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La poesia del giorno.
A di AemonTargaryen
creato il 22 marzo 2019

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AemonTargaryen
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Inviato il 22 marzo 2019 0:32 Autore

«La poesia concentra densamente, protegge il nucleo degli avversi sensi.

Il guscio, quando emerge il nucleo,

mostra al mondo il denso interno.»

 

 

Non si tratta di versi appartenenti a un qualche poeta, ma alla filosofa Hannah Arendt, che in queste poche righe tratte dai suoi notebooks spiega, in maniera cristallina, cosa sia la poesia.

 

In questo spazio, dunque, chi lo volesse potrà pubblicare una poesia, di qualunque genere e di qualsiasi autore, o anche solo limitarsi a commentare quelle condivise da altri. Anche – o forse soprattutto – per il semplice gusto di farlo.

 

 

Comincio io, con dei versi di Federico García Lorca - poeta che visse una vita a dir poco intensa e sul quale ci sarebbe, invero, molto da dire - che ho sempre trovato particolarmente densi, vere e proprie pennellate, pregne di musicalità. Da Primeras canciones (1922), Canción.

 

 

Por las ramas del laurel

van dos palomas oscuras.

La una era el sol,

la otra la luna.

"Vecinitas", les dije,

"¿dónde está mi sepultura?"

"En mi cola", dijo el sol.

"En mi garganta", dijo la luna.

Y yo que estaba caminando

con la tierra por la cintura

vi dos águilas de mármol

y una muchacha desnuda.

La una era la otra

y la muchacha era ninguna.

"Aguilitas", les dije,

"¿dónde está mi sepultura?"

"En mi cola", dijo el sol.

"En mi garganta", dijo la luna.

Por las ramas del cerezo

vi dos palomas desnudas,
la una era la otra
y las dos eran ninguna.

 


 

 

Traduzione (facoltativa):

 

Sui rami dell'alloro

due colombi scuri.

Uno era il sole,

l'altro la luna.

Amici”, domandai,

dov'è la mia tomba?”

Nella mia coda”, disse il sole

Nella mia gola”, la luna.

E io che camminavo

con la terra alla cintola

vidi due aquile di marmo

e una ragazza nuda.

Una era l'altra

e la ragazza nessuna.

Aquile”, chiesi,

dov'è la mia tomba?”

Nella mia coda”, disse il sole.

Nella mia gola”, la luna.

Sui rami di ciliegio

vidi due colombi nudi,

uno era l'altro

e tutt'e due nessuno.

 

 

 

 

Modificato il 05 July 2024 17:07

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hacktuhana
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hacktuhana
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Inviato il 22 marzo 2019 3:23

oh ma che bella idea, giovane mastro GandalfAemon!

 

il mio primo contributo vada ai corvi.

 

I corvi

Les corbeaux

 

 

Signore, quando i campi sono freddi,

Quando sui casolari diroccati,

Tacciono i rintocchi dell'angelus…

Sulla natura sfiorita

Fa' che si avventino dai grandi cieli

I corvi cari e deliziosi.

 

Strana masnada di severi stridi,

Il vento freddo vi aggredisce i nidi!

Oh voi, lungo i fiumi ingialliti,

Voi, per le strade d'antiche vie crucis,

Sopra i fossati e sopra le buche

Disperdetevi, su, radunatevi!

 

A migliaia, sui coltivi di Francia,

Ove dormono i morti dell'altro ieri,

Su, d'inverno, turbinate,

Affinché ogni passante ripensi!

Che tu sia il banditore del dovere,

Oh nostro funereo uccello nero!

 

Però, santi del cielo, sulla quercia,

Alta a maestra nella sera incantata,

Lasciate le capinere do maggio

Per chi in fondo al bosco, sull'erba

Da cui nessuno sfugge, è incatenato

A una disfatta che non ha domani.

 

Seigneur, quand froide est la prairie,

Quand dans les hameaux abattus,

Les longs angelus se sont tus...

Sur la nature défleurie

Faites s'abattre des grands cieux

Les chers corbeaux délicieux.

 

Armée étrange aux cris sévères,

Les vents froids attaquent vos nids !

Vous, le long des fleuves jaunis,

Sur les routes aux vieux calvaires,

Sur les fossés et sur les trous

Dispersez-vous, ralliez- vous !

 

Par milliers, sur les champs de France,

Où dorment des morts d'avant-hier,

Tournoyez, n'est-ce pas, l'hiver,

Pour que chaque passant repense !

Sois donc le crieur du devoir,

O notre funèbre oiseau noir !

 

Mais, saints du ciel, en haut du chêne,

Mât perdu dans le soir charmé,

Laissez les fauvettes de mai

Pour ceux qu'au fond du bois enchaîne,

Dans l'herbe d'où l'on ne peut fuir,

La défaite sans avenir.

 

 

Arthur Rimbaud



Seija
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Inviato il 22 marzo 2019 15:07

Come esimersi dal dare un contributo... :)

Visto che ieri avrebbe compiuto 88 anni, mi pare doveroso iniziare con Lei! 

Poesia, amore e follia travolgono la vita di Alda Merini fin dall'inizio e l'unico modo che trova per gestire tutto ciò è proprio la forza della parola. 

 

L'ora più solare per me. 

 

L'ora più solare per me

quella che più mi prende il corpo

quella che più mi prende la mente

quella che più mi perdona

è quando tu mi parli. 

 

Sciarade infinite, 

infiniti enigmi, 

una così devastante arsura, 

un tremito da far paura

che mi abita il cuore. 

 

Rumore di pelle sul pavimento 

come se cadessi sfinita :

da me si di parte la vita

e d'un bianchissimo armento io

pastora senza giudizio

di te amor mio mi prende il vizio. 

 

Vizio che prende un bambino

vizio che prende l'adolescente

quando l'amore è furente

quando l'amore è divino. 

 

 


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hacktuhana
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Inviato il 23 marzo 2019 10:25

La poesia più bella di Walt Whitman, si, lasciatevi trascinare, e vedrete...

 

One hour to madness and joy!

 

O furious! O confine me not!

(What is this that frees me so in storms?
What do my shouts amid lightnings and raging winds mean?)
O to drink the mystic deliria deeper than any other man!

O savage and tender achings! (I bequeath them to you my children,

I tell them to you, for reasons, O bridegroom and bride.)

O to be yielded to you whoever you are, and you to be yielded to me
in defiance of the world!
O to return to Paradise! O bashful and feminine!
O to draw you to me, to plant on you for the first time the lips of
a determin'd man.

O the puzzle, the thrice-tied knot, the deep and dark pool, all
untied and illumin'd!
O to speed where there is space enough and air enough at last!
To be absolv'd from previous ties and conventions, I from mine and
you from yours!
To find a new unthought-of nonchalance with the best of Nature!

To have the gag remov'd from one's mouth!
To have the feeling to-day or any day I am sufficient as I am.

O something unprov'd! something in a trance!
To escape utterly from others' anchors and holds!
To drive free! to love free! to dash reckless and dangerous!
To court destruction with taunts, with invitations!
To ascend, to leap to the heavens of the love indicated to me!
To rise thither with my inebriate soul!
To be lost if it must be so!
To feed the remainder of life with one hour of fulness and freedom!
With one brief hour of madness and joy.

 

Un’ora per la pazzia e la gioia!

 

Oh furioso! Oh, non richiudetemi!
(Che cos’è che mi libera così in tempesta?
Che cosa vogliono dire i miei urli tra i lampi e i venti rabbiosi?)

Oh bere i mistici deliri più in profondità che ogni altro uomo!
Oh sofferenze tenere e selvagge! (Io le trasmetto a voi miei figli,
io le racconto a voi, a ragione, sposo, sposa.)

Oh, abbandonarmi a te chiunque tu sia, e tu a me, sfidando il mondo!
Ritornare al Paradiso! Oh timido, femmineo!
Attirarti a me, porre su dite per la prima volta le labbra di un uomo determinato.

Oh l’enigma, il nodo triplice, il gorgo scuro e profondo, tutto senza lacci, illuminato!
Andare di corsa dove c’è spazio abbastanza e aria abbastanza alla fine!
Essere svincolati da anteriori legami e convenzioni, io dai miei e tu dai tuoi!
Trovare un nuovo sinora impensato accordo con il meglio della Natura!

Avere ciascuno di noi la bocca libera dal bavaglio! Sentire oggi e ogni giorno che io basto come sono.

Oh, qualcosa di mai provato! Qualcosa simile all’estasi! Sfuggire del tutto a ogni ancora e a ogni presa!
Andare libero! amare libero! precipitarsi incauto, pericoloso!
Corteggiare la distruzione con sarcasmi, con inviti!
Ascendere, saltare verso i cieli dell’amore indicati a me!
Salire sin lassù con la mia anima inebriata!
Perdermi se così deve essere!
Nutrire il resto della mia vita con un’ora di pienezza e di libertà!
Con un’ora breve di pazzia e gioia.

 

Modificato il 05 July 2024 17:07


Seija
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Inviato il 23 marzo 2019 12:22

Camaleontico, visionario, metafisico a sfondo mortuario, con una serie di immagini dotate di vita propria che scandiscono il ritmo del tempo inesorabile, Dylan Thomas dà vita, movimento e parola sotto forma di accensioni oniriche, alle parti e alle funzioni del corpo, al seme, alla carne, al cervello, al sangue. La vita è metafisicamente trattata nel binomio indiscutibile che forma con la morte. 

This bread I break l'ho sempre interpretata come la registrazione dello sforzo personale per emergere dall'oscurita' a qualche barlume di luce. 

 

This bread I break was once the oat, 

This wine upon a foreign tree

Plunged in its fruit ;

Man in the day or wind at night

Laid the crops low, broke the grape's joy. 

 

Once in this wine the summer blood

Knocked in the flesh that decked the vine, 

Once in this bread

The oat was merry in the wind; 

Man broke the sun, pulled the wind down. 

 

This flesh you break, this blood you let

Make desolation in the vein, 

Were oat and grape

Born of the sensual root and sap;

My wine you drink, my bread you snap. 

 

Questo pane che spezzo

 

Questo pane che spezzo un tempo era frumento, 

Questo vino su un albero straniero

Nei suoi frutti era immerso;

L'uomo di giorno o il vento nella notte

Piego' a terra le messi, spezzò la gioia dell'uva. 

 

In questo vino, un tempo, il sangue dell'estate

Batteva nella carne che vestiva la vite;

Un tempo, in questo pane, 

Il frumento era allegro in mezzo al vento;

L' uomo ha spezzato il sole e ha rovesciato il vento. 

 

Questa carne che spezzi, questo sangue a cui lasci

Devastare le vene, erano un tempo

Frumento ed uva, nati 

Da radice e linfa sensuali

È il mio vino che bevi, è il mio pane che addenti. 

Modificato il 05 July 2024 17:07


Euron Gioiagrigia
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Euron Gioiagrigia
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Inviato il 23 marzo 2019 13:18

La mia preferita:

 

Ognuno sta solo sul cuor della terra

trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera.

 

Sono sempre stato un amante dell'Ermetismo, di cui Salvatore Quasimodo è stato uno dei massimi esponenti. Ovviamente non ho le competenze per analizzarne i contenuti, i miei ultimi studi di letteratura italiana risalgono a dieci anni fa. Ma mi ha sempre fatto pensare.

Modificato il 05 July 2024 17:07

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AemonTargaryen
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Inviato il 23 marzo 2019 15:47 Autore

La mia poesia del giorno è del poeta maledetto Paul Verlaine. Questi versi promanano una luce rara: hanno un che di liberatorio e di catartico. Ho sempre visto, in essi, una sorta di invito a cogliere, nei chiaroscuri della vita, quanto di bello essa offra.

È, credo, la sublimazione della libertà in ogni senso, dell'amore che genera speranza e che redime e, ovviamente, della felicità o di ciò che si creda possa essere.

 

 

Puisque l’aube grandit.


Puisque l’aube grandit, puisque voici l’aurore,
Puisque, après m’avoir fui longtemps, l’espoir veut bien
Revoler devers moi qui l’appelle et l’implore,
Puisque tout ce bonheur veut bien être le mien,

 

C’en est fait à présent des funestes pensées,
C’en est fait des mauvais rêves, ah ! c’en est fait
Surtout de l’ironie et des lèvres pincées
Et des mots où l’esprit sans l’âme triomphait.

 

Arrière aussi les poings crispés et la colère
À propos des méchants et des sots rencontrés;
Arrière la rancune abominable! arrière
L’oubli qu’on cherche en des breuvages exécrés!

 

Car je veux, maintenant qu’un Être de lumière
A dans ma nuit profonde émis cette clarté
D’une amour à la fois immortelle et première,
De par la grâce, le sourire et la bonté,

 

Je veux, guidé par vous, beaux yeux aux flammes douces,
Par toi conduit, ô main où tremblera ma main,
Marcher droit, que ce soit par des sentiers de mousses
Ou que rocs et cailloux encombrent le chemin;

 

Oui, je veux marcher droit et calme dans la Vie,
Vers le but où le sort dirigera mes pas,
Sans violence, sans remords et sans envie:
Ce sera le devoir heureux aux gais combats.

 

Et comme, pour bercer les lenteurs de la route,
Je chanterai des airs ingénus, je me dis
Qu’elle m’écoutera sans déplaisir sans doute;
Et vraiment je ne veux pas d’autre Paradis.

 


Poiché l'alba si accende.


Poiché l'alba si accende, ed ecco l'aurora,

poiché, dopo avermi a lungo fuggito, la speranza consente

a ritornare a me che la chiamo e l'imploro,

poiché questa felicità consente ad esser mia,


facciamola finita coi pensieri funesti,

basta con i cattivi sogni, ah! soprattutto

basta con l'ironia e le labbra strette

e parole in cui uno spirito senz'anima trionfava.


E basta con quei pugni serrati e la collera

per i malvagi e gli sciocchi che s'incontrano;

basta con l'abominevole rancore! basta

con l'oblio ricercato in esecrate bevande!


Perché io voglio, ora che un Essere di luce

nella mia notte fonda ha portato il chiarore

di un amore immortale che è anche il primo

per la grazia, il sorriso e la bontà,


io voglio, da voi guidato, begli occhi dalle dolci fiamme,

da voi condotto, o mano nella quale tremerà la mia,

camminare diritto, sia per sentieri di muschio

sia che ciottoli e pietre ingombrino il cammino;


sì, voglio incedere dritto e calmo nella Vita

verso la meta a cui mi spingerà il destino,

senza violenza, né rimorsi, né invidia:

sarà questo il felice dovere in gaie lotte.


E poiché, per cullare le lentezze della via,

canterò arie ingenue, io mi dico

che lei certo mi ascolterà senza fastidio;

e non chiedo, davvero, altro Paradiso.

 

 

P.S.: @hacktuhana ...GandalfAemon? XD

 

 

Modificato il 05 July 2024 17:07

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Inviato il 23 marzo 2019 21:19

@AemonTargaryen mi sentivo molto barbalbero XD



Seija
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Inviato il 24 marzo 2019 16:14

Togliere invece di aggiungere fu il credo di Ernst Meister, che nei suoi scarni versi allude alla condizione umana come una eterna domanda aperta. 

 

Da : Es Kam die Nachricht

 

Das war der

Sand und der Rand, 

zartes Verebben

der Wassertiefe, 

Ende und Anfang des Meers

 

Du sagtest, 

meinem Bleck lenkend

gegen die hohe Sehe :

Wohim auch man sieht, 

alle die Schiffe kentern. 

 

So fabeltest du. 

 

Era la 

sabbia e la riva

tenero morire

delle acque profonde, 

fine e inizio del mare. 

 

Tu dicevi, 

guidando il mio sguardo

verso il mare aperto

Ovunque si guardi, 

ogni nave si rovescia. 

 

Così narravi fiabe. 


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Inviato il 24 marzo 2019 22:33 Autore

A voler restare in Germania... In quel profondo, toccante, superbo film che è Le vite degli altri, c'è una scena memorabile in cui, durante un primo piano su Ulrich Mühe, vengono recitati alcuni versi di una poesia di Bertolt Brecht. Sono i versi di un Brecht giovane, che leggeva Marx ed Hegel ed era influenzato dalle idee socialiste. Siamo negli anni della Repubblica di Weimar.

Trovo questi versi, pur nella loro semplicità espressiva, di una vertiginosa bellezza.

 

 

Erinnerung an die Marie A.

 

An jenem Tag im blauen Mond September
Still unter einem jungen Pflaumenbaum
Da hielt ich sie, die stille bleiche Liebe
In meinem Arm wie einen holden Traum.
Und über uns im schönen Sommerhimmel
War eine Wolke, die ich lange sah
Sie war sehr weiss und ungeheuer oben
Und als ich aufsah, war sie nimmer da.

 

Seit jenem Tag sind viele, viele Monde
Geschwommen still hinunter und vorbei.
Die Pflaumenbäume sind wohl abgehauen
Und fragst du mich, was mit der Liebe sei?
So sag ich dir: ich kann mich nicht erinnern
Und doch, gewiss, ich weiss schon, was du meinst.
Doch ihr Gesicht, das weiss ich wirklich nimmer
Ich weiss nur mehr: ich küsste es dereinst.

 

Und auch den Kuss, ich hätt ihn längst vergessen
Wenn nicht die Wolke dagewesen wär
Die weiss ich noch und werd ich immer wissen
Sie war sehr weiss und kam von oben her.
Die Pflaumenbäume blühn vielleicht noch immer
Und jene Frau hat jetzt vielleicht das siebte Kind
Doch jene Wolke blühte nur Minuten
Und als ich aufsah, schwand sie schon im Wind.

 

Ricordo di Marie A.

 

Un giorno di settembre, il mese azzurro,
tranquillo sotto un giovane susino
io tenni l’amor mio pallido e quieto
tra le mie braccia come un dolce sogno.
E su di noi nel bel cielo d’estate
c’era una nube ch’io mirai a lungo:
bianchissima nell’alto si perdeva
e quando riguardai era sparita.

 

E da quel giorno molte molte lune
trascorsero nuotando per il cielo.
Forse i susini ormai sono abbattuti:
Tu chiedi che ne è di quell’amore?
Questo ti dico: più non lo ricordo.
E pure certo, so cosa intendi.
Pure il suo volto più non lo rammento,
questo rammento: l’ho baciato un giorno.

 

Ed anche il bacio avrei dimenticato
senza la nube apparsa su nel cielo.
Questa ricordo e non potrò scordare:
era molto bianca e veniva giù dall’alto.
Forse i susini fioriscono ancora
e quella donna ha forse sette figli,
ma quella nuvola fiorì solo un istante
e quando riguardai sparì nel vento.

 

 

@hacktuhana Ora è tutto chiaro, vecchio mio. XD



Seija
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Inviato il 25 marzo 2019 20:31

  Alfonso Gatto ha saputo attraversare movimenti e tendenze d'avanguardia, come l'ermetismo, conservando intatta la propria vocazione di poeta melodista  con una straordinaria varietà cromatica nel rappresentare il suo sentimento dell'esistere.

 

Gli occhi tristi

 

Le labbra inaridite, gli occhi tristi

nel lume fioco della stanza, al vetro

della sera t'attendo. Vivi, esisti

ma lontana, di freddo eppure dietro

 

la tua nuca d'un soffio la mia mano

- io la ricordo, un soffio - a dirti amore

quasi svaniva, nevicava piano

l'azzurro d'ogni cosa, sul tuo cuore

 

ascoltavo la terra farsi grande. 

Piuma di tenerezza dove sei? 

Ora il silenzio chiude le domande

e la voce all'accorrere dei miei

 

passi risponde nulla a chi mi chiede 

di te, di me. Di spalle sulla porta 

a fermarla per sempre, e col mio piede

a battere, ripeto nulla, è morta. 

 


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Inviato il 26 marzo 2019 11:21

È tempo per la ballata del vecchio marinaio, magari col sottofondo maideniano.

 

 

 

 

The Rime of the Ancient Mariner

by Samuel Taylor Coleridge

 

FIRST PART

 

It is an ancient Mariner,

And he stoppeth one of three.

«By thy long grey beard and glittering eye,

Now wherefore stopp’st thou me?

 

The Bridegroom’s doors are opened wide,

And I am next of kin ;

The guests are met, the feast is set:

May’st hear the merry din.»

 

He holds him with his skinny hand,

«There was a ship,» quoth he.

«Hold off ! unhand me, grey-beard loon !»

Eftsoons his hand dropt he.

 

 

He holds him with his glittering eye—

The Wedding-Guest stood still,

And listens like a three years’ child:

The Mariner hath his will.

 

The Wedding-Guest sat on a stone:
He cannot choose but hear;

And thus spake on that ancient man,

The bright-eyed Mariner

 

«The ship was cheered, the harbour cleared,
Merrily did we drop
Below the kirk, below the hill,

Below the light-house top.

 

The Sun came upon the left,
Out of the sea came he!

And the shone bright, and on the right

Went down into the sea.

 

Higher and higher every day,

Till over the mast at noon—»

The Wedding-Guest here beat his breast,
For he heard the loud bassoon.

 

The bride hath paced into the hall,
Red as a rose is she;
Nodding their heads before her goes
The merry minstrelsy.

 

The Wedding-Guest here beat his breast,
Yet he cannot choose but hear;
And thus spake on the ancient man,

The bright-eyed Mariner,

«And now the storm-blast came, and he
Was tyrannous and strong:
He struck with his o’ertaking wings,
And chased us south along.

 

With sloping masts and dipping prow,

As who pursued with yell and blow

Still treads the shadow of his foe,

And forward bends his head,

The ship drove fast, loud roared the blast,

And southward aye we fled.

 

And now there come both mist and snow,

And it grew wondrous cold:

And ice, mast-high, came floating by,

As green as emerald.

 

And through the drifts the snowy clifts

Did send a dismal sheen:

Nor shapes of men nor beasts we ken—

The ice was all between.

 

The ice was here, the ice was there,

The ice was all around :

It cracked and growled, and roared and howled,

Like noises in a swound!

 

At lenght did cross an Albatross,

Thorough the fog it came;
As if it had been a Christian soul,

We hailed it in God’s name.

 

It hate the food in ne’er had eat,

And round and round it flew.

The ice did split with a thunder-fit;

The heilmsman steered us through!

 

And a good south wind sprung up behind;

The Albatross did follow,

And every day, for food or play,

Came to the mariners’ hollo!

 

In mist or cloud, on mast or shroud,

It perched for vespers nine;
Whiles all the night, through the fog-smoke white,

Glimmered the white moon-shine.»

 

«God save thee, ancient Mariner!

From the fiends, that plague thee thus!—

Why look’st thou so?» —With my cross-bow

I shot the Albatross

 

PRIMA PARTE

 

È un vecchio marinaio, e ferma uno dei tre convitati: «Per la tua lunga barba grigia e il tuo occhio scintillante, e perchè ora mi fermi?

 

 

Le porte del Fidanzato son già tutte aperte, e io sono il più stretto parente; i convitati son già riuniti, il festino è servito, tu puoi udirne di qui l’allegro rumore.»

 

Ma egli lo trattiene con mano di scheletro. «C’era una volta un bastimento …» comincia a dire. «Lasciami, non mi trattener più, vecchio vagabondo dalla barba brizzolata!» E quello immediatamente ritirò la sua mano.

 

Ma con l’occhio scintillante lo attrae e lo trattiene. E il Convitato resta come paralizzato, e sta ad ascoltare come un bambino di tre anni: il vecchio Marinaro è padrone di lui.

Il Convitato si mise a sedere sopra una pietra: e non può fare a meno di ascoltare attentamente. E cosí parlò allora quel vecchio uomo, il Marinaro dal magnetico sguardo:

 

«La nave, salutata, avea già lasciato il porto, e lietamente filava sull’onde, sotto la chiesa, sotto la collina, sotto l’alto fanale.

 

 

Il Sole si levò da sinistra, si levò su dal mare. Brillò magnificamente, e a destra ridiscese nel mare

 

 

Ogni di piú alto, sempre più alto finchè diritto sull’albero maestro, a mezzogiorno …» Il Convitato si batte il petto impaziente, perchè sente risuonare il grave trombone.

 

La Sposa si è avanzata nella sala: essa è vermiglia come una rosa; la precedono, movendo in cadenza la testa, i gai musicanti.

 

 

Il Convitato si percuote il petto, ma non può fare a meno di stare a udire il racconto. E così seguitò a dire quell’antico uomo, il Marinaro dall’occhio brillante.

«Ed ecco che sopraggiunse la burrasca, e fu tirannica e forte. Ci colpì con le sue irresistibili ali, e, insistente, ci cacciò verso sud.

 

 

Ad alberi piegati, a bassa prora, come chi ha inseguito con urli e colpi pur corre a capo chino sull’orma del suo nemico, la nave correva veloce, la tempesta ruggiva forte, e ci s’inoltrava sempre piú verso il sud.

 

 

Poi vennero insieme la nebbia e la neve; si fece un freddo terribile: blocchi di ghiaccio, alti come l’albero della nave, ci galleggiavano attorno, verdi come smeraldo.

 

E traverso il turbine delle valanghe, le rupi nevose mandavano sinistri bagliori: non si vedeva più forma o di bestia — ghiaccio solo da per tutto.

 

Il ghiaccio era qui, il ghiaccio era là, il ghiaccio era tutto all’intorno: scricchiolava e muggiva, ruggiva ed urlava. come i rumori che si odono in una sincope.

 

Alla fine un Albatro passò per aria, e venne a noi traverso la nebbia. Come se fosse stato un’anima cristiana, lo salutammo nel nome di Dio.

 

Mangiò del cibo che gli demmo, benchè nuovo per lui; e ci volava e rivolava d’intorno. Il ghiaccio a un tratto si ruppe, e il pilota potè passare fra mezzo.

 

E un buon vento di sud ci soffiò alle spalle, e l’Albatro ci teneva dietro; e ogni giorno veniva  a mangiare o scherzare sul bastimento, chiamato e salutato allegramente dai marinari.

 

Tra la nebbia o tra ’l nuvolo, su l’albero o su le vele, si appollaiò per nove sere di seguito; mentre tutta la notte attraverso un bianco vapore splendeva il bianco lume di luna.»

 

«Che Dio ti salvi, o Marinaro, dal demonio che ti tormenta! — Perchè mi guardi cosí, Che cos’hai?» — «Con la mia balestra, io ammazzai l’ Albatro!

 

SECOND PART

 

The sun now rose upon the right:

Out of the sea came he.

Still hid in mist and on the left

Went down into the sea.

 

And the good south wint still blew behind,

But no sweet bird did follow,

Nor any day for food or play

Came to the mariners’ hollo!

 

And I had done a hellish thing,

And it would work ’em woe:

For all averred, I had killed the bird

That made the breeze so blow.

Ah wretch! said they, the bird to slay,

That made the breeze to blow!

 

Nor dim nor red, like God’s own head,

The glorious Sun uprist:

Then all averred, I had killed the bird

That brought the fog and mist.

’Twas right, said they, such birds to slay,

That bring the fog and mist.

 

The fair breeze blew, the white foam flew

The furrow followed free;

We were the first that ever burst

Into that silent sea.

 

Down dropt the breeze, the sails dropt down

’Twas sad as sad could be;

And we did speak only to break

The silence of the sea!

 

All in hot and copper sky,

The bloody Sun, at noon,

Right up above the mast did stand,

No bigger than the Moon.

 

Day after day, day after day,

We stuck, nor breath nor motion;

As idle as a painted ship

Upon a painted ocean.

 

 

Water, water, everywhere,

And all the boards did shrick;

Water, water, everywhere,

Nor any drop to drink.

 

The very deep did rot: O Christ!
That ever this should be!

Yes, slimy things did crawl with legs

Upon the slimy sea.

 

About, about, in reel and rout

The death-fires danced at night;

The water, like a witch’s oils,
Burnt green, and blue, and white.

 

And some in dreams assured were

Of the spirit that plagued us so;

Nine fathom deep he had followed us

from the land of mist and snow.

 

And every tongue, through utter drought,

Was withered at the root;

We could not speak, no more than if

We had been chocked with soot.

 

Ah! well a day! what evil looks

Had I from old and young!

Instead of the cross, tha Albatross

About my neck was hung.

 

PARTE SECONDA

 

Il sole ora si levava da destra: si levava dal mare, circonfuso e quasi nascosto fra la nebbia, e si rituffava nel mare a sinistra.

 

 

E il buon vento di sud spirava ancora dietro a noi, ma nessun vago uccella lo seguiva, e in nessun giorno riapparve per cibo o per trastullo al grido dei marinari.

 

Oh, io avevo commesso un’azione infernale, e doveva portare a tutti disgrazia; perchè, tutti lo affermavano, io avevo ucciso l’uccello che faceva soffiare la brezza. Ah, disgraziato, dicevano, ha ammazzato l’uccello che faceva spirare il buon vento.

 

Nè fosco nè rosso, ma sfolgorante come la faccia di Dio, si levò il sole gloriosamente. Allora tutti asserirono che io avevo ucciso l’uccello che portava i vapori e le nebbie. È bene, dissero, è bene ammazzare simili uccelli, che apportano i vapori e le nebbie.

 

La buona brezza soffiava, la bianca spuma scorreva, il solco era libero: eravamo i primi che comparissero in quel mare silenzioso…

 

 

A un tratto, il vento cessò, e cadder le vele; fu una desolazione ineffabile: si parlava soltanto per rompere il silenzio del mare.

 

 

Solitario in un soffocante cielo di rame, il sole sanguigno, non più grande della luna, si vedeva a mezzogiorno pender diritto sull’albero maestro.

 

Per giorni e giorni di seguito, restammo come impietriti, non un alito, non un moto; inerti come una nave dipinta sopra un oceano dipinto.

 

 

 

Acqua, acqua da tutte le parti; e l’intavolato della nave si contraeva per l’eccessivo calore; acqua, acqua da tutte le parti; e non una goccia da bere!

 

Il mare stesso si putrefece. O Cristo! che ciò potesse davvero accadere? Sì; delle cose viscose strisciavano trascinandosi su le gambe sopra un mare glutinoso.

 

Attorno, attorno, turbinosi, innumerevoli fuochi fatui danzavano la notte: l’acqua, come l’olio nella caldaia d’una strega, bolliva verde, blu, bianca.

 

E alcuni, in sogno, ebbero conferma dello spirito che ci colpiva così: a nove braccia di profondità, ci aveva seguiti dalla regione della nebbia e della neve.

 

E ogni lingua, per l’estrema sete, era seccata fino alla radice; non si poteva più articolare parola, quasi fossimo soffocati dalla fuliggine.

 

 

Ohimè! che sguardi terribili mi gettavano, giovani e vecchi! In luogo di croce, mi fu appeso al collo l’Albatro che avevo ucciso.

 

 

 

THIRD PART

 

There passed a weary time. Each throat

Was parched, and glazed each eye

A weary time! A weary time!

How glazed each weary eye!

When looking westward I beheld

A something in the sky.

 

At first it seemed a little speck,

And then it seemed a mist;

It moved and moved, and took at last

A certain shape, I wist.

 

A speck, a mist, a shape. I wist!

And still it neared and neared:

As if it dodged a water sprite,

It plunged and tacked and veered.

 

With throats unslaked, with black lips backed,

We could nor laugh nor wail;

Through utter drought all dumb we stood!

I bit my arm, I sucked the blood,

And cried, A sail! a sail!

 

With throats unslaked, with black lips backed,

Agape they heard me call:

Gramercy! they for joy did grin,

And all at once their breath drew in,

As they were drinking all.

 

See! see! (I cried) she tacks no more!

Hither to work us weal;

Without a breeze, without a tide,

She steadies with uproght keel!

 

The western wave was all a-flame,

The day was well nigh done!

Almost upon the western wave

Rested the broad bright Sun.

When that strange shape drove suddendly

Betwixt us and the Sun.

 

And straight the Sun was flecked with bars,

(Heaven’s Mother send us grace!)

As if through a dungeon-grate he peered

With broad and burning face.

 

 

 

 

Alas! (thought I, and mi heart beat loud)

How fast she nears and nears!

Are those her sails that glance in the Sun,

Like restless gossameres?

 

Are those her ribs through which the Sun
Did peer, as through a grate?

And is that Woman all her crew?

Is that a Death? and are there two?

Is Death that Woman’s mate?

 

Her lips were red, her looks were free.

Her locks were yellow as gold:

Her skin was as white as leprosy,

The Night-mare Life-in-Death was she,

Who thicks man’s blood with cold.

 

The naked hulk alongside came,

And the twain were casting dice:

«The game is done! I’ve won, I’ve won !»

Quoth she, and whistles thrice.

 

The Sun’s rim dips, the stars rush out:

At one stride comes the dark;

With far-heard whisper o’er the sea,

Off shot the spectre-bark

 

 

We listened and looked sideways up!

Fear at my heart, as at a cup,

My life-blood seemed to sip!

The stars were dim, and thick the night,

The steersman’s face by his lamp gleamed white;

 

 

From the sails the dew did drip—

Till clomb above the eastern bar

The horned Moon, with one bright star

Within the neither tip.

 

One after one, by the star-dogged Moon,

Too quick for groan or sigh,

Each turned his face with a ghastly pang,

And cursed me withe his eye.

 

 

Four times fifty living men,

(And I heard nor sigh nor groan)

With heavy tump, a lifeless lump,

They dropped down one by one.

 

 

The souls did from their bodies fly,—

They flied to bliss or woe!

And every soul it passed me by

Like the whizz of my cross-bow.

PARTE TERZA

 

E passò un triste tempo. Ogni gola era riarsa, ogni occhio era vitreo. Un triste tempo, un triste tempo! E come mi fissavano tutti quegli occhi stanchi! Quand’ecco, guardando verso occidente, io scorsi qualche cosa nel cielo.

 

 

Da prima, pareva una piccola macchia, una specie di nebbia; si moveva, si moveva, e alla fine parve prendere una certa forma.

 

 

Una macchia, una nebbia, una forma, che sempre più si faceva vicina: e come se volesse sottrarsi ed evitare un fantasma marino, si tuffava, si piegava, si rigirava.

 

Con gole asciutte, con nere arse labbra, non si poteva nè ridere nè piangere. In quell’eccesso di sete, stavano tutti muti. Io mi morsi un braccio, ne succhiai il sangue, e gridai: Una vela! Una vela!

 

Con arse gole, con nere labbra bruciate, attoniti mi udiron gridare. Risero convulsamente di gioia: e tutti insieme aspirarono l’aria, come in atto di bere.

 

 

Vedete! vedete! (io gridai) essa non gira più, ma vien dritta a recarci salute: senza un alito di vento, senza corrente, si avanza con la chiglia elevata.

 

A occidente l’acqua era tutta fiammeggiante; il giorno era presso a finire. Sull’onda occidentale posava il grande splendido sole quand’ecco quella strana forma s’interpose fra il sole e noi.

 

 

E a un tratto il sole apparve listato di strisce (che la celeste Madre ci assista!) come se guardasse dalla inferriata di una prigione con la sua faccia larga ed accesa.

 

 

 

 

Ohimè! (pensavo io, e il cuore mi batteva forte), come si avvicina rapidamente, ogni momento di più! Son quelle le sue vele, che scintillano al sole come irrequiete fila di ragno?

 

Son quelle le sue coste, traverso a cui il sole guarda come traverso a una grata? E quella donna là è tutto l’equipaggio? È forse la Morte? o ve ne son due? o è la Morte la compagna di quella donna?

 

Le sue labbra eran rosse, franchi gli sguardi, i capelli gialli com’oro: ma la pelle biancastra come la lebbra… Essa era l’Incubo Vita-in-Morte, che congela il sangue dell’uomo.

 

 

Quella nuda carcassa di nave ci passò di fianco, e le due giocavano ai dadi. «Il gioco è finito! ho vinto, ho vinto!» dice l’una, e fischia tre volte.

 

 

L’ultimo lembo di sole scompare: le stelle accorrono a un tratto: senza intervallo crepuscolare, è già notte. Con un mormorio prolungato fuggì via sul mare quel battello-fantasma.

 

Noi udivamo, e guardavamo di sbieco, in su. Il terrore pareva suggere dal mio cuore, come da una coppa, tutto il mio sangue vitale. Le stelle erano torbide, fitta la notte, e il viso del timoniere splendeva pallido e bianco sotto la sua lanterna.

 

La rugiada gocciava dalle vele; finchè il corno lunare pervenne alla linea orientale, avendo alla sua estremità inferiore una fulgida stella,

 

 

L’un dopo l’altro, al lume della luna che pareva inseguita dalle stelle, senza aver tempo di mandare un gemito o un sospiro, ogni marinaro torse la faccia in una orribile angoscia, e mi maledisse con gli occhi.

 

Duecento uomini viventi (e io non udii nè un sospiro nè un gemito), con un grave tonfo, come una inerte massa, caddero giù l’un dopo l’altro.

 

 

Le anime volaron via dai loro corpi — volarono alla beatitudine o alla dannazione; ed ogni anima mi passò d’accanto sibilando, come il fischio della mia balestra.

 

 

 

FOURTH PART

 

«I fear thee, ancient Mariner,

I fear thy skinny hand !

And thou art long, and lank, and brown,

As is the ribbed sea-sand,

 

I fear thee and thy glittering eye

And thy skinny hand, so brown.» —

«Fear not, fear not, thou Wedding-Guest!

This body dropt not down.

 

Alone, alone, all, all alone,

Alone on a wide, wide sea!

And never a saint took pity on

My soul in agony.

 

The many men, so beatiful!

And they all dead did lie:

And a thousand thousand slimy things

Lived on; and so did I.

 

I looked upon the rotting sea,

And drew my eyes away;

I looked upon the rotting deck

And there the dead men lay.

 

I looked to heaven, and tried to pray;

But or ever a prayer had gusht,

A wicked whisper came, and made

My heart as dry as dust.

 

I closed my lids, and kept them close,

And the balls like pulses beat;

For the sky and the sea and the sea and the sky

Lay like a load on my weary eye,

And the dead were at my feet.

 

The cold sweat melted from their limbs,

Nor rot nor reek did they:

The look with which they looked on me

Had never passed away.

 

An orphan’s curse would drag to Hell

A spirit from on high;

But oh! more horrible than that

Is a curse in a dead man’s eye!

Seven days, seven nights, I saw that curse,

And yet I could not die.

 

 

The moving Moon went up the sky,
And no where did abide:
Softly she was going up,
And a star or two beside—

 

Her beams bemocked the suiltry main,

Like April hoar-frost spread;

But where the ship’s huge shadow lay,

The charmed water burnt alway

A still and awful red.

 

Beyond the shadow of the ship,

I watched the water-snakes:

They moved in tracks of shining white,

And when they reared, the elfish light

Fell off in hoary flakes.

 

Within the shadow of the ship,

I watched their rich attire:

Blue glossy green, and velvet black,

They coiled and swam; and every track

Was a flash of golden fire.

 

O happy living things! no tongue

Their beauty might declare:

A spring of love gushed from my heart,

And I blessed them unaware:

Sure my kind saint took pity on me,

And I blessed them unaware.

 

The self same moment I could pray;

And from my neck so free

The Albatross fell off, and sank

Like lead into the sea

 

PARTE QUARTA

 

«Tu mi spaventi, vecchio Marinaro! La tua scarna mano mi fa pura! Tu sei lungo, magro, bruno come la ruvida sabbia del mare.

 

 

Ho paura di te, e del tuo occhio brillante, e della tua bruna mano di scheletro…»— «Non temere, non temere, o Convitato! Questo mio corpo non cadde fra i morti.

 

Solo, solo, affatto solo — solo in un immenso mare! E nessun santo ebbe compassione di me, della mia anima agonizzante.

 

 

Tutti quegli uomini così belli, tutti ora giacevano morti! e migliaia e migliaia di creature brulicanti e viscose continuavano a vivere, e anch’io vivevo.

 

Guardavo quel putrido mare, e torcevo subito gli occhi dall’orribile vista; guardavo sul ponte marcito, e là erano distesi i morti.

 

 

Alzai gli occhi al cielo, e tentai di pregare; ma appena mormoravo una prece, udivo quel maledetto sibilo, e il mio cuore diventava arido come la polvere.

 

Chiusi le palpebre, e le mantenni chiuse; e le pupille battevano come polsi; perchè il mare ed il cielo, il cielo ed il mare, pesavano opprimenti sui miei stanchi occhi; e ai miei piedi stavano i morti.

 

Un sudore freddo stillava dalle loro membra, ma non imputridivano, nè puzzavano: mi guardavano sempre fissi, col medesimo sguardo con cui mi guardaron da vivi.

 

La maledizione di un orfano avrebbe la forza di tirar giù un’anima dal cielo all’inferno; ma oh! più orribile ancora è la maledizione negli occhi di un morto! Per sette giorni e sette notti io vidi quella maledizione… eppure non potevo morire.

 

 

La vagante luna ascendeva in cielo e non si fermava mai: dolcemente saliva , saliva in compagnia di una o due stelle.

 

 

I suoi raggi illusori davano aspetto di una distesa bianca brina d’aprile a quel mare putrido e ribollente; ma dove si rifletteva la grande ombra della nave, l’acqua incantata ardeva in un monotono e orribile color rosso.

 

Al di là di quell’ombra, io vedevo i serpi di mare muoversi a gruppi di un lucente candore; e quando si alzavano a fior d’acqua, la magica luce si rifrangeva in candidi fiocchi spioventi.

 

 

Nell’ombra della nave, guardavo ammirando la riccheza dei loro colori; blu, verde-lucidi, nero- vellutati, si attorcigliavano e nuotavano; e ovunque movessero, era uno scintillio di fuochi d’oro.

 

O felici creature viventi! Nessuna lingua può esprimere la loro bellezza: e una sorgente d’amore scaturì dal mio cuore, e istintivamente li benedissi. Certo il mio buon Santo ebbe allora pietà di me, e io inconsciamente li benedissi.

 

Nel momento stesso potei pregare; e allora l’Albatro si staccò dal mio collo, e cadde, e affondò come piombo nel mare.

 

 

 

FIFTH PART

 

Oh sleep! It is a gentle thing,

Beloved from pole to pole!

To Mary Queen the praise be given !

She sent the gentle sleep from Heaven,

That slid into my soul

 

The stilly buckets on the deck,

That had so long remained,

I dreamt that they were filled with dew;

And when I awoke, it rained.

 

My lips were wet, my throath was cold,

My garments all were dank;

Sure I had drunken in my dreams,

And still my body drank.

 

I moved, and could not feel my limbs:

I was so light—almost

I thought that I had died in sleep,

And was a blessed ghost.

 

And soon I heard a roaring wind:

It did not come anear;

But with its sound it shook the sails,

That were so thin and sere.

 

The upper air burst into life!

And a hundred fire-flags sheen,

To and fro they were hurried about!

And to and fro, and in and out,

The wan stars danced between.

 

And the coming wind did roar more loud,

And the sails did sigh like sedge;

And the rain poured down frome one black cloud

The Moon was at its edge.

 

The tick black cloud was cleft, and still

The Moon was at its side:

Like waters shot from some high crag,

The lightning fell with never a jag.

A river steep and wide.

 

The loud wind never reached the ship,

Yet now the ship moved on!

Beneath the lighning and the Moon

The dead men gave a groan.

 

 

They groaned, they stirred, they all uprose

Nor spake, nor moved their eyes;

It had been strange, even in a dream,

To have seen those dead men rise.

 

The helmsmann steered, the ship moved on

Yet never a breeze up blew;

The mariners all ’gan work the ropes,

Where they were wont to do.

They raised their limbs like lifeless tools…

We were a ghastly crew.

 

 

The body of my brother’s son

Stood by me, knee to knee:

The body and I pulled at one rope,

But he said nought to me.»

 

«I fear thee, ancient Mariner!»

«Be calm, thou Wedding-Guest!

’Twas not those souls that fled in pain,

Which to their corses came again,

But a troop of spirit blest:

 

For when it dawned — they dropped their arms

And clustered round the mast;

Sweet sounds rose slowly through their mouths

And from their bodies passed.

 

Around, around, flew each sweet sound,

Then darted to the Sun;

Slowly the sounds came back again,

Now mixed, now one by one .

 

Sonetimes a-dropping from the sky

I heard the sky-lark sing;

Sometimes all little birds that are

How they seemed to fill the sea  and air

With their sweet jargoning !

 

And now ’twas like all instruments,

Now like a lonely flute;

And now it is an angel’s song,

That makes the heavens be mute.

 

It ceased; yet still the sails made on

A pleasant noise till noon,

A noise like of a hidden brook

In the leafy month of June,

That to the sleeping woods all night

Singeth a quiet tune.

 

Till noon we quietly sailed on,

Yet never a breeze did breathe:

Slowly and smoothly went the ship,

Moved onward from beneath.

 

Under the keel nine fathom deep,

From the land of mist and snow,

The Spirit slid: and it was he

That made the ship to go.

The sails at noon left off their time,

And the ship stood still also.

 

The Sun, right up above the mast,

Had fixed her to the ocean:

But in a minute she ’gan stir,

With a short  uneasy motion—

Backwards and forwards half her lenght

With a short uneasy motion.

 

Then like a pawing horse let go,

She made a sudden bound:

It flung the blood into my head,

And I fell down in a swound.

 

How long in that same fit I lay,

I have not to declare;

But ere my living life returned,

I heard, and in my soul discerned

Two voices in the air.

 

«Is it he?» quoth one, «Is this the man?

By Him who died on cross,

With his cruel bow he laid full low

The harmless Albatross.

 

The spirit who bideth by himself

In the land of mist and snow,

He loved the bird that loved the man

Who shot him with his bow.»

 

The other was a softer voice,

As soft as honey-dew:

Quot he, «The man hath penance  done,

And penance more will do.»

 

PARTE QUINTA

 

Oh, il sonno! esso è una cosa soave, amata da un polo all’altro. Sia lodata la Vergine Maria! Essa dal cielo mi mandò il dolce sonno che penetrò nella mia anima.

 

 

Sognai che le secchie rimaste inutili per tanto tempo sul ponte, erano piene di rugiada; e quando mi destai, pioveva.

 

 

Le mie labbra eran bagnate, la mia gola rinfrescata, tutti i miei vestiti inzuppati d’acqua: certo io avevo bevuto durante il sogno, e ancora bevevo.

 

Mi mossi, e non sentivo più le mie membra: ero così leggero, che quasi credetti di essere morto dormendo, e diventato uno spirito benedetto.

 

 

A un tratto sentii un muggito di vento: non pareva che si avvicinasse, — ma col solo rumore scoteva le vele che erano così sottili e riarse!

 

L’aria in alto si animò a un tratto, e cento banderuole di fuoco abbagliante si agitarono di qui, di là, per ogni verso: e da ogni parte le pallide stelle parevano danzare in quel turbinio.

 

 

Il vento si avvicinava e ruggiva più forte, e le vele sospiravano col mormorio della saggina; e la pioggia si rovesciò giù da una sola nuvola nera, al cui estremo lembo appariva la luna.

 

Il fitto nugolo nero si squarciò; ma la luna gli restò accanto: come acque lanciate da qualche alta rupe, i lampi si succedevano senza interruzione, in largo e precipitoso torrente.

 

 

Il gagliardo vento non arrivava fino alla nave; eppure la nave cominciò a muoversi! Al misto bagliore dei lampi e della luna, gli uomini morti a un tratto mandarono un gemito.

 

 

Mandarono un gemito, si smossero, si levarono tutti in piedi — ma senza parlare, e senza girare gli occhi. Sarebbe stato strano anche in un sogno, aver visto quei morti alzarsi da terra!…

 

Guidato dal timoniere, il bastimento cominciò a muoversi; eppure nessun soffio lo spingeva dall’alto. I marinari cominciarono tutti a manovrare ai cordami secondo il solito, muovendo le membra meccanicamente come inanimati strumenti… Oh, noi eravamo uno spaventoso equipaggio!

 

Il corpo di un mio nipote mi stava accanto, ginocchio a ginocchio: quel corpo ed io si manovrava ad un medesimo canapo, ma egli non mi diceva una parola…»

 

«Tu mi fai terrore, vecchio Marinaro!» «Rassicùrati, o Convitato! non eran le anime dei morti nell’angoscia, tornati a vivificare i cadaveri,; ma una schiera di beati spiriti.

 

 

E quando albeggiò, essi piegaron le braccia e si affollarono intorno all’albero maestro. Dolci suoni uscirono lentamente dalle loro bocche, ed esalarono dai loro corpi.

 

Intorno intorno volava ognuno di quei dolci suoni; e ascendeva rapido al sole; poi lenti e soavi tornavano indietro, ora in coro, ora ad uno ad uno.

 

Talvolta mi pareva di udir cantare l’allodola scendente dal cielo; talvolta era come se cantassero insieme tutti gli uccellini, ed empissero l’aria ed il mare coi loro dolci gorgheggi.

 

Ed ora pareva un pieno di strumenti, ora come un flauto solitario; —ed era il canto di un angelo che i cieli ascoltano muti.

 

 

Cessò; ma le vele continuarono il loro lieto mormorio fino a mezzogiorno, il mormorio di un nascosto ruscello nel fiorito mese di giugno, che canta tutta la notte una tranquilla melodia ai boschi dormienti.

 

 

Navigammo placidamente fino a mezzogiorno, ma senza un soffio di brezza; lentamente, pianamente, il bastimento procedeva come spinto da un impulso sottomarino.

 

A nove tese di profondità sotto la chiglia, venuto dalla regione della nebbia e della neve, scorreva uno spirito — era esso che metteva in moto la nave: ma a mezzodì le vele cessarono il loro mormorìo, e la nave si arrestò.

 

 

Il sole alto sull’albero maestro la vide immobilizzata sull’acque; ma dopo un minuto cominciò ad agitarsi con un breve e difficile movimento: andando avanti e indietro metà della sua lunghezza, con un corto e penoso movimento.

 

Poi, come uno scalpitante cavallo lasciato andare ad un tratto, essa fece un subito sbalzo… Mi andò tutto il sangue alla testa, e caddi svenuto.

 

Non saprei dire quanto durasse lo svenimento: ma prima di riprendere i sensi, io udii e intimamente distinsi due voci nell’aria.

 

 

 

«È lui? — diceva una — è questo l’uomo? Per Colui che spirò sulla croce; è lui che con la crudele balestra abbattè l’Albatro innocente!

 

 

Lo spirito che abita solitario nella regione della nebbia e della neve amava l’uccello amante dell’uomo, che l’uomo ingrato uccise con la sua balestra.»

 

L’altra era una voce più bassa, dolce come stille di miele, e diceva: «L’uomo ne ha già fatto penitenza, e altra penitenza ha da fare.»

 

 

SIXTH PART

 

first voice

« But tell me, tell me, speak again,

Thy soft response renewing —

What makes that ship drive on so fast?

What is the ocean doing?»

 

second voice

Still as a slave before his lord,

The ocean hath no blast;

His great brigth eye most silently

Up the Moon is cast —

If he may know which way to go;

For she guides him smooth or grim.

See, brother, see! how graciously

She looketh down on him.»

 

first voice

«But why drives on that ship so fast,

Without or wave or wind?»

 

second voice

«The air is cut away before,

And closes from belund.

 

Fly, brother, fly ! more high, more high!

Or we shall be belated:

For slow and slow that ship will go,

When the Mariner’s trance is abated.»

 

I woke, and we were sailing on

As in a gentle weather:

’Twas night, calm night, the Moon was high.

The dead men stood together.

 

All stood together on the deck,

For a charnel-dungeon fitter:

All fixed on me theyr stony eyes,

That in the Moon did glitter.

 

The pang, the curse, with wich they died,
Had never passed away:

I could not draw my eyes from theirs,

Nor turn them up to pray.

 

And now this spell was snapt: once more
I viewed the ocean green,

And looked far forth, yet little saw

Of what had else been seen —

 

Like one that on a lonesome road

Doth walk in fear and dread,

And having once turned round, walks on,

And turns no more his head;

Because he knows, a frightful fiend

Doth close behind him tread.

 

But soon there breathed a wind on me,

Nor sound nor motion made:

Its path was not upon the sea,

In ripple or in shade.

 

It raised my hair. it fanned my cheek,

Like a meadow gale of spring—

It mingled strangely with my fears,

Yet it felt like a welcoming.

 

 

Swiftly, swiftly flew the ship,

Yet she sailed softly too:

Sweetly, sweetly blew the breeze—

On me alone it blew.

 

Oh! dream of joy! is this indeed

The light-house top I see?

Is this the hill? is this the kirk?

Is this mine own countree!

 

We drifted o’er the harbour-bay,

And I with sobs did pray—

O let me be awake, my God!

Or let me sleep alway.

 

The harbour-bay was clear as glass,

So smoothly it was strewn!

And on the bay the moonlight lay,

And the shadow of the Moon

 

The rock shone bright, the kirk no less,

That stand above the rock :

The moonlight steeped in silentness

The steady weathercock.

 

And the bay was white with silent light,

Till rising from the same,

Full many shapes, that shadows were,

In crimson colours came.

 

A little distance from the prow

Those crimson shadows were.

I turned my eyes upon the deck —

Oh, Christ! what saw I there!

Each corse lay flat, lifeless and flat,

And, by the holy rood!

A man all light, a seraph-man,

On every corse there stood.

 

This seraph-band, each waved his hand,

It was a heavenly sight!

They stood as signals to the land,

Each one a lovely light;

 

This seraph-band, each waved his hand:

No voice did they impart —

No voice; but oh! the silence sank

Like music on my heart.

 

But soon I heard the dash of oars,

I heard the Pilot’s cheer;

My heard was turned perforce away,

And I saw a boat appear.

 

The Pilot and the Pilot’s boy,

I heard them coming fast:

Dear Lord in Heaven! it was a joy

The dead men could not blast.

 

I saw a third — I heard his voice;

It is the Hermit good!

He singeth loud his godly hymns

That he makes in the wood.

He’ll shrieve my soul, he’ll wash away

The Albatross’s blood.

PARTE SESTA

 

prima voce

«Ma dimmi, dimmi, parla di nuovo, rinnovando le tue dolci note. — Che cos’è che spinge così veloce la nave? e che va facendo l’Oceano?»

 

 

seconda voce

«Immobile come uno schiavo dinanzi al mio signore, l’Oceano non ha più un soffio; guarda in silenzio col suo grande e scintillante occhio la Luna, come per domandare in che direzione ha da muoversi — perchè è lei che lo guida, calmo o agitato. Vedi, fratello, vedi con che soave grazia essa guarda in giù sopra di lui!»

 

 

prima voce

«Ma come mai quella nave, senza onda e senza vento, scorre così veloce?»

 

seconda voce

«L’aria le è rotta dinanzi, e si richiude subito dietro il suo passaggio.

 

Vola, fratello, vola! più alto! più alto! o noi saremo in ritardo; poichè la nave si muoverà lenta lenta, appena ritorni in sè il marinaro.»

 

 

Mi destai; e si navigava come in propizia stagione. Era notte, una notte tranquilla, la luna era alta — gli uomini morti giacevano uno accanto all’altro.

 

Giacevano tutti insieme sul ponte, che pareva diventato un carnaio: tutti fissavan su di me i loro occhi impietriti che brillavano al lume della luna.

 

L’angoscia, la maledizione con la quale morirono, non era sparita mai: io non potevo staccare i miei occhi dai loro, nè sollevarli per pregare.

 

Ma finalmente questo incanto fu rotto: ancora una volta rivedevo l’oceano verde; e benchè spingessi lontano lo sguardo, non scorgevo quasi più nulla dei passati prodigi.

 

Ero come un uomo che in una via solitaria si avanza con timore e terrore, ed essendosi voltato un momento, ricammina senza più volger la testa; perchè sente che un orribil demonio è dietro i suoi passi.

 

 

Ma presto alitò una brezza su me, senza produrre suono nè moto; il suo passaggio non era sul mare, nell’onda, o nell’ombra.

 

 

 Mi sollevava i capelli, mi sventolava su le gote, soave come uno zeffiro sui prati di primavera — si mescolava stranamente anch’essa con le mie paure, eppure la sentivo come un fausto saluto.

 

Rapida, rapida, filava la nave, eppur veleggiava soavemente; dolcemente spirava la brezza — e spirava sopra me solo.

 

 

Oh sogno di gioia! Quella ch’io vedo è davvero la punta del fanale? È quella la collina? quella la chiesa? è proprio questo il mio paese?

 

 

Si entrò in porto, e io pregai singhiozzando: Mio Dio fa che ora mi desti — o se questo è un sogno, fammi dormire per sempre!

 

 

L’acqua nel porto era limpida come cristallo, e sì placidamente stendevasi! la baia era tutta illuminata dal chiarore lunare.

 

 

La rupe risplendeva, e non meno la chiesa che è su la rupe; la luna illuminava in perfetto silenzio l’immobile banderuola.

 

 

La baia era tutta bianca nella tacita luce, quand’ecco sorgenti da essa varie forme, che erano ombre, apparvero in vermigli colori.

 

 

Quelle ombre vermiglie erano a poca distanza dalla prora. Io girai gli occhi sul ponte… —O Cristo, che cosa vi vidi!

 

Ogni cadavere giaceva inanime e irrigidito, e, per la santa Croce! un uomo tutto luce, un uomo-angelo, stava presso ogni morto.

 

 

Ciascuno di quella serafica schiera accennava con la mano: era una celeste visione! Essi stavano come segnali alla terra, ognuno un soave splendore.

 

Ognuno dell’angelica schiera stendeva la mano accennando, e non emisero voce — nessuna voce ; ma oh! quel silenzio scese come una musica nel mio cuore!

 

A un tratto udii un tuffo di remi; udii il grido del pilota; ignota forza mi fece volger la testa, ed ecco apparire un battello.

 

 

Sentii avvicinarsi rapidamente il pilota e il suo ragazzo. Gran Dio del cielo, fu tale la gioia, che i morti stessi non potevan turbarla.

 

 

Vidi una terza persona, e sentii la sua voce. Egli è il buon eremita! Canta a voce alta i santi inni che compone nel bosco. Egli mi confesserà — egli laverà la mia anima dal sangue dell’ Albatro.

 

 

 

SEVENTH PART

 

This Hermit good lives in that wood

Which slopes down to the sea.

How loudly his sweet voice he rears!

He loves to talk with mariners

That come from a far countree.

 

He kneels at morn, and noon, and eve—

He hath a cushion clump:

It is the moss that wholly hides

The rotted old oak-stump.

 

The skiff-boat neared: I heard them talk:

«Why this is strange, I now!

Where are those lights so many and fair,

That signal made but now?»

 

«Strange,  by my faith!(the Hermit said)—

And they answered not our cheer!

The planks look warped! and see those sails,

How thin they are and sere!

I never saw aught like to them,

Unless perchance it were

 

Brown skeletons of leaves that lag

My forest-brook along,

When the ivy-tod is heavy with snow,

And the owlet whoops to the wolf  below

That eats the she-wolf’s young.»

 

«Dear Lord! it hath a fiendish look—

(The Pilot made reply)

I am a-feared»—« Push on, push on!»

Said the Hermit cheerily.

 

The boat came closer to the ship,

But I nor spake nor stirred;

The boat came close beneath the ship

And straight a sound was heard.

 

Under the water it rumbled on,

Still louder and more dread:

It reached the ship, it split the bay;

The ship went down like lead.

 

 

 

 

 

 

Stummed by that loud and dreadful sound,

Which sky and ocean smote,

Like one that hath been seven days drowned

My body lay afloat;

But swift as dreams, myself I found

Within the Pilot’s boat.

 

Upon the whirl, where sank the ship,

The boat spun round and round;

And all was still, save that the hill

Was telling of the sound.

 

I moved my lips — the Pilot shrieked

And fell down in a fit;

The holy Hermit raised his eyes,

And prayed where he did sit.

 

I took the oars: the Pilot’s boy,

Who now doth crazy go,

Laughed loud and long, and all the while

His eyes went to and fro,

«Ha! ha!» quoth he, «full plain I see

The Devil knows how to row.»

 

And now, all in my own countree,

I stood on the firm land!

The Hermith stepped forth from the boat,

And scarcely he could stand.

 

«Oh shrieve me, shrieve me, holy man!»

«The Hermit crossed his brow.

«Say quick» quoth he, «I bid thee say»

What manner of man art thou?»

 

Forthwith this frame of mine was wrenched

With a woful agony,

Which forced me to begin my tale;

And then it left me free.

 

Since then, at an uncertain hour,

That agony returns:

And till my ghastly tale is told,

This hearth within me burns.

 

I pass, like night, from land to land;

I have strange power of speech;

That moment that his face I see,

I know the man that must hear me:

To him my tale I teach.

 

 

 

What loud uproar bursts from that door!

The wedding guests are there:

But in the garden bower the bride

And bride-maids singing are:

And hark the little vesper bell,

Which biddeth me to prayer!

 

O Wedding-Guest! this soul hath been

Alone on a wide wide sea:

so lonely ’twas, that God himself

Scarce seemed there to be.

 

O sweeter than the marriage-feast,

’Tis sweeter far to me,

To walk together to the kirk

With a goodly company!—

 

To walk together to the kirk,

And all together pray.

Whiel each to his great Father bends,

Old men, and babes, and loving friends,

And youths and maidens gay!

 

Farewell, farewell! but this I tell

To thee, thou Wedding-Guest,

He prayeth well, who loveth well

Both man and bird and beast.

 

He prayeth best, who loveth best

All things both great and small;

For the dear Good who loveth us

He made and loveth all.»

 

The Mariner, whose eye is bright,

Whose beard with age is hoar,

Is gone: and now the Wedding-Guest

Turned from the bridgeroom’s door.

 

He went like one that hath been stunned,

And is of sense forlorn:

A sadder and a wiser man,

He rose the morrow morn.

 

PARTE SETTIMA

 

Il buon eremita dimora in un bosco che costeggia il mare. Ha una forte e simpatica voce, e ama conversare coi marinari che vengono da lontane regioni.

 

 

S’inginocchia la mattina, a mezzogiorno, e la sera: e ha per morbido cuscino il muschio che riveste un vecchio tronco di quercia.

 

 

Il battello si avvicinava. Io li sentivo parlare: «È strano davvero! e dove son ora quei tanti e belli splendori che dianzi ci facevano cenno?»

 

 

«Strana cosa davvero in fede mia! (soggiunse l’eremita) non è stato nemmeno risposto al nostro saluto! L’intavolato della nave è tutto sconnesso, e vedete le vele, come sono sottili e consunte!

 

 

Io non ho mai visto nulla di simile, se non fosse per quei bruni scheletri di foglie che galleggiano nel ruscello del mio bosco; quando i rami d’ellera son coperti di neve, e il gufo ulula al lupo che divora i lupicini.»

 

«Signore Iddio! ha proprio un aspetto diabolico (aggiunse il pilota) e io sono stordito dallo spavento.» — «Coraggio e avanti!» rispose allegramente l’eremita.

 

Il battello si appressò alla nave; ma io non dissi parola, nè feci motto; il battello venne proprio accosto alla nave, e immediatamente fu udito un rumore.

 

Un rumore che dapprima brontolava sott’acqua, poi si fece più forte e più spaventoso… arrivò alla nave, sconvolse tutta la baia… e la nave affondò come piombo.

 

 

 

 

 

 

Stordito da quell’orribil fracasso che scosse mare e cielo, il mio corpo galleggiava come quello di un annegato da sette giorni quando a un tratto, come in un sogno, mi ritrovai nel battello del pilota.

 

 

Sulla voragine dove affondò il bastimento il battello si aggirava vorticoso. Tutto era tornato tranquillo; solo la collina echeggiava ancora del gran rimbombo.

 

Quando io mossi le labbra per parlare, il pilota mandò un grido, e cadde svenuto, Il buon eremita levò gli occhi al cielo, e si mise a pregare.

 

Io afferrai i remi. Il ragazzo del pilota, che ora è diventato pazzo, rideva forte e a lungo, girando gli occhi di qua e di là. «Ah! ah! (diceva) mi accorgo ora che il Diavolo ha imparato a remare.»

 

 

Ed ecco io misi piede sulla terra ferma, nel mio paese nativo. L’eremita uscì con me dal battello, ma poteva reggersi appena.

 

 

«Oh confessami, sant’uomo, confessami!» — L’eremita aggrottò il sopracciglio. «Dimmi subito, t’impongo di dirlo, che razza d’uomo sei tu?»

 

E immediatamente questa mia persona fu torturata in una tremenda agonia che mi obbligò a raccontar la mia storia; e solamente dopo averla narrata, mi sentii sollevato.

 

Fin d’allora, a un’epoca indeterminata, riprovo quell’agonia; e finchè non ho rifatto lo spaventoso racconto, il cuore mi brucia nel petto.

 

Io passo, come la notte, di terra in terra, e ho una strana facoltà di parola. Appena lo vedo in viso, riconosco subito l’uomo destinato ad udirmi; e gli comincio a dire l’edificante mia storia.

 

 

 

Che alto strepito esce da quella porta! I Convitati sono tutti là: la sposa e le sue damigelle son nel giardino e si odon cantare… [X1] Ma ecco la campanella del vespro che invita me alla preghiera.

 

 

O Convitato! Quest’anima si è trovata sola sull’ampio, ampio mare: tanto sola, che Dio stesso pareva appena esser là.

 

 

Oh, più dolce del nuziale festino, molto più dolce per me, è l’avviarmi alla chiesa, in devota compagnia.

 

 

Incamminarmi alla chiesa, e là pregar tutti insieme, mentre ognun s’inchina al gran Padre, vecchi, bambini, teneri amici, e giovani, e allegre fanciulle.

 

 

Addio, addio! Ma questo io dico a te, o Convitato: prega bene sol chi ben ama e gli uomini e gli uccelli e le bestie.

 

 

Prega bene colui che meglio ama tutte le creature, piccole e grandi; poichè il buon Dio che ci ama, ha fatto e ama tutti.

 

Il marinaro dall’occhio brillante, dalla barba brinata dagli anni, è sparito — e ora il Convitato non si dirige più alla porta dello sposo.

 

 

Egli se ne venne, come stordito, e fuori dai sensi. E quando si levò la mattina dopo, era un uomo più triste e più savio.

 



NonnoOlenno
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NonnoOlenno
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Inviato il 26 marzo 2019 13:55

Sono sempre stato molto ignorante di poesia... Le uniche che conosco provengono dagli studi delle medie e delle superiori, quindi prendente questo mio commento molto poco seriamente. :yeah:

Una delle poesie che mi ha colpito di più negli anni di studio è l'arcinota Il Trionfo di Bacco e Arianna di Lorenzo il Magnifico. Molto gioiosa, quotidiana nonostante parli di mitologia e faccia allusioni molto ricercate, presente anche nello stile e nel linguaggio che è molto vicino al nostro italiano sebbene sia stata scritta in fiorentino quattrocentesco. Anche il ritmo con il ritornello ricorda una canzone moderna, mi coinvolge sempre nel ritmo molto allegro. Insomma, mi piace! :ehmmm:
 

Quant’è bella giovinezza,
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

 

Quest’è Bacco e Arianna,
belli, e l’un dell’altro ardenti:
perché ’l tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan contenti.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

 

Questi lieti satiretti,
delle ninfe innamorati,
per caverne e per boschetti
han lor posto cento agguati;
or da Bacco riscaldati,
ballon, salton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

 

Queste ninfe anche hanno caro
da lor essere ingannate:
non può fare a Amor riparo,
se non gente rozze e ingrate;
ora insieme mescolate
suonon, canton tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

 

Questa soma, che vien drieto
sopra l’asino, è Sileno:
cosí vecchio è ebbro e lieto,

giá di carne e d’anni pieno;
se non può star ritto, almeno
ride e gode tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

 

Mida vien drieto a costoro:
ciò che tocca, oro diventa.
E che giova aver tesoro,
s’altri poi non si contenta?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

 

Ciascun apra ben gli orecchi,
di doman nessun si paschi;
oggi sian, giovani e vecchi,
lieto ognun, femmine e maschi;
ogni tristo pensier caschi:
facciam festa tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.

 

Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
Ciascun suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica, non dolore!
Ciò c’ha a esser, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c’è certezza.


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hacktuhana
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hacktuhana
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Inviato il 26 marzo 2019 14:14

È proprio una poesia musicata, peraltro l'ha ripresa Branduardi XD

 

Senza dubbio riesce a trasmettere voglia di divertimento, come era intento del Magnifico.



Seija
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Seija
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Inviato il 26 marzo 2019 20:10

La poesia che ho scelto oggi è di Rafael Alberti. Scrittore della "Generazione del'27" , nei suoi versi appaiono spesso temi politici e sociali. Il testo di questa poesia denuncia le conseguenze di guerre, oggi anche economiche, causate da adulti che colpiscono in particolare i bambini.

 

Los niños de Extremadura

 

Los niños de Extremadura

van descalzos.

 ¿ Quién les robó los zapatos ?

Les hiere el calor y el frío.

¿ Quién les rompió los vestidos?

La lluvia

les moja el sueño y la cama.

¿ Quién les derribó la casa ?

No saben

los nombres de las estrellas.

¿ Quién les cerró las escuelas ?

Los niños de Extremadura

son serios.

¿ Quién fue el ladrón de sus juegos ?

 

I bambini di Estrémadura

vanno scalzi.

Chi ha rubato le loro scarpe ?

Li ferisce il caldo e il freddo.

Chi ha strappato i loro vestiti ?

La pioggia

bagna loro il letto e il sonno.

Chi demoli' la loro casa ?

Non sanno

i nomi delle stelle.

Chi chiuse la loro scuola ?

I bimbi di Estrémadura 

sono seri.

Chi fu che rubò i loro giochi ?

 

 

 

 


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