Recensione interessante @Metamorfo. Penso che lo comprerò a breve.
Mi è tornato in mente che c'è anche una chiara citazione ad ASOIAF, di cui Abercrombie è fan:
Rikke dice due o tre volte "my name is Rikke it rhymes with...". Sia la frase che il nome del personaggio evocano il Reek di Martin (anche se è l'unica cosa che hanno in comune).
Uscita l'edizione italiana: https://www.librimondadori.it/libri/un-piccolo-odio-joe-abercrombie/
@Metamorfo in base alla tua lettura, la traduzione più giusta non dovrebbe essere "un pò d'odio"? Non sono polemico con la traduzione italiana, è per sapere.
Un piccolo odio suona proprio male.
Il titolo in inglese dovrebbe venire da questa citazione: Love turns, with a little indulgence, to indifference or disgust; hatred alone is immortal. (William Hazlitt)
Qui una mappa, fatta da un fan, del mondo di Abercrombie.
Comunque ho iniziato a leggere il romanzo, in lingua originale, e vado a rilento: per ora mi sembra molto come The blade itself, una lunga introduzione ai personaggi. @Metamorfo mi confermi questa impressione?
Ho letto un centinaio di pagine e non mi sta coinvolgendo per niente, tanto che a breve lo mollerò parzialmente per leggermi la saga di Geralt di Rivia. Ora ho la certezza che mi paia come The Blade Itself, ma almeno lì c'era la componente della novità. Qui si rinconfermano i soliti difetti della scrittura di Abercrombie: personaggi tutti con la stessa visione della vita, come diceva @joramun in un commento vecchio di qualche anno fa (per tutti la vita e il mondo fanno schifo, ma proprio per tutti); sbilanciamento tra caratterizzazioni dei personaggi maschili e femminili, come diceva @Metamorfo; scarso world building.
Ovviamente prima o poi arriverò alla fine perché non lascio a metà nulla, ma ci vorrà del tempo...
Sono arrivato a pagina 150 (in pratica ho finito la parte I) ma l'ho di fatto mollato. Non mi attrae per niente, non sopporto tutte le storie d'amore (e sesso) tra i personaggi e non nutro empatia per nessuno di loro. Non sapevo cosa aspettarmi ma non questo.
In questo libro ho la netta sensazione che siano molto più evidenti i difetti di cui sopra. O forse sono i miei gusti ad essere cambiati.
Ho finito la prima trilogia, dopo tanti anni che volevo leggerla.
Libro dignitoso, intrattiene, con buone trovate, ma privo di genio e con una scrittura abbastanza scolastica e piatta - anche se devo dire che cresce e migliora via via che la trilogia prosegue -.
L'introspezione di alcuni personaggio non è male (Logen e Glokta su tutti direi).
L'ambientazione non è male ma ha due difetti :
a) non sempre viene introdotta in modo naturale, a volte le informazioni vengono sbattute in faccia al lettore in modo forzato e questo non va bene;
b) soffre di quella che io chiamo sindrome di star wars. L'ambientazione pretende di essere enorme, un intero mondo, continenti, regni lontani, capitali, i personaggi viaggiano in lungo e in largo... ma alla fine sono sempre gli stessi quattro gatti che interagiscono tra loro. Eserciti immensi, apparati burocratici che dovrebbero far funzionari imperi immensi, gilde misteriose... ma alla fine sono sempre gli stessi quattro gatti (protagonisti e figure secondarie) che saltano fuori e interagiscono tra loro. I meccanismi di causa-effetto sono oltremodo semplici... la complessità non "world level", da più l'impressione di essere quasi "village level"
Lo definirei una buona opera di artigianato, ma non un opera d'arte.
Se Martin è talento e incostanza, questo Abercrombie mi da l'idea di uno senza particolari idee ma che si legato alla sedia, ha programmato una storia carina, un intreccio decente, ha buttato giù dei personaggi molto standard ma tutto sommato funzionali.
Ho apprezzato che la magia resti sullo sfondo, avvolta da mistero e misticismo... ma non ho apprezzato che
Voto finale. 6,5
Consigliato? Mah. Sì. Tutto sommato direi che è una lettura discreta, ma non lo consiglierei per quello, perché ci sono migliaia di libri di qualità superiore. E' una lettura interessante per un fan di Martin, proprio perché Abercrombie è chiaramente un emulo di Martin, del suo fantasy complesso, che vuole essere realistico, crudo, complesso, strutturato a POV e via discorrendo. E mi ha fatto capire ancora di più quanto Martin sia stato bravo e brillante nella sua opera, e quanto alcuni dettagli di stile facciano una differenza enorme nella resa di situazioni e scene che, per contenuto e impostazione, magari sono tutto sommato simili.