su Beccaria, un paio di considerazioni.
le principali motivazioni contro la pena di morte avevano molto senso nel 1700, oggi... mah.
1.Non è l’intensione della pena che fa il maggior effetto sull’animo umano, ma l’estensione di essa; perché la nostra sensibilità è piú facilmente e stabilmente mossa da minime ma replicate impressioni che da un forte ma passeggiero movimento. L’impero dell’abitudine è universale sopra ogni essere che sente, e come l’uomo parla e cammina e procacciasi i suoi bisogni col di lei aiuto, cosí l’idee morali non si stampano nella mente che per durevoli ed iterate percosse. Non è il terribile ma passeggiero spettacolo della morte di uno scellerato, ma il lungo e stentato esempio di un uomo privo di libertà, che, divenuto bestia di servigio, ricompensa colle sue fatiche quella società che ha offesa, che è il freno piú forte contro i delitti. Quell’efficace, perché spessissimo ripetuto ritorno sopra di noi medesimi, io stesso sarò ridotto a cosí lunga e misera condizione se commetterò simili misfatti, è assai piú possente che non l’idea della morte, che gli uomini veggon sempre in una oscura lontananza.
insomma no pena di morte, ma a condizione che il carcerato sia reso una "BESTIA DI SERVIGIO". Una condizione invero misera.
parole forti eh.
altro che hotel sul fiordo, per dire. Beccaria parla di "ceppi o le catene, sotto il bastone, sotto il giogo, in una gabbia di ferro, e il disperato non finisce i suoi mali, ma gli comincia"
la Norvegia va avanti perché è uno stato ben organizzato, vuoto e ricco, ai confini del mondo, ma applicare tale modello a realtà un filo più complesse e piene di contraddizioni come il Texas o la stessa Italia sarebbe, imho, folle.
se non si vuole la pena di morte, che quantomeno il carcere rimanga un luogo assai duro.
2. uno dei capisaldi della teoria di beccaria è che una pena lunga, ripetuta, spaventa di più della morte.
Perché una pena sia giusta non deve avere che quei soli gradi d’intensione che bastano a rimuovere gli uomini dai delitti; ora non vi è alcuno che, riflettendovi, scieglier possa la totale e perpetua perdita della propria libertà per quanto avvantaggioso possa essere un delitto: dunque l’intensione della pena di schiavitù perpetua sostituita alla pena di morte ha ciò che basta per rimuovere qualunque animo determinato; aggiungo che ha di piú: moltissimi risguardano la morte con viso tranquillo e fermo, chi per fanatismo, chi per vanità, che quasi sempre accompagna l’uomo al di là dalla tomba, chi per un ultimo e disperato tentativo o di non vivere o di sortir di miseria; ma né il fanatismo né la vanità stanno fra i ceppi o le catene, sotto il bastone, sotto il giogo, in una gabbia di ferro, e il disperato non finisce i suoi mali, ma gli comincia. L’animo nostro resiste piú alla violenza ed agli estremi ma passeggieri dolori che al tempo ed all’incessante noia; perché egli può per dir cosí condensar tutto se stesso per un momento per respinger i primi, ma la vigorosa di lui elasticità non basta a resistere alla lunga e ripetuta azione dei secondi
ora, credo sia abbastanza evidente come questo pensiero di Beccaria sia abbastanza debole, e che le due cose non siano affatto mutualmente esclusive.
basta vedere come negli USA prendano due piccioni con una fava. La pena di morte arriva, per il condannato, anche 10, 15, talvolta anche 20 di detenzione. Intensione ed estensione della pena, insieme.
3.
La morte di un cittadino non può credersi necessaria che per due motivi. Il primo, quando anche privo di libertà egli abbia ancora tali relazioni e tal potenza che interessi la sicurezza della nazione; quando la sua esistenza possa produrre una rivoluzione pericolosa nella forma di governo stabilita. La morte di qualche cittadino divien dunque necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini stessi tengon luogo di leggi; ma durante il tranquillo regno delle leggi, in una forma di governo per la quale i voti della nazione siano riuniti, ben munita al di fuori e al di dentro dalla forza e dalla opinione, forse piú efficace della forza medesima, dove il comando non è che presso il vero sovrano, dove le ricchezze comprano piaceri e non autorità, io non veggo necessità alcuna di distruggere un cittadino, se non quando la di lui morte fosse il vero ed unico freno per distogliere gli altri dal commettere delitti, secondo motivo per cui può credersi giusta e necessaria la pena di morte.
leggendo questo passo mi viene da pensare che per boss mafiosi (tipo Riina, che continua a ordinare omicidi dal carcere) e terroristi quali brigatisti durante gli anni di piombo (i tedeschi, di fatto, nel dopoguerra l'applicarono con i capoccioni della banda bader meinhof), anche Beccaria avrebbe potuto considerare, se non necessaria, comunque legittima la pena di morte
In generale sono contrario.
Sono anche in disaccordo sul principio generale del carcere come pena volta "solo" alla correzione del colpevole. E' qui che l'ergastolo diventa un controsenso.
I paesi scandinavi (o forse solo la Norvegia? boh) hanno infatti portato il ragionamento alle logiche conseguenze abolendolo.
Per me. in generale, ci vorrebbe un bilanciamento maggiore tra correzione del condannato e tutela delle vittime (in generale, della società). Il che non significa semplicemente inasprire le pene, anzi. In Italia abbiamo le carceri piene di carcerati per crimini "minori" così come i nostri tribunali sono intoppati di "semplici" processi civili e logorati da miliardi di avvocati e triliardi di cavilli.
In generale sarei per massimizzare l'opera dei condannati in "lavori socialmente utili". E con massimizzare intendo introdurli proprio come obbligo assoluto.
Anche ragionando per assurdo da un punto di vista "viscerale" fossi vittima di un crimine "da pena capitale", preferirei vedere il colpevole spaccare pietre quarant'anni piuttosto che impiccato. Ragionando in modo "vendicativo" una pena capitale è rapida, il bastardo preferirei vederlo soffrire.
Sicuramente non sono un radicale che fa lo sciopero della fame se impiccano Saddam Hussein per poi uscire a cena se fanno l'iniezione in Texas a John Johnson lo sconosciuto. Non è che se in un carcere norvegese ammazzano di bastonate Breivik ci perdo il sonno, per capirci. Ma non puoi neanche regolartici per legiferare su un argomento così importante. Anche perchè in un caso così cosa vuoi fargli? O gli fai zappare tutti i fiordi fino a farlo morire di stenti oppure tutte le pene, che siano semplici vent'anni fino all'ergastolo, saranno sempre squilibrate.
Sol da poco son giunto in queste terre, da una estrema ultima Thule. Un paese selvaggio che giace, sublime, fuori dal Tempo, fuori dallo Spazio.
All fled, all done, so lift me on the pyre. The feast is over and the lamps expire.
"I walked this land when the Tlan Imass were but children. I have commanded armies a hundred thousand strong.
I have spread the fire of my wrath across entire continents, and sat alone upon tall thrones. Do you grasp the meaning of this?"
"Yes" said Caladan Brood "you never learn."
come molte pulsioni, se "lasciate correre" possono portare a pessimi risultati.
le pulsioni sessuali, per esempio: come la vendetta, che può degenerare dal "farla pagare il giusto a chi merita" a "sangue e distruzione su famigliari e amici", anche le pulsioni sessuali possono degenerare dal sesso consensuale e piacevole allo stupro. O altri fenomeni che lo stato considera dannosi o degni di riprovazione, quali incesto. E pertanto vi sono regole e limiti imposti dall'alto.
Ma il desiderio di "farla pagare a chi merita", che resto convinto sia il motore indispensabile e irrinunciabile alla base della giustizia, non può che essere un nobile sentimento. Il fatto che necessiti "freni" e limiti non è a mio avviso un punto a suo sfavore. Come il sesso.
Io ci starei attento a mettere il bisogno di 'fargliela pagare a qualcuno' sulle stesso piano dell'istinto sessuale.
L'istinto sessuale è una pulsazione che riguarda un po tutto il regno animale e non solo. È un impulso legato strettamente alla nostra sopravvivenza, e dalla quale non si può prescindere, se si vuole portare avanti la propria specie.
Il senso di 'dover vendicare' invece e cosa ben diversa dal bisogno di fare all'amore. La vendetta è una prerogativa esclusivamente umana. Non é presente in nessun altro essere, ed é strettamente legato all'individuo e alla cultura da cui questo é influenzato.
Con questo voglio dire che il senso di vendetta non è un istinto, ma bensì desiderio. È un espressione della nostra psyche, e di conseguenza, modificabile con il proprio modo di pensare.
Hai ragione però su un punto. Ogni impulso, se portato allo stremo, può portare a dei problemi all'interno della società. Lo Stato cerca appunto di regolare ed eventualmente punire gli eccessi. Cosa doverosa per una serena convivenza.
Ciononostante, io inizierei a preoccuparmi parecchio, se uno Stato, per far fronte ai stupratori che affliggono un paese, decidesse di autorizzare lo stupro di stato per punire i criminali pervertiti. Oppure se si ritornasse alle castrazione fisica.
Forse un tempo questo pratiche erano comune, ma io, da cittadino moderno, pratiche del genere le considererei primitive.
Dietro la pena di morte si nasconde lo stesso concetto di 'occhio per occhio, dente per dente'. Un concetto che poteva andare bene ai tempi dell'antico testamento, ma che io considero superati.
per questo una delle condizioni per applicare la pena di morte, a mio avviso, dovrebbe proprio essere il "consenso", la scelta di coloro che hanno gravemente sofferto a causa delle azioni del reo.
Sinceramente io questa tua idea di applicare la pena di morte in base a cosa decidono i parenti, oltre che trovarla fragile da un punto di vista teorico, la ritengo anche impossibile da un punto di vista pratico.
Intanto perché è in contraddizione con quella altra tua teoria (che più o meno condivido): E ciò che lo Stato per evitare un escalation si offre come intermediario e decide di punire il malfattore al posto dei cittadini.
Ma tu credi davvero che se Io, cittadino e parente di una vittima di mafia, decido di chiedere la condanna a morte del boss mandante, non si metteranno in moto, in automatico, meccanismi di vendetta?
Se decisioni del genere le lasci in mano ai parenti della vittima e ai comuni cittadini, viene meno proprio quella funzione garante che lo Stato, in situazioni del genere, dovrebbe avere.
L'unico motivo razionale (a meno che non si creda alla favoletta del "recupero" di certa gente, pluriomicidi e via discorrendo, in luoghi come i carceri) è toglierli dalla circolazione così che non possano più nuocere.
ma allora come dice exall la pena di morte è più efficace: se l'obbiettivo è togliere di mezzo certi soggetti, allora la pena di morte funziona meglio.
Già. Peccato che però una volta che hai ucciso la persona, la decisione è irrevocabile. Anche dovesse venire fuori che dietro ci sono errori giudiziari.
Che poi qui potrei subito passare ad un altro punto: ma hai davvero tutta questa fiducia nel sistema giudiziario da lasciare loro decisioni di questa portata? Io no.
mah, secondo me un discorso così vale per la Cina o altre dittature militari... gli Usa tutto sommato sono una democrazia funzionante, più che altro si limitano ad applicare la pena capitale malino. Poi varierà da stato a stato eh, il Texas non è il montana e l'alabama non è il Delaware...
Solo perché é un democrazia funzionante non vuol dire che non sia un paese in grado di sfruttare e manipolare i propri cittadini.
Diritti che qui in Europa vengono ritenuti fondamentali (sanità, aiuti sociali, diritti per i lavoratori etc.) in Usa come in Cina sono un lontano miraggio.
Negli Usa, per la classe media, la lotta per arrivare a fine mese era già dura durante l'amministrazione Reagan, tempi in cui in Europa la classe media prosperava, figuriamoci adesso.
Le metropoli americane poi, da un punto di vista sociale, sono tutte potenzialmente esplosive. Moltitudini di persone ai margine, disoccupati, drogati ed armati fino ai denti. Credi davvero sarebbe così facile tenerli in bada, se non dai loro una valvola di sfogo?
In questo senso sono d'accordo, se mi dici che negli Usa, la pena di morte ha un effetto catartico.
Ma in un sistema del genere, non ci vedo nulla di buono o oneroso. Mi dispiace.
ciò che dici è parzialmente vero, ed è per questo che bisogna trovare un trade off.
non desinsibilizzare troppo la società ma neanche rammollirla.
Anche qui io continuo a non capire. Solo perchè noi europei ci siamo stancati di vedere i cadaveri penzolare giù per la forca, vuol dire che ci siamo rammolliti? Credi davvero che sia questo a determinare la forza di un paese o una cultura?
L'istinto sessuale è una pulsazione che riguarda un po tutto il regno animale e non solo. È un impulso legato strettamente alla nostra sopravvivenza, e dalla quale non si può prescindere, se si vuole portare avanti la propria specie.
Il senso di 'dover vendicare' invece e cosa ben diversa dal bisogno di fare all'amore. La vendetta è una prerogativa esclusivamente umana. Non é presente in nessun altro essere, ed é strettamente legato all'individuo e alla cultura da cui questo é influenzato.
Con questo voglio dire che il senso di vendetta non è un istinto, ma bensì desiderio. È un espressione della nostra psyche, e di conseguenza, modificabile con il proprio modo di pensare.
ai livelli a cui arrivano gli umani sì... ma il "reagire a un offesa o sopruso attraverso offese e soprusi" è presente anche tra gli animali.
se tu picchi un cane, quello primo o poi rischi che ti morde.
o, a livelli ancora più complessi.. http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-468822/Chimps-thirst-vengeance-time.html (nell'articolo si accenna anche di leoni e lupi)
Sinceramente io questa tua idea di applicare la pena di morte in base a cosa decidono i parenti, oltre che trovarla fragile da un punto di vista teorico, la ritengo anche impossibile da un punto di vista pratico.
Intanto perché è in contraddizione con quella altra tua teoria (che più o meno condivido): E ciò che lo Stato per evitare un escalation si offre come intermediario e decide di punire il malfattore al posto dei cittadini.
Ma tu credi davvero che se Io, cittadino e parente di una vittima di mafia, decido di chiedere la condanna a morte del boss mandante, non si metteranno in moto, in automatico, meccanismi di vendetta?
Se decisioni del genere le lasci in mano ai parenti della vittima e ai comuni cittadini, viene meno proprio quella funzione garante che lo Stato, in situazioni del genere, dovrebbe avere.
la mafia è un caso a parte, pure la semplice denuncia di abusi quale pizzo e simili può portare a conseguenze gravi e spiacevoli.
negli altri casi no, non porterebbe a nessuna escalation secondo me, visto che sarebbe lo Stato a fare tutto, decidere limiti e condizioni eccetera. E poi i parenti dei mostri conclamati (che ripeto, solo loro sarebbero oggetto di pena di morte) solitamente non sono tali.
il denunciare tizio e decidere autonomamente quanto chiedergli come risarcimento (potrei anche sparare cifre alte, altissime, perfino ingiuste) è possibile; e se ho un bravo avvocato, pure riuscire a fargliele pagare. Questo solitamente non da luogo a nessuna "vendetta" o dispetto (ovviamente a livello più basso della faida), anche se sarebbe lecito aspettarselo.
condannato e famiglia accettano la condanna e se ne vanno a casa con le pive nel sacco 999 volte su 1000.
Già. Peccato che però una volta che hai ucciso la persona, la decisione è irrevocabile. Anche dovesse venire fuori che dietro ci sono errori giudiziari.
Che poi qui potrei subito passare ad un altro punto: ma hai davvero tutta questa fiducia nel sistema giudiziario da lasciare loro decisioni di questa portata? Io no.
come detto, la applicherei solo a casi di fatto indubitabili. Non vorrai mica dirmi che Totò Riina o Bernardo Provenzano sono vittime di un tragico errore giudiziario no?
Solo perchè noi europei ci siamo stancati di vedere i cadaveri penzolare giù per la forca, vuol dire che ci siamo rammolliti? Credi davvero che sia questo a determinare la forza di un paese o una cultura?
è uno tra gli indicatori. Non il principale, possiamo trovarne un altra 20ina tranquillamente, m dire no alla pena di morte, e ciò emerge leggendone gran parte delle legittime motivazioni, tutto sommato significa privilegiare la prudenza, l'assenza di rischio.
fa parte di quella corrente di pensiero del "non voglio problemi, amo il mio quieto vivere, chi sono io per giudicare": voglio evitare errori giudiziari... voglio evitare di avere brutti sogni o sensi di colpa la notte... voglio evitare contraccolpi sgradevoli come vendette o cittadini desensibilizzati.. e per questi motivi si decide a rinunciare alla giustizia retributiva, "impauriti" dai rischi e le responsabilità che essa comporta.
Se una persona commette gravi reati di sangue o stupro io preferisco che faccia un carcere duro e su questo ci vorrebbero leggi più severe qui da noi dove fintamente facciamo fare carcere duro solo ai mafiosi (ma qui si aprirebbe anche il tema cerceri che in Italia sono già dei lager di per sé) piuttosto che la pena capitale. In America non mi pare che essa negli Stati in cui vige sia un così forte dissuasore ai reati di sangue. Certo i parenti delle vittime al momento del crimine ucciderebbero il colpevole essi stessi ma a mente lucida una pena durissima senza tanti fronzoli credo verrebbe accettata meglio.
Gil Galad - Stella di radianza
ai livelli a cui arrivano gli umani sì... ma il "reagire a un offesa o sopruso attraverso offese e soprusi" è presente anche tra gli animali.
se tu picchi un cane, quello primo o poi rischi che ti morde.
o, a livelli ancora più complessi.. http://www.dailymail.co.uk/sciencetech/article-468822/Chimps-thirst-vengeance-time.html (nell'articolo si accenna anche di leoni e lupi)
Vero. Il cane, se gli hai fatto un torto, se si presenta l'occasione, potrebbe anche morderti.
Però non ti viene cercare a casa.
Nel caso del cane, si parla di istinto omicida che viene fuori per motivi legati alla sua sopravvivenza o posizione sociale. Il cane ha un memoria, sa per esperienza che il malfattore costituisce un pericolo, e dunque agisce di conseguenza. Ma nell'atto di mordere non c'è premeditazione.
Cosa diversa dalla vendetta, che é premeditata per definizione.
L'articolo delle scimmie è interessante. Ma mi conferma al limite che le scimmie sono molto simili a noi. Toglie poco alla mia teoria che quella di uccidere in modo così premeditato é un prerogativa umana.
la mafia è un caso a parte, pure la semplice denuncia di abusi quale pizzo e simili può portare a conseguenze gravi e spiacevoli.
Scusa, come fai a dire che la mafia è un caso a parte? Gran parte dei crimini di questo pianeta sono dovuti alla criminalità organizzata. Non conosco le percentuali, ma mi trovo sereno nell'affermare che é quella che, globalmente fa più vittimime. Non importa se si tratta di mafie o gruppi terroristici. Tutti questi gruppi si muovono su logiche di vendetta e 'farla pagare' se non si rispetta il proprio gioco.
Secondo me, la tua idea (oltre che a non essere d'accordo da un punto di vista etico), io la trovo di poco efficace anche da un punto pratico per questo.
Per come la vedo io, con un sistema come proposto da te, andrebbe a finire che alla fine i boss mafiosi la scampano comunque, dal momento che hanno dalla loro l'arma della ritorsione/minaccia, mentre sulla forca ci finiscono solo i serial Killer. Per loro certo non piangerà nessuno, ma ciò nonostante io lo trovo un sistema poco equo.
come detto, la applicherei solo a casi di fatto indubitabili. Non vorrai mica dirmi che Totò Riina o Bernardo Provenzano sono vittime di un tragico errore giudiziario no?
Solo perchè noi europei ci siamo stancati di vedere i cadaveri penzolare giù per la forca, vuol dire che ci siamo rammolliti? Credi davvero che sia questo a determinare la forza di un paese o una cultura?
è uno tra gli indicatori. Non il principale, possiamo trovarne un altra 20ina tranquillamente, m dire no alla pena di morte, e ciò emerge leggendone gran parte delle legittime motivazioni, tutto sommato significa privilegiare la prudenza, l'assenza di rischio.
fa parte di quella corrente di pensiero del "non voglio problemi, amo il mio quieto vivere, chi sono io per giudicare": voglio evitare errori giudiziari... voglio evitare di avere brutti sogni o sensi di colpa la notte... voglio evitare contraccolpi sgradevoli come vendette o cittadini desensibilizzati.. e per questi motivi si decide a rinunciare alla giustizia retributiva, "impauriti" dai rischi e le responsabilità che essa comporta.
Parlando di giustizia e criminali indiscutibilmente colpevoli, l'esempio più clamoroso che mi viene in mente di quello di Al Capone, che alla fine fu incastrato per evasione fiscale, non per omicidio.
Questo solo per dire che la verità dei fatti, per quanto evidente, è una cosa. La verità giuridica è tutt'altro e su muove su piani completamente diversi.
Infondo è come nel calcio. Non importa se tutto lo stadio ha visto che il fallo era da espulsione. Se l'arbitro non tira fuori il cartellino rosso, il giocatore continua a giocare.
Perchè? Perchè il calcio, come la giustizia è gioco inventato dall'uomo. Sono giochi che vengono regolati, amministrati e arbitrati da esseri umani, ed di conseguenza si tratta di sistemi lontani dall'essere perfetti. Direi piuttosto che sono fallibili per loro stessa natura.
Sbagliare è umano. Anche quando si tratta di sparare sentenze di morte.
Sperare di poter creare un sistema giudiziario perfetto, in grado di dire con assoluta sicurezza se uno è colpevole o innocente, resta per me, pura illusione. E qualcosa al di fuori delle nostre capacità. Come lo è quello di crearci un sistema politico perfetto.
Io nel riconoscere questa semplice verità non ci vedo segno di debolezza o rammollimento. Ma semmai presa di coscienza dei propri limiti e vedersi per quello che siamo: esseri notevoli, ma che non smettono mai di sbagliare.
Gli errori giudiziari ci sono sempre stati, e purtroppo, sempre ci saranno. Come ci saranno sempre delinquenti che la fanno franca e innocenti che vengono condannati. È una verità brutale, ma non accettarlo ed illudersi di essere infallibili (altra tipica prerogativa umana) non giova alla causa del genere umano, dal momento che resta un illusione.
Poi sono d'accordo che ci possono essere casi dove le prove sono inconfutabili.
Ma dove sta la linea di demarcazione, tra una prova abbastanza schiacciante da poter giustificare una pena capitale, e una prova invece ''troppo indiziaria' per assumersi una tale responsabilità? (anche se sempre di una prova si tratta)
Toglie poco alla mia teoria che quella di uccidere in modo così premeditato é un prerogativa umana.
la vendetta in senso stretto è una prerogativa umana, come lo è cuocere la carne o scrivere poesie rispetto a mangiare bacche o comunicare con degli ululati, ma la pulsione alla base è la stessa che ha il cane. Ed è la stessa pulsione che fa nascere le regole tra individui, e dunque la giustizia.
è un istanza intrinseca alla nostra natura, motore di parecchie cose nobili e valide.
Scusa, come fai a dire che la mafia è un caso a parte? Gran parte dei crimini di questo pianeta sono dovuti alla criminalità organizzata. Non conosco le percentuali, ma mi trovo sereno nell'affermare che é quella che, globalmente fa più vittimime. Non importa se si tratta di mafie o gruppi terroristici. Tutti questi gruppi si muovono su logiche di vendetta e 'farla pagare' se non si rispetta il proprio gioco.
Secondo me, la tua idea (oltre che a non essere d'accordo da un punto di vista etico), io la trovo di poco efficace anche da un punto pratico per questo.
Per come la vedo io, con un sistema come proposto da te, andrebbe a finire che alla fine i boss mafiosi la scampano comunque, dal momento che hanno dalla loro l'arma della ritorsione/minaccia, mentre sulla forca ci finiscono solo i serial Killer. Per loro certo non piangerà nessuno, ma ciò nonostante io lo trovo un sistema poco equo.
è un caso a parte in quanto è uno Stato nello Stato, con una sua forza armata, una sua gerarchia, delle regole ecc. Non è paragonabile al "caso di scuola" per cui tizio uccide caio e sempronio esige giustizia/vendetta. Stesso discorso per i terroristi.
vista la loro complessità, la reiterazione dei reati, e la lunga durata delle loro attività, si potrebbe tranquillamente affermare che con riguardo a tali entità il maggior danneggiato è lo Stato stesso, o "la globalità dei cittadini", e quindi la scelta morte/non morte potrebbe essere tranquillamente essere appannaggio delle istituzioni (o, se siamo fan della democrazia diretta, di un referendum)
in ogni, gran parte dei crimini di questo pianeta saranno anche compiuti da mafie e simili, ma si tratta di crimini di livello medio o alto, raramente altissimo (e ripeto: solo "il più alto" richiede la pena di morte).
stessa cosa per i gruppi terroristici.
Di atti veramente "pesanti", a cui sia quindi applicabile il massimo della pena concepibile in un ottico di proporzionalità e gradazione, compiuti da gruppi organizzati e potenti, in Italia, quanti ce ne saranno stati negli ultimi 70 anni? una ventina? E negli ultimi 20 anni? non me ne viene in mente nessuno, e in ogni caso non più di uno o due..
Ma dove sta la linea di demarcazione, tra una prova abbastanza schiacciante da poter giustificare una pena capitale, e una prova invece ''troppo indiziaria' per assumersi una tale responsabilità? (anche se sempre di una prova si tratta)
come in tutti i casi limite, purtroppo, nel buon senso, nella buona fede e nell'equilibrio di chi deve, in concreto, giudicare.
giudice, giuria popolare, ordalia...
i casi limite sono un falso problema. Se sono stabiliti dei buoni (non perfetti, è impossibile, ma buoni sì) criteri generali, di casi limiti ce ne saranno pochissimi.
Ci sarà sempre una minima percentuale di imperfezione in ogni sistema, il punto è stabilire se i sistemi alternativi abbiano imperfezioni più o meno gravi, e i sistemi di regole più o meno efficaci.
Già. Peccato che però una volta che hai ucciso la persona, la decisione è irrevocabile. Anche dovesse venire fuori che dietro ci sono errori giudiziari.
Che poi qui potrei subito passare ad un altro punto: ma hai davvero tutta questa fiducia nel sistema giudiziario da lasciare loro decisioni di questa portata? Io no.
come detto, la applicherei solo a casi di fatto indubitabili. Non vorrai mica dirmi che Totò Riina o Bernardo Provenzano sono vittime di un tragico errore giudiziario no?
Però qui c'è un problema.
Un processo, quando arriva alla sentenza definitiva, stabilisce una verità processuale che determina se l'imputato è colpevole o innocente. In funzione di quella verità processuale scatta la condanna. Naturalmente la verità processuale può coincidere o meno con la verità ontologica del crimine, a seconda dell'abilità rispettivamente del criminale, degli investigatori, dell'accusa e della difesa.
Ora, quando c'è una sentenza definitiva, quella sentenza è verità; giudiziaria, ma verità. La pena a quel punto si applica in funzione del reato, non di un ipotetico grado di sicurezza della sentenza.
Quindi se due persone commettono lo stesso reato devono essere punite nello stesso modo. Anche se una sentenza è cristallina e l'altra è controversa. E se quel reato prevede la pena di morte, la devi applicare per entrambi i condannati, sia per quello dove la sentenza non lascia adito a dubbi sulla corrispondenza tra verità ontologica e processuale, sia per il caso controverso.
Non puoi differenziare, non puoi lasciare che passi il concetto che una sentenza definitiva non stabilisca una verità incontrovertibile, perché significa smantellare il concetto stesso di giustizia delegata allo Stato.
Quindi, in ultima analisi, o usi la pena di morte solo per i reati di cui sei certo al 100% che tutti i condannati sono incontrovertibilmente colpevoli, oppure devi accettare la possibilità di mandare al rogo qualche innocente.
Non puoi differenziare, non puoi lasciare che passi il concetto che una sentenza definitiva non stabilisca una verità incontrovertibile, perché significa smantellare il concetto stesso di giustizia delegata allo Stato.
mah, non mi trovo tanto d'accordo.. forse ho capito male, ma la verità incontrovertibile del giudicato sarebbe una specie di "panzana" da rifilare ai cittadini meno consapevoli, e un "auto-illusione" cosciente che accettano quelli più consapevoli, tutto al fine di mantenere salda la fiducia nell'amministrazione statale della giustizia?
in realtà credo che quasi tutti siano perfettamente consapevoli che la verità di una sentenza è in generale (nella stragrande maggioranza dei casi) tutto fuorché incontrovertibile. A parte istituti prettamente "statali" come la revisione del giudicato, residuano sempre interventi "dall'alto", tipo corti europee varie, o volendo allargare il discorso a un livello "politico", cambiamenti normativi o di regime o di ordinamento (con effetti eventualmente retroattivi).
personalmente credo che si possa tranquillamente affermare che i fatti "ontologici" sono quelli, e nel corso del processo essi vengono accertati con un grado variabile di precisione e sicurezza. Non è una verità diversa, o su un piano diverso, è semplicemente un diverso grado di corrispondenza di una certa affermazione "giuridica" rispetto a certi fatti, che in taluni casi - rari - può sconfinare nell'autoevidenza, nell'innegabile, nella verità scientifica.
se il grado di precisione e sicurezza sulla colpevolezza di tizio raggiunge livelli ottimali di evidenza (che non sono quelli di un sacco di condanne a morte "storiche", ma molto più alti), non credo ci si debba preoccupare degli innocenti al rogo.
è come preoccuparsi del ragnarok o che il mostro di spaghetti volante ci mangi tutti. Magari avverrà domani, ma è così altamente improbabile che possiamo vivere le nostre vite nella tranquilla consapevolezza che non capiterà.
@Ser Balon
Ad ogni modo sto iniziando a capire un po meglio il tuo punto di vista.
Il concetto di 'gradualità della pena' in base alla gravità del crimine in se, devo dire, la trovo un idea giusta. Anche se io come massima pena ne sceglierei una un po meno definitiva. Ma è vero che in questo senso ci sarebbe da lavorare.
Per quanto riguarda quest'altro punto.
Ma dove sta la linea di demarcazione, tra una prova abbastanza schiacciante da poter giustificare una pena capitale, e una prova invece ''troppo indiziaria' per assumersi una tale responsabilità? (anche se sempre di una prova si tratta)
come in tutti i casi limite, purtroppo, nel buon senso, nella buona fede e nell'equilibrio di chi deve, in concreto, giudicare.
giudice, giuria popolare, ordalia...
Ma è proprio questo il problema. A decidere tra la vita e la morte é il buonsenso. O in altre parole, opinioni soggettive di singole persone. Lasciare che l'ago della bilancia sia dettata da un elemento fragile come il buonsenso, a me non fa sentire tranquillo per niente. Gli esseri umani sono tutti (potenzialmente) influenzabili, corruttibili o semplicemente fallibili.
Io capito che cosa vuoi dire, e ciò che la pena dovrebbe essere applicata solo in casi estremi, e dove la colpevolezza del criminale non può essere neanche messa in discussione (tipo uno che entra in una scuola a viso scoperto, spara a tutti sotto le telecamere e poi rivendica pure ed è fiero di averlo fatto.)
Il problema é che, da un punto di vista giuridico, qui si cade in diversi conflitti non da poco:
Uno
quoto in pieno lord Beric.
se due persone commettono lo stesso reato devono essere punite nello stesso modo. Anche se una sentenza è cristallina e l'altra è controversa. E se quel reato prevede la pena di morte, la devi applicare per entrambi i condannati, sia per quello dove la sentenza non lascia adito a dubbi sulla corrispondenza tra verità ontologica e processuale, sia per il caso controverso.
In sostanza, qui lord Beric ha detto quello che stavo cercando di dire io parlando della linea di demarcazione.
Purtroppo l'opzione da applicare solo se la colpevolezza è certa, sui banchi giuridici non funziona.
Una sentenza è sempre certa, anche se sbagliata.
Cosa che poi, mi porta al punto
Due.
Dal momento che parlavi del diritto dei parenti della vittima.
Tralascio un attimo la questione etica e cerco di vederla da un punto di vista più 'giuridico'.
Ammesso e concesso (senza essere d'accordo) che quello che sentirsi appagati con la morte del criminale sia un diritto, io, come Stato democratico, non posso mettermi a fare due misure.
O questo diritto lo concedo a tutti, oppure a nessuno.
Se a uno gli hanno ammazzato il parente, glielo hanno ammazzato in ogni caso. Non importa se è successo per mano di un pluriomicida o se si è trattato di un caso singolo.
Come fai a dire al parente della vittima: 'Purtroppo non possiamo soddisfarti con la vendetta, perché il tipo non ne ha fatti fuori abbastanza.' Oppure: 'Purtroppo le prove bastavano solo per l'ergastolo.'?
Insomma, io mettendo in correlazioni pena di morte e verità giuridiche, e aggiungendo a questo pure l'ingrediente 'diritto di vendetta', io ci vedo una miscela piuttosto problematica sotto ogni profilo.
In sostanza, qui lord Beric ha detto quello che stavo cercando di dire io parlando della linea di demarcazione.
Purtroppo l'opzione da applicare solo se la colpevolezza è certa, sui banchi giuridici non funziona.
Una sentenza è sempre certa, anche se sbagliata.
e quello che auspico è esattamente il superamento di questa ipocrisia da Stato pseudo illuminista del 1800.
ci sono sentenze che esprimono una corrispondenza certa, oserei dire una certezza quasi scientifica, rispetto ai fatti che hanno ad oggetto, e sentenze che non puramente congetturali, indiziarie, un fifty fifty deciso forse dal magistrato in privato con un bel lancio di monetina. E nel mezzo, un infinita gamma intermedia.
perché far finta che tutte le sentenze siano uguali? L'applicazione delle pene comuni volendo potrà anche essere uguale, ma in casi estremi come la pena di morte (si potrebbe fare lo stesso discorso anche per l'ergastolo eh), insomma roba che rovina la vita a una persona, dovrebbe in qualche misura pesare il grado di certezza sulla colpevolezza dell'imputato.
è il classico caso della coperta troppo corta... comunque la tiri, una certa disuguaglianza sbuca fuori.
se fai finta che tutte le sentenze sono uguali, tutti si beccano la stessa pena, sia potenziali innocenti (e dunque, tra di essi, nei fatti, innocenti) sia colpevoli assoluti.
Il modo per rendere meno forti le disuguaglianze nel primo caso è, come si fa qui in Italia, appiattire le pene. Livellare. E' rarissimo che qualcuno resti in carcere per più di una ventina d'anni. Si beccano tutti tra i 10 e i 20 anni, grandi criminali, piccoli criminali, medi criminali. Ma se si esagera si indebolisce il potere preventiva che la graduazione della pena ha.
Se invece riconosci che non tutte le sentenze sono uguali, persone che hanno commesso lo stesso identico crimine prenderanno pene diverse, a seconda dell'abilità o della fortuna.
Una buona via di mezzo sarebbe, imho, applicare il primo criterio alla stragrande maggioranza dei reati (senza livellare troppo): confidando che l'amministrazione della giustizia statisticamente non condanni troppi innocenti, privilegio l'uguaglianza "astratta" (anche in caso di incertezze, e dunque errori, e dunque inuguaglianze, comunque dando pochi anni di carcere o pene pecuniarie non rovino eccessivamente la vita alle persone), e il secondo criterio, per i reati gravissimi (qui invece privilegio il non rovinare la vita e dunque esigo non una certezza meramente formale, ma fattuale: pene detentive lunghissime, ergastolo o pena di morte è roba tosta... e preferisco che qualche mafioso stragista anti-sgamo si prenda 18anni invece che la sedia elettrica... pace, tutelare ai massimi livelli il diritto di uguaglianza dei serial killer non è tra le priorità che uno Stato dovrebbe avere. Se sei stato tu al 100% finisci gassato, se non sei stato tu al 100% ma sei comunque condannato, i tuoi 21 anni alla breivik te li fai lo stesso. Pazienza.)
Se a uno gli hanno ammazzato il parente, glielo hanno ammazzato in ogni caso. Non importa se è successo per mano di un pluriomicida o se si è trattato di un caso singolo.
Come fai a dire al parente della vittima: 'Purtroppo non possiamo soddisfarti con la vendetta, perché il tipo non ne ha fatti fuori abbastanza.' Oppure: 'Purtroppo le prove bastavano solo per l'ergastolo.'?
eh beh dovranno accontentarsi.
capita continuamente di dover dire ai parenti delle vittime "eh purtroppo non possiamo darti la giustizia che volevi, il tipo avrebbe compiuto 18 anni solo tra due settimane e quindi invece che l'ergastolo si prende 10 anni e basta"
o che criminali effettivi (che hanno "ontologicamente" compiuto il fatto) vengano rilasciati non dico per assenza di prove, ma per cavilli legali o abomini quali prescrizione e via discorrendo.
le differenze di trattamento ci saranno sempre. C'è chi è più fortunato e chi no. Ma non vedo perché non si possa garantire un po' di soddisfazione e equità a chi si trova nelle condizioni ottimali.
Il poter scegliere è un di più. Che può verificarsi in alcuni casi. Non mi piace neanche tanto questa idea tutta moderna dell'uguaglianza al ribasso... "questa cosa potrebbe far stare meglio te e non danneggia me, ma visto che io non la posso fare non puoi farla neanche tu".
ma proprio per niente, chi lo dice.
per esempio, ma sai quanti processi si concludono in un certo modo per via di fattori esterni al processo, per esempio perché tizio è un imprenditore con una barca di soldi e si prende un super avvocato che lo fa assolvere dalle accuse di falso in bilancio, mentre caio che ha truccato due note ma è un povero imprenditore di provincia viene asfaltato?
se il "tuo" serial killer è stato un fesso a farsi sgamare da 300 testimoni, è reo confesso e quant'altro, mentre il "mio" è il maestro dei delitti quasi perfetti... beh pazienza. Almeno tu potrai soddisfarti come meglio credi. Ma non è che io ne risulti "danneggiato". Sei semplicemente tu che ti avvantaggi di certe condizioni per far scattare certi diritti.
@Ser Balon Swan
e quello che auspico è esattamente il superamento di questa ipocrisia da Stato pseudo illuminista del 1800.
ci sono sentenze che esprimono una corrispondenza certa, oserei dire una certezza quasi scientifica, rispetto ai fatti che hanno ad oggetto, e sentenze che non puramente congetturali, indiziarie, un fifty fifty deciso forse dal magistrato in privato con un bel lancio di monetina. E nel mezzo, un infinita gamma intermedia.
Sono d'accordo: quella di uno Stato pseudo illuminista incapace di sbagliare è pura ipocrisia. È quello che ho già cercato di dire nei post precedenti, ed é anche uno dei motivi per cui ritengo la pena di morta così dannatamente pericolosa sotto il profilo di 'mandare sul patibolo un'innocente'.
perché far finta che tutte le sentenze siano uguali?
Perchè se lo stato non facesse così, sarebbe una pubblica ammissione della propria fallibilità.
Sarebbe come se dicesse: 'non sono al cento per cento sicuro se questo é colpevole o meno, dunque ho deciso di dargli vent'anni, così, per sicurezza. Lo tengo lontano dalla società, ma allo stesso tempo, non corro il rischio di uccidere un innocente'.
Difficilmente riesco ad immaginare uno Stato che possa permettersi di fare qualcosa del genere, senza perdere la propria credibilità/autorità.
Il potere, anche se democratico, si tiene in piedi anche grazie all'illusione di essere un 'sistema perfetto.' Per mantenere questa illusione, lo strumento più efficace, purtroppo, resta la menzogna.
Dietro si nasconde pura ipocrisia, sono d'accordo. È come dici tu: tutti sanno che i giudici possono sbagliare. Eppure nessuno mette in discussione le loro decisioni e le sentenze diventano in automatico effettive.
Ma purtroppo, uno Stato può funzionare solo finché la gente é disposta a piegarsi a questo genere di decisioni. Non é una cosa bella, ma ritengo tutte le altre alternative anche di più destabilizzanti.
Da un punto di vista filosofico, in concetto di 'gradualità della prova' non è un idea sbagliata. Vale almeno la pena prenderla in considerazione, dal momento che potrebbe essere un passo per superare tale ipocrisia. Purtroppo non riesco, anche sforzandomi, ad immaginarmelo sotto una forma più pratica.
Una prova é, per sua stessa definizione, un qualcosa che prova il coinvolgimento di un sospettato con un determinato delitto. La prova può essere valida o non valida. Come fa ad esserci una via di mezzo?
Il modo per rendere meno forti le disuguaglianze nel primo caso è, come si fa qui in Italia, appiattire le pene. Livellare. E' rarissimo che qualcuno resti in carcere per più di una ventina d'anni. Si beccano tutti tra i 10 e i 20 anni, grandi criminali, piccoli criminali, medi criminali. Ma se si esagera si indebolisce il potere preventiva che la graduazione della pena ha.
Come già detto, su questo sono d'accordo. Le pene, specie in Italia, sono livellate male. Pene troppo dure per i reati minori, e troppo leggere per i reati pesanti.
Se invece riconosci che non tutte le sentenze sono uguali, persone che hanno commesso lo stesso identico crimine prenderanno pene diverse, a seconda dell'abilità o della fortuna.
Qui però entra in gioco un altro conflitto 'giuridico'. Se io accetto il fatto che per lo stesso reato ci possono essere sentenze diverse, viene meno il principio di la legge uguale per tutti. Uno dei cardini fondamentali su cui si regge uno stato democratico.
capita continuamente di dover dire ai parenti delle vittime "eh purtroppo non possiamo darti la giustizia che volevi, il tipo avrebbe compiuto 18 anni solo tra due settimane e quindi invece che l'ergastolo si prende 10 anni e basta"
Il mio discorso era nato dal fatto che tu ipotizzavi il concetto di 'diritto alla vendetta.', cosa diversa dal 'diritto ad avere giustizia'.
Negli esempi che hai riportato te, lo Stato si è limitato ad applicare la giustizia, non ha concesso ai cittadini il diritto di scegliere, se il criminale deve vivere o morire. Forse i parenti non saranno soddisfatti, ma non si può dire (tecnicamente) che lo stato ha negato loro un diritto, dal momento che (almeno per quanto ne so) il diritto dei parenti di chiedere la condanna a morte non è prevista nel codice giuridico di nessuna democrazia.
Qualora (ipoteticamente parlando) uno Stato concedesse ai cittadini un opzione del genere, ne verrebbe fuori implicitamente che il parente ha il diritto di essere ripagato con il sangue. E dunque, questo diritto (democraticamente parlando), dovrebbe essere, semmai, concesso a tutti. Almeno che non sono disposto a rinunciare al diritto di uguaglianza.
Non mi piace neanche tanto questa idea tutta moderna dell'uguaglianza al ribasso... "questa cosa potrebbe far stare meglio te e non danneggia me, ma visto che io non la posso fare non puoi farla neanche tu".
ma proprio per niente, chi lo dice.
Ho capito che il discorso al ribasso non ti piace. Quando portato allo stremo non piace neanche a me. Ma tutte le altre alternative io le vedo ancora più problematiche. Per come la vedo io, si tratta del prezzo che si deve pagare, se si vuole vivere in un sistema giuridico basato sul principio di 'la legge è uguale per tutti'.
se devo mettere sull'ago della bilancia da un lato il diritto di sentirsi appagati con la morte dell'assassino, e dall'altra concetti come 'la legge è uguale per tutti', io scelgo la seconda (con tutti gli inconvenienti della pena al ribasso).
per esempio, ma sai quanti processi si concludono in un certo modo per via di fattori esterni al processo, per esempio perché tizio è un imprenditore con una barca di soldi e si prende un super avvocato che lo fa assolvere dalle accuse di falso in bilancio, mentre caio che ha truccato due note ma è un povero imprenditore di provincia viene asfaltato?
E anche qui ti devo quotare in pieno: nella pratica, il principio di 'legge uguale per tutti' viene applicato male. La colpevolezza (vera o presunta) dell'imputato é solamente uno dei fattori che poi determina la portata della pena.
Ciononostante, almeno sulla carta, vorrei che questo principio di parità non venisse toccato.
Sono d'accordo: quella di uno Stato pseudo illuminista incapace di sbagliare è pura ipocrisia. È quello che ho già cercato di dire nei post precedenti, ed é anche uno dei motivi per cui ritengo la pena di morta così dannatamente pericolosa sotto il profilo di 'mandare sul patibolo un'innocente'
ma l'atteggiamento contrario, se estremizzato (tutte le sentenze potrebbero essere sbagliate) è invece tipico di uno stato contemporaneo pseudo relativista.
io sono per un approccio più pragmatico. In un sistema giuridico ben fatto, alcune sentenze potrebbe essere completamente sbagliate, la maggior parte delle sentenze sono complessivamente corrette ma perfettibili, alcune sentenze sono sicuramente corrette.
Sarebbe come se dicesse: 'non sono al cento per cento sicuro se questo é colpevole o meno, dunque ho deciso di dargli vent'anni, così, per sicurezza. Lo tengo lontano dalla società, ma allo stesso tempo, non corro il rischio di uccidere un innocente'.
è esattamente quello che fa. Solo che lo fa con tutti. Basterebbe farlo solo con quelli con cui non si è al 100% sicuri.
Qui però entra in gioco un altro conflitto 'giuridico'. Se io accetto il fatto che per lo stesso reato ci possono essere sentenze diverse, viene meno il principio di la legge uguale per tutti. Uno dei cardini fondamentali su cui si regge uno stato democratico.
ma succede già. In tantissimi modi. Primo, le pene non sono "secche". Vanno "da x a y", e il giudice è abbastanza libero di muoversi all'interno di questo range, con il suo libero e prudente apprezzamento. Aggiungiamo aggravanti e attenuanti (spesso molto discrezionali), e la forbice diventa ancora più ampia.
Senza contare le pene speciali (in cui entra in gioco, magari, lo psichiatra: cambia molto riuscire a farsi dichiarare malati di mente o no... è un concetto sfuggente).
possono venire in gioco le condizioni del reo (è minorenne? era sotto effetto di alcol o stupefacenti? aveva assunto alcol o stupefacienti in modo preordinato? era un alcolista abituale?), il suo comportamento durante il fatto (c'era il versari in re illicita?) e dopo (si è costituito spontaneamente? ha collaborato? ha confessato?), e durante il processo (che tipo di rito ha scelto? ha patteggiato magari) e durante la stessa applicazione della pena (buona condotta? prescrizione?)...
insomma lo STESSO IDENTICO FATTO, che ha cagionato lo stesso identico danno, può essere punito in modo MOLTO MOLTO diverso per via di tutta una serie di piccolissimi dettagli, spesso considerabili o meno come rilevanti in modo del tutto arbitrario.
quindi, consapevolmente o meno, tutti accettiamo che per uno stesso reato si possa venire puniti in modo diverso.
perché non introdurre nell'equazione un altra variabile, ovvero il fatto che la sentenza sia più o meno fondata su dati certi? In particolare nei casi in cui la cosa "pesa" notevolmente sulla vite delle persone?
sul fatto della "prova certa"... la testimonianza di una vecchia orba che passava è una cosa, la testimonianza di 233 persone, 10 video amatoriali, 2 telecamere di sicurezza una altra.
Il mio discorso era nato dal fatto che tu ipotizzavi il concetto di 'diritto alla vendetta.', cosa diversa dal 'diritto ad avere giustizia'.
Negli esempi che hai riportato te, lo Stato si è limitato ad applicare la giustizia, non ha concesso ai cittadini il diritto di scegliere, se il criminale deve vivere o morire. Forse i parenti non saranno soddisfatti, ma non si può dire (tecnicamente) che lo stato ha negato loro un diritto, dal momento che (almeno per quanto ne so) il diritto dei parenti di chiedere la condanna a morte non è prevista nel codice giuridico di nessuna democrazia.
Qualora (ipoteticamente parlando) uno Stato concedesse ai cittadini un opzione del genere, ne verrebbe fuori implicitamente che il parente ha il diritto di essere ripagato con il sangue. E dunque, questo diritto (democraticamente parlando), dovrebbe essere, semmai, concesso a tutti. Almeno che non sono disposto a rinunciare al diritto di uguaglianza.
ma non vedo dove stia il problema.
esistono reati per cui il danneggiato ha particolari diritti, che i danneggiati di altri reati non hanno. Per esempio, colui che ha subito delitti contro l'onore, o in casi particolari di bigamia o induzione al matrimonio mediante inganno. ecc. può (è una sua facoltà, scelta) decidere se far pubblicare o meno la sentenza di condanna, per esempio, su un giornale. E' una bella soddisfazione, poter fare sapere a amici, parenti e concittadini della propria vittoria.
se a me hanno ucciso il cane, e anch'io vorrei far sapere a tutti che quel dannato lestofante mi ha arrecato danno ed è stato gettato in galera... beh non posso. Tanti saluti.
se io dico che i danneggiati per particolari reati (serial killerismo e terrorismo, per esempio) godono di questo ulteriore strumento soddisfattorio che non è la libera scelta se far pubblicare o meno sui quotidiani la sentenza di condanna, ma la libera scelta se spedire o meno il reo alla sedia elettrica anziché solo all'ergastolo... dove sta la differenza da un punto di vista tecnico/astratto (poi certo all'atto pratico si tratta di scelte più importanti)?
Sono contrario, ma solo perché dio ha deciso.
Se la morte potessi deciderla io, sarei davvero in difficoltà.
Una responsabilità enorme.
Ps
non ho letto la discussione, scusate.
Non sono ancora riuscita a leggere le ultime risposte, mi metterò in pari in questi giorni.
Intanto un'altra esecuzione choc in Arizona: ci sono volute due ore e 15 iniezioni prima della morte del condannato, che per 60 volte ha cercato di divincolarsi e alzarsi dal lettino a cui era legato.