Spero vivamente di leggere ancora Idriel, misterpirelli e Cavalier Stampella, forza ragazzi che il termine è prossimo
Io ci sono quasi... solo ancora qualche revisione... " />
A differenza di altri che si divertono a scrivere di getto (che va benissimo) io sono uno di quelli che si diverte a rivedere il testo. Motivo per cui ogni tanto mi sfugge di mano, come questa volta, dove a forza di correzioni non riesco più a leggerlo in modo 'oggettivo'.
Ma fa niente, mi sono stancato. Ora pubblico il racconto così come è (anche perché non ho altra scelta)
Forse lo sviluppo è un po scontato, ma che vi devo dire... all'inizio volevo fare evolvere la storia in modo completamente diverso ma poi è venuto fuori questo. Non so se ciò sia un bene o un male.
Ovviamente accetto critiche di ogni tipo.
Contest di scrittura creativa
Traccia: L'Altro...
Battute: 4936 con OpenOffice
Titolo: Storia di un pessimo guerriero.
Era il guerriero più vile mai giunto sotto le mura di Ilios, o almeno, questo era quello che si vociferava tra gli accampamenti degli Achei.
'Tersite, lo storpio' lo chiamava qualcuno, oppure, 'Tersite, lancia spezzata.'
Si narra che fosse talmente deforme da non sembrare più del tutto umano, ma piuttosto un aborto generato dentro le viscere di Kronos stesso, uno scherzo rigurgitato dagli inferi dell'Ade tanto per ricordare ai mortali quanto gli Dei sapevano essere crudeli.
Vi racconterò un frammento della sua vera storia.
***
Qualcosa era cambiato.
Isilea se ne era accorta sin dal mattino, sin da quando aveva visto tornare i primi soldati dal raduno del sire. Era cambiato l'atteggiamento dei compagni verso Tersite, avevano smesso di spintonarlo e prenderlo a calci, ed erano anche spariti gli sputi.
Anche se a quell'ora, Isilea non vi aveva prestato troppa attenzione, ancora non sapeva che avrebbe dovuto ucciderlo.
Ma ora che era giunto il momento di affondare la lama, ora che lo storpio se ne stava a pochi passi da lei, di spalle, solo e circondato dal buio della spiaggia, Isilea si dovette fermare. Era come se la mano che nascondeva il pugnale si rifiutasse di obbedire. Lei rimase immobile, rannicchiata tra gli arbusti spinosi.
Eppure lo sapeva di non avere molto tempo.
Ad oriente, Ilios troneggiava solitaria. A quell'ora, il mantello di mura appariva come una coltre nera levigata dal fiato di un ciclope. Stava succedendo qualcosa sulle torri, i focolari brulicavano più del solito.
- E allora che cosa stai aspettando?-
Infine fu la voce di Tersite a spezzare il ronzio del mare.
Isilea non rispose, insicura se lo storpio si fosse davvero rivolto a lei. Strinse l'impugnatura del pugnale e si limitò ad osservare.
- So che sei lì, anche se non ti vedo. Vieni fuori, se devi proprio farlo...-
A quel punto, Isilea prese una decisione. Sgusciò fuori dal buio degli arbusti e a passi lenti si portò di fronte a lui. Non avrebbe ingannato quell'uomo, lo avrebbe ucciso con onestà, come nel disegno della Madre.
Sotto la luce della luna, il viso di Tersite appariva più informe del solito. Era come guardare un mosaico di ombre e luci traballanti, si faticava a distinguere il naso dalle altre sporgenze del suo viso, anche se i suoi occhi brillavano caldi e ben visibili.
- Pensavo di morire domani- disse lui - Davvero. Pensavo che mi avrebbero fatto morire domani, all'assalto e in prima linea, nudo e senz'armi. Tanto per ricordare agli altri come si muore da prodi soldati...-
Smise di parlare e sputò per terra, ma non si stava comportando come un uomo pronto a combattere. Non si era neanche alzato dalla sabbia. - Invece hanno deciso di farmi sparire nella notte. Capisco, qualcuno vuole che non si parli mai più di me. Dunque chi ti ha mandato?- La scrutò per qualche secondo ma poi scosse subito le spalle.
- Non importa- concluse - Agamennone prode stupratore, Menelao il cornuto, Odisseo signore dell'inganno... Dovevi vederli oggi: ho fatto tremare di rabbia tutti quanti. Peccato lo sterminatore di popoli non abbia potuto venire, ma poco importa. Che vadano tutti a smarrirsi tra i mari.-
Isilea annuì, quasi volesse segnalargli che capiva. Si sentì in dovere di dire qualcosa, prima di procedere.
- Hai dimostrato uno strano coraggio, oggi. Quello che hai fatto, non lo aveva mai fatto nessun guerriero. Hai giurato davanti a tutti che non avresti mai più impugnato un arma, ne per Ilios, ne per nessun'altra città o villaggio o donna.... neanche per la tua stessa vita. Che senso ha...? In giro si racconta di come tu abbia spezzato la lancia proprio di fronte agli occhi del tuo sire.-
- Gli ho detto che cosa pensavo veramente di lui.-
- Proprio tu. Dal giorno in cui mi hanno portata qui, io ti ho osservata. Non hai mai risposto. Hai sempre subito in silenzio, ogni insulto, ogni nefandezza dei tuoi compagni. Come mai proprio davanti ai tuoi re?-
Dalla sabbia, Tersite sollevò quel pezzo di lancia che gli era rimasto. Lo raccolse tenendolo per la punta e rimase a guardarlo per qualche secondo. Poi, con fare deciso, lo fece svolazzare in aria verso le onde del mare.
- Ne avevo abbastanza.-
Non c'era altro da dire.
Isilea decise di non fargli vedere la lama.
Chiese aiuto alla Madre, mosse l'ultimo passo verso di lui e si portò vicina, talmente vicina da avvertire il suo fiato, vicina abbastanza da sentire il cuore di quel essere pulsare fragile contro il suo seno.
'Dea Madre...', mormorò.
Realizzò in quel unico istante che cosa la stava trattenendo...
Fu la verità forse più amara per lei. Avrebbe voluto continuare a stringerlo e basta.
Ma poi fece quello che deve fare un guerriero.
Quando il corpo di quell'uomo si afflosciò, lo tenne fermo tra le sue braccia ancora molto tempo.
- Narrerò il tuo nome- gli sussurrò.
Si asciugò gli occhi con la punta del mantello e volse lo sguardo verso Ilios, insanguata nel rossore del mattino.
- Narrerò il tuo nome.- disse di nuovo - Narrerò il tuo nome...-
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CSC23
Ehi! ...
Ragazze e ragazzi, ma da piccoli la mamma mettendovi a nanna vi leggeva Dylan Dog?
Ho letto tutte Vs. narrazioni, e come già detto in precedenza, mi avete fatto vergognare del mio, quindi l’ho preso e l’ho ficcato nel cassetto, così per smorzare quest’atmosfera “dark” ho deciso di raccontare una storiella semplice semplice, e se vi aggrada potete a vostra volta raccontarla ai vostri piccoli quando li mettete a letto.
Detto ciò, mi rannicchio nell’angolo in basso alla destra del monitor.
Sì, sì, quel puntino nero che vedete laggiù in fondo sono proprio io, non è una cacchina di una mosca, che di passaggio, ha lasciato sul vostro schermo.
" /> Faccio un bel respiro profondo; ora sono pronto, e voi potete partire con le vostre stroncature.
" />
XXIII Contest di scrittura creativa.
Traccia: L’altro.
Titolo:
IL MURO
C’era una volta, ma forse c’è ancora un paese diviso in due da un muro.
Era un muro alto, massiccio, grigio e minaccioso. Mai, proprio mai, nessuno aveva osato scavalcarlo. Nel muro non c’erano passaggi, porte o cose simili. Neanche un buchetto piccolo piccolo. Quelli che erano nati da questa parte del muro non avevano mai visto quelli che erano nati dall’altra parte e viceversa.
Gigi abitava da questa parte del muro. Era un bambino gentile, con gli occhi castani e i capelli biondi. Era stufo di giocare sempre da solo nel cortiletto della sua casa, che era stata costruita proprio al confine con il famoso muro.
«Perché non posso andare a giocare dall’altra parte del muro?», chiese Gigi, un giorno, alla mamma.
«Perché di là ci abita della gente molto cattiva» rispose la mamma. «E se non mi credi chiedilo a tuo padre».
Allora Gigi andò a trovare il padre nel suo laboratorio.
«Papà perché non posso andare a giocare dall’altra parte del muro?».
«Perché di là ci abita della gente molto cattiva» sentenziò il padre.
Gigi ritornò a giocare da questa parte del muro, ma comunque la tentazione di dare almeno una sbirciatina al di là dal muro era diventata troppo forte.
Un giorno mentre giocava a ridosso del muro vide che il cemento era scheggiato e, quasi con indifferenza, infilò la sua paletta sotto un grosso frammento di calcestruzzo. Il pezzo di cemento si alzò e venne via con estrema facilità. A quel punto Gigi cominciò a scavare con determinazione finché riuscì a fare un buco che gli permettesse di passare dall’altra parte. S’infilò nel buco e passò oltre il muro, quando la sua testolina emerse nel prato di quella parte del muro, vide che c’era un cortile, una casetta e un bambino di otto anni con capelli biondi e gli occhi castani.
Il Gigi dell’altra parte del muro quando lo scorse gli andò in contro e subito strinse amicizia con il Gigi di questa parte del muro, dopo di che lo portò a visitare il suo nascondiglio segreto dove era solito a giocare.
«Io ho un fratello, una sorella e un cane», gli disse Gigi dell’altra parte del muro.
«Proprio come me», gli rispose Gigi di questa parte del muro.
Dopo aver giocato per un bel po’ Gigi dell’altra parte del muro, chiese all’altro Gigi se voleva visitare la città. Così Gigi con l’altro Gigi andarono a passeggio in lungo e in largo per le vie della città dell’altra parte del muro.
«Ti comprerei un gelato ma i miei si sono dimenticati, come il solito, di darmi la paghetta della settimana», gli disse Gigi.
«Anche i miei», disse l’altro Gigi.
«Io non me la cavo troppo bene in aritmetica ed ho un po’ paura del buio, così di notte dormo con una lucina accesa sul comodino e tengo la porta socchiusa della mia cameretta», disse Gigi.
«Proprio come me», gli rispose l’altro Gigi.
All’imbrunire i due ragazzi si presero a braccetto e ritornarono presso il muro, si guardarono, i loro occhietti erano lucidi, lucidi, ambedue nel loro intimo sapevano che la loro avventura non avrebbe avuto più seguito.
Infine fu Gigi dell’altra parte del muro a rompere il silenzio e con voce roca disse: «Bisogna sempre stare attenti, perché ci sono delle persone spaventosamente cattive».
«Dove sono tutte queste persone spaventosamente cattive?», chiese Gigi di questa parte del muro.
«Stanno dall’altra parte del muro», gli rispose Gigi.
«Proprio come dicono i miei genitori», rispose Gigi di questa parte del muro.
Poi finalmente Gigi prese il coraggio a due mani e s’infilò di nuovo nel buco, e ritornò a casa sua da questa parte del muro.
Entrò in casa facendo finta di niente, ma la sua fuga era stata notata.
Papà e mamma erano là che lo aspettavano con le mani sui fianchi e il cipiglio delle grandi sgridate.
«GIGI!», tuonarono all’unisono, «TU SEI STATO DALL’ALTRA PARTE DEL MURO!».
«Sì», rispose Gigi.
«DALLA PARTE DEI CATTIVI!».
«Sì», rispose Gigi.
«E ALLORA», gridarono, «COME SONO?».
«Proprio come noi», rispose Gigi.
CSC23
Oh meno male che sono giunti altri racconti a poche ore dalla scadenza! E molto belli tra l'altro!
misterpirelli ha scelto la mitologia classica, un argomento che mi piace tantissimo "> e mi è piaciuto anche come l'hai sviluppato, di solito i guerrieri e gli Dei sembrano agire quasi senza pensare (almeno se ripenso ai miti che ho letto la mia impressione è questa), invece tu hai espresso i pensieri e i sentimenti sia di Tersite che di Isilea in modo da renderli più vicini a noi...
Cavalier Stampella, hai fatto bene a stemperare l'atmosfera dark "> la storia dei due Gigi è molto attuale, credo capiti a tutti prima o poi di farsi dei pregiudizi e delle false convinzioni sulla base dei "sentito dire" e poi di ricredersi una volta che si ha il coraggio di andare al di là del muro... Mi è piaciuta davvero tanto, anche lo stile in cui l'hai scritto!
Ovviamente accetto critiche di ogni tipo.
" /> Faccio un bel respiro profondo; ora sono pronto, e voi potete partire con le vostre stroncature.
Tranquilli ragazzi, più di 20 racconti tra questo e l'altro contest, centinaia di commenti, e l'unico ad aver scritto qualcosa di diverso da "mi è piaciuto tantissimo!" e "bellissimo!"...sono stato io.
Devo ancora leggerli, ma se la scampate con me, è fatta.
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L'uomo dai due spiriti
XXIII Contest di scrittura creativa
Improvvisamente si fermò, sopraffatto dal dolore. Si accasciò a terra non sentendo più nemmeno la terra a sorreggere il suo corpo, dilaniato da infinite ferite invisibili. Molti hanno il coraggio di lamentarsi, di considerare drammi le cose più banali, ma se mai avessero anche solo scorto quell'anima straziata, sono certo che tutti i loro problemi sarebbero sembrati nulla in confronto al suo orribile destino. Si dice che le ferite peggiori siano quelle dell'anima, perché non si rimarginano in nessun modo, ma vi sono anime talmente ferite da non riconoscere più nemmeno se stesse. Ecco qual'era la triste condizione di quell'uomo apparentemente normale che piangeva in buio vicolo di periferia. Dal giorno in cui aveva fatto ciò che aveva fatto, il suo cuore nero si era dischiuso, e lui, che nella sua purezza quasi infantile sembrava immune alla crudeltà del mondo, macchiò le sue mani proprio del sangue di che l'aveva amato. Gli dei, però, se davvero esistono gli dei, non furono clementi con quel misero cuore spezzato, e anziché ricacciare nell'ombra quel germe crudele e malefico, lo alimentarono ogni giorno col dolore e col rimorso, finché un corpo non arrivò a contenere due anime, troppe per un unico cuore. Guerra, ecco la parola che meglio descriveva ciò che stava vivendo, una terribile guerra che finirà per ucciderlo, se gli dei vorranno, il più presto possibile. A volte, quando il cielo è sereno, quell'uomo dai due spiriti riesce quasi ad avere una vita normale, come quella di prima, ma poi quella malefica forza che si nascondeva dentro di lui, "l'Altro" come lui stesso lo definiva, premeva per uscire, ed ecco che gli sorgeva un irresistibile bisogno di morte, di sangue, che ai suoi occhi tingeva il mondo di vermiglio. Quando l'Altro lui lo assaliva, il dolore della disperata lotta per respingerlo era lancinante, ed allora si accasciava a terra, rannicchiato in posizione fetale, con gli occhi così stretti da farli quasi sanguinare, come se volesse proteggersi, nascondersi, ma non c'era nulla da fare. Alcune volte chi assisteva a quell'atroce scena cercava di aiutarlo, ma lui, in mezzo agli urli di dolore, cercava di allontanarli, di metterli in salvo. "Lui è qui, non posso più trattenerlo! Andate via, via da qui! L'Altro mi ha raggiunto, via, via!"gridava, ma non sempre veniva ascoltato e più di una volta il sangue di quegli ignari soccorritori macchiò il suo corpo e la sua anima.
A tutto ciò, forse, egli sarebbe anche potuto sopravvivere. Ogni uomo dentro di sè sa di dover combattere contro l'Altro che si cela in noi, e d'altronde gli uomini più resistenti sono gli uomini buoni, ma in quelle grida si celava un orrore ancora più profondo, e per questo ancora più mostruoso. Quando l'Altro relegava il suo spirito nei più bui recessi della coscienza, infatti, ciò che lo accoglieva non era l'oblio, che sarebbe stato la più dolce delle consolazioni, ma una prigione dalla quale poteva vedere e percepire il suo corpo compiere quelli gesti talmente sadici ed efferati da non poter essere definiti umani. Prigioniero nel suo stesso cervello, alla mercé di quel demone che prendeva possesso di lui, che, costretto a guardare, non poteva far altro che pregare gli dei, sordi al suo supplizio. Se una lacrima potesse lenire anche un poco le sue sofferenze sarebbe ben spesa, ma ormai nulla si può per quell'anima, costretta a combattere in per il resto dei suoi giorni mortali quella guerra maledetta contro ciò che un tempo era stata parte di lei. Questa volta, però, era diverso. Questa volta quell'urlo disumano suonava quasi come un addio. L'Altro era ormai troppo forte, e lui troppo debole per resistergli ancora. Questa volta sarebbe stata l'ultima, disperata battaglia. Per l'ultima volta avrebbe dovuto combattere contro il demone che aveva generato. Alla fine la sua colpa era stata espiata, il suo debito finalmente pagato col sangue e con la sofferenza, l'atroce delitto che aveva rappresentato la nascita di quel mostro l'aveva prosciugato anche dell'ultima goccia di vita. In quel volto deformato dal dolore si poteva scorgere, osservando, l'abbozzo di un sorriso. Ormai la sua pena era giunta al termine. L'Altro lo stava sopraffacendo, ma al contempo sentiva che in quell'ultima battaglia stava sempre più perdendo contatto con il mondo. Per la prima volta da tempi ormai perduti si sentiva libero, e, nella scomparsa e nell'oblio, sembrava annidarsi quella pace che per anni gli era stata negata. Al culmine della sofferenza chiuse gli occhi e abbandonò la testa: la sua titanica guerra era finita, se sia persa o vinta forse nessuno lo saprà mai. Mentre il suo spirito abbandonava questo mondo le nuvole addensate pian piano si aprirono, come ad accogliere quell'anima ferita, e la luna stessa sembrò brillare più luminosa, ora che l'uomo dai due spiriti aveva smesso di soffrire.
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CSC23
Sucsate ma avevo bagliato bolg
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Sonoancora in tempo?
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Sonoancora in tempo?
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Sì, la scadenza è questa sera alle 21!
Mah, mah, mah e ancora MAH.
Alla fine l'ho scritto. E rivisto. E lo posto in extremis.
Ma soddisfatta... naaah. Neanche un po'. Non coinvolge, non so quanto si capisca, non sono convinta della struttura, non trasmette le cose che dovrebbe trasmettere. Sono perfettamente consapevole che ci sono un milione di cose che non vanno: Metamorfo, moritura te salutat! xD
Lo posto essenzialmente perchè 1) non ne potevo più 2) l'idea di fondo non mi fa schifo quanto il resto, e mi piacerebbe riprenderla, più in là, magari senza limite di caratteri, però per farlo ho bisogno di un... feedback da cui partire.
Sparate sul racconto senza pietà, ho bisogno di ogni commento/consiglio/dritta/altro che vorrete regalarmi " />
(tra le varie cose non gli ho manco trovato un titolo)
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XXIII Contest di Scrittura Creativa: L'Altro.
(conteggio Open Office: 4989)
Era rinchiuso all'interno di un enorme cilindro trasparente, alto circa due metri e largo quanto bastava da permettergli di sdraiarsi, con pareti spesse e prive di aperture: l'unica via d'uscita era il portellone in cima - ora ovviamente chiuso - dal quale era stato lanciato, come un sacco di rifiuti, dalle due guardie che l'avevano prelevato quella notte dal dormitorio del campo di lavoro, poco prima che l'intero cilindro venisse trasportato altrove.
Attendeva ormai da ore, al buio, di sapere dove l'avessero portato e soprattutto perchè.
Era da poco entrato in una sorta di dormiveglia quando le luci improvvisamente si accesero: scoprì di essere in un vasto salone, arredato in modo scarno ma lussuoso, e pieno di ogni sorta di creatura imbalsamata. Il cilindro era posizionato esattamente al centro.
Un pensiero inquietante gli attraversò la mente, e non fu affatto felice quando, all'aprirsi di una porta, gli venne confermato: entrarono dei Morgon, vestiti di quelli che aveva imparato essere il loro concetto di abiti eleganti, e si avvicinarono. Puntavano il dito contro di lui e si scambiavano commenti gli uni con gli altri, eccitati e divertiti. Uno di loro (forse un bambino), giunse fino a toccare quella che con orrore si ritrovò ora a definire la sua gabbia, col viso squamoso schiacciato contro la superficie e i piccoli occhi scuri fissi su di lui. Lo guardava ammirato, come...
«Come si guarda un animale allo zoo», si ritrovò a dire.
Il suo aver aperto bocca provocò un'immediata reazione nel pubblico, che iniziò a vociare in quella insopportabile lingua fatta di suoni gutturali e sconnessi, e a ridere in quel loro assurdo modo di ridere, come se tossissero.
Restò inebetito per un po'. Fermo. Muto. Umiliato.
“Sono sopravvissuto alla battaglia, al carcere, alla deportazione, a mesi di campo di lavoro... per finire in una gabbia. Fenomeno da baraccone per il divertimento di qualche nobile Morgon...”
Gli montò la rabbia: improvvisa, forte, distruttiva. Cominciò a picchiare pugni e calci contro la superficie della gabbia, urlando tutto il rancore e l'umiliazione, lanciando gestacci all'indirizzo di quei bastardi, che per il solo motivo di aver sottomesso mezzo Universo pensavano di poter disporre come volevano delle vite di ogni singolo essere.
«Non ne avete il diritto!» urlò, la voce incrinata da lacrime che riuscì a non far scorrere.
Ma più si dimenava, provava a ribellarsi, li ricopriva di insulti... più li divertiva. Ridevano e ridevano e ridevano, e nel ridere di lui ridevano della sua intera razza, ridevano della Terra e di tutto quanto gli uomini erano stati...
«E continuerebbero ad essere, se non fosse per voi...»
Scivolò in ginocchio, incapace di continuare.
“Forse, se me ne resto fermo senza far nulla... si stancheranno di starmi a guardare e se ne andranno...”
Si spostò dalla parte opposta della gabbia, e loro... lo seguirono!
Istintivamente, diede un nuovo pugno contro la parete. E loro ne sorrisero compiaciuti!
Gridò un nuovo insulto. E loro risero!
Riprendendo a fatica il controllo, si girò di spalle, si sedette contro la parete e tirò le ginocchia al petto, cingendole con le braccia. Poi abbassò la testa e chiuse gli occhi, sperando così di poter cancellare quegli str***i dalla sua vita e dall'intero Universo.
Non funzionò.
Appena pochi secondi dopo, già bussavano contro la parete per suscitare in lui una qualche reazione. Li accontentò alzando il braccio e mostrando loro il dito medio. Udì un mormorio di sorpresa alle sue spalle, ma durò poco: ripresero subito a bussare e a dirgli cose che non comprendeva.
Questa volta li ignorò, chiudendosi ostinatamente in se stesso.
Dopo un tempo che gli sembrò infinito, si stufarono e uscirono. Le luci si spensero.
Distrutto dalla notte insonne e agitata, dall'umiliazione e dalla rabbia, scivolò infine in un sonno inquieto.
Quando si svegliò era sdraiato a terra, in posizione fetale. La stanza era illuminata e loro erano lì.
Ma c'era qualcosa di diverso.
Con fatica si mise a sedere, per nulla pronto ad affrontare un nuovo giorno, e notò che attorno alla sua gabbia erano solo in tre. Il grosso dei Morgon era raccolto... attorno a un altro cilindro!
Si alzò in piedi e si avvicinò alla nuova gabbia, al tempo stesso sperando e temendo che ci fosse un altro umano, ma non era così: si trattava di una creatura che non aveva mai visto prima. Accostò il viso alla parete e osservò incuriosito. Il nuovo arrivato si dimenava e urlava in direzione dei Morgon, per cui era difficile vederlo bene, tuttavia notò subito la codina che gli spuntava dal retro dei pantaloni e le gambe tozze e sproporzionate, in contrasto col busto enorme.
Gli venne da sorridere.
Quando poi quello si girò nella sua direzione, e ne vide il naso porcino e la bocca larghissima, il sorriso divenne un'aperta risata.
I Morgon si girarono a guardarlo, e così l'uomo-porcello.
Si bloccò all'istante, inorridito.
“Che cosa sto facendo?”
Arretrò il più possibile, con un solo, opprimente pensiero per la testa: “Sono uguale a loro”.
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Nota: il nome del popolo alieno riecheggia di proposito quello dei Vogon... appena ho avuto l'idea del racconto mi sono venuti in mente loro e non sono più riusciti a togliermeli dalla testa xD
Da domani inizio a leggere e commentare tutti " /> CSC23
Ovviamente accetto critiche di ogni tipo.
" /> Faccio un bel respiro profondo; ora sono pronto, e voi potete partire con le vostre stroncature.
Tranquilli ragazzi, più di 20 racconti tra questo e l'altro contest, centinaia di commenti, e l'unico ad aver scritto qualcosa di diverso da "mi è piaciuto tantissimo!" e "bellissimo!"...sono stato io.
Devo ancora leggerli, ma se la scampate con me, è fatta.
" />
La tua perfidia è incommensurabile, ma è una perfidia saggia, e per questo motivo ti ho sostenuto e votato per il premio Bolton. " />
Ora ti aspetto con l’emetto in testa e il pugnale tra i denti. " />
Xlll Contest di scrittura creativa
Io.Te.
Cavalier Stampella, hai fatto bene a stemperare l'atmosfera dark " /> la storia dei due Gigi è molto attuale, credo capiti a tutti prima o poi di farsi dei pregiudizi e delle false convinzioni sulla base dei "sentito dire" e poi di ricredersi una volta che si ha il coraggio di andare al di là del muro... Mi è piaciuta davvero tanto, anche lo stile in cui l'hai scritto!
Grazie Emma tu sei la dolcezza personificata. " /> Sei l’icona degli Starkiani del Mulino Bianco e penso che anche Metamorfo in fondo in fondo sia un buono pure lui, e di notte con il favore delle tenebre, di nascosto venga a rubarci le frittelle. " />
Tutti sul filo di lana. " />
Ok, i giochi sono fatti. Da adesso potete iniziare a votare.
Addio Got
"Lo scempio ha due teste"