Cerco di ridurre, ma non sarà facile mantenere la continuità!
mariateresa,mi sa che hai anche violato un'altra parte del regolamento:
Modalità di svolgimento
Il contest sarà suddiviso per "tracce". I concorrenti dovranno postare il proprio brano nell'apposito topic che verrà aperto di volta in volta, e il brano dovrà essere attinente alla traccia proposta, pena l'esclusione dal contest.
Ogni elaborato dovrà essere lungo circa 4000 caratteri, spazi inclusi, e dovranno essere scritti appositamente per la sfida. Non saranno dunque ammessi parti o stralci di opere più lunghe di cui si vogliono giudizi da parte degli altri utenti: per quelli rimangono disponibili gli altri topic preposti che si trovano nella Locanda dell'Uomo Inginocchiato.
Il grassetto è mio.
Cmq tranquilla,come io ben so, può capitare di sbagliare "> .
Cerco di ridurre, ma non sarà facile mantenere la continuità!
Dovresti tagliare 5000 caratteri.
Secondo me ti conviene scrivere un altro pezzo, considerando inoltre che Guardiano Della Notte ti ha fatto notare che non si posso presentare testi di altre opere " />
Oh, allora non consideratelo. L'ho sfoltito, ma se non va bene...pazienza " />
non va bene, comunque hai tutto il tempo di scriverne un altroOh, allora non consideratelo. L'ho sfoltito, ma se non va bene...pazienza " />
l'obiettivo di questo contest è prorpio quello di divertirsi in compagnia scrivendo brevi pezzi da commentare reciprocamente, è una bella occasione " />
Inoltre il limite di caratteri è una bella sfida con se stessi, e aiuta moltissimo a migliorarel'obiettivo di questo contest è prorpio quello di divertirsi in compagnia scrivendo brevi pezzi da commentare reciprocamente, è una bella occasione " />
Ehm...non mi piacciono i limiti, nè di caratteri nè di tempo " />
Comunque non sono abituata a scrivere racconti slegati da un'ambientazione, e non mi piace farlo. Mi limiterò a giudicare i vostri(che mi piacciono già a prima occhiata )
Uh non ti devi slegare da un'ambientazione: infatti anche io mi sono posto come limite personale quello di scrivere solo racconti inseriti nella mia ambientazione. E tutti i limiti sono uno stimolo alla creatività.Comunque non sono abituata a scrivere racconti slegati da un'ambientazione, e non mi piace farlo. Mi limiterò a giudicare i vostri(che mi piacciono già a prima occhiata " /> )
Il punto è che non sono accettati racconti che fanno parte di romanzi più lunghi, quindi estratti di racconti: devono essere pezzi scritti appositamente per il concorso, racconti indipendenti e autoconclusivi.
In un momento di crisi creativa, commento i racconti postati finora.
T = TECNICA (qualità della lingua e struttura del racconto),
C = CREAZIONE (trama e ambientazione),
E = EMOZIONE (impatto che ha avuto il racconto su di me)
Il giudizio finale non per forza è una media matematica tra i tre.
Nymeria Sand: T sufficiente, come lo scorso racconto niente di particolare da segnalare, oltre al rientro alla fine di ogni frase che trovo scorretto e continuo a penalizzarti per questo. C sufficiente, la storia mi sembra del tutto banale, l'ambientazione contiene nomi inglesi (perché?) e elfi, in mancanza di qualcosa di più non la posso apprezzare; inoltre ci sono accenni non spiegati, da evitare in un racconto breve. E insufficiente, non c'è stato nulla che ha attirato la mia attenzione oltre al fatto che non ho capito i rapporti tra l'armata di Ikar e la città di Kerak. Voto finale: devo darti una leggera insufficienza " />
Erin: T insufficiente (vedi sotto). C discreto, storia interessante anche se nulla più di una favoletta per bambini. E sufficiente, il commento finale mi ha strappato un sorriso, per il resto il cambio di PDV è sgradevole e il momento dell'azione è un po' confuso e ha poco pathos. Voto finale: sufficiente
Seetharaman Toral: T buono, con un problema (vedi sotto). C molto buono-ottimo, E discreto-buono: si fa un po' fatica a capire tutto, come per gli scorsi racconti ti devi sforzare di rendere le cose più esplicite, almeno nella parte finale del racconto. Ma dal momento che ho capito il significato, ho apprezzato molto l'originalità e lo svolgimento dell'idea; e pur essendo, in fondo, solo un'ambientazione e non la trama del racconto, narrata tramite un banale incontro di lavoro diventa molto interessante. Voto finale: più che buono. Brava!
@ Seeth: mi piace lo stile, e anche i dialoghi li trovo naturali e piacevoli. I capoversi sono buoni, la punteggiatura no: prima di una battuta dimentichi spesso di mettere un punto o altro, e dopo dimentichi il maiuscolo. Per esempio:
Io scriverei " Rispose l'altro scrollando le spalle. " Trattandosi del tuo primo dialogo, te la faccio passare " />“E’ una precauzione in più.” rispose l’altro scrollando le spalle “Faccio parte dei Cercatori di fabbriche.”
@ Erin: visto che siamo amici mi permetto di rompere le scatole nel dettaglio. Non ci siamo con la scrittura. Prima di tutto, i paragrafi non sono ben fatti: mi pare che vai a capo quando ti pare, ma senza logica. Secondo,ci sono ci sono troppi refusi, cambia persino il nome della protagonista! Li rileggi i tuoi racconti, oppure hai chiesto ad Altieri di correggertelo? Seriamente, rileggili o falli rileggere da qualcuno che sappia darti una ripulita ortografica. Lo stile non è tanto male, ma hai comunque dei vasti margini di miglioramento: per esempio
Maggiormente? Prima di tutto è una forma inutilmente pesante, qua bastava scrivere "di più". Inoltre, non sono certo che un'azione come "accucciarsi" possa essere fatta in modo più intenso, io direi "si strinse di più" oppure "si accucciò meglio".Si accucciò maggiormente contro il tronco e attese.
se ne avessi il potere, chiederei che la virgola tra soggetto e verbo o tra sostantivo e aggettivo venisse considerata reato penale. È, un errore. Un errore, molto brutto.Alzò lo sguardo e vide che era giorno e che a pochi metri da lei c’era una donna, molto bella che le sorrideva.
Tornando allo stile, "vide che era giorno" mi suona male, meglio un "vide che s'era fatto giorno" o forse "si accorse che ormai era giorno". Poi, in quella frase ci sono un po' troppi "che": ripetizione sgradevole.
Se voleva doveva? se potevi usare qualche congiuntivo ero magari più contento che così " />Essendo venuta a conoscenza della profezia, aveva compreso che se voleva tornare a dominare quelle terre, doveva eliminare la ragazza di cui si parlava.
Hai messo la virgola. Inizia a correre " />“Ma io, sono solo inciampata”
per la punteggiatura, hai proprio ragione " />
LA sera che ho sistemato i dialoghi, non avendo le idee chiare sulla punteggiatura giusta, ho girato su vari libri che avevo a casa, col risultato di confondermi ancora di più le idee. Ricontrollando qua e là direi che però nel modo in cui li ho fatti ci son decisamente troppo punti latitanti " />
sul rendere le cose più esplicite... quando provo a scrivere qualcosina, non mi piace imboccare troppo il lettore, ma devo ancora imparare a farlo bene " /> ....grazie a tutti dei consigli " />
beh, ma nessun altro posta bani? Su, su, cos'è 'sta diserzione " /> ?
l'ambientazione contiene nomi inglesi (perché?) e elfi
Non ho capito se sia la presenza di nomi inglesi e, separatamente, di elfi o la compresenza delle due cose nello stesso racconto a disturbarti. " />
In ogni caso l'unico nome inglese che c'è in tutto il racconto è quello della spada del protagonista, che sinceramente non sapevo come altrimenti chiamare. In italiano Stella della Sera mi avrebbe fatto perdere preziosi caratteri e non mi sembrava altrettanto incisivo e darle un nome straniero-non-inglese-magari-sumero a caso non avrebbe reso giustizia alla storia che c'è dietro e che per ora esiste solo nella mia testa.
Se hai qualche buon suggerimento, ben venga, sei libero e anzi pregato di farti sentire.
Per quanto riguarda gli elfi, che ci posso fare? A me piacciono. Sono passata direttamente dalle fiabe al fantasy (soprattutto Forgotten Realms e Signore degli Anelli) e ormai gli elfi fanno parte integrante della mia idea di fantastico.
Se vuoi inorridire un po' per l'utilizzo improprio di elfi, ti consiglio di dare un'occhiata alla mia storia su entropiagroup (vedi link nella mia firma). " />
Inoltre per quanto riguarda gli accenni ad altri fatti, pensavo che aumentassero il fascino del racconto.
Molti altri pezzi (come quello di Seeth per il primo contest) contenevano accenni nebulosi a fatti esterni non completamente spiegati.
Se si scrive un racconto appartenente ad un'ambientazione complessa è facile cadere nella tentazione di accennare a questioni che, per motivi di spazio non si possono esaurire, soprattutto perché, avendole tutte nella propria testa, lo scrittore trova comprensibili anche notizie vaghe a battaglie e campagne passate del proprio protagonista.
D'altronde come si può spiegare tutto in circa 4000 caratteri?
Infine per quanto riguarda la formattazione, ho già chiarito che è una scelta dettata dal supporto.
Io personalmente ho difficoltà a leggere a video lunghi brani scritti troppo compatti: mi lacrimano e mi bruciano gli occhi per lo sforzo. " />
In considerazione di questo fatto, e pensando che anche altri possono incontrare il mio stesso problema, ho deciso di lasciare il rientro alla fine di ogni frase.
So perfettamente che questa scelta non è formalmente corretta e, se la storia fosse destinata ad un supporto cartaceo, l'impaginazione sarebbe diversa.
/me fugge via da Piter XD
Blah...purtroppo hai perfettamente ragione! A rileggerlo mi accorgo di un sacco di imprecisioni. " /> Decisamente lo devo far rileggere a più persone, io e Luca non bastiamo anche perchè siamo completamente fusi per conto nostro.
Averlo riletto il giorno dopo non è servito tanto " />" />
Salve a tutti, io sono nuova di qui.
Mi sono iscritta un bel po' di tempo fa ma per problemi varii (ero ancora piccola, non avevo un computer mio) ho potuto fare visita a questo forum solo sporadicamente...
Adesso che sono tornata ed ho visto che c'è una gara di scrittura, ho deciso di vincere la mia timidezza e di partecipare: mi piacerebbe molto imparare a scrivere bene e penso che magari in questo modo potrò migliorare un po'. " />
Ecco la mia storia:
3° Contest di scrittura creativa: la profezia
Lo studio del dottor Lukacs dava sul Prater. Dalla finestra giungevano i tenui raggi di sole del giugno viennese e le risate dei bambini che giocavano a rincorrersi. La paziente, la giovane signora Cassandra von Fitze, moglie del celebre professore di Filologia greca dell’Università di Vienna, era sdraiata sul lettino proprio davanti alla sobria scrivania Biedermeier del dottore, su cui erano accatastate tutte le opere del suo insigne maestro, il dottor Freud.
“Molto bene, Cassandra.” Esordì il dottore con un tono comprensivo. “Adesso mi spieghi come mai d’un tratto ha voluto una seduta supplementare. Le è successo qualcosa di cui vuole parlarmi?”
La giovane donna si raddrizzò lievemente sul lettino, evidentemente oppressa dal suo vestito elegante ma un po’ troppo stretto in vita, e annuì.
“Ho fatto un brutto sogno, Dottore, e non riesco a smettere di pensarci. Penso sia un presagio di morte.” Disse spaventata.
“Mi racconti cosa ha sognato.” La spronò lui.
“Ero in una foresta e vedevo volare nel cielo un’aquila bicipite, sa, proprio come quella che sta sullo stemma del Kaiser. A un tratto l’aquila si fermava e poi la vedevo cadere verso terra, come se fosse ferita, e quando si avvicinava al suolo notavo che perdeva sangue, tanto sangue, talmente tanto che non smetteva di scorrere, non smetteva più...” rispose lei con gli occhi sbarrati.
Nel corso della narrazione il dottore annotò sul suo taccuino alcune osservazioni, poi alzò gli occhi e osservò il volto della giovane. I suoi grandi occhi castani erano divenuti lucidi e aveva incrociato le braccia al petto, come se avesse freddo.
“L’ho raccontato ad Heimo, sa?” Continuò Cassandra, ormai preda di lievi tremiti del suo esile corpo.
“Il marito.” pensò il dottore, annotandolo sul taccuino. La signora von Fitze era da poco sua paziente, ma in quelle poche sedute di analisi Lukacs aveva già notato che la donna menzionava di continuo il marito, gli raccontava cosa lui le consigliava e come lui la pensasse su ogni argomento.
“ Heimo dice che i miei sogni sono assurdi come gli oracoli dell’antica Grecia. Scherzando ha detto che Cassandra è un nome molto appropriato per me, un nome da profetessa inascoltata. Ha detto che sono proprio una sciocchina a preoccuparmi così per questi brutti sogni, ma che mi ama nonostante tutto e sarò sempre la sua bambolina.” Concluse lei, abbozzando un sorriso pieno di angoscia e annaspando soffocata dal suo stretto abito.
“E’ stato Heimo a comprarle questo vestito?” Domandò il dottore.
“Sì” rispose lei. “È’ sempre così gentile con me, cerca sempre di educarmi e di rendermi una donna migliore...” Due grosse lacrime rigavano ormai le sue guance pallide.
Il dottore le porse un fazzoletto.
“Cassandra, stia tranquilla.” Le disse, con gentilezza. “I sogni sono solo una forma di espressione simbolica del nostro inconscio, non deve affatto turbarsi. Ad esempio, non mi aveva raccontato lei stessa che la sua famiglia è stata nobilitata da poco, e che suo padre le diceva sempre che le vostre sorti sono legate a quelle dell’Impero? Ecco, l’aquila rappresenta proprio lei. Lei si sente oppressa e ferita da suo marito, non è così?”
“Ma no, io non penserei mai!..” Si oppose la donna, debolmente.
“So che è difficile ammetterlo, Cassandra, ma l’autocoscienza è l’unico modo che ha per guarire. Il Professor von Fitze la tratta come se fosse ancora una bambina, una fragile creatura da proteggere, priva di capacità decisionale. E lei ne soffre: per questo è sempre in preda agli incubi.”
Cassandra lo guardò con maggiore fiducia.
“Forse ha ragione, Dottore.” Ammise, asciugandosi le lacrime. “In effetti a volte mi sembra che Heimo pensi che io sia davvero stupida rispetto a lui, che è un uomo così colto... a volte vorrei fare cose che Heimo mi vieta. Vorrei poter decidere di più sulla mia vita.”
“Lo vede? Lei deve parlare a suo marito, deve fargli capire che lei soffre, che se lui la ama deve riuscire a comprendere i suoi bisogni.” Disse il dottore, con fermezza ma anche con dolcezza.
Cassandra gli sorrise. Il suo bel viso si rasserenò un poco. Si sedette sul lettino e guardò rassicurata il verde parco oltre la finestra dello studio.
“Grazie, dottore.” Disse. “Lei mi ha davvero tolto un peso dal cuore. Ed io che invece non sapevo darmi pace, ed ero così preoccupata per il viaggio di settimana prossima dell’Arciduca Franz Ferdinand in Bosnia!”
Se tra di voi ci sono psicologi/studenti di psicologia perdonatemi per la mia conoscenza alquanto frammentaria della psicanalisi. In generale, mi rendo conto che la storia si basa molto sull'aprosdoketon finale, ma penso che in una storia breve sia importante creare un certo effetto di sorpresa! " />
EDIT: SU QUESTO LINK LA VERSIONE RIVISTA
Contest di scrittura creativa: La profezia.
“I gatti di Atah”
Stagliandosi dietro la sagoma del campanile, la luna piena rendeva la notte meno buia, e la faccenda più problematica. Flis però non si sarebbe tirato indietro. Guardò intorno e non scorse anima viva: nessuna ragione di esitare oltre. Uno scatto, e fu fuori, con l’aria fresca tra i peli e il selciato sotto le zampe. Raggiunse di corsa una nicchia nel muro. Abbandonata la sicurezza della cloaca, la missione era cominciata anche per lui. Emerse di nuovo e proseguì, tenendosi a ridosso degli edifici e cercando punti in cui l’oscurità si insinuava più profondamente.
Nella città di Atah, a una Cerimonia Solenne, il re ebbe una visione: il suo potere sarebbe finito il giorno in cui un gatto nero gli avesse attraversato la strada.
Un cigolio sopra la testa, come il morso di una lama arrugginita, lo fece schizzare tra le casse annidate nelle vicinanze. Restò accucciato lì, le orecchie tese, ma da quella finestra non giunse più niente. Doveva essere stato un colpo di vento.
Bisognava affrettarsi: la notte era avanzata da un pezzo e lui non aveva ancora fatto nulla. Si infilò in un vicolo laterale.
Riferì un’altra versione ai sudditi: i gatti neri avrebbero gettato una maledizione sulla città.
La voce si sparse, il panico fu contagioso.
Nei pressi del ponte giaceva un gatto nero, un dardo lo aveva passato da parte a parte. Flis gli si avvicinò, sempre circospetto. Non lo conosceva, ma vedere un compagno in quello stato trafisse di dolore anche lui. Strinse l’asta del dardo tra i denti e cominciò a tirare. L’altro gatto si sollevò barcollando e si spinse in direzione opposta. Il fiume coprì il lamento, la freccia uscì dalle carni e volò sull’acciottolato. La ferita iniziò a chiudersi.
Molti gatti neri furono torturati e uccisi, altri si rifugiarono nella fognatura.
Lì trovarono un passaggio segreto, una fessura solo per le loro dimensioni.
Flis spiccò un balzo e sentì l’altro venirgli dietro. Si arrampicò sulla parete solcata da crepe, appigliandosi con gli artigli all’edera, finché non poté posare le zampe su un davanzale. Proseguì usando vari appoggi, presto fu alla finestra più alta. Nel saltare per raggiungerlo, il compagno commise l’errore di aggrapparsi agli stracci appesi, che si staccarono e lo fecero precipitare. Atterrò senza problemi sul balcone sottostante: non era certo così che sarebbe morto di nuovo. Da sopra, Flis si tenne pronto a gettarsi su chiunque fosse uscito, ma nessuno comparve.
Dopo un tunnel intricato, giunsero in una caverna con un’ampia pozza al centro.
Il luogo era magico: l’acqua potenziò le loro abilità, donò loro nove vite e intrise i loro artigli di un veleno mortale.
In alto si sentiva più a suo agio, gli sembrava di dominare la città. Avanzarono con cautela, passando di tetto in tetto, scrutando le strade. Avvertirono la presenza di un ubriaco, il canto stonato e l’odore del vino, ma decisero che non ne valeva la pena e si diressero altrove.
L’altro si fermò: conosceva quella casa; l’abitante dormiva e c’erano conti in sospeso con lui. Si infilò nella ciminiera, con uno strofinio appena percettibile. Neri com’erano, avrebbero potuto far invidia ai demoni, c’era ben poco da sporcarsi ancora.
Flis rimase sotto il cielo notturno.
Questo diede ai gatti la forza di combattere e vendicarsi.
In un certo senso, la maledizione si sarebbe avverata?
Il cuore accelererò mentre Flis si sporgeva dal bordo del tetto: ce n’era uno proprio sotto di lui, uno dei nemici più temuti e odiati. Immagini gli corsero davanti: la gatta tagliata in due, i cuccioli spinti nel sacco e gettati sul fuoco, le fiamme voraci riflesse nel metallo delle spade. Sentì la testa pesante trascinarlo giù, vide la strada sdoppiarsi per le vertigini. Ma raffreddò l’animo e riprese il controllo, preparandosi in posizione d’attacco.
Si staccò dal tetto e l’istante dopo gli fu addosso, proprio sulle spalle. L’uomo sussultò, ma gli artigli penetrarono subito nel collo scoperto, finalmente appagati. Non un urlo, appena un rantolo sfuggì alla vittima che si accasciava a terra. Il veleno non perdonava, stroncava la vita sul colpo.
Solo per qualche secondo Flis contemplò il morto. Poi si allontanò rapidamente, sempre in guardia e pensando a come ancora rendersi utile.
Salve a tutti, io sono nuova di qui.
Mi sono iscritta un bel po' di tempo fa ma per problemi varii (ero ancora piccola, non avevo un computer mio) ho potuto fare visita a questo forum solo sporadicamente...
Adesso che sono tornata ed ho visto che c'è una gara di scrittura, ho deciso di vincere la mia timidezza e di partecipare: mi piacerebbe molto imparare a scrivere bene e penso che magari in questo modo potrò migliorare un po'. " />
Benvenuta Joanna!! " />" />
Fa sempre piacere accogliere nuovi "adepti" qui da noi! " />
E complimenti per il racconto, molto bello " />