Lui, lei e l’altra.
Più raccontato che mostrato, cosa che in teoria sarebbe negativa, ma che in racconti di questa brevità credo sia più accettabile. Chiunque non conosca lo “show, don’t tell”, e la differenza tra raccontare e mostrare, corra subito ad informarsi, perché è la base per scrivere bene.
A parte questo, la prosa è classica e scorre bene.
Si poteva fare meglio per nascondere la sorpresa finale: a me è stata anticipata fin dal “Si erano conosciuti…” perché erano stati presentati due personaggi (Marco e Silvia), ma poi non si specifica quale dei due incontri Chiara. La mancata specificazione è un indizio (perché altrimenti sarebbe una grave mancanza non spiegare al lettore se è Marco o Silvia a incontrare Chiara). Poi diventa chiaro nel momento in cui si usa il “Lei”, poco dopo la metà del racconto.
Sarebbe stato meglio scriverlo in modo tale da lasciare davvero sorpreso il lettore.
Prendo l'incipit del tuo commento come una nota positiva, anche se non ho capito bene " />
Ho riletto il mio racconto adesso e l'unico Lei che ho scritto è riferito a Chiara, quindi mi sa che involontariamente hai capito il trucco perchè hai capito male. O mi sono persa qualcosa? Magari me lo dici in privato, prima di spoilerare qualcuno qui
È Frittella il nostro Re
Fa i pasticci, fa i bignè
Io ne mangio pure tre
È Frittella il nostro Re!!!
You're mine. Mine, as I'm yours. And if we die, we die. All men must die, Jon Snow. But first we'll live.
La cosa bella di essere guardiani? l'affetto con cui veniamo ripagati, ma anche il rispetto, la riconoscenza. E' un impegno che dà molto onore e tanta gloria (Cit @Maya )
Ma voi siete troppo bravi. *va a ritirarsi in un angolo*
Ma voi siete troppo bravi. *va a ritirarsi in un angolo*
E dai, basta con questo nascondino " />
Per me chi non sta partecipando... ha già dimostrato di essere altrettanto bravo!
Posso riferirmi solo a quelli che ho avuto il piacere di leggere nel contest precedente, compreso lo scritto escluso per troppi caratteri...
Quindi, Daerys, Cavaliere e tutti gli altri...!!! PARTECIPARE! CAM' ON!!! " />
Io lo sto scrivendo, mi sono fatto ''prendere'' da quest'altra Figura.
XXIII Contest di Scrittura Creativa
Tema: l'Altro.
Titolo: la Figura.
Aprì gli occhi, sapendo che le tenebre erano già intorno al suo corpo. “Le solite ombre” valutò.
Era abituata all’oscurità perché era il suo destino. “Una volta era anche la mia felicità” pensò.
La parte più buia vorticava in un mulinello nero cenere. Del fuoco uscì dal centro di esso.
Non si mosse, non fece nulla. “Mostrami qualcosa di diverso” chiese silenziosamente.
Una Figura iniziò a brillare di un grigio che passava velocemente al nero, e viceversa.
Quella Figura intorno a lei era diversa dalle altre, non la conosceva.
Stava crescendo? Stava retrocedendo?
Di sicuro stava modificando il corso degli eventi, questo faceva.
Cambiava continuamente. “Sa fare solo questo?” pensò. “Non l’ho mai vista.”
Iniziava a diventare qualcosa di nuovo, e in un tratto non era più nella sala buia di prima.
“E’ una valle?” pensò. Il caldo sole scaldava gli alveoli pulsanti di vita dei fiori, le limpidi acque di un lago.
Il luogo cambiò di nuovo. “E’ il deserto?” si chiese. “Ma piove.”
La calma pioggia dissetava gli arbusti lì vicino, bagnava la sabbia intorno ad essi e colpiva anche lei.
L’ambiente raggelò. “Ghiaccio?” si domandò. «No, è neve.» le rispose una voce che vibrava, gioiosa.
La soffice neve che cadeva sopra dei pini creava un verde sconosciuto agli occhi, un verde abbagliante.
La luce verde la investì. “Tenebra, di nuovo.”
Non poteva vedere ma poteva ancora sentire la natura intorno a lei.
“Lasciami vedere, oh Figura.”
Lo chiese mentalmente perché era questa la via, parlare era proibito.
Non vedeva, ma capì che era ritornata nella valle, ma i fiori erano appassiti, intorno a lei nulla.
Il sole le stava bruciando la pelle, sentiva il dolore.
E sentire il dolore di una Figura era impossibile. “Perché mi fai questo?” chiese alla Figura.
Era ritornata nel deserto, ma non era possibile definirlo così ormai.
L’acqua era ovunque, una tempesta infuriava. L’acqua le entrò nel petto, soffocò. “Salvami” pensò.
Sentiva il freddo sotto i suoi piedi. Nevicava.
Finalmente la vista ritornò. “Troppo bianco” pensò. “Solo bianco.”
Provava dolore, e conquistò una scelta sbagliata.
«Perché mi tormenti, oh Figura?» urlò. «Divina io sono la tua messaggera, colei che tu hai scelto!»
Il vento iniziò a vorticare intorno a lei. «Tu, non hai fatto valere le voci!» urlava la Figura.
«Loro non mi hanno creduto, oh Figura! Mi dispiace.» disse angosciata.
«VERRAI PUNITA!» urlò la Figura.
Il vento aumentò, e iniziò a percuotere la sua cute come milioni di randelli.
Non poteva muoversi, era ancorata al terreno. Una donna le sì avvicinò.
La sua capigliature era intrecciata nella più splendida acconciatura avesse mai visto.
Fiori cadevano ad ogni suo movimento. “E’ lei, la Figura” pensò.
«Oh, Divina!» cominciò ma la Figura la bloccò.
«Capirai il futuro, vedrai i Divini e la morte sopraggiungerà in te se necessario sarà, oh mortale.»
La Sacerdotessa Divina era ancora in quella sala dove le ombre vivevano e roteavano, vi era rimasta per tutta la notte.
Nessuno poteva entrare, perché lì si annidavano i terrori che stroncavano anche giovani vite.
Le storie su quei luoghi, e sulle donne che riuscivano a vedere nelle tenebre si moltiplicavano sempre di più.
Ma così come le voci andavano a moltiplicarsi aumentava anche il numero di ragazze morte in quelle stanze.
“E’ spaventoso. Quale Dea pretende questo dai suoi figli?” si chiese.
“Ma io sono solo un giovane schiavo di questo Tempio, devo obbedire” ricordò.
“La Sacerdotessa era bella, ricordo quella notte in cui s’intrufolò nel mi..”
I suoi pensieri vennero interrotti dalla voce del Capo. «Dobbiamo intervenire. Se la troveremo viva sarà il Miracolo che aspettavamo, anche se la pazzia avrà preso il suo corpo. Ma se sarà morta il Buio avanzerà.»
Intervenimmo, aprimmo le porte e vedemmo quella figura bianca, piccola, morta.
Non possedeva più la folta chioma rossa. “Grigio. Nero, i colori della Tenebra, delle Ombre.” Pensò.
«La Divina Figura ha reclamato la sua anima!» urlò il Capo.
«Il Buio avanzerà, prepariamoci.» Iniziò a piovere.
Quella nottata non riusciva a dormire.
Sentiva l’amore scivolato dalla sua vita, non comprendeva perché la Divina Figura avesse reclamato la sua vita.
“Quella Figura, non è degna di portare quel nome.” Pensò.
«Sei l’altro!» urlò. «L’altro lato della luce, tu sei solamente le Tenebre! Non sei una Divina Figura.»
Qualcosa si mosse nelle ombre delle sua camere, qualcosa di antico.
Sole bollente. Pioggia soffocante. Neve, morte arrivarono.
CSC23
@metamorfo: non ti odieremo certo per questo! se vuoi il titolo di "kattivone" devi impegnarti molto di più.
Sul mio racconto ti dirò che a me per esempio non piace l'uso che ho fatto dei vari "disse", "commentò"... rileggendolo mi accorgo che non erano necessari. Come ha detto bene Ygritte, si nota un po'di incertezza (e c'è un refuso... pure!). Ho avuto poco coraggio nel portare fino in fondo quella che era la mia scelta di base, vale a dire il "tutto dialogo". Me lo perdono poco. Il coraggio è fondamentale per scrivere.
E' stata invece una mia precisa scelta caratterizzare le voci in quel modo. L'idea era che da quanto ciascuno diceva si capisse che erano quattro personaggi con personalità, opinioni e vissuto differenti (quella cosa del background ecc.). Non ho voluto cedere alla tentazione di caratterizzarli come gatti, perche non volevo farne delle "macchiette.
L'inforigurgito invece non lo noto...
In linea generale, tutte le cose che hai detto sono giuste ed alcune le condivido (tra tutte, costruire una vita al di là dell storia per ogni personaggio perché sia verosimile). Devo ammettere però che per me i manuali sono un po' come le sigatte: le ho provate, non mi hanno dato molto, forse potevano togliermi qualcosa, in ogni caso sono abbastanza contenta di non aver preso il vizio. Va detto però che almeno un tiro l'ho fatto... questo sì.
Ed ora devo rimettermi in pari e leggere tutti i vostri fantastici racconti!
Tanto per non perder tempo " />
Bello lo scritto Daerys! Proprio bello!
Oh, grazie.
(non perdiamoci in lunghi commenti, eh. xD)
Non è la prima volta che leggo questo pensiero secondo cui le conoscenze tecniche tarperebbero le ali allo stile e alla unicità di un artista.
Niente di più sbagliato. E' anche un'idea presuntuosa, da un certo punto di vista: voler creare qualcosa di buono, pensando di poterlo fare senza studiare le basi necessarie per riuscirci.
Gli stessi scrittori sono i primi a sorridere quando sentono amatori tirar fuori questa strana idea.
Conoscere le basi della propria arte, permette di crearsi uno stile proprio, originale, fantasioso.
Non conoscere le basi della propria arte, porta a creare cose non buone, senza uno stile decente. Stile che non sarà mai originale, perché somiglierà a quello di altri amatori che non sanno pienamente quello che stanno facendo.
Pensi che Picasso non conoscesse la tecnica di pittura e disegno? Quali siano le tecniche per raggiungere degli obiettivi? Certo che sì. Questo non gli ha impedito di creare qualcosa di nuovo e originale, anzi quella è la base per poterlo fare: conoscere abbastanza bene la propria arte, da creare qualcosa di diverso.
Pensi che i grandi architetti, creatori di opere uniche e originali, non avessero prima studiato per padroneggiare la propria arte? O gli artisti della scacchiera, non abbiano prima dovuto imparare le basi degli scacchi per poter padroneggiare il gioco? Che i grandi scultori non conoscessero le regole della scultura?
Pensi che i migliori scrittori, ciascuno in possesso del proprio stile originale, non abbiano studiato la scrittura e sappiano tutto quello che c’è scritto in tutti i manuali? Pensi che molti di quelli americani non escano da scuole di scrittura (sì, negli USA ci sono scuole di scrittura che durano anni, proprio come un’Università)?
Vuoi essere bravo a scrivere?
Devi creare personaggi unici e memorabili. Non sei quella persona su un milione che riesce a farlo per talento naturale? I bravi scrittori scrivono libri in cui ti spiegano come si può fare, quali sono le dritte e le tecniche per farlo.
Devi scrivere dialoghi brillanti, interessanti. Ti spiegano cosa devi fare per farlo.
Devi creare trame articolate, con una struttura che legga. Leggi i suggerimenti di chi sa come si fa, e ti spiega i modi migliori per strutturare una storia.
Devi avvincere il lettore, far sì che venga preso dalla storia, che la sua attenzione non cali. Chi sa farlo, ti spiega in che modo puoi ottenere ciò.
Devi avere una premessa, un’idea da portare avanti. Ti viene spiegato come.
Devi saper usare il giusto ritmo per ogni tipo di scena. E ti viene spiegato come si fa ad accelerare o rallentare il ritmo.
Devi saper gestire un punto di vista, cambiarlo se necessario. Ti si dice come è possibile farlo.
Devi mantenere la tensione e la suspence. Ti spiegano alcuni modi.
Devi saper usare le descrizioni in modo che siano dinamiche e funzionali alla storia, l’ambientazione legata agli stati d’animo.
Devi sapere come si stimolano le diverse emozioni del lettore.
Deve saper editare i propri scritti, sapere se e come avverbi, aggettivi, ripetizioni, punteggiature, ecc. vanno usati.
Devi saper trattare i flashback, le anticipazioni e i simboli.
Qualcuno può pensare “Ehhh, se adesso pure i simboli. Ma mica voglio scrivere Moby Dick o Il vecchio e il mare, sta roba è per gli scritti di letteratura pallosa.” Sbagliato: Martin conosce perfettamente i simboli, e come usarli (esempio: il trono di spade). E così King (che ne fa un grande uso) e tanti altri scrittori di fantastico.
Sono tutte cose che trovi nelle opere dei bravi scrittori, ma non te ne accorgi, ovviamente, perché le leggiamo per divertimento e non con l’occhio dello scrittore. Ti assicuro che ci sono tutte, perché loro le conoscono bene, le hanno studiate e sanno come padroneggiarle.
E ciò non gli impedisce di avere stili diversi e originali. Al contrario, sono le basi necessarie per scrivere in maniera decente, e su cui poi costruire il proprio stile.
Se sai come si costruisce un ponte, puoi costruirne in mille forme e con qualsiasi stile conosciuto, o con uno tuo personale e originale. Sapere come si costruisce un ponte, non ti tarpa le ali, te le fa spiegare.
Ovvio che sapere nella teoria come si fanno le cose, può non significare niente: puoi sapere come costruire un ponte in teoria, e farne uno che crolla subito; puoi conoscere la tecnica scacchistica, ed essere un pessimo scacchista.
Alla conoscenza della materia devono poi sommarsi allenamento, talento, passione e determinazione.
Che può creare uno che si mette lì, con una pila di mattoni, e pensa “ora provo a costruire una cattedrale, ma non mi metto prima a studiare per capire come si fa, perché poi le nozioni tecniche bloccano il mio stile personale”?
Al contrario, uno che sa come va costruita una cattedrale, se ha talento e capacità, tirerà su una cattedrale unica e splendida. Perché niente nelle cose che ha letto per apprendere la sua arte, gli impediscono di esprimersi nel modo più personale e originale.
Quindi: se uno vuole divertirsi, passare il tempo a scrivere…può farlo tranquillamente, anche avendo soltanto una vaga idea di ciò che andrebbe fatto, e nessuna di come farlo.
Se uno ha l’obiettivo di migliorare (e ho letto che qualcuno che scrive qui ha questo desiderio) e scrivere cose sempre migliori, creare un proprio stile originale, sfruttare al massimo le proprie potenzialità di scrittore...deve sapere cosa bisogna fare e come farlo.
Queste sono cose che non dico soltanto io. Le dicono gli artisti stessi. Ve le può confermare Martin, se glielo chiedete " />
(agli altri risponderò un'altra volta, c'ho messo troppo tempo a scrive sta cosa! " /> )
Metamorfo, sicuramente mi son spiegato male, ma non volevo assolutamente dire che la tecnica propria e lo studio di un'arte, finisca per tarpare le ali all'originalità, o allo stile dell'artista.
Tutt'altro, dico che se vuoi essere un'artista, quello che dici tu, anche, devi fare, e devi studiare, e studiare e studiare, altro che, accumulare esperienza e conoscere, studiare chi prima ha contribuito all'evolversi storico e stilistico dell'arte e di quell'arte, e comprenderlo, assimilarlo, capire e divenire ricettacolo, ripeto, di tutto l'insegnamento possibile di cui si possa disporre.
Facevo un discorso, prettamente personale, basato sulla perdita di un certo "personalismo", che mi è capitato di vedere, in diverse persone che hanno seguito(giustamente), lo studio e la conoscenza di quell'arte.
Ecco, alcuni personalismi... mi facevano "vedere" la persona, meglio di quanto non abbiano fatto poi, scritti o quant'altro di artistico è uscito fuori, nonostante la tecnica e la bravura, si vedesse essere notevolmente migliorata.
Mai pensato nemmeno per un istante che grandi artisti non abbiano avuto altro che la sola dote naturale, anzi, moltissimi son diventati comunque grandi, senza avere inizialmente alcuna dote naturale/geniale.
In soldoni... non hai capito!!! Devi imparare a leggere meglio! Tanto me la prendo col tuo scritto io!!! " />
Questa discussione sta prendendo una piega che non mi piace tanto... nessuno qui sta sostenendo - mi pare - che non sia necessario studiare per imparare a scrivere. (come per fare ogni cosa, a dire il vero). Non vorrei essermi spiegata male. E' una strada che anche io ho percorso e continuo a percorrere, ma preferisco non esserne schiava. Poi io non sono una scrittrice per cui...
Spero di non aver urtato nessuno. Per quanto mi riguarda la chiudo qui. Mi dispiace di leggere Metamorfo così furioso...
P.S.scusate se continuo a modificare i miei messaggi, ma Tapatalk stasera mi ha fatto impazzire!
Volevo rispondere a Maya, ma non vedo più il suo post " /> .
L’idea che si possa diventare “schiavi” della teoria della scrittura, secondo me, implica una sbagliata concezione delle tecniche e del loro utilizzo al fine di migliorare.
In nessun buon manuale ti impongono di seguire quella o quell’altra linea. In tutti ti invogliano a seguire le tue inclinazioni e ispirazioni, DOPO aver appreso le nozioni fondamentali.
Diciamo che integro quello che ho scritto prima con un esempio (per quelli che han messo "mi piace" ai post anti-manuali).
Per tornare all’esempio del tennis che facevo nel post dei commenti, è come se vuoi diventare un buon giocatore. Quantomeno, dovresti prima conoscere le regole e il modo migliore di comportarti nelle singole parti del gioco.
Ti trovi davanti uno di questi professionisti che ti spiega, per esempio, il servizio. Le regole prima.
Te puoi pensare: eh, conosco le regole del servizio: devo mandare la palla nel rettangolo piccolo, dall’altra parte della rete.
Ti dice qualcosa in più: che il modo migliore è lanciare la palla in alto, e schiacciarla verso il basso nel campo avversario.
E magari tu sai pure quello.
Però poi quello ti inizia a spiegare cose che forse non sai, e che sono fondamentali, anche se tu, non conoscendole, pensi non lo siano.
Ti spiega che se, oltre a spingere la palla frustando col braccio e polso, fletti le gambe e inarchi la schiena, darai maggiore forza alla palla. Ti dice che i professionisti fanno così, e in effetti, se li osservi, lo fanno.
Può spiegarti che puoi tirare forte e piatto, o colpire la palla per dare effetto, ad uscire o a rientrare. Può darti delle dritte su come riuscire a dare l’effetto.
Può spiegarti in quali occasioni è meglio fare l’una o l’altra cosa.
Può spiegarti che tipo di servizio è migliore per fare serve-and-volley (e spiegarti cos'è e come fare per farlo).
Può spiegarti come comportarti col primo servizio e col secondo: quando sarebbe meglio forzare il primo; come è meglio comportarti con la seconda palla.
Può spiegarti perché a seconda delle differenti superfici (terra rossa, erba, sintetico, cemento…) alcuni tipi di servizio rendono più di altri.
ecc.
Insomma, cento cose che, se vuoi conoscere in profondità il gioco, e se vuoi diventare bravo, DEVI sapere.
Detto questo, il bravo maestro non ti impone niente, anzi, ti incoraggia ad utilizzare tutta questa conoscenza per adattarla alle tue caratteristiche: starà a te prendere le decisioni di gioco, e trovare il modo più adatto per impugnare la racchetta, per chiudere il punto. Dovrai allenarti per trovare l'effetto migliore per far uscire l'avversario fuori dal campo e chiudere il punto con la volè. Ma per farlo, devi sapere che quel servizio esiste, che il suo scopo è allontanare l'avversario dal campo, darti il tempo di raggiungere la rete, e poi tu devi trovare il modo di fare una volè nella parte di campo vuota.
Tutti i bravi tennisti devono conoscere quelle cose, e le conoscono. Come tutti i bravi scrittori conoscono e padroneggiano le tecniche (che alcuni principianti gurdano con scherno o sufficienza, del tipo "naaa, io voglio essere me stesso, queste tecniche mi snaturano, servono solo a confondere, a togliere l'inventiva").
Non vuoi seguire i suggerimenti del maestro? Pensi che basti buttare la palla nel rettangolo? Che studiare il modo migliore per farlo, conoscere le decine di modi diversi, e tutte le altre cose di cui ho parlato, non serva a migliorare?
Vuoi servire da sotto, per essere originale? Puoi certamente farlo, ma poi non devi stupirti se l’avversario ti tira bordate di risposta e non vinci mai.
Vuoi servire dall’alto ma senza piegare le gambe, per non essere “schiavo” di questa dritta? Puoi farlo, ma servirai sempre lento. Comunque, più lento di uno che lo fa.
Non ti interessa servire ad effetto, imparare come si fa? Nessun problema, ma sarai più prevedibile e più limitato di chi sa fare anche quello.
Non vuoli imparare cos'è il serve-and-volley? Pensi non ti serva sapere come reagiscono le varie superfici ai tuoi servizi? non ti interessa sapere come i professionisti si comportano quando devono servire una seconda palla, in che modo differente si comportano? Ti annoia farlo? Vuoi improvvisarlo? Vuoi impararlo a tentativi?
Va benissimo. Quello che non si può dire è che quelle nozioni sono inutili; che non siano fondamentali per poter migliorare; che ci si possa arrivare facilmente per tentativi; che tarpano le ali allo stile e alla fantasia; che ti rendano schiavo; ecc.
Complice un risveglio della piccola (che stavolta ha la tosse) leggo Metamorfo e mi viene voglia di intervenire. Sono d'accordo con te quando dici che per scrivere sia necessario conoscere le regole del gioco, oserei dire che in ogni campo dello scibile la conoscenza sia importante, nelle Arti poi non si può improvvisare. Ma, c'è un ma grande come una casa. Perché imparare una battuta di tennis guardando il tuo insegnante è un conto, leggere come si fa a casa tua, nella tua stanza, e poi provare a mettere in pratica, è completamente diverso. Confesso che ho studiato molto metrica all'epoca dei miei studi (effettivamente la poesia è il mio primo grande amore) , il mio motto era "conoscere le regole per aggirarle" e se non avessi avuto insegnanti (e non solo, anche altri con cui confrontarmi) che mi hanno aiutato a capire quanto fosse importante conoscere le regole e studiare i grandi poeti del passato, avrei ancora molta confusione in testa, e non che abbia tutto chiaro comunque, perché l'arte ha confini sfumati e non regole da caserma.
Per quanto riguarda i manuali di scrittura, ce ne sono svariati e si contraddicono pure tra loro, quindi alla fine secondo me va bene informarsi e conoscere le regole, ma meglio ancora leggere e confrontarsi.
Buongiorno a tutti. Intanto mi devo scusare: ieri sera Tapatalk mi ha fatto impazzire (complice anche problemi di connessione?) ed ho dovuto modificare i miei post svariate volte perché continuavano a partire mentre scrivevo. Alla fine può darsi che se ne sia cancellato uno, mi è già capitato...
Comunque, quello che cercavo di dire non è che si possa scrivere senza conoscere le regole (basti pensare all'importanza spesso trascurata della grammatica). Su questo punto non vorrei essere stata fraintesa. Scrivere come cucinare, tanto per fare un esempio, necessita di basi conoscitive prima di lasciar libero sfogo alla fantasia.
Quando dicevo che ho scelto di non essere schiava dai manuali (attenzione, ho scritto dei manuali non della tecnica!), intendevo solo che non scrivo con il manuale sulla scrivania (ma ho Il Viaggio dell'Eroe di Vogler nel cassetto).
Alcune delle cose che hai scritto le condivido, altre no anche se ci sono manuali che lo sostengono. La costruzione di un vissuto del personaggio al di là della storia lo considero un dogma (tanto per farti un esempio potrei raccontarti vita, morte e miracoli dei miei Cast, Tray, Persid e Loryk). La questione nella distanza tra scrittore e personaggi, invece, non mi convince. Io credo che lo scrittore parli inevitabilmente attraverso i suoi personaggi, anzi direi che in ultima analisi i personaggi vivono proprio per questo. Scriviamo per raccontare noi stessi agli altri, anche se magari attraverso immagini e concetti molto lontani dal nostro quotidiano. In noi c'è tutto: quando viviamo possiamo scegliere di mostrare solo qualcosa, quando scriviamo dobbiamo avere il coraggio di mostrare tutto. Uno scrittore è padrone dei suoi personaggi, ma servo della sua storia.
Lo studio è importante, l'esperienza anche e l'uno non esclude l'altra. Poi c'è il talento ed infine la buona occasione, ma questi ultimi due sono fattori incontrollabili.
Tutto qui. Io non la farei più lunga di così, anche perché stiamo andando OT.