Entra Registrati
apriamo un dibattito
S di Sandor C.
creato il 25 gennaio 2007

Questa discussione è stata archiviata, non è più possibile rispondere.
M
Mornon
Confratello
Utente
7689 messaggi
Mornon
Confratello

M

Utente
7689 messaggi
Inviato il 13 gennaio 2008 20:40
Godel afferma che nessuna teoria può dirsi perfetta e bastante a sè stessa.

Bene, ma allora nemmeno il teorema di Godel è perfetto e bastante a sè stesso. Si reggerà su determinati assiomi, che possono essere a loro volta messi in discussione

Attento a una cosa: il teorema di Gödel non è un sistema logico, ma un singolo (due, in realtà) teorema all'interno di un sistema logico: è il sistema a non poter essere coerente e completo allo stesso tempo, non il singolo teorema.

 

 

Dire "adesso creo una logica X in cui dimostro che A = non A" è una affermazione logica.

Nessuno invece dice "adesso creo e non creo una logica X in cui dimostro e non dimostro che A = non A"

Questo però non perché la logica sia necessariamente in qualche modo superiore, ma perché abbiamo scelto un mezzo comunicativo che la usa per esprimersi; ovvio quindi che per esprimere qualcosa venga usata, ma questo non per presunte superiorità. O, se preferisci, a monte magari ci sarà la logica classica, ma non per qualche motivo "naturale", assoluto, quanto perché la nostra scelta è ricaduta su una forma comunicativa artificiale che la usa per esprimersi.


S
Ser Balon Swann
Confratello
Utente
7698 messaggi
Ser Balon Swann
Confratello

S

Utente
7698 messaggi
Inviato il 13 gennaio 2008 21:06
Attento a una cosa: il teorema di Gödel non è un sistema logico, ma un singolo (due, in realtà) teorema all'interno di un sistema logico: è il sistema a non poter essere coerente e completo allo stesso tempo, non il singolo teorema.

 

 

Il principio di non contraddizione afferma che "Non è possibile che un predicato inerisca e non inerisca uno stesso soggetto nello stesso tempo e quanto al medesimo significato"

 

Nella sua dimostrazione Godel ha sicuramente rispettato tale principio, e quindi non capisco come abbia potuto negarlo.

 

 

ma non per qualche motivo "naturale", assoluto, quanto perché la nostra scelta è ricaduta su una forma comunicativa artificiale che la usa per esprimersi.

 

Sono dubbioso al riguardo... se per "Assoluto" intediamo un principio valido in ogni tempo e in ogni luogo, per quanto riguardo l'uomo il principio di non contraddizione è sicuramente un assoluto.

 

Penso che sia gli Eschimesi che i Boscimani, i Giapponesi e i Portoghesi non concepiscano frasi del tipo "questo è non è mio padre" "ho deciso di andare e non andare a cacciare un canguro"

 

Credo che anche gli animali, quando comunicano tra loro, si scambino informazioni "logiche" (quando la Marmotta fischia vuol dire "sta arrivando il falco" e non "sta arrivando e non arrivando un falco")

 

Anche la natura infondo è caratterizzata dal principio di non contraddizione: c'è stato il big bang oppure l'universo è eterno (modello stazionario di Hubble, se non sbaglio), non entrambe le cose.

 

 

In definitiva, avremmo potuto arbitrariamente scegliere un altra forma per comunicare e ragionare? magari una bella paralogica? Non credo proprio. La logica e il principio di contraddizione è qualcosa di innato, nell'uomo è in tutte le cose.


M
Mornon
Confratello
Utente
7689 messaggi
Mornon
Confratello

M

Utente
7689 messaggi
Inviato il 13 gennaio 2008 21:29
Il principio di non contraddizione afferma che "Non è possibile che un predicato inerisca e non inerisca uno stesso soggetto nello stesso tempo e quanto al medesimo significato"

 

Nella sua dimostrazione Godel ha sicuramente rispettato tale principio, e quindi non capisco come abbia potuto negarlo

Non capisco il senso di questa replica: non vedo da cosa in quanto detto tu capisca che Gödel avrebbe negato quel principio: il teorema di Gödel ha per oggetto sistemi, non singoli teoremi, quindi sostenere l'incompletezza e/o l'incoerenza del teorema sulla base del teorema di Gödel non ha senso: sarebbe come dire che l'area del cerchio non è πr² perché la geometria dice che l'area del quadrato è L²...

Parentesi: nell'enunciato che dai del principio di non contraddizione aggiungerei almeno "e nello stesso luogo", perché a parità di tempo e di significato un enunciato può essere sia vero sia falso, cambiando il luogo.

 

 

Sono dubbioso al riguardo... se per "Assoluto" intediamo un principio valido in ogni tempo e in ogni luogo, per quanto riguardo l'uomo il principio di non contraddizione è sicuramente un assoluto

In ogni tempo, luogo e contesto: per quanto riguarda l'Uomo nel contesto di una logica ordinaria quanto dici può essere vero, e l'Uomo in generale usa la logica ordinaria; ma questo non toglie che si possano creare contesti paralogici in cui tale principio perde di significato, quindi verrebbe meno l'assolutezza.

Del resto, per portare i tuoi esempi hai usato il linguaggio, ma quello stesso linguaggio prevede la possibilità di negare tale principio: io posso affermare "Il mare è blu e non è blu": violo il principio di non contraddizione? Sí, ma è un'affermazione perfettamente possibile e coerente, nell'ambito linguistico.

Considera anche che ponendosi in una logica polivalente il classico enunciato del principio può cessare di valere.


S
Ser Balon Swann
Confratello
Utente
7698 messaggi
Ser Balon Swann
Confratello

S

Utente
7698 messaggi
Inviato il 13 gennaio 2008 21:59

Riguardo al teorema di Godel: sono sicuro che all'interno del sistema matematico è semplicemente fantastico e ineccepibile, ma le mie perplessità riguardavano il voler estendere il teorema di Godel (come diceva Daven Lannister) anche a tutto il resto.

 

Godel ha elaborato il suo teorema su basi razionali... come possiamo quindi utilizzarlo per mettere in crisi la razionalità?

 

Se è attraverso la ragione che la ragione stessa scopre i suoi limiti, non ne esce forse rafforzata anziché sminuita?

 

 

 

 

In ogni tempo, luogo e contesto: per quanto riguarda l'Uomo nel contesto di una logica ordinaria quanto dici può essere vero, e l'Uomo in generale usa la logica ordinaria; ma questo non toglie che si possano creare contesti paralogici in cui tale principio perde di significato, quindi verrebbe meno l'assolutezza.

 

Considera anche che ponendosi in una logica polivalente il classico enunciato del principio può cessare di valere.

 

 

ok, ma a monte c'è sempre un processo logico di tipo tradizionale.

 

 

 

Del resto, per portare i tuoi esempi hai usato il linguaggio, ma quello stesso linguaggio prevede la possibilità di negare tale principio: io posso affermare "Il mare è blu e non è blu": violo il principio di non contraddizione? Sí, ma è un'affermazione perfettamente possibile e coerente, nell'ambito linguistico.

 

cosa vuol dire... in ambito linguistico posso anche dire "gulp gasp sdjfsdjfjwejfzlsc", e in un contesto adeguato, può essere perfettamente possibile e coerente.

 

La logica indaga il concetto, non la forma esteriore del discorso


X
xaytar
Confratello
Utente
4597 messaggi
xaytar
Confratello

X

Utente
4597 messaggi
Inviato il 14 gennaio 2008 0:09

Per quanto l'argomento sia interessante, vi prego di tornare IT.

Questa lunga discussione ha spaziato su molti temi religiosi, ma proprio per questo è necessario tenerla libera da ulteriori OT per evitare di rendere la sua fruizione ulteriormente difficile.

Se volete continuare la discussione su Godel, sulla razionalità o su filosofie varie, vi esorto ad aprire un nuovo topic.


S
Ser Balon Swann
Confratello
Utente
7698 messaggi
Ser Balon Swann
Confratello

S

Utente
7698 messaggi
Inviato il 14 gennaio 2008 10:57

Non mi sembra poi tanto OT... stiamo cercando di dimostrare/confutare che la razionalità aia qualcosa di Assoluto nella natura umana... il che ha innegabili ripercussioni religiose.


X
xaytar
Confratello
Utente
4597 messaggi
xaytar
Confratello

X

Utente
4597 messaggi
Inviato il 14 gennaio 2008 15:01

Anche la discussione su omosessualità e natura umana ha ripercussioni religiose, non per questo dobbiamo riempire questo topic di tutto e di più. Nulla vi vieta di aprire una nuova discussione su quest'argomento e di linkare eventuali riferimenti precisi; è importante per rendere la lettura più agevole da parte di chi non la segue pedissequamente.

Quindi, ripeto, OT chiuso.


M
Mornon
Confratello
Utente
7689 messaggi
Mornon
Confratello

M

Utente
7689 messaggi
Inviato il 17 gennaio 2008 22:13

Riprendo da Il Papa alla ''Sapienza'':

 

Imposizione, per come la vedo io, c'è nel momento in cui un provvedimento viene preso contro la maggioranza o ignorandone le opinioni

Assolutamente no, altrimenti significherebbe che alle minoranze nulla è imposto: imposizione è imposizione, non è scelta contraria alla volontà della maggioranza, non confondiamo i significati: qualunque obbligo imposto dalla legge è, appunto, imposto. Non per nulla si parla di imporre un obbligo, di imporre una scelta, senza la benché minima condizione su maggioranze o minoranze. La differenza è tra una legge che impone ad alcuni, e una che lascia tutti liberi di scegliere senza danneggiare terzi (eutanasia: se è illegale, chi è a contrario non la usa, chi è a favore non può usarla; se è legale, chi è contrario può ancora non usarla, ma chi è a favore può scegliere di usarla). Il complementare dell'attuale legge, che impone la non eutanasia, sarebbe una legge che impone a tutti di attuarla in determinate situazioni; personalmente non sarei d'accordo, cosí come non sono d'accordo con la legge attuale.

Inoltre, la democrazia è il governo della maggioranza nel rispetto delle minoranze, e la seconda parte non va dimenticata.

 

 

Se tento di innescare un dibattito io non ho volontà di imporre nulla, ho la volontà di far conoscere a tutti un determinato punto di vista

Vero; laddove però tu voglia una legge che obblighi a fare/non fare qualcosa, allora vorresti imporre di fare/non fare quel qualcosa: non ho mai fatto una corrispondenza tra innescare un dibattito e la volontà di imporre, quanto tra il volere che una cosa sia obbligata/vietata per legge e tale volontà; il che è abissalmente diverso.


S
Ser Balon Swann
Confratello
Utente
7698 messaggi
Ser Balon Swann
Confratello

S

Utente
7698 messaggi
Inviato il 15 aprile 2009 21:56

ho appena finito di leggere "disputa su dio", di augias e mancuso.

 

che dire, interessante come confronto tra due persone senz'altro colte e intelligenti, riprende molti temi affrontati su questo stesso forum (anche se devo dire che raramente tocca le nostre vette ;) ), e nonostante talvota si incarti su argomenti che ritengo abbastanza ininfluenti per la "disputa dio", come l'operato della chiesa e la madonna,(troppo cattolico-centrici), mi ha offerto alcuni spunti di qualità.

 

leggendolo mi è venuta in mente un teoria su Dio... la posto qui e attendo le vostre critiche e il confronto dialettico

 

 

i due scrittori sono partiti dall'evoluzione, e sul suo significato in chiave teologica/filosofica.

secondo me ponendosi un falso quesito: l'evoluzione ha uno scopo, un fine?

io parto dall'assunto che l'evoluzione non ha uno scopo, un traguardo, ma l'evoluzione è lo scopo, se proprio vogliamo trovare uno scopo.

il senso della vita organica è il perpetuo mutamento, il processo dialettico tra vita e morte, estinzione e ripopolazione.

l'evoluzione trova un perchè in sè stessa.

 

devo ancora decidere se può essere applicato anche alle cose inorganiche... quel è il senso dell'universo? il mutamento, la trasformazione, il movimento... può essere.

 

 

i due hanno poi rilevato che la vita (e quindi l'evoluzione) si caratterizza per malattia, dolore, sofferenza.

e si sono posti la fatidica domanda: come si concilia Dio con il dolore e la sofferenza? come può Dio volerlo?

troppo cristiano-centrico il quesito, per un tema così universale.

la risposta è che Dio e dolore/morte sono conciliabili benissimo. Anzi potrebbe essere proprio Dio a volerli, in quanto è innegabile che essi siano elementi fondalmentali, strutturali per l'evoluzione. ma lasciamo da parte dio, per il momento.

la lotta per la sopravvivenza, il cercare costantemente di superare avversità e sofferenze, è una delle spinte principali per l'evoluzione, il progresso, il mutamento.

come ha rilevato in astratto hegel ben prima di darwin, tesi, antitesi, sintesi.

 

ma veniamo all'uomo, o meglio all'individuo (o alla singola vita, organica, se vogliamo).

qual è (se c'è) il ruolo e lo scopo del singolo in questo processo?

da un pdv esterno, quello di ingranaggio utile ma non essenziale. Una delle tante rotelline, che attraverso le sue personali esperienze contribuisce al processo dialettico universale.

da un pdv interno, lo scopo è quello che ci si da. In quanto uomini, ci si può dare uno scopo, pur rimanendo, di fatto, un semplice e pressoccè insignificante ingranaggio.

 

e il dolore, la sofferenza, la malattia, come si rapportano con il singolo individuo?

io credo che, se reversibili, questi aspetti possano essere visti come "sensati", fonte e trampolino per un migloramento, per un accresciuta consapevolezza.

se irreversibili, e pertanto inutili al processo dialettico, diventano insensati per il singolo, che dovrebbe cercare di porre fine a questo status di sofferente "stallo".

nota d'attualità: secondo me proprio qui sbaglia la chiesa, nel non capire la differenza tra una sofferenza "costruttiva" e una sofferenza "insensata e inutile".

 

 

ma veniamo all'uomo, di cui non si può non parlare, qualunque sia la disciplina in questione.

nel panoramo dell'evoluzione, credo che l'uomo spicchi per l'incredibile capacità di accellerare e potenziare il processo dialettico.

egli è infatti in grando di procurarsi piaceri notevoli e duraturi, ma anche infliggere e infliggersi sofferenze e crudeltà inaudite, piaceri e sofferenze che a mio avviso hanno contribuito notevolmente alla sua evoluzione.

 

ma se questo è un discorso quantitativo, che di per sè non differenzierebbe l'uomo dalle altre forme viventi se non per dimensioni, veniamo al punto più controverso di questa mia teoria: la capacità dell'uomo di superare i propri limiti biologici.

 

questa caratteristica peculiare dell'uomo è uno dei pochissimi temi su cui mancuso e augias concordano pienamente.

è stato tema di dibattito anche sulla barriera.

i comportamenti "disinteressati" dell'uomo, che vadano oltre l'istinto/il gene altruista (infondo anche molti animali presentano comportamenti disinteressati: proteggere il branco, proteggere i cuccioli), sono realmente "disinteressati", oppure sono solo istinto più complesso, ma pur sempre frutto della propria natura?

 

in passato ho sempre sostenuto questa ipotesi "egoista" (anche il comportamento più disinteressato -es. medico in zona di guerra- sarà frutto di un istinto primordiale e animale: la ricerca del piacere, sublimata in autogratificazione)

 

tuttavia la sicurezza con cui queste due grandi menti (e anche molti barrieristi) affermano il contrario, mi ha fatto riflettere: esiste qualcosa di profondo, tipico solo dell'uomo, che porta appunto a superare la propria biologia, rendendoci capaci di slanci di solidarietà o giustizia che trascendono la nostra natura egosita?

 

personalmente non vedo nulla di tutto ciò in me, ma farò qualcosa che nessun filosofante (credo) abbia mai fatto... mi fido delle altrui sensazioni e convinzioni. prendo atto che in me questa capacità di superare la biologia sia sopita e incapace di esprimersi (e magari non assente come mi sembrerebbe), e ipotizzo che essa possa effettivamente scatursi in talune situazioni in talune persone.

 

una delle parti più interessanti del libro sono le ipotesi elencate da mancuso per giustificare la presenza di questo slancio di giustizia e solidarietà umana, o slanci che sono poi alla base di ogni etica.

1. la natura umana è intrinsecamente buona (o comunque portata-capace verso la solidarietà e la giustizia)

2. per selezione naturale, la solidarietà e la giustizia risultano preferibile alla forza bruta

 

mancuso le contesta entrambe, poichè inadeguate a fondare un etica, e proprone una terza via

sia l'una che l'altra, infatti, si caratterizzano per essere relative, spesso derogabile e di fatto derogate.

non sempre l'uomo è spinto verso la giustizia e la solidarietà, e non sempre esse sono preferibili alla forza bruta.

insomma delle false etiche, piuttosto norme comportamentali, regole del viver comune

 

l'etica, per essere tale, deve essere assoluta, imperativa (v. kant), osservata sempre e non solo nel momento della convenienza o dell'istinto.

 

quindi solo richiamandosi a un etica imperativa e assoluta si può ipotizzare la solidarietà e la giustizia come regola e non come eccezione.

 

c'è quindi la necessità di un valore assoluto, un valore che non possa essere "negoziabile".

qualcosa che non sia solamente caso (un uomo ce l'ha, l'altro no, una volta persegue la solidarietà, la volta dopo no) o necessità (sono solidale perchè è utile)

 

se vogliamo dunque pensare che esistarà una giustizia e una solidarietà che abbracci ogni uomo, e che ogni uomo desidera, dobbiamo appoggiare l'etica a qualcosa di trascendentale, assoluto.

 

in conclusione: se l'evoluzione, la dialettica continua è il senso del tutto, e la sofferenza/dolore nè è parte essenziale e strutturale, l'uomo acquista un posizione del tutto speciale grazie alla sua capacità di reagire a questo lato "negativo", di antitesi, in modo unico e inaspettato, attraverso la giustizia e la solidarietà, in sintesi grazie all'etica.

ma se l'etica si pone non come fatto biologico, ma come qualcosa che la trascende, e vogliamo pensare che forse (utopia, ma infondo è il tema della storia, il cercare di costruire una società migliore) l'etica, l'imperativo categorico un giorno caratterizzerà il vivere civile, dobbiamo poggiare tale etica all'assoluto.

 

il trascendente come passo necessario per l'evoluzione. Dio (nel senso più deista possibile) come passo necessario per un ulteriore "salto" evolutivo.

 

 

ci sono alcuni passaggi che non convincono molto neppure me, però io la butto lì se avete la voglia e la pazienza di leggervi sta pappardella :figo:


Messaggi
1.3k
Creato
17 anni fa
Ultima Risposta
15 anni fa

MIGLIOR CONTRIBUTO IN QUESTA DISCUSSIONE