Urlo, di Rob Epstein, Jeffrey Friedman. Con James Franco, Todd Rotondi, Jon Prescott, Aaron Tveit, David Strathairn. Nel 1955 il giovane poeta Allen Ginsberg ottiene il successo grazie al suo poema poetico Urlo, divenuto in breve tempo manifesto della beat generation. In seguito in un processo si cerca di stabilire se l'Opera sia di valore culturale o soltanto un testo pieno di oscenità. Basandosi sui fatti e sulla cronaca giudiziaria dei tempi, questo semi bio-pic si alterna tra le fasi processuali, interviste all'autore (interpretato da un ormai consacrato James Franco) e deliranti immagini animate che accompagnano l'esposizione dei versi. Ne esce fuori un'opera di non facile assimilazione, resa avvincente dalla potenza che scaturisce dalle parole di quest'autore entrato nella storia della letteratura. Brevi cameo di nuove e vecchie "glorie" nei panni dei testimoni. Originale.
Ahhhhhhh! Voglio vederlo! E' bello come dicono?
Dylan Dog di Kevin Munroe, con Brandon Routh, Sam Huntington, Peter Stormare, Taye Diggs, e Anita Briem.
Dylan chiii?? Ai Platinum Studios ci son voluti ben 12 anni per buttare alle ortiche la licenza del celeberrimo fumetto di Sclavi. Dopo 11 anni di gestazione si è giunti alla stesura finale del copione che non ha nulla a che vedere con il Dylan Dog di Sclavi.
Seppur dall'aspetto particolarmente giovane il Dylan presentato è decisamente postumo alla serie di fumetti. Non vive più a Londra ma si è trasferito a New Orleans, ha abbandonato il lavoro di Investigatore dell'Occulto per un più classico Investigatore Privato che si occupa di tradimenti, ha abbandonato anche il vecchio assistente Groucho Marx (per motivi di Copyright vista la natura particolarmente Low Budget del Film) ed ha anche abbandonato il suo vecchio maggiolone bianco (in realtà è stato semplicemente tinto di nero, anche in questo caso per evitare problemi di Copyright con Herbie). La cosa più deludente è che abbia anche abbandonato la sua natura riflessiva ed introspettiva a favore di una verve molto più da Action Movie,
Quel che ne viene fuori è una sorta di film di Buffy l'Ammazzavampiri in versione maschile, che fa a cazzotti con i Licantropi e scarica decine di pallottole sui vampiri. Il tutto condito con le gag degli Zombie (più adatte ad un film d'animazione) ed un nuovo assistente zombizzato che almeno fa fare qualche sorriso allo spettatore che altrimenti si sarebbe già suicidato per lo scempio compiuto.
Come già detto il film non ha nulla a che vedere con il Dylan Dog originale e la critica italiana ha fortemente stroncato il film, e lo stesso Tiziano Sclavi si è rifiutato di commentare in qualsiasi modo l'opera.
Il film al momento è presente nelle sole sale Italiane, mentre l'uscita internazionale è prevista per il 29 Aprile.
Voto: 4/10
Tamara Drewe - Tradimenti all'inglese, di Stephen Frears. Con Gemma Arterton, Roger Allam, Bill Camp, Dominic Cooper, Luke Evans. Tamara Drewe torna al paesino dove è cresciuta, ritrovo di un gruppo di aspiranti scrittori. Dal brutto anatroccolo che era, ora donna attraente, diventerà ben presto il centro dell'attenzione degli uomini del luogo. Da una graphic novel Frears trae una divertentissima commedia tipicamente british, ricca di frizzante umorismo. Un cast corale immerso in una storia con influenze dal mondo della letteratura, che si trova ad essere lo specchio della realtà, per una delle pellicole più fresche e originali di un autore (quasi) sempre impeccabile. Brillante.
Sound of colors, di Joe Ma, con Tony Leung Chiu Wai, Miriam Yeung Chin Wah, Chen Chang, Eric Kot, Suet Lam, Race Wong, Rosanne Wong. Ming ha una finta agenzia matrimoniale con la quale truffa i suoi clienti. Quando incontra una ragazza cieca, sceglie di aiutarla a trovare un compagno salvo innamorarsi egli stesso di lei. Ma un giorno, inaspettatamente, anch'egli perde la vista. Prodotta da Wong Kar-wai, una commedia sentimentale divertente e spensierata con qualche tocco di dramma. L'amore è rappresentato nelle sue casualità nell'episodio principale e nell'ispirato racconto secondario che si alternano fino alla fine. Una colonna sonora "furba" ma comunque gradevole completa una visione piacevole agevolata dalla presenza di un cast familiare e in buona forma. Leggiadro.
American Life, di Sam Mendes, con John Krasinski, Maya Rudolph, Carmen Ejogo, Catherine O'Hara, Jeff Daniels. Burt e Verona sono una giovane coppia in attesa di una bambina. Dopo aver saputo che i genitori di lui stanno per trasferirsi a vivere in Belgio, intraprendono insieme un viaggio per scoprire quale sarà il luogo migliore per vivere e per crescere loro figlia. Mendes racconta un rapporto di coppia in un viaggio on the road: American Life è un piccolo grande film, fatto di situazioni e personaggi, capace di commuovere e divertire in egual misura. Con uno stile da cinema indipendente, e due volti conosciuti ma non famosi, imbastisce una storia dal sapore semplice ma fondamentalmente ricco di significati sulla vita, sull'amore e sulle difficoltà di essere genitori. Adorabile.
Oltre le regole - The messenger, di Oren Moverman. Con Ben Foster, Woody Harrelson, Samantha Morton, Jena Malone, Steve Buscemi. Il sergente William Montgomery è da poco ritornato dalla guerra in Iraq, con i postumi di un grave incidente. Gli alti comandi l'affiancano al Capitano Tony Stone in un lavoro scomodo: annunciare alle famiglie la morte dei loro cari uccisi. Moverman, che ha militato nell'esercito israeliano, dirige un film "difficile": non tanto per il tema trattato, ormai già sviscerato ampiamente dal Cinema americano, indipendente e non, quanto per l'evoluzione degli eventi. Succede poco o nulla, e nonostante l'attenzione sia ovviamente concentrata sulle psicologie dei due protagonisti, e sul loro modo di affrontare questo "sporco" lavoro, la parte centrale soffre di un'eccessiva lentezza. Lodevoli gli intenti, ma nulla di nuovo sotto il sole. Cast a momenti alterni, Harrelson in gran forma, una brava Morton sempre più massiccia, Buscemi sublime in un breve cameo, mentre appare fuori ruolo per la parte Ben Foster. Sopravvalutato.
Rabbit Hole, di John Cameron Mitchell. Con Nicole Kidman, Aaron Eckhart, Dianne Wiest, Tammy Blanchard, Miles Teller. Becca e Howie Corbett non riescono a superare la morte del loro figlio di quattro anni, scomparso da otto mesi in un incidente. In modo diverso cercano di ritrovare un modo per continuare convivendo con la tragica perdita. Mitchell indaga con una certa abilità nei meandri del dolore, riuscendo a esprimere il massimo potenziale dai suoi interpreti, con una Kidman finalmente ritornata ai fasti del passato. Nonostante la drammaticità dell'evento il ritmo è comunque avvolgente, e sono scongiurati i passaggi a vuoto, garantendo una visione gradevole e intensa. Catartico.
Paranoid Park di Gus Van Sant con Gabe Nevins, Daniel Liu, Jake Miller, Taylor Momsen
Alex, ragazzo sedicenne appassionato di skateboard, uccide per sbaglio una guardia mentre stava facendo una bravata con degli amici. Deciderà di non dire nulla a nessuno, ma il peso di ciò che ha fatto non potrà che tormentarlo di continuo. Film a doppio impatto, da un lato poco appassionante e noioso, dall'altro visivamente superbo. La regia è infatti di sicuro l'aspetto più riuscito e diverse sequenze rimangono impresse per la loro forza e per la capacità di impressionare, pur senza mostrare una violenza particolarmente esibita. Mi riferisco nello specifico alla scena dell'omicidio, tragica ma allo stesso tempo "pulita". La violenza dei personaggi e delle situazioni è più desunta dalle espressioni, dalle musiche, dai dialoghi e dal montaggio, piuttosto che essere esplicita nella propria manifestazione plastica. Tuttavia è anche vero che la vicenda in sè risulta poco interessante, a tratti troppo lenta e senza che venga mai data un'effettiva importanza alla trama in sè. La trama è cioè un mezzo per raccontare i problemi, le paure e le ansie dell'adolescenza di un ragazzo (cosa che riesce anche molto bene), ma è in sè stessa debole e abbastanza "già vista". VOTO: 3/5
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
Shaolin, di Benny Chan, con Andy Lau, Nicholas Tse, Jackie Chan, Fan Bingbing, Xing Yu. In una Cina in preda agli scontri tra i signori della guerra, uno di questi perde la propria famiglia tradito da un rivale. Trova rifugio presso un tempio shaolin, ed insieme ai monaci guerrieri si opporrà al nuovo tiranno e agli invasori occidentali. Spettacolone in costume che mantiene le premesse. Azione spettacolare, eleganza nelle scenografie, musiche evocative per una classica avventura orientale, che non rivoluziona il genere ma si fa piacevolmente apprezzare. Andy Lau in versione "pelata" è sempre rassicurante, ed anche il corposo cameo di Jackie Chan ha il suo perché. Soddisfacente.
13 Assassins, di Takashi Miike, con Kôji Yakusho, Yusuke Iseya, Tsuyoshi Ihara, Takayuki Yamada, Sosuke Takaoka. Tredici samurai hanno il compito di uccidere Lord Naritsugu, fratello dello shogun, un uomo spietato e crudele. Ma Naritsugu è protetto da un esercito fedele di oltre duecento uomini, e i samurai sanno che difficilmente sopravviveranno alla loro missione. Miike alle prese col remake del classico di Eiichi Kudo riesce nell'impresa di realizzare un film epico e avvincente, che riesce a coinvolgere fino all'ultima scena. Non disegna di inserirvi dei brevi, schizzati, lampi del suo Cinema, e la lunga battaglia finale, con centinaia di comparse su schermo, è a dir poco magnifica. Una lotta tra il bene e il male, tra la guerra e la quiete che il maestro nipponico ha trasportato, con rispetto, in una nuova pagina di Grande Cinema. Impeccabile.
Bunker Palace Hotel, di Enki Bilal. Con Jean-Louis Trintignant, Maria Schneider, Roger Dumas, Yann Collette, Philippe Morier-Genoud, Hans Meyer, Carole Bouquet, Jean-Pierre Leaud. In un prossimo futuro l'umanità è vicina all'estinzione a causa dei conflitti nucleari. Un gruppo di aristocratici sceglie di rifugiarsi nel Bunker Palace Hotel, ignorando che nell'edificio alloggia anche una donna, leader della rivolta popolare. Bilal, apprezzato fumettista, trasporta su schermo atmosfere visionarie che si concentrano più sulle psicologie e i comportamenti dei personaggi che sulle ambientazioni, comunque suggestive anche se limitate quasi totalmente all'interno di quattro mura. Una Carole Bouquet, in un look da maschiaccio coi corti capelli rosso shocking, è il fiore all'occhiello di un cast impeccabile, su cui spiccano due stelle d'Oltralpe del calibro di Trintignant e Leaud, quest'ultimo in un breve ma azzeccato cameo. Apocalittico.
The Wrestler di Darren Aronofsky con Mickey Rourke, Marisa Tomei, Evan Rachel Wood, Mark Margolis
Randy "The Ram" Robinson è un ex stella del wrestling caduta in disgrazia. Dimenticato da tutti, lasciato dalla moglie e tenuto a distanza dalla figlia, vive solo e in povertà, continuando a esibirsi come wrestler in incontri minori. Ma a un certo punto della sua carriera dovrà per la prima volta fare i conti con la salute e la possibilità di mantenersi con un'occupazione più normale e tranquilla. Questo lo porterà anche a cercare l'amore di una donna e a recuperare un rapporto con la figlia. Ma cercare di adattarsi a questo nuovo tipo di vita non sarà affatto facile e il pericolo di un fallimento sarà sempre dietro l'angolo. Un film commovente e profondo che colpisce per la sua semplicità, sia tematica che stilistica. La parte del leone la fa Mickey Rourke con questo personaggio decadente, un vero fallito, fondamentalmente un disadattato sociale che trova la propria identità solo in un mondo finto e costruito come quello del wrestling. A questo proposito ammirevole è lo sforzo di ricostruire nel dettaglio i meccanismi e i dietro le quinte di uno sport che è vero e proprio teatro, in cui ogni combattente recita a canovaccio e indossa una "maschera". E' un mondo dove non esistono persone, ma solo "personaggi" che si picchiano tra di loro per la sadica gioia del pubblico, ma che nel frattempo intrattengono tra di loro rapporti di stima e rispetto di tipo "militaresco". Solo tra i suoi colleghi Randy si sente a proprio agio, il mondo borghese gli è del tutto estraneo e lo respinge con forza. Ed è in questo quadro che emerge prepotentemente l'interpretazione di Rourke, calato talmente nella parte da sembrare di condividere molto con il personaggio che interpreta. VOTO: 4/5
« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »
Immortal (ad vitam), di Enki Bilal. Con Linda Hardy, Thomas Kretschmann, Charlotte Rampling, Frédéric Pierrot, Thomas M. Pollard. New York, 2095. Da una piramide fluttuante nel cielo da diversi anni, il dio Horus torna sulla terra per ingravidare una giovane e misteriosa ragazza dai capelli blu che non ha ricordi del suo passato. Per farlo però la divinità deve entrare nel corpo di un detenuto risvegliato dall'ibernazione, mentre sulle loro tracce intrighi di potere si mescolano a misteri insondabili. Ispirato a delle sue stesse graphic novel, Bilal dirige il terzo film della sua carriera da regista. Immortal (ad vitam) è un'opera che non è facile comprendere, in una commistione di Cinema d'autore e pura visionarietà sci-fi. Non ad uso e consumo del pubblico medio, è in realtà ricca di spunti d'interesse, in una quasi sorta di noir futuristico che tira in ballo addirittura i dei egizi. Effetti speciali raffinati, nonostante la CG volutamente fumettosa nel design di alcuni personaggi, riescono ad ambientare al meglio in questa New York iper-tecnologica. Di una bellezza quasi sovrumana l'affascinante Linda Hardy, ligio al suo compito Kretschman, con una Charlotte Rampling sempre splendida. Mistico.
http-~~-//www.youtube.com/watch?v=rl9pSJYXBsk&feature=related
Io ho il fumetto originale...la trama è un'altra completamente, in comune hanno solo l'ambientazione.
Last night, di Don McKellar. Con Don McKellar, Sandra Oh, Sarah Polley, David Cronenberg, Calvin Keith Rennie, Geneviève Bujold. Il mondo è prossimo alla fine, che avverà a mezzanotte in punto. Le esistenze di diverse persone si incrociano nelle ore che precedono l'oblio. Un film piccolo ma ricco di grande umanità, attraverso profili psicologici assai diversificati ma del tutto credibili nella loro esasperazione pronta all'inevitabile. Tra dramma e umorismo si attende la catastrofe, di cui le cause rimangono nascoste anche dopo la fine, e ci diverte con un pizzico di amaro. Buona prova da parte del cast, con Cronenberg prestato per l'occasione al ruolo di attore. Gustoso.