Questa volta il mio problema non è la mancanza di idee... Ma quella di averne troppe.
Ho tre storie a grandi linee che mi piacerebbe raccontare, ma di una ho solo l'inizio, di una solo il finale e dell'altra troppi personaggi da farci stare nei caratteri... Questo week end trovo il tempo per buttar giù qualcosa e spero di concretizzare almeno un racconto
Grazie Maya
La sposa del re
Neanche io avevo fatto il collegamento alla canzone di De André, ma alcune parti mi hanno ricordato alcuni concetti espressi nei sonetti di Shakespeare.
Tipo
se tu mi avessi accettato tra le tue braccia avresti avuto tutta la dolcezza di cui avevi bisogno, e anche io...
Ninetta mia, è colpa tua se muoio, ché mia non sei e mai sei stata...
A nulla è servito questo viaggio, se nel nulla me ne vado e non posso portarti con me. Fuggo da te, e resto solo...
Ninetta mia, che mia mai sei stata. Ma io tuo fui e sono finanche nel momento ultimo della mia esistenza. (...)E straniero fui sempre io al tuo cuore, padrona di casa tu nel mio. Te lo dono insieme alla mia vita. Pensami Ninetta, pensami e raggiungimi allinferno...
Davvero. Mi era sembrato di rileggere uno dei suoi sonetti, avrebbe detto le stesse cose a Ninetta, ma in rima " />
Mi è piaciuto. Alla seconda lettura mi è piaciuto anche di più.
Stelline cattivelle!!!
Trama: ****
Originalità: ***
Personaggi: ***
Stile: ***
Media stelline del racconto nell'insieme: ***
hacktuhana
Breve e intenso!
Mi è piaciuto che ci poni davanti degli interrogativi, ma concludi con nessuna risposta.
Lasci a noi, se ci va di trovarne... Tu ci hai smosso dentro, il resto a noi.
Stelline cattivelle anche a te!
Trama: **
Originalità: ***
Personaggi: salto la voce
Stile: ****
Media stelline del racconto nell'insieme: ***
Niente stelline al prossimo giro ahahag
Grazie a Maya e Brezza per i commenti
Aspetto nuovi scritti, forza ragazze e ragazzi!!! " />
@Maya: Eh sì, posto tramite tablet, tra l'altro anche letter count mi sballa tutto e non riesco mai a vedere con precisione quanti caratteri sono.
Grazie comunque a tutti i commenti.
La Sposa.
XXIX Contest di Scrittura Creativa
Titolo: C'è sempre una luce
Caratteri: 4983 su Letter Count
“Hai prelevato cento euro dal conto senza dirmi nulla?”
Lei riconosceva quello sguardo e lo temeva: sarebbe stata una lunga serata fatta di frecciatine e malevolenze nei suoi confronti.
“Sì, dovevo pagare la gita della bambina.”
“Ti avevo detto o no che mi sarei occupato io di tutte le spese della casa? Il conto è mio e lo gestisco come voglio io!”
“Veramente il conto è di entrambi, abbiamo la firma congiunta.” Lui sbattè la mano sul tavolo facendola spaventare
“Me ne frego, tu i soldi non li sai gestire, ci manderesti in malora per le mille ca***te che ti vorresti prendere: scarpe, vestiti, str***ate per la bimba. Adesso dammi il bancomat e il resto. Non pensare neppure di prendere i soldi per il pane.” Tremando lei prese il portafoglio e glielo diede. Sembrava soddisfatto e contento come un gatto che ruba il lardo. “Bene, ora io esco al bar, tu vedi di pulire questo porcile di casa.”
Sentendolo chiudere la porta, si guardò attorno: solo una tazza sul lavello rovinava la pulizia quasi maniacale che regnava nella stanza.
La forchetta fece un rumore assordante. La bimba alzò lo sguardo dal piatto e lei saltò sulla sedia spaventata: il marito era furioso.
“Niente, non sai proprio fare niente! Inutile a casa, inutile al lavoro.” Le sibilò contro. “Cotta te l’avevo chiesta questa braciola, e invece guarda qui.” Lanciò uno sguardo timorosa alla carne ancora calda dove spiccava una striscia rosa tenue. “Ancora sangue. Quando imparerai?”
“Ma se te la cucino ancora diventa dura.” Provò a protestare a bassa voce.
“E tu non farla diventare dura! Smettila di piangere, bambina scema come tua madre!” senza lasciar il tempo di fare nulla, se ne andò in soggiorno a guardare la televisione.
“Mamma, perchè papà urla?” chiese la piccola tirando su il naso.
“Shhh. Non pensarci, ecco mangia i tuoi pomodori.” Cercò di deglutire, ma sentiva un nodo in gola di paura e preoccupazione. Cosa poteva fare per tranquillizzarlo? Silenziosamente, per non disturbare, si mise a piangere: era come vivere in una oscurità dove non sapeva come girare per non farsi male, una sensazione soffocante e paralizzante.
La signora davanti a lei era gentile e cortese, ma non la capiva, come poteva? Continuava a blaterare così assurde come denunciare, cambiare casa, prendere in mano la propria vita. Ma cosa ne sapeva lei della sua esistenza?
“Lei è molto cara, ma sto benissimo, si è trattato solo di un incidente. Le scale e basta.” Si rimise la camicetta, cercando di evitare il dolore alla spalla: se l’era lussata e faceva un male cane. Pensò anche che avrebbe dovuto chiedergli di poter comprare del fondotinta per coprire quei brutti lividi alle braccia, lui avrebbe capito, la gente avrebbe parlato.
“Scale? Non aveva detto di essere scivolata nella vasca da bagno?” si bloccò di scatto e la fissò con occhi sgranati pieni di angoscia.
“La prego, non dica niente.Va tutto bene.”
“No signora, non va bene così. Lei è già passata per il Pronto Soccorso altre due volte e sempre per ferite più gravi. Oggi è la spalla lussata, la prossima volta sarà la mandibola rotta per un pugno.”
“È solo un periodo, cambierà. Al lavoro sta avendo dei problemi.”
“Certo, se ne è convinta lei.” La donna dell’ospedale sospirò “Se non vuole, non denunceremo suo marito, anche se dovrebbe farlo. La prego, ci ripensi però: al Centro Antiviolenza potranno aiutarla, le daranno anche una casa dove poter star tranquilla lei e sua figlia, perchè, se lo ricordi, potrebbe passare poco tempo prima che passi da lei alla bambina.”
“NO! Lei no!” finalmente si ritrò con lo sguardo acceso dalla determinazione. “Mia figlia no.” La donna annuì e la lasciò sola. Uscì anche lei zoppicando e quando lui la prese sotto braccio gli sibilò: “Se tocchi la piccola ti ammazzo.”
La casa era piccolina e in mezzo al nulla. Non le importava, in fondo negli ultimi mesi aveva vissuto con molto meno. Lasciò la figlia uscire a giocare sull’altalena, posò le valigie in soggiorno e decise, per quel giorno, di riposarsi e tirare le fila della sua nuova vita: la denuncia, il divorzio, le sentenze. Aveva paura, tanto per lei quanto per la bimba, ma non aveva avuto scelta. Quando aveva visto le bruciature di sigaretta sulle braccine candide del suo angelo non ci aveva visto più: lo aveva colpito come una furia e la sua reazione l’aveva portata direttamente in ospedale con una commozione cerebrale e lividi sparsi; appena arrivata la donna dei Servizi Sociali si era abbandonata a lei e aveva dato il via all’iter per staccarsi da lui.
“Ecco fatto, accese tutte le centraline: mi raccomando non dire a nessuno dove sei, è categorico, se devi incontrare qualcuno, esci, se hai problemi con la bimba chiama noi.” La ragazza che parlava era del Centro Antiviolenze e grazie a lei aveva avuto la possibilità di vivere in una Casa Sicura dove lui non avrebbe mai potuto trovarla.
Annuì sorridendo, poi aprì la finestra e guardò la figlia giocare: era tempo di far entrare di nuovo la luce nella sua vita.
All'inizio ero tentata di scrivere un finale tragico, ma ho bisogno di positività nella mia vita e di credere che la violenza sulle donne pian piano sparisca, cosa che credo sia utopica.
Nel forum se ne è parlato qui: http://www.labarriera.net/forum/index.php?showtopic=11505
È Frittella il nostro Re
Fa i pasticci, fa i bignè
Io ne mangio pure tre
È Frittella il nostro Re!!!
You're mine. Mine, as I'm yours. And if we die, we die. All men must die, Jon Snow. But first we'll live.
La cosa bella di essere guardiani? l'affetto con cui veniamo ripagati, ma anche il rispetto, la riconoscenza. E' un impegno che dà molto onore e tanta gloria (Cit @Maya )
Brava Lady Robyn! Ancora un tema di un'attualità imperante, e ancora trattato in modo lineare e perfetto.
Posto anche il mio racconto. Ero molto indeciso se farlo o meno, visto che questo è diverso da quello che scrivo di solito, molto più intimista e particolare, ma alla fine ho deciso (seppur con tutte le riserve possibili) di pubblicarlo .
XXIX Contest di Scrittura Creativa
Traccia: il buio
Titolo: Enigmi nell'oscurità
Caratteri: 4985 (Lettercount)
Posso unirmi anch'io? " /> Lo so è la prima volta che partecipo, ed è da tantissimo tempo che non mi faccio viva, però va così... Spero possa piacere
XXIX Contest di Scrittura Creativa
Traccia: il buio
Titolo: Naufrago
Caratteri: 4862 (Lettercount)
Il rumore fu intenso.
Avvolse il mio corpo fino ad opprimerlo, strinse a tal punto il mio cuore da costringerlo ad accelerare i battiti.
Aprii gli occhi.
Mi avevano avvertito che sarebbe stato duro, ma sentirlo sulle mie membra era tutta un'altra cosa. Forse, se l'avessi saputo prima, non mi sarei nemmeno candidato al programma. Comunque era inutile rimuginare sul passato, specialmente dopo che ero giunto a quel punto, così decisi di alzarmi. Iniziai a muovere la mano: era fredda ed intorpidita, a fatica riuscii a controllare le articolazioni bloccate da tempo. Erano passati anni dall'ultima volta che le avevo mosse. Sbuffai, e una piccola nuvoletta di vapore uscii dalla mia bocca. L'aria era rarefatta e non soddisfaceva pienamente i miei polmoni, ansiosi di ossigeno, ma ero cosciente del fatto che avrei dovuto farmela bastare. Fuori certamente sarebbe stato peggio. Le bombole di cui ero stato dotato non sarebbero state sufficienti, se le avessi sprecate ogni volta che il mio corpo supplicava per dell'aria in più.
"Fattela bastare" dissi tra me e me, ma il mio corpo mi punì provocandomi un capogiro. Mi aggrappai alla parete, rendendomi presto conto di essere l'unico dell'equipaggio ad essersi svegliato. Fissai i miei compagni, ancora racchiusi dentro le macchine all'avanguardia che avrebbero dovuto mantenerci vivi durante il viaggio.
Sembravano mummie dentro sarcofagi di vetro e acciaio. Bastava una e una sola interruzione di energia prolungata e non si sarebbero svegliati mai più. Mi sembrava strano che loro continuassero ad essere congelati mentre io ormai ero già stato risvegliato. Misteri della tecnologia. Ero tentato di forzare l'impianto che avrebbe dovuto attivare le tecnologia necessarie per consentire il loro risveglio in sicurezza, ma il sistema non rispose ai miei tentativi.
Allora capii. Non eravamo atterrati a destinazione. Ci doveva essere stato un guasto da qualche parte.
L'astronave era in avaria.
Mi guardai intorno. L'ambiente non sembrava più la stesso di quando eravamo partiti; mancavano i contatti con la base, gli schiamazzi divertiti dei miei compagni e quella sensazione di irreprimibile entusiasmo che ti colpisce quando sai che stai per affrontare un'impresa titanica.
In quel momento non avvertivo niente di tutto ciò. Il mio corpo era posseduto da un molto meno piacevole senso di sconfitta e di morte imminente.
Tuttavia cercai di reagire: dopotutto non potevo arrendermi alla prima difficoltà, proprio io che mi ero candidato di mia spontanea volontà ad affrontare un viaggio intergalattico.
I miei occhi si muovevano freneticamente dall'alto al basso, da destra a sinistra, pur di trovare qualcosa che mi permettesse di svegliare i miei compagni. O di tornare indietro, a casa, che forse era anche l'alternativa migliore. L'ambiente attorno a me si faceva opprimente. Non sapevo se era un'altra mia sensazione o l'aria che si faceva sempre più rarefatta: d'altro canto, ero io là dentro che consumavo ossigeno.
Mi diressi verso il pannello di controllo, mosso da una speranza che già sapevo vana: non c'era più niente da fare, le comunicazioni erano irrimediabilmente interrotte. Mi guardai intorno, ricapitolando mentalmente la mia penosa situazione: unico sopravvissuto di un equipaggio congelato, naufrago spaziale atterrato chissà dove, senza alcun minimo contatto con la stazione spaziale. Evviva!
Non mi erano rimaste molte alternative. Decisi di uscire. Era l'unica cosa da fare, almeno avrei avuto l'occasione di vedere il luogo in cui sarei morto. Sul mio volto si aprì un sorriso triste mentre mi dirigevo verso il portellone con l'andatura di un condannato a morte.
Non sapevo cosa aspettarmi... Durante il corso che aveva preceduto la mia partenza mi avevano insegnato a fronteggiare molte emergenze, ma nessuno mi aveva insegnato a risolvere una situazione simile.
Mi abbracciai nell'orribile tuta da astronauta che mi ero infilato. L'avevo sempre trovata un indumento funzionalmente scomodo, ma in quel momento mi parve l'unica protezione disponibile, oltre che una preziosa riserva di aria respirabile. Spalancai il portellone della nostra nave, ma da lì non si poteva distinguere nulla di interessante, se non il buio tipico dei pianeti con poca atmosfera. Quindi sarei dovuto uscire, era necessario.
Chiusi gli occhi, presi un respiro profondo, per quanto la riserva d'aria me lo concedesse.
Saltai.
Non vedevo nulla di fronte a me. Solo il buio più assoluto.
Il buio nello spazio è così differente da quello sulla Terra...
Non conosci il Buio se non lo vedi al di fuori dell'atmosfera. Non vi erano astri ad illuminare la volta celeste, niente che potesse anche solo rischiarare quelle tenebre.
E rimasi per un istante lungo quanto l'eternità con gli occhi al cielo, avvolto del nero più assoluto, lontano da casa, al confine tra la vita e la morte.
Complimenti agli ultimi due scritti!
Ser Mattia capace di dare vita e anche sensazioni e pensieri a... "un sogno"? Splendido!
E la nuova arrivata Eyrie che invece da vita ad un... "incubo"? Bellissimo!
Molta profondità in questi scritti, che accomuno solo per averli letti assieme e tutti d'un fiato!
Bene bene, il contest anche stavolta si arricchisce! Avanti altri! " />
Lo scrissi ieri e mi ero fermato senza l'ultimo paragrafo, ma rileggendolo ora mi è venuta voglia di andare avanti con un po' di splatter xD
Quindi ho aggiunto l'ultimo paragrafo, anche se abbastanza "veloce" per limiti di spazio
Uuuh quanti bei racconti si sono aggiunti!!!
Lady Robin Snow
Molto realistico. Le emozioni e le descrizioni sono molto vere, e purtroppo è vero, spesso non finiscono altrettanto bene... Ogni contesto è buono per denunciare ciò. Brava!
Trama: ***
Originalità: ****
Personaggi: ****
Stile: ***
Media stelline del racconto nell'insieme: ***/2
Ser Matthews
Bellissimo! Originale, scorrevole e profondo. Mi piacciono sempre i racconti che trattano la psiche umana, e ancor più quelli che mi sorprendono dando voce a chi non dovrebbe esistere... Ti sei candidato a ricevere il mio voto! " />
Trama: ****
Originalità: *****
Personaggi: *****
Stile: ***
Media stelline del racconto nell'insieme: ****
Eyerie
Bello! Un fantascienza profondo e... da incubo! Povero naufrago dello spazio... Ho percepito pienamente l'emozioni che ha provato.
Trama: ****
Originalità: ****
Personaggi: ****
Stile: ****
Media stelline del racconto nell'insieme: ****
Albert Stark
Siiiiiii io sto con Lucifero! Porta la luce e splattera a più non posso con gli umani!
Bello. Mi è piaciuto
Trama: ****
Originalità: ***
Personaggi: ***
Stile: **
Media stelline del racconto nell'insieme: ***
Si aggiunge anche Albert, e oltre al suo ricorrente sanguinolento descrittivo, ci mostra un punto di vista di Lucifero, a cui magari abbiam sempre pensato.
Qui però la solennità dei suoi pensieri toglie spazio ad ogni dubbio.
Io sono colui che porta la luce!
Bravo Albert, oltre al machete se dovessi capitare dalle tue parti, debbo assolutamente portarmi un bel po' di acqua benedetta, o
forse è meglio del buon vino! " />
XXIX Contest di Scrittura Creativa
Titolo:
Caratteri: 4994 (Lettercount)
Non potevano permettere un simile spreco. Kamael si era macchiato di un grave crimine, lasciando che il traditore fuggisse, ma era pur sempre un Engen di prima categoria.
Uno dei pochi mutaforma ad essere in grado unire la propria energia per formare un essere Superiore: l'unico negli ultimi duemila anni. Non potevano trascurare un simile dettaglio e fonderlo nel Circolo del Sangue. L'altro andava punito, questo era fuori discussione, ma Kamael poteva addestrare un altro Engen per prendere il posto di Rasiel e, scontata la sua pena, tornare a proteggere sul Green Planet. Erano ricorsi alle loro preghiere per salvarlo, e finalmente il Supremo Indovino aveva fermato il tempo. Uriel e Barachiel avevano preso Kamael, ancora privo di sensi, e lo avevano riportato a casa.
Se quella si poteva chiamare casa.
Kamael si muoveva in circolo, agitando le braccia. La sua prigione non era fatta di sbarre, la sua prigione era fatta di ombre. Non poteva vedere, non più. L'Empireo, luogo in cui risidevano tutti gli Engen dall'origine dei tempi, era un luogo fatto di luce, di bellezza. Senza gli occhi, perdeva tutto.
Per l'ennesima volta si mise a pensare a Rasiel, e un'imprecazione gli salì alle labbra. “Maledizione, fratello! La mia prigionia in cambio della tua salvezza! Eppure rifarei tutto ciò che ho fatto.”
Un suono, tenue, alla sua sinistra, lo fece sobbalzare. I suoi sensi erano sempre all'erta. Non si fidava più di nessuno.
Barachiel con la sua voce baritonale si manifestò subito.
«Il Sommo Consiglio ha deciso che avrai salva la vita» iniziò ad alta voce «ma dovrai servire il Superiore Uriel e preparare un nuovo Engen.» Kamael non capiva. «Perchè devo istruire un nuovo Engen? Come posso farlo, ora che non ho la vista?»
«E' tuo dovere farlo. Stiamo cercando Rasiel, e lo troveremo. Grazie al flusso della sua energia il Circolo del Sangue genererà un nuovo, potente, Engen. Tu lo addestrerai ad Unirsi a te.» e se ne andò.
A Kamael sembravano trascorsi secoli. Non sopportava più alcun comando. Sentiva gli ordini, eseguiva. Ma dentro era vuoto.
Lui, che aveva tentato di morire senza troppa convinzione, era pentito: ora quella prospettiva gli sembrava una liberazione. Chiese di essere ricevuto dal Sommo Consiglio.
Mentre attendeva il suo turno, immobile in un angolo dell'enorme Sala di Vetro, non manifestava alcuna emozione. I Supremi ogni tanto gettavano un occhiata nella sua direzione, colpiti. Il giovane Engen aveva un'aura antica.
Quando venne il suo turno, fece un passo avanti e iniziò:
«Sono Kamael, consapevole della vostra misericordia. Non ho intenzione di mancarVi di rispetto e mi pento delle mie azioni. Per questo vi chiedo... » e così dicendo alzò lo sguardo spento su tutti loro «... di essere punito e che giustizia sia fatta. Voglio entrare nel Circolo del Sangue per generare un Engen migliore». Un brusio aveva interrotto il suo discorso. I Superiori erano sconvolti. Il Supremo Raphael prese la parola: «Perchè rifiuti la nostra benevolenza, giovane Engen?».
Kamael non rispose. Si mise in ginocchio a implorare la fine.
«E così sia» tuonò il Superiore «il Circolo del Sangue non attenderà, domani avremo un nuovo Engen».
Tutto era ovattato. Camminava e sentiva su di sé gli sguardi del Consiglio. Doveva resistere solo un giorno, e poi la sua sofferenza sarebbe finita. Ma perchè stava così male? Kamael rimuginava, disteso nel suo letto. Forse le parole di Rasiel lo avevano toccato in profondità, scuotendo tutte le sue convinzioni. Aveva ragione il bellissimo Engen dai capelli corvini e gli occhi azzurri? Tutto quello che facevano era eseguire gli ordini. E morire. In tutto quello, dov'era la libertà? E il tanto professato Amore?
Non lo avrebbe mai scoperto. Cercando l'oblio del sonno si ritrovava a rivivere i momenti passati con gli esseri umani. Quando era solo Jacob, e suo fratello era con lui. I suoi sorrisetti ironici gli mancavano. Ripensava al suo ultimo gesto, ai brividi che la sua carezza gli aveva provocato. Non poteva tornare indietro. Dormiva da poco quando il rumore di una porta che sbatteva lo fece sobbalzare. Si tirò a sedere di scatto, all'erta. Percepiva che qualcosa era cambiato. Provò a sondare telepaticamente il dormitorio. Una grande forza si muoveva. E lo cercava. Appena ebbe la certezza che non stava sognando, la porta si spalancò e la sua voce entrò chiara e argentina: «Dove ca**o ti eri nascosto, fratello?» la sua energia lo faceva sentire vivo. Rasiel era il migliore, sempre. Come fosse riuscito a trovarlo, non aveva idea. Cercò con le braccia l'altro Engen, lo strinse.
«I ringraziamenti a dopo, fratello. Ora dobbiamo muoverci.» Lo scostò da sé, gentilmente, e Kamael sentiva il suo sguardo fisso nelle orbite vuote. «Non possiamo andare da nessuna parte se tu non ci vedi. Bastardi!». Tenendolo nuovamente stretto a sé, Kamael sentì la mente di Rasiel cercare la sua. Subito capì, e si plasmò come l'altro aveva fatto in passato. Fu semplice. In un attimo furono Uno. Invincibile.