dell'individuo che assorbe ogni residua priorità sociale in una spirale di depravazione, assoluzione e colpevolezza.

 

Sono le parole di Charles Dickens ad essere ultimo emblema di un'esistenza drammatica, di un qualcuno il cui unico desiderio era rappresentato dal far sì che gli altri ridessero con lui e non di lui;

''Risero alcuni di quel mutamento, ma egli li lasciava ridere e non vi badava, perché sapeva bene che molte cose buone, su questo mondo, cominciano sempre col muovere il riso in certa gente.''

 

Egli è infine libero, e tale libertà è il definitivo elemento responsivo a quesiti mai posti.


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Take my Heart when You go _ Take Mine in It's Place.

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Ti proteggerò dalle paure delle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via, dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo, dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti salverò da ogni malinconia, perché sei un essere speciale. Ed io avrò cura di te.

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