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La poesia del giorno.
A di AemonTargaryen
creato il 22 marzo 2019


Seija
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Inviato il 14 maggio 2019 22:08

Libros de amor  è una straordinaria opera del premio Nobel Juan Ramón Jiménez che, nonostante  già compiuta, è rimasta inedita per quasi un secolo. Infatti, pur essendo la sua uscita programmata per il 1913, il poeta ne bloccò la stampa perché, proprio qualche mese prima, aveva conosciuto il grande amore della sua vita, la donna che diede un senso affettivo insostituibile alla sua vita sofferente. Dall'autore della toccante prosa poetica Platero ed io e soprattutto poeta raffinatissimo al limite del concettuale, tutto ci si sarebbe aspettati tranne un libro così concreto, referenziale e intimo come questo. Molti dei nomi femminili che compaiono in questi versi sono stati identificati con quelli di donne con cui il poeta ebbe realmente relazioni amorose in gioventù. Tuttavia il valore di questi testi è tutto nella loro qualità letteraria, all'altezza dei migliori della prima epoca. Siamo di fronte ad un bellissimo e raffinatissimo esempio di poesia erotico-sensuale, degno di colui che molti poeti della Generazione del 27 assunsero come indiscusso maestro.

 

Reían las persianas transparentes de sol

rosado, el levantarse sobre las rosas frescas,

y el ocaso infinito de oro inextinguible

surgía, enfrente de tu garganta de seda...

 

¡Oh, momentos de carne surgían de tus hábitos

como pétalos que delataran gardenias !

... Aquellos brazos nítidos como cristales blandos

hermanos de tus pechos amasados de estrellas.

 

¿Qué vida puede dar aquel encanto alegre

y triste por tu boca desplegada y risueña

que entre tú gracias joven de pájaro intranquilo

me regalaba trinos de aurora y de floresta...?

 

Tu ojos... sí, tu ojos, llenos de tantos cielos

entrevistos me ahogaban en mares de demencia;

tus ojos que debían cerrase... para mí...

que vienen _ ¿desde dónde?_ y siguen mis tristezas.

 

 

 

Ridevano le persiane trasparenti di sole

rosato nell'alzarsi sulle rose fresche,

e il tramonto infinito d'inesauribile oro

sorgeva davanti alla tua serica gola...

 

Oh, momenti di carne sorgevan dai tuoi vestiti

come fossero petali insinuanti gardenie !

... Quelle braccia nitide come fragili cristalli,

sorelle dei tuoi seni impastati di stelle.

 

Quale vita può dare quel fascino allegro

e triste della tua bocca aperta e ridente

che nella grazia giovane di passero inquieto

mi donava trilli d'aurora e di foresta...?

 

I tuoi occhi... sì, i tuoi occhi, pieni di tanti cieli

intravisti, m'inabissavano in mari di demenza,

i tuoi occhi che dovevano chiudersi ... per me...,

che vengono _ da dove?_ a prolungar le mie tristezze.



Seija
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Inviato il 19 maggio 2019 17:53

Sylvia Plath è una delle anime più inquiete, irrequiete ma allo stesso tempo straordinariamente sublimi che ho letto. Nella versione in lingua inglese non si può non notare la musicalità delle parole e la scelta molto accurata e minuziosa nelle tecnica del linguaggio poetico e nella metrica. Ma quello che più colpisce sono le forti, assordanti emozioni, violente, compulsive, parole forti, di metallo, che colpiscono e feriscono come armi. Una donna come lei che ha convissuto per molti anni col dolore di un'anima non compresa o non sufficientemente amata, non poteva che esprimersi con parole che fossero lo specchio e insieme la via di fuga dalla vita, finché le parole e le poesie non sono più bastate e ha deciso di farla finita davvero.

La rivale dei versi scelti per oggi non è solo la luna, ma anche l'ex marito Ted Hughes.

 

 

The Rival

 

If the moon smiled, she would ressemble you.

You leave the same impression

Of something beautiful, but annihilating.

Both of you are great light borrowers.

Her O-mouth grieves at the world; yours is unaffected,

 

And your firts gift is making stone out of everything.

I wake to a mausoleum; you are here,

Ticking your fingers in the marble table, looking for cigarettes,

Spiteful as a woman, but not so nervous,

And dying to say something unanswerable.

 

The moon, too, abases her subjects,

But in the daytime she is ridicolous.

Your dissatisfactions, on the other hand,

Arrive through the mailslot with loving regularity,

White and blank, espansive ad carbon monoxide.

 

No day is safe news of you,

Walking about in Africa maybe, but thinking of me.

 

 

 

Se sorridesse, la luna somiglierebbe a te.

Tu fai lo stesso effetto:

Di un qualcosa di bello ma che annichilisce.

Tutti e due siete dei grandi scroccatori.

La sua bocca a O si accora sul mondo; la tua

 

Non fa una piega, tu pietrifichi ogni cosa.

Guardo, c'è un mausoleo; eccoti qui che picchietti

Il marmo del tavolino, cerchi le sigarette,

Sprezzante come una donna, ma non così nervoso,

E muori dalla voglia di dire impertinenze.

 

Anche la luna i suoi sudditi umilia,

Ma di giorno è ridicola.

I tuoi malumori, d'altra parte,

Arrivano per posta amorosamente regolari,

Bianchi e vani, espansivi come il gas.

 

Non c'è giorno al riparo da notizie di te,

Magari a spasso in Africa, ma pensando a me.

 



Seija
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Inviato il 20 maggio 2019 18:37

Quella di Antonia Pozzi fu una voce isolata e solitaria, a lungo poco nota, fino alla "riscoperta" da parte di Montale, che ne decreto' la fama definitiva. Le sue prime opere furono pubblicate postume, dopo un anno dal suicidio e dopo essere state revisionate dal padre che modificò soprattutto quelle dal contenuto amoroso. Ma, a dispetto delle manipolazioni subite, la sua produzione lirica affascina per la modernità e per la scarna essenzialità dei suoi versi soffusi di tristezza, debitori del crepuscolismo e dell'espressionismo tedesco.

 

Lieve offerta

 

Vorrei che la mia anima ti fosse

leggera

come le estreme foglie

dei pioppi, che s'accendono di sole

in cima ai tronchi fasciati

di nebbia _

 

Vorrei condurti con le mie parole

per un deserto viale, segnato

d'esili ombre _

fino a una valle d'erboso silenzio,

al lago _

ove tinnisce per un fiato d'aria

il canneto

e le libellule si trastullano

con l'acqua non profonda _

 

Vorrei che la mia anima ti fosse

leggera,

che la mia poesia ti fosse un ponte,

sottile e saldo,

bianco_

sulle oscure voragini

della terra.

 


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Inviato il 22 maggio 2019 11:27

Posto una poesia struggente di Miguel Hernández, poeta contadino dell'abortita generazione del 36, morì in carcere. La scrisse dopo aver saputo da una lettera della moglie che il loro piccolo mangiava solo cipolla.

NANAS DE LA CEBOLLA

La cebolla es escarcha

cerrada y pobre.

Escarcha de tus días

y de mis noches.

Hambre y cebolla,

hielo negro y escarcha

grande y redonda.

En la cuna del hambre

mi niño estaba.

Con sangre de cebolla

se amamantaba.

Pero tu sangre,

escarchada de azúcar,

cebolla y hambre.

Una mujer morena

resuelta en luna

se derrama hilo a hilo

sobre la cuna.

Ríete, niño,

que te traigo la luna

cuando es preciso.

Alondra de mi casa,

ríete mucho.

Es tu risa en tus ojos

la luz del mundo.

Ríete tanto

que mi alma al oírte

bata el espacio.

Tu risa me hace libre,

me pone alas.

Soledades me quita,

cárcel me arranca.

Boca que vuela,

corazón que en tus labios

relampaguea.

Es tu risa la espada

más victoriosa,

vencedor de las flores

y las alondras

Rival del sol.

Porvenir de mis huesos

y de mi amor.

La carne aleteante,

súbito el párpado,

el vivir como nunca

coloreado.

¡Cuánto jilguero

se remonta, aletea,

desde tu cuerpo!

Desperté de ser niño:

nunca despiertes.

Triste llevo la boca:

ríete siempre.

Siempre en la cuna,

defendiendo la risa

pluma por pluma.

Ser de vuelo tan lato,

tan extendido,

que tu carne es el cielo

recién nacido.

¡Si yo pudiera

remontarme al origen

de tu carrera!

Al octavo mes ríes

con cinco azahares.

Con cinco diminutas

ferocidades.

Con cinco dientes

como cinco jazmines

adolescentes.

Frontera de los besos

serán mañana,

cuando en la dentadura

sientas un arma.

Sientas un fuego

correr dientes abajo

buscando el centro.

Vuela niño en la doble

luna del pecho:

él, triste de cebolla,

tú, satisfecho.

No te derrumbes.

No sepas lo que pasa ni

lo que ocurre.

 

§

È brina la cipolla

misera e chiusa.

È brina dei tuoi giorni,

delle mie notti.

Fame e cipolla,

è gelo nero e brina

grande e rotonda.

Nella culla di fame

stava il mio bimbo.

Con sangue di cipolla

si alimentava.

Però il tuo sangue,

inzuccherata brina,

cipolla e fame.

Una bruna signora

dissolta in luna

si sparge filo a filo

sulla tua cuna.

– Ridi bambino,

ti porterò la luna

quand’è il momento.

Lodola di mia casa,

tu, ridi forte.

il riso nei tuoi occhi

è luce al mondo.

Oh, ridi tanto

che l’anima al sentirti

vinca lo spazio.

Mi libera il tuo riso,

mi mette ali.

Solitudini scioglie,

carcere abbatte.

Bocca che vola,

cuore che nelle tue

labbra lampeggia.

Il tuo riso è la spada

più vittoriosa,

vincitore dei fiori

e delle lodole.

Rivale al sole.

Futuro alle mie ossa

ed al mio amore.

Aleggiante la carne,

lesta la palpebra,

iridata la vita

come non mai.

Che luccichio

aleggiando si libra

su dal tuo corpo!

Mi destai non più bimbo:

tu non destarti.

Quanto triste ho la bocca:

tu, ridi sempre.

Sempre alla cuna,

il riso difendendo

piuma per piuma.

Così ampio è il tuo volo,

così disteso,

che la tua carne è il cielo

appena nato.

Se io potessi

risalire agl’inizi

della tua strada!

L’ottavo mese ridi

con cinque zagare.

Con cinque assai minute

feroci lame.

Con cinque denti

con cinque gelsomini

adolescenti.

La frontiera dei baci

saran domani,

quando tu nei tuoi denti

sentirai un’arma.

Sentirai un fuoco

scorrere sotto i denti

cercando il centro.

Vola, bimbo, alla doppia

luna del petto

ch’è triste di cipolla,

tu soddisfatto.

Che tu non cada

né sappia quel che scorre

né quel che accade.

 



Seija
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Inviato il 22 maggio 2019 16:59

La poesia scelta per oggi è del pluripremiato Stanley Kunitz ed invita ad avere il coraggio di abbracciare tutti "gli strati", tutte le fasi della nostra vita, perché l'essenza della nostra esistenza si trova proprio lì, tra quegli "strati" e tutti hanno contribuito a renderci ciò che siamo . Insomma, non si vive alla giornata ma con tutte le nostre storie dentro. Sempre.

 

The layers

 

I have walked through many lives,

some of thème my own,

and I am not who I was,

throug, from which I struggle

not to stray.

When I look behind,

as I am compelled to look

before I can gather strength 

to proceed on my journey,

I see the milestones dwindling

toward the horizon

and the slow fires trailing

from the abandoned camp-sites,

over which scavenger angels

wheel on heavy wings.

Oh, I have made my self a tribe 

out of my true affections, 

and my tribe is scattered!

How shall the heart be reconciled

to its feast of losses?

In a rising wind 

the manic dust of my friends,

those who fell along the way,

bitterly stings my face.

Yet I turn, I turn,

exulting somewhat,

with my will intact to go

wherever I need to go,

and every stone on the road 

precious to me. 

In my darkest night,

when the moon was covered

and I roamed through wreckage,

a nimbs-clouded voice

directed me :

<< Live in the layers,

not on the litter.>>

Through I lack the art 

to decipher it,

no doubt the next chapter

in my book of transformations 

is already written.

I am not done with my changes.

 

 

Ho camminato attraverso molte vite,

tra di esse c'è la mia,

e non sono più ciò che ero,

pur se qualche principio essenziale

mi rimane, da cui faccio fatica

a non allontanarmi.

Quando mi guardo alle spalle,

quanto questo è necessario,

prima di poter raccogliere le forze,

per procedere nel mio viaggio,

vedo le tappe fondamentali

mentre vado incontro all'orizzonte

e i fuochi che si spengono lentamente

negli accampamenti abbandonati,

su di essi  avvolti

ruotano con  ali pesanti.

Oh, io stesso avevo una tribù

fatta di affetti

ormai dispersi!

Come potrà il cuore riconciliarsi

con il dolore di tante perdite?

In un vento crescente

le traversie dei miei amici,

coloro che sono caduti lungo la strada,

pungono amaramente la mia faccia.

Eppure mi giro, mi giro,

alquanto esultante,

con la volontà di andare salvo,

ovunque ho bisogno di andare,

e ogni pietra della strada

è per me preziosa.

Nella mia notte più buia,

quando la luna era coperta

e vagavo tra le macerie,

una voce da una nuvola

mi ha detto :

<< Vivi sui molteplici strati della tua vita

non sulle macerie.>>

Anche se non sono capace 

a decifrarlo,

senza dubbio il prossimo capitolo

nel mio libro dei mutamenti

è già scritto.

 

 

 

 

 

 

 



Seija
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Inviato il 23 maggio 2019 19:19

La poesia di Chinua Achebe, considerato il padre della letteratura africans moderna in lingua inglese, è intrisa di un rude realismo dove la parola non consola ma diviene martellante mostra della tragedia e della miseria.

 

Refugee Mother and Child

 

No Madonna and Child could touch

thet picture of a mother's tenderness

for a son she soon would have to forget.

 

The air was heavy with odours

of diarrhoea of unwasched children

with washed-out ribs and dried-up

bottoms struggling in laboured

steps behing blown empty bellies. Most

mothers there had long ceased

to care but not this one; she held

a ghost smile between her teeth

and in her eyes the gost of a mother's

pride as she combed the rust-coloured

hair left in his skull and then-

singing in her eyes- began carefully

to part it ... In another life this

would have-been a little daily

act of no consequence before his

breakfast and school; now she

did it like putting flowers

on a tiny grave.

 

 

Nessuna Madonna con Bambino

poteva eguagliare

quell'immagine di tenerezza di madre

per un bambino che presto

doveva dimenticare.

 

L' aria era pesante di odore

di diarrea di bambini non lavati

con costole slavate e sederi 

prosciugati

in lotta con passi affaticati dietro

vuoti ventri rigonfi.

Molte lì hanno da tempo cessato

di preoccuparsi, ma non quella

madre,

che manteneva tra i denti un

sorriso spettrale,

e negli occhi il fantasma

dell'orgoglio materno

mentre gli pettinava i capelli

rugginosi

rimasti sul cranio, e poi,

solo negli occhi cantando, iniziò

a ripartirli adagio ... In un'altra

vita

questo sarebbe stato un piccolo

atto quotidiano

privo d'importanza tra colazione 

e scuola :

ora lei lo faceva come ponendo

fiori

sulla minuscola tomba di un

bambino.

 

 

 

 

 


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AemonTargaryen
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Inviato il 24 maggio 2019 22:51 Autore

C'era una volta un ragazzo che, poco più che ventenne, si ritrovò a emigrare dal suo Paese d'origine, l'Eritrea, una terra uscita a pezzi dal conflitto con l'Etiopia, per incamminarsi, con la speranza di poter vivere una vita degna di potersi definire tale, verso un sogno chiamato “Europa”. Questo ragazzo finì, come tanti altri prima di lui e come tanti altri dopo di lui, prigioniero in Libia, in quei luoghi infernali che l'ONU stesso ha definito senza mezzi termini lager. Dopo un anno e mezzo di prigionia, tra torture e sevizie, questo ragazzo riuscì finalmente a lasciare l'inferno delle prigioni libiche, per imbarcarsi su uno di quei relitti galleggianti sui quali migliaia di esseri umani mettono in gioco tutto ciò che hanno, la propria stessa vita, per cercare di raggiungere quest'altro lato del Mediterraneo. O forse del mondo. Questo giovane uomo venne salvato in mare dall'ONG Proactiva Open Arms il 12 di marzo dello scorso anno. Tesfalidet Tesfom, era questo il suo nome, pesava solo 35 chili, e morì il giorno dopo all'ospedale di Modica, ucciso dalla fame e dalle ingiustizie che il cuore corrotto degli uomini ha contribuito a generare. Ingiustizie che sono in larga parte imputabili anche al mantenimento del tenore di vita di chi vive da questa parte del mondo. Ingiustizie che continuano a consumarsi nell'assordante silenzio dell'indifferenza.

Nel portafogli di Tesfalidet sono state ritrovate due poesie scritte in tigrino. Una delle due, della quale riporto la traduzione in italiano, è la mia poesia del giorno. I versi di Tesfalidet, soprannominato Segen, pongono l'uomo di fronte a quell'ineluttabile processo che vede il Tempo nei panni di giudice ultimo. È di fronte ad esso, che avverrà la condanna dell'egoismo, dell'ignavia, di quel gravissimo errore che è il restare indifferenti.

La poesia si conclude con un ultimo lacerante urlo che potrebbe essere considerato figlio di una speranza non ancora spenta oppure di un'illusione. O magari l'annuncio di una verità che un giorno finirà per travolgere il mondo.

 

 

Tempo sei maestro
Tempo sei maestro

per chi ti ama e per chi ti è nemico,
sai distinguere il bene dal male,
chi ti rispetta
e chi non ti dà valore.

 

Senza stancarti mi rendi forte,
mi insegni il coraggio,
quante salite e discese abbiamo affrontato,
hai conquistato la vittoria
ne hai fatto un capolavoro.

 

Sei come un libro, l’archivio infinito del passato
solo tu dirai chi aveva ragione e chi torto,
perché conosci i caratteri di ognuno,
chi sono i furbi, chi trama alle tue spalle,
chi cerca una scusa,
pensando che tu non li conosci.

 

Vorrei dirti ciò che non rende l’uomo
un uomo
finché si sta insieme tutto va bene,
ti dice di essere il tuo compagno d’infanzia
ma nel momento del bisogno ti tradisce.

 

Ogni giorno che passa, gli errori dell’uomo sono sempre di più,
lontani dalla Pace,
presi da Satana,
esseri umani che non provano pietà
o un po’ di pena,
perché rinnegano la Pace
e hanno scelto il male.

 

Si considerano superiori, fanno finta di non sentire,
gli piace soltanto apparire agli occhi del mondo.

 

Quando ti avvicini per chiedere aiuto
non ottieni nulla da loro,
non provano neanche un minimo dispiacere,
però gente mia, miei fratelli,
una sola cosa posso dirvi:
nulla è irraggiungibile,
sia che si ha tanto o niente,
tutto si può risolvere
con la fede in Dio.

 

Ciao, ciao
vittoria agli oppressi.

 

Modificato il 05 July 2024 17:07


Seija
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Inviato il 26 maggio 2019 19:21

Questa famosissima poesia di Paul Eluard, che fa parte della raccolta "Poesia e verità" del 1942, è un inno alla libertà, bene supremo dell'uomo grazie al quale egli può aspirare a propugnare le proprie idee, decidere le proprie azioni, estrinsecare la propria personalità. In questa accezione la libertà non è solo un mezzo, ma rappresenta il fine che ogni uomo è chiamato a perseguire con tenacia.

Il conflitto mondiale che fa da sfondo a questi versi finisce per conferirle una duplice matrice, una di tipo esistenziale e l'altra di tipo politico-ideologico.

 

Liberté

 

Sur mes cahiers d'écolier

Sur mon pupitre et les arbres

Sur le sable sur la neige

J'écris ton nom

 

Sur toutes les pages lues

Sur toutes les pages blanches

Pierre sang papier ou cendre

J'écris ton nom

 

Sur les images dorée

Sur les armes des guerriers

Sur la couronne des rois

J'écris ton nom

 

Sur la jungle et le désert

Sur les nids sur les genêts

Sur l'écho de mon enfance

J'écris ton nom

 

Sur les merveilles des nuits

Sur le pain blanc des journées

Sur les saison fiancées

J'écris ton nom

 

Sur tous mes chiffons d'azur

Sur l'étang soleil moisi

Sur le lac lune vivante

J'écris ton nom

 

Sur les champs sur l'horizon

Sur les ailes des oiseaux

Et sur le moulin des ombres

J'écris ton nom

 

Sur chaque bouffée d'aurore

Sur la mer sur les bateaux

Sur la montagne démente

J'écris ton nom

 

Sur les mousse des nuages

Sur le sueurs de l'orange

Sur la pluie épaisse et fade

J'écris ton nom

 

Sur le formes scintillantes

Sur les cloches des couleurs

Sur la vérité physique

J'écris ton nom

 

Sur les sentiers éveillés

Sur les routes déployées

Sur les places qui débordent

J'écris ton nom

 

Sur la lampe qui s'allume

Sur la lampe qui s'éteint

Sur mes maisons réunies

J'écris ton nom

 

Sur le fruit coupé en deux

Du miroir et  de ma chambre

Sur mon lit coquille vide

J'écris ton nom

 

Sur mon chien gourmand et tendre

Sur ses oreilles dressées

Sur sa patte maladroite

J'écris ton nom

 

Sur le tremplin de ma porte

Sur les objets familiers

Sur le flot du feu béni

J'écris ton nom

 

Sur toute chair accordée

Sur le front de mes amis

Sur chaque main qui se tende

J'écris ton nom

 

Sur la vitre des surprises

Sur les lèvres attentives

Bien au-dessus du silence

J'écris ton nom

 

Sur mes refuges détruits

Sur mes phares écroulés

Sur les murs de mon ennui

J'écris ton nom

 

Sur l'absence sans désir

Sur la solitude nue

Sur les marches de la mort

J'écris ton nom

 

Sur la santé revenue

Sur le risque disparu

Sur l'espoir sans souvenir

J'écris ton nom

 

Et par le pouvoir d'un mot

Je recommence ma vie

Je suis né pour ta connaître

Pour te nommer

 

Liberté

 

 

 

Sui miei quaderni di scuola

Sul banco e sugli alberi

Sulla sabbia e sulla neve

Scrivo il tuo nome

 

Su tutte le pagine lette

Su tutte le pagine bianche

Pietra sangue carta o cenere

Scrivo il tuo nome

 

Sulle immagini dorate

Sulle armi dei guerrieri

Sulla corona dei re

Scrivo il tuo nome

 

Sulla giungla e sul deserto

Sui nidi sulle ginestre

Sull'eco della mia infanzia

Scrivo il tuo nome

 

Sulle meraviglie delle notti

Sul pane bianco delle giornate

Sulle stagioni fidanzate

Scrivo il tuo nome

 

Su tutti i miei lembi d'azzurro

Sullo stagno sole ammuffito

Sul lago luna viva

Scrivo il tuo nome

 

Sui campi sull'orizzonte

Sulle ali degli uccelli

E sul mulino delle ombre

Scrivo il tuo nome

 

Su ogni folata d'aurora

Sul mare sulle barche

Sulla montagna formidabile

Scrivo il tuo nome

 

Sulla spuma delle nubi

Sui trasudi del temporale

Sulla pioggia  spessa e scialba

Scrivo il tuo nome

 

Sulle forme scintillanti

Sulle campane dei colori

Sulla verità fisica

Scrivo il tuo nome

 

Sui sentieri ridestati

Sulle strade districate

Sulle piazze traboccanti

Scrivo il tuo nome

 

Sulla lampada che si accende

Sulla lampada che si spegne

Sulle mie case riunite

Scrivo il tuo nome

 

Sul frutto dimezzato

Dello specchio e della mia stanza

Sul mio letto conchiglia vuota

Scrivo il tuo nome

 

Sul mio cane goloso e tenero

Sulle sue orecchie ritte

Sulla sua zampa maldestra

Scrivo il tuo nome

 

Sulla soglia della mia porta

Sugli oggetti familiari

Sul fiotto di fuoco benedetto

Scrivo il tuo nome

 

Su ogni corpo promesso

Sulla fronte degli amici

Su ogni mano che si tende

Scrivo il tuo nome

 

Sul vetro delle sorprese

Sulle labbra attente

Ben al di sopra del silenzio

Scrivo il tuo nome

 

Sui miei rifugi distrutti

Sui miei fari crollati

Sui muri della mia noia

Scrivo il tuo nome

 

Sull'assenza senza desiderio

Sulla solitudine nuda

Sui passi della morte

Scrivo il tuo nome

 

Sulla salute ritornata

Sul rischio sparito

Sulla speranza dimenticata

Scrivo il tuo nome

 

E il potere di una parola

Fa ricominciare la mia vita

Sono nato per conoscerti

Per chiamarti

 

Libertà.

 

 

 

 

 

 

 


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AemonTargaryen
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Inviato il 29 maggio 2019 22:01 Autore

Sono enfant de fortune, figlio dei tempi... mi sento come il grillo nell'uragano, come la cicala sorpresa dai primi freddi dell'autunno.”

 

La poetica, decisamente moderna, di Vincenzo Cardarelli, è sospesa tra un'inquietudine che segna in profondità l'animo umano e una liberazione cercata attraverso la via della lirica. Un uomo dotato di una profondità non comune, poeta nel senso più pieno del termine. Come ebbe a dire Natalino Sapegno, "nel poeta si trova l'uomo". Un uomo il cui rapporto con la vita fu complicato e, allo stesso tempo, caratterizzato da quello che egli stesso definì un amore temerario.

 

 

Tempi immacolati

 

Una volta, su questo mondo,

il beneficio che avevo

era immenso e ignorato.

Non sospettando l'ampiezza

ed il pericolo dei miei appetiti,

godevo le cose più rare

e pregne di soddisfazione.

Le mie allegre curiosità

non erano state ancora

dalla coscienza scoperte e turbate.

Tra me e le ore

vigeva un accordo esatto.

Potevo anche sparire

e dimenticarmi,

ero sicuro che al momento scritto

non avrei perso l'entrata.

E se mi ricordo che già,

in quel tempo così naturale,

estremamente inclinato

a fidarmi e aspettare,

andavo con mite follia

ammettendo impossibili ubiquità

e visite miracolose,

è perché tutte le cose

hanno un passato e un presentimento:

anche il mio male di ora.

Ma sono stato avvertito

in forma di sussulti,

ho conosciuto l'ignoto

trapestio delle sorprese

che neanche si sognano,

e la dolcezza dei connubi che strappano,

prima del disinganno,

la sua potenza all'amore!

Quand'è che una tale grazia

ha cominciato a finire?

Noi non possiamo seguire

le oblique magie del tempo.

Il tempo è dietro di noi,

ma come fondo che non appare,

a questa, che è la vita,

azione di contrasti

nel vuoto.

Imprercettibile come

l'ordine che si muove,

infallibile e retto come il male,

non distoglie le cose e non le affronta:

si contenta di siorarle.

E questa piaga che mi s'è scoperta

sull'anima insensata

quando nacque era appena

una volatile impronta

delle sue dita.

E ora! Già sono passato,

viandante disorientato

al mio stesso paese,

messo in sospetto dalla realtà,

acquisito agl'inganni,

con tuto il destino degli anni

a venire già bell'e tramontato

nel ricordo di quelli che ho vissuto.

Modificato il 05 July 2024 17:07


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Inviato il 30 maggio 2019 12:47

La poesia di Lucio Piccolo, poeta siciliano con forti radici europee, predilige l'oscurità, la penombra per il dramma che, come dice il poeta, è insito in ogni siciliano come un'esigenza interna perché in contrapposizione con l'eccessiva luce della calda Sicilia. La sua poesia si presenta innovativa e surrealista in modo mitologico, in cui ad essere protagonista è la natura con le sue variegate forme, una natura umanizzata che individua in presenze apparentemente invisibili, i protagonisti di un mondo a metà tra sogno e incubo, in perfetto equilibrio che svela tutta la sua straordinaria forza e bellezza all'alternarsi della notte o delle stagioni. 

Il simbolismo di Piccolo risente non solo di quello francese, ma efficace e decisiva anche l'influenza dei poeti italiani crepuscolari e vociani come Gozzano, Rebora, Govoni e Campana che intende proporre una concezione della poesia come fatto magico e misterioso.

 

La notte

 

La notte si fa dolce talvolta,

se dalla cerchia oscura

dei monti non leva alito di frescura

perché non soffochi, ai muri vicini apre corimbo 

di canti,

sale coi rampicanti pei lunghi archi,

alle terrazze alte, ai pergolati, al traforo

dei mobili rami segna garofani d'oro,

segreti fievoli coglie ai fili d'acqua sui greti

o muove i passi stanchi

dove l'onde buje si frangono ai bianchi moli.

Subito allo schermo dei sogni

soffia in vene  vive volti già cenere, parole afone...

muove la girandola d'ombre :

sulla soglia, in alto, ogni dove

vacuo vano, andito grande tende a forme,

sguardo che muove le prende,

sguardo che ferma le annulla.

Riverberi d'echi, frantumi, memorie insaziate,

reflusso di vita svanita che trabocca

dall'urna del Tempo, la nemica clessidra che 

spezza,

è bocca d'aria che cerca bacio, ira,

è mano di vento che vuole carezza.

Alle scale di pietra, al gradino di lavagna,

alla porta che si fende per secchezza

è solo lume d'olio quieto;

spento il rigore dei versetti a poco a poco

il buio è più denso _ sembra riposo ma è febbre;

l'ombra pende al segreto

battere d'un immenso

Cuore

di fuoco.

 

 

 

 


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Inviato il 02 giugno 2019 10:54 Autore

In Cantico dei Vangeli, Alda Merini compie un meraviglioso viaggio poetico attraverso la propria, personale rilettura dei testi cristiani. L'affresco che ne emerge è una raccolta che è una sorta di inno all'amore, un viaggio nel cuore umano percorso attraverso la lente di protagonisti dei quali la poetessa non si esime dal sottolinearne debolezze che, se vogliamo, finiscono per metterne meglio in evidenza anche le virtù, in una chiave che potrebbe forse definirsi “realistica”.

 

Nella poesia che ho scelto, Gesù si rivolge a Pietro. Quest'ultimo è un uomo condotto dal dubbio. Giunti a questo punto della storia, Pietro ha bisogno di certezze, di un appiglio. Non si è ancora spinto troppo avanti, e per non crollare lungo il cammino, per far propria la causa di Gesù dopo la sua fine, ha bisogno di toccarne con mano la verità. La negazione di Pietro (meglio, il suo tradimento), rappresentata fra gli altri, con intenso pathos, dal Caravaggio degli ultimi anni, matura dunque attorno al dubbio. Nella prima parte del componimento, Gesù sembra sottolineare la differenza tra la sua natura divina e la natura umana di Pietro, anzi, pare quasi rinfacciare l'avergli fatto dono di divenire un pescatore di anime. Tuttavia, più che a ciò che gli uomini fanno o dicono, Gesù sceglie di guardare a ciò che è racchiuso nel loro cuore (in questo mi viene addirittura in mente 1984): di fatti, riconoscendo l'amore nel cuore di Pietro, sa che il tutto finirà nel perdono. Significativo che l'autrice faccia perdonare prima il maestro dal discepolo, e poi viceversa: in un ultimo atto di umana compassione, Gesù comprende la paura nell'animo di Pietro, e riconosce di doversi far perdonare il non aver provato la sua esistenza ultraterrena. Gli ultimi versi, quasi palpabili, racchiudono in sé questa prova. Che è come dire che se c'è qualcosa di ultraterreno, qualcosa di più alto nel mondo degli uomini, quel qualcosa è l'amore.

 

 

Gesù a Pietro

 

Mi perseguita la morte come il tuo giorno,

O Pietro,

fossi nudo come tu sei...

Tu sei un uomo che spera nel mio miracolo.
Sei fatto di terra e di sangue,

ma in questo momento,

io che sono il fatto e il perdono di Dio

ho bisogno della tua forza.

Non rinnegarmi, Pietro,

non scappare dal mio Calvario,

non fuggire dal mio sguardo.

Tu lo sai che con il mio sguardo io ti anniento

e hai paura di questo.

Io ti metto nuovamente radici nel cuore.

Perché scappi come un cerbiatto?

Perché ascolti il canto del gallo?

Non coprirti le spalle con un mantello

che non è il tuo:

tanto tornerai indietro,

tanto io ti ho reso ricco con una pesca sublime,

quella delle anime.

Tu mi devi ringraziare per questo.

Tu vorrai ancora pescare anime.

Tu rinuncerai alla pastura dei pesci.

Tu vorrai mangiare la carne di Dio.

 

Ascolto le tue parole quando gridi:

«Io non l'ho mai visto,

io non lo conosco».

Ti guardo e mi rassegno:

traditore anche tu,

ma tanto innamorato di Dio

che tornerai a perdonarmi

e io e te, Pietro,

ci perdoneremo insieme

di aver dubitato l'uno dell'altro.

Sai qual è la cosa che ti conduce, Pietro?

Il dubbio.

Tu hai dubitato di me

e hai avuto talmente paura

che sei impazzito.

Io ti darò la prova

della mia esistenza ultraterrena.

Lo so che l'uomo ha bisogno

di mettere le sue dita

nelle ferite degli altri.

Io presenterò il mio corpo pieno di ferite:

tutte le mani potranno affondare

nelle mie ferite, Pietro:

anche le tue mani.



Seija
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Inviato il 04 giugno 2019 22:25

Liao Yiwu ha scritto questa poesia nel giugno del 1989 per denunciare i fatti di Piazza Tienanmen.

 

Massacro

E un altro tipo di massacro avviene nel

cuore dell'utopia

Il primo ministro prende un raffreddore, e

il popolo deve tossire;

si dichiara la legge marziale

più e più volte.

La macchina senza denti dello Stato rotola

verso coloro che hanno il coraggio

di resistere alla malattia.

Teppisti disarmati cadono a migliaia; killer 

professionisti coperti di ferro nuotano in 

un mare di

sangue, accendono fuochi sotto finestre

ermeticamente chiuse puliscono gli stivali

d'ordinanza

con le gonne delle ragazze morte. Sono

incapaci di tremare!

I loro cervelli elettronici possiedono un

unico programma : un documento ufficiale

pieno di buchi.

In nome della Patria, massacrare la

costituzione!

Cambiare la costituzione, massacrare la

giustizia!

In nome delle madri, strangolare i figli!

In nome dei figli, sodomizzare i padri!

In nome delle mogli, uccidere i mariti!

In nome dei cittadini, bombardate le città!

Aprite il fuoco! Fuoco!

Sui vecchi!

Sui bambini!

Aprite il fuoco sulle donne!

Su studenti. Lavoratori. Insegnanti.

Aprite il fuoco sui venditori ambulanti!

Aprite il fuoco! Mitragliate!

Prendete di mira queste facce irose.

Facce terrorizzate.

Facce stravolte.

Svuotare i caricatori sulle facce disperate e

pacifiche!

Sparate su quello che avete nel cuore!

Quelle facce che avanzano come una

marea e l'istante dopo sono morte sono 

così belle!

Quelle facce che salgono al cielo e

scendono all'inferno sono così belle!

Belle.

Una bellezza che spinge gli uomini a devastare, calunniare, dominare, depredare!

Fatela finita con la bellezza!

Fatela finita con i fiori!

I boschi. L' università. L' amore.

Chitarre e aria pura!

Basta con queste idee che inducono in

errore!

Aprite il fuoco! Mitragliate ! Com'è bello!

...

Fategli esplodere il cervello! Esplodere 

l'anima.

Che schizzino sul cavalcavia . La portineria.

I parapetti.

Schizzino sulla strada!

Schizzino verso il cielo dove diventeranno 

stelle!

Stelle in fuga!

Stelle con due gambe umane!

Cielo e terra si sono scambiati di posto.

L' umanità porta cappelli luminosi,

splendenti.

Luminosi, splendenti elmetti di metallo.

Un drappello di soldati viene alla carica

dalla luna.

Aprite il fuoco! Da tutte le canne!

Mitragliate! Com'è bello!

L'umanità e le stelle cadono.

Fuggono insieme.

Impossibile distinguerle.

Dategli la caccia nelle nuvole!

Dategli la caccia nelle fenditure della terra 

e nella loro carne e fatele fuori!

Aprite un altro buco nell'anima!

Aprite un altro buco nelle stelle!

Anime con camicie rosse!

Anime con cinture bianche! Anime con

scarpe da corsa che fanno ginnastica alla

radio!

Dove credete di poter scappare?

Vi tireremo fuori dal fango.

Vi strapperemo fuori dalla carne.

Vi tireremo fuori dall'aria e dall'acqua.

Aprite il fuoco! Mitragliate! Che bello!

Com'è bello!

Il massacro avviene in tre mondi.

Sulle ali degli uccelli.

Nella pancia dei pesci.

Nella polvere sottile.

In innumerevoli organismi viventi.

Saltare! Ululare! Volare ! Correre !

Com'è bella la libertà!

Com'è bello far fuori la libertà!

Il potere trionferà per sempre.

Si tramandera' di generazione in generazione per sempre.

Anche la libertà tornerà dal regno dei

morti.

Tornerà alla vita generazione dopo

generazione.

Come la luce fioca prima dell'alba.

No. Non c'è nessuna luce.

Nel cuore dell'utopia non può mai esserci

luce.

...

Andiamo a casa.

Fratelli e sorelle, i vostri corpi sparsi come

rifiuti sulla terra.

Andiamo a casa.

Camminiamo senza far rumore.

Camminiamo un metro sopra la terra.

Sempre avanti, dev'esserci un posto per

riposare.

Dev'esserci un posto dove non si sentono 

spari ed esplosioni.

Abbiamo così voglia di nasconderci in un

filo d'erba.

In una foglia.

Zio. Zia. Nonno. Nonna. Papà. Mamma.

Quanto manca ancora a casa?

Noi non abbiamo una casa.

Lo sanno tutti.

I cinesi non hanno nessuna casa.

La casa è un desiderio confortante.

Lasciateci morire in questo desiderio.

APRITE IL FUOCO, MITRAGLIATE, FUOCO!

Lasciateci morire in libertà.

Giustizia. Uguaglianza. Amore Universale.

Pace, in questi vaghi desideri.

In piedi all'orizzonte

chiamiamo altri vivi alla morte!

...

 

 

 

Modificato il 05 July 2024 17:07


Seija
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Inviato il 06 giugno 2019 15:38

Di Vladimir Majakovskij è difficile parlare, non tanto perché la sua poesia è un'intera enciclopedia di temi collegati alla tradizione e allo stesso tempo nuovi, quanto perché, in modo e per ragioni diverse, sia in Europa che in patria è rimasto spesso ingabbiato in definizioni e canonizzazioni letterarie che hanno allontanato l'attenzione dalla sua poesia, che è una forza così prorompente da non perdersi neanche nella traduzione.

 

Invece di una lettera

 

Il fumo del tabacco ha roso l'aria.

La stanza

è un capitolo dell'inferno di Kruchenych.

Ricordi?

Accanto a questa finestra

per la prima volta

accarezzai freneticamente le tue mani.

Oggi, ecco, sei seduta,

il cuore rivestito di ferro.

Ancora un giorno,

e mi scaccerai,

forse maledicendomi.

Nella buia anticamera, la mano, rotta dal tremito,

a lungo non saprà infilarsi nella manica.

Poi uscirò di corsa,

e lancerò il mio corpo per la strada.

Fuggito da tutti,

folle diventerò,

consunto dalla disperazione.

Ma non è necessario tutto questo;

cara,

dolce,

diciamoci adesso addio.

Il mio amore,

peso così schiacciante ancora,

ti grava sopra

lo stesso,

dovunque tu fugga.

Lasciami sfogare in un ultimo grido

l' amarezza degli offesi lamenti.

Se lo sfiancano di lavoro, un bue,

se ne va

ad adagiarsi sulle fredde acque.

Ma, al di fuori del tuo amore,

per me

non c'è mare,

e dal tuo amore neanche col pianto puoi

imperare tregua.

Se l' elefante sfinito cerca pace,

si stende regalmente sulla sabbia

arroventata.

Ma, al di fuori del tuo amore,

per me

non c'è sole,

e io non so neppure dove sei e con chi.

Se così tu avessi ridotto un poeta,

lui

avrebbe lasciato la sua amata per la gloria e

il denaro

ma per me

non un solo

suono è di festa

oltre a quello del tuo amato nome.

Non mi butterò nella tromba delle scale,

non ingoiero' veleno,

non saprò premere il grilletto contro la

tempia.

Su di me,

al di fuori del tuo sguardo

non ha potere la lama di nessun coltello.

Domani dimenticherai

che ti ho incoronato,

che l'anima in fiore ho incenerito con

l'amore,

e lo scatenato carnevale dei giorni irrequieti

scompigliera' le pagine dei miei libri.

Potranno mai le foglie secche delle mie

parole

trattenerti un momento

per aspirare avidamente?

Ma lascia almeno

ch'io lastrichi con un'ultima tenerezza

il tuo passo che s'allontana.

 

 

 


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AemonTargaryen
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Inviato il 07 giugno 2019 11:12 Autore

La mia poesia del giorno è di Attilio Bertolucci, grande poeta e padre di Bernardo e Giuseppe. Si tratta di versi dedicati all'amata Ninetta, della quale il poeta delinea, con la metafora della rosa bianca, un'immagine immersa in un tempo che deve ancora venire. Un'istantanea da conservare nel cuore, come in una dimensione atemporale, mentre la vita al di fuori va avanti, inesorabilmente scandita dallo scorrere del tempo.
Peraltro, se la passione di Ninetta per il cinema finì per contagiare i figli Bernardo e Giuseppe, altrettanto potrebbe dirsi di quella di Attilio per la poesia, la quale li segnò, inevitabilmente, in profondità.

 

Da un'intervista a Bernardo nel '91: "Immaginate dunque questo universo, un podere abbastanza piccolo, la casa dei padroni, quella dei contadini, io totalmente diviso tra le due case (come si può vedere nel film Novecento), e un padre poeta, grande poeta. Il mio modello primario è stato quello di una persona creativa. Per me bambino la cosa da fare da grande era scrivere poesie. In questo senso io ripeto sempre che credo di aver avuto il privilegio, la chance, di un grande maestro. Perché il modo di essere maestro di mio padre era, credo, non tanto diverso da quello di un guru, fascinoso, a volte incomprensibile, apparentemente mitissimo, sempre ipnotico, imbattibile, comunque il favorito di mia madre. 

[…]

"L’insegnamento non avveniva mai all’interno dei confini rassicuranti, ma un po’ limitati della scuola. C’era l’esperienza profonda, immediata, direi quasi verticale, dalla superficie fino al cuore della cosa, della poesia. C’è un esempio che ho fatto altre volte, ma che considero molto efficace: mio padre parla di mia madre in una poesia che si chiama La Rosa bianca, la descrive come una rosa bianca che fiorisce in fondo al giardino, «le ultime api dell’estate l’hanno visitata», dice, e finisce: «Un po’ smemorata come tu sarai a trent’anni». Io leggo la poesia, esco di casa, con una corsetta arrivo in fondo al giardino ed ecco lì la rosa bianca.
"Questo poter verificare nella realtà, nell’esperienza immediata della vita, qualcosa che avevo letto poco prima, era irresistibile come un gioco di specchi. Questa verifica nel reale getta sulla poesia una luce di incredibile verità: le parole non sono illusione, le parole sono soltanto il segno che definisce qualcosa che è lì, palpabile, davanti ai miei occhi e le parole gettano sulla rosa una luce in più. Ecco che lì io imparo cosa è la poesia."


La rosa bianca.

 

Coglierò per te
l'ultima rosa del giardino,
la rosa bianca che fiorisce
nelle prime nebbie.
Le avide api l'hanno visitata
sino a ieri,
ma è ancora così dolce
che fa tremare.
È un ritratto di te a trent'anni.
Un po' smemorata, come tu sarai allora.

 

Modificato il 05 July 2024 17:07


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Inviato il 08 giugno 2019 9:00

Solo de amor è una raccolta poetica di Alejandro Jodorowsky, ma nn tratta dell'amore sentimentale ed edulcorato della tradizione romantica. Perfettamente inserita nell' universo creativo di Jodorowsky e nel suo concetto di "arte che cura", la sua poesia parla dell'amore concreto, reale, che tutti viviamo: le nevrosi, le ossessioni, la gelosia, le incomprensioni, gli enormi sforzi che si compiono per sfrondare e "pulire" il rapporto d'amore delle scorie che tendono a demolirlo. È un amore concreto che è volto alla scoperta di se stessi tramite il gioco di specchi della relazione, perché solo nell'uscire dalle proprie nevrosi si racchiude la possibilità di creare un vero rapporto d'amore.

 

Llegas a mí como una brisa sin paisaje 

a nacer en aquello que emerge de la herida

allí donde ya no es posible establecer un nido

Humilde y silenciosa te dejas llevar por el torrente

no te dices libre pero sabes sonreír cuando no pides

porque lo has perdido todo menos a ti misma

Sombra a sombra entrando en el placer

yo de tu piel vacía tú del olvido que es mi alma

como sobrevivientes de todos las guerras

cada caricia es un ave del milagro

cada beso un parto

cada orgasmo un Edén en la nada

 

 

Vieni a me come una brezza senza paesaggio

per nascere in ciò che scaturisce dalla ferita

là dove ormai più non è possibile stabilire un nido

Umile e silenziosa ti lasci portare dal torrente

libera non ti dici ma sai sorridere quando non chiedi

perché tutto hai perduto tranne te stessa

Ombra su ombra entrando nel piacere

io della tua pelle vuota tu dell'oblio che è la mia anima

come sopravvissuti di tutte le guerre

ogni carezza è un uccello del miracolo

ogni bacio un parto

ogni orgasmo un Eden nel nulla

 

 


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