Babbo Natale mi ha portato ben cinque libri quest'anno e ieri sera, poco prima di andare al cenone, ho finito di leggere il primo.
"Il ghigno di Arlecchino", di Adriano Barone, edito dalla Asengard Edizioni nella loro collana Wyrd, è una storia new weird che mescola horror, fantasy e scifi per narrare la vicenda di Arlecchino, creatura dotata del potere unico di muoversi liberamente tra i Tracciati (le varie dimensioni dell'esistente) e persino di crearli. Unico punto fisso in un universo altamente mutevole, Arlecchino vive una vita di caos puro, dalla fuga dal laboratorio dove il Padre l'ha creato fino allo scontro con i Tracciatori (Apollo, Odin e altri, custodi e signori dei vari tracciati). Lo stile del romanzo riflette questo caos, con un linguaggio che più di una volta costringe a compiere veri e propri salti mortali per seguirlo.
Nel complesso, un'idea affascinante e un personaggio davvero interessante, ma lo stile con cui è stato scritto mi ha decisamente scoraggiato e infastidito, per non parlare di una certa tendenza a mettere il sesso così tanto per riempire la pagina. Lo consiglio esclusivamente a chi non ha paura di certa letteratura sperimentale e a chi ama la mescolanza totale di generi.
Poco fa ho terminato di leggere il secondo libro dei cinque ricevuti per Natale, cioè "La strada", di Cormac McCarthy, edito da Einaudi.
In uno scenario postapocalittico, dove le tracce del vecchio mondo giacciono sotto cenere, fango e rovina, un padre e un figlio camminano verso sud, verso un oceano dove forse troveranno qualcosa di meglio della rovina che li circonda ogni giorno da anni. Muovendosi in una terra battuta da bande di predoni disperati, popolata dai resti scheletrici di antiche città e coperta da una natura malata, i due hanno poco su cui contare: un carrello con le loro poche cose, un telo di plastica per ripararsi dalla pioggia e soprattutto il loro reciproco, fortissimo amore.
Ho letto questo libro con negli occhi ancora le immagini del film visto quest'estate (con uno strepitoso Viggo Mortensen e un bravissimo Kody Smith-McPhee), ma nonostante questo il libro ha saputo catturarmi in una maniera tutta sua, prova non solo della trama assolutamente eccezionale (a fronte di una semplicità disarmante) e dei personaggi memorabili, ma anche di uno stile asciutto come la terra attraversata da padre e figlio e puro come il loro legame. Qualcuno potrà trovare nel libro la storia di un mondo arrivato al suo crepuscolo, qualcun altro l'epica del viaggio attraverso terre senza nome, ma, così come detto a suo tempo da Viggo Mortensen, io ci ho ritrovato soprattutto la storia di un padre e di un figlio: un padre che cerca di preparare il figlio a quando dovrà cavarsela da solo e un figlio che cerca di imparare le lezioni del padre ma senza tradire la sua anima più pura di bambino.
In definitiva, un capolavoro assoluto della letteratura, che consiglio a chiunque.
Stamattina ho finito di leggere il terzo libro, dei cinque ricevuti a Natale.
"L'anno dei dodici inverni", di Tullio Avoledo, edito da Einaudi, è una bella storia d'amore ambientata a cavallo tra passato e futuro. Nel passato, un anziano giornalista fa visita ai coniugi Grandi, nell'inverno del 1982, per far loro una strana proposta: tornerà ogni anno, sempre in quel periodo, per prendere informazioni sulla loro figlia, nata proprio in quel Natale, con l'intenzione di scriverne un libro. Il misterioso uomo diventerà una presenza fissa e importante nelle loro vite. In un altro tempo, forse, un giovane uomo lotta per emergere dall'abisso in cui la vita l'ha gettato, cercando uno scopo alla sua esistenza, finchè l'incontro con un misterioso visitatore non farà tornare la luce nella sua esistenza. In un tempo lontano, nel futuro, un anziano poeta viene convocato dalla Chiesa della Divina Bomba per compiere una missione sacra, una missione che per il vecchio poeta è l'occasione di sistemare una ferita rimasta troppo a lungo aperta...
Usando abilmente gli stilemi del genere fantascientifico, in particolare il topos dei viaggi nel tempo, Tullio Avoledo costruisce una delicata storia di affetti e di dolori, che culla il lettore col suo sapore agrodolce e lo trasporta in luoghi a noi così vicini eppure, in questo tempo che da tutto per scontato, così lontani. I personaggi, costruiti con sapiente abilità, sono di quelli che chiunque di noi potrebbe avere incontrato e proprio per questo risultano vivissimi. La prosa è vigorosa ma allo stesso tempo delicata, a tratti quasi autocompiacente nel suo desiderio di descrivere ogni cosa nel minimo dettaglio. Il topos del viaggio nel tempo è abilmente sfruttato dall'autore, che trova persino il tempo per dedicarsi ad esso a scapito della storia, che resta comunque il perno di tutto il libro. L'opera però solo a fatica potrebbe essere definita esclusivamente appartenere alla narrativa mainstream. Se infatti per fantascienza s'intende una narrativa che indaga l'impatto della scienza, attuale o immaginaria, sull'individuo e sulla società, allora questo romanzo può senz'altro essere definito fantascienza. Una fantascienza più delicata di quella a cui molti lettori del genere sono abituati, meno incentrata sugli aspetti scentifici ma più attenta all'uomo, alle sue emozioni e ai suoi eterni problemi.
In definitiva, un romanzo molto bello, che mi sento di consigliare tanto agli amanti dei viaggi nel tempo quanto a coloro che, normalmente restii ad affrontare un romanzo scifi, sono però pronti a lasciarsi catturare da quella che è e resta una bella storia di affetti, dolore e amore.
Terminata la lettura de Il cimitero di Praga di Umberto Eco, graditissimo regalo di Natale! Riporto la recensione del mio blog.
Questo volumone di 500 e passa pagine si svolge in Francia nella seconda metà dell’800 e ha come protagonista Simonino Simonini, falsario di professione che, per cercare di ricordare un avvenimento successo gli ultimi giorni che lo ha lasciato privo di memoria, segue le innovative tecniche del dottor Freud, ricostruendo tramite un diario la propria vita, per giungere infine al cosiddetto trauma che gli ha causato l’amnesia.
Dunque il libro è strutturato come un diario, ma ha tre punti di vista: oltre a Simonini vi è infatti l’abate Dalla Piccola, ambiguo (e mai visto) vicino di appartamento che scrive quando Simonini non è presente e che in qualche modo “completa” i fatti raccontati in precedenza, e il Narratore che ha il compito di fare dei “capitoli riassuntivi” quando le narrazioni del diario si fanno complicate o sconnesse. E’ proprio il Narratore a introdurci, nel primo capitolo, nella stanza di Simonini.
Precisiamo: Simonini è, insieme a pochi altri (per lo più legati al suo passato), l’unico personaggio inventato. Tutti gli altri, come gli avvenimenti, i libri, sono realmente esistiti.
Dunque il libro narra la vita del protagonista, dalla sua infanzia in Piemonte con il nonno (1830), fino al 1898, quando vengono scritte le ultime pagine (da segnalare come a fine libro è presente una tabella riassuntiva degli avvenimenti cronologici comparati con quelli dell’intreccio). In questi quasi settant’anni, Simonini partecipa a diversi avvenimenti storici tra cui la spedizione dei mille e la caduta di Napoleone III. Il fatto che il protagonista sia di professione un falsario fa si che tutta la storia venga vista dal punto di vista dei servizi segreti (italiani, francesi, tedeschi, prussiani), delle sette religiose, dei massoni, dei gesuiti…insomma dei personaggi dai quali Simonini viene di volta in volta assoldato. Non c’è quindi da sorprendersi se il nostro protagonista non è dotato di nessuna virtù, ma anzi spicca per il suo cinismo e per la capacità di far sparire chi può diventare scomodo. L’altra caratteristica di Simonini, oltre a una grande capacità di travestimento, è l’amore per il cibo che lo porta talvolta a fare ampie digressioni su particolari ricette o pietanze provate in ristoranti.
Uno dei punti più dibattuti del libro è stato il problema ebraico. Effettivamente in tutto il libro, a partire dal protagonista, gli ebrei sono visti come persone corrotte nel sangue e a capo di misteriosi complotti per diventare padroni del mondo. Uno dei falsi creati da Simonini è una fantomatica riunione di rabbini nel cimitero di Praga, storia rivista e modificata diverse volte a seconda dei "committenti". Tuttavia è da precisare che Eco non dice niente di nuovo: il pensiero, per esempio, di Toussanel è esistito veramente. Diciamo che fa una certa impressione vedere tanti pareri antisemiti e nessuno pro ebrei, ma questo non è che un triste presagio di quello che succederà poco dopo. Nei primi del 900, infatti, verranno pubblicati I protocolli dei Savi di Sion un falso pubblicato dalla polizia segreta zarista che parla di una fantomatica cospirazione ebraica. Nonostante questo documento sia stato dichiarato falso già nel 1921 dal Times (che dimostrò come gran parte del materiale era frutto di plagio da precedenti opere di satira politica, non correlate agli ebrei), esso riscosse grande successo (fonte da wikipedia, ma è presente nella tabella cronologica finale del libro). Del resto tutto il libro si imposta su falsi inventati da Simonini, senza che egli avesse alcuna prova, ma solo perchè faceva comodo sul momento.
Concludendo, Eco non delude. Ottimo libro! " />
Voto: 8/10
Appena terminata la lettura del quarto dei cinque libri natalizi, cioè "I traditori", di Giancarlo De Cataldo, edito da Einaudi.
Storia corale del Risorgimento italiano, il libro narra le vicende di tanti personaggi più o meno principali, coinvolti in prima persone nelle grandi e piccole vicende che hanno portato alla nascita del nostro Paese.
Da Lorenzo di Vallelaura (nobile veneziano coinvolto in un pericoloso gioco di intrighi) fino a Terra di Nessuno (soldato sardo dal cuore puro e il braccio deciso), da Mario Tozzi (trafficone romano con una vena d'idealismo) fino a Salvo Matranga (picciotto siciliano dalla vista lunga), da Lady Violet Cosgrave (inquieta lady accesa dal fuoco mazziniano) fino alla Striga (creatura luminosa delle foreste meridionali d'Italia), il romanzo vede susseguirsi una galleria di personaggi fittizi (accanto a quelli realmente esistiti, come Mazzini, Garibaldi, Cavour, Sir Charles Babbage, Swinburne, Dante Gabriel Rossetti e altri) coinvolgenti e vivi, dei quali ancora oggi, a 150 anni e passa di distanza, sembra ancora di sentire la voce, il dolore, le speranze, le illusioni che li animarono e li spinsero a partecipare a quella grande impresa che fu il Risorgimento. Nel libro trovano posto i fatti della Repubblica Romana, il fallimento di Pisacane, la spedizione dei Mille, l'eccidio di Bronte, le "cose da cloaca" stigmatizzate da Garibaldi nel neoeletto Parlamento italiano, le porcate dei piemontesi e le crudeltà della Maffia (la doppia non è un errore) che andava allora formalizzandosi. Anche per questo il romanzo si rivela interessante sotto il punto di vista storico, illuminando zone poco note della Storia e contribuendo al coinvolgimento del lettore. Mirabile il trattamento linguistico, che riesce a rendere conto tanto del periodo in cui si svolge la storia (certe righe trasudano Ottocento in una maniera incredibile) quanto dei luoghi: romanesco, sardo, siciliano, veneziano, piemontese, napoletano...sono tante in realtà le lingue in questo fantastico romanzo d'Italia.
In definitiva, un'opera che mi sento di consigliare a chiunque ami le grandi storie, grandi per le dimensioni (più di 500 pagine), per le vicende (il Risorgimento, mica pizza e fichi), ma soprattutto per i protagonisti.
Con "La biblioteca dei morti", scritto da Glenn Cooper e pubblicato da TEA (l'edizione economica, quella originale era uscita per la Editrice Nord), ho finalmente concluso la lettura dei cinque libri ricevuti per Natale.
Nell'VIII secolo dopo Cristo, in un'abbazia sull'isola di Wight, un misterioso giovane inizia a scrivere furiosamente una sequenza di nomi, ognuno dei quali con accanto una data e una parola latina: natus in alcuni casi, mors in altri. Secoli dopo, nell'Inghilterra del 1947, un gruppo di archeologi fa una scoperta straordinaria sull'isola di Wight, una scoperta che mette in moto una catena di eventi che parte con una telefonata inviata a Churchill e si conclude nel deserto del Nevada, in una nuova, misteriosa installazione appena fatta costruire dagli Americani. Ai giorni nostri, una serie di omicidi scuote la città di New York. Le vittime, senza alcun collegamento tra di loro, hanno in realtà qualcosa in comune: ognuna di loro, poco prima di morire, ha ricevuto una misteriosa cartolina, sulla quale era scritta la data della loro morte...
Glenn Cooper costruisce abilmente un thriller dalla trama interessante e con un'ottima idea alla sua base. Il ritmo ben scandito rende poi questo thriller storico uno di quei libri da divorare in poco tempo. Tuttavia, vi sono dei punti negativi che mi hanno guastato il piacere della lettura. I personaggi sono abbastaza stereotipati e le trovate narrative sono a volte o troppo scontate o francamente indaguate alla storia, così come alcune scelte linguistiche.
Nel complesso, una storia divertente da leggere, ma senza aspettarsi il capolavoro. Consigliato solo nell'edizione economica. Piccola nota a margine: il libro ha un seguito, chiamato "Il libro delle anime".
Rieccomi, dopo una lunga assenza, dovuta al lavoro....
Beh, allora comincio a recensire gli ultimi 2 libri che ho letto: ENDYMION e IL RISVEGLIO DI ENDYMION, i quali completano il capolavoro di fantascienza targato Dan Simmons.
I fatti si svolgono poco meno di 300 anni dopo le vicende concluse ne Hyperion e La Caduta di Hyperion. Protagonista è Aenea, la figlia di Brawne Lamia, una dei protagonisti dei primi 2 tomi. Per non addentrarmi nello spoiler, tralascio altri particolari, ma accenno solo che in entrambi i libri si seguono le vicende di Aenea, appunto, e di Raul Endymion, il suo "tutore", dal loro primo incontro alla fase conclusiva e messianica della vicenda.
Commenti: due gran bei libri, pieni di spunti molti interessanti su vita, religione, scelte personali, due libri scritti in maniera eccellente da quel grande scrittore che è Simmons. Si chiude una storia iniziata con Hyperion, si svelano alcune cose che mi avevano lasciato interdetto, si dà un senso di compimento che, ne La caduta di Hyperion, mancava. Con la parte di Endymion, Simmons è un po' tornato all'atmosfera di Hyperion, scandagliando più a fondo i sentimenti personali e facendosi meno trasportare dal compiacimento per la maestosità dell'universo che ha creato (cosa che aveva fatto nella Caduta). Tuttavia, a mio modo di vedere, non riesce a raggiungere le vette raggiunte in Hyperion.
In definitiva, non 2 libri consigliati, ma straconsigliati, per tutti gli appassionati di fantascienza (ovviamente dopo aver letto i primi 2 tomi), un classico del genere che non potete perdere
Rieccomi, dopo una lunga assenza, dovuta al lavoro....
Beh, allora comincio a recensire gli ultimi 2 libri che ho letto: ENDYMION e IL RISVEGLIO DI ENDYMION, i quali completano il capolavoro di fantascienza targato Dan Simmons.
Ottima recensione Skie. Anch'io adoro Simmons...e sono fermo a Endymion, in quanto proprio non sono riuscito a mettere le mani su "Il risveglio di Endymion".
Posso chiederti come te lo sei procurato?
purtroppo, in versione cartacea non li stampano più, come mi ha confermato il buon GdN. Così li ho scaricati in formato ebook, approfittando del mio recente acquisto...Signori, il lettore ebook è una svolta vera! io non pensavo di poter abbandonare il cartaceo, ma volete sapere? ora quando leggo (come sto facendo in qst giorni) un libro stampato, mi dà quasi fastidio... invenzione geniale
Temo di essere troppo attaccato ai libri cartacei per passare all'ebook. Ho bisogno di più tempo...per il momento rimango fedele!! Grazie per il consiglio però!!
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lo pensavo anche io ti giuro. poi ho comprato il lettore per motivi lavorativi (portarsi dietro il cartaceo di codice della strada e codice di procedura penale è davvero troppo!), e adesso non riesco a farne a meno
Visto che i quattro libri ordinati alla Delos Books sono arrivati solamente oggi, ho ingannato l'attesa della domenica pomeriggio leggendo "Dragonslayer - le avventure di Gotrek & Felix".
Quarto volume delle avventure della strana coppia creata da William King, il romanzo riprende le avventure del duo dal punto in cui l'aveva lasciato il precedente romanzo ("Daemonslayer"), ovverosia nella Desolazione del Caos, nell'estremo nord del mondo di Warhammer dove sono ambientati tutti i romanzi della serie. Dopo aver affrontato con successo il crudele demone che minacciava i superstiti di un'antica roccaforte nanica rimasta isolata da secoli, i due compagni d'avventura ripartono coi superstiti della spedizione a bordo della nave volante Spirito di Grugni. Il viaggio di ritorno, carichi di gloria e di tesori, non è però dei più semplici. Le orde del Caos viste all'andata si preparano ad invadere i regni degli uomini, mentre Thanquol, il veggente skaven che perseguita i due avventurieri, non si da pace nel suo tentativo di vendicarsi di loro due. Come se non bastasse, una possente creatura attacca la nave volante, una creatura il cui scopo è forse ben più ampio di quello apparente...
Ancora una volta, William King costruisce un'avventura mediamente interessante, dove gli unici a brillare veramente sono i due protagonisti. Lo stile, come sempre, non è dei migliori e alcune trovate narrative risultano francamente indigeste, senza contare che lo scontro finale è semplicemente ridicolo comparato all'avversario che i "buoni" si trovano ad affrontare. Interesante comunque lo sviluppo psicologico del triangolo Felix-Ulrika-Max e il monologo interiore di Snorri (uno sventratroll come Gotrek), che getta una luce del tutto nuova su una figura in apparenza stereotipatissima.
In definitiva, a meno che non siate amanti dell'ambientazione e abbiate magari la possibilità di leggere il libro senza dover spendere denaro (io l'ho letto prendendolo in prestito da mio fratello), vi sconsiglio di comprarlo.
Terminato Le Furie di Calderon, primo di una serie di libri (non so quanti siano dato che questo è il primo ad uscire) che vanno sotto il nome di Codex Alera. L’autore è Jim Butcher.
La storia si svolge nella terra di Alera che viene governata dal Primo Signore Gaius. Vi sono poi una serie di province che per i nomi Tracia, Aquitania, sono identici o ricordano da vicino l’impero romano. E del resto lo stesso Primo Signore non è molto lontano dalla figura di un imperatore tanto che l’erede viene chiamato princeps ed inoltre anche l’esercito ricorda quello romano essendo formato da legionares. Quello che contraddistingue Alera sono i suoi abitanti: essi infatti possono avvalersi delle Furie, entità degli elementi naturali (aria, acqua, terra, fuoco, legno, metallo) che compaiono quando si è bambini o poco più e che accompagnano il loro padrone per il resto della vita. Non avere furie significa essere scherzi della natura, mostri…o significa essere Marat, un popolo selvaggio, assai diverso anche fisicamente, privo delle furie che in passato ha inflitto dure perdite al regno, tanto da arrivare, 15 anni prima della vicenda del libro, a uccidere il princeps e dunque portando la casa reale a non avere eredi.
La situazione politica all’inizio della storia è dunque critica, considerando i malumori di molte case nobiliari per la mancanza di un erede. Dunque il Primo Signore invia i suoi cursori (ossia messaggeri, ma molto di più. Sono agenti speciali del regno) a sondare le forze nemiche di mercenari e a scoprire chi sia il traditore che finanzia tutto questo.
Il destino del regno si snoda tra le vicende di Amara, cursore inviato speciale del Primo Signore, e Tavi, quindicenne della dura terra di Calderon orfano (vive con gli zii Isana e Bernard) e privo di furie, ma dotato di notevole intelligenza che gli permetterà di sapersi destreggiare in situazioni molto pericolose. Sarebbe difficile narrare qualcosa senza fare troppi spoiler e spero che questa anticipazione possa bastare.
Il testo è ben scritto e la trama scorrevole. E’ abbastanza coinvolgente e traccia buone premesse per i prossimi libri dato che si lasciano alcuni punti in sospeso, soprattutto sulla figura di Tavi. Forse la figura più interessante dal punto di vista psicologico è quella di Isana, zia di Tavi, acquateurga di borgo Bernard.
L’unico problema di questo libro è di essermi capitato tra le mani poco prima di Natale e quindi è stato mollato dopo i primi capitoli per far spazio a Umberto Eco. Comunque è stato ripreso con vero piacere e sono davvero curiosa di leggere il seguito.
Voto: 7,5/10
Ho terminato stamattina di leggere "Clipart", di Elisabetta Vernier, edito da Delos Books, primo libro di quattro che ho ordinato poco prima di Natale.
Nella ricca e corrotta City, il magnate Xander, in apparenza ricco filantropo dedito al commercio e alla beneficienza, ma in realtà marcio fino al midollo, è in difficoltà per una clip compromettente che, se diffusa, potrebbe distruggere la sua immagine. Del recupero incarica la fidata Alexandra, suo capo della sicurezza e innamorata di lui. Con la collaborazione dell'amica Rue, hacker agorafobica, Alexandra e la sua squadra di uomini si mettono sulle tracce della donna che forse ha in mano il destino di Xander.
Il romanzo si spaccia per cyberpunk, ma è di fatto un semplice romanzo d'azione che sfrutta malamente gli elementi del genere: la metropoli corrotta, la Yakuza, le tecnologie avanzate, il deserto radioattivo poco fuori, ecc. Sembra quasi che l'autrice voglia raccontare (peraltro in maniera scontata e goffa) queste cose, invece di mostrarle. I personaggi sono un collage di stereotipi, peraltro riuscito male. Xander dovrebbe essere il cattivo machiavellico, ma passa troppo in fretta dalla calma all'ansia e si preoccupa troppo facilmente per risultare credibile. Alexandra è la spietata agente operativa che nel giro di mezza pagina cambia completamente opinione su di lui dopo avergli creduto per anni. Candy (la prosperosa prostituta che ha incastrato Xander) arriva, fa la sua scena e sparisce così, senza un perchè. I due sgherri di Alexandra sono esseri amorfi, dei quali continuamente l'autrice ci descrive le armi, la voglia di uccidere e la volgarità...però quando arriva finalmente l'occasione per una bella sparatoria in un locale, liquida il tutto in poche righe col suo tipico errore di parlare invece di mostrare e per giunta ne parla pure male. La trama è prevedibile fino alla fine, che è se non altro inaspettata ma che di fatto non regala nessuna soddisfazione perchè poggia su una struttura scadente: fosse stato scritto non dico benissimo ma almeno decentemente, la fine sarebbe stata una vera perla. Così, mi pare solo il patetico tentativo di risollevare le sorti del romanzo. E questo sarebbe il romanzo vincitore del Premio Italia 2004?
In definitiva, evitatelo. Io forse lo userò come combustibile per il barbecue, perchè mi rifiuto di venderlo (sarebbe una truffa) o di regalarlo (lo spazio è prezioso e non vale la pensa sprecarlo con questa roba).
Ieri sera ho finito di leggere "Nessun uomo è mio fratello" di Clelia Farris, edito da Delos Books, e mi sono rifatto la bocca dopo quell'obrobrio a nome "Clipart".
In un mondo futuristico ma non troppo, la società è divisa in Carnefici e Vittime, ognuno riconoscibile da un segno corporeo che lo qualifica come tale a partire dai dodici anni. Tutti nascondono il loro segno con cura, perchè la legge concede ad ogni Carnefice di uccidere la propria Vittima (e solo quella specifica Vittima) senza alcuna conseguenza. Il giovane Enki Tath Minh vive in un'Indonesia dove il progresso è rimasto un miraggio, ma dove la cultura Carnefici-Vittime è passivamente accettata e ritualmente idealizzata. Quando, raggiunti i dodici anni, Enki scopre di essere una Vittima, non si rassegna al suo destino di dolore e sangue, ma cerca di cambiare la sua situazione e quella di una società apparentemente condannata all'immobilismo.
Il vincitore del Premio Odissea 2009 (ex aequo con "Il segreto di Kregg", di prossima recensione) si rivela un romanzo bellissimo da leggere, principalmente grazie ad una prosa intensa ed evocativa capace di ricostruire un'Indonesia del futuro talmente viva da balzare fuori dalle pagine. L'idea di base fu già usata da Sheckley nel '53, ma l'autrice riesce a renderla comunque originale calandolo in un contesto scifi dove le riflessioni sulla deriva di una società prigioniera di questo perverso gioco s'intrecciano alle inquietudini di un'ingegneria genetica che minaccia di sovvertire la vita umana stessa. Il tutto inserito in una trama a tratti forse lenta, ma comunque avvincente, nella quale la figura del giovane Enki cresce e matura, facendosi via via più interessante. Se un difetto si vuole trovare in quest'opera, a parte la lentezza di diversi punti della trama, esso sta nel poco sviluppo di alcune tematiche pure interessanti ai fini del romanzo (la lotta politica dei genitori di Enki, il rapporto tra la dottoressa Temos ed Enki, il complotto della multinazionale farmaceutica), ma trattate en passant. Considerando però che il nucleo centrale è comunque il rapporto Carnefici-Vittime e come Enki reagisca ad esso, si può comunque soprassedere e godersi la lettura, sebbene trattare meglio quegli argomenti avrebbe reso il libro di livello ben più alto.
In definitiva, un romanzo di fantascienza italiana veramente buono, scritto da un'autrice di cui spero sentiremo ancora parlare, adatto a chi ama una fantascienza riflessiva e sa apprezzare una prosa di ottimo livello quando la incontra.