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Politica internazionale
S di sharingan
creato il 05 gennaio 2009

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Ser Balon Swann
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Ser Balon Swann
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Inviato il 20 gennaio 2009 22:50

l'amore per la pace/civili/diritti o si ha o non si ha. non è un'opzione da tirar fuori quando fa comodo nei negoziati/conflitti.. altrimenti dopo una prima volta perdi credibilità senza possibilità di recupero

se mi dichiarano guerra/mettono in pericolo i miei cittadini cosa dovrei fare? se l'opzione più sicura e indolore è la guerra, che guerra sia e che i diritti derogati siano.

 

un popolo si da certe regole X (nel nostro caso la democrazia e i diritti umani) per mantenere la pace/la sicurezza/la convivenza sociale in una situazione X (stabilità, ricchezza)

 

se la situazione da X diventa Y, è evidente che le regole X saranno del tutto inefficaci a mantenere la pace/la sicurezza/la convivenza sociale. Quindi ciao regole X e si passa alle regole Y.

 

non è che mi perdo fiducia nelle regole x, o nella volontà di tornare alla situazione x.

semplicemente la situazione è cambiata e richiede altre regole.

 

non sono nè le regole nè la situazione la cosa importante: la cosa importante è la pace/la sicurezza/la convivenza sociale.

 

in questo sono d'accordo con Bush, la democrazia e i diritti sono derogabili, perchè essi sono solo un mezzo, non sono il fine.

 

Obama fa bene a dare un taglio netto, perchè Bush ha ecceduto, ma non posso credere che pensi di poter interrogare i terroristi offrendogli la pizza.

Modificato il 05 July 2024 17:07

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Lochlann
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Lochlann
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Inviato il 20 gennaio 2009 23:01

se l'opzione più sicura e indolore è la guerra, che guerra sia e che i diritti derogati siano.

 

sta di fatto che la guerra non è MAI sicura ed indolore..

non sono nè le regole nè la situazione la cosa importante: la cosa importante è la pace/la sicurezza/la convivenza sociale.

 

in questo sono d'accordo con Bush, la democrazia e i diritti sono derogabili, perchè essi sono solo un mezzo, non sono

abbiamo visioni differenti.. democrazia e diritti per me sono sia un mezzo che il fine stesso..

poi nessuno dice di offrire pizza ai terroristi, basta non torturarli.

se io dichiaro costituzionalmente di volere pace, uguaglianza e diritti inderogabili per tutti, io tengo fede senza se e senza ma. perchè altrimenti verrà, prima o poi, il giorno in cui qualcuno populisticamente, con propaganda e scuse varie, imporrà la deroga come situazione normale, e sarà la fine della democrazia.

ce l'ha insegnato la storia. purtroppo raramente le lezioni che ci insegna vengono assimilate.

Modificato il 05 July 2024 17:07

Sol da poco son giunto in queste terre, da una estrema ultima Thule. Un paese selvaggio che giace, sublime, fuori dal Tempo, fuori dallo Spazio.

All fled, all done, so lift me on the pyre. The feast is over and the lamps expire.

200s6pw.jpg

"I walked this land when the Tlan Imass were but children. I have commanded armies a hundred thousand strong.

I have spread the fire of my wrath across entire continents, and sat alone upon tall thrones. Do you grasp the meaning of this?"

"Yes" said Caladan Brood "you never learn."

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Tyrion Hill
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Inviato il 20 gennaio 2009 23:34

Ecco il primo discorso di Obama come Presidente degli Stati Uniti (tratto dal Corriere).

[...]

Commenti? A me nel complesso è piaciuto.

 

Anche a me, molto. Ma mi sembra che quello che hai riportato non sia il discorso completo: mi pareva un po' più lungo... Ricordo una frase sul fatto che è molto più facile distruggere che costruire... che è poi stata quella che mi è piaciuta di più.

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Ser Arthur Dayne
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Ser Arthur Dayne
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Inviato il 20 gennaio 2009 23:45

Posizione legittima, ma ciò non toglie validità alla mia domanda: posto che non si chieda di non applicare l'unica soluzione, su che base chiedi di smetterla, visto che non puoi sapere se sia o no l'unica soluzione?

eppure mi sembra abbastanza chiaro quello che dico...

una qualunque azione militare che causa vittime innocenti mi trova contrario, nel caso si tratti di unica opzione disponibile di difesa potrei essere disposto ad accettarla come necessaria, ma prima di tutto mi si deve dimostrare che è di fatto l'unica soluzione praticabile. Se non c'è tale dimostrazione allora sono libero di pensare che si agisce in quel modo non perchè è effettivamente l'unico modo ma perchè lo si preferisce per certi motivi, che possono essere appunto l'effetto psicologico sulla fazione avversa, il risparmio di risorse o quant'altro.

 

la base della richiesta di smettere di bombardare è appunto questa: preferisco che i civili innocenti continuino nella loro vita di civili innocenti piuttosto che vedersi la casa distrutta e i familiari ammazzati; se la risposta a tale richiesta è: noi ci stiamo difendendo e non si può fare in altro modo per QUESTO, QUESTO e QUEST' altro motivo allora non ho più niente da aggiungere.

 

C'è comunque da dire che vedere una nazione fare 1300 morti in una settimana, di cui la maggior parte civili, per "difedersi" dal lancio di razzi che hanno fatto 13 morti in diversi anni è un po' strano, ma forse sono solo io che non lo capisco

Modificato il 05 July 2024 17:07

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Ser Balon Swann
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Ser Balon Swann
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Inviato il 20 gennaio 2009 23:48

sta di fatto che la guerra non è MAI sicura ed indolore..

in alcune situazioni può dare garanzie di un successo più rapido e definitivo, e con meno vittime, rispetto al rimanere passivi e all'intavolare inutili negoziati con chi non vuole trattare.

 

non dico sia la regola, ma può essere così.

 

 

 

se io dichiaro costituzionalmente di volere pace, uguaglianza e diritti inderogabili per tutti, io tengo fede senza se e senza ma. perchè altrimenti verrà, prima o poi, il giorno in cui qualcuno populisticamente, con propaganda e scuse varie, imporrà la deroga come situazione normale, e sarà la fine della democrazia.

 

sì, ma perchè vuoi la pace? e l'uguaglianza? e i diritti? alla fin fine perchè una vita pacifica, con i diritti garantiti e con pari opportunità da più occasioni per raggiungere il piacere, e più garanzie di evitare il dolore.

la democrazia ha dimostrato di saper assolvere bene questo compito in molte situazioni, e quindi teniamocela stretta.

 

in altre drammatiche situazioni, dove pace uguaglianza e diritti sono di ostacolo al raggiungimento del piacere e l'evitare il dolore da parte dei cittadini, essi dovranno essere derogati.

 

il meno possibile e nella minor misura possibile, ovviamente, perchè finora la democrazia ha dimostrato di essere la miglior forma di governo per la situazione di maggior benessere mai conosciuta dall'umanità.

 

 

 

 

poi esistono anche i feticisti della democrazia, quelli per cui il piacere stesso sta nell'idea stessa di pace e uguaglianza, ma sono una minoranza che nel momento del bisogno si assottiglia a livelli minimi.


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Tyrion Hill
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Tyrion Hill
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Inviato il 21 gennaio 2009 0:20

ovviamente per spinosa intendevo la questione palestinese, non la domanda di Mornon.

 

Certamente, ma la domanda di Mornon era semplice, e quindi meritava una risposta onesta, piuttosto che delle prese in giro.

Non vedo perchè dissentire dovrebbe essere irrispettoso.

 

Credi davvero che io mi sognerei, anche per un minuscolo istante, di pensare che "dissentire sia irrispettoso"? Xaytar, ti prego: se mi accusi di questo fai davvero una cosa ingiusta. No: sto dicendo che è irrispettoso non rispondere a domande molto chiare e molto precise. Credo che sia irrispettoso dire (in una discussione - perché è una discussione, giusto?) "No, e no, perché no, e basta", dato che una frase del genere risulta carina solo se chi la pronuncia non ha ancora superato l'età di quattro anni e mezzo.

Sei tu a supporre che non abbiano onestà intellettuale, ma solo loro sanno rispondere sulla loro onestà,

 

... già, chiediamoglielo allora... <img alt=" />

quindi non vedo perchè dovrei "rimproverarli". Sono coscienti delle loro parole e affrontano un dialogo (e poi, anche un dialogo "finto" può essere costruttivo, fino a un certo punto, no?), non vedo perchè le loro opinioni dovrebbero condizionare la loro partecipazione a questa discussione. Cosa ci sarebbe di rispettoso nel supporre l'atteggiamento disonesto di chi come te posta qui dentro? siamo in un forum di martin, dove ci si "conosce" virtualmente per vie traverse: chi sei tu per dire che gli utenti che non la pensano come te lo fanno solo per partigianeria o ripicca? non potrebbero dire lo stesso di te? <img alt=" />

 

Basta rileggersi la discussione: lo facciamo insieme?

quindi Mornon ha oggettivamente ragione e dobbiamo chiudere la discussione perchè tu reputi chi non è d'accordo indegno d'attenzione?

 

Assolutamente NO. Se Mornon ha oggettivamente ragione non significa che si chiude la discussione, ma significa che la discussione può andare avanti. La vera ragione dell'ostruzionismo a piccole, minuscole, umili verità come quella evidenziata da Mornon, è che qui la gente ha paura di andare avanti con la discussione, perché teme che li porterebbe a consapevolezze che ferirebbero la loro delicata sensibilità e metterebbero a effettiva prova il loro traballante senso di giustizia. Qui ho l'impressione di vedere una paura a trovarsi a fronteggiare l'estrema durezza della realtà. Qui c'è gente che si auto-proclama antifascista e antinazista, ma che non saprebbe riconoscere il nazismo e il fascismo nemmeno se gli venisse ad abbaiare in faccia. Ed è questo che mi offende. E che dovrebbe offendere anche te (non pretendo adesso un tuo intervento in veste di moderatore in questo senso, ovviamente: parlo solo della/alla tua anima).

siamo qui per discuterne civilmente: se pensi che la tua opinione sia l'unica ragionevole e gli altri siano stupidi, ignoranti o incapaci di accettare la realtà, allora non capisco perchè continuare a postare <img alt=" />

 

Per svegliare la loro consapevolezza con un battito di mani. O con "frecciatine", come le chiami tu, che in fin dei conti... sono bonarie, e quest'ultima poi era pensata anche per far sorridere.

(detto in altri termini più forumistici: si trattasse di troll capirei la tua lamentela, ma non è questo il caso)

 

No, certamente non è questo il caso, ci mancherebbe. E poi, qui mi sono spiegato male: non auspicavo un tuo intervento nei confronti di chi "glissa" sulle informazioni e sulle verità più banali, ma non mi spiegavo il tuo intervento nei miei confronti. La "frecciatina" era solo un modo per dire: "Forza, ragazzi, muoviamoci: se non riusciamo a metterci d'accordo nemmeno sulle ovvietà, come può andare avanti la discussione? Siamo sempre al paletto di partenza!"

Ovvio che il tuo post è stato preso come esempio, il discorso del rispetto delle altrui opinioni deve valere per tutti, quindi chiedo a tutti quanti di evitare post del genere.

 

Va bene, ho capito che li devo evitare.

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sharingan
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sharingan
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Inviato il 21 gennaio 2009 19:16 Autore

nel caso di specie, bastava la metà dei danni fatti per poter pensare alla tregua. e, visto che sono in tema, magari potremmo dire che anche dal punto di vista tattico i missili in una città non sono il massimo, perchè i danni collaterali sono altissimi, perchè si manca di precisione vera, e perchè il bersaglio appunto si sposta. è più preciso mandare truppe e intelligence ina una città non bombardata, magari cogliendo di sorpresa il nemico, che lanciare bombe su bersagli che, il più delle volte, sono vuoti al momento dell'attacco, o pieni di civili inermi.

 

Mi sembra una riflessione corretta. Ma credo sia stata fatta anche dai vertici militari israeliani. Secondo me se hanno fatto quello che hanno fatto è perchè non pensavano ci fosse una soluzione diversa. Ovviamente si può anche pensare che ci fosse un'altra soluzione ma io, per ora, sono più convinto che Israele non potesse fare altrimenti.

 

ecco, che israele sia una democrazia non c'è dubbio. quel che mi viene di dubitare è che abbiano capito il senso profondo della democrazia. che, ripeto, non è qualcosa che si può mettere da parte se non fa comodo in tempo di guerra. specialmente se ci si batte per mantenerla. ed in questo senso obama ha centrato il bersaglio

 

Non credo che non abbiano capito il senso della democrazia, è che la loro situazione pratica è diversa da quella delle altre democrazie.

 

Esattamente. Ma questo rende qualsiasi contesa irrealizzabile senza di loro.

non direi.

è irrealizzabile se si oppongono, ma qualche volta sarebbe meglio se si facessero gli affari propri (e qualche altra volta sarebbe meglio se facessero sentire di più il loro peso, ovviamente...)

 

D'accordo. Però il loro peso rimane superiore. A mio modo di vedere c'è anche una certa latitanza di altri poteri. Quali altri organismi possono essere accettati da due parti e funzionare a dovere? L'ONU è un'accozzaglia di burocrati intriganti, l'Unione Europea un gruppo disomogeneo dove i vari leader giocano a chi ce l'ha più lungo, la Lega Araba è una contraddizione continua, la Cina non partecipa più di tanto a queste beghe (i suoi affari sono altri).

 

Quindi per me c'è un certo vuoto. E il più forte cerca di riempirlo. La mia speranza è che l'UE si dia una smossa, ma non sono molto ottimista in questo senso.

 

sì, ma se il tuo sistema presuppone la legittimazione del leader tramite il consenso dal basso, non puoi proporre la tua visione attraverso l'imposizione coattiva dei tuoi valori dall'alto, o sei con me o sei contro di me.

 

No questo no. Ma non mi sembra la visione di Obama. Poi ogni tanto l'imposizione della democrazia con la forza funziona (Italia, Germania, Giappone) ma in contesti del tutto particolari.

 

Guardando al giorno d'oggi mi sembra che i Paesi musulmani siano particolarmente restii ad accettare un sistema considerato come "esterno" alla loro cultura.

 

Anche a me, molto. Ma mi sembra che quello che hai riportato non sia il discorso completo: mi pareva un po' più lungo... Ricordo una frase sul fatto che è molto più facile distruggere che costruire... che è poi stata quella che mi è piaciuta di più.

 

Già è vero. Quello era una sintesi. Eccolo qua (da Repubblica):

 

OGGI mi trovo di fronte a voi, umile per il compito che ci aspetta, grato per la fiducia che mi avete accordato, cosciente dei sacrifici compiuti dai nostri avi. Ringrazio il presidente Bush per il servizio reso alla nostra nazione, e per la generosità e la cooperazione che ha mostrato durante questa transizione.

Quarantaquattro americani hanno pronunciato il giuramento presidenziale. Queste parole sono risuonate in tempi di alte maree di prosperità e di calme acque di pace. Ma spesso il giuramento è stato pronunciato nel mezzo di nubi tempestose e di uragani violenti. In quei momenti, l’America è andata avanti non solo grazie alla bravura o alla capacità visionaria di coloro che ricoprivano gli incarichi più alti, ma grazie al fatto che Noi, il Popolo, siamo rimasti fedeli agli ideali dei nostri antenati e alle nostre carte fondamentali.

Così è stato finora. Così deve essere per questa generazione di americani.

E’ ormai ben chiaro che ci troviamo nel mezzo di una crisi. La nostra nazione è in guerra contro una rete di violenza e di odio che arriva lontano. La nostra economia si è fortemente indebolita, conseguenza della grettezza e dell’irresponsabilità di alcuni, ma anche della nostra collettiva incapacità di compiere scelte difficili e preparare la nostra nazione per una nuova era. C’è chi ha perso la casa. Sono stati cancellati posti di lavoro. Imprese sono sparite. Il nostro servizio sanitario è troppo costoso. Le nostre scuole perdono troppi giovani. E ogni giorno porta nuove prove del fatto che il modo in cui usiamo le risorse energetiche rafforza i nostri avversari e minaccia il nostro pianeta.

Questi sono gli indicatori della crisi, soggetti ad analisi statistiche e dati. Meno misurabile ma non meno profonda invece è la perdita di fiducia che attraversa la nostra terra - un timore fastidioso che il declino americano sia inevitabile e la prossima generazione debba avere aspettative più basse.

Oggi vi dico che le sfide che abbiamo di fronte sono reali. Sono serie e sono numerose. Affrontarle non sarà cosa facile né rapida. Ma America, sappilo: le affronteremo.

Oggi siamo riuniti qui perché abbiamo scelto la speranza rispetto alla paura, l’unità degli intenti rispetto al conflitto e alla discordia.

Oggi siamo qui per proclamare la fine delle recriminazioni meschine e delle false promesse, dei dogmi stanchi, che troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.

Siamo ancora una nazione giovane, ma - come dicono le Scritture - è arrivato il momento di mettere da parte gli infantilismi. E’ venuto il momento di riaffermare il nostro spirito tenace, di scegliere la nostra storia migliore, di portare avanti quel dono prezioso, l’idea nobile, passata di generazione in generazione: la promessa divina che tutti siamo uguali, tutti siamo liberi e tutti meritiamo una possibilità di perseguire la felicità in tutta la sua pienezza.

Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, ci rendiamo conto che la grandezza non è mai scontata. Bisogna guadagnarsela. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie, non ci siamo mai accontentati. Non è mai stato un sentiero per incerti, per quelli che preferiscono il divertimento al lavoro, o che cercano solo i piaceri dei ricchi e la fama.

Sono stati invece coloro che hanno saputo osare, che hanno agito, coloro che hanno creato cose - alcuni celebrati, ma più spesso uomini e donne rimasti oscuri nel loro lavoro, che hanno portato avanti il lungo, accidentato cammino verso la prosperità e la libertà.

Per noi, hanno messo in valigia quel poco che possedevano e hanno attraversato gli oceani in cerca di una nuova vita.

Per noi, hanno faticato in aziende che li sfruttavano e si sono stabiliti nell’Ovest. Hanno sopportato la frusta e arato la terra dura.Per noi, hanno combattuto e sono morti, in posti come Concord e Gettysburg; in Normandia e a Khe Sahn.Questi uomini e donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato finché le loro mani sono diventate ruvide per permettere a noi di vivere una vita migliore. Hanno visto nell’America qualcosa di più grande che una somma delle nostre ambizioni individuali; più grande di tutte le differenze di nascita, censo o fazione.

Questo è il viaggio che continuiamo oggi. Rimaniamo la nazione più prospera, più potente della Terra. I nostri lavoratori non sono meno produttivi rispetto a quando è cominciata la crisi. Le nostre menti non sono meno inventive, i nostri beni e servizi non meno necessari di quanto lo fossero la settimana scorsa, o il mese scorso o l’anno scorso. Le nostre capacità rimangono inalterate. Ma è di certo passato il tempo dell’immobilismo, della protezione di interessi ristretti e del rinvio di decisioni spiacevoli. A partire da oggi, dobbiamo rialzarci, toglierci di dosso la polvere, e ricominciare il lavoro della ricostruzione dell’America.

Perché ovunque volgiamo lo sguardo, c’è lavoro da fare. Lo stato dell’economia richiede un’azione, forte e rapida, e noi agiremo - non solo per creare nuovi posti di lavoro, ma per gettare le nuova fondamenta della crescita.

Costruiremo le strade e i ponti, le reti elettriche e le linee digitali che alimentano i nostri commerci e ci legano gli uni agli altri. Restituiremo alla scienza il suo giusto posto e maneggeremo le meraviglie della tecnologia in modo da risollevare la qualità dell’assistenza sanitaria e abbassarne i costi.

Imbriglieremo il sole e i venti e il suolo per alimentare le nostre auto e mandare avanti le nostre fabbriche.E trasformeremo le nostre scuole, i college e le università per venire incontro alle esigenze dei tempi nuovi. Possiamo farcela. E lo faremo.

Ora, ci sono alcuni che contestano le dimensioni delle nostre ambizioni - pensando che il nostro sistema non può tollerare troppi grandi progetti. Costoro hanno corta memoria. Perché dimenticano quel che questo paese ha già fatto. Quel che uomini e donne possono ottenere quando l’immaginazione si unisce alla volontà comune, e la necessità al coraggio.

Quel che i cinici non riescono a capire è che il terreno gli è scivolato sotto i piedi. Gli argomenti politici stantii che ci hanno consumato tanto a lungo non sono più applicabili. La domanda che formuliamo oggi non è se il nostro governo sia troppo grande o troppo piccolo, ma se funzioni o meno - se aiuti le famiglie a trovare un lavoro decentemente pagato, cure accessibili, una pensione degna. Laddove la risposta sia positiva, noi intendiamo andare avanti. Dove sia negativa, metteremo fine a quelle politiche. E coloro che gestiscono i soldi della collettività saranno chiamati a risponderne, affinché spendano in modo saggio, riformino le cattive abitudini, e facciano i loro affari alla luce del sole - perché solo allora potremo restaurare la vitale fiducia tra il popolo e il suo governo.

La questione di fronte a noi non è se il mercato sia una forza del bene o del male. Il suo potere di generare benessere ed espandere la libertà è rimasto intatto. Ma la crisi ci ricorda che senza un occhio rigoroso, il mercato può andare fuori controllo e la nazione non può prosperare a lungo quando il mercato favorisce solo i già ricchi. Il successo della nostra economia è sempre dipeso non solo dalle dimensioni del nostro Pil, ma dall’ampiezza della nostra prosperità, dalla nostra capacità di estendere le opportunità per tutti coloro che abbiano volontà - non per fare beneficenza ma perché è la strada più sicura per il nostro bene comune.

Quanto alla nostra difesa comune, noi respingiamo come falsa la scelta tra sicurezza e ideali. I nostri Padri Fondatori, messi di fronte a pericoli che noi a mala pena riusciamo a immaginare, hanno stilato una carta che garantisca l’autorità della legge e i diritti dell’individuo, una carta che si è espansa con il sangue delle generazioni. Quegli ideali illuminano ancora il mondo, e noi non vi rinunceremo in nome di qualche espediente. E così, per tutti i popoli e i governi che ci guardano oggi, dalle più grandi capitali al piccolo villaggio dove è nato mio padre: sappiate che l’America è amica di ogni nazione e di ogni uomo, donna e bambino che sia alla ricerca di un futuro di pace e dignità, e che noi siamo pronti ad aprire la strada ancora una volta.

Ricordiamoci che le precedenti generazioni hanno sgominato il fascismo e il comunismo non solo con i missili e i carriarmati, ma con alleanze solide e convinzioni tenaci. Hanno capito che il nostro potere da solo non può proteggerci, né ci autorizza a fare come più ci aggrada. Al contrario, sapevano che il nostro potere cresce quanto più lo si usa con prudenza. La nostra sicurezza emana dalla giustezza della nostra causa, dalla forza del nostro esempio, dalle qualità dell’umiltà e del ritegno.

Noi siamo i custodi di questa eredità. Guidati ancora una volta dai principi, possiamo affrontare le nuove minacce che richiederanno sforzi ancora maggiori - una cooperazione e comprensione ancora maggiori tra le nazioni. Cominceremo a lasciare responsabilmente l’Iraq alla sua gente, e a forgiare una pace duramente guadagnata in Afghanistan. Con i vecchi amici e i vecchi nemici, lavoreremo senza sosta per diminuire la minaccia nucleare, e respingere lo spettro di un pianeta che si surriscalda. Non chiederemo scusa per il nostro stile di vita, né ci batteremo in sua difesa. E a coloro che cercano di raggiungere i propri obiettivi creando terrore e massacrando gli innocenti, noi diciamo adesso che il nostro spirito è più forte e non può essere infranto. Voi non ci sopravviverete, e noi vi sconfiggeremo.

Perché noi sappiamo che il nostro retaggio “a patchwork” è una forza e non una debolezza. Noi siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e induisti e non credenti. Noi siamo formati da ciascun linguaggio e cultura disegnata in ogni angolo di questa Terra; e poiché abbiamo assaggiato l’amaro sapore della Guerra civile e della segregazione razziale e siamo emersi da quell’oscuro capitolo più forti e più uniti, noi non possiamo far altro che credere che i vecchi odi prima o poi passeranno, che le linee tribali saranno presto dissolte, che se il mondo si è rimpicciolito, la nostra comune umanità dovrà riscoprire se stessa; e che l’America deve giocare il suo ruolo nel far entrare il mondo in una nuova era di pace.

Per il mondo musulmano noi indichiamo una nuova strada, basata sul reciproco interesse e sul mutuo rispetto. A quei leader in giro per il mondo che cercano di fomentare conflitti o scaricano sull’Occidente i mali delle loro società - sappiate che i vostri popoli vi giudicheranno su quello che sapete costruire, non su quello che distruggete. A quelli che arrivano al potere attraverso la corruzione e la disonestà e mettendo a tacere il dissenso, sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che vi tenderemo la mano se sarete pronti ad aprire il vostro pugno.

Alla gente delle nazioni povere, noi promettiamo di lavorare insieme per far fiorire le vostre campagne e per pulire i vostri corsi d’acqua; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quelle nazioni, come la nostra. che godono di una relativa ricchezza, noi diciamo che non si può più sopportare l’indifferenza verso chi soffre fuori dai nostri confini; né noi possiamo continuare a consumare le risorse del mondo senza considerare gli effetti. Perché il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare con esso.

Se consideriamo la strada che si apre davanti a noi, noi dobbiamo ricordare con umile gratitudine quegli americani coraggiosi che, proprio in queste ore, controllano lontani deserti e montagne. Essi hanno qualcosa da dirci oggi, proprio come gli eroi caduti che giacciono ad Arlington mormorano attraverso il tempo. Noi li onoriamo non solo perché sono i guardiani della nostra libertà, ma perché essi incarnano lo spirito di servizio: una volontà di trovare significato in qualcosa più grande di loro. In questo momento - un momento che definirà una generazione - è precisamente questo lo spirito che deve abitare in tutti noi.

Per tanto che un governo possa e debba fare, alla fine è sulla fede e la determinazione del popolo americano che questa nazione si fonda. E’ la gentilezza nell’accogliere uno straniero quando gli argini si rompono, la generosità dei lavoratori che preferiscono tagliare il proprio orario di lavoro piuttosto che vedere un amico perdere il posto, che ci hanno guidato nei nostri momenti più oscuri. E’ il coraggio dei vigili del fuoco nel precipitarsi in una scala invasa dal fumo, ma anche la volontà di un genitore di nutrire il proprio figlio, che alla fine decidono del nostro destino.

Forse le nostre sfide sono nuove. Gli strumenti con cui le affrontiamo forse sono nuovi. Ma i valori da cui dipende il nostro successo - lavoro duro e onestà, coraggio e fair play, tolleranza e curiosità, lealtà e patriottismo - tutto questo è vecchio. Sono cose vere. Sono state la forza tranquilla del progresso nel corso di tutta la nostra storia. Quel che è necessario ora è un ritorno a queste verità. Quel che ci viene chiesto è una nuova era di responsabilità - il riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo un dovere verso noi stessi, la nostra nazione, il mondo, doveri che non dobbiamo accettare mugugnando ma abbracciare con gioia, fermi nella consapevolezza che non c’è nulla di più soddisfacente per lo spirito, così importante per la definizione del carattere, che darsi completamente per una causa difficile.

Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza.

Questa è la fonte della nostra fiducia - la consapevolezza che Dio ci ha chiamato a forgiare un destino incerto.

Questo è il significato della nostra libertà e del nostro credo - perché uomini, donne e bambini di ogni razza e di ogni fede possono unirsi nella festa in questo Mall magnifico, e perché un uomo il cui padre meno di sessanta anni fa non avrebbe neanche potuto essere servito in un ristorante ora può trovarsi di fronte a voi per pronunciare il giuramento più sacro di tutti.

Perciò diamo a questa giornata il segno della memoria, di chi siamo e di quanta strada abbiamo fatto. Nell’anno in cui l’America è nata, nel più freddo dei mesi, una piccola banda di patrioti rannicchiati intorno a falò morenti sulle rive di un fiume ghiacciato. La capitale era stata abbandonata. Il nemico avanzava. La neve era macchiata di sangue. Nel momento in cui l’esito della nostra rivoluzione era in dubbio come non mai, il padre della nostra nazione ordinò che si leggessero queste parole al popolo:

“Che si dica al futuro del mondo… che nel profondo dell’inverno, quando possono sopravvivere solo la speranza e la virtù… Che la città e la campagna, allarmate da un pericolo comune, si sono unite per affrontarlo”.

America. Di fronte ai nostri pericoli comuni, in questo inverno dei nostri stenti, ricordiamo queste parole senza tempo. Con speranza e virtù, affrontiamo con coraggio le correnti ghiacciate, e sopportiamo quel che le tempeste ci porteranno. Facciamo sì che i figli dei nostri figli dicano che quando siamo stati messi alla prova non abbiamo permesso che questo viaggio finisse, che non abbiamo voltato le spalle e non siamo caduti. E con gli occhi fissi sull’orizzonte e la grazia di Dio su di noi, abbiamo portato avanti il grande dono della libertà e l’abbiamo consegnato intatto alle generazioni future.


 

« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »

 

L
Lochlann
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Lochlann
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L

Utente
3675 messaggi
Inviato il 21 gennaio 2009 19:32

La mia speranza è che l'UE si dia una smossa, ma non sono molto ottimista in questo senso.

infatti se l'UE rimane un'entità più economica che politica le divisioni ci saranno sempre, è innegabile.

per attuare una politica (estera, in questo caso) davvero comune prima occorrerà fare delle scelte molto forti e mai viste prima, penso ad un esercito comune, un parlamento comune con poteri davvero reali e non solo di indirizzo generico ed organi rappresentativi comuni.

questo, se avverrà, richiederà un botto di tempo, purtroppo..

Modificato il 05 July 2024 17:07

Sol da poco son giunto in queste terre, da una estrema ultima Thule. Un paese selvaggio che giace, sublime, fuori dal Tempo, fuori dallo Spazio.

All fled, all done, so lift me on the pyre. The feast is over and the lamps expire.

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"I walked this land when the Tlan Imass were but children. I have commanded armies a hundred thousand strong.

I have spread the fire of my wrath across entire continents, and sat alone upon tall thrones. Do you grasp the meaning of this?"

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S
Skie Lannister
Confratello
Utente
1427 messaggi
Skie Lannister
Confratello

S

Utente
1427 messaggi
Inviato il 21 gennaio 2009 19:47

perchè no?

 

tu non metti da parte il tuo amore per i cani e reagisci violentemente quando vieni assalito da un mastino?

non metti da parte il tuo amore per le persone e reagisci violentemente quando decidono di prenderti a pugni?

 

ma allora perchè non mettere da parte l'amore per la pace/i civili/i diritti quando un intero popolo ti assale?

 

perchè, balon, quello che non vedi è una cosa che io invece penso di aver chiara, cioè il fatto che la democrazia è un principio, e se si lotta per conservare tale principio, è un paradosso abdicare ad esso perchè non fa comodo. ovviamente, non dico che israele non debba difendersi, nè che una democrazia debba vivere sempre senza guerra. quel che dico, e che il presidente obama sembra capire per fortuna, è che una democrazia, anche una democrazia in guerra, ha delle regole minime da rispettare, regole minime che sono PIU' severe, non c'è dubbio, che non per altri regimi. se lotto per difendere la libertà dell'uomo e l'uso della tortura, non posso applicarle anche io, perchè una cosa del genere non è più democrazia, ed allora non ho più motivo per difendere una cosa così. e, per citare il discorso sulla democrazia di qualche tempo fa, ecco cosa rende la democrazia una forma di governo superiore, a mio giudizio, ovvio: il fatto che essa non può esistere senza il rispetto TOTALE di certi valori, in ogni momento. perchè se cessa di rispettarli, cessa di esistere. è la sua grande forza, e obama sembra averlo compreso.


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Ser Balon Swann
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Inviato il 21 gennaio 2009 22:04

ecco cosa rende la democrazia una forma di governo superiore, a mio giudizio, ovvio: il fatto che essa non può esistere senza il rispetto TOTALE di certi valori, in ogni momento. perchè se cessa di rispettarli, cessa di esistere. è la sua grande forza, e obama sembra averlo compreso.

bah, cosa vuol dire "cessa" di esistere?

 

perchè a guantanamo torturano allegramente i prigionieri significa che in una ridente cittadina dello stato del Nebraska l'elezione democratica del sindaco non è valida ma in realtà è una farsa?

 

significa che gli usa non sono più una democrazia e l'elezione di obama è fasulla? o che è iniziato un nuovo ordinamento democartico con il suo insediamento?

 

a questo punto mi chiedo se è mai esistita una democrazia...

 

 

 

 

secondo me tendi a idealizzare troppo la democrazia... semplicemente, in situazione di stabilità, ricchezza, ordine e istruzione diffusa è la forma di governo che meglio garantisce i piaceri e tutela dai dolori largamente percepiti come tali.

 

se la situazione diventa instabile e caotica ci sono forma di governo ben migliori (tipo Putin)

 

 

ripeto, io voglio che lo Stato agevoli il più possibile ricerca del piacere/fuga dal dolore.

sono conscio che nella situazione x, la migliore agevolazione è un ordinamento democratico.

ma se la situazione precipita, rimanere attaccati in tutto e per tutto a certi valori può essere controproducente...


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Skie Lannister
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Inviato il 21 gennaio 2009 22:40

io non idealizzo affatto. e cerco di non portare esempi fuori del mondo come il rapporto guantanamo nebraska obama. ma, tanto per chiarire, ti dico anche che sì, guantanamo è un pericolo anche per il nebraska, e ti spiego perchè. perchè guantanamo ha aperto una porticina, in cui ci si è infilati per abu graib, in cui ci si sta infilando per giusitificare ogni comportamento non degno dei principi democratici. la porticina rischia di diventare un portone, fino a colpire da guantanamo il nebraska del tuo esempio. da lì a non poter più avere elezioni come quelle di obama ma, anzi, governi militari, il passo non è lungo ocme credi. proprio perchè la democrazia, senza il rispetto di QUEI principi, non si regge più e non crolla, ma cambia da dentro.

sulla tua visione del governo ideale non rispondo, perchè è OT, e perchè sai come la penso. concludo solo dicendo che il neo presidente usa ha fatto una dichiarazione molto importante, da come la vedo, la cui portata storica, in positivo o negativo, avvertiremo solo dopo il suo mandato. staremo a vedere


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Ser Balon Swann
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Ser Balon Swann
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Inviato il 21 gennaio 2009 23:57

cerco di non portare esempi fuori del mondo come il rapporto guantanamo nebraska obama

vabbè, tu hai detto che "fatto che essa non può esistere senza il rispetto TOTALE di certi valori, in ogni momento. perchè se cessa di rispettarli, cessa di esistere. è la sua grande forza, e obama sembra averlo compreso"...

 

 

"totale" e "in ogni momento"..."cessa di esistere".

mai è esistita e mai esisterà, a questo punto.

 

e poi chi "cessa di rispettarli"? l'esecutivo? il parlamento? la totalità del corpo elettorale? parte del corpo elettorale?

 

mi sembra un discorso assurdo, se vuoi possiamo continuare nel topic sulla democrazia


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sharingan
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sharingan
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Bannato
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Inviato il 22 gennaio 2009 20:28 Autore

Leggete un po' qua: http://www.corriere.it/esteri/09_gennaio_2...44f02aabc.shtml

 

Se i terroristi riuscissero davvero a fare una cosa del genere come si potrebbe rispondere?

 

Ho anche trovato un'articolo sempre del Corriere della Sera sulla condotta di Hamas durante la guerra di Gaza. Lo posto qui:

 

GAZA - «Andatevene, andatevene via di qui! Volete che gli israeliani ci uccidano tutti? Volete veder morire sotto le bombe i nostri bambini? Portate via le vostre armi e i missili», gridavano in tanti tra gli abitanti della striscia di Gaza ai miliziani di Hamas e ai loro alleati della Jihad islamica. I più coraggiosi si erano organizzati e avevano sbarrato le porte di accesso ai loro cortili, inchiodato assi a quelle dei palazzi, bloccato in fretta e furia le scale per i tetti più alti. Ma per lo più la guerriglia non dava ascolto a nessuno. «Traditori. Collaborazionisti di Israele. Spie di Fatah, codardi. I soldati della guerra santa vi puniranno. E in ogni caso morirete tutti, come noi. Combattendo gli ebrei sionisti siamo tutti destinati al paradiso, non siete contenti di morire assieme?». E così, urlando furiosi, abbattevano porte e finestre, si nascondevano ai piani alti, negli orti, usavano le ambulanze, si barricavano vicino a ospedali, scuole, edifici dell’Onu.

 

In casi estremi sparavano contro chi cercava di bloccare loro la strada per salvare le proprie famiglie, oppure picchiavano selvaggiamente. «I miliziani di Hamas cercavano a bella posta di provocare gli israeliani. Erano spesso ragazzini, 16 o 17 anni, armati di mitra. Non potevano fare nulla contro tank e jet. Sapevano di essere molto più deboli. Ma volevano che sparassero sulle nostre case per accusarli poi di crimini di guerra», sostiene Abu Issa, 42 anni, abitante nel quartiere di Tel Awa. «Praticamente tutti i palazzi più alti di Gaza che sono stato colpiti dalle bombe israeliane, come lo Dogmoush, Andalous, Jawarah, Siussi e tanti altri avevano sul tetto le rampe lanciarazzi, oppure punti di osservazione di Hamas. Li avevano messi anche vicino al grande deposito Onu poi andato in fiamme E lo stesso vale per i villaggi lungo la linea di frontiera poi più devastati dalla furia folle e punitiva dei sionisti», le fa eco la cugina, Um Abdallah, 48 anni. Usano i soprannomi di famiglia. Ma forniscono dettagli ben circostanziati. E’ stato difficile raccogliere queste testimonianze. In generale qui trionfa la paura di Hamas e imperano i tabù ideologici alimentati da un secolo di guerre con il «nemico sionista».

 

Chi racconta una versione diversa dalla narrativa imposta dalla «muhamawa» (la resistenza) è automaticamente un «amil», un collaborazionista e rischia la vita. Aiuta però il recente scontro fratricida tra Hamas e Olp. Se Israele o l’Egitto avessero permesso ai giornalisti stranieri di entrare subito sarebbe stato più facile. Quelli locali sono spesso minacciati da Hamas. «Non è un fatto nuovo, in Medio Oriente tra le società arabe manca la tradizione culturale dei diritti umani. Avveniva sotto il regime di Arafat che la stampa venisse perseguitata e censurata. Con Hamas è anche peggio», sostiene Eyad Sarraj, noto psichiatra di Gaza city. E c’è un altro dato che sta emergendo sempre più evidente visitando cliniche, ospedali e le famiglie delle vittime del fuoco israeliano. In verità il loro numero appare molto più basso dei quasi 1.300 morti, oltre a circa 5.000 feriti, riportati dagli uomini di Hamas e ripetuti da ufficiali Onu e della Croce Rossa locale. «I morti potrebbero essere non più di 500 o 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati tra le fila di Hamas che li ha mandati letteralmente al massacro», ci dice un medico dell’ospedale Shifah che non vuole assolutamente essere citato, è a rischio la sua vita. Un dato però confermato anche dai giornalisti locali: «Lo abbiamo già segnalato ai capi di Hamas. Perché insistono nel gonfiare le cifre delle vittime? Strano tra l’altro che le organizzazioni non governative, anche occidentali, le riportino senza verifica. Alla fine la verità potrebbe venire a galla. E potrebbe essere come a Jenin nel 2002. Inizialmente si parlò di 1.500 morti. Poi venne fuori che erano solo 54, di cui almeno 45 guerriglieri caduti combattendo».

 

Come si è giunti a queste cifre? «Prendiano il caso del massacro della famiglia Al Samoun del quartiere di Zeitun. Quando le bombe hanno colpito le loro abitazioni hanno riportato che avevano avuto 31 morti. E così sono stati registrati dagli ufficiali del ministero della Sanità controllato da Hamas. Ma poi, quando i corpi sono stati effettivamente recuperati, la somma totale è raddoppiata a 62 e così sono passati al computo dei bilanci totali», spiega Masoda Al Samoun di 24 anni. E aggiunge un dettaglio interessante: «A confondere le acque ci si erano messe anche le squadre speciali israeliane. I loro uomini erano travestiti da guerriglieri di Hamas, con tanto di bandana verde legata in fronte con la scritta consueta: non c’è altro Dio oltre Allah e Maometto è il suo Profeta. Si intrufolavano nei vicoli per creare caos. A noi è capitato di gridare loro di andarsene, temevamo le rappresaglie. Più tardi abbiamo capito che erano israeliani». E’ sufficiente visitare qualche ospedale per capire che i conti non tornano. Molti letti sono liberi all’Ospedale Europeo di Rafah, uno di quelli che pure dovrebbe essere più coinvolto nelle vittime della «guerra dei tunnel» israeliana. Lo stesso vale per il “Nasser” di Khan Yunis. Solo 5 letti dei 150 dell’Ospedale privato Al-Amal sono occupati. A Gaza city è stato evacuato lo Wafa, costruito con le donazioni «caritative islamiche» di Arabia Saudita, Qatar e altri Paesi del Golfo, e bombardato da Israele e fine dicembre. L’istituto è noto per essere una roccaforte di Hamas, qui vennero ricoverati i suoi combattenti feriti nella guerra civile con Fatah nel 2007. Gli altri stavano invece allo Al Quds, a sua volta bombardato la seconda metà settimana di gennaio.

 

Dice di questo fatto Magah al Rachmah, 25 anni, abitante a poche decine di metri dai quattro grandi palazzi del complesso sanitario oggi seriamente danneggiato. «Gli uomini di Hamas si erano rifugiati soprattutto nel palazzo che ospita gli uffici amministrativi dello Al Quds. Usavano le ambulanze e avevano costretto ambulanzieri e infermieri a togliersi le uniformi con i simboli dei paramedici, così potevano confondersi meglio e sfuggire ai cecchini israeliani». Tutto ciò ha ridotto di parecchio il numero di letti disponibili tra gli istituti sanitari di Gaza. Pure, lo Shifah, il più grande ospedale della città, resta ben lontano dal registrare il tutto esaurito. Sembra fossero invece densamente occupati i suoi sotterranei. «Hamas vi aveva nascosto le celle d’emergenza e la stanza degli interrogatori per i prigionieri di Fatah e del fronte della sinistra laica che erano stato evacuati dalla prigione bombardata di Saraja», dicono i militanti del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina. E’ stata una guerra nella guerra questa tra Fatah e Hamas. Le organizzazioni umanitarie locali, per lo più controllate dall’Olp, raccontano di «decine di esecuzioni, casi di tortura, rapimenti nelle ultime tre settimane» perpetrati da Hamas. Uno dei casi più noti è quello di Achmad Shakhura, 47 anni, abitante di Khan Yunis e fratello di Khaled, braccio destro di Mohammad Dahlan (ex capo dei servizi di sicurezza di Yasser Arafat oggi in esilio) che è stato rapito per ordine del capo della polizia segreta locale di Hamas, Abu Abdallah Al Kidra, quindi torturato, gli sarebbe stato strappato l’occhio sinistro, e infine sarebbe stato ucciso il 15 gennaio.

 

Ho notato che all'ONU non fanno altro che andare alla ricerca dei crimini di guerra israeliani. Ma c'è qualcuno nei vari organismi internazionali che ha mai indagato e/o deliberato su ciò che Hamas combina nella Striscia di Gaza? E perchè i media occidentali accettano questa situazione e spacciano per vero quello che dicono i miliziani?

Modificato il 05 July 2024 17:07

 

« I met a traveller from an antique land
Who said: Two vast and trunkless legs of stone
Stand in the desert. Near them on the sand,
Half sunk, a shatter'd visage lies, whose frown
And wrinkled lip and sneer of cold command
Tell that its sculptor well those passions read
Which yet survive, stamp'd on these lifeless things,
The hand that mock'd them and the heart that fed.
And on the pedestal these words appear:
"My name is Ozymandias, king of kings:
Look on my works, ye Mighty, and despair!"
Nothing beside remains. Round the decay
Of that colossal wreck, boundless and bare,
The lone and level sands stretch far away. »

 

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Skie Lannister
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Inviato il 22 gennaio 2009 20:49

cerco di non portare esempi fuori del mondo come il rapporto guantanamo nebraska obama

vabbè, tu hai detto che "fatto che essa non può esistere senza il rispetto TOTALE di certi valori, in ogni momento. perchè se cessa di rispettarli, cessa di esistere. è la sua grande forza, e obama sembra averlo compreso"...

 

 

"totale" e "in ogni momento"..."cessa di esistere".

mai è esistita e mai esisterà, a questo punto.

 

e poi chi "cessa di rispettarli"? l'esecutivo? il parlamento? la totalità del corpo elettorale? parte del corpo elettorale?

 

mi sembra un discorso assurdo, se vuoi possiamo continuare nel topic sulla democrazia

 

e lo ribadisco, il rispetto TOTALE, in ogni momento. perchè il rischio non è l'episodio isolato in sè, ma la possibilità che da episodico, appunto, diventi sistematico. ovviamente a non rispettarli deve essere il corpo legislativo/esecutivo, non certo quello elettorale, perchè in qst caso avremmo semplicemente un cambio di ordinamento sancito dal popolo


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Ser Balon Swann
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Inviato il 22 gennaio 2009 21:32

'sti cretini con la pesta bubbonica... <img alt=" />

 

 

io lo ripeto, secondo me questi terroristi non hanno mica presente la situazione, il clima che si respira... che non tirino troppo la corda... secondo me non hanno idea di cosa succederebbe se riuscissero a diffondere la peste in occidente... crollano i governi democratici e il giorno dopo i partiti nazi-fascisti prendono l'88% dei voti.

 

e poi partono i missili

 

 

 

e lo ribadisco, il rispetto TOTALE, in ogni momento. perchè il rischio non è l'episodio isolato in sè, ma la possibilità che da episodico, appunto, diventi sistematico. ovviamente a non rispettarli deve essere il corpo legislativo/esecutivo, non certo quello elettorale, perchè in qst caso avremmo semplicemente un cambio di ordinamento sancito dal popolo

quindi se i massimi vertici del potere esecutivo danno ordine ad alcuni limitati corpi dell'esercito di applicare metodi pesanti la democrazia è crollata?

 

in sintesi, se il Presidente, 4 ministri, 17 sottosegretari, 30 agenti segreti, 1 colonnello, 2 maggiori, 8 sergenti e 200 marines approvano e applicano la più grande democrazia del mondo è crollata?

 

che cippa di forma di governo...


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