Proposta della Lega:se la proposta riguarda davvero i bambini (termine con cui intendo quelli in età compresa tra i 5 e i 12 anni),è la proposta più demente che abbia mai sentito.....per quale motivo creare delle classi "speciali" per bambini che non padroneggiano l'italiano,in una fascia d'eta in cui i bambini stanno imparando a padroneggiare l'italiano?Perchè creare una classe apposita e chiamarla "speciale",per farle fare la stessa cosa che si fa nelle classi normali,cioè insegnare ai bambini delle scuole elementari l'italiano?
Non facciamo sembrare la proposta quello che non è. Un bambino che da quando nasce sente parlare italiano e comincia a parlare italiano arriva alle elementari che magari non conosce la grammatica e sbaglia i congiuntivi..però sostanzialmente l'Italiano lo sa. Se un bambino invece ha i genitori che gli parlano in un'altra lingua e magari è in Italia solo da poco tempo o che altro l'italiano non lo sa. C'è un'amica di mia mamma che fa la maestra elementare (e per dirla a chiare lettere ha votato PD e odia la Lega) che ci combatte ogni giorno..ed è lei stessa ad ammettere che con dei bambini che non sanno l'italiano lezione non si riesce a fare..non solo di italiano ma di qualunque materia e quindi tutti gli altri "subiscono" e l'apprendimento viene notevolmente rallentato. Ora se volete continuare a vederla come la selezione della razza fate pure, a me sembra una proposta sensata e, citando nuovamente Shinobi, basta attuarla in maniera corretta.
in francia esistono da csempre classi in cui i bambini stranieri imparano a parlare francese, e l'anno successivo sono reinseriti nelle classi abituali. se la proposta è questa qui, non ci trovo niente di male, anzi.
se invece si parla di classi fisse per solo immigrati, è la proposta più idiota della legislatura...
vorrei che mi si spiegasse da quando è diventata "diffamazione" dire che un criminale è un criminale
Il fatto è, piaccia o no, che grazie alla presunzione d'innocenza si è criminali solo se si viene condannati in via definitiva; quindi, la domanda è semplicemente una: ci sono le condanne a fondamento del dire che è un criminale? Se no, a livello legale si tratta di dire che un innocente è un criminale, cos ache è diffamazione da sempre, ed eliminare una cosa simile aprirebbe le porte al dare liberamente del criminale a chiunque sia finito sotto processo.
ci sono le condanne a fondamento del dire che è un criminale?
nel caso di previti si
ah e comunque la condanna di travaglio è in primo grado mi sa
grazie al caso alitalia,l'addizionale per la tassa d'imbarco che da un euro era passata a due euro, adesso dopo poche settimane è aumentato di un altro 50 per cento.
ci sono le condanne a fondamento del dire che è un criminale?
nel caso di previti si
ah e comunque la condanna di travaglio è in primo grado mi sa
Si, la condanna è in primo grado. Qui c'è un'intervista di Travaglio sulla vicenda.
Comunque leggendo l'articolo incriminato, che hai postato in questa discussione in precedenza, Travaglio riporta solo le dichiarazioni di Riccio senza aggiungere granchè, quindi sono un pò perplesso riguardo alla sentenza.
@Mornon
Travaglio non è stato condannato per aver detto "Previti è un criminale", nel qual caso sarei d'accordo con te. E' stato condannato per aver riportato una testimonianza di Riccio sotto giuramento che diceva più o meno "In quell’occasione, come in altre, presso lo studio dell’avv. Taormina era presente anche l’onorevole Previti" ma erano parole di Riccio non di Travaglio. Quindi non so come si possa definire questa diffamazione, ma tant'è. travaglio ha già annunciato di ricorrere in appello.
I suoi nemici stasera brindano…«Mah, facciano un po’ quello che vogliono. Si accontentano di poco. Che cosa devo dire? Ho saputo che il Tg1 ha dato la notizia. Sono diventato addirittura più importante di Dell’Utri. Quando condannano Dell’Utri i telegiornali non lo dicono. Quando condannano me lo dicono. Evidentemente mi ritengono più importante di questi signori. D’altra parte come diceva Victor Hugo “C’è gente che pagherebbe per vendersi”».
a cui aggiungerei pure "se una cosa non appare in televisione, non esiste".
Ugualmente il famoso caso Luttazzi per lui si risolse in assoluzione: aveva detto cose vere, ma evidentemente scomode. Scommetto che in appello Travaglio vincerà, e tale notizia occupera il 10% dello spazio e del tempo mediatico rispetto a quanto sta accadendo ora. Il potere dell'informazione è tutto.
"Berlusconi sta attuando il mio Piano di Rinascita Democratica alla perfezione... mi dovrebbero almeno dare il copyright! " (Licio Gelli) Democratica? ;) Siamo sicuri che sia la parola giusta? :o
Non facciamo sembrare la proposta quello che non è. Un bambino che da quando nasce sente parlare italiano e comincia a parlare italiano arriva alle elementari che magari non conosce la grammatica e sbaglia i congiuntivi..però sostanzialmente l'Italiano lo sa. Se un bambino invece ha i genitori che gli parlano in un'altra lingua e magari è in Italia solo da poco tempo o che altro l'italiano non lo sa. C'è un'amica di mia mamma che fa la maestra elementare (e per dirla a chiare lettere ha votato PD e odia la Lega) che ci combatte ogni giorno..ed è lei stessa ad ammettere che con dei bambini che non sanno l'italiano lezione non si riesce a fare..non solo di italiano ma di qualunque materia e quindi tutti gli altri "subiscono" e l'apprendimento viene notevolmente rallentato. Ora se volete continuare a vederla come la selezione della razza fate pure, a me sembra una proposta sensata e, citando nuovamente Shinobi, basta attuarla in maniera corretta.
Veramente non ho usato la parola "razza" (ma nemmeno "straniero" o " immigrato") neanche una volta.....comunque il senso del mio discorso era che la discriminante dovrebbe essere "bambini che hanno difficoltà - bambini che non hanno difficoltà", non "bambini stranieri - bambini italiani"..... ci sono dei bambini che hanno difficolta con la nostra lingua perchè provenienti da un contesto familiare in cui quella lingua non è parlata spesso,questo è vero....ma la soluzione quale sarebbe?Ricreare anche a scuola un contesto uguale a quello della famiglia ( cioè quello che,a monte,crea il disagio)?Non sarebbe meglio organizzare dei gruppi di potenziamento in cui tutti i bambini con difficoltà siano messi in condizione di superarle,e lasciare che il bambino straniero si integri in un normalissimo contesto scolastico?Tra l'altro,a quell'età,il fatto di trovarsi in un contesto in cui l'italiano è l'unica lingua usata può aiutare molto l'apprendimento del bambino.
l fatto è, piaccia o no, che grazie alla presunzione d'innocenza si è criminali solo se si viene condannati in via definitiva; quindi, la domanda è semplicemente una: ci sono le condanne a fondamento del dire che è un criminale?
Come ha già detto Ser Arthur,nel caso di Previti si.....quindi a questo punto non so davvero come verrà giustificata la sentenza.....mah.....
Intanto Berlusconi:"Sono certo che la storia dirà che George W. Bush è stato un grandissimo presidente nella storia degli Stati Uniti d'America!"........ ;) :o :unsure:
Non facciamo sembrare la proposta quello che non è. Un bambino che da quando nasce sente parlare italiano e comincia a parlare italiano arriva alle elementari che magari non conosce la grammatica e sbaglia i congiuntivi..però sostanzialmente l'Italiano lo sa. Se un bambino invece ha i genitori che gli parlano in un'altra lingua e magari è in Italia solo da poco tempo o che altro l'italiano non lo sa. C'è un'amica di mia mamma che fa la maestra elementare (e per dirla a chiare lettere ha votato PD e odia la Lega) che ci combatte ogni giorno..ed è lei stessa ad ammettere che con dei bambini che non sanno l'italiano lezione non si riesce a fare..non solo di italiano ma di qualunque materia e quindi tutti gli altri "subiscono" e l'apprendimento viene notevolmente rallentato. Ora se volete continuare a vederla come la selezione della razza fate pure, a me sembra una proposta sensata e, citando nuovamente Shinobi, basta attuarla in maniera corretta.
Riprendo quello che ho detto nella pagina prima:
in queste classi speciali perché non mettiamo anche quei bambini italiani che vivono in aree arretrate e che sanno parlare solo il dialetto, perché in casa solo quello parlano (l'analfabetizzazione è incrementata recentemente)?
Anche loro rallentano gli altri bambini che sanno l'italiano in modo sufficiente, o no?
si faccia allora un test linguistico a tutti i bambini italiani e non che devono andare in prima elementare.
Altro discorso è per un ragazzo di 13-14 che arriva dall'estero: ha un età per cui la lingua la impara velocemente, ma + faticosamente di un bimbo di 6. In questi casi le classi di potenziamento della lingua per un anno mi sembra una buona cosa.
Perde un anno di scuola a fare potenziamento di italiano contro magari i 2-3 che può perdere venendo bocciato a ripetizione nelle classe normali.
Ripeto, se la legge la si vuol fare la si faccia, ma la si faccia con criteri precisi e con senso di responsabilità, non così tanto per fare...
Pecorella. Secondo me l'hanno proposto non per piazzarlo alla Consulta ma come merce di scambio sulla Vigilanza RAI. L'opposizione vuole Orlando e la maggioranza no perchè è dell'IdV. A questo punto il centrodestra propone un nome impresentabile alla Consulta per far sì che Di Pietro ritiri Orlando. A un certo punto Di Pietro dovrà abbandonare Orlando se non vuole vedere Pecorella alla Consulta. E finirà così.
Bambini in classi separate. Dubbioso. Non mi sembra il massimo.
Travaglio. Non credo sarà condannato in appello. Non vedo comunque la rilevanza della questione. Essere condannati per diffamazione non significa non essere puliti.
Aggiungo un'altro argomento. Sarkozy ha negato l'estradizione della brigatista Marina Petrella per motivi umanitari. Personalmente ritengo questo un'atto a dir poco offensivo. Berlusconi, se ha le palle, dovrebbe andare dal suo amico a fare casino. Ma si sa con George, Nicolas e Vladimir non c'è mai motivo di attrito.... ;)
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
"Berlusconi sta attuando il mio Piano di Rinascita Democratica alla perfezione... mi dovrebbero almeno dare il copyright! " (Licio Gelli)
Questo è emblematico.
Sull'ultima proposta in ambito scolastico così, perlomeno, sappiamo di cosa si sta parlando (scusate ho dovuto usare necessariamente il copia/incolla):
La Camera,
premesso che:
il crescente fenomeno dell'immigrazione ha modificato sensibilmente il modello organizzativo del sistema scolastico italiano;
l'elevata presenza di alunni stranieri nelle singole classi scolastiche della scuola dell'obbligo determina difficoltà oggettive d'insegnamento per i docenti e di apprendimento per gli studenti;
il diverso grado di alfabetizzazione linguistica si rivela, quindi, un ostacolo per gli studenti stranieri che devono affrontare lo studio e gli insegnamenti previsti nei programmi scolastici, e per gli alunni italiani che assistono a una «penalizzante riduzione dell'offerta didattica» a causa dei rallentamenti degli insegnamenti dovuti alle specifiche esigenze di apprendimento degli studenti stranieri;
tale situazione è ancora più evidente nelle classi che vedono la presenza di studenti provenienti da diversi Paesi, le cui specifiche esigenze personali sono anche caratterizzate dalle diversità culturali del Paese di origine, tanto da indurre gli insegnanti ad essere più tolleranti e meno rigorosi in merito alle valutazioni volte a stabilire i livelli di competenza acquisiti dagli alunni stranieri e italiani sulle singole discipline;
dai dati forniti dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca la crescita di alunni stranieri, registrata nell'anno scolastico 2007-2008, è pari a 574.133 unità, con un incidenza del 6,4 per cento rispetto alla popolazione scolastica complessiva;
tale situazione è determinata dalla crescita degli alunni stranieri nel triennio 2003-2005 intensificatasi anche per effetto dei provvedimenti di regolarizzazione (legge n. 189 del 2002 e legge n. 222 del 2002);
rispetto alle nazionalità si confermano ai primi posti i gruppi di studenti provenienti dai Paesi dell'Est europeo, in particolare la Romania che, nell'arco di due anni, è passata dal 12,4 per cento (52.821 alunni), al 16,15 per cento (92.734 alunni), superando la numerosità degli alunni provenienti dall'Albania (85.195 pari al 14,84 per cento), e dal Marocco (76.217 presenze, pari al 13,28 per cento);
la disomogenea distribuzione territoriale di alunni con cittadinanza non italiana, molto concentrata al Centro-Nord e scarsa al Sud e nelle Isole, interessa circa 37.000 punti di erogazione del servizio scolastico, rispetto ai 57.000 presenti in ambito nazionale. È evidente il divario esistente tra i primi e i secondi, determinato dalla necessità per i primi di adeguare gli aspetti organizzativi e didattici all'attività di integrazione degli alunni stranieri;
la più elevata consistenza di alunni stranieri si trova nella scuola primaria e secondaria di I grado (il 7,7 per cento frequenta la primaria, il 7,3 per cento la secondaria di I grado, il 6,7 per cento le scuole dell'infanzia). Gli istituti di istruzione secondaria di II grado, pur non raggiungendo complessivamente i valori delle presenze registrate nella scuola primaria e secondaria di I grado, registrano l'8,7 per cento del totale degli studenti. Tra questi ultimi la maggior parte è concentrata nei professionali, dove rappresentano l'8,7 per cento del totale degli studenti, mentre nei tecnici raggiungono il 4,8 per cento e nei licei sono appena l'1,4 per cento;
l'osservazione a livello territoriale evidenzia che l'incidenza degli alunni con cittadinanza non italiana è particolarmente significativa in Emilia-Romagna,Umbria, Lombardia e Veneto dove essi rappresentano più del 10 per cento della popolazione scolastica regionale;
la presenza di studenti stranieri nel Centro-Nord è quindi superiore alla media italiana fino a raggiungere i 12 studenti stranieri ogni 100 in Emilia-Romagna, mentre nel Mezzogiorno l'incidenza percentuale varia tra l'1,3 e il 2,3 per cento ad eccezione dell'Abruzzo con il 5 per cento;
di grande attualità risultano i dati sulla presenza di alunni nomadi, essi raggiungono le 12.342 unità e pertanto rappresentano il 2,1 per cento degli alunni stranieri. Più della metà degli alunni nomadi frequenta la scuola primaria;
relativamente al rapporto tra la frequenza delle scuole statali e non statali e le loro suddivisioni tra i diversi gradi della scuola, si registra la presenza del 90,3 per cento di alunni stranieri in scuole statali, mentre il restante 9,7 per cento risulta iscritto in istituzioni scolastiche non statali;
i Paesi di provenienza degli alunni stranieri, sui 194 censiti dall'Istituto nazionale di statistica, sono ben 191. Nelle scuole della provincia di Bergamo, ad esempio, i dati del 2005 registravano la rappresentanza di 118 cittadinanze, a Perugia 109, a Pesaro 90, a Siena 80, a Latina 78;
l'osservazione sull'esito scolastico degli alunni italiani a confronto con quello degli alunni stranieri rivela che nelle scuole dove sono presenti alunni con cittadinanza non italiana si riscontra una maggiore selezione nei loro riguardi che finisce per incidere sui livelli generali di promozione: il divario dei tassi di promozione degli allievi stranieri e di quelli italiani è -3,36 per cento nella scuola primaria, -7,06 per cento nella secondaria di I grado, -12,56 per cento nella secondaria di II grado, in cui più di un alunno straniero su quattro non consegue la promozione;
la presenza di minori stranieri nella scuola si inserisce come fenomeno dinamico in una situazione in forte trasformazione a livello sociale, culturale, di organizzazione scolastica: globalizzazione, europeizzazione e allargamento dell'Unione europea, processi di trasformazione nelle competenze territoriali (decentramento, autonomia ed altro), trasformazione dei linguaggi e dei media della comunicazione, trasformazione dei saperi e delle connessioni tra i saperi, processi di riforma della scuola;
il fenomeno migratorio sta assumendo caratteri di stabilizzazione sia per le caratteristiche dei progetti migratori delle famiglie, sia per la quota crescente di minori di origine immigrata che nascono in Italia o comunque frequentano l'intero percorso scolastico;
la Convenzione internazionale dei diritti dell'infanzia sancisce che tutti devono poter contare su pari opportunità in materia di accesso alla scuola, nonché di riuscita scolastica e di orientamento;
la scuola italiana deve quindi essere in grado di supportare una politica di «discriminazione transitoria positiva», a favore dei minori immigrati, avente come obiettivo la riduzione dei rischi di esclusione;
la maggior parte dei Paesi europei ha costruito luoghi d'apprendimento separati per i bambini immigrati, allo scopo di attuare un percorso breve o medio di alfabetizzazione culturale e linguistica del Paese accogliente. La presenza di bambini stranieri, ma anche nomadi o figli di genitori con lo status di rifugiati politici, implica l'aggiunta di finanziamenti e di docenti, e l'organizzazione di classi di recupero successive o contemporanee all'orario normale, di classi bilingue, oppure con la presenza di assistenti assunti a tal fine;
in Grecia, ad esempio, le scuole con un gran numero di alunni stranieri, figli di genitori nomadi o di greci rimpatriati, organizzano delle classi propedeutiche o delle sezioni preparatorie per l'insegnamento del greco, ma anche della linguad'origine, per facilitare l'integrazione di questi bambini nel sistema educativo. Queste classi e sezioni usano materiale didattico specifico e possono essere seguite da insegnanti ordinari che effettuano delle ore supplementari, insegnanti di sostegno temporanei o da insegnanti con qualifiche specifiche a orario ridotto. Il rapporto ufficiale alunni/insegnanti da rispettare è di 9-17 alunni per insegnante nelle classi propedeutiche e di 3-8 alunni per insegnante nelle sezioni preparatorie. L'assegnazione delle risorse dipende dalla presenza di un numero di alunni sufficiente per poter organizzare una classe o sezione;
le gerarchie istituzionali del precedente Governo di centro-sinistra hanno rigettato la proposta della Lega Nord, sulla necessità di istituire dette «classi propedeutiche», considerandole addirittura «luoghi di segregazione culturale», o «mere strategie di integrazione degli alunni immigrati», ritenendole «soluzioni compensatorie di carattere speciale», avvolte in schemi stereotipi e folkloristici;
la pedagogia interculturale del centro-sinistra, attraverso l'affermazione dell'«universalismo», ha lasciato l'iniziativa alle singole scuole e agli enti locali che, pur avendo agito in maniera equilibrata, non possono attuare strategie per il superamento dei problemi derivanti dall'accoglienza e dalla formazione degli studenti stranieri. Le normative sull'immigrazione del 1998 e del 2002 (Testo unico di cui al decreto legislativo n. 286 del 1998 e legge n. 189 del 2002) contengono indicazioni utili sulla funzione e sull'uso dei cosiddetti «spazi dotati di strumenti appositamente dedicati», demandando alle scuole e agli enti locali l'iniziativa e la gestione di tali spazi e strumenti mirati all'istituzione di percorsi specifici di alfabetizzazione linguistica di durata variabile;
i dati forniti dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca evidenziano come il problema dei ripetenti e della dispersione scolastica incida soprattutto sui ragazzi stranieri. Secondo tali dati, il numero degli studenti stranieri ripetenti è del 4 per cento nella scuola primaria, dell'8 per cento nella scuola secondaria di primo grado e arriva al 14 per cento nella scuola secondaria di secondo grado. In riferimento a quest'ultimo ciclo di istruzione si rilevano, inoltre, incongruenze tra la classe frequentata e l'età, incongruenze che riguardano circa il 75 per cento degli studenti stranieri;
la dimensione della scuola, la quantità di stranieri rispetto alla popolazione scolastica e la quantità di cittadinanze concorrono al successo o all'insuccesso scolastico di tutti gli studenti;
dai dati ministeriali si rileva che per i diversi ordini di scuola gli alunni stranieri sembrano ottenere maggiori risultati quando sono ridotti di numero;
la densità della presenza di alunni con cittadinanza non italiana in piccole scuole sembra non favorire livelli elevati di esiti positivi. Tale fattore si determina maggiormente nelle scuole secondarie di secondo grado dove il decremento degli esiti in rapporto alla maggiore consistenza di alunni stranieri è ancora più accentuato: negli istituti di piccole dimensioni con gruppi minimi di studenti non italiani, il tasso di promozione degli alunni stranieri scende dal 93,29 per cento (da 1 a 5) fino al 78,64 per cento (da 11 a 30) se vi sono consistenti gruppi di alunni stranieri. Negli istituti di medie dimensioni (da 101 a 300 alunni complessivi) si passa dal 91,79 per cento al 78,46 per cento; negli istituti maggiormente dimensionati si passa dall'89,87 per cento all'80,26 per cento; ciò vuol dire che il tasso di promozione di alunni stranieri nelle scuole primarie e secondarie di I grado è inversamente proporzionale alla dimensione della loro presenza nella scuola;
l'elemento della presenza di molte diverse cittadinanze nelle scuole, pur non coincidendo necessariamente con esiti negativi finali degli alunni stranieri, rappre senta un fattore condizionante del complesso sistema educativo e formativo che influenza l'intera classe;
le sopraccitate analisi sugli esiti scolastici sono importanti poiché consentono di comprendere determinate categorie di alunni per i quali l'obiettivo, oltre a quello degli apprendimenti, è anche quello dell'integrazione del sistema scolastico e del sistema sociale;
questa tipologia di alunni con cittadinanza non italiana consegue determinati esiti scolastici, in rapporto al livello di conoscenza della lingua italiana, alla dimensione temporale di scolarizzazione nel nostro Paese, alle misure di accompagnamento per la loro integrazione all'interno e all'esterno dell'ambito scolastico;
tali misure risultano infatti determinate sia dal numero degli studenti stranieri, sia dalle diverse nazionalità presenti nella stessa classe o scuola e dalle conseguenti differenti situazioni culturali e sociali che generano molteplici esigenze cui dare risposta,
impegna il Governo:
a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, favorendo il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione;
a istituire classi di inserimento che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti;
a non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine di un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole e a prevedere, altresì, una distribuzione degli stessi proporzionata al numero complessivo degli alunni per classe, per favorirne la piena integrazione e scongiurare il rischio della formazione di classi di soli alunni stranieri;
a favorire, all'interno delle predette classi di inserimento, l'attuazione di percorsi monodisciplinari e interdisciplinari, attraverso l'elaborazione di un curricolo formativo essenziale, che tenga conto di progetti interculturali, nonché dell'educazione alla legalità e alla cittadinanza:
a) comprensione dei diritti e doveri (rispetto per gli altri, tolleranza, lealtà, rispetto della legge del paese accogliente);
b) sostegno alla vita democratica;
c) interdipendenza mondiale;
d) rispetto di tradizioni territoriali e regionali del Paese accogliente, senza etnocentrismi;
e) rispetto per la diversità morale e cultura religiosa del Paese accogliente;
a prevedere l'eventuale maggiore fabbisogno di personale docente da assegnare a tali classi, inserendolo nel prossimo programma triennale delle assunzioni di personale docente disciplinato dal decreto-legge n. 97 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 143 del 2004, alla cui copertura finanziaria si provvede mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria».
Bè gli scopi non sono da biasimare, come mi era sembrato da alcune feroci critiche da parte dell'opposizione.
NO,infatti......gli scopi non sono da biasimare....è il modo in ci si vorrebbe raggiungere tali scopi che mi lascia perplesso e mi fa pensare che:
1)Chi ha scritto quella roba è molto stupido o molto impreparato
2)Chi ha scritto quella roba è per un integrazione solo "di facciata"
Infatti ci sono dei punti che non capisco:
a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, favorendo il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione;
Perchè?In teoria io non posso sapere a priori la preparazione degli iscritti nel mio istituto e quindi fare dei test;ma perchè partire dal presupposto che la preparazione di un ragazzo straniero sia maggiormente "da accertare" rispetto a quella di un alunno italiano?E che senso ha fare dei test per valutare la preparazione di un alunno,per dire,di 8 anni (come quel "di ogni ordine e grado" lascia supporre)?
a istituire classi di inserimento che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti;
Questo passaggio,collegato a quello precedente, non ha senso:io posso capire che un tale misura venga presa,per dire,in età adolescienziale (dalle medie/superiori in su,o anche fuori dalla scuola),quando si può affermare con maggiore sicurezza che il legame troppo forte con la cultura di appartenenza rappresenta un ostacolo all'apprendimento della nostra cultura.....ma pensare di determinare una cosa del genere in un bambino appena arrivato alle elementari è semplicemente ridicolo.
a favorire, all'interno delle predette classi di inserimento, l'attuazione di percorsi monodisciplinari e interdisciplinari, attraverso l'elaborazione di un curricolo formativo essenziale, che tenga conto di progetti interculturali, nonché dell'educazione alla legalità e alla cittadinanza:a) comprensione dei diritti e doveri (rispetto per gli altri, tolleranza, lealtà, rispetto della legge del paese accogliente);
b) sostegno alla vita democratica;
c) interdipendenza mondiale;
d) rispetto di tradizioni territoriali e regionali del Paese accogliente, senza etnocentrismi;
e) rispetto per la diversità morale e cultura religiosa del Paese accogliente;
Ancora.....perchè questi valori dovrebbero essere trasmessi solo agli alunni stranieri?Perchè non allestire dei corsi di educazione civica per tutti,al pomeriggio,in cui approfondire concetti come "interdipendenza mondiale" e "comprensione dei diritti e dei doveri"?Magari la comprensione della legalità ce l'ha più il figlio dell'immigrato cinese che non un ragazzo della zona di Casal di Principe o di Scampia.E perchè un paese che si fregia di avere in parlamento gente come Previti,Dell'Utri e Cirino Pomicino pretende la legalità dagli immigrati?
Un altra cosa......in tutto l'articolo riportato da lord Lupo ricorre spesso la parola "integrazione",tuttavia nessuna delle proposte in esso inserite fa cenno all'atteggiamento del paese ospitante.Ci si riferisce sempre e solo agli atteggiamenti degli immigrati,alle regole per gli stranieri.
Mi avrebbe fatto molto piacere trovare un passaggio del tipo:"Le classi dovranno altresì incentivare l'integrazione avviando dei progetti volti alla conoscenza della cultura degli alunni stranieri in esse presenti"......ma forse,trattandosi di un disegno di legge di marca leghista,sto pretendendo troppo..... ;) :o :unsure:
NO,infatti......gli scopi non sono da biasimare....è il modo in ci si vorrebbe raggiungere tali scopi che mi lascia perplesso e mi fa pensare che:
il problema non sono le cose, ma l'uso che se ne fa ;) lo scopo è più che nobile, ma ormai anche i sassi dovrebbero aver capito che l'integrazione passa innanzitutto dalle scuole. La cultura si impara perlopiù in età infantile, crescendo insieme - e annullando a quel punto la paura per la diversità.
Che senso hanno classi separati, quando possono essere fatti benissimo corsi di recupero per l'italiano? Il fatto che le difficoltà di pochi influiscano sull'apprendimento colletivo - che è sacrosanto - è assolutamente indifferente dal problema stranieri, come ha già spiegato l'esempio del dialetto. L'italiano è solo una materia tra le tante insegnate - ovviamente è propedeutica, anche se i problemi sono più per i ragazzi che per i bambini. Non c'è bisogno della classe separata quando bastano corsi di recupero per chiunque abbia problemi con la lingua. O forse quella della lingua è solamente una scusa? Dalla lega ormai mi aspetto di tutto.
ps: non l'ha votato neppure la Mussolini, perchè lo ritiene razzista (e d'altronde, se la discriminante non è il problema linguistico ma il fatto di essere straniero, come darle torto?). Cioè, voglio dire: la nipote di Mussolini lo ritiene troppo razzista. Una decina di secondi di riflessione 'sta cosa la merita. :o
Siamo finiti sull'editoriale di Nature, rivista che non mi risulta brilli per sovieticità.
Cut-throat savings
In an attempt to boost its struggling economy, Italy's government is focusing on easy, but unwise, targets.
It is a dark and angry time for scientists in Italy, faced as they are with a government acting out its own peculiar cost-cutting philosophy. Last week, tens of thousands of researchers took to the streets to register their opposition to a proposed bill designed to control civil-service spending (see page 840). If passed, as expected, the bill would dispose of nearly 2,000 temporary research staff, who are the backbone of the country's grossly understaffed research institutions — and about half of whom had already been selected for permanent jobs.
Even as the scientists were marching, Silvio Berlusconi's centre-right government, which took office in May, decreed that the budgets of both universities and research could be used as funds to shore up Italy's banks and credit institutes. This is not the first time that Berlusconi has targeted universities. In August, he signed a decree that cut university budgets by 10% and allowed only one in five of any vacant academic positions to be filled. It also allowed universities to convert into private foundations to bring in additional income. Given the current climate, university rectors believe that the latter step will be used to justify further budget cuts, and that it will eventually compel them to drop courses that have little commercial value, such as the classics, or even basic sciences. As that bombshell hit at the beginning of the summer holidays, the implications have only just been fully recognized — too late, as the decree is now being transformed into law.
Meanwhile, the government's minister for education, universities and research, Mariastella Gelmini, has remained silent on all issues related to her ministry except secondary schools, and has allowed major and destructive governmental decisions to be carried through without raising objection. She has refused to meet with scientists and academics to hear their concerns, or explain to them the policies that seem to require their sacrifice. And she has failed to delegate an undersecretary to handle these issues in her place.
Scientific organizations affected by the civil-service bill have instead been received by the bill's designer, Renato Brunetta, minister of public administration and innovation. Brunetta maintains that little can be done to stop or change the bill — even though it is still being discussed in committees, and has yet to be voted on by both chambers. In a newspaper interview, Brunetta also likened researchers to capitani di ventura, or Renaissance mercenary adventurers, saying that to give them permanent jobs would be "a little like killing them". This misrepresents an issue that researchers have explained to him — that any country's scientific base requires a healthy ratio of permanent to temporary staff, with the latter (such as postdocs) circulating between solid, well equipped, permanent research labs. In Italy, scientists tried to tell Brunetta, this ratio has become very unhealthy.
The Berlusconi government may feel that draconian budget measures are necessary, but its attacks on Italy's research base are unwise and short-sighted. The government has treated research as just another expense to be cut, when in fact it is better seen as an investment in building a twenty-first-century knowledge economy. Indeed, Italy has already embraced this concept by signing up to the European Union's 2000 Lisbon agenda, in which member states pledged to raise their research and development (R&D) budgets to 3% of their gross domestic product. Italy, a G8 country, has one of the lowest R&D expenditures in that group — at barely 1.1%, less than half that of comparable countries such as France and Germany.
The government needs to consider more than short-term gains brought about through a system of decrees made easy by compliant ministers. If it wants to prepare a realistic future for Italy, as it should, it should not idly reference the distant past, but understand how research works in Europe in the present.
Riporto qui una tradzione trovata in rete <---- non predetevela con me se non è fedele. :lol:
Tagli spietati
Nel tentativo di accelerare la sua arrancante economia, il governo italiano si concentra su obiettivi facili, ma sconsiderati. È un periodo buio e arrabbiato per i ricercatori in Italia, esposti ad un governo che mette in atto la sua strana filosofia per il taglio dei costi. La settimana scorsa, decine di migliaia di ricercatori sono scesi in strada per manifestare la loro opposizione ad una proposta di legge volta a frenare la spesa pubblica. Se passa, come previsto, la legge provocherebbe il licenziamento di quasi 2000 ricercatori precari, che costituiscono l’ossatura degli istituti di ricerca italiani perennemente a corto di personale - e metà di essi sono già stati selezionati per posizioni a tempo indeterminato.
Proprio durante la manifestazione dei ricercatori, il governo di centro-destra di Silvio Berlusconi, che è tornato al governo lo scorso maggio, ha deciso che i fondi di università e ricerca potrebbero essere usati per aiutare le banche e gli istituti di credito italiani. Questa non è la prima volta che Berlusconi ha bersagliato le università. Ad agosto ha firmato un decreto che tagliava i fondi universitari del 10% e ha permesso di coprire solo una posiziona accademica vuota su cinque. Ha anche permesso alle università di trasformarsi in fondazioni private per ottenere introiti aggiuntivi. Dato il clima attuale, i rettori universitari ritengono che l’ultimo passo sarà usato per giustificare ulteriori tagli ai fondi e che alla fine li costringerà a cancellare i corsi che non hanno grande valore commerciale, come gli studi classici o addirittura le scienze di base. La notizia è arrivata all’inizio delle vacanze estive, ma le conseguenze sono state comprese pienamente solo ora - troppo tardi, visto che il decreto sta per essere trasformato in legge.
Nel frattempo, il Ministro per l’educazione, l’università e la ricerca, Mariastella Gelmini, non si è espressa in merito a tutte le questioni relative al suo ministero tranne quella sulle scuole secondarie e ha permesso che decisioni governative consistenti e distruttive fossero eseguite senza fare alcuna obiezione. Ha rifiutato di incontrare i ricercatori e gli accademici per ascoltare le loro preoccupazioni o per spiegare loro le direttive che sembrano richiedere il loro sacrificio. Inoltre non ha neppure delegato un sottosegretario che si occupi di tali questioni al suo posto.
Le organizzazioni scientifiche colpite dalla legge sono tuttavia state ricevute dall’ideatore della legge, Renato Brunetta, Ministro della pubblica amministrazione e innovazione. Brunetta ritiene che si possa fare ben poco per fermare o modificare la legge, anche se è ancora in discussione nei vari comitati e deve ancora essere votata in entrambe le camere. In un’intervista ad un quotidiano, Brunetta ha paragonato i ricercatori ai “capitani di ventura” [sic N.d.T.], mercenari avventurieri del rinascimento, dicendo che dar loro un lavoro permanente equivarrebbe quasi ad ucciderli. Ciò mistifica un problema che i ricercatori gli avevano spiegato: che la ricerca di base di un paese richiede un adeguato rapporto tra il personale permanente e quello precario, con i ricercatori precari (per lo più post-dottorati) che si spostano tra laboratori di ricerca permanenti, stabili e ben equipaggiati. In Italia, come hanno tentato di spiegare a Brunetta, questo rapporto è tutt’altro che adeguato.
Il governo Berlusconi può anche ritenere che siano necessarie delle misure finanziare severe, ma i suoi attacchi alla ricerca di base italiana sono avventati e poco lungimiranti. Il governo ha trattato la ricerca semplicemente come un’altra spesa da tagliare, quando invece dovrebbe essere considerata un investimento per costruire l’economia del sapere del ventunesimo secolo. In effetti l’Italia ha già sposato questo concetto aderendo alla Strategia di Lisbona 2000 dell’Unione Europea, in cui gli stati membri hanno promesso di aumentare i fondi di ricerca e sviluppo (R&D) fino al 3% del loro prodotto interno lordo. L’Italia, un paese del G8, ha una delle spese in R&D più basse del gruppo, essendo appena dell’1.1%, meno della metà di quanto spendono nazioni comparabili come la Francia e la Germania.
Il governo non deve considerare solo i guadagni a breve termine attuati attraverso un sistema di decreti facilitato da ministri compiacenti. Se vuole preparare un futuro realistico per l’italia, come dovrebbe, il governo non dovrebbe riferirsi pigramente al passato, ma capire come funziona la ricerca in Europa oggi.