Riporto velocemente in alto xkè devo scappare.
Giappone vs Europa: ragazzi l'esito dell oscontro dipende molto da quale epoca sono iguerrieri che si scontrano: se i guerrieri hanno armi ed armature analoghe lo scontro è tutt'akltro che deciso in partenza. A questo proposito c'è un interessanto articolo in inglese che al più presto cecherò e posterò.
PS: qualcuno può scrivere cosa è accadduto in sta benedetta battaglia di Tannenberg?
Ho notato sola ora questa discussione, e mi ha colpito in particolare la parte riguardante i diversi stili di combattimento nelle varie parti del Mondo... A tal proposito, consiglio, a chi nn l'abbia ancora letto, "Il Templare" di Jan Guillou, primo capitolo di un'interessantissima trilogia. Ambientato in quello che diventerà il Regno di Svezia, narra, con un'incredibile ricchezza di particolari storici, di un ragazzo nordico che, tramite una serie di eventi, inizia ad apprendere lo stile di combattimento arabo, rapido e preciso, che si contrappone a quello nordico, che risulta letale, ma pesante e lento...
Davvero interessantissimo!
Il seguente link discute del possibile esito di un duello tra un cavaliere medievale europeo ed un samurai giapponese. E' però scritto in inglese e molto lungo.
Riassunto: con entrambi i guerrieri su un piano di parità per capacità fisiche e con armi e armature confrontabili, l'esito nn è prevedibile perchè nessuno dei duellanti dispone di un sufficiente margine di vantaggio.
Questo è un interessante confronto tra il fioretto e la Katana:
Leggendo Berserk, ho rispolverato le mie nozioni sulle Compagnie di Ventura medievali. Quindi risollevo il 3D e ve ne dò un sunto...
Le Compagnie di Ventura nel Medio Evo
Origini
L'arruolamento di mercenari nel Medio Evo risale fin dai suoi tempi più oscuri. Già i signorotto feudali pagavano il soldo alle proprie truppe durante le guerre più lunghe, in aggiunta al classico vitto e alloggio. Enrico Plantageneto fu fra i primi ad arruolare mercenari fra i suoi eserciti. La prassi si diffuse poi un pò in tutta Europa. Con l'allungarsi delle guerre divenne sempre più difficile sfruttare le milizie popolari, legate cmq ai propri interessi economici al villaggio. Al tempo stesso, le monarchie, nella continuo tentativo di limitare i poteri dei vassalli, aveva bisogno di forze del tutto indipendenti da esse. Ma soprattutto è con il rinascere delle città che il fenomeno prende piede. Il passaggio poi dall'economia naturale a quella metallica dava poi il modo di assoldare milizie. Nè era difficile trovare uomini disposti a combattere a pagamento: signorotti rovinati, figli cadetti, reduci da altre guerre, campagnoli, paesani e chiunque fosse in grado di imbracciare un arma erano sempre ben disponibili alla pratica del mestiere delle armi. Il ritorno poi di molti combattenti dalle crociate accentuò il fenomeno.
Col progredire dell'arte della guerra poi, diventerà sempre più difficile per le milizie popolane addestrarsi all'uso delle armi, mentre il prevalere della cavalleria sulle fanterie, renderà più problematico l'addestramento degli uomini d'arme. Difatti solo chi poteva permettersi ogni giorno di addestrarsi al combattimento poteva diventare un valente cavaliere.
Tutta Europa fornì mercenati, anche se alcuni paesi furono più prodighi: Navarra, l'Aragona, la Germania, il Brabante, l'Ungheria. Ovunque gli uomini tendevano a riunirsi in bande, poi compagnie col vantaggio di unire insieme le forze e i guadagni. La Compagnia ha talvoòlta il nome nazionale: inglese, tedesca, italiana, bretone. Più spesso è un'accozaglia di gente che si riunisce con la prospettiva di facili guadagni. Accanto ai soldati e agli ufficiali, c'è un folto seguito di avvocati, notai, medici, cappellani, segretari cuochi e, ovviamente, cortigiane. Ferrea è la disciplina all'interno del corpo, diversamente dagli altri eserciti. Assolutamente assente invece nei confronti del signore che servono e del paese che attraversano. Dedite più al saccheggio che al combattimento vero e proprio, le Compagnie di Ventura appestarono l'Europa del trecento, taglieggiando città e contado.
Compagnie al di fuori dell'Italia
E' la Francia il paese europeo, esclusa l'Italia, dove fanno maggior fortuna i mercenari. Prima le crociate contro gli albigesi saranno il pretesto per il re di Francia per dare una severa lezione ai roittosi vassalli del Midì. POi le compagnie di ventura troveranno ampio spazio nei ranghi dell'esercito francese durante la Guerra dei Cent'anni. Famosa la Compagnia Bianca, quella "de la Margot", dei "Tards Venus", dei "Batards". Con esse i re francesi sottrarrano i domini continentali ai re d'Inghilterra. Col passare del tempo, i taglieggi delle compagnie diedero più di un grattacapo alla corona francese, cosicchè Carlo VII con gli elementi migliori formò le Compagnie di ordinanza regolari (1445), da lui pagate e comandate, e allontanò gli altri mercenari.
In Inghilterra invece compagnie di ventura furono assoldate da tutti i Plantageneti, compreso Giovanni Senza Terra, ma la Magna Charta nè proibì l'uso, sicchè il fenomeno fu circoscritto. Tuttavia durante la Guerra delle Due Rose sia gli York che i Lancaster ne fecero uso.
Non mancarono in Spagna i mercenari, ma la guerra perenne contro i Mori non diede loro modo di nuocere alla nazione.
La Germania e la Boemia subirono le piaghe delle Compagnie di Ventura in modo simile all'Italia, ma le soldatesche, oltre che dal denaro, erano mosse anche da motivi religiosi, quindi non sono assimilabili come fenomeno al semplice mercenariato.
Le Compagnie di Ventura in Italia
L'Italia fu il paese dove di più si diffuse il fenomeno delle Compagnie di Ventura. La scarsa potenza feudale e il precoce sviluppo dei comuni, fece si che per le continue dispute si facesse largo ricorso alle truppe mercenarie. Nè d'altra parte era possibile fare altrimenti: la milizia cittadini era composta da mercanti e artigiani i quali, in caso di servizio prolungato sotto le armi, avrebbero visto rovinate le proprie imprese commerciali. La diffusione poi dell'uso della moneta rese più facile l'assoldare compagnie di ventura.
La prima Compagnia a formarsi in Italia fu quella degli Almovari, catalani al soldo di Ruggero de Flor (1303), che poi peraltro combatte in Asia Minore. Vi è poi il ricordo dei Tolomei, fuoriusciti da Siena (1322), quella dei Sassoni e dei Tedeschi di Ludovico il Bavaro, che radunatesi al Ceruglio, tennero per qualche tempo Lucca (1329). Ci fu quella di San Giorgio, di Lodrisio Visconti, battuta poi a Parabiagio nel 1339. Ma già si formano quelle straniere: la Compagnia della Colomba, formata da tedeschi e boemi, riunitasi nella Badia della colomba nel piacentino, che taglieggiò l'Umbria (1335). Più temibile la Grande Compagnia, la prima che spiegasse un'azione indipendente e meditata. Formata dai mercenari licenziati da Lucca Pisa e Firenze, contava 3000 barbute, e fu il terrore della Toscana, dell'Emilia e della Romagna, sotto il comando di Werner von Urlsngen, "Guarnieri duca" (1342-1343). Poi fu il turno degli Ungheresi di Konrad Wof, "Conrado Lupo", che tagleggiò Romagna e Venezia. Quindi una nuova Grande Compagnia, formata da tedeschi, inglesi ed ungheresi, comandata da Montreal d'Albarno, "fra Moriale". Mise al sacco tutto il Centro Italia! Ucciso fra Moriale da Cola da Rienzo a Roma (1354), ecco apparire come capi Konrad von Landau, "il conte Lando", e Hanneken vom Baumgarten, "Anechino Bongarden", i qauli, ora uniti, ora disgiunti, combatterono in Lombardia e in Romagna. Sconfitta la compagnia del conte Lando al Campo delle Mosche (1359) dalle truppe di Pandolfo Malatesta, al soldo di Firenze, la pace di Bretigny (1360) lanciò in Italia nuovi soldati di ventura. Cui fu quindi lo Sterz, con la sua Compagnia della Stella, mente in Toscana i mercenari ribellatisi a Firenze formarono la Compagnia del Cappelletto. Decapitato lo Sterz dai perugini (1366), arrivano gli inglesi di John Hawkwood, "Giovanni Acuto", che si macchiano dell'efferati sacco di Faenza. La Compagnia dei Bretoni invece saccheggerà orribilmente Cesena (1367).
Contro questa triste situazione, già i pontefici più volte esoratarono gli stati italiani ad allontanare le milizie di ventura. Ad Innocenzo VI (1356) e Urbano V (1365), anche S. Caterina da Siena esortò i comandanti italiani ad eliminare gli stranieri. Lentamente, gli iatlaiani iniziarono a loro volta a riunirsi in bande. Primo fra tutti fu Alberico da barbiano, fondatore della Compagnia di San Giorgio (Societas Italicorum Santi Giorgii), che nel 1367 sconfisse a Marino i Bretoni, guadagnandosi imperitura fama in Italai come liberatore della patria. Non sconmpaionoi le vecchie compagnie: la Compagnia della Rosa imperverserà in Toscana ancora nel 1410. Ma la vittoria di Iacopo Dal Verme ad Alessandria sui francesi dell'Armagnac (1391) e di Alberigo sui Tedeschi a Verona (1401) toglierà credito alle soldatesche forestiere.
Il giudizio sulle Compagnie di Ventura non può che essere negativi: esse hanno sì aiutato il formarsi di stati a carattere regionale al posto dei deboli comuni, hanno portato il pregreso nell'arte della guera, e indirettamente hanno aumentato la circolazione delle monete metalliche. Ma i danni da esse provocati furono ingenti. Nè può essere scordato a mio parere il pesante giudizio che nè da Macchiavelli: "se le tue compagnie di ventura perdono, sei rovinato perchè perdi la guerra, se vincono, sei ugualmente rovinato lo stesso, perchè perdi la libertà". Giudizio pesante, ma condivisibile.
Dopo aver letto "Cavalieri del Medioevo", di Richard Barber (ed. PIEMME, 12,50€), libro che consiglio vivamente a tutti gli appassionati, vi passo a fare un breve sunto delle conclusioni dell'autore sulla Cavalleria Medievale. Le sue opinioni, che condivido ampiamente, se non son nulla di particolarmente originale, vanno cmq tenute sempre presenti quanto si passa ad analizzare le controversa epoca che è stata il Medievo.
Oltre ad attingere dal libro, qui sotto aggiungo anche delmio, in fatto di episodi o considerazioni.
Della Cavalleria Medievale
E' bene distingiuere inannzitutto il cavaliere, come ordine sociale, dal poù semplice combattente a cavallo.
La Cavalleria fu un ideale. Nato per ingentilire la classe militare, di per sè fu quasi un fallimento. Non servì a creare un'elite militare tale da schiacciare in campo il nemico grazie alle proprie qualità, nè aiuto la società medievale nelle sue lotte quotidiane.
Sul piano militare la Cavalleria insegnava all'uomo l'autodisciplina come via per la conquista della gloria personale e della vittoria. Ma sui campi di battaglia tutto ciò servì poco: se ci furono degli ottimi cavalieri, in guerra sarebbe stata più utile un'ottima cavalleria (intesa come arma), ovverosia non l'eroismo individuale, bensì la disciplina collettiva. Invece in fin troppe battaglie il singolo si arrogò il diritto di infrangere le consegne, portando al disastro la propria fazione. Ciò valse ancor più quando, invece di affrontarsi eserciti europei gli uni contro gli altri, con identica cultura militare, gli europei si volsero contro gli orientali. La disfatta dei crociati a Nicopoli è forse l'episodio più clamoroso di un metodo di fare la guerra del tutto errato. E se i crociato conquistarono Gerusalemme, fu solo grazie alle divisioni che regnavano fra i paesi arabi. Allorquando poi si costituirono in Terra Santa gli Ordini Militari (Templari ed Ospedalieri), il problema dell'eroismo del singolo si arquì: as Acri i Templari entrarono da soli in una breccia, e mentre alcuni confratelli affrontavano gli arabi, altri tenevano a bada i crociati! La gloria non andava spartita con nessuno, nemmeno con gli alleati! Una condotta simile, militarmente imb****le, costò ai templari e agli Ospitalieri più di una sconfitta pesante. E allorquando Federico II volle cedere Gerusalemme ai Templari, questi rifiutarono, in quanto, causa delle perdite subite per via delle ripetute, non erano in grado di difenderla (facendo così venir meno la loro stessa ragion d'essere...)! La stupida politica portata avanti dai due Ordini in Terra Santa poi, col continuo guerreggiare anche quando sarebbestato logico e onorevole trattare, li mise sempre in difficoltà per quanto riguarda gli effettivvi, considerando che i rinforzi arrivavano dall'Europa, sempre vari mesi dopo le impellenti necessità! La povertà poi della Terra Santa fece il resto: circondati da nemici superiori di numero, dovendi dipendere per quasi tutte le bisogne dall'Europa. Templari e Ospitalieri si videro scacciare dalla Terra Santa senza poter in alcun modo fermare l'avanazata araba. Andò meglio al terzo grande Ordine di Cavalleria: quello Teutonico. Favorito dalla ricchezza delle terre prussiane, dalla rozzezza culturale e militare della popolazione nemica, dall'avere le retrovie assai vicine (bastavano poche settimane perchè dalla Germania giungessero rinforzi...), solo nel XV secolo l'Ordine perse la prussia, mentre la Livonia rimase all'Ordine fino al XVI. A fronte di una buona organizzazione militare, sociale ed economica, ai Cavalieri Teutonici mancò l'accortezza politica: l'inutile ricerca della battaglia a Tannenberg, conclusasi con la rovinosa sconfitta dell'Ordine, portò la Prussia verso il baratro, e solo con la diplomazia si potè contenere l'avanzata polacca in queste terre!
E se gli Ordini Militarinon diedero bella prova di sè, ancor peggio ando sui campi francesi di Crecy, Poitiers ed Azincourts, dove la nobiltà feudale francese fu spazzata dagli straccioni inglesi armati di arco lungo. Nè, dotati i cavalli di corazze, e rivestiti i soldati di armature più pesanti, la cavalleria borgognona diede miglior prova sul finire del XV secolo a Grandson, Morat e Nancy contri i picchieri e i balestrieri svizzeri!
Alla dubbia utilità del buon cavaliere, contrapposta all'arma della cavalleria, sul campo di battaglia, ad abbattere l'ideale della Cavalleria (stavolta intesa come classe) furono soprattutto i comportamenti degli uomini che ne facevano parte. Le continue guerre permettevano ai cavalieri di arricchirsi tramite il saccheggio, al punto che sovente molti piccoli signorotti vedevano in essa la loto principale fonte di guadagno. Contrapposta poi all'ideale della cavalleria, i saccheggi e le stragi compiute durante la Guerra dei Cent'Anni affossarono definitivamente la figura ideale del cavaliere senza macchia e senza paura, destinato a rimanere vivo solo nei romanzi cortesi. L'eccidio della popolazione di Limoges, che pure si era arresa, da parte del Principe Nero e dei cavalieri inglesi ne è un clamoroso esempio.
E se il comportamento del cavaliere in guerra era facilmente deplorevole, anche in pace la sua vita lussuriosa e vanagloriosa era altrettanto facile bersaglio di invettive. La Chiesa principalmente se la prese con la turpe pratica dei Tornei, rifiutando di concedere la sepoltura a chi moriva in questo genere di "divertimenti". Quando si passò alle armi cortesi (spuntate) nel XIV secolo, troppi cavalieri erano morti perchè si potesse rivalutare in positivo simili spettacoli: in un solo torneo a Neuss morirono ben 36 cavalieri!
Alla deprecabile pratica dei tornei, si aggiungeva il modello dell'amor cortese, quest'ultimo invece attaccato dai laici. E Roger Ascham scriveva del ciclo arturiano. "in questo libro, costoro che si definiscono cavalieri più nobili, uccidono uomini senzaalcun motivo di contesa, e commettono gli adulteri più volgari con i più subdoli trucchi".
Di fatto, osteggiata dalla Chiesa e dei Principi, la Cavalleria, incapace di esprimere una reale superiorità sul campo di battaglia, e al tempo stesso un esempio positivo sul piano sociale, scompare di fatto con l'avvento dell'Umanesimo. Quando poi Castiglione pubblicò "Il libro del Cortegiano", oramai i cicli cavallerschi non potevano essere altro che considerati un semplice reperto di archeologia letteraria, in quanto più nulla avevano da dire all'uomo del '500.
Vale la pena di concludere una frase lapidaria della Dunnett: cavalieri, bambini addestrati a rimanere bambini. Giudizio pesantissimo, ma assai condivisibile.
Vainamoinen
Tratto da:
"Cavalieri del Medioevo", di Richard Barber, ed. PIEMME
"Battaglie Senesi (1) - Montaperti", di R. Marchionni, Roberto Marchionni Editore
EL 17 "Knights at Tournament", C. Gravett, Osprey Publishing
MAA 136 "Italian Medieval Armies 1300-1500", D. Nicolle, " "
MAA 144 "Armies of Medieval Burgundy 1364-1477", N. Michael, " "
"Rivista Storica", vari numeri
"Medievo", vari numeri
Solo or ora scopro questa discussione! >_<
Dunque dopo essermi fatto un mazzo tanto e aver letto (quasi) tutto sottolineo una cosa:
>Dedite più al saccheggio che al combattimento vero e proprio, le Compagnie di >Ventura appestarono l'Europa del trecento, taglieggiando città e contado.
C'è da dire che spesso era questo il compito riservato alle compagnie di ventura...
Per alcuni motivi, il primo era che non ci si fidava della loro "resistenza" nella lotta (e i comuni/le nazioni avevano ancora abbastanza possibilità di mettere su armate contadine/di cittadini con cui combattere le battaglie vere e proprie)
Il secondo era che quello era uno dei metodi di"pagamento" più diffusi, il caso più ecclatante che mi viene in mente è quello di una compagnia di berroveri milanesi che dopo aver servito Bologna contro Forlì si dedicarono al saccheggio per due settimane (come da contratto di pagamento) ma poi non raccimolando "abbastanza" secondo loro occuparono un villaggio fino a che 8 anni dopo ( eh sì!) non furono scacciati dalle forze comunali...
e adesso...vado a leggermi il confronto samurai/cavaliere!
Che i mercenari saccheggiassero, nessuna sorpresa!
Il problema è che lo facevano anche i rispettabili Cavalieri! E' questo che dico nel mio ultimo "scritto"!
Buona lettura!
Vainamoinen
Quanto alla battaglia europa/giappone...
a parte l'ovvia impossibilità di stabiliere un possibile vincitore ma temo di dover ridimensionare la preponderante idea di vittoria europea.
I giapponesi avrebbero molte più possibilità degli europei (non dico vittoria assicurata ma quasi).
Da quello che ho letto praticamente nessuno di voi (tranne qualcuno che ha addirittura citato gli hamabushi!) ha idea di cosa fosse davvero un esercito giapponese (e non parliamo solo di numeri anche se quello conterebbe visto che i giapponesi avevono eserciti grossi mediamente il triplo di quelli europei) ma proprio di composizione e di efficenza militare.
Al di là dell'approccio totalmente differente alla tattica (anche se i giap avevano uno stile molto, molto più adattabile...) che potrebbe farmi rimanere nel dubbio ma altre caratteristiche mi fanno pensare:
Inanzitutto gli eserciti giapponesi erano abbastanza vari ma l'arma principale era la yari, una lancia lunga 2 metri e mezzo; le fanterie giapponesi erano (nonostante quello che si pensa) molto avvezze a combattere contro le cavallerie e avevano dei metodi molto efficaci per rompere le cariche(ad ex i lati degli eserciti erano protetti da "barriere architettoniche" con spuntoni, palizzate e piccole murate di bambù (che non sono resistenti ma spezzano cmq la carica), senza considerare che il loro addestramento superiore permetteva una maggiore coesione fra i reparti; dunque la cavalleria europea non si sarebbe trovata davanti un tremante muro di lance ma un porcospino addestrato a colpire a quattro lancie (due il cavallo, due il cavaliere!).
Secondo il dai-kiryu, l'arco giapponese. La sua penetrazione e la sua gittata sono SUPERIORI all'arco gallese e immaginatevi non qualche reparto ma un migliaio di uomini armati solo di quello.
Terzo la cavalleria giapponese era molto più mobile di quella europea ma non per questo è considerabile leggera. Le loro armature non erano di certo pesanti come quelle occidentali ma erano comunque molto resistenti anche se leggere (e ci aggiungiamo il discorso dell'addestramento parecchio superiore).
Quarto i giapponesi avevano reparti di arceri a cavallo che non saranno stati dei Parti ma erano comunque parecchio efficenti, soprautto contro una fanteria come quella disorganizzata come quella europea.
Quinto: voi parlate di armature pesanti, di piastre ecc. ma queste cose sono entrate a far parte dell'armamentario occidentale solo a metà del 400 (iniziando così la decadenza della cavalleria) mentre i giapponesi disponevano di tutte le cose sopracitate già attorno al mille.
Se vogliamo parlare di eserciti giapponesi ed europei nel 500 allora anche i giapponesi avevano la polvere da sparo e la cavalleria europea non era già più da un secolo l'"arma" per eccellenza.
Infine tutta la tecnologia che ci vuole per creare un armatura non sarà mai paragonabile a quella per creare una katana. Semmai è il concetto stesso di guerra e di guerriero che è così diverso da rendere una discussione simile puramente ipotetica sotto ogni aspetto.
salve,
ho letto solo ora questa discussione (mi sono iscritto da poco al forum oltretutto)
ARCO
150 libbre fanno di un arco un'attrezzo inservibile
da 25 a 35 libbre sono archi scuola attuali e praticamente tutti sono in grado di utilizzarli
un longbow (o come si scrive scusate ma l'arceria non è la mia materia) da 70 libbre si tira bene se non si è poco dotaati fisicamente, oltre le 100 libbre serve almeno almeno il fisico di Walder (Hodor)
nel caso mi sbagliassi chiedo al nostro provetto tiratore di correggermi
SPADA
- esprimo un parere personale e non rappresento alcuno all'infuori di me stesso-
- mi scuso sin da ora se mi accalorerò un poco, e se dal mio scritto qualcuno rimarrà offeso sappiate che non è mai stata mia intenzione che ciò avvenisse -
la spada ha subito grandi mutamenti nel tempo
arma e scherma (l'arte di difendersi e ben rispodere ai colpi avversi, in armi ed a mani nude) si son sempre evolute in base alle necessità dell'epoca in cui "vivevano"
il livello tecnologico delle armi europee è sempre stato altissimo e la famigerata (non famosa) superiorità delle lame orietali è una semplice fola ... basti il fatto che la leggendaria resistenza delle catane sta nelle molteplici ripiegature della lama <<800 ... 1000 pieghe hanno reso questa lama invincibile>>, peccato che a livello fisico oltre un determinato numero di piegature l'acciaio non tragga alcun miglioramento (lodo comunque l'abilità dell'artigiano, ma dico che se di pieghe ne avesse fatte 200 fatte bene avrebbe prodotto 5 spade anzichè una sola)
il filo delle lame (mi riferisco principalmente alla striscia, ovvero la spada da lato on fornimento a "gabbia", lama di origine italiana) che si possono ancora oggi ammirare nelle teche dei musei nostrani è ancora perfetto
la spada da doi mani è la spada regina del medioevo e Fiore dei Liberi da Premariacco nel suo trattato la presenta lungamente e con ricchezza di particolari, questa spada è la spada ora nota come spada da una mano e mezza o bastarda
ha lama a 2 fili ed è acuminata per sferrare colpi di punta
ha un peso medio di 1350 grammi
estremamente maneggevole permette azioni potenti e veloci al contempo, consente inoltre di legare movimenti difensivi ed offensivi senza soluzione di continuità
il fatto di aver 2 fili consente colpi di falso rendendola assai più versatile della katana che nel caso colpisca col dorso vale quanto un pesante bastone
in Italia nel medioevo tutti coloro che non fossero ragazzini od anziani erano in grado di maneggiare le armi (non zappa, roncola, falcetto, mestolo, mattarello) ed in caso di guerra un comune la Repubblica di Venezia ad esempio armava tutti i suoi uomini per la battaglia (spade non gli attrezzi di cui sopra), quindi smentiamo il fatto che in occidente l'esercito fosse raffazzonato alla buona con disperati ed incapaci
numerose sono le espressioni della gagliardia dei popoli della penisola e della loro indubbia marzialità diffusa, nonchè della diffusione delle armi in genere e della maestria nell'utilizzo delle stesse
i link del buon Daeron Targaryen li evito in quanto il soggetto che li ha scritti ha dimostrato in diverse occasioni di essre quantomai carente di conoscenze ma ricco di fantasia
per concludere in un 10 contro 10 tra italiani ed orientali mi gioco anche la nonna sui nostri compatrioti e son certo di non sbagliare ... e ci brindo pure
comunque sia son stato prolisso ... ma volevo partecipare
gh, so che arrivo in ritardo, ma sull'arco vs balestra:
L'arco ha un grande svantaggio, cioè il poter prendere la mira con un solo punto di riferimento, la punta.
non si vede precisamente l'inclinazione della freccia, e dunque è più difficile tirarare.
In una balestra (ma anche in un fucile) è estremamente più facile tirare! si allinea la freccia alla perfezione verso il bersaglio, e se ne può controllare sia l'inclinazione verticale che orizzontale, cosa praticamente impossibile con l'arco. E, da notare, la freccia esce "dritta" dalla balestra, mentre con l'arco ondeggia parecchio prima di ri-assestarsi.
Inoltre la velocità di caricamento dell'arco è notevole: si possono scoccare anche una freccia ogni 5-6 secondi (prendendo la mira, badate!) senza perdere poi tanto di precisione, quando uno sa dove tirare. E' vero che la gittata della balestra è maggiore (anche se quella dell longbow si può aumentare facilmente curvando verso l'esterno i flettenti: metodo usato dai mongoli, e ancora oggi se vedete un arco nudo è così ), ma quanto ci mette un balestriere a ricaricare la sua arma?
l'esperienza mi dice che per caricare un arco 24lb ci metto di più che a caricare un 44lb! ora, non so quanto libbraggio abbia una balestra, ma sono sicuro che ci voleva un bello sforzo!
alla fine, anchio, come derfel, credo che l'arco sia entrato in disuso a causa del troppo addestramento necessario :P
per rendervene conto basta che andiate a provare a tirare con l'arco anche solo a 18 metri, e vedrete che con ogni probabilità al giallo non ci andrete neanche vicini, la prima volta :P
mentre, su europa vs giappone:
credo che molto probabilmente la vincitrice sarebbe stata l'europa. considerando un "samurai", non lo vedrei ben messo contro le armature europee, estremamente grosse, quasi impenetrabili. un affondo preciso potrebbe forse fare qualcosa, ma non così tanti danni quanti ci si aspetta, essendo la katana un arma anche abbastanza lunga.
L'unica cosa su cui potevano contare era la velocità, avvantaggiati sicuramente anche dalla minore stazza (come detto prima i giapponesi sono mediamente più piccoli degli europei), ma non so fino a che punto questa potesse contare quando uno si trova con davanti, non so, un muro di scudi
Torniamo allora allo scontro Europa-Giappone, visto che dall'epoca di quando fu fatta (un anno fa circa...) ho letto altri libri del solito Turnbull.
Faccio alcune premesse.
L'epoca aurea delle milizie giapponesi è di circa un secolo posteriore alle ultime battaglie con le armi bianche europee, il che ci porta subito ad una rapida conclusione: la superiorità tecnologica europea nell'arte militare rispetto al Sol Levante.
Sulle spade concordo con quando detto da Claudio.
A questo agguingo la schiacciante superiorità europea in fatto di artiglierie, che già dal 1346 (Crecy) erano presenti sui campi di battaglia, funzionando. Viceversa i pochi cannoni giapponesi erano di dubbia efficacia, esplodevano facilmente e di fatto non furono usati neanche nelle azioni ossidionali. Con Carlo VIII l'ariglieria diventa leggera e mobile, con Alfonso d'Este nasce il micidiale tiro d'infilata.
Altro fattore decisivo per gli europei: l'uso dello scudo, anche se col tempo abbandonato, che rende inefficace l'arco.
Passo ora a ribattere i punti di Sallador.
1a) Anche in Europa esisteva la lancia! I Longobardi (termine che vuol dire "lunghe lance"), le milizie comunali italiane, gli schiltron scozzesi, i picchieri svizzeri, i lanzichenecchi erano tutti corpi che usavano come arma proprio lance o armi da esse derivate. Solo che le lance europee erano più lunghe di quelle nipponiche! I picchieri svizzeri usavano una lancia lunga 5m, ma impugnata a 2/3, i lanzi una lunga 3,5m, ma impugnata in fondo. Il che, in uno scontro falange contro falange, gli europei avrebbero avuto la meglio, grazie alle armi più lunghe!!!
Le milizie comunali, grazie alle lance, ottennero una schiacciante vittoria contro i cavalieri tedeschi a Legnano, mentre a Morat, Grandson e Nancy i borgognoni vennero bloccati dagli svizzeri...
1b) I samurai la yari la usavano ben poco! Solo la cavalleria la preferiva, in quanto di scarso ingombro, mentre le fanterie prediligevano alte armi, a cominciare dalle varie spade (tachi, wakizaschi, no-dachi) fino alle naginata. Quest'ultima era molto apprezzata anche da Oda Nobunaga, mentre divenne l'arma per eccellenza degli Sohei. Nelle battaglie del Sengoku Jiidai le yari erano usate dagli Ashigaru, non dai Samurai...
Ancora gli eserciti di Cromwell erano composti da picchieri...
2) L'arco gallese è 1,8m, il longbow è 2,5-3m. L'arco ha sempre una penetrazione inferiore alla balestra, tanto che le armature europee del '400 erano oramai in grado di bloccare le frecce che piovavano dai nemici. Ecco il perchè della scomparsa dell'arco in favore della più efficace balestra. Se anche i giapponesi avesseri usato gli archi... non ne varebbero ricavato molto, essendo gli europei ben difesi, da scudi e corazze, contro questa arma.
3) La cavalleria europea poteva essere mobile quanto quella giapponese! Bisogna vedere quali cavalieri intendi! Gli stradiotti erano mobilissimi, mentre la cavalleria pesante (catafratta) era il top negli scontri ravvicinati. La cavalleria giapponese in alcun modo avrebbe potuto prevalere contro quella europea! Nel Sol Levante era sconosciuta la resta, le lance erano corte, le armature tenute insieme con lo spago, i cavalli sprotetti... come avrebbero potuto fermare un Francesco Gonzaga alla testa della Lega Italica?
4) Gli arceri a cavallo sono inutili nelle guerre ossidionali e inefficaci in battaglia: di fatto sono l'arma tipica di chi pratica la guerriglia. Nessuna battaglia ha visto l'arcere a cavallo essere determinante, tranne solo il Kalka River. Nemmeno a Canne i Parti ebbero ragione delle legioni romane, che si sfaldarono nei giorni seguenti per l'inettitudine dei capi invece che per l'efficacia degli arceri montati.
Inoltre anche gli europei montarono a cavallo gruppi di balestrieri (a Fornovo c'erano 1000 divisi più o mneo equamente), ma solo con funzione anticavvalleria, visto che i verrettoni erano il modo più efficace per bucare le armature dei cavalieri, vista l'inefficacia degli archi.
Un arcere a cavallo è fin troppo esposto in battaglia rispetto ad un semplice arcere: uomo+cavallo sono un ghiotto bersaglio per qualsiasi mediocre tiratore. I samurai smisero di identificarsi come arcieri a cavallo già nel '300, mentre in europa tale pratica non prese mai piede, e che la utilizzava (ungari) si convertì rapidamente in cavalleria pesante, molto più duttile ed efficace.
5) Le armature giapponesi furono sempre pessime! Tenute insieme da corde, si sfaldavano alla prima pioggia, costringendo i combattenti a ricoprisi di paglia per proteggersi dall'acqua! Viceversa le armature italiane del '400 non soloresistevano alle frecce (da mezza-proba), ma in taluni casi anche alle balestre (alla proba). La superiorità metallurgica occidentale è netta rispetto a quella del Sol Levante, che non solo era più arretrata, ma mai riuscì a creare armature efficaci. Le katane furono un esempio a parte, ma più che di metallurgia, si parla di buona laminazione...
In ultimo:
le fanterie europee non furono mai accozzaglia disorganizzata, ma al contrario inflissero molte sconfitte alle elite di cavalleria. Vicevesa proprio le truppe di leva furono ampiamente usate in giappone: gli ashigaru divennero arceri, picchieri e lanceri, mentre ai samurai, con le loro due spade, spettava il compito del "servizio permanente effettivo".
In definiticva, Sallador Saan, non c'è ragione di dubitare di una superiorità occidentale sui giapponesi. Ti consiglierei, in amicizia, come pure al nuovo Jon.Snow, di leggere cmq qualche testo di storia militare serio, invece che romanzieri. Evitereste di cadere in cavolate come l'arco superiore alla balestra...
Su Arco vs Balestra
Jon, se leggessi un pò di libri di storia militare, come dovrebbe fare anche il buon Italo, scopriresto che l'arco ha un ancora più grande svantaggio: l'incapacità di penetrare le armature. Non lasciare Nicolle e Turnbull in libreria! E neanche Barber, del quale scrivevo qualche post fà...
Ciao!
Vainamoinen
Sfortunatamente ho letto solo ora questa interessante discussione. Vorrei tornare un momento sul tema Arco vs Balestra. E in proposito ho trovato due articoli che possono risultare interessanti.
LA BALESTRA
La balestra fu inventata molto tempo prima di diventare popolare. Circa la sua invenzione vi sono due rivendicazioni di priorità, una da parte della Grecia, l'altra della Cina. Attorno al 400 a.C. i greci svilupparono la balista, una specie di catapulta per il lancio di pietre e frecce. L'idea nacque dai tentativi fatti per aumentare la potenza degli archi. La balista, che assomiglia alla balestra, alla fine raggiunse grandi dimensioni: sembra, tuttavia, che fra i primi esemplari ve ne fossero alcuni aventi le stesse dimensioni di una balestra. Le rivendicazioni della Cina sono confortate a livello archeologico da meccanismi di sganciamento in bronzo prodotti attorno al 200 a.C. Le rivendicazioni della Grecia sono anteriori a questa data, ma documenti scritti cinesi situano d'altra parte l'impiego della balestra in battaglia attorno al 341 a.C. Altri documenti, di cui è difficile valutare l'attendibilità, fanno risalire l'uso della balestra ad almeno un secolo prima. Dalla documentazione archeologica risulta che l'uso della balestra in Europa continuò ininterrottamente dai tempi classici sino al periodo di massima popolarità, tra il XI ed il XVI secolo, e pare che due fattori ne abbiano limitato la diffusione prima del XI secolo. Un fattore consisteva nel costo maggiore delle balestre per armare le truppe rispetto agli archi. L'altro fu la relativa scarsità di castelli, che divennero storicamente importanti solo nel periodo normanno. Con la costruzione dei castelli, la balestra divenne parte integrante di una rivoluzione sociale violenta e profondamente d'élite. Spesso le fortificazioni in epoca pre-normanna erano semplici, progettate in vista di un uso occasionale e intese a proteggere l'intera popolazione di una zona. All'interno delle mura, quando gli abitanti vi cercavano riparo dalle bande di razziatori, vi era quindi abbondanza di armi da getto. I normanni esercitavano il controllo attraverso una piccola minoranza militare, pesantemente armata, che dominava una popolazione contadina e urbana molto più estesa. I loro castelli miravano a fornire protezione ai pochi nei confronti dei molti, oltre che ai pochi nei confronti dei membri armati e predatori della loro stessa casta. La gittata superiore delle balestre li aiutava a rendere più sicuri questi rifugi. Nei secoli successivi all'avvento della balestra come arma offensiva furono compiuti sforzi per migliorarne la potenza e uno dei miglioramenti adottati potrebbe essere stato mutuato dagli arabi. Gli archi degli arabi erano del tipo noto come arco composto. La loro struttura merita questo nome, giacchè furono importanti precursori dei materiali compositi di oggi. Un arco composto offre chiari vantaggi rispetto a un arco formato da un singolo pezzo di legno. Balestre con arco composto continuarono a essere usate per tutta l'ultima parte del medioevo e nel rinascimento. Esse erano più leggere delle balestre di acciaio, che cominciarono a essere prodotte attorno al 1400, avevano una gittata maggiore in relazione a una data forza di lancio ed era meno probabile che fallissero in modo catastrofico. Gli archi composti erano abbastanza comuni ai tempi di Leonardo. Dai suoi manoscritti risulta che egli ebbe modo di riflettere sulla loro costruzione e ne trasse intuizioni fondamentali sul modo in cui i materiali si comportano quando sono sottoposti a sollecitazione. L'arco medioevale di acciaio rappresentò il culmine nella costruzione delle balestre. Le sue prestazioni non furono eguagliate sino alla comparsa delle fibre di vetro e di altri materiali compositi moderni dopo la seconda guerra mondiale. Gli archi d'acciaio potevano raggiungere livelli di potenza che nessun materiale organico del tempo era in grado di eguagliare. Ralph Payne-Gallwey, uno sportivo vissuto in epoca vittoriana e autore di un trattato sulla balestra divenuto un classico, provò una grande balestra da guerra che con una forza di lancio di 550 chilogrammi scagliava una freccia di 85 grammi alla distanza di 420 metri. Egon Harmuth, un esperto di storia della balestra, ritiene che siano esistiti archi con forza di lancio doppia di questa. Gli arcieri del tempo, che usavano l'arco lungo, si dovevano limitare per lo più all'impiego di archi con una forza di lancio inferiore ai 45 chilogrammi. Persino usando frecce speciali molto leggere, non riuscivano, a quanto pare, a superare una gittata di 275 metri. A mano a mano che gli archi d'acciaio raggiungevano nuovi livelli di potenza, diminuivano le possibilità di sfruttarne appieno le caratteristiche. La maggiore massa dell'arco fissava un limite alla sua capacità di accelerazione. Era difficile produrre acciaio in verghe abbastanza grandi per costruire archi completi, cosicché essi venivano ottenuti di solito saldando assieme molti pezzi più piccoli. Ogni saldatura comportava una maggiore possibilità di inconvenienti e costituiva quindi anche un rischio per il balestriere.
Gli archi più potenti crearono la necessità di meccanismi di sganciamento anch'essi più potenti. Fino a quell'epoca i congegni di scatto europei, formati di solito da una "noce" rotante e da un "grilletto" a leva, furono di gran lunga inferiori ai meccanismi cinesi, dotati di una leva intermedia grazie alla quale il balestriere poteva scoccare una freccia con un arco pesante, esercitando sul grilletto una pressione breve, decisa e lieve. Poco dopo il 1500 grilletti perfezionati, formati da un sistema di leve multiple, cominciarono ad apparire in Germania. Manoscritti di circa un decennio prima dimostrano che Leonardo era già pervenuto a questa soluzione e ne aveva calcolato i vantaggi meccanici. Anche la freccia corta della balestra fu perfezionata considerevolmente nel corso degli anni. Nell'antichità le frecce dovettero essere perciò riprogettate per essere usate nelle balestre e nelle catapulte. Poiché la superficie del teniere faceva meglio coincidere il moto della corda con la linea di volo iniziale e i dispositivi di guida sostituivano le mani dell'arciere, le frecce poterono essere più corte e più rigide. Diveniva così più facile, al tempo stesso, riporle e trasportarle.
Le nuove caratteristiche adottate possono essere rappresentate da due tipi principali di freccia rimasti. Uno di essi, lungo press'a poco la metà di una freccia dell'arco convenzionale, si allarga nettamente verso la parte posteriore e ha un'impennatura formata da alette di per se stesse troppo piccole per assicurargli una buona stabilità. La parte posteriore dell'asta è costruita in modo da essere bloccata da un gancio d'arresto. L'altro non ha né alette né penne. La punta metallica si estende per un terzo circa della lunghezza complessiva e l'asta di legno è stata ridotta alla lunghezza minima necessaria per guidare la punta nel volo attraverso l'aria. Anche la sezione di questa freccia aumenta verso l'estremità posteriore e la lunghezza complessiva è meno di 15 centimetri.
Queste frecce attestano un'esperienza considerevole nel campo dell'aerodinamica da parte degli innovatori romani che per primi le progettarono. Oggi è chiaro che l'impennatura, che impedisce alla freccia di ruotare durante il volo, è fra le fonti principali di resistenza aerodinamica della freccia. Non c'è ragione di supporre che i tecnici del tempo disponessero di conoscenze sulla pressione o conoscessero i particolari del flusso dell'aria e della resistenza aerodinamica. Queste idee cominciarono a emergere solo con Leonardo e senza dubbio, quindi, nell'antichità le frecce venivano progettate con un procedimento per tentativi di errori, associati a deduzioni logiche. Probabilmente i fattori guida erano la gittata massima e la forza d'impatto. Gli artigiani del tempo riuscirono nondimeno a conseguire sostanziali miglioramenti nella progettazione delle frecce.
Dietro tutta questa evoluzione nel campo della meccanica vi era una forte necessità di balestre e munizioni. Spesso il grosso della guarnigione di un castello, in tempo di pace, era costituito da balestrieri. Ne risultò, com'era da attendersi, una tendenza verso una produzione in serie che anticipò di molto la rivoluzione industriale. Un esempio è costituito da un dispositivo formato da un paio di blocchi di legno accostabili fra loro con un sistema a vite in modo da formare una sorta di morsetto. I blocchi avevano una scanalatura per poter accogliere l'asta di una freccia. Le alette delle frecce fuoriuscivano da fenditure e poggiavano su una piastra metallica che fungeva da guida per rifilarle alle giuste dimensioni e orientarle con la giusta simmetria. Quest'operazione di munire una freccia di alette, di rifilare queste ultime e di orientarle nel modo desiderato si chiamava impennatura. Da quell'epoca in poi essa cominciò a essere meccanizzata. Entrano in funzione la piallatrice per arrotondare l'asta e incidere le scanalature per le alette, poi i torni. Dopo Leonardo, con il diffondersi delle armi da fuoco la balestra cominciò a perdere popolarità. Essa continuò ad essere usata in mare, dove non presentava i problemi di accensione che aveva comportato l'impiego delle prime armi da fuoco e dove le murate delle navi offrivano protezione per l'operazione di ricaricamento. Versioni più pesanti continuarono a essere usate anche per la caccia alla balena. Sulla terraferma le armi da fuoco sostituirono, invece, gradualmente la balestra nella caccia. Un'eccezione è costituita da una versione della balestra, la cosiddetta "pallottoliera", che scagliava pietre o pallottole. Quest'arma, usata per cacciare selvaggina di piccola taglia, rimase in uso fino all'ottocento inoltrato. Taluni elementi delle armi da fuoco come fusti, grilletti e mire regolabili, furono sviluppati all'inizio per le balestre. In particolare per quelle per il tiro a segno che ancora sopravvivono in molte parti del mondo. Nell'ultimo secolo c'è stato un ritorno della balestra ad arco composto. Le fibre di vetro sono un'alternativa moderna al tendine e la loro matrice di plastica ha sostituito il corno di bufalo. Oggi la balestra ha un certo seguito ed il balestriere può disporre di una balestra notevolmente perfezionata rispetto a quella medioevale.
L’ARCO NELLA STORIA
L' arco è stato una delle più importanti tappe del progresso umano. Anche se gli storici continuano a discutere sull'esatta data di nascita, si può ragionevolmente considerarlo un ' arma già affermata cinquantamila anni or sono, come testimonia la presenza, fra antiche pitture rupestri di Altamira (Spagna), risalenti al Paleolitico superiore, in cui è raffigurato un tipo "lungo" e "ricurvo" dove le frecce appaiono già dotate di impennaggi. Quest'ultimo é altro enorme passo avanti in quella che sarà poi la caratteristica di tutte le frecce anche di quelle moderne. Ebbene l'arco nel paleolitico era costituito da un ramo flessibile, variamente rifinito, scortecciato e lavorato grossolanamente alle sue due estremità, cui era legata la corda, ottenuta ritorcendo su se stesse fibre di natura vegetale. Le frecce erano ottenute da rami più sottili e flessibili, usati al contrario di quello che ci aspetteremmo: con la parte più spessa cioè usata come sede per una punta e quella sottile intaccata a mò di cocca. La superficie nodosa ed irregolare di tali legni era prima scortecciata con vari utensili e poi arrotondata usando due blocchi di pietra arenaria (pietra molto rugosa, ma facile da lavorare), in cui erano stati praticati un solco per ogni pietra. L'asta era messa tra le due pietre tenute in una mano, all'interno dei due solchi e fatta roteare su se stessa, proprio come un moderno tornio per legno! Le punte, in selce o ricavate da schegge di corno di cervo, erano fissate in una tacca praticata nella parte più spessa e legata con fibre vegetali, frammiste a resine varie, proprio come si fà tutt ' ora con la pece! Alla coda oltre ad un abbozzo di cocca erano legate con fili vegetali imbevuti di resina, le piume, di solito due, poste a 180° fra loro: le penne davano al dardo la stabilità nel volo e assicuravano una migliore traiettoria verso il bersaglio. Da tener presente che tale archi erano sfinestrati, con l ' impugnatura stondata, la freccia era poggiata direttamente sul pugno della mano dell'arco, mentre la cocca era stretta tra pollice ed indice del braccio della corda, come fà di solito chi prende per la prima in mano volta un arco, ma.....al contrario di questi che non riuscirà a tendere neppure un arco più debole, gli uomini del paleolitico avevano molta forza, specialmente nella opposizione del pollice all ' indice, per cui per loro era relativamente semplice tendere questi archi. Dal 500 a.c. giunsero in Europa i Celti, popolo abile nella forgiatura dei metalli, veri maestri nella fabbricazione di spade, che poi scambiavano come merci con altri popoli. Per tale popolo, abituato a combattere corpo a corpo, l'arco era poco importante, tra l ' altro era poco potente e semplice,a quanto pare era arma destinata all'uso quotidiano da parte delle donne celtiche! Difatti nelle loro sepolture in loro sacchetti, assieme a gioielli, c'erano delle punte di freccia forgiate, ma non archi o frecce stesse, poiché per loro era più importante il metallo che i manufatti in legno. Bene, fatta un pò la storia di quella che tutto sommato é ancora l ' attrezzatura base di un arciere moderno, ci soffermeremo in particolare su quello che é definibile "il re degli archi" più che altro grazie ai Gallesi che ne hanno fatto un vanto: il long-bow (legno lungo) o arco lungo inglese, per osservare l ' uso che ha avuto nell ' antichità, soprattutto nel medioevo. Il vero perfezionamento tecnico dell'arco si é avuto con i Gallesi, dopo l'anno 1000, poichè questi ne faranno uso continuo in pace e in guerra. Lo sviluppo di questo tipo di arco avvenne probabilmente nel sud del Galles, ma sovrani come Riccardo I e re Giovanni continuarono a preferire nelle loro battaglie i balestrieri mercenari anziché gli abilissimi arcieri gallesi. Solo sotto il regno di Edoardo I il longbow divenne l ' arma preferita dagli inglesi nelle loro battaglie. Nel 1298 a Falkirk, una forza mista di Inglesi e arcieri Gallesi sconfisse gli Scozzesi, dimostrando il terribile potenziale delle frecce scagliate in massa a grande distanza. L'efficacia di quest'arco sul campo di battaglia è testimoniata da vari episodi. Ben nota è, ad esempio, la giornata di Crécy, dove gli arcieri di Edoardo III d ' Inghilterra, armati di arco lungo, il 26 agosto del 1346, al ritmo di dodici frecce al minuto, sgominarono i rinomatissimi balestrieri genovesi, al soldo di Filippo VI di Francia, che, per un solo colpo, fra caricamento e scatto, impiegavano almeno mezzo minuto. Pare sia stata questa la causa del disastro, non già la pioggia che aveva inumidito le corde delle balestre, tendendole più del necessario, come a lungo sostenuto dagli storici. Dopo i balestrieri le frecce di Crécy cercarono, ad uno ad uno, i cavalieri, facendone una tale strage che la cavalleria feudale finì praticamente di avere peso tattico. Per comprendere la portata di questa vittoria inglese, basta osservare il rapporto delle forze scese in campo: per gli inglesi 3.900 cavalieri, 11.000 arcieri e 5.000 fanti; per i francesi 12.000 cavalieri, 6.000 balestrieri mercenari, 20.000 guardie cittadine e una divisione di cavalleria sotto il comando del re Giovanni di Boemia. Bastò un'altra strage ad Agincourt, nel 1415, per far cessare un predominio che durava da mille anni. Il cavaliere restituiva al fante il ruolo di protagonista sul campo di battaglia. Quest ' arco è ricavato da un unico pezzo di legno, solitamente tasso, ed era un'arma formidabile quando usata da arcieri altamente addestrati. Le sue frecce,di legno di frassino o di betulla con punte d ' acciaio di varia foggia, erano mortali a distanze di 100 - 150 metri e quando venivano scagliate a "pioggia" dagli addestratissimi reparti inglesi, seminavano morte e scompiglio nelle fila dell ' esercito nemico. Si pensi che in una sola battaglia, potevano essere scagliate qualcosa come 300 - 350 mila frecce e che, quando gli arcieri finivano per così dire le "munizioni", venivano mandati dei valletti sul campo, che a rischio della propria vita, raccoglievano le frecce conficcate nel terreno. La sua lunghezza non era standard, ma variava da pezzo a pezzo ed era pari generalmente, all ' apertura delle braccia di un uomo che, per un uomo alto, corrisponde circa alla sua altezza. La potenza era generalmente di 100 - 120 libbre (circa 45 - 55 Kg) più che sufficienti a forare anche le più dure corazze del 14° e 15° secolo, di qui il motto "con l'asta dura entro l ' armatura"! Il segreto di ogni buon arciere consisteva nella costante pratica con quest ' arma, da ricordare che nella migliore delle ipotesi un tiro sbagliato significava nella migliore delle ipotesi "fame", nella peggiore l ' arciere non avrebbe avuto modo di pentirsene! L'insegnamento iniziava già dall'infanzia e i giovani arcieri incrementavano progressivamente la precisione di pari passo alla potenza dell ' arco. In ogni villaggio inglese alla domenica mattina, dopo le funzioni religiose, si potevano osservare gare di tiro con l'arco alle quali assistevano dei reclutatori che selezionavano i migliori arcieri che sarebbero andati a formare i reparti usati dai re nelle loro guerre. Le gare sostanzialmente erano divise in gare di precisione, gare di velocità e gare di distanza: le gare di precisione, com'è facile intuire, consistevano in tiri a media distanza su bersagli fissi o mobili, come per esempio a zucche appese e fatte oscillare; le gare di velocità, finalizzate ad allenare le truppe al tiro veloce, consistevano in sfide organizzate in gruppi di arcieri che, in fila indiana, dovevano raccogliere un pari numero di frecce dal terreno, caricare l ' arco e scoccare sul bersaglio; vinceva la gara la squadra che riusciva a completare il tiro di tutte le frecce nel minor tempo; le gare di distanza consistevano in lanci di precisione a lunghe distanze dove l'arciere era costretto a compiere tiri a parabola che richiedevano una particolare abilità nel calcolare l ' angolazione del tiro e nel dosare lo sforzo di trazione. Era questo un tiro ampiamente utilizzato dagli arcieri Inglesi nelle famose battaglie a cui si accennava in precedenza con effetti devastanti. L ' importanza strategica, sempre maggiore, degli arcieri é testimoniata dal fatto che durante il regno di Edoardo III le proporzioni furono di solito di 2 arcieri per ogni soldato, mentre ad Agincourt questa proporzione fu portata a cinque a uno e, vent ' anni dopo, aumentò a sei, sette, o addirittura a dieci archi per ogni lancia! Per quanto riguarda gli abiti usati dagli arcieri dell ' epoca, erano di solito una comoda giacca di cuoio rinforzata da borchie o un farsetto di lino imbottito, una calotta di cuoio rinforzata da listelli in acciaio, altri ancora usavano veri elmi di ferro di forma conica o ovoidale, il cosiddetto "bacinetto" o altri usavano una "cervelliera", con o senza al davanti una fascia che copriva il naso (il nasale) Accanto a questo abbigliamento "base" in guerra c'erano tutta una serie di altri accessori, cioé tutto era adeguato alle capacità economiche del soldato o di chi li assoldava, difatti altri al di sotto dell ' elmo avevano dei cappucci di maglia di ferro (camaglio); altri ancora portavano legate alla cinta anche altri tipi di armi, quali mazze ferrate, daghe (basilarda, modello molto usato nel 1200), atte più ad uno scontro diretto, cui si poteva venire in varie evenienze. Descriviamo altri tipi di arco usati in Italia nel 1200 ed usati nel nostro gruppo. L'arco Bizantino, molto elegante, a doppia curva, con leve alle due estremità, affonda le sue radici molto prima del 1200, ma rimase in uso in Italia fino al 1500. Era un arco "composito" cioé costituito da legno, cui al davanti era incollato del tendine animale e al di dietro del corno, migliorandone enormemente le prestazioni e la potenza. Era molto versatile, anche a cavallo, date le sue piccole dimensioni e molto veloce nel tiro. Le leve alle due estremità avevano il ruolo di facilitare la trazione e dare più velocità nel rilascio della corda. L'arco saraceno, a singola curva, sempre in materiale composito, fu la vera forza dell'esercito di Federico II, che si avvalse di soldati saraceni a cavallo, capaci appunto di usare in maniera infallibile questo arco su di un cavallo in corsa. Anche questo munito di leve alle due estremità era molto veloce nel tiro e di solito scagliava frecce in canna, molto leggere, con cocche riportate in legno.
Non c'è un vincitore effettivo, in quanto queste armi vengono impiegate in situazioni diverse e in contesti diversi. Ad esempio, le balestre sono sconsigliate in campo aperto, perchè il tempo di ricarica è molto superiore a quello di un normale arco. E non sempre c'è il tempo per ricaricare. Quindi, gli archi, sebbene meno precisi e con una gittata minore, sono più indicati in campo aperto. Le balestre invece sono molto utili e fanno più danni se vengono usate dai difensori di fortezze e piazzeforti. Sebbene entrambe presentino pregi e difetti da voi già ampiamenti discussi, non c'è nessun vincitore.
ok.
Partiamo da due presupposti:
1 che i romanzi li lasciamo tutti a casa perchè io il medioevo l'ho studiato all'università e non semplicemente per conoscenza personale o attraverso i romanzi.
2 a quello che avevo capito si confrontava medioevo vs medioevo e nel medioevo le lance erano molto simili a quelle orientali.
E a parità di "medioevo" lo ripeto non c'è da tirare in ballo la tecnologia perchè quella orientale era molto più avanti. Se poi mi passi a valutare il periodo senza le debite differenze ti dirò che hai ragione (anche solo l'artiglieria avrebbe fatto la differenza!) ma io partivo da un paragone più di epoca che di cronologia...cmq...spero che adesso ci siamo chiariti
>1a) Anche in Europa esisteva la lancia!
Perchè ho detto che in europa non esisteva??? O_O
Direi proprio di no.
Quanto alla buona vecchia falange beh...la sua immobilità avrebbe dato ragione agli orientali avendo i giapponesi una mobilità molto superiore e una potenza di fuoco maggiore (data dalla massiccia dose di arceri che gli eserciti giapponesi hanno sempre avuto).
>1b) I samurai la yari la usavano ben poco!
Ehm...di nuovo travisi quello che ho detto...NON ho detto che era l'arma preferita dai samurai cmq lo "zoccolo duro" degli eserciti nipponici era costituito da fanterie di samurai armati di yari (yaribushi), gli ashigaru erano la "bassa manovalanza" di contado...
La naginata era un arma terribile nei combattimenti all'arma bianca ma visto che necessitava di buona capacità per essere utilizzata non esistevano veri e propri reparti "regolari"armati con esse. Se c'erano erano reparti di monaci combattenti (yamabushi, i sohei erano un altro tipo di monaci combattenti nonostante quello che si dice in giro...)
>2) L'arco gallese è 1,8m, il longbow è 2,5-3m.
Torniamo al discorso della premessa iniziale dunque non aggiungo altro sulle difese delle armature, ricorcando però che l'arco ha un rateo di tiro maggiore e che puoi essere difeso quanto vuoi ma nel tempo di 10 quadrelli di balestra ti arrivano addosso 30 freccie....e le armature non erano delle power armour degli space marines (di warhammer 40k :-P)....
Senza considerare la gittata...cmq secondo me è uno "scontro" alla pari fra balestra e arco...
>Gli arceri a cavallo sono inutili nelle guerre ossidionali e inefficaci in battaglia
Mi viene da chiedermi allora perchè sono stati creati anche i balestrieri a cavallo ad un certo punto del 200 (e anche da chiedermi se Montaperti allora non abbia insegnato nulla >_<)....cmq dipende tutto dall'impiego che ne fai.
Gli arceri a cavallo avevano il loro scopo in oriente (distrarre la cavalleria e "trascinarla" con se) e se la cavalleria non "abboccava" serviva per spezzare la carica con scariche di freccie ai lati dell'unità di cavalleria (oltre alle freccie provenienti dal fronte).
>le fanterie europee non furono mai accozzaglia disorganizzata, ma al contrario >inflissero molte sconfitte alle elite di cavalleria.
Dai, mi stai prendendo in giro!
Neanche nel 400 erano unità serie e disciplinate!
Solo con la riforma militare e la nuova concezione di guerra e l'arrivo della picca si è resa necessaria un uniformità. Se pensi diversamente beh...dovresti essere tu a leggere qualche manuale di guerra medievale...
Ad ex (curiosità xchè non riesco a capirlo da quello che scrivi) hai mai letto Franco Cardini? E Gatto? E Settia?
Ho evitato di tornare a Charrae come hai suggerito perchè non ho voglia di discutere su quello...ma ci sarebbero tante..tante considerazioni da fare pure su quello...
1) la superiorità tecnologica europea nell'arte militare rispetto al Sol Levante.
2) I Longobardi (termine che vuol dire "lunghe lance")
3) L'arco gallese è 1,8m, il longbow è 2,5-3m.
4) Gli arceri a cavallo sono inutili nelle guerre ossidionali e inefficaci in battaglia: di fatto sono l'arma tipica di chi pratica la guerriglia. Nessuna battaglia ha visto l'arcere a cavallo essere determinante, tranne solo il Kalka River. Nemmeno a Canne i Parti ebbero ragione delle legioni romane, che si sfaldarono nei giorni seguenti per l'inettitudine dei capi invece che per l'efficacia degli arceri montati.
Dunque, non ho la pretesa di entrare nella discussione dato che vedo chiaramente che voi ne sapete tutti molto più di me, ma qualche precisazione vorrei farla:
1) mi risulta che gli orientali, in special modo i giapponesi, fossero i più avanti... avevano uno stile di combattimento molto diverso, ma efficientissimo (vedi anche arti marziali). Poi arte militare (tecniche del singolo) la distinguerei da arte bellica.
Tra l'altro vorrei ricordare le differenze geografiche e quelle che seguono tra Giappone e Europa, ovvio che le cose cambiano.
2) No, Longobardi significa "lunghe barbe" (in tedesco, lange Bart).
3) Anche qua, mi pareva che la lunghezza massima fosse l'altezza dell'uomo; ma non sono per nulla certo, ditemi voi.
4) Gengis Khan dove lo mettiamo? I suoi guerrieri era soprattutto arcieri a cavallo... Il suo esercito ha conquistato mezza Asia anche grazie a altri fattori (come tattiche particolari), ma certamente non perdendo battaglie XD
5) [sloane] Longbow significa arco lungo, non legno lungo - quanto meno in inglese moderno.
1) mi risulta che gli orientali, in special modo i giapponesi, fossero i più avanti... avevano uno stile di combattimento molto diverso, ma efficientissimo (vedi anche arti marziali). Poi arte militare (tecniche del singolo) la distinguerei da arte bellica.
kahl perdonami ma non ho capito che volevi dire