Ciao Lyga,
è normale che quando parlo di decisioni della maggioranza intendo delle decisioni "sane" e non preda della follia collettiva (penso di averlo specificato in qualche post precedente).
Il problema è che, estremizzando il tuo discorso (e credimi, ci sarebbero migliaia di persone pronte a farlo), spetterebbe alla maggioranza decidere cos'è la sanità e cos'è la follia.
Per i nazisti degli anni '30 sterminare ebrei era qualcosa di "sano", come disinfettare un corpo da un virus, mentre lasciare la Germania in mano loro era qualcosa di "folle", da evitare assolutamente. In parte per convinzione, in parte a causa delle suggestioni della propaganda, durante i 12 anni di potere nazista in Germania buona parte della popolazione non vedeva nulla di strano nel discorso che ho esposto prima.
La chiesa è più invadente oggi, perchè sfrutta il mezzo mediatico (come fanno tutti del resto) e per la sua cronica esigenza di fare proselitismo. Questo può dar fastidio al non credente, ma non mi sembra un limite od una privazione della sua libertà.
Permettimi di contraddirti. Se un gay ateo(o agnostico) si vede negato il riconoscimento di un diritto che non recherebbe pregiudizio a nessun'altro, subisce una limitazione ingiustificata al pieno sviluppo della sua personalità (art.3 cost.); in termini pratici si vedrebbe condizionato il proprio futuro per colpa di un'organizzazione che per lui non conta nulla.
Altra riflessione: perché le coppie di fatto ammazzano la famiglia? Che male fanno?
Effettivamente a parte la spiegazione provocatoria di Beric finora non ho mai sentito un'argomentazione sensata di come e perchè le coppie di fatto minerebbero la famiglia, né da parte di politici, né da parte di religiosi (e grazie a Ruini la differenza tra i due sta sfumando...); anzi, le coppie di fatto potrebbero portare il numero dei matrimoni ad aumentare. Miglioramento qualitativo e quantitativo, quindi.
Perchè quindi la chiesa vorrebbe bloccarle?
La mia opinione è che il Vaticano sia effettivamente poco interessato alla situazione delle famiglie al giorno d'oggi; la sua principale preoccupazione è infatti quella di ostentare il potere che tuttora detiene all'interno della società italiana.
Hai ragione il paragone non regge, alzo bandiera bianca :wub: !!
Ammesso che politicamente sia scorretto e quindi non deve essere fatto, siamo d'accordo sul fatto che anche la Chiesa possa esprimere un'opinione che riguardi tutta la collettività?
Un buon modo di farlo sarebbe un discorso del tipo "la chiesa depreca le unioni fuori dal matrimonio, pertanto i credenti dovrebbero astenersi dal porle in essere; resta inteso che i non-credenti sono esclusi da questo discorso".
Purtroppo Ratzinger e Ruini non la pensano così, e vogliono imporre il loro credo anche a chi non lo condivide. :wub:
Permettimi di contraddirti. Se un gay ateo(o agnostico) si vede negato il riconoscimento di un diritto che non recherebbe pregiudizio a nessun'altro, subisce una limitazione ingiustificata al pieno sviluppo della sua personalità (art.3 cost.); in termini pratici si vedrebbe condizionato il proprio futuro per colpa di un'organizzazione che per lui non conta nulla.
Allora, io voglio l'approvazione della legge che permette di modificare geneticamente (tanto non reca pregiudizio a nessuno) l'embrione; dopodichè voglio avere la possibilità di sposare mia sorella...
Sull'ingerenza della Chiesa nella politica, ho letto ieri l'editoriale di Galli della Loggia sul Corriere della Sera e devo dire che può essere un ottimo punto di partenza per una riflessione sul tema.
Vi invito a leggerlo, sopratutto a te, Beric :lol:
Tra è riportata una frase di Gandhi molto significativa: chi pensa che la religione non abbia niente a che vedere con la politica, non ha capito nulla nè della religione nè della politica (forse non è testuale ma il senso è quello)
Sono perfettamente d'accordo con la frase di Gandhi, ma non con la sua interpretazione :lol: un conto imho è dire che dei politici, magari in virtù della loro fede, votino contro l'aborto; un altro conto è che la Chiesa come istituzione diventi un "gruppo di pressione" (inteso in senso politico) al pari, che so, dei no global. Un conto è dire che la religione giochi una parte importante nella politica (con la sua presenza, la sua assenza o la sua rilevanza nella formazione o nelle ideologie dei parlamentari o degli elettori), un conto è che la struttura ecclesiastica si tramuti in una sorta partito o movimento politico (tralasciando adesso il fatto che storicamente lo è stato). e' nel primo senso imho che vanno intese - oggi - le parole di gandhi, soprattutto contro chi vorrebbe una totale assenza della dimensione religiosa nella politica - nel senso di valori e di scelte. Non nell'otto per mille o nello scambio di favori con i politici che ti votano contro l'aborto. Questo è quello che io ho colto :lol:
Permettimi di contraddirti. Se un gay ateo(o agnostico) si vede negato il riconoscimento di un diritto che non recherebbe pregiudizio a nessun'altro, subisce una limitazione ingiustificata al pieno sviluppo della sua personalità (art.3 cost.); in termini pratici si vedrebbe condizionato il proprio futuro per colpa di un'organizzazione che per lui non conta nulla.
Allora, io voglio l'approvazione della legge che permette di modificare geneticamente (tanto non reca pregiudizio a nessuno) l'embrione; dopodichè voglio avere la possibilità di sposare mia sorella...
modificare geneticamente l'embrione reca pregiudizio all'embrione, la cui volontà non si può giudicare, e quindi bisogna proteggerlo il più possibile.
Sullo sposare tua sorella se ne potrebbe anche discutere, non so bene su quale motivazione si basi la cosa, tranne il fatto che avere figli con parenti stretti porta a alti rischi di malattie genetiche. In ogni caso mia sorella non mi piace... Ma chissà, se si iniziasse un dibattito sull'argomento si potrebbe andare a finir lontano.
:lol:
Sinceramente, non conosco il contesto in cui Gandhi ha pronunciato la frase nè cosa volesse intendere.
Mi è solo sembrato un ottimo spunto di riflessione. Quindi, ogni interpretazione è la benvenuta, anche se credo che Gandhi - da induista - si ispirasse ai valori di quel culto religioso per diffondere le proprie idee, le quali non mi pare fossero così slegate dall'impegno politico. Se non ricordo male, infatti, egli sosteneva che il compito del rivoluzionario non-violento fosse di combattere le ingiustizie sia nella vita sociale che in quella politica, un concetto valido anche oggi, del resto.
La Chiesa, imho, non ha alcun interesse a tramutarsi in partito politico ma cercherà sempre di influenzare la politica attraverso l'unica strada oggi praticabile: l'obiezione di morale :lol:
modificare geneticamente l'embrione reca pregiudizio all'embrione, la cui volontà non si può giudicare, e quindi bisogna proteggerlo il più possibile.
quindi, secondo te, non va modificato neanche in presenza di malformazioni più o meno gravi?
modificare geneticamente l'embrione reca pregiudizio all'embrione, la cui volontà non si può giudicare, e quindi bisogna proteggerlo il più possibile
Ma questo si potrebbe parimenti applicare all'aborto, no?
modificare geneticamente l'embrione reca pregiudizio all'embrione, la cui volontà non si può giudicare, e quindi bisogna proteggerlo il più possibile.
quindi, secondo te, non va modificato neanche in presenza di malformazioni più o meno gravi?
Prima di tutto bisognerebbe diagnosticare nell'uovo fecondato - lo zigote, prima ancora di chiamarlo embrione... quindi solo in caso di fecondazione in vitro se ne potrebbe parlare - la malattia genetica, cosa al momento difficile. Se non impossibile... per analizzare il DNA bisognerebbe distruggere lo zigote!
Poi bisognerebbe disporre di metodi di intervento sicuri, cosa al momento ancora più difficile. (Se non sbaglio le modifiche genetiche attuali sono fatte su grandi numeri di cellule, che poi vengono selezionate; una cosa del genere non sarebbe possibile su degli zigoti, ossia ovuli fecondati, anche perché procurarsi un ovulo [uno solo per volta] è procedura disagevole per la donna).
Superate le difficoltà tecniche, sorgono quelle morali, il problema dell'eugenetica. Quali modifiche genetiche sono lecite? quali no? Il problema è uno dei più gravi che deve affrontare l'etica scientifica moderna. Ma è OT in questa discussione.
modificare geneticamente l'embrione reca pregiudizio all'embrione, la cui volontà non si può giudicare, e quindi bisogna proteggerlo il più possibileMa questo si potrebbe parimenti applicare all'aborto, no?
No Mornon. Un embrione OGM diventerà un individuo OGM, che dovrà sopportare tutte le scelte fatte a suo riguardo. Un embrione abortito diventerà un embrione morto. Inoltre, l'aborto coinvolge la madre e i suoi diritti. E una madre, un organismo sviluppato, secondo il mio modo di vedere ha diritti immensamente più grandi di quelli di un embrione.
Tra è riportata una frase di Gandhi molto significativa: chi pensa che la religione non abbia niente a che vedere con la politica, non ha capito nulla nè della religione nè della politica
È lo stesso identico concetto su cui mi sono impuntato io all'inizio di questo thread, anche se in maniera meno arrogante (certo che detto da Gandhi assume tutto un altro peso :-P), e non posso far altro che essere d'accordo. Secondo me politica e religione sono per larghissimi tratti indistinguibili.
No Mornon. Un embrione OGM diventerà un individuo OGM, che dovrà sopportare tutte le scelte fatte a suo riguardo. Un embrione abortito diventerà un embrione morto. Inoltre, l'aborto coinvolge la madre e i suoi diritti. E una madre, un organismo sviluppato, secondo il mio modo di vedere ha diritti immensamente più grandi di quelli di un embrione.[/color]
il dato oggettivo è che uccidi un embrione, per cui vale perfettamente anche qui l'obiezione morale.
Sull'eugenetica, passo, visto che è OT.
Ad ogni modo, i miei erano esempi volutamente provocatori per dimostrare come sia pericoloso rendere universale il principio del "non ledere i diritti altrui"...
il dato oggettivo è che uccidi un embrione, per cui vale perfettamente anche qui l'obiezione morale
Ma è diversa, come giustamente sottolineato: se modifichi geneticamente un embrione, nascerà un individuo geneticamente modificato che dovrà sopportare quanto derivato dalle modifiche; se abortisci, non c'è un terzo individuo che dovrà sopportare conseguenze.
Ripeto: non parlo di OGM perchè OT;
il terzo individuo c'è eccome se consideri l'embrione un essere umano. In questo caso, la conseguenza è la morte che lede il diritto altrui della vita.
Il mio parere, laico e da apprendista biologo, è che un embrione NON è un essere umano. È un essere umano che si sta sviluppando. Il mio ragionamento è il seguente.
Puoi considerare umano uno spermatozoo? Ogni volta che qualcuno si masturba, manda alla morte milioni di persone allora.
Puoi considerare umano un ovulo? Allora tutte le donne uccidono qualcuno una volta al mese.
E quindi, uno spermatozoo in un ovulo è un umano? il raddoppiamento di cromosomi crea l'umanità? Non credo proprio. Allora quando lo zigote inizia a moltiplicarsi in due, quattro, otto, sedici cellule e poi formare la morula? Si tratta di un ammasso informe di cellule non ancora differenziate... non può essere un umano. E così via... fino al neonato, che è sicuramente una persona. Dove diventa umano, questo embrione?
IMHO non è possibile delimitare lo sviluppo di un embrione, come tanti altri fenomeni biologici. E stabilire un limite di settimane sarebbe artificioso quanto dire "18 anni allora sei maturo e maggiorenne", che altro non è se non un modo da parte della società di deresponsabilizzarsi. Quindi, i casi di desiderato aborto andrebbero valutati singolarmente. Se il feto è completamente sviluppato, allora sono contrario anche io; ma se si tratta di un embrione ancora dotato di coda e archi branchiali, allora metto il benessere della madre molto prima.
In ogni caso, tra la vita del figlio e quella della madre, io scelgo sempre quella della madre.
Naturalmente questo mio pensiero è completamente laico; la visione religiosa della questione tira in ballo l'anima del neonato, che immagino sia considerata attribuita dalla fecondazione... Ma io mi rifiuterei di avere una normativa che si basi sulla presenza dell'anima o meno, non riconoscendo io l'esistenza dell'anima :blink:
ho paura di aver scritto un post caotico...
il terzo individuo c'è eccome se consideri l'embrione un essere umano. In questo caso, la conseguenza è la morte che lede il diritto altrui della vita
Ma non deve sopportare le conseguenze delle altrui scelte; ossia, non ci sarà un Uomo che dovrà convivere con la scelta della madre, a differenza dell'altro caso.
Certo, c'è il problema della vita, del fatto se l'embrione sia o no un essere umano (tra parentesi: i diritti si acquisiscono alla nascita? Se sí, non lederebbe il diritto alla vita di nessuno), ma questo è un altro discorso.
Permettimi di contraddirti. Se un gay ateo(o agnostico) si vede negato il riconoscimento di un diritto che non recherebbe pregiudizio a nessun'altro, subisce una limitazione ingiustificata al pieno sviluppo della sua personalità (art.3 cost.); in termini pratici si vedrebbe condizionato il proprio futuro per colpa di un'organizzazione che per lui non conta nulla.
Allora, io voglio l'approvazione della legge che permette di modificare geneticamente (tanto non reca pregiudizio a nessuno) l'embrione; dopodichè voglio avere la possibilità di sposare mia sorella...
Sull'ingerenza della Chiesa nella politica, ho letto ieri l'editoriale di Galli della Loggia sul Corriere della Sera e devo dire che può essere un ottimo punto di partenza per una riflessione sul tema.
Vi invito a leggerlo, sopratutto a te, Beric :lol:
Tra è riportata una frase di Gandhi molto significativa: chi pensa che la religione non abbia niente a che vedere con la politica, non ha capito nulla nè della religione nè della politica (forse non è testuale ma il senso è quello)
Se non vado errato, l'articolo dovrebbe essere questo:
Le ragioni di un cardinale
di Ernesto Galli della Loggia
«Meglio criticati che irrilevanti»: rimarrà di sicuro racchiuso in queste parole il senso profondo della presidenza della Cei tenuta per 15 anni dal cardinale Camillo Ruini. Parole che hanno voluto dire innanzi tutto la consapevolezza di rappresentare un'identità — quella cristiano-cattolica — posta dai tempi nella condizione di una difficile identità di frontiera; e poi, ancora, l'impegno a proporre in modo reciso, senza la vaghezza di tanta prosa o oratoria clericali, un punto di vista forte sul Paese e sul mondo; e che hanno voluto dire infine non esitare a differenziarsi dall'opinione dominante sia tra i laici sia tra quegli intellettuali cattolici accreditati solo perché immancabilmente pronti a seguire nella sostanza i dettami dei primi.
È accaduto così che la Chiesa di Roma abbia acquistato di nuovo, sulla scena pubblica italiana, un rilievo di cui certamente nessuno più la riteneva capace. Incontrandosi con la politica e spesso rischiando inevitabilmente di mischiarsi con essa, come tanti critici hanno rimproverato a Ruini? Certamente sì! Ma quale altro è mai stato, da sempre, il destino della cristianità, nata al mondo dovendosela vedere con quell'amalgama supremo di statualità e di politica che fu l'impero dei Cesari? E cos'altro facevano se non anche politica (ma «anche»: non cercavano certo un posto di ministro o qualche prebenda) Ambrogio quando metteva sotto accusa Teodosio, o Agostino quando cercava di attutire la reazione pagana spiegando l'inevi-tabilità della caduta di Roma sotto l'impeto di Alarico, o Caterina quando richiamava il Papa da Avignone? «Chi pensa che la religione non debba avere nulla a che fare con la politica
non ha capito nulla né della religione né della politica», ha detto una volta Gandhi: e sapeva quel che diceva.
Ma solo il più radicale pregiudizio può condurre a negare che dietro l'impegno di Camillo Ruini ci sia stata, sì, una preoccupazione di ordine politico, ma ben oltre, e soprattutto ben al di sopra, una sollecitazione religiosa e specialmente di ordine culturale, naturalmente declinata secondo la prospettiva cattolica.
Ruini giunse alla presidenza della Cei nel 1993, nel momento della fine della Dc ma, ben più importante, 'nel momento in cui, crollato il muro di Berlino, la sinistra italiana e lo schieramento progressista stavano dando l'addio al marxismo e al suo mito classista per convertirsi repentinamente a un individualismo libertario sempre più volto a modelli di vita fruitori e a orizzonti ideologici dominati dalla ragione strumentale dello scientismo. Egli capì che rispetto alla conciliazione con la modernità ideologico-politica avviata dal Vaticano li si apriva così una pagina del tutto nuova, perché del tutto nuova era la inedita e incipiente modernità dell'obliterazione e della manipolazione della natura. Capì, ancora, che questo dato segnava il passaggio a un universo non più anticristiano, come era stato per tanta parte l’8-900, ma radicalmente postcristiano: minacciosissimo non solo per la Chiesa ma per l'intera dimensione umanistica della tradizione culturale occidentale. La quale, come nei secoli più bui, forse ancora una volta alla Chiesa di Roma sarebbe tornata a guardare. E proprio questo è ciò che sta accadendo, mentre Camillo Ruini lascia la sua carica, consapevole di aver combattuto «la buona battaglia».
Vediamo... Mi permetto qualche commento in libertà.
La frase iniziale ricorda tanto il "bene o male purché se ne parli" di andreottiana memoria... Chi ha orecchie per intendere, alla luce della recente crisi di governo, intenda. :D
Interessante inoltre il concetto di rilevanza espresso dall'autore: non si può essere rilevanti agendo unicamente nella sfera spirituale. Per essere veramente rilevanti si deve combattere nell'arena politico-catodica che tanto infiamma il nostro Paese. Sì, sotto questo punto di vista la Chiesa è decisamente al passo con i tempi...
Si passa a elogiare il merito di aver portato la Chiesa di Roma nuovamente alle luci della ribalta, senza però mai domandarsi se tale ribalta sia il posto adatto per la Chiesa. L'importante è esserci.
Excursus storico: se l'hanno fatto loro, è giusto che lo faccia anche io. Non mi interrogo se "loro" hanno fatto bene, no. Non sia mai. Il passato è il buon esempio. Meno male che non ha scelto Torquemada. :wacko:
Poi il clou, la frase gandhiana, su cui torno alla fine perché c'è veramente tanto da dire...
Si arriva quindi all'attacco contro il relativismo (e di conseguenza contro la cultura umanistica occidentale?!?!? Ma si rende conto?!? Chissà gli umanisti di Umanesimo e Rinascimento cosa avrebbero da dire... Per non parlare degli Illuministi, i quali per fortuna non sono chiamati in causa :blink: ) e al ruolo di baluardo svolto dalla Chiesa, guidata alla riscossa dal suo Don Camillo...
Leggendo con attenzione si vede tuttavia come per l'autore il Concilio Vaticano II sia da considerarsi superato!!! Addio apertura al mondo!!!
E cosa dicevo io del dialogo con la Chiesa? Dove sta il dialogo, se espressamente l'autore parla di "battaglia"? Se si rinuncia all'apertura e al confronto?
Ma veniamo a Gandhi.
Qui secondo me c'è una vena di ipocrisia.
1 - Gandhi parla di RELIGIONE, non di CHIESA. Da noi le due cose sono inscindibili (ma nemmeno troppo, a leggere alcuni post anche di credenti), ma da Gandhi di certo no. Prendere le sue parole di peso e calarle nel nostro contesto significa stravolgerne completamente il significato. Gandhi intendeva forse parlare di prevaricazione o intererenza nell'autorità politica da parte di un'autorità religiosa? Lui, che voleva essere musulmano con i musulmani, cristiano con i cristiani, indù con gli indù? O forse intendeva dire che la religione deve essere una spinta interiore necessaria per il riscatto individuale e sociale? Ecco, questo è già più vicino alle sue idee.
2 - Il rapporto di Gandhi con la religione è sempre stato slegato dall'autorità religiosa, come dimostra ampiamente la sua autobiografia: qui si legge bene la sua vicinanza con correnti teosofiche e massoniche, con il cristianesimo personale e anticonformista di Tolstoij e Ruskin, e al tempo stesso i suoi rapporti tesi con il Vaticano. Prova ne sia il fatto che, in visita in Italia alla fine del 1931, non gli venne concessa udienza (Gandhi in Italia, G. Sofri, 1988, Il Mulino).
Ho capito il tuo ragionamento ed, in larga parte, lo condivido. Però, è evidente che devi porre un limite, che è _essenzialmente_ di coscienza: dopo un tot di tempo, l'embrione diventa feto, che è un essere vivente a tutti gli effetti. Quindi, si ritorna al mio discorso iniziale, che non era sull'aborto, nè sull'OGM ma sulla questione delicata della inviolabilità dei diritti altrui. Quando i confini non sono perfettamente delineabili è necessario porre un veto morale, altrimenti si perderebbe il controllo ed un apparente diritto diventerebbe un "capriccio" di diritto. Perchè tu sei un biologo ed il tuo parere è quello esposto. Un altro biologo potrebbe avere un parere diverso dal tuo e ritenere l'embrione già vita; un altro ancora, invece, potrebbe essere convinto che fino a quando non viene alla luce il feto non può essere considerato un essere vivente completo, ma solo potenziale e ritenere che gode di diritti affievoliti, ecc.
Non so se sono riuscito a spiegarmi :blink:
Edit: scusate, la mia risposta era al posto del Khal...