mettile insieme...in fondo sono tutte povere idee imprigionate nella tua testa :P
Quella era proprio una delle idee...
CONTEST DI SCRITTURA CREATIVA - PRIGIONIERO
Piccolo incipit: queste poezzo è stato scritto di getto e non è stato sottposto a nessuna revisione stilistica. E', a tutti gli effetti, un parto mentale e forse una piccola catarsi. Prendetelo così com'è " />
Le onde scure si infrangono ai miei piedi, facendo eco al vento; brandelli di nuvole grigie si strappano sulle punte dei grattacieli e scappano via lasciando un ululato senza inizio né fine.
L’orizzonte, appena sotto le arcate del ponte, è una linea spezzata dallo smog e dalla palla putrescente del sole che affonda portandosi dietro un altro giorno anonimo.
Folate cariche della schifosa entropia di questa città mi scompigliano i capelli – da quant’è che non faccio una doccia? – e la giacca; il freddo mi gela le ossa.
Non posso vederle, girato di spalle come sono, ma le sento: povere cellule morte che strombazzano correndo per le vene d’asfalto di quest’immenso zombie abbandonato in riva a un mare velenoso.
Respiro, inalando un altro po’ di fumo dalla sigaretta, poi la getto in acqua e la guardo galleggiare su e giù mentre si allontana.
Libera….
Sogghigno e scuoto la testa: anche lei è una povera illusa, usata e gettata, e ora in balia di un qualcosa di così grande che nemmeno riesce a concepire. Forse le resta la soddisfazione di aver tolto qualche giorno di vita a un altro condannato.
Il buio si avvicina a grandi passi; le prime stelle fanno capolino, soffocate dalla violenza delle luci di quaggiù. Mi chiedo cosa vogliano mai dirci con quel loro pulsare indifferente e lontano; forse che niente è davvero importante.
Getto un ultimo sguardo alla distesa di acque torbide e m’incammino verso casa mentre l’inutile cacofonia del genere umano inghiotte i miei pensieri, e il mio viso si mescola tra migliaia d’altri come una voluta di fumo.
La libertà è solo un’illusione.
Dedicato alle colline sopra Torino.
Complimenti, Mortarion: era la mia idea!!! " />
Ma sono contento che l'hai usata tu: non sarei riuscito a fare una cosa così bella.
Contest di scrittura creativa: Prigioniero
"Il prigioniero ha chiesto un foglio di carta e una penna," annunciò con un certo imbarazzo il secondino. Era grasso, sudato, mal rasato, e non guardava mai negli occhi. Il capo delle guardie alzò appena lo sguardo, fermandosi a metà nella firma di un documento. "Ebbene?"
Il secondino si dondolò a disagio sulle gambe: "È permesso dargliele?"
Il capo mise giù la penna: "E cosa se ne fa?"
Il secondino esitò appena prima di rispondere: "Dice che vuole scrivere una poesia."
"Una poesia?"
"Ha detto così," confermò il secondino in tono di scusa.
Il capo delle guardie scosse la testa: "È un prigioniero politico. Un controrivoluzionario, un facinoroso, un terrorista. Non deve comunicare con nessuno. Potrebbe stabilire un contatto con l'esterno. È assolutamente fuori questione."
Il secondino si asciugò il sudore dalla faccia con un gesto sinuoso e rabbioso della mano aperta, che poi passò sulla divisa mal lavata: "Credo che voglia solo scrivere una poesia," mormorò.
"E se fosse un messaggio in codice?" Il capo delle guardie completò la firma sul documento, poi lo sfogliò per passare a un altro: "Va bene, va bene," aggiunse sbrigativo, "dagli pure ciò che vuole. Ma poi fatti consegnare tutto, e porta qui. Per un controllo."
Il secondino scattò al suo meglio sull'attenti: "Sarà fatto!" La posizione eretta non era quella più congeniale per lui. Si voltò in fretta, e uscì incespicando dalla stanza.
"Signore... Ecco la poesia del prigioniero. Come ordinato."
Il capo delle guardie si voltò a guardarlo, dopo aver riposto un libro nello scaffale: il viso del secondino era più sudato del solito. Disgustoso, pensò. In mano teneva un pezzo di carta mezzo gualcito. "Da' qua," ordinò, avvicinandosi.
"È bellissima," aggiunse il secondino con voce stridula, porgendogli il foglio. Il capo fissò con più attenzione quelle guance gonfie: non era sudore - erano lacrime.
"Che ti succede, soldato?" disse, ironico, strappandogli il foglio di mano. Gli voltò le spalle, e si mise a leggere, camminando lentamente. Si fermò. Continuò a leggere, in piedi, la testa china. Infine, dopo un lungo silenzio, si raddrizzò: "Non è un codice," disse, appena inceppandosi con la voce.
"Posso dargli altra carta?"
Il capo si voltò di scatto, fissando il secondino con una furia che pareva non riuscisse ad accendersi. Poi si avviò alla scrivania. Si sedette. "Ne vuole ancora?"
"Sissignore," biascicò il grassone, quasi come in preghiera. Il capo fece un lieve cenno d'assenso. Il secondino non riuscì a reprimere un sorriso, mentre salutava militarmente. Uscì asciugandosi le lacrime.
Il secondino era di nuovo lì. Il suo corpo pareva rattrappito, il volto contratto come dopo un attacco chimico. Tendeva il foglio con un braccio tremante. Il capo delle guardie si allungò sulla scrivania e lo prese. Mentre leggeva, il secondino se ne stava lì, scosso da singhiozzi che non riusciva a controllare. Terminata la lettura, non si mossero per molto tempo. Il silenzio era interrotto a tratti solo dal gocciare dei singulti. Il capo infine aprì un cassetto, ne estrasse un foglio di carta pulito, e glielo tese.
Il secondino entrò senza bussare, e ansimò: "Signore! Il prigioniero...!"
"Che è successo?"
"È fuggito, signore!" disse il secondino, trafelato, salutando, inciampando, mettendosi sull'attenti. "Il muro... sfondato... come una bomba!"
"Come, sfondato?"
"Una breccia. Enorme! Deve essere uscito di lì." Faticava a riprendere fiato. Sussultò, e gli porse d'impulso un pezzo di carta: "Ho trovato questo, sul pavimento..."
Il capo non si mosse: la sua faccia era livida. "Leggilo! Che c'è scritto?"
Il secondino cominciò a leggere. Le parole uscirono, e danzarono nella stanza, riempiendola di desiderio, incanto, amore, passione, orrore insondabile. L'espressione del capo delle guardie era quella di un bambino spaventato. Al secondino si strozzò la voce in gola. Uno scricchiolino, un crepitio, un improvviso boato: caddero calcinacci, mattoni, si spezzarono con lunghi gemiti le armature del cemento. E le mura della prigione iniziarono a sgretolarsi attorno a loro.
Uhm... grazie Mortarion! Ma cosa vuol dire "sensei"? È una parola giapponese? " />
Sì, mi è piaciuto scrivere questo pezzo. Mi è venuta improvvisamente l'idea da ubriaco. E l'ho scritto da ubriaco! " />
Uhm... grazie Mortarion! Ma cosa vuol dire "sensei"? È una parola giapponese? " />
Sì, mi è piaciuto scrivere questo pezzo. Mi è venuta improvvisamente l'idea da ubriaco. E l'ho scritto da ubriaco! " />
Sensei = Maestro in giapu " />
Del resto comprendo perfettamente la molla che ti ha spinto: io ero stradepresso quando ho scritto il mio
Ah, ecco! Tutto si spiega - io conoscevo solo il termine kohai (il che la dice lunga...)Sensei = Maestro in giapu " />
Qua la mano, fratello! " />Del resto comprendo perfettamente la molla che ti ha spinto: io ero stradepresso quando ho scritto il mio " />
Anche io ,a testa molto bassa, ti faccio davvero i complimenti.
Snello, scorrevole, distruttivo.
" />
aaaaaaah, il potere della pesia (e delle parole) " />
Diamine ragazzi, questo contest è deserto! Mancavo da un bel po', e mi aspettavo chissà quanti racconti arretrati...mi avete proprio deluso!
Però io sono per la qualità e non per la quantità, quindi mi complimento sia con Mortarion che con Tyrion. Soprattutto con Tyrion, che mi è piaciuto tantissimo. Il mio voto è sicuramente tuo " />
Appena tornata dalla Polonia cerco di buttare giù un pezzo prima che termini il contest. E' proprio veloce, prima che il sonno mi colga dopo una notte in aeroporto e solo 4 ore di sonno (sparse in giro per i voli) a partire da ieri mattina
Settimo contest di scrittura creativa: prigioniero
Erano solo 90 x 90 cm. Adesso capiva cosa dovevano provare gli animali in gabbia che aveva visto una vita prima al mercato. La cella era microscopica: per entrare si erano dovuti praticamente mettere a carponi. Erano in quattro in quella prigione, o per lo meno, altri tre erano entrati con lui. Sentiva alla sua sinistra la pressione di un braccio, ma non c’era alcun respiro ad accompagnarla. Nella parete opposta tutto taceva. Non si era sentito nulla, nessuno aveva abbandonato la posizione eretta per scivolare a terra: la morte era arrivata silenziosa, levando solo il respiro, il battito del cuore.
La chiamavano punizione speciale, in realtà era solo un altro modo per sterminarli. I nazisti avevano davvero fantasia nel creare nuovi sistemi di annientamento.
Era un pensiero cinico, ma era grazie a questo che era sopravvissuto per quasi un anno. Il numero tatuato sul suo polso, 1098, indicava che era un veterano del campo: solo col cinismo e l’egoismo era riuscito ad arrivare vivo fino a quel momento.
E poi si era giocato tutto, da perfetto idiota. Per aiutare quei nuovi arrivati, appena usciti dall’adolescenza. Il campo li avrebbe eliminati in poco tempo: probabilmente non sarebbero sopravvissuti nemmeno al periodo di “preparazione”. Ne aveva visto tanti in quello stato.
Perché aveva cercato di aiutarli? Perché aveva cercato di portare loro del cibo, facendosi coinvolgere dai suoi tre compagni di sventura.
Era stato uno sciocco. Se la morte non arrivava entro l’alba sarebbe iniziato un nuovo giorno di torture. Tanto sapeva di non avere scampo.
Mancava poco al sorgere del sole, lo sentiva. Aveva da tempo imparato a sentire i cambiamenti del tempo dentro di lui. Questa sensibilità era estesa anche al suo corpo: il cuore batteva piano, il respiro si faceva più faticoso…restavano solo pochi minuti. Dio era stato misericordioso: i soldati non lo avrebbero trovato vivo.
I suoi ultimi pensieri andarono a quei ragazzi che aveva cercato di aiutare. Probabilmente sarebbero morti tutti entro la settimana. Eppure nei loro occhi aveva letto l’innocenza ancora intatta, la stessa che un anno prima aveva negli occhi suo figlio mentre scendeva dal treno, aggrappandosi esausto alla madre.
Adesso i respiri erano davvero gli ultimi. Ma si concesse un sorriso prima di chiudere serenamente gli occhi: il campo non aveva vinto. L’anima era ancora viva.
Vabbè, Erin, l'idea ovviamente funziona ma si capisce che con sole 4 ore di sonno, e scrivendo in fretta e furia... non viene bene come potrebbe. Non ha importanza: alla fine ho sentito quell'emozione che doveva darmi. Mi ha fatto quasi arrestare il respiro. Come al prigioniero.
Dunque...
Lord Mortarion: forseè un po' troppo poetico per i miei gusti... oppure non l'ho capito del tutto, mia spieghi bene il significato? (magari sono tonta io, che l'ho pure letto ieri notte " /> )
Tyrion: Fino alla parte finale mi piaceva assai. Dopo c'è stata una leggera "delusione", diciamo che non speravo tanto in qualcosa di così surreale e simbolico, avrei preferito una situazione più razionale. La scrittura è abbastanza buona, almeno all'ora in cui l'ho letto di difettini ne ho notati molto pochi.
Erin: per la scrittura, stesso discorso di Tyrion. Il contenuto mi piace, si addice ai miei gusti e mi è arrivato abbastanza.
rileggendolo con un pò di sonno recuperato, mi rendo conto di parecchi errori di battitura e distrazione che potevano essere evitati. Ma una seconda rilettura sarebbe stata inutile, non c'ero con la testa. Tuttavia come ho visto il titolo ho voluto provare a scrivere. Durante il viaggio in Polonia sono infatti andata ad Auschwitz e ho davvero visto una di quelle celle 90x90 e sono state tra le cose che mi hanno impressionato (e angosciato) di più di tutta la visita. Ho avuto immediatamente il collegamente e mi dispiaceva non esternare un'emozione forte come quella che avevo provato.
Sono felice che sia riuscita ad arrivarvi.