A mio modesto parere, la teoria del "meno peggio" è una delle cause che ha condotto la politica italiana al pietoso stato attuale...
Infatti, all'atto pratico, l'elettore italiano non ha mai utilizzato l'astensionismo e, quindi, ben poco sappiamo sulle eventuali conseguenze a tutti i livelli a cominciare dalle segreterie dei partiti...
Se uno, astenendosi, potesse fare in modo che il seggio in Parlamento restasse vuoto per la legislatura, allora la scelta di astenersi avrebbe un significato politico.Tuttavia, astenersi non cambia nulla. Il seggio verrà attribuito lo stesso anche se votasse una sola persona.
Astenersi incide invece profondamente su chi verrà eletto. A rigor di logica, quindi, l'astensione equivale ad un voto dato a chi non si aveva inizialmente intenzione di votare.
Beric,sai meglio di me che con l'attuale legge elettorale il voto è totalmente svilito del suo scopo di rappresentanza:6-7 persone hanno deciso la composizione dell'attuale parlamento.....il nostro voto è servito solo a vidimare tali decisioni.
Per questo,personalmente,scelgo momentaneamente l'astensionismo......proprio perchè la mia idea è che il punto non è il peggio e il meno peggio,ma di smetterla di chiedere agli elettori di legittimare col proprio (sacro,lo ribadisco) voto un sistema marcio fino all'osso.
Lo dissi già tempo fà:
è il solito discorso del "meno peggio" che non mi va giu per niente.......l’italiano sceglie il dentista meno peggio, legge il giornale meno peggio, ascolta la trasmissione televisiva meno peggio, lavora per la società meno peggio, vota per il partito meno peggio, si fa operare nell’ospedale meno peggio, mangia nel ristorante meno peggio, guida per la strada meno peggio, telefona con la compagnia meno peggio, respira l’aria meno peggio, abita nell’appartamento meno peggio, usa il notaio meno peggio, si fa seppellire dalle pompe funebri meno peggio nella tomba meno peggio.Non è affatto un attacco personale,sia chiaro,ma 15 anni di questa mentalita ci hanno portato :l’indulto, l’inciucio, i condannati in Parlamento, gli inceneritori, la Campania-Chernobyl, Mastella ministro della Giustizia, un debito pubblico di 1630 miliardi di euro, la crescita economica più bassa d’Europa, il precariato, l’informazione imbavagliata, una legge elettorale incostituzionale, la Forleo e De Magistris trattati come dei criminali,le leggi "ad personam",ecc...
E dovrei votare Berlusconi (o chi per esso) perchè non ci sono altre alternative?Perchè?Perché si deve scegliere tra il peggio e il meno peggio? Perché questo ricatto? Io non voglio una vita meno peggio. La pretendo normale, anzi la voglio bella, ottima, eccellente. Forse non ci riuscirò, ma devo, ho l’obbligo, di provarci.
Se uno, astenendosi, potesse fare in modo che il seggio in Parlamento restasse vuoto per la legislatura, allora la scelta di astenersi avrebbe un significato politico.Tuttavia, astenersi non cambia nulla. Il seggio verrà attribuito lo stesso anche se votasse una sola persona.
Astenersi incide invece profondamente su chi verrà eletto. A rigor di logica, quindi, l'astensione equivale ad un voto dato a chi non si aveva inizialmente intenzione di votare.
Beric,sai meglio di me che con l'attuale legge elettorale il voto è totalmente svilito del suo scopo di rappresentanza:6-7 persone hanno deciso la composizione dell'attuale parlamento.....il nostro voto è servito solo a vidimare tali decisioni.
Il voto è svilito nella scelta della persona, non in quella del partito. Ma approfitto dell'argomento per rilanciare: nel momento in cui le persone che hanno voluto questa legge elettorale avessero, per dire, il 60% dei voti, non si sentirebbero legittimate a fare molto di più in tal senso? Non si sentirebbero "ah, ma noi il nostro elettorato non lo abbiamo perso, quindi vuol dire che quello che facciamo è giusto"? Non prenderebbero l'avversione per la parte avversa come una implicita legittimazione dei loro atti?
Ecco, per me la responsabilità di un simile avvenimento, nel bene e nel male, è equamente spartita tra chi ha votato quelle persone e chi non ha votato i loro avversari. Quindi Joramun, mi rivolgo a te perché è te che sto quotando, tutti i tuoi mala tempora nei post su questo topic, sono esattamente quello che anche tu hai voluto. O che vuoi ora, se prima non avevi scelto l'astensionismo.
Ripeto: a me pare che per la cura del proprio mal di pancia morale si sacrifichi la scelta ragionata di ciò che si ritiene meglio per il Paese. Discorso diverso se si considerano le parti in causa del tutto equivalenti, ma, come leggo, non mi pare questo il caso.
Non mi risultano casi in cui l'astensionismo ha prodotto rinnovamenti della classe politica, almeno non in Italia, né in uno Stato con caratteristiche paragonabili.
Perchè l'Italia è un Paese con un tasso di partecipazione elettorale altissimo e non c'è mai stata una vera diserzione di massa dalle urne. Ma se guardo all'estero vedo che le vittorie di Blair, Obama o Zapatero vengono da lunghi periodi di opposizione. Invece da noi la riconquista del potere è stata sempre possibile nel breve periodo.
Ergo, scegliere di punire il meno peggio con l'astensione equivale a votare esplicitamente per chi è peggio.
Non è proprio così comunque è indubbio che un certo favore all'avversario lo si da. Ma è proprio quello che serve in questo caso.
Se poi il piacere morale di vendicarvi di coloro da cui aspettavate rappresentanza è superiore al vostro stesso senso di desiderio del bene del Paese, è sempre e comunque una scelta legittima.
No, no non c'è alcun piacere morale, è proprio un voto studiato. Facendo una metafora: preferisco sprofondare nella m@@@a del tutto per qualche anno e poi tornare a nuotare nell'acqua, piuttosto che galleggiare nella m@@@a per sempre. Questa è la mia speranza e credo che l'unica arma possibile sia l'astensione. Astensione alle europee comunque, non alle politiche. Lì potrei anche riconsiderare il tutto. Non credo che il PD fallirà, quindi mi sento di prendere il rischio alle Europee.
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
Ecco, per me la responsabilità di un simile avvenimento, nel bene e nel male, è equamente spartita tra chi ha votato quelle persone e chi non ha votato i loro avversari. Quindi Joramun, mi rivolgo a te perché è te che sto quotando, tutti i tuoi mala tempora nei post su questo topic, sono esattamente quello che anche tu hai voluto. O che vuoi ora, se prima non avevi scelto l'astensionismo.
Ripeto: a me pare che per la cura del proprio mal di pancia morale si sacrifichi la scelta ragionata di ciò che si ritiene meglio per il Paese. Discorso diverso se si considerano le parti in causa del tutto equivalenti, ma, come leggo, non mi pare questo il caso.
Mi sarò espresso male.........ad ogni modo il caso è proprio quello:io non ritengo in alcun modo la classe politica di centro sinistra migliore di quella di centro destra(difatti nel quote di prima se ci fai caso ho messo brutture di cui ritengo responsabile sia l'una che l'altra parte).
Tendenzialmente io valuto poco sulla base delle logiche dei partiti,o della stabilità governativa:non votare PD per far si che all'interno del partito avvenga un rinnovamento è una cosa che mi interessa poco;a me interessano le idee e i progetti,ho la mia idea di come andrebbero fatte le cose e di come andrebbero risolti determinati problemi.Nel momento in cui tale linea di pensiero si identifichera con quella di un partito allora lo voterò,senza sentirmi (nel frattempo) responsabile dell'ascesa al potere di chicchessia,visto che non ne condivido le idee,nè i progetti,nè i modi di fare.
Davvero,non capisco perchè ti inalberi tanto (sperò non sia a causa di qualcosa che ho detto....nel qual caso me ne scuso.... ^_^ )......è tanto sbagliato pretendere di votare un partito solo quando se ne condividono le idee? ;)
Perchè l'Italia è un Paese con un tasso di partecipazione elettorale altissimo e non c'è mai stata una vera diserzione di massa dalle urne. Ma se guardo all'estero vedo che le vittorie di Blair, Obama o Zapatero vengono da lunghi periodi di opposizione. Invece da noi la riconquista del potere è stata sempre possibile nel breve periodo.
Sempre, o negli ultimi 15 anni? ;)
Ma anche dove ci sono percentuali più basse di affluenza alle urne rispetto all'Italia, ti risulta che l'astensionismo sia stato usato come arma verso un particolare partito? :figo:
Non è proprio così comunque è indubbio che un certo favore all'avversario lo si da. Ma è proprio quello che serve in questo caso.
No, no non c'è alcun piacere morale, è proprio un voto studiato. Facendo una metafora: preferisco sprofondare nella m@@@a del tutto per qualche anno e poi tornare a nuotare nell'acqua, piuttosto che galleggiare nella m@@@a per sempre. Questa è la mia speranza e credo che l'unica arma possibile sia l'astensione. Astensione alle europee comunque, non alle politiche. Lì potrei anche riconsiderare il tutto. Non credo che il PD fallirà, quindi mi sento di prendere il rischio alle Europee.
Ripeto: se l'obiettivo è un miglioramento generalizzato della classe politica, non sarebbe più sensato punire il peggio, invece del meno peggio? Altrimenti, come detto, il peggio si considera ulteriormente legittimato a perseguire nella sua strada... E c'è il rischio che il meno peggio vada ad inseguire il peggio.
Invece, punendo il peggio, il peggio dovrà inseguire e superare il meno peggio in una strada che porta al miglioramento, no?
Davvero,non capisco perchè ti inalberi tanto (sperò non sia a causa di qualcosa che ho detto....nel qual caso me ne scuso.... ^_^ )......è tanto sbagliato pretendere di votare un partito solo quando se ne condividono le idee? :huh:
Ma no che non mi inalbero, e ti chiedo scusa se ho dato l'impressione di esserlo. ;)
Semplicemente, prima del tuo ultimo post non avevo colto che per te destra e sinistra fossero allo stesso livello. Come ho ribadito più volte, se per qualcuno non c'è differenza tra gli schieramenti l'astensionismo è imho una decisione più che legittima.
Mi sono rivolto con quelle parole a te perché ritenevo fossi tra coloro che ritenevano il centrosinistra dalla parte del meno peggio, e sentire critiche verso il governo in carica da parte di qualcuno che ha contribuito alla sua elezione solo perché "scelgo di sostenere indirettamente il peggio perché voglio punire il meno peggio di non essere abbastanza" mi pareva una mezza presa in giro.
Chiedo ancora perdono per aver così grossolanamente frainteso la tua posizione. ^_^
Se il gelataio di destra fa un gelato di m***a la soluzione non mi pare tanto ovvia......semmai un pò masochistica.
La scelta logica sarebbe di andare dal gelataio che fa il gelato migliore,indipendentemente dalla strada da fare.
Ma nell'analogia i gelati sono identici, la m***a è misurata dalla distanza che ti tocca fare per poterli ottenere. I bagnanti di destra vogliono un gelato venduto a destra, e i bagnanti di sinistra vogliono un gelato venduto a sinistra, tutto qui.
Naturalmente, se preferisci, l'analogia può anche essere fatta con due gelatai che vendono due gelati diversi: uno al cioccolato, e l'altro alla fragola... fammi pensare... Quello che fa il gelato al cioccolato, per acquistare compratori che preferiscono quello alla fragola, ci mette un po' di fragola nel suo cioccolato... e quello che fa il gelato alla fragola, ci mette un po' di cioccolato per acquistare compratori che preferiscono il cioccolato... uhm...
Ops. Ha ragione Beric. Ora me ne rendo conto. ;)
Però adesso mi chiedo: in quale modo possiamo cambiare questo schifosissimo PD? ^_^
Però adesso mi chiedo: in quale modo possiamo cambiare questo schifosissimo PD? wacko.gif
Ecco, grazie: stavo leggendo i vostri messaggi e pensando alle tante cose che avrei voluto rispondere, e questa tua domanda mi offre l'occasione per tirare in ballo un argomento che riguarda ovviamente la crisi del PD, ma che soprattutto coinvolge il sistema politico, che credo sia una questione ben più importante della sorte di uno o dell'altro partito.
Di fondo, un partito politico non è altro che un'associazione. E in teoria, un'associazione si regge sull'accordo degli associati, che dibattono della linea da adottare (si tratti della linea politica o della linea di produzione o dell'organizzazione di eventi umanitari etc.) e poi decidono, secondo le regole che l'associazione stessa si è data. Poi ci sono associazioni molto piccole e pacifiche dove il dibattito congressuale è nullo perché dominano - inevitabilmente - i pochi che hanno voglia di darsi da fare, ma nelle associazioni grandi funziona più o meno così.
La domanda è: fino a che punto (e soprattutto perché) nei partiti politici non funziona esattamente così?
Tutti a sinistra dicono che Forza Italia è un partito padronale, ma a livello locale la sua linea è decisa tramite i congressi, che sono, appunto, delle assemblee degli associati.
Il Partito Democratico si è dato uno statuto, che, piaccia o non piaccia, di regole democratiche ne disegna abbastanza. Inoltre, si è caricato pure del fardello delle primarie, che nella versione italiana sono una cosa abbastanza innaturale per un sistema partitico: di fatto, significa attribuire parte della scelta della linea politica a persone diverse dagli associati.
Tutte queste considerazioni mi hanno sempre fatto pensare che in un sistema di partiti i paragoni con gelatai o comunque con imprese commerciali abbiano poco senso. Idealmente (e idealisticamente, me ne rendo conto) ho sempre pensato che in una società politica matura, con la presenza dei partiti, tutti fossero chiamati a contribuire all'evoluzione politica del paese partecipando, appunto, alla vita stessa dei partiti - e cercando di pesare ai congressi, in modo da cambiare la loro linea politica, se non piace.
Dico di più: credo che un tempo (diciamo il tempo dei nostri nonni) le cose stessero più o meno così: non c'era bisogno di primarie, perché la democrazia interna ed in parte il ricambio dei partiti era garantito dalla presenza di una marea di iscritti. Oggi c'è qualcosa di questo discorso che vale ancora, secondo voi?
Tornando un attimo al PD e al gelataio, e collegandolo alla differenza tra società politica e società civile, faccio un paio di esempi concreti, presi anche da ciò che vedo nel mio territorio.
Da un lato, infatti, il risultato umiliante (anche se nessuno lo dice a voce alta) del PD alle ultime politiche è stato attribuito da larga parte della classe dirigente del partito ad un eccessivo buonismo in tema di immigrazione e sicurezza. Benissimo, non so se sia vero o no. Fatto sta che quella sconfitta (motivata in larga misura proprio dall'astensionismo) su questo tema ha spostato il PD verso destra, non certo verso sinistra, nella convizione che ormai nella società certe idee fossero talmente diffuse da non essere più battibili.
D'altra parte, parte della crisi del PD è legata anche al fatto di aver passato mesi e mesi e mesi a dibattere di sé, di fatto cotrapponendo, al suo interno, chi voleva un partito "aperto" (primarie, liste civiche, doppia appartenenza) a chi lo voleva "chiuso" (classe dirigente di DS e Margherita, tesseramento, rinnovamento come cooptazione).
In tutto questo, per i primi il partito oggi è addiritturra asfissiante nelle sue dinamiche interne; per i secondi è decisamente troppo aperto, togliendo tramite le primarie il bastone di comando a chi ha esperienza e quindi sa come fare per recuperare. Da me la classe dirigente, e direi anche la base degli iscritti, per quel poco che vedo, paiono assestati in maggioranza sulla seconda linea.
Secondo me, questi temi sono lontani mille miglia dagli interessi della maggior parte degli elettori, i quali solo per sfinimento potrebbero scegliere la prima via. Ed ecco che, magicamente, ci troviamo in questa condizione: se il PD vince, la classe dirigente attribuirà a sé il merito della vittoria; se perde, ne attribuirà il demerito all'eccessiva apertura. E quindi che fare?
Il Partito Democratico si è dato uno statuto, che, piaccia o non piaccia, di regole democratiche ne disegna abbastanza. Inoltre, si è caricato pure del fardello delle primarie, che nella versione italiana sono una cosa abbastanza innaturale per un sistema partitico: di fatto, significa attribuire parte della scelta della linea politica a persone diverse dagli associati.
Mah......insomma.....direi che le primarie nei fatti abbiano invece rispettato ben poco il concetto originale di elezione primaria.I candidati sono stati abbastanza calati dall'alto,e le loro differenze programmatiche erano minime.E dove si è cercato di attuare delle primarie effettive,queste sono state bloccate dal partito,se non sbaglio a Firenze.Controllerò..... ^_^
Il Partito Democratico si è dato uno statuto, che, piaccia o non piaccia, di regole democratiche ne disegna abbastanza. Inoltre, si è caricato pure del fardello delle primarie, che nella versione italiana sono una cosa abbastanza innaturale per un sistema partitico: di fatto, significa attribuire parte della scelta della linea politica a persone diverse dagli associati.Mah......insomma.....direi che le primarie nei fatti abbiano invece rispettato ben poco il concetto originale di elezione primaria.I candidati sono stati abbastanza calati dall'alto,e le loro differenze programmatiche erano minime.E dove si è cercato di attuare delle primarie effettive,queste sono state bloccate dal partito,se non sbaglio a Firenze.Controllerò..... ^_^
A Firenze ha vinto un'outsider, altro che primarie bloccate. Renzi è finito pure sul Time: Link
No a livello locale le primarie funzionano bene, sono quelle generali che sono un po' finte (anche se ce n'è stata solo una finora).
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
Il Partito Democratico si è dato uno statuto, che, piaccia o non piaccia, di regole democratiche ne disegna abbastanza. Inoltre, si è caricato pure del fardello delle primarie, che nella versione italiana sono una cosa abbastanza innaturale per un sistema partitico: di fatto, significa attribuire parte della scelta della linea politica a persone diverse dagli associati.Mah......insomma.....direi che le primarie nei fatti abbiano invece rispettato ben poco il concetto originale di elezione primaria.I candidati sono stati abbastanza calati dall'alto,e le loro differenze programmatiche erano minime.E dove si è cercato di attuare delle primarie effettive,queste sono state bloccate dal partito,se non sbaglio a Firenze.Controllerò..... ;)
A Firenze ha vinto un'outsider, altro che primarie bloccate. Renzi è finito pure sul Time: Link
No a livello locale le primarie funzionano bene, sono quelle generali che sono un po' finte (anche se ce n'è stata solo una finora).
Si è vero, all'inizio non era stato nemmeno ammesso alle primarie, a dispetto delle firme presentate regolarmente, ma non era proprio un outsider. Renzi è il presidente della provincia di Firenze, quindi si sapeva che i voti li aveva. Solo che è sempre stato molto critico nei riguardi del percorso fatto dai politici italiani alle cariche più importanti, basato un pò troppo sull'anzianità. Perciò i vertici avevano stabilito che questo non era il suo "turno" per concorrere come sindaco di Firenze e lo avevano messo da parte. Ma lui sgomitando, sgomitando è riuscito a dimostrare che le primarie non premiano i "baroni" calati dall'alto, quando ci sono alternative migliori. Che i vertici, Cioni in testa, abbiano fiutato quello che stava per sucedere? Sul sito delle invasioni barbariche è disponibile una sua intervista di quel periodo. Sono contento. ;)
A mio modesto parere, la teoria del "meno peggio" è una delle cause che ha condotto la politica italiana al pietoso stato attuale...
Infatti, all'atto pratico, l'elettore italiano non ha mai utilizzato l'astensionismo
Concordo con te, siamo troppo abituati a "turarci il naso" e se ai tempi della contrapposizione con il blocco sovietico la cosa poteva anche avere un senso oggi secondo me non ne ha più alcuno e le segreterie dei partiti ci giocano spudoratamente al "tanto meno peggio - tanto meglio".
Scajola oggi su Repubblica:link
"Il mix ottimale di generazione verso il quale dobbiamo tendere è composto dal 50% di fonti fossili (gas, petrolio e carbone pulito), 25% di fonti rinnovabili e 25% di nucleare".........ma come può una persona che ha una simile visione del futuro essere il nostro ministro dello Sviluppo Economico?
;) ;) :(
Credo che Koorlick abbia posto problemi di rilevanza fondamentale, come lui stesso dice, non solo relativamente al PD, ma in generale sulla politica e sul rapporto tra società e politica.
Di fondo, un partito politico non è altro che un'associazione. E in teoria, un'associazione si regge sull'accordo degli associati, che dibattono della linea da adottare (si tratti della linea politica o della linea di produzione o dell'organizzazione di eventi umanitari etc.) e poi decidono, secondo le regole che l'associazione stessa si è data. Poi ci sono associazioni molto piccole e pacifiche dove il dibattito congressuale è nullo perché dominano - inevitabilmente - i pochi che hanno voglia di darsi da fare, ma nelle associazioni grandi funziona più o meno così.
La domanda è: fino a che punto (e soprattutto perché) nei partiti politici non funziona esattamente così?
Temo che, come in molte altre cose, ci sia stata una sovraesposizione della forma rispetto al contenuto.
Oggi un partito non è più, come giustamente riporti e come dovrebbe teoricamente essere, un insieme di persone che condividono una visione politica. Invece è sostanzialmente un marchio, né più né meno che una marca di biscotti.
Riflettevo sulla canzone/recitazione di Giorgio Gaber "Qualcuno era comunista", e pensavo che, indipendentemente dal riscontro che possono avere su ciascuno di noi le motivazioni che Gaber dava all'essere comunisti, ciò che veramente dava il senso di appartenenza erano le idee, le opinioni, non il simbolo.
La gente la pensava in determinate maniere, quindi apparteneva ad un partito.
Oggi avviene un po' il contrario. Un politico decide la sua appartenenza in base a dove tira il vento (Dini, Mastella), per ragioni personali (Guzzanti), per dare una base ritenuta autorevole alle proprie posizioni.
Analogamente, i partiti oggi fanno a gara a tirar dentro chi si pensa possa portare loro un vantaggio (Veltroni convinto di alzare i voti tirando dentro i radicali, Berlusconi con l'editore Ciarrapico, ancora Veltroni con Calearo) o tenere lontani come untori chi si pensa possa danneggiarli (di nuovo Mastella). E questo indipendentemente dalle idee.
Il partito si è trasformato in un prodotto di marketing: io voto per questo perché c'è la tal persona o perché non c'è la tal'altra; io mi iscrivo a questo partito perché è una cassa di risonanza migliore; e così via.
In questo modo il dibattito che dovrebbe vertere sulle reali necessità del Paese diventa unicamente incentrato sulla sopravvivenza, o sul miglioramento, del partito stesso.
Tutte queste considerazioni mi hanno sempre fatto pensare che in un sistema di partiti i paragoni con gelatai o comunque con imprese commerciali abbiano poco senso. Idealmente (e idealisticamente, me ne rendo conto) ho sempre pensato che in una società politica matura, con la presenza dei partiti, tutti fossero chiamati a contribuire all'evoluzione politica del paese partecipando, appunto, alla vita stessa dei partiti - e cercando di pesare ai congressi, in modo da cambiare la loro linea politica, se non piace.
Dico di più: credo che un tempo (diciamo il tempo dei nostri nonni) le cose stessero più o meno così: non c'era bisogno di primarie, perché la democrazia interna ed in parte il ricambio dei partiti era garantito dalla presenza di una marea di iscritti. Oggi c'è qualcosa di questo discorso che vale ancora, secondo voi?
Secondo me hai centrato in pieno problema e soluzione.
Il ritirarsi dalla vita politica in attesa del Messia di turno secondo me è un controsenso. La vita, in società, è politica. La stessa dicotomia tra società e politica della mia prima frase di questo post non dovrebbe nemmeno esistere: società e politica dovrebbero essere, idealmente, la stessa cosa.
Da un certo punto di vista fa quasi strano pensare che nel paese dei 56 milioni di allenatori e 56 milioni di politici ci sia un così scarso contributo della società alla politica. Come se lo sdegno si fermasse sempre un attimo prima del "mi rimbocco le maniche e tento di fare il mio per raddrizzare le cose". Certo, è indubbio che vedere il marciume del nostro sistema politico sia in qualche modo scoraggiante, ma da qualche parte si deve pur cominciare. E secondo me questa è la parte giusta.
D'altra parte, parte della crisi del PD è legata anche al fatto di aver passato mesi e mesi e mesi a dibattere di sé, di fatto cotrapponendo, al suo interno, chi voleva un partito "aperto" (primarie, liste civiche, doppia appartenenza) a chi lo voleva "chiuso" (classe dirigente di DS e Margherita, tesseramento, rinnovamento come cooptazione).
In tutto questo, per i primi il partito oggi è addiritturra asfissiante nelle sue dinamiche interne; per i secondi è decisamente troppo aperto, togliendo tramite le primarie il bastone di comando a chi ha esperienza e quindi sa come fare per recuperare. Da me la classe dirigente, e direi anche la base degli iscritti, per quel poco che vedo, paiono assestati in maggioranza sulla seconda linea.
Secondo me, questi temi sono lontani mille miglia dagli interessi della maggior parte degli elettori, i quali solo per sfinimento potrebbero scegliere la prima via. Ed ecco che, magicamente, ci troviamo in questa condizione: se il PD vince, la classe dirigente attribuirà a sé il merito della vittoria; se perde, ne attribuirà il demerito all'eccessiva apertura. E quindi che fare?
Ahimé, qui non sarei proprio cosa pensare, salvo citare un aneddoto del simpaticissimo Ottone, apparso diverse settimane fa sul Venerdì, riferito al mondo universitario, ma applicabile senza problemi alla politica.
Pensiamo, diceva Ottone, ad una stanza universitaria, dove sono raccolte le più grandi ed eccelse menti dell'ateneo. Costoro sono depositari di una conoscenza immensa, tramandata di generazione in generazione, sono, grazie a ciò, ai posti supremi dell'Università. Vicino a loro ci sono gli apprendisti, le leve del domani, scelte dalle brillanti menti di cui sopra in virtù delle loro capacità, ritenute degne di essere i prosecutori di una nobile tradizione. Questa immagine fa venire in mente antichi atenei, sale dense di Storia a Oxford, Cambridge, o nella stessa Bologna di tanto tempo fa. E non è di per sé un'immagine sgradevole.
Pensiamo, prosegue Ottone, ad un'aula universitaria piena di studenti che si sfidano in una leale competizione per accedere al posto di ricercatore. Rapidamente e inflessibilmente i meno adatti vengono scartati, fino a che la selezione determina il vincitore. Questa immagine fa venire in mente i moderni atenei americani, il MIT, Harvard. E non è una brutta immagine.
Ecco, sia le baronie sia la meritocrazia hanno i loro aspetti positivi. Dipende tutto dal barone e da chi fa il concorso. Se il barone è onesto, è oggettivamente nella posizione migliore per cooptare la persona più adatta a succedergli. Se chi fa il concorso è onesto, è oggettivamente nella posizione migliore per scegliere il vincitore della competizione.
In Italia abbiamo preso il peggio di ogni parte. I nostri concorsi sono fatti apposta perché non vinca il migliore, perché chi fa il concorso ha interesse che ciò sia così. Il barone non sceglie la persona più adatta, ma quella più raccomandata, perché ha interessi in tal senso.
Ecco, considerando le baronie come un partito chiuso e i concorsi come un partito aperto, direi che il discorso di Ottone rende bene la situazione politica italiana... E quindi, che fare? Che fare se una classe dirigente coopta secondo i propri interessi e/o pilota le competizioni leali a risultati non proprio leali? Renzi a Firenze (e mi dispiace da morire che verrà sconfitto pure lui) ha dimostrato che l'impegno personale può fare breccia nel sistema. Lo trovo tremendamente incoraggiante.
E mi fa piacere il modo in cui Franceschini ha rinnovato la segreteria del PD.
Da Chiamparino a Errani, da Martina (se non lo affossano questo arriverà lontano) alla Meloni, senza scordare gli altri 4, mi paiono tutti nomi scelti per le loro qualità più che per l'altisonanza del loro nome o della loro carica. Gli unici "pezzi grossi" sono Errani e il Chiampa, ma direi che si meritano ampiamente il posto.
Il problema è veramente serio e delicato e - sinceramente - fatico a trovare una via di uscita perchè la stessa iniziativa personale può determinare situazioni paradossali (Berlusconi) se non adeguatamente controllate dall'interno, cioè dai partiti e/o coalizioni.
Va purtroppo registrata una profonda "crisi umana"; mancano cioè uomini carismatici e responsabili capaci di aggregare intorno a loro persone unite dallo scopo principe della politica, cioè quello di governare il proprio Paese per migliorarlo. Si tende, ormai, a migliorare ed "aggiustare" solo i propri interessi personali e ciò ha creato una degenerazione etica in quanto l'esempio universitario di Beric si ripropone - mutatis mutandis - in tutti i settori della società, abituando il cittadino (elettore) stesso a ragionare in termini di opportunismo e convenienza. Inutile dire che questo andazzo sta degenerando sempre più, con conseguenze davvero paradossali. Guardatevi un attimo intorno: non abbiamo ormai neanche più un apparato che (preso nel suo complesso, ovviamente) funzioni: sanità, scuola, università, giustizia, tutti settori inefficienti per colpa non solo della politica ma degli stessi soggetti che operano nei rispettivi settori: dirigenti sanitari, scolastici, rettori, magistrati, ecc.
Per cambiare, quindi, credo che sia indispensabile una presa di coscienza generale che il sistema italiano ha fallito non per incompetenza bensì per mancanza di etica, professionalità, onestà e responsabilità a tutti i livelli, in primis nella politica che dovrebbe gestire e coordinare tutti gli aspetti di una società civile, tracciando la strada giusta e dando l'esempio.
Si tratta, quindi, di uscire da questo circolo vizioso creatosi tra politici e propri elettori, ma come fare non saprei anche se penso che la classe politica attuale non possa (voglia) risolvere il problema...