1 ora fa, Lyra Stark ha scritto:Dipende da chi ha fatto questi accostamenti. Intanto Martin tra quelli che hai citato è l'unico americano, gli altri europei, per la maggior parte inglesi, giusto per tornare al mio discorso di prima.
Poi nell'ordine:
- La Rowling ha creato un universo e un franchise che poco ha a che vedere con gli altri, tuttavia è stata indubbiamente un'innovatrice capace di ricreare un genere ed entrare nella storia della letteratura.
- Lewis era amico e collega di Tolkien e le Cronache di Narnia sono nate come sfida col collega. Purtroppo lo stile un po' palloso e non particolarmente brillante così come la trama non lo hanno aiutato a sfondare appieno.
- Sapkowski ritengo che tra quelli che hai menzionato sia quello più vicino come impianto alla prospettiva tolkeniana, anche nel suo caso si è trattato di rielaborare temi culturali tipici della tradizione del suo popolo, tuttavia manca l'ampio respiro e la prospettiva è ridotta. Aggiungo che pure le doti scrittorie non aiutano a sorreggere il tutto. Forse anche il suo pessimo carattere
Tra l'altro riflettevo che Tolkien era uno studioso che è riuscito a infondere il proprio lavoro e le proprie ampie conoscenze anche accademiche nei suoi testi, elaborati in un periodo particolare della storia umana moderna e pertanto permeati anche di un significato particolare. Forse il suo pregio è questo.
Tutto giusto, ma dalle opinioni di fan e "addetti ai lavori" ( non solo americani ) emerge che il candidato più papabile ad occupare il gradino sotto Tolkien è Martin ( o almeno se la gioca alla pari con la Rowling, anche se servirebbe avere la saga completa per un giudizio definitivo ) e anche quello che hai detto lo conferma.
ma a livello storico sopra Martin ora come ora ci sta pure Stephen King con la sua (secondo me mediocre, ma nondimeno conclusa) saga della Torre Nera.
Oltre ad avere meriti letterari complessivi nettamente superiori
22 ore fa, Jacaerys Velaryon ha scritto:A voler essere pignoli, il vero e proprio Anti-Tolkien sarebbe Steven Erikson, l'autore di Malazan Book of the Fallen, il quale ha esplicitamente detto che Tolkien non lo ha influenzato (non sono neanche sicuro che abbia letto per intero The Lord of the Rings). In confronto a GRRM, però, è poco conosciuto.
Ma a detta di chi? Perché secondo me il punto è sempre quello. Che poi anti significa opposto quindi boh
21 ore fa, Daemon Targaryen ha scritto:il candidato più papabile ad occupare il gradino sotto Tolkien è Martin ( o almeno se la gioca alla pari con la Rowling, anche se servirebbe avere la saga completa per un giudizio definitivo ) e anche quello che hai detto lo conferma
Dipende dal tema della classifica, comunque in base a quello che ho scritto per me tra i citati sarebbe Sapkowski che appunto partendo da un'operazione antropologico culturale ha sfornato una saga compiuta con intento mitopoietico, la sua pecca è probabilmente lo stile scrittorio (anche Tolkien è accusato di pallosità), in più ha potuto e sta ancora beneficiando della creazione di un franchise con vasta risonanza mediatica. Poi per carità a me non piace granché, ma i punti in comune con Tolkien sono più di quelli di Martin.
Di certo però anche le sue opere non sono paragonabili per spessore culturale e intento. Ci sarà un motivo se volevano candidare Tolkien al Premio Nobel per la letteratura.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
A man might befriend a wolf, even break a wolf, but no man could truly tame a wolf.
When the snows fall and the white winds blow,
the lone wolf dies, but the pack survives
Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
13 ore fa, Lyra Stark ha scritto:Che poi anti significa opposto quindi boh
Dipende. Martin è messo in relazione con Tolkien nel senso che, pur essendo influenzato da lui, ha sviluppato un'opera fantasy che si discosta dai canoni dei cosiddetti "epigoni" di Tolkien (vedere per esempio la polemica sull'abuso di magia nel fantasy) e in parte anche da Tolkien stesso (vedere la critica alla resurrezione di Gandalf e la questione della politica fiscale di Aragorn).
Vogliamo una società socialista che corrisponda alle condizioni del nostro paese, che rispetti tutte le libertà sancite dalla Costituzione, che sia fondata su una pluralità di partiti, sul concorso di diverse forze sociali. Una società che rispetti tutte le libertà, meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perché questa libertà tutte le altre distrugge e rende vane.
Enrico Berlinguer
What is honor compared to a woman's love? What is duty against the feel of a newborn son in your arms… or the memory of a brother's smile? Wind and words. Wind and words. We are only human, and the gods have fashioned us for love. That is our great glory, and our great tragedy.
George R. R. Martin (A Game of Thrones)
The measure of a life is a measure of love and respect,
So hard to earn, so easily burned
In the fullness of time,
A garden to nurture and protect
It's a measure of a life
The treasure of a life is a measure of love and respect,
The way you live, the gifts that you give
In the fullness of time,
It's the only return that you expect
Neil Peart (The Garden)
Ernest Hemingway once wrote, ‘The world is a fine place, and worth fighting for.’ I agree with the second part.
Andrew Kevin Walker (Seven)
In this game that we’re playing, we can’t win. Some kinds of failure are better than other kinds, that’s all.
George Orwell (Nineteen Eighty-Four)
Si perché Martin stesso si è messo in relazione con Tolkien su questi temi, quindi viene naturale anche ad altri farlo, ma non significa mica che lo abbia fatto con cognizione di causa, vedi il suo accostare Fire&blood al Silmarillion, che a parte il fatto di rappresentare un "prequel" non c'entrano nulla l'uno con l'altro.
Comunque tornando al tuo post anti significa opposto, ma anche leggendo la tua obiezione al massimo Martin è ispirato da... salvo poi utilizzare un approccio diverso, ma non è anti perché non decostruisce nulla. Anzi, a momenti rischia di finire più lui nel fantasy magico che Tolkien.
E' sempre un dispiacere che quando tutti i lupi dovrebbero sollevarsi, un posto possa rimanere vuoto.
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Stark è grigio e Greyjoy è nero
Ma sembra che il vento sia in entrambi
Il 28/10/2021 at 06:41, Mephistopheles ha scritto:Lungi da me voler far partire una discussione sul tema in questa sede, ma ero solo curioso di capire davvero quale può essere l'origine del motivo per cui la fanbase italiana e quella statunitense nutrono per l'opera di Martin due opinioni così differenti.
Per quel che mi riguarda, non ho un giudizio negativo nei confronti di Martin, anzi. E, tutto sommato, la mancata conclusione dell’opera influisce/influirà relativamente. Semplicemente da quando ho letto ASOIAF, ho letto molto, molto altro e sono “cresciuta” come lettrice. Concordo con il diverissement e con l’eccezionale lavoro fatto in termini di world building - che però è uno dei tanti elementi che pesa e per altro ho letto romanzi fantasy ambientati in mondi molto meno elaborati e dettagliati ma molto più originali.
Martin è oggettivamente un bravo scrittore, ma sinceramente penso che la “grande letteratura” sia un’altra storia. Il tutto prescinde da qualsiasi giudizio sulla persona. Tanto per fare un esempio, non è che Jonathan Franzen sia un campione di simpatia, ma in quanto a produzione letteraria… chapeau! La complessità di un’opera non ne aumenta sistematicamente il valore,così come non lo fa la complessità della scrittura. Basta leggere Kazuo Ishiguro per averne la prova. Poi - è chiaro - qualsiasi paragone lascia il tempo che trova.
Questione traduzione: io ho letto un po’ in inglese, un po’ in italiano. Ok, ci sono cose che “snaturano” un po’ l’opera, ma… suvvia! Qualcuno ha mai detto di La valle dell’Eden, Pastorale Americana, Delitto e Castigo, dei romanzi di Toni Morrison piuttosto che di quelli di Murakami “eh, ma il giudizio è influenzato dalla cattiva traduzione”? Ad alcuni sono piaciuti, ad altri no. Quando però un romanzo è “potente” , è potente! Poi ci sono traduzioni migliori e peggiori, ma il testo quello è!
Detto questo ASOIAF è un’ottima lettura di intrattenimento che consiglio con la doverosa premessa che si tratta di una saga non ancora conclusa e che potrebbe non esserlo mai. Può comunque valere la pena leggerla, se non altro i primi tre libri.
Il 31/10/2021 at 10:22, Maya ha scritto:Questione traduzione: io ho letto un po’ in inglese, un po’ in italiano. Ok, ci sono cose che “snaturano” un po’ l’opera, ma… suvvia! Qualcuno ha mai detto di La valle dell’Eden, Pastorale Americana, Delitto e Castigo, dei romanzi di Toni Morrison piuttosto che di quelli di Murakami “eh, ma il giudizio è influenzato dalla cattiva traduzione”?
Devo essermi espresso male: non credo che il giudizio di un'opera debba imprescindibilmente dipendere dalla sua lettura in lingua, o almeno non finché non studierò russo solo per leggere "Il Maestro e Margherita". Non dico che la traduzione snaturi un'opera per regola, ma che, secondo me, QUESTA traduzione snatura per larga parte l'opera da cui deriva, e ciò perché Altieri è stato più autore che traduttore. Soprassedendo sugli errori più eclatanti che secondo me sono il meno, il danno maggiore dell'adattamento ingerisce su quello che rende l'opera di Martin eccezionale nel suo genere, a mio giudizio: ovvero la costruzione shakespeariana del conflitto umano (non per altro ho citato Bloom), che ha trovato applicazione sperimentale nella struttura POV in un modo che è risultato funzionale su questi livelli quasi esclusivamente in Martin, al punto che ne ha fatto decisamente un suo tratto distintivo.
Mi spiego meglio.
La struttura a POV non si ferma alla semplice designazione di un protagonista del capitolo, ma lo stile stesso e il diverso posizionamento del narratore sulla base delle conoscenze del punto di vista in questione ne fanno uno strumento imprescindibile per la comprensione della psicologia del POV stesso. Analizzando i singoli capitoli di Martin sotto un profilo strettamente morfosintattico ne risulta per questo uno stile quasi schizofrenico, per cui, ad esempio, capitoli di Theon e capitoli di Arya sembrano scritti da due penne differenti di due autori con storie e riferimenti culturali e morali completamente distanti. E questo perché ASOIAF non ha un solo autore o, se preferite, un solo narratore, ma (filologicamente parlando) 31: 24 POV ordinari + 5 prologhi + 2 epiloghi. Il capitolo "ACOK: Tyrion III" parla degli eventi intorno a Tyrion ma non solo: il narratore nell'esprimersi lo fa con la scala dei valori e il ventaglio morale di Tyrion, la sua conoscenza è limitata alla conoscenza di Tyrion, il suo linguaggio è il linguaggio di Tyrion, la sintassi che usa è la sintassi che Tyrion userebbe se fosse lui a scrivere. E questo è possibile solo grazie ad una (e anche qui abuserò del riferimento perché è evidente che le fondamenta dell'opera di Martin sono lì, vi basti rispolverare il Riccardo III) shakespeariana costruzione delle dramatis personae, che escono dalla bidimensionalità della maschera adattata al fine e diventano carne, talmente tangibile da avere una volontà propria, talmente propria da potersi permettere di scrivere autonomamente i propri capitoli. E la capacità incredibile di Martin sta in questa sua dote creativa nel plasmare animi umani e gestirli tutti in modo così funzionale e poliedrico.
In questo senso critici ben più autorevoli di me hanno evidenziato che ASOIAF non ha come reale protagonista le vicende, non è una mera cronaca di eventi (coff coff), ma che gli accadimenti del mondo sono solo strumentali per mettere al centro del palcoscenico il reale protagonista: l'uomo. E per farlo Martin ha creato una struttura in cui ogni capitolo è intimo diario del protagonista dello stesso. Per fare un esempio che spero riterrete calzante, domani potrebbe scegliere un POV a caso tra i 31, scrivere senza specificare chi è il protagonista una storia in cui questi si aggira tra le strade di New York e si ferma a comprare un hot dog che consuma leggendo il giornale, e probabilmente su TRENTUNO personaggi noi tutti riconosceremmo chi è chi, e probabilmente anche a che punto dell'opera si trova la sua psicologia.
Tyrion scrive Tyrion, Cersei scrive Cersei, Victarion scrive Victarion, Eddard scrive Eddard, Arya scrive Arya. Qui è la grande differenza che tentavo di sollevare: con la traduzione di Altieri, Altieri scrive Tyrion, Altieri scrive Cersei, Altieri scrive Victarion, Altieri scrive Eddard, Altieri scrive Arya.
"La pur magnifica Margaery" (Cersei), "il gusto del membro virile" (Eddard), "sono la reginaaaaaa" (vorrei poter dire Geronimo Stilton), "fece un salamecco al'indirizzo di Joffrey" (Arya), "Signorotti del clan Lannister" (Tyrion), "l'irriducibile Arya" (Jon). Laddove la genialità di Martin sta nell'annullare la propria personalità nel ruolo di narratore per dare spazio alla personalità dei suoi personaggi anche nella scelta di lessico e sintassi, Altieri è invadente, è pervasivo, è TUTTO Altieri (nello stesso modo in cui Cannarsi è TUTTO Cannarsi, mi verrebbe da dire), e questo, dal mio punto di vista, spezza totalmente l'immersività dell'opera riducendone drasticamente il valore letterario che così profondamente dipende dalla scelta attenta e quasi scientifica di ogni singola parola, proprio perché quel valore letterario è in larga parte figlio della creazione di protagonisti che sono esseri umani viventi al pari di me e di te, non più maschere teatrali à la servus callidus plautino. E questo è poi, mi si permetta la deviazione, il motivo per cui lo show è degenerato: non mi frega niente degli eventi se non mi mostri l'animo a nudo di chi quegli eventi li vive.
Da questo punto di vista, anzi, reputo gli ultimi due libri superiori al primo, in cui Martin stava ancora perfezionando il suo stile e ha inserito una serie di elementi che, sono certo, maturando avrebbe evitato (tipo le capriole di Tyrion o il rapporto da fan-fiction Jon-Arya), poiché ti estraniano da una percezione di verità psicologica. A Game of Thrones e A Clash of Kings hanno richiesto meno della metà del tempo di quanto ne abbiano richiesto A Feast for Crows e A Dance with Dragons, ma quel tempo in più si sente tutto nella maggiore consapevolezza di Martin nella scrittura. In questo senso, tentando di riportare la discussione in topic, gli perdòno la lentezza con cui scrive, dal momento che, secondo il mio personalissimo punto di vista, non sta più scrivendo un solo libro, ma circa 15, con 15 personalità distinte e 15 stili differenti.
Inoltre, Furore, Pastorale Americana e Delitto e Castigo hanno avuto, nel tempo, ottimi traduttori in italiano. Posso anche accettare che qualcuno abbia una buona opinione del lavoro di Altieri, ma accostarlo a Claudio Perroni e Vincenzo Mantovani mi sembra, quantomeno, ardito. (Confesso di non conoscere il traduttore dal russo per l'ultimo, ma, da quel che mi ricordo, chiunque sia non ha inserito un centurione romano a caso nel primo capitolo perché "faceva più storico"). E, pur non essendo un libro, se hai bisogno di un fulvido esempio di un'opera che in Italia ha visto un tracollo per l'adattamento addirittura del solo titolo, perché basterebbe solo quello, lascio qui sul tavolo il fenomeno "Se mi lasci ti cancello". Se in Italia avessero adattato Steinbeck con il titolo "Tutti a bordo con papà", avessero usato per tradurlo il lessico di un romanzo di formazione e poi lo avessero inserito nella sezione "viaggi", ho l'impressione che nel paese se ne avrebbe un'opinione diversa, e che qualcuno solleverebbe il punto che per giudicarlo forse sarebbe d'uopo una lettura in lingua.
Del motivo poi per cui Martin non ha lo stesso riconoscimento internazionale di altri autori "più impegnati" poi, credo che possa essere interessante tentare l'esperimento mentale di immaginare la storia di ASOIAF, con la sua struttura e il suo approfondimento, trasposta, mutatis mutandis, in un romanzo storico da 4000 pagine ambientato ai tempi della guerra delle rose. Avrebbe avuto più successo se il genere non fosse "fantasy"? Probabilmente sì.
Chiarito questo, accetto che tu abbia un parere differente dal mio e, anzi, ho molto apprezzato le posizioni argomentative della tua risposta, ma credo sia giusto il caso di specificare che la mia opinione marcatamente positiva su Martin e il suo lavoro non dipende dal fatto che sono un "lettore di primo pelo", poiché io, come te, ho avuto modo di leggere molto altro e di poter maturare un'opinione basata su un giudizio critico più che sull'assenza di termini di paragone, anche senza andare a scomodare Dostoevskij e Roth.
Sono molto d'accordo con questa analisi.
Non è un caso che nel fandom anglofono le comparazioni tra Shakespeare e Martin siano numerose, il Bardo è stato un'evidente fonte d'ispirazione.
Anch'io, inoltre, trovo che in "A Feast with Dragons" (il soprannome dato all'insieme dei due ultimi romanzi), sia un'opera stilisticamente più matura rispetto alla trilogia iniziale. Personalmente ritengo che A Game of Thrones sia il più "debole" dei cinque libri.
Vogliamo una società socialista che corrisponda alle condizioni del nostro paese, che rispetti tutte le libertà sancite dalla Costituzione, che sia fondata su una pluralità di partiti, sul concorso di diverse forze sociali. Una società che rispetti tutte le libertà, meno una: quella di sfruttare il lavoro di altri esseri umani, perché questa libertà tutte le altre distrugge e rende vane.
Enrico Berlinguer
What is honor compared to a woman's love? What is duty against the feel of a newborn son in your arms… or the memory of a brother's smile? Wind and words. Wind and words. We are only human, and the gods have fashioned us for love. That is our great glory, and our great tragedy.
George R. R. Martin (A Game of Thrones)
The measure of a life is a measure of love and respect,
So hard to earn, so easily burned
In the fullness of time,
A garden to nurture and protect
It's a measure of a life
The treasure of a life is a measure of love and respect,
The way you live, the gifts that you give
In the fullness of time,
It's the only return that you expect
Neil Peart (The Garden)
Ernest Hemingway once wrote, ‘The world is a fine place, and worth fighting for.’ I agree with the second part.
Andrew Kevin Walker (Seven)
In this game that we’re playing, we can’t win. Some kinds of failure are better than other kinds, that’s all.
George Orwell (Nineteen Eighty-Four)
3 ore fa, Mephistopheles ha scritto:Chiarito questo, accetto che tu abbia un parere differente dal mio e, anzi, ho molto apprezzato le posizioni argomentative della tua risposta, ma credo sia giusto il caso di specificare che la mia opinione marcatamente positiva su Martin e il suo lavoro non dipende dal fatto che sono un "lettore di primo pelo", poiché io, come te, ho avuto modo di leggere molto altro e di poter maturare un'opinione basata su un giudizio critico più che sull'assenza di termini di paragone, anche senza andare a scomodare Dostoevskij e Roth.
Non era mia intenzione metterlo in dubbio. Di base considero che qui siamo tra forti lettori. Per questo ho fatto riferimento ad altri autori, altri romanzi, altri generi, volendo allargare la riflessione.
Tornando al punto: non metto in dubbio che la traduzione abbia un peso cruciale nel giudizio finale sul testo. Partendo dalla tua domanda iniziale “da cosa dipendono i giudizi negativi?”, mi sento però largamente di escludere che possano dipendere da questo e che, viceversa, una lettura solo in lingua originale possa stravolgerli. Non ho un’opinione particolarmente positiva del lavoro di Altieri, ma penso che un eventuale giudizio negativo sull’opera di Martin (e - ripeto- non è il mio caso) non possa essere imputato solo al lavoro che ha fatto. Ad alcuni ASOIAF non piace oppure semplicemente non lo considerano un capolavoro assoluto. Ci sta.
Giusto “Il maestro e Margherita” - che personalmente considero un capolavoro- a molti (tanti tra quelli che conosco) non piace affatto. Punto. Ci sono traduzioni migliori e peggiori, ma coloro che lo considerano “terribile”, “sconclusionato”, ecc. (cit.) non cambierebbero opinione passando da un’edizione di serie B a quella più recente di Einaudi. Ecco, il punto che volevo dire è: la traduzione di Altieri magari ha penalizzato l’opera, ma chi rivolge a questa delle critiche non è così influenzato da questo. Tanto è vero che c’è che la ama e gli riconosce i meriti che dici pur avendo letto solo in Italiano.
Condivido completamente il discorso sull’epopea dell’uomo come senso ultimo della narrazione (anche se oggettivamente è un pensiero critico che ho sentito fare per centinaia di testi). A mio avviso, è quello che rende tutto sommato poco rilevante che l’opera sia conclusa o meno al fine di stabilirne il valore. Riprendo l’esempio di @Manifredde: se Dante avesse scritto solo l’Inferno, la sua Commedia avrebbe avuto meno valore? Direi di no. Forse avrebbe anche fatto felici milioni di studenti, ma questa è un’altra storia.
Concordo anche sul riconoscimento del buon lavoro fatto in termini di costruzione della dramatis persona: è sicuramente un punto di forza di Martin. Diciamo però che è un po’ una conditio sine qua non nello sviluppo di un’opera a più voci.
Per mettere Martin in competizione con i grandi della letteratura di ogni tempo, non possiamo basarci su elementi canonici che tutto sommato sono basilari a un certo livello, ma guardare agli elementi unici e distintivi. Ecco in questo senso, considero Martin un buon narratore e un abile scrittore (averne!), ma non unico nel suo genere e non così straordinario. Che alla fine va anche bene! Insomma, non un giudizio negativo - assolutamente! -, ma ridimensionato in termini di entusiasmo.
modifica:
aggiungo solo una cosa e poi mi taccio: io non considero mai nessun confronto come improprio (perché poi? Molti grandi hanno conosciuto poca gloria nel proprio tempo). Se vogliamo inserire un* qualsiasi autore o autrice tra i grandi della letteratura universale - da Shakespeare a Tolstoj, da Poe a Steinbeck, da Dante a Delillo, da Wolf a Tolkien -, è ben con questi che lo dobbiamo paragonare.
1 ora fa, Maya ha scritto:Condivido completamente il discorso sull’epopea dell’uomo come senso ultimo della narrazione (anche se oggettivamente è un pensiero critico che ho sentito fare per centinaia di testi). A mio avviso, è quello che rende tutto sommato poco rilevante che l’opera sia conclusa o meno al fine di stabilirne il valore. Riprendo l’esempio di @Manifredde: se Dante avesse scritto solo l’Inferno, la sua Commedia avrebbe avuto meno valore? Direi di no. Forse avrebbe anche fatto felici milioni di studenti, ma questa è un’altra storia.
È un paragone senza senso: ASOIAF è una saga fondamentalmente di intrattenimento, non un capolavoro della letteratura più o meno moderna. La Divina Commedia poteva diventare immortale anche solo con l'Infeno, ma un'opera commerciale come ASOIAF imperniata di misteri e cose dette e non dette deve per forza avere un finale se vuole assumere importanza nel futuro e se vuole assumere, oserei dire, un senso. Come possiamo giudicare ASOIAF se non sappiamo neanche come va a finire la storia di Jon Snow o di Daenerys? E su questo punto, trovo veramente grottesco che in dieci anni su cui si è sviluppata una serie tv basta su una saga (incompleta!) sia stata proprio la serie tv a darci il finale, un finale che fra l'altro ci spinge a chiedersi cosa sia stato cambiato e cosa no. Vi sembra normale una situazione del genere?
Chiariamoci, io adoro ASOIAF e mi piace lo stile di Martin, ma qui vedo paragoni a dir poco azzardati con opere di alta letteratura che hanno assunto importanza direi nonostante non essere state completate. Per ASOIAF l'assenza di finale diventa molto più pesante, sia per le caratteristiche dell'opera in sé (misteri, intrighi ecc.) sia perché quasi sicuramente non stiamo parlando di un'opera che sarà ricordata tra 100 anni come noi adesso ricordiamo Kafka o Dostoevskij.
L'analisi di Mephistopheles sulla qualità di ASOIAF è buona, per carità, ma Martin non ha ancora superato il banco di prova della Storia e se non conclude ASOIAF rischia di non superarlo mai.
20 minuti fa, Euron Gioiagrigia ha scritto:
È un paragone senza senso:
Senza senso… perché? La Commedia di Alighieri non è nata “Divina”. Dove è scritto poi che un’opera commerciale e di pure intrattenimento non possa essere un capolavoro? Il conte di Montecristo era esattamente questo, tanto per citare un altro “intoccabile”. La maggior parte della letteratura è nata per essere intrattenimento. Perché altrimenti Alighieri avrebbe scelto una simile allegoria? Poteva scrivere il suo pensiero in un trattato in volgare e ugualmente sarebbe stato innovativo dal punto di vista linguistico. Ma così andiamo OT.
Sinceramente non capisco e non condivido in alcun modo l’idea che ci possano essere “paragoni azzardati” quando si tratta di letteratura. La letteratura è un enorme universo di arte in cui qualsiasi analisi ha di per sé perfettamente senso, nonché piena validità d’essere nel momento stesso in cui è sostenuta da una chiara argomentazione. Eh sì, scomodiamo pure i grandi del passato e del presente che non facciamo loro offesa nell’“usarli” come metro di paragone. Tutto il contrario.
23 minuti fa, Euron Gioiagrigia ha scritto:quasi sicuramente non stiamo parlando di un'opera che sarà ricordata tra 100 anni come noi adesso ricordiamo Kafka o Dostoevskij.
Credo che sia stato detto anche di Poe ai suoi tempi. Detto questo, potresti anche avere ragione. Temo che non lo saprò mai.
3 ore fa, Maya ha scritto:
Giusto “Il maestro e Margherita” - che personalmente considero un capolavoro- a molti (tanti tra quelli che conosco) non piace affatto. Punto. Ci sono traduzioni migliori e peggiori, ma coloro che lo considerano “terribile”, “sconclusionato”, ecc. (cit.) non cambierebbero opinione passando da un’edizione di serie B a quella più recente di Einaudi. Ecco, il punto che volevo dire è: la traduzione di Altieri magari ha penalizzato l’opera, ma chi rivolge a questa delle critiche non è così influenzato da questo. Tanto è vero che c’è che la ama e gli riconosce i meriti che dici pur avendo letto solo in Italiano.
C
Vado un attimo OT perchè avete citato il romanzo che preferisco sopra ogni altro, che ho letto la prima volta quando ero adolescente e da allora decine e decine di volte, in ogni possibile traduzione italiana. Personalmente sono talmente affezionata all'edizione con cui l'ho conosciuto -quella originale Einaudi di Vera Dridso- che mi risulta praticamente impossibile amarlo altrettanto in qualsiasi altra traduzione. (Chiedo a Maya, a questo proposito: esiste un'edizione Einaudi a cura di un altro traduttore? Perchè quella di Vera Dridso, più volte ristampata, è degli anni '60)
Tuttavia, per me è stata una vera illuminazione guardare la serie Tv russa che ne è stata tratta nel 2005: che non esiste doppiata ma solo in russo con i sottotitoli, e che è talmente fedele all'originale che per chi conosce bene l'opera i dialoghi sono comprensibili anche se, come me, non si conosce il russo. Beh, è stata un'illuminazione, perchè la potenza e l'espressività della lingua russa sono straordinarie. Adesso se rileggo il libro certi dialoghi chiave mi risuonano alla mente in russo, e hanno tutto un altro sapore
Certo, questo vale perchè si tratta di un'opera che io già amavo, e credo che il punto sia questo. Concordo con Maya che a prescindere dal tipo di opera di cui si parla poterla leggere in originale o in una buona traduzione è sicuramente un valore aggiunto, ma non credo che da solo basti per farti amare un'opera che non ameresti. Un libro buono ha una forza intrinseca che va al di là della lingua in cui la leggi e personalmente non credo che l'apporto della traduzione vada al di là di un venti per cento al massimo. E' diverso il discorso per la poesia, dove il rapporto tra forma e contenuto è molto più paritario ed è ben più difficile apprezzare adeguatamente un'opera in traduzione.
Martin scrive sicuramente meglio e in modo più sfaccettato rispetto ad Altieri, ma stante anche la mole dell'opera credo che questo conti relativamente. La traduzione toglie ma anche da, perchè leggere nella propria lingua madre permette comunque di apprezzare una serie di sfumature che difficilmente si coglierebbero nell'originale, a meno di non sapere l'inglese davvero molto bene. Sfumature diverse da quelle che si colgono dall'originale, ma suppongo che più o meno si compensino.
Adesso, Pongi ha scritto:scusate, doppio
2 ore fa, Maya ha scritto:Sinceramente non capisco e non condivido in alcun modo l’idea che ci possano essere “paragoni azzardati” quando si tratta di letteratura. La letteratura è un enorme universo di arte in cui qualsiasi analisi ha di per sé perfettamente senso, nonché piena validità d’essere nel momento stesso in cui è sostenuta da una chiara argomentazione. Eh sì, scomodiamo pure i grandi del passato e del presente che non facciamo loro offesa nell’“usarli” come metro di paragone. Tutto il contrario.
Quindi, sinceramente, possiamo davvero paragonare Martin a a Dante o Omero? Per fare un paragone cinematografico, è come paragonare Vertigo di Hitchcock, film che immagino venga insegnato nei corsi di cinema, a Fight Club di Fincher. Io adoro Fight Club, l'ho visto forse dieci volte, ma un primo è un classico del suo genere e il secondo un film commerciale basato su un libro commerciale.
Io voglio bene a Martin, ma ripeto, non dobbiamo scendere nel qualunquismo.
Sinceramente? Sì. Penso che si possano paragonare Dante, Omero, Shakespeare ecc. con Martin o qualsiasi altr* scrittore o scrittrice in ogni tempo.
E - ti dirò di più - nei corsi di cinema che ho frequentato all’Università hanno “osato” mettere insieme Bergman ed Ed Wood, Truffaut e i Monty Python, il cinema d’autore e la commedia americana senza mai darmi l’idea di buttarla sul qualunquismo. E comunque Hitchcock era un genio ma anche abbastanza “commerciale”.
@Pongila traduzione de’ Il maestro e Margherita è ancora quella in effetti. Einaudi ha ritradotto Tolstoj e Dostoevskij. Perdonami ho fatto confusione.
Scusate l’OT