Ho terminato ieri la lettura de I giorni del potere di Colleen McCullough, l'autrice di Uccelli di Rovo.
E' il primo di una serie di libri dedicati al periodo fine repubblicano dell'antica Roma.
Che meraviglioso libro. Lo porto ancora nel cuore....e sul comodino, in coda, ho pure il suo seguito, I giorni della Gloria!! " />" />
Un paio di giorni fa ho terminato la lettura di "Son Goku lo scimmiotto di pietra", di Shigeo Matsueda. Pubblicato dalla Kappa Edizioni, con traduzione a cura di Rebecca Suter, il libro è l'adattamento del famoso "Viaggio a Occidente" (uno dei quattro classici della letteratura cinese) di Wu Cheng'en, vicegovernatore della provincia di Changxing nel periodo Ming vissuto tra 1500 e 1582.
Il romanzo, che ha ispirato opere come il Dragon Ball di Akira Toriyama, Saiyuki di Kazuya Minekura e Starzinger di Leiji Matsumoto, narra del lungo viaggio verso occidente del monaco Sanzo, accompagnato dai suoi tre riluttanti discepoli, cioè il maiale trasformista Cho Hakkai, lo spirito acquatico Sa Gojo e, soprattutto, lo scimmiotto Son Goku. Nato sulla cima di una montagna sacra da un uovo di pietra, Son Goku cresce dotato di grande forza, astuzia, velocità e con uno spirito indomabile. Impadronitosi di potentissime tecniche di combattimento e col suo fedele Bastone d'Acciaio, Son Goku sfiderà lo stesso Imperatore Celeste e finirà per questo costretto ad accompagnare Sanzo nel suo lunghissimo viaggio verso Occidente alla ricerca delle Scritture della Legge.
Il romanzo è un susseguirsi di combattimenti, incontri con mostri, divinità e saggi, tiri mancini e perle di saggezza. Dopo un po', la successione di eventi sempre uguali e lo stile fiabesco finiscono per stancare il lettore moderno, poco avvezzo a quella che a tutti gli effetti è una lunghissima leggenda. Ottima l'ambientazione, un Oriente magico come mai mi era capitato di leggere.
Nel complesso, un'opera meritevole d'attenzione solo per quelli che, come me, hanno visto le opere derivate sopracitate e desiderano conoscerne l'origine.
Stamattina ho terminato la lettura di "La figlia del drago di ferro", di Michael Swanwick. Il romanzo è il primo di due ambientati nello stesso universo narrativo, contenuti entrambi in "I draghi del ferro e del fuoco", ovvero l'Urania Millemondi n° 54 del febbraio 2011. Sapendo che Urania ha ancora il brutto vizio di tagliare i romanzi per farli rientrare nel suo numero di pagine, mi sono documentato prima di comprare il volume e, saputo che non c'erano stati tagli rispetto alla versione originale, l'ho comprato fiduciosamente.
In un mondo simile al nostro dove elfi, fate, troll e altre creature simili sono realtà quotidiana, la piccola Jane suda e fatica in una fabbrica dove si costruiscono draghi, possenti macchine volanti da guerra destinate alle guerre dei Signori, dominatori indiscussi di questa realtà. Jane è una changeling, una figlia del Mondo Superiore rapita e portata in questo, ed il suo destino sarebbe di rimanere per sempre una reietta della società. Tuttavia, un giorno, tra gli scarti della fabbrica, Jane incontra la carcassa di Melanchthon, un drago destinato alla rottamazione. I due stringono un patto e Jane, grazie all'aiuto del drago, sfugge alla fabbrica, iniziando una nuova vita nel mondo. Questo è però molto più duro del previsto e il patto di Jane col drago scatenerà eventi imprevisti...
Mischiando abilmente elementi del fantasy e della fantascienza, Swanwick crea un romanzo che non si può definire se non come "fantastico", livello primigenio rispetto a quelli più "bassi" di fantasy e scifi. L'ambientazione è decisamente godibile, creata con una fantasia e una cura per i particolari da vero maestro. L'atmosfera è cupa e selvaggia allo stesso tempo, perfettamente adeguata ad una storia dove tradimenti, sesso, guerra e vita di ogni giorno si intrecciano in un legame inestricabile. I personaggi sono ottimamente costruiti e resi, grazie anche ad uno stile impeccabile e a un linguaggio che sa passare abilmente dal metafisico al volgare in un batter d'occhio. Unico punto negativo, il finale, leggermente inadeguato alle premesse del romanzo, sia a livello stilistico che tematico.
Considerato nel suo complesso, il romanzo è tuttavia molto buono e consigliato a chiunque sia stufo di opere troppo schematicamente divise per generi e voglia tuffarsi in qualcosa di nuovo e, soprattutto, scritto bene.
Ho appena terminato la lettura di "I draghi di Babele", di Michael Swanwick, secondo romanzo contenuto nel volume "I draghi del ferro e del fuoco" (Urania Millemondi n° 54, febbraio 2011).
In un mondo dove la magia convive fianco a fianco con la tecnologia, il giovane Will incontra un drago precipitato nei pressi del suo villaggio. La possente creatura, costruita con la più avanzata fusione di tecnologia e magia, lo sceglie come suo rappresentante per dominare sul povero villaggio di Will, ma questa è solo la prima delle avventure che, da quel momento in poi, capitano a Will. Avventure che lo porteranno fino alla potente e caotica Babilonia, ipertrofica metropoli dove miseria e ricchezza, amore e intrighi s'intrecciano inestricabilmente e dove Will scoprirà, passando da un problema all'altro, qual'è il suo destino.
La stessa riuscita miscela di magia e tecnologia usata da Swanwick nel precedente romanzo viene qui riproposta con ancora maggiore abbondanza di dettagli, soprattutto riferimenti al nostro mondo. Il mondo è ancora un posto cupo, pieno di pericoli e intrighi, ma il tono è diverso, perchè le picaresche avventure di Will sanno dare una speranza che nel primo romanzo era molto flebile. In questo è d'aiuto la straordinaria galleria di personaggi, forse non all'altezza di quelli del primo romanzo ma indubbiamente maggiore per quantità e per capacità di generare azione. Ben costruita la trama e decisamente migliore del precedente il finale. Unica pecca la troppa carne messa al fuoco: la straordinaria abbondanza di personaggi, ambienti e azioni sono una delizia per gli occhi, ma spesso appesantiscono la lettura e non sono di grande aiuto per l'economia del romanzo.
In definitiva, un romanzo di genere fantastico ricco di materiale e ben costruito, per chi non teme i generi ibridi e le storie che impiegano parecchio per arrivare al punto.
Ho terminato ieri la lettura de I giorni del potere di Colleen McCullough, l'autrice di Uccelli di Rovo.
E' il primo di una serie di libri dedicati al periodo fine repubblicano dell'antica Roma.
In questo primo libro vediamo l'ascesa al potere di Caio Mario che, secondo quanto gli viene predetto da un'indovina durante le guerre contro Giugurta, diventerà console per ben sette volte.
Il periodo di narrazione va dal 110 a.C al 100 a.C e vede Mario imparentarsi con la gens Iulia tramite il matrimonio con la figlia maggiore del senatore Giulio Cesare (il nonno del ben più famoso Giulio Cesare) e iniziare un'irresistibile ascesa che lo porterà al consolato nonostante l'astio del Senato, molto restio a vedere un homo novus accedere alle più alte cariche della repubblica. Tuttavia le doti di Mario sono indubbie, soprattutto in campo militare: risolve la guerra contro Giugurta in Africa (107) e scaccia la minaccia Germanica (102-101). Il suo intervento più importante è certamente la riforma dell'esercito che vide la formazione di truppe di nullatenenti che dunque andavano a rafforzare una macchina da guerra ormai allo stremo. Ovviamente tutto questo suscita le ire dei senatori, tra i quali spiccano Metello e Scauro, che mal tollerano la contaminazione dell'esercito da parte di persone che poi dovranno esser ricompensate con appezzamenti di terra.
Accanto alla figura di Mario, inoltre, inizia la sua ascesa il giovane Lucio Cornelio Silla, un patrizio che fino ai trent'anni conduce una vita molto libertina e depravata. Tuttavia, arrivato a un bivio della sua vita, il giovane viene notato dallo stesso Mario (del quale diventa cognato sposando la sorella di Giulia) che, intuendone le doti, lo prende come suo assistente, dando inizio a un rapporto di collaborazione destinato a durare per anni.
Il libro è ben strutturato: accanto ai protagonisti ruotano altre figure secondarie che presentano un quadro ben articolato della Roma fine repubblicana. Particolare importanza assumono le epistole tra Mario e Rufo (grande amico di Mario), tese a fare un sunto degli avvenimenti più importanti di Roma. Proprio la politica romana viene trattata in modo da non risultare troppo pesante e ampollosa: le risse, le battute, gli scontri, le corruzioni erano all'ordine del giorno e l'autrice non manca di strizzare l'occhio a questi avvenimenti. Le bande armate di Saturnino e Glaucia o gli scontri durante le elezioni di nuovi magistrati sono davvero punti molto piacevoli da leggere.
In conclusione: non vedo l'ora di procurarmi il secondo libro di questa bellissima saga.
Ci tengo a precisare che l'autrice non si concede molte licenze sugli avvenimenti storici che seguono il loro preciso corso (un grosso punto a suo favore).
Voto totale: 8/10
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Anche a me è piaciuto molto questo libro,e anche quelli successivi. Ne avevo anche parlato nel topic specifico: Link. Non mi dispiacerebbe approfondire l'argomento, se c'è chi li ha letti. ">
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
In questo momento sto leggendo Unika di E.J. Allibis
è un nuvo libro dicono sia bello!
Come ultimo libro letto la saga degli orchi di Stan Nicholls
Stamattina ho terminato la lettura di "Bushido l'anima del Giappone", di Inazo Nitobe, edito dai tipi della Luni Editrice. L'avevo già letto alcuni anni fa e l'ho ripreso in mano quasi per caso, ma è stata comunque una lettura soddisfacente.
Il libro, apparso in inglese per la prima volta nel lontanissimo 1899, venne scritto da Nitobe (educatore, interprete culturale e diplomatico) come risposta ad un suo amico, un eminente giurista belga che gli chiese come fosse possibile un'educazione morale dei Giapponesi dato che la religione non veniva insegnata nelle loro scuole. Di fronte ad una tale domanda, l'autore, dopo un iniziale smarrimento, non potè far altro che riconoscere che la salda roccia dei principi morali del popolo nipponico non era altro che il Bushido, che ogni bambino del suo tempo respirava come l'aria fin dal momento della nascita. Nel corso di questo piccolo e agile saggio, l'autore si dedica quindi ad analizzare il Bushido. Dopo l'introduzione dedicata al Bushido in quanto sistema etico, l'autore analizza brevemente la questione delle fonti, per passare poi alla corposa parte centrale, dedicata alle singole virtù del Bushido: onore, cortesia, benevolenza e altre ancora. Si passa quindi ad analizzare l'educazione dei samurai, la condizione e l'educazione della donna e, capitolo importantissimo, la spada, cioè la vera anima del samurai. La parte finale è dedicata all'influenza esercitata ancora ai suoi tempi (parliamo dei primi del '900) dal Bushido e alcune predizioni sul suo destino.
Il saggio è scritto con uno stile semplice e scorrevole, ricco di esempi concreti e soprattutto di parallelismi con la situazione occidentale, sia in riferimento al passato che al presente (dell'autore, è chiaro). Inazo Nitobe si convertì giovanissimo al Cristianesimo, ma non trova contraddizioni tra esso e lo spirito del Bushido, ravvisando nei due sistemi un fondo comune che testimonia come il cuore degli uomini sia uguale dovunque essi nascano. Molto interessanti le sue predizioni sul destino del Bushido, con una poetica considerazione finale che mi ha toccato l'anima.
In definitiva, un libro che consiglio a chiunque sia interessato a quello splendido paese che è il Giappone e a chiunque s'interessi di arti marziali (due categorie che a volte coincidono), ma soprattutto a chi sia desideroso di scoprire come un fiore millenario possa ancora, a distanza di secoli, sedurre l'animo umano.
Terminata la lettura di Sorellanza Stregonesca di Terry Pratchett.
Nel mondo Disco, nelle montagne Ramtop, dove la magia è più forte che in qualsiasi altra parte, vi è il piccolo regno di Lancre. Durante la stessa notte in cui il re scopre di essere morto e di esser diventato un fantasma, tre streghe si ritrovano improvvisamente per le mani un neonato di stirpe reale a cui trovare una sistemazione.
Queste tre streghe sono Nonnina Weatherwax, solitaria, acida e vecchio stampo; Nonna Ogg, capostipite di una trentina tra figli, nipoti e pronipoti, e la giovane Magrat, carica di ottimismo e di voglia di novità nel modo di essere streghe.
Sono loro le tre protagoniste di questo ennesimo libro del mitico Pratchett. Malgrado le streghe siano tradizionalmente al di sopra delle parti, si trovano davanti ad un nuovo sovrano che non è come si deve. Un sovrano quando brucia il villaggio lo fa con una certa educazione, così come uccidere la gente. Il nuovo invece pare non avere nessuno di questi requisiti e, soprattutto, non accetta la presenza delle streghe che, al contrario, sono tradizionalmente accettate e temute.
E dunque con una serie di riti, evocazioni e incantesimi improbabili, le tre si occupano di far tornare sul trono di Lancre un legittimo sovrano...a modo loro.
Come sempre Pratchett non delude mai. Queste streghe sono davvero meravigliose.
Voto: 7,5/10
Ho appena terminato di leggere Drood di Dan Simmons, gia conosciuto per i Canti di Hyperion,ed uscito nel 2009.
L'intero romanzo gira attorno alla nascita dell'ultimo libro di Charles Dickend, "Il mistero di Edwin Drood", romanzo che rimarrà inconpiuto a causa della morte dello scrittore nel 1870.
La narrazione incomincia il 9 giugno del 1865, giorno in cui Dickens scampa (fatto realmente accaduto) per un soffio ad un incidente ferroviario in cui perdono la vita molte persone. Qui lo scrittore fa la conoscenza di un sinistro ed inquietante personaggio che si aggira tra i cadaveri delle vittime del disastro; questo incontro gli cambierà per sempre la vita. Il tutto viene narrato dal punto di vista del collega scrittore, nonchè amico-nemico-collaboratore-concorrente Wilkie Collins, il quale viene coinvolto in una serie di indagini nell’underworld di Londra, attraverso sotterranei oscuri abitati da colonie umane di derelitti e delinquenti, fumerie d’oppio clandestine, pratiche di mesmerismo, rituali esoterici e antiche sette segrete.
Provato fisicamente e mentalmente ma allo stesso tempo avvinto in questo gioco mortale, Collins si dibatte tra la follia e la paura che tutto ciò faccia parte di un diabolico piano dell’inafferrabile Drood...
Il ritratto che l'autore fa di Dickens ne risulta inquietante e sinistro, Londra è sempre più tetra e gotica "una città senza speranza, senza spiragli nel baldacchino di piombo del suo cielo".
Voto 8/10, soprattutto per il gran colpo di scena, l'attenzione per i fatti storici e l'incredibile minuziosità con cui lo scrittore descrive la città e si inoltra negli aspetti della vita dei due auotori.
Terminata qualche giorno fa la lettura di 1984 di Orwell un libro che mi rammarico di non aver letto prima per quanto è bello e attuale.
La storia è ambientata in un ipotetico 1984 (considerando che la prima stesura è del 1946) nel quale il mondo è diviso in tre grandi superstati: Oceania (comprendente Australia, Nuova Zelanda, le Americhe, parte dell’Africa e l’Inghilterra), Estasia (Cina, Mongolia e Giappone) e Eurasia (resto d’Europa e Russia), in perenne guerra tra di loro.
Nella città di Londra, come nel resto dell’Oceania, la società è dominata dal Socing, con a capo il Grande Fratello (sì, hanno preso il nome proprio da questo libro, è agghiacciante) ossia un personaggio, mai visto di persona, che controllerebbe la vita di tutti i cittadini. La società è divisa in due categorie: i membri del partito e i Prolet, ossia la grande massa. Mentre i primi sono sotto stretta sorveglianza 24 ore su 24 grazie all’ausilio di teleschermi mai spenti in qualsiasi casa, ai secondi è concessa una certa libertà in quanto considerati alla stregua di animali e quindi massa non pensante che non necessita di particolare attenzione.
La vita non è facile in quanto i costi delle guerre fanno vivere la maggior parte delle persone in perenne razionamento di vari beni. Tuttavia questo non viene percepito dalla maggior parte della gente grazie al ministero della Verità (uno dei quattro ministeri che hanno sede proprio a Londra: gli altri sono il Ministero della Pace, quello dell’Amore e quello dell’Abbondanza) che giorno dopo giorno modifica le notizie e qualsiasi testimonianza in modo che risulti che il partito ha sempre avuto ragione e ha sempre fatto le cose per il meglio.
Proprio al ministero della Verità lavora il protagonista: Wiston. Wiston non è un eroe: è una persona qualunque. Non è bello, non è coraggioso, non è atletico, ma al contrario della maggior parte dei suoi compagni si pone delle domande sul perchè si faccia tutto questo. Non ritiene giusto il fatto di non avere un minimo di privacy, di non poter pensare nulla che non sia per il partito. Non capisce, insomma, perchè non può essere un individuo. Questo addirittura lo spinge ad iniziare un diario clandestino per cercare di capire come tutto è iniziato (in fondo il partito ha preso il potere verso gli anni 60, quando lui era un bambino e quindi qualche ricordo di una vita precedente ce l’ha). Ma è difficile: la storia è stata riscritta dal partito, come qualsiasi opera, musica o quanto altro. Il passato, oltre il partito non esiste, o nel caso è relegato a un generale Medio Evo del quale non è importante sapere nulla.
Non proseguo oltre per non spoilerare la trama a chi non l'ha ancora letto.
ulteriori considerazioni, per chi si vuole annoiare (XD), le ho postate nel mio blog (link in firma).
Concludendo posso dire che è un libro bellissimo che mi ha coinvolto tantissimo, nonostante fossi partita prevenuta dato che non è propriamente il mio genere.
Voto: 9/10 " />
Ho appena terminato di leggere "L'ultimo cavaliere", di Stephen King, primo volume di quella Saga della Torre Nera che mi ero ripromesso da tempo di leggere.
In un mondo simile al nostro ma oscuro e desolato, quasi uno specchio malsano del nostro, un uomo solitario, un pistolero, vaga nel deserto inseguendo l'Uomo in Nero, nella caccia del quale è impegnato da un tempo imprecisato. Il suo nome è Roland di Gilead ed è l'ultimo della sua gente. Attraverso paesaggi squallidi insegue l'uomo che da tempo è il suo bersaglio, il suo obbiettivo, la sua ragione d'essere. Nel suo viaggio incontrerà demoni crudeli e predicatrici folli, mutanti affamati e ragazzini bisognosi d'aiuto, ma anche i relitti tecnologici di un'era passata, un'era di grandezza che fa costantemente capolino qua e là in questo strano mondo legato a doppio filo al nostro. E sarà un viaggio lungo, perchè quello che Roland non sa è che la sua cerca dell'Uomo in Nero non è altro che il prologo di una ben più grande...
Primo romanzo della famosa saga di uno degli autori più conosciuti del pianeta, "L'ultimo cavaliere" si contraddistingue per un linguaggio fortemente evocativo, capace di trascinare il lettore nelle atmosfere infuocate e desolanti di un mondo in rovina, di fargli sentire il fischio delle pallottole che Roland dispensa con arte mortale, di rievocare i tempi felici in cui egli, giovane uomo, si affacciava alla vita e al suo destino di pistolero. L'uso dei flashback, perfettamente integrati nella narrazione, dona profondità all'ambientazione e al personaggio, senza appesantire la narrazione. Roland poi si rivela un personaggio eccezionale, con più di un debito nei confronti del suo omonimo letterario e dello Straniero magistralmente interpretato da Clint Eastwood. Un personaggio sfaccettato, implacabile e romantico, traditore e fedele fino alla morte, pistolero e viaggiatore. Se un difetto si vuole trovare a questo primo volume, esso risiede nel ritmo lento, quasi meditativo, ma è un piccolo sacrificio da fare per godere di questa storia.
In definitiva, il primo passo in questa saga che si preannuncia di qualità notevole, è un libro veramente bello, che consiglio a chiunque sia in cerca di un fantasy di qualità decisamente unico.
Ho appena terminato di leggere "L'ultimo cavaliere", di Stephen King, primo volume di quella Saga della Torre Nera che mi ero ripromesso da tempo di leggere.
Che bei ricordi " /> ...io ho in coda di lettura l'ultimo. A breve mi cimenterò!! " />
Ho sentito che King sta pubblicando un seguito dell'ultimo...chissà!!
Oggi ho terminato la lettura di "La chiamata dei tre", secondo volume del ciclo della Torre Nera di Stephen King.
Prosegue il viaggio di Roland, l'ultimo pistolero di un mondo che è "andato avanti", alla ricerca della misteriosa Torre Nera, mistico manufatto dove le dimensioni si incontrano. Stanco e ferito, Roland si trova sulla riva del Mare Occidentale, dopo un sonno durato forse ore, forse anni. Davanti a lui si prospetta una tappa fondamentale del suo cammino: trovare i membri del suo ka-tet, il gruppo col quale condividere il viaggio ed i pericoli nella ricerca della Torre Nera. Tre porte dimensionali si apriranno davanti a lui, tre ingressi nel nostro mondo dal quale prelevare tre predestinati, i cui nomi l'Uomo in Nero ha predetto nel loro ultimo incontro: il Prigioniero, la Signora delle Ombre, la Morte...
In questo secondo romanzo, King abbandona quei flashback e quei momenti di riflessione che avevano donato a "L'ultimo cavaliere" quella sua atmosfera visionaria e quasi surreale, per abbracciare pienamente una prosa altrettanto evocativa ma decisamente più concreta. Aumentano le scene d'azione e in esse King si rivela maestro, donando loro una concretezza cinematografica. Roland di Gilead acquista una nuova dimensione, nella sofferenza ma soprattutto nel confronto coi suoi nuovi compagni di viaggio: non più solamente l'implacabile cercatore della Torre Nera, ma anche l'amico, il maestro, il traditore. I nuovi personaggi poi sono costruiti con altrettanta cura del pistolero, così come il loro linguaggio, che ben prima di ogni altra descrizione o scena, contribuisce ad identificarli immediatamente. Il mondo di Roland viene ridotto ad una spiaggia apparentemente infinita costeggiata da colline e boschi, ma in compenso l'autore mette in campo uno dei tasselli (per quello che ho potuto valutare finora) fondamentali di questa saga: il rapporto tra i diversi mondi esistenti. Le scene in cui Roland varca le porte per entrare nel nostro mondo sono forse alcune delle migliori del libro.
In definitiva, con questo libro King prosegue nel suo epico lavoro con un romanzo sempre più ricco ma anche più concreto, per certi versi superiore al primo nel suo essere più facilmente accessibile.
Terminata ieri sera sul tardi la lettura di "Terre desolate", terzo volume del bellissimo ciclo della Torre Nera di Stephen King.
Roland, l'ultimo pistolero di un mondo apparentemente destinato a disfarsi, ha finalmente trovato e portato nel suo mondo Eddie (il Prigioniero) e Susannah (la Signora delle Ombre). Sotto la guida di Roland, il terzetto prosegue il suo viaggio verso la Torre Nera, punto focale del mondo di Roland ma anche degli altri universi, mentre Eddie e Susannah scoprono dentro loro stessi nuove ed insospettabili abilità. Il gruppo si fa sempre più unito nel suo viaggio attraverso un mondo dove relitti di antiche e potenti tecnologie convivono con spiriti e creature di altre dimensioni, diventando sempre più un ka-tet ("uno formato da molti"), un'unione di persone vincolate dal destino. C'è però un elemento mancante nel ka-tet ed è il piccolo Jake, che un paradosso temporale ha riportato di nuovo a New York e che deve assolutamente raggiungere Roland ed i suoi compagni, se non vuole che la sua anima e quella di Roland vengano lacerate dal paradosso. Come se non bastasse, una tappa mortale si staglia davanti al ka-tet, un luogo di prodigi tecnologici dove riposa un'antica e mortale creatura...
Con una prosa come al solito eccellente, King prosegue nella narrazione di un viaggio che assume contorni sempre più epici. Il mondo di Roland si fa via via più ricco e concreto, contrastando nettamente con la semplicità del volume precedente. Se a questo aggiungiamo il maggior numero di informazioni sul suo passato, capiamo come mai in questo volume Roland acquisti maggiore spessore, diventando una figura sempre più umana e potentemente caratterizzata. Eddie e Susannah attraversano una simile metamorfosi, distanziandosi progressivamente da quello che erano prima e diventando personaggi più complessi ed interessanti. Jake gode di un'attenzione e di una cura finora riservati solamente a Roland, anche se permangono personalmente dei dubbi nella riuscita caratterizzazione di quello che, pur con tutte le vicende strane subite, resta in fin dei conti un undicenne. Ben riuscito l'aumento di quell'atmosfera di inquietudine e paura tipica di King. Il legame tra i mondi e la Torre Nera si rivela un elemento sempre più importante e King rivela a piccole dosi gli indizi per capirlo, contribuendo non poco a legare il lettore alle pagine. Di sicuro effetto il finale del libro.
In definitiva, un romanzo che mantiene quanto promesso finora e che svolge bene il suo compito di avvinghiare sempre più il lettore a questa bellissima saga.
Ho finito da poco WILD CARDS - L'origine (AA. VV. - tra cui George RR Martin).
Wild Cards é un progetto strano, sicuramente diverso da tutto quello che ho letto finora.
In un 1946 alternativo, sopra il celo di New York, scoppia una bomba biologica contenente un virus alieno.
L'epidemia uccide una larga parte della popolazione, ma alcuni colpiti dalla malattia sopravvivono. Alcuni, hanno subito terribili mutazioni, altri invece hanno contratto superpoteri.
In questa realtá parallela riviviamo la storia degli Stati Uniti d'America, dal 1946 agli anni 80. Wild Cards - L'origine é composto da parecchi racconti che narrano le vicende dei supereroi (Aces) e delle persone menomate dal Virus (Jokers). Ogni storia é raccontata da un autore diverso, e ha uno stile diverso. Non c'é (almeno per quanto riguarda il primo libro) un filo conduttore che lega i racconti, ma succede che personaggi di racconti diversi si incontrino, creando un mondo ampio e credibile.
Essendo tanti autori e tanti stili, é inevitabile che alcuni racconti piacciano e altri meno. Io stesso, ho acclamato alcuni racconti (Powers, Transfigurations e Fili su tutti) e storto il naso ad altri. Il racconto di George Martin (Shell Games) invece l'ho trovato buono, ma non eccezzionale. Senza infamia e senza lode, insomma.
Certo che l'argomento delle mutazioni stesso ha aperto dei baratri oscuri nelle menti di alcuni scrittori, offrendo scenari talvolta agghiaccianti e disturbati (La lunga notte nera di Fortunato ne é un esempio), il libro é tuttaltro che facile da leggere, quindi non immaginatevi delle storielle leggere e insulse.
Mi sembra d'obbligo aggiungere che George Martin era, ed é tuttora il curatore di questa serie di libri e il suo zampino si nota, per la cura che viene dedicata ai dettagli che corredano i racconti (che sono interrotti spesso da intermezzi e integrati da "documenti storici o scentifici", tutti scritti da Martin).
Quello che é certo, é che Wild Cards - L'origine ti da l'idea di essere l'inizio di una saga inredibilmente vasta e io non vedo l'ora di inoltrarmici. ">