Ok. Quindi, per curiosità, qualora si raggiungano i 5 racconti, quanto tempo resta dopo?
Qui non si muove nulla... Se non ci sono altri partecipanti... come si fa? Non ha senso aspettare in eterno...
Io propongo di far rientrare anche Erin in concorso, così almeno saremo in tre da votare...
Forza ragazzi/e, fatevi avanti!
Io ho un'idea di base, ma al momento fatico a inventarci intorno una trama...
A me piacerebbe partecipare, ma questa settimana è l'ultima prima del mio trasferimento, quindi non so se riuscirei a scrivere qualcosa in tempi brevi " />(
Spero comunque di fare abbastanza presto, anche se dubito di riuscire a produrre qualcosa entro giovedì :S
Ah guarda, io personalmente ti aspetterei quanto vuoi, anche perchè avere racconti è più importante che giocare votando.
Exall: Da un punto di vista stilistico, nel primo paragrafo secondo me hai sbagliato ad anticipare il ricordo. Avresti fatto meglio ad andare a capo prima e dedicargli subito un paragrafo nuovo... o no?
Nel secondo paragrafo vengono invece ripetuti tantissimo termini come "piangere" e "lamentarsi". Ciò dà un'aria davvero troppo... piagnucolosa a quel pezzo.
Poi ci sono altri difetti minori meno particolari.
Riguardo al contenuto... sinceramente non ho capito bene il finale
Ser Lostdream: racconto carino e con abbastanza pathos.
Una domanda: lui si è buttato dal grattacielo più alto che avesse mai visto ed è sopravossuto? Non è un po' irrealistico?
Nello stile la cosa che mi ha più dato fastidio è stata quel "come un'onda anomala e incontrollabile", che trovo proprio inutile.
Erin: lettura paicevole... anche se troppo vago e generico nelle descrizioni. E' proprio una cosa generale di tutto il racconto.
Il tema storico incontra i miei gusti.
Vediamo... ho inserito il ricordo direttamente nel paragrafo iniziale proprio per non dare l'impressione di un periodo separato. Si sta guidando, l'atmosfera invita alla riflessione e partono i pensieri sulla giornata vissuta. E' come andare sovrappensiero, è difficile separare i due momenti, la guida e i pensieri che iniziano a fluire.
Circa il paragrafo del piagnisteo... quella è la parte più realistica
La parte finale semplicemente è il ritorno (forzato) alla realtà. Il momento in cui avviene una discontinuità, per cui l'ho staccata dal resto del racconto.
Io sono riuscito a terminare il mio racconto, nonostante le mie pessimistiche previsioni.
Devo postare di seguito, se non vado errato, quindi ecco qui:
Diciannovesimo contest di scrittura creativa: Il Tramonto.
"Francine"
« Vedi piccola Francine: tutto, prima o poi, si consuma e si rompe, niente può restare vivo in eterno. Neanche io, nonostante il periodo di attesa tra la mia morte e la mia rinascita possa essere breve come un battito del tuo cuore o durare ere intere. Io vivo e rinasco da me stessa, senza che nessuno debba accudirmi e darmi un nome.
« Per voi umani, invece, la vita termina nell'istante stesso in cui chiudete gli occhi e non li riaprite più. È il vostro sonno eterno, ma, di fatto, voi non sognate. Io mi consumo lentamente e, quando arriva il mio momento, scompaio, ma continuo a vivere. »
« Allora perché il tuo cuore è triste, quando arriva il momento di andare via? »
« Perché mi affeziono facilmente a creature deboli come te e mi rammarico della possibilità di non rivederle più, al mio risveglio. »
Francine non disse nulla, allungò una mano per accarezzare le piume calde di quella creatura fantastica che piegò il collo in avanti per godere di quel tepore, diverso da quello che lei poteva produrre. Era il caldo sentimento amorevole che la Fenice provava per quella donna, quell'anziana donna, che ormai seguiva da quando era una bambina.
Nelle sue innumerevoli vite aveva imparato che gli umani, per quanto deboli e fragili potessero essere, erano capaci di prendere fuoco improvvisamente, guidati da sentimenti intensi, sinceri e appassionati. E lei il fuoco lo conosceva bene, ma si era resa subito conto di quanto fosse diverso il calore che riusciva a produrre, da quello che un essere umano non sapeva neanche di riuscire a contenere.
Quando l'anziana donna spostò la mano dal piumaggio soffice della Fenice fu colta da un brivido di freddo, nonostante la pesante coperta che aveva poggiato sulle sue ginocchia. La sua amica, quindi, allungò il collo verso una guancia di lei e decise di aumentare lievemente il calore prodotto dal suo piumaggio.
Francine sorrise e la guardò con occhi tristi, memore dei giorni passati - degli anni passati - in sua compagnia: si ricordò del colore chiaro, quasi dorato, di quando si incontrarono per la prima volta. Aveva dieci anni e le piume della Fenice sembravano essere dello stesso colore del mattino pieno, roventi come un raggio di sole e così luminose da non poter essere guardate direttamente.
Quando si rividero, la bambina era già diventata grande e si accorse che anche la sua fantastica amica aveva qualcosa di diverso: restava in piedi con una fierezza e una dignità che non avevano nulla a che vedere con l'orgoglio e l'arroganza infantile e quelle piume arancioni dalle punte gialle e luminose le conferivano un aspetto mistico.
Ora erano passati cinquantadue anni, da quell'ultima visita: Francine aveva più di ottant'anni e riusciva a malapena ad alzarsi dalla sua poltrona, quando la Fenice tornò a farle visita con le piume ormai rosse, calde di una saggezza ed un'esperienza infinita, dello stesso colore del sole quando sta per inabissarsi nell'orizzonte.
L'anziana donna sorrise, accarezzandole ancora il lungo collo rosso « Non ci rivedremo più, vero? »
« No piccola mia: non ci rivedremo più. »
Una lacrima rotolò sulla sua guancia di Francine e rise quando sentì chiamarsi "piccola", nonostante l'età avanzata. Ma per la sua amica ottantasei anni non erano niente, probabilmente aveva vissuto altrettante vite, durante questo infinito periodo.
« Andiamo, Francine, è arrivato il momento. »
La donna si voltò a guardare oltre la finestra « Ancora un istante, ti prego. »
Il sole stava tornando ad acquisire il suo solito colore acceso avvicinandosi sempre di più alla curva dell'orizzonte. La luce rossa che entrava nella stanza cominciava ad inghiottire la sagoma calda della Fenice che sembrava quasi essere capace di nascondersi tra quei raggi vermigli, scomparendo alla vista debole della donna.
« Verrai con me, questa volta? »
« Sì, piccola Francine. Ti accompagnerò nel tuo ultimo viaggio. »
La donna sospirò profondamente, guardando la sfera luminosa nel cielo. Con un filo di voce, quindi, disse: « Andiamo, allora. Sono pronta. »
« Addio piccola mia. Sei stata una grande amica. »
La donna poggiò la testa contro lo schienale della poltrona. Non lo vide, ma sentì con sicurezza la Fenice scomparire con un bagliore tenue confondendosi con l'ultima luce del tramonto. Il tramonto della sua vita e di quella della sua amica, rossa come i raggi del sole.
Ragazzi scusate ma non ho ancora fatto in tempo a rileggere tutti i brani per poterli commentare. Parto dall'ultimo sperando di fare in tempo a commentare gli altri. Nel frattempo vorrei finire di scrivere il mio racconto.
Duenoveuno: innanzitutto benvenuto. " /> Un altro partecipante ai contest è sempre cosa buona e giusta. Ti faccio qualche annotazione.
La subordinata iniziale è abbastanza pesante. Inoltre a seguire ci sono due congiuntivi. Insomma non proprio uno stile colloquiale. La similitudine breve come un battito del tuo cuore non è il massimo. In questo caso il particolare che descrivi non ha nemmeno un seguito nel racconto, quindi direi che è assolutamente evitabile.Neanche io, nonostante il periodo di attesa tra la mia morte e la mia rinascita possa essere breve come un battito del tuo cuore o durare ere intere. Io vivo e rinasco da me stessa, senza che nessuno debba accudirmi e darmi un nome.
Qua trovo diversi errori. Il senso generale che traspare è che ci sia stato un sottofondo di pigrizia intellettuale, non è grave come sembra, lo fanno anche autori pubblicati!, per cui non ti sei sforzato troppo di farmi visualizzare le immagini che vuoi evocare.Francine non disse nulla, allungò una mano per accarezzare le piume calde di quella creatura fantastica che piegò il collo in avanti per godere di quel tepore, diverso da quello che lei poteva produrre. Era il caldo sentimento amorevole che la Fenice provava per quella donna, quell'anziana donna, che ormai seguiva da quando era una bambina.
le piume calde di quella creatura fantastica : si, lo so che dopo spieghi che è una fenice, però ammesso che io voglia sapere di che tipo di creatura fantastica stiamo parlando, non dovrei immaginare la "mia" fenice; quella che ricordo dai cavalieri dello zodiaco tanto per dire. Io lettore non devo immaginare il mio mondo, ma quello dello scrittore. Il punto è: chi lo dice che la tua fenice è la mia fenice? Descrivila. " />
Allo stesso modo non riesco a capire la frase: "per godere di quel tepore, diverso da quello che lei poteva produrre ".
Ci sono 2 tipi di "tepore" diversi? Se si come? Se tu non mi dici in cosa si differenziano o almeno ne caratterizzi uno con alcuni particolari, rimane una frase campata in aria.
Uguale a prima. E' tutto molto fumoso. Dare alcune cose per scontato in alcuni casi è un bene, però il lettore deve poter capire di cosa stai parlando. Qua si parla di sensazioni, di "calore", ma praticamente (terra terra) non ci sono immagini che il lettore riesce a visualizzare. Ossia si fa un sacco di fatica ad immaginare qualcosa che dovrebbe già essere ben visibile, creato dallo scrittore.Nelle sue innumerevoli vite aveva imparato che gli umani, per quanto deboli e fragili potessero essere, erano capaci di prendere fuoco improvvisamente, guidati da sentimenti intensi, sinceri e appassionati. E lei il fuoco lo conosceva bene, ma si era resa subito conto di quanto fosse diverso il calore che riusciva a produrre, da quello che un essere umano non sapeva neanche di riuscire a contenere.
Il problema è sempre lo stesso. Cosa fa la fenice per aumentare il calore prodotto dal suo piumaggio? Emana una particolare energia, genera una fiamma dal suo corpo o dalle piume? ecc..Quando l'anziana donna spostò la mano dal piumaggio soffice della Fenice fu colta da un brivido di freddo, nonostante la pesante coperta che aveva poggiato sulle sue ginocchia. La sua amica, quindi, allungò il collo verso una guancia di lei e decise di aumentare lievemente il calore prodotto dal suo piumaggio.
Non vorrei pensassi che voglio stroncare il tuo brano. Non è mia intenzione. Spero che questi commenti ti possano far riflettere sul fatto che in questi paragrafi sei venuto meno alla regola numero uno della scrittura: "mostra non dire". Adesso lo sai. Sei avvisato. " />
Di che colore sono le piume? Non ho capito. A occhio io non so qual è il colore del "mattino pieno", però se mi fido di te dovrebbe essere chiaro, dorato. Poi leggo l'ultima frase in cui aggiungi un'altra similitudine abbastanza fumosa che non richiama alcun colore e l'aggettivo "luminose". Ti consiglio di ridurre le similitudini che usi in maniera abbondante con un paio di aggettivi appropriati. Meno giri di parole, meno possibilità di sbagliare, meno confusione.si ricordò del colore chiaro, quasi dorato, di quando si incontrarono per la prima volta. Aveva dieci anni e le piume della Fenice sembravano essere dello stesso colore del mattino pieno, roventi come un raggio di sole e così luminose da non poter essere guardate direttamente.
Qua andiamo già meglio. Basta che spieghi meglio quale sarebbe l'aspetto mistico di una fenice.Quando si rividero, la bambina era già diventata grande e si accorse che anche la sua
fantasticaamica aveva qualcosa di diverso: restava in piedi con una fierezza e una dignità che non avevano nulla a che vedere con l'orgoglio e l'arroganza infantile e quelle piume arancioni dalle punte gialle e luminose le conferivano un aspetto mistico.
Questa parte in se non è male. E' molto più "concreta" della precedente. Il dialogo può essere riscritto meglio senza dubbio. E' ancora troppo ridondante per i miei gusti, ma già fila di più.L'anziana donna sorrise, accarezzandole ancora il lungo collo rosso « Non ci rivedremo più, vero? »
« No piccola mia: non ci rivedremo più. »
Una lacrima rotolò sulla sua guancia e Francine rise quando sentì chiamarsi "piccola", nonostante l'età avanzata. Ma per la sua amica ottantasei anni non erano niente, probabilmente aveva vissuto altrettante vite, durante questo infinito periodo.
« Andiamo, Francine, è arrivato il momento. »
La donna si voltò a guardare oltre la finestra « Ancora un istante, ti prego. »
Il sole stava tornando ad acquisire il suo solito colore acceso avvicinandosi sempre di più alla curva dell'orizzonte. La luce rossa che entrava nella stanza cominciava ad inghiottire la sagoma calda della Fenice che sembrava quasi essere capace di nascondersi tra quei raggi vermigli, scomparendo alla vista debole della donna.
« Verrai con me, questa volta? »
« Sì, piccola Francine. Ti accompagnerò nel tuo ultimo viaggio. »
La donna sospirò profondamente, guardando la sfera luminosa nel cielo. Con un filo di voce, quindi, disse: « Andiamo, allora. Sono pronta. »
« Addio piccola mia. Sei stata una grande amica. »
Se non l'ha vista come ha fatto a sentire con sicurezza che la fenice spariva? Descrivi le sue sensazioni. Qualcosa. Non mi puoi lasciare con tutta questa sicurezza, pensando che mi venga automaticamente in testa quello a cui tu stai pensando. La fiducia di un lettore si guadagna. " />Non lo vide, ma sentì con sicurezza la Fenice scomparire con un bagliore tenue confondendosi con l'ultima luce del tramonto.
Non essere così didascalico. Non c'è bisogno. Prima mi chiedi d'immaginare come sparisce una fenice e poi mi dici la morale del racconto. Scendiamo ad un compromesso. " />Il tramonto della sua vita e di quella della sua amica, rossa come i raggi del sole.
Comunque anche se queste possono sembrare tante correzioni, l'errore è uno solo, importante, basilare, che influenza tutto il racconto. Tu non sei riuscito a mostrare nessuna scena di questo racconto. Il lettore ha dovuto pescare dai suoi ricordi ogni elemento fantastico utile a ricostruire, scene, personaggi, ambientazione, perché tu hai raccontato una storia, ma non l'hai mostrata. Fai questo passo avanti e i tuoi prossimi racconti saranno molto più reali. " />" />
Waoh Prete, come si dice da noi: "mi hai fatto le pulci" :P
E ti ringrazio per questo, perchè quello che cerco è proprio un commento critico che sia il più preciso e intransigente possibile :P
Parto subito col dire una cosa, però: da lettore non amo che l'autore costruisca il suo mondo costringendomi a subire passivamente le vicende che mi racconta, preferisco molto di più che mi dia degli spunti e dei segni che mi siano d'aiuto per immaginare, ad esempio, la conformazione del luogo in cui descrive le vicende del suo protagonista. Non dico di voler immaginare tutto (sarebbe impossibile), ma i piccoli particolari di contorno mi permettono di immedesimarmi di più nella narrazione.
A questo punto credo che sia inutile rispondere periodo per periodo, anche perchè cominceremmo a fare post chilometrici che leggeremmo solo io e te, forse :P
Più che altro giustifico le mie scelte proprio in base a questa possibilità che vorrei dare a chi mi legge: tu cos'hai immaginato quando hai letto delle piume "chiare"? Hai immaginato che fossero così bianche da riflettere la luce del sole? Hai immaginato che fossero gialle intenso o che fossero di qualsiasi altro colore? Perfetto, allora quella è la tua fenice. A me non interessa dirti come deve essere la fenice, il succo del discorso è che lei era lì quando Francine era bambina e che era bellissima, poi sta a te scegliere il resto. Anche perchè descrivere, ad esempio, come potrebbe fare la fenice a produrre calore potrebbe essere piuttosto... emh... noioso soprattutto da leggere
Non so se mi sono spiegato, in tutta questa pappardella
Per il resto (subordinate in prima linea, differenza tra "i cAlori" e conversazione ridondante) condivido in pieno la correzione: effettivamente sarei potuto essere un po' più attento " />
Spero che il mio non sia sembrato un accanimento inutile. Visto tutto insieme il post, me ne rendo conto ora, poteva sembrare. Comunque non ti preoccupare troppo. Come ti ho detto prima l'errore di fondo è solo uno, imho. Rivisto quello, sei a metà dell'opera. " /> Ti invito a rileggere anche i racconti che ho postato nei contest vecchi. Lo stesso errore l'ho fatto anch'io. Fortunatamente piano piano s'impara. " />
Permettimi di rispondere a quest'affermazione perché è proprio quello a cui mi riferivo io. Anche a me piace lavorare d'immaginazione per assemblare le immagini suggeritemi da uno scrittore, ma difficilmente ci riesco se le descrizioni rimangono in superficie e non sono caratterizzanti. Nel tuo racconto mancano proprio "i piccoli particolari". Faccio un esempio estremizzandolo così ci chiariamo:Parto subito col dire una cosa, però: da lettore non amo che l'autore costruisca il suo mondo costringendomi a subire passivamente le vicende che mi racconta, preferisco molto di più che mi dia degli spunti e dei segni che mi siano d'aiuto per immaginare, ad esempio, la conformazione del luogo in cui descrive le vicende del suo protagonista. Non dico di voler immaginare tutto (sarebbe impossibile), ma i piccoli particolari di contorno mi permettono di immedesimarmi di più nella narrazione.
Marco uccise Luigi. (generico, posso immaginare quello che voglio, inutile. Non mi dice niente né dei protagonisti, né della situazione.)
Marco si nascose dietro la porta e attese qualche minuto. Quando Luigi si avvicinò, lo colpì con una martellata in fronte e lo uccise. (lasciando perdere la validità narrativa del pezzo, io "vedo" l'azione compiuta da Marco. Magari non mi piacerà, magari sarà incompleta perché non mi dice i motivi che hanno spinto Marco ad uccidere Luigi, però è già qualcosa.)
Io preferisco la seconda tipologia di letteratura, diciamo così va, il mio giudizio è condizionato da questo. Se per te non è la stessa cosa e coscientemente applichi costantemente la prima tipologia è un discorso di scelta e di gusti, se invece lo fai inconsciamente è un altro. Rimango a disposizione via MP per qualsiasi altro chiarimento. " />
Ho immaginato la fenice dei cavalieri dello zodiaco. " /> La descrizione non era molto coerente secondo me e quindi non mi ha aiutato a modificare quell'immagine.Più che altro giustifico le mie scelte proprio in base a questa possibilità che vorrei dare a chi mi legge: tu cos'hai immaginato quando hai letto delle piume "chiare"? Hai immaginato che fossero così bianche da riflettere la luce del sole? Hai immaginato che fossero gialle intenso o che fossero di qualsiasi altro colore? Perfetto, allora quella è la tua fenice.
Il discorso che faccio io è questo. Ovviamente è molto personale. Se devo immaginare la "mia" fenice, mi fa sorridere il modo in cui abbiamo iniziato ad usare quest'aggettivo. Mi sembra quasi di averla in casa la fenice ormai. " />
Dicevo: se devo immaginare la "mia" fenice, che bisogno ho di leggere un racconto scritto da un altro scrittore? Io leggo perché so che c'è qualcuno più bravo di me che riesce a trasportarmi nel "suo" mondo. Un mondo che io non sarei mai riuscito ad immaginare (esempio? Westeros!). O almeno la storia deve essere proprio tanto originale, per sopperire a tale lacuna, imho ovviamente.
E' ovvio che la scelta dei particolari da descrivere spetta allo scrittore, a seconda di quello che vuole trasmettere: sensazioni, immagini, azioniA me non interessa dirti come deve essere la fenice, il succo del discorso è che lei era lì quando Francine era bambina e che era bellissima, poi sta a te scegliere il resto. Anche perchè descrivere, ad esempio, come potrebbe fare la fenice a produrre calore potrebbe essere piuttosto... emh... noioso soprattutto da leggere
In questo caso, visto che l'azione è unica: le fenice va a trovare la bambina ormai diventata vecchia, avresti dovuto giocare molto sulle sensazioni, giocare con le emozioni del lettore.
E non sarebbe stato noioso, almeno credo. Se al posto di scrivere:
La sua amica, quindi, allungò il collo verso una guancia di lei e decise di aumentare lievemente il calore prodotto dal suo piumaggio.
avessi scritto qualcosa del tipo:
Indipendentemente dal valore letterario del periodo, molto discutibile, avresti aggiunto solo qualche dettaglio che avrebbe reso la narrazione più concreta senza appesantirlo troppo. Nessuno ti chiede di scrivere un nuovo "il nome della rosa" fortunatamente. Tra qualche dettaglio e una pagina piena di descrizioni di differenza ce n'è tanta. Comunque resto a disposizione via MP se non sono riuscito a farti capire il mio punto di vista. Buon lavoro.La sua amica, quindi, si allungò verso di lei e la chiuse tra le ali. Le piume bruciarono e una fiamma dorata si sprigionò dal suo corpo avvolgendole entrambe.
Francine sorrise: le fiamme non la toccavano, ma sentì un leggero calore diffondersi nel cuore.
Duenoveuno: in primis benvenuto! Per quanto riguarda il tuo racconto, non posso che confermare quanto detto dal Prete Rosso, ossia che manca quel briciolo di concretezza che avrebbe aiutato il lettore. Alla fine, trattandosi di una fenice, bene o male uno è riuscito a immaginarsi la creatura, ma qualche dettaglio in più non avrebbe guastato. Eccetto questa piccola annotazione devo dire che come tema l'ho trovato molto bello. Mi è piaciuta l'idea di confrontare due creature che hanno un concetto così diverso di morte e di esistenza e che nonostante tutto hanno stretto un profondo legame. Bravo.
Ovviamente spero che parteciperai anche a futuri contest
Visto che c'ero ho scritto anche io un racconto. Spero che vi piaccia.
Amanti
Val saltò giù dalla sedia e sguainò una spada invisibile. Minacciò i bambini seduti sull'erba con la punta dell'indice, ruotò su se stessa e mimò un affondo nell'aria. "Il principe uccise il drago," disse lasciandosi cadere sul prato. Aspettò qualche secondo e quando sentì su di sé gli sguardi di quella piccola folla, spiccò un balzo. Un mormorio di sorpresa percorse gli ascoltatori.
"Così," disse facendo una giravolta, "salvò la principessa e tutti vissero felici e contenti." Qua e là udì qualche risata sommessa.
Una voce li chiamò dall'interno della residenza. "Bambini, è ora di ricominciare le lezioni," disse. In pochi secondi la truppa sciamò lontano. Le voci acute e sottili si persero tra gli alberi del parco. Val si ripulì la veste dalle foglie.
"Muoviti Orell," disse rivolgendosi ad un bambino paffuto che cercava di raggiungere una mela troppo alta. "Maestro Carol non è tenero con i ritardatari."
Orell si appese al ramo e con un movimento sicuro strappò la mela dall'albero. "Principessa Valya," disse iniziando a correre dietro i propri compagni. "Grazie per la favola."
Val sorrise. Si assicurò che tutti fossero rientrati, girò attorno al portico e sbucò nei pressi delle serre. Gli schiavi impegnati a curare i fiori, non la disturbarono durante la passeggiata. Lasciò il viale principale e sparì dietro due aiuole zeppe di fiori blu e gialli. Un piccolo sentiero in salita la portò al centro di un altura. Attorno ad essa, la sua bis-bisnonna aveva dato ordine di erigere quei giardini. Guardandoli da quel punto, poteva distinguere quattro fasce concentriche di costruzioni. Ognuna di esse era stata aggiunta negli anni successivi dalle regine che erano state onorate dalla dea Madre con la nascita di una figlia. La più esterna coltivata con sottili e slanciati alberi di Valya, era per lei.
Al centro dell'altura, un unico blocco rettangolare era stato consacrato alla dea e circondato da monoliti alti venti metri. Val si inginocchiò di fronte all'altare. La luce del sole morente si rifletteva sulla pietra nera.
"Madre, proteggi la città in questi giorni tristi. Proteggi i nostri uomini dal dio guerriero e infondi coraggio in noi che rimaniamo. Concedimi la forza per guidare il mio popolo. Fa' che sia d'esempio per le nostre donne. Infine proteggilo da ogni male, fallo tornare da me."
***
Aron salì l'ultima rampa di scale, aveva la fronte imperlata di sudore. Si avvolse nello spesso mantello di montone e fece leva sulla spalla destra per aprire la porta. Il vento s'insinuò nel varco e lo colpì allo stomaco. Appena uscito si rese conto di non essere ancora abituato al freddo che distingueva la torre delle anime dagli altri avamposti della città di Secrid.
Un soldato gli venne incontro e si mise sull'attenti. Sotto la pelliccia spuntava l'armatura della guardia cittadina. "Bentornato comandante," gli disse accennando un sorriso sotto l'elmo.
"Conserva questi formalismi per la corte, Ennis. Abbraccia tuo fratello," rispose stringendolo a sé. "Come stai?"
"Le dita dei piedi mi sono diventate dei ghiaccioli," disse, "ma almeno posso tornare dai miei bambini la sera."
Fecero qualche passo e si appoggiarono al parapetto. "Che novità ci sono dal fronte?"
Seguirono il corso del fiume Tyniuk con lo sguardo. In fondo alla vallata, nel punto in cui le sue acque diventavano più calme, vedevano i fuochi dell'esercito impegnato a difendere il guado.
"Lord Sedrin manterrà la posizione," disse Aron. "Domani mattina lo raggiungerò con il resto delle truppe."
"Non dovresti andare. Il re ti vuole morto," disse Ennis. La sua voce tradiva la stanchezza accumulata nelle ultime ore. "E Lord Sedrin farà di tutto per soddisfarlo."
"Sono ancora il comandante della sua guardia personale," rispose Aron.
"Mandato a fare i turni di guardia su una torre diroccata," disse Ennis abbassando lo sguardo. "Non avresti dovuto sfidarlo."
"Vorrei restare solo qualche minuto," disse Aron riscuotendosi dai suoi pensieri. L'altro acconsentì con un cenno della testa. "Lei è nei giardini reali."
Camminarono lungo le mura per alcuni minuti in silenzio. A quell'altezza i rumori della città giungevano indistinti, sovrastati delle raffiche del vento. Quando questo diminuiva d'intensità, potevano sentire il cozzare delle lame proveniente dai campi di addestramento.
"Non potrà vederti," disse Ennis volgendosi verso il fratello. "Il sole ci sta già tramontando alle spalle. Mi dispiace."
"Non importa." disse Aron. "Grazie di tutto."
Ennis gli appoggiò una mano sulla spalla. "Cerca di tornare," disse, "non voglio diventare vecchio su questa torre da solo."
Aron avrebbe voluto rispondere tornerò, invece disse "Addio." Ennis si voltò e ricominciò la sua ronda. Rimase solo.
"Dea Madre, proteggi la città da questa guerra. Proteggi tua figlia, e proteggi quella che nascerà il prossimo solstizio. Porta il nome di un piccolo fiore che cresce con il sole d'estate, Elys. Fa che sotto il suo nome torni la pace."
Salve a tutti, mi sono iscritta solo ieri, ma spero di poter partecipare a questo contest e di non essere arrivata troppo tardi. Non credo che il mio testo sia granchè (è la prima volta che scrivo qualcosa di così breve), ma vorrei comunque presentarlo, almeno per avere qualche commento esterno e qualche critica costruttiva...
Il testo è questo, spero che si capisca:
I colori del tramonto
"E infine ecco gli orari dell'alba e del tramonto nelle diverse regioni"
"Roma 19:17, Roma 19:17, Roma 19:17..."
"Allora Luca, come vanno questi occhi?"
L'orologio appeso al muro, solo parzialmente visibile nella stanza immersa nella penombra, segnava le 18:45. Una normale visita settimanale di solito non durava più di un quarto d'ora, ma Luca era comunque nervoso, voleva che l'oculista se ne andasse al più presto. Scrollò infastidito le spalle e il dottore, ormai abituato all'umore lunatico di questo particolare paziente, mise da parte i convenevoli e si mise al lavoro in silenzio. Esaminò gli occhi del ragazzo, glile fece rovesciare all'indietro, studiò attentamente la retina e la pupilla, l'iride e il cristallino, a occhio nudo e con quegli strani strumenti di cui, ancora dopo tanto tempo, Luca non conosceva né il nome né lo scopo. Tredici minuti dopo stava già rimettendo tutto nella borsa, mentre poneva quelle che ormai erano domande di rito.
"La luce elettrica ti ha dato più fastidio del solito?"
Nuova scrollata di spalle. "Normale."
"Le prendi le gocce?"
"Sì."
"Bravo ragazzo."
Ed era uscito. Luca lo sentì salutare i genitori al piano di sotto, le solite domande tristi e ansiose della madre, le solite risposte rassicuranti del medico e poi lo sbattere della porta di casa.
"Assolutamente mai l'esposizione diretta ai raggi solari... no, nemmeno con la nebbia o gli occhiali da sole... al massimo -al massimo!- occhiali completamente neri -sì, come quelli che portano i ciechi. Rischia di ritrovarsi con la retina completamente bruciata."
"Voglio vedere la luce del sole almeno una volta nella vita."
Passi sulle scale.
L'orologio segnava le 19:01. La voce di sua madre lo distolse da ricordi e pensieri.
"Luca, che cosa vuoi per cena?"
L'ennesima scrollata. "Non so. Quello che vuoi tu."
Lei annuì distrattamente e rimase al suo posto senza muoversi. Come ogni sera.
"Va tutto bene?" Si costrinse a chiedere alla fine.
"Sì, va bene, va bene... Vai via ora."
Si avviò verso la porta, ma di nuovo si fermò.
Perchè deve sempre essere così a disagio con me, perchè deve sempre guardarmi con quegli occhi tristi? Sono sedici anni che mi tratta come se fossi una bambola di porcellana, fu il pensiero infastidito del ragazzo.
"Esci stasera?" Chiese lei alla fine.
"No, non ho voglia.", il tono insofferente ora ancora più brusco. "Vattene ora."
Se ne andò. Le mani strette a pugno di Luca si rilassarono. Finalmente solo.
"Il sole? Oh, ma no, Luca, nessuno può guardare direttamente il sole, è troppo forte anche per chi ha gli occhi sani; al massimo al tramonto, quando è basso sull'orizzonte, con tutti quei colori..."
"L'ultimo minuto di sole, un istante prima che scompaia..."
L'orologio segnava le 19:16.
Il ragazzo si avvicinò alle pesanti tende scure che coprivano la finestra. Sollevò la mano a toccarle, a far scorrere le dita su quelle cortine che separavano il mondo della luce da quello delle tenebre... Strinse di nuovo i pugni, teso, ma al tempo stesso più sicuro che mai. Oh, ma quanto dura un minuto? Gli occhi sull'orologio e la mano sulla tenda, e il cuore che batte all'impazzata...
La lancetta si spostò sul 17. Un lievissimo, quasi impercettibile movimento, quasi non avresti detto che ci fosse stato, se la lancetta dei secondi non avesse appena oltrepassato il 12 per ricominciare un nuovo giro. Luca aprì le tende.
E tutti i colori del tramonto si riversarono nei suoi occhi... l'oro delle foglie autunnali attraversate dai raggi del sole, l'arancio delle fiamme che ondeggiano e danzano senza posa, il rosso, il rosso del tramonto che a nulla si può paragonare... e sullo sfondo, in agguato alla base di tutte quelle sfumature che nascono e muoiono in un istante, che non possono essere riprodotte né descritte, stava il viola, araldo del crepuscolo che annuncia l'arrivo del nero della notte...
Anche una singola goccia di luce vale il prezzo di un'esistenza nell'oscurità, se l'alternativa è vivere per sempre nella penombra.
Ammetto che dal punto di vista medico-scientifico è un po' campato in aria... ma insomma, un po' di licenza creativa è permessa, no?
Duenoveuno a me proprio non è piaciuto il modo in cui è scritto.
Oltre alla storia del "mostrare" spiegata da Prete Rosso, lo trovo troppo e inutilmente pomposo, e non c'è un pdv fisso.
E' proprio una cosa generale, non alcuni passaggi specifici.
Prete Rosso: Non sono sicura di aver capito bene il senso complessivo. Me lo spieghi? E a cosa "serve" il pezzo iniziale coi bambini?
L'atmosfera comunque è carina.
A livello tecnico, ti segnalo le cose che mi sono subito saltate all'occhio:
Gli schiavi impegnati a curare i fiori, non la disturbarono durante la passeggiata. Lasciò il viale principale e sparì dietro due aiuole zeppe di fiori blu e gialli.
Prima di tutto, nella prima frase la virgola non ci va. Poi io eviterei la ripetizione di "fiori". Ci sono tanti modi per non usare questa parola nella prima frase.
Poi c'è "un altura" senza apostrofo.
Attorno ad essa, la sua bis-bisnonna aveva dato ordine di erigere quei giardini. Guardandoli da quel punto, poteva distinguere quattro fasce concentriche di costruzioni. Ognuna di esse era stata aggiunta negli anni successivi dalle regine che erano state onorate dalla dea Madre con la nascita di una figlia.
Non sta molto bene la prima frase. Mettendo in fondo a essa "erigere quei guardini", dai enfasi a queste parole finali. Lo trovo fuori luogo, visto che hai appena parlato dell'esistenza dei giardini. Suona come una "precisazione inutile".
Non so se mi spiego^^''
"Madre, proteggi la città in questi giorni tristi. Proteggi i nostri uomini dal dio guerriero e infondi coraggio in noi che rimaniamo. Concedimi la forza per guidare il mio popolo. Fa' che sia d'esempio per le nostre donne. Infine proteggilo da ogni male, fallo tornare da me."
Non ho capito... il popolo deve essere d'esempio per le donne? Ma le donne non fanno parte del popolo? Così sembrano qualcosa di esterno :-P
In che senso il popolo deve tornare da lei?
Si avvolse nello spesso mantello di montone e fece leva sulla spalla destra per aprire la porta. Il vento s'insinuò nel varco e lo colpì allo stomaco. Appena uscito si rese conto di non essere ancora abituato al freddo che distingueva la torre delle anime dagli altri avamposti della città di Secrid.
Prima di tutto, toglierei "spesso", che è il classico aggettivo eliminabile.
Anche "appena uscito" non ci andrebbe, perchè si è già capito che è appena uscito.
Il nome della torre non dovrebbe essere maiuscolo?
Seguirono il corso del fiume Tyniuk con lo sguardo.
Qui ti sei calato nel pdv di due persone insieme, usando "seguirono con lo sguardo" al plurale (se uno segue con lo sguardo il corso del fiume, non è che nel frattempo osserva che lo sta facendo anche l'altro).
La trovo una cattiva idea.
Aron avrebbe voluto rispondere tornerò, invece disse "Addio." Ennis si voltò e ricominciò la sua ronda. Rimase solo.
Ecco, questo sbalzo di pdv per me è da ghiliottina :-P
"tornerò" non dovrebbe essere tra virgolette?
Però diciamo che tutti questi sono diffetti molto specifici e locali. In linea generale il tuo stile non mi dispiace (come al solito).
Vedo che hai fatto anche un grande uso dei "disse". Io di solito per gusto personale cerco di limitarli il più possibile, non mi piacciono. Però finchè sono solo dei "disse" e non diventano 234 sinonimi diversi (esclamò, filosofò, apostrofò, negò, arzigogolò...), la cosa è sopportabile.
Oddio... un altro brano mentre io postavo? Vabbè, lo leggerò prossimamente.
Io nel frattempo ho un'idea e una trama in mente... ma devo vedere se riesco a scriverla.