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imho. che significa?
S di Starcatcher
creato il 14 maggio 2009

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Ser Arthur Dayne
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Ser Arthur Dayne
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Inviato il 18 maggio 2009 11:28

ad un programma radiofonico avevo sentito un discorso molto interessante riguardo all'introduzione di parole straniere nella lingua italiana in cui si diceva che il pericolo di un "impoverimento" della lingua alla fine non c'è proprio; questo perchè noi non prendiamo veramente le parole straniere ma le adattiamo alla nostra pronuncia, vedi jazz pronunciato "getz" invece che "gias" o Hotel senza la h aspirata o hamburger in cui addirittura si cambia l'accento. Che ne pensate?


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Starcatcher
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Inviato il 18 maggio 2009 12:57 Autore

In ritardissimo rispondo brevemente a questo topic (sono stata via in questi giorni) :P

 

Mi va benissimo cambiare il titolo (noto che l'avete già fatto), oltretutto l'argomento m'interessa moltissimo!

 

Cercherò al più presto di leggere tutti i post scritti in questi giorni e di dare la mia opinione...

 

:unsure:


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Tyrion Hill
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Tyrion Hill
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Inviato il 18 maggio 2009 13:20

Del resto, visto che capita non è una cosa poi cosí frequente,

A me pare molto frequente.

forse non ha tutti questi vantaggi (il che non significa, faccio notare, che abbia chissà quali svantaggi); mi pare simile alla mutazione: nell'evoluzione degli esseri viventi possono capitare anche mutazioni neutre e svantaggiose;

Ma certo.

visto che l'evoluzione della lingua è, appunto, un fatto naturale, è possibile che la creazione di simili neologismi capiti senza un vero vantaggio, no?

Certo, ma se fosse una mutazione svantaggiosa si estinguerebbe subito, no?

 

Qui stiamo parlando di neologismi che si diffondono nella lingua, non di quelli che muoiono sul nascere. E io credo che questi neologismi nascano un po' perche' sono utili (ci sono proprio nuovi concetti da descrivere - ad esempio, "nutellone" o "nutellaro" per indicare la mia generazione mi pare un termine davvero azzeccato; "killare" e' utile perche' si riferisce a terminare un processo automatico, piuttosto che un essere vivente; ecc.), e un po' semplicemente perche', per qualche ragione, piacciono. Il linguaggio e' un fenomeno di "arte collettiva", la gente puo' plasmarlo anche solo per pure ragioni di gusto.

 

Al momento, con la "globalizzazione", si e' anche accentuato il fenomeno di trasferimento di parole fra le diverse lingue del mondo (e io questa la trovo una cosa bellissima, tra parentesi). Se il paese leader mondiale dell'informatica e' - mettiamo - gli USA, e' abbastanza naturale che quando si parla di informatica si usino molti termini americani (primo fra tutti, "computer"), allo stesso modo in cui la musica, l'architettura, l'economia, in tutte le lingue del mondo sono stracolme di parole italiane ("Allegro non troppo", "pianissimo", ... "arco", "attico", ... "borsa", ...).


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Starcatcher
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Starcatcher
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Inviato il 18 maggio 2009 16:16 Autore

Sarà perchè,avendo studiato lingue,ho sempre visto una lingua come un fenomeno fluido e non solido,ergo bisognoso di difese...

Sarà perchè anche la lingua segue la nota legge della giungla,valida in tutti gli ambiti umani,e dunque viene determinata nei suoi sviluppi da forze che sfuggono (ancor meglio,che se ne fregano)al controllo della singola persona...

Sarà perchè una lingua nasce primariamente per comunicare e quindi,se la maggioranza vuole comunicare con parole straniere,c'è poco da fare...

 

Sarà per tutto questo,ma francamente trovo inutile preoccuparsi della difesa della lingua italiana.Non perchè io non ami la nostra bella lingua (chi frequenta la chat sa quanto io possa essere fastidioso sul congiuntivo), ma perchè anche ammesso che si arrivi a determinare quali parole straniere/abbreviazioni/neologismi/ecc siano "giuste" oppure no,come potremmo obbligare gli altri,la massa degli italiani,ad usarle?E' praticamente impossibile.L'unica cosa che si può fare è parlare come si sente sia giusto farlo e sperare che coloro coi quali interagiamo,assorbano la nostra "giusta" lingua.

Quindi,che ognuno continui ad usare la lingua che preferisce e che vinca il più forte.

 

 

Da brava studentessa di Lingue, approvo in toto quello che dici, permettendomi di aggiungere due considerazioni sulla contaminazione da parte di espressioni provenienti da lingue straniere.

 

I) Molti termini (oggi soprattutto inglesi) provengono da altre culture perché riguardano aspetti strettamenti collegati a quelle culture, o oggetti creati in quel paese. Cercare a tutti i costi di tradurli in molti casi impoverisce la parola in sé e la lingua che riceve il prestito. E' inevitabile tradurre certe parole...ma se io traduco "Sehnsucht" con "nostalgia", ho impoverito la parola; semplicemente perché quel concetto, quel sentimento, è un sentimento proprio del popolo tedesco, leggermente diverso dalla "nostalgia" italiana. La "paella" non si può tradurre con "zuppa di pesce e carne" o la "pizza" con "bread with tomato and cheese": vorrebbe dire snaturare il prodotto e la parola stessa (e così per quasi tutti i termini gastronomici).

 

II) Molti termini si usano semplicemente perché sono più pratici, più comodi, e tutto il mondo li capisce, perché in ogni linua sono uguali (o leggermente modificati foneticamente e morfologicamente per adattarsi alla singole lingue); riassumono concetti che altrimeti andrebbero spiegati con un giro di parole: marketing, garage, Internet, movida.

 

Detto ciò, anche io ci tengo a parlare un buon Italiano, corretto: amo i congiuntivi, detesto le abbreviazioni ke nn fanno altro ke rendere il discorso + brutto, e cerco di usare i pronomi giusti :P

 

Però l'Italiano, come ogni lingua, è in continuo mutamento: ogni giorno si creano parole nuove e altre cadono in disuso, i padroni della lingua sono i PARLANTI, e non i dizionari!

 

E hai anche ragione sul fatto che la funzioni principale e primitiva di una lingua è COMUNICARE: se ora nel mondo si comunica con l'inglese, bisogna accettarlo, per quanto possa non piacere. Se io in un discorso con "italiani medi" dico che "Coltivo la speme che veniate tutti a festeggiare il mio genetliaco domani sera" ho fatto una gran bella frase, ho fatto ridere tutti, ma domani sera festeggerò il mio compleanno da solo, perché la comucazione è fallita!

 

Accanto a questa funzione primitiva di comunicare, oggi, esiste anche la funzione di essere bella, di dilettare i suoi utenti, o una parte di essi; e per questa funzione, sì, è importante saper parlare bene (e, chiaramente, scrivere bene).

 

Ottimo post comunque, bravo Guardiano della Notte! :P

 

>_>


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triex
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Inviato il 18 maggio 2009 17:51
amo i congiuntivi, detesto le abbreviazioni ke nn fanno altro ke rendere il discorso + brutto, e cerco di usare i pronomi giusti :P

 

Cncrdo cn te, sn qst binbi k nn snn parlare e nn snn neankhe cosa è il cngiuntivo: sembra khe nssuno gli avesse insegnato a nnt.

 

Scherzi a parte, volevo parlare anche di un'altra cosa: avete presente quando in chat si utilizzano "nu", "na", "gno" al posto di no, e "se", "zi", "shi", al posto di sì?

 

Cosa ne pensate?


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Starcatcher
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Inviato il 18 maggio 2009 19:19 Autore

Scherzi a parte, volevo parlare anche di un'altra cosa: avete presente quando in chat si utilizzano "nu", "na", "gno" al posto di no, e "se", "zi", "shi", al posto di sì?

 

Cosa ne pensate?

 

Bella domanda...Personalmente, confesso di usarli, a volte...Soprattutto "nu" e "shi"...hanno un che di "tenero", imitando la parlata dei bambini...Li uso principalmente con le persone con cui ho un rapporto stretto, per esempio con il mio ragazzo, quando "gioco a fare la bimba" e sono in un mood particolarmente dolce... >_>

 

Confesso di usarli a volte anche nel linguaggio parlato, sempre negli stessi contesti...


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Alekseij Targaryen
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Inviato il 18 maggio 2009 19:24

Se posso dire la mia riguardo al rapporto italiano/inglese, trovo alquanto cretino italianizzare i verbi inglesi... Mi pare di aver letto un "killare" da qualche parte. Mamma mia che roba oscena! >_>

 

Ha invece senso trasferire delle parole pari pari, se in una delle due lingue non esiste un corrispondente preciso/altrettanto conciso (è il caso di kitsch, giusto per dirne una) o esiste una tradizione consolidata (ad esempio come nel caso di jeans o rock).

 

 

Riguardo alle abbreviazioni (i vari xké, nn, dp, cmq) diciamo che essi hanno un senso secondo me nel linguaggio degli SMS, dove risparmiare spazio risulta più comodo (anche perché spesso messaggi troppo lunghi vengono spezzettati e le parti si perdono sovente). In questo senso il fenomeno non è solo italiano, anzi... Mi vengono in mente i ragazzi francesi che scrivono 2m1 anziché demain.



joramun
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joramun
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Inviato il 18 maggio 2009 20:15

Quoto in toto quanto detto dal buon Tragaryen qui sopra....

Sulle abbreviazioni ho già detto che il mio pensiero è molto "Entesco":

"........perché noi preferiamo non dire una cosa, se non vale la pena di perdere molto molto tempo per dirla ed ascoltarla.

 

>_> :unsure: :wacko:


M
Mornon
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Inviato il 19 maggio 2009 2:36

Invece di rispondere ai singoli messaggi riazzero la questione e rispiego cosa ne penso, perché diverse volte ho visto replicare cose che non negano quello che dico come se lo negassero.

Ho cercato di fare questo messaggio quanto piú chiaro possibile, ma trattare tutto il campo linguistico in un messaggio è ovviamente impossibile (né reputo di averne le capacità). Cercherò di essere chiaro, e so già che sarò lungo; per favore, prendete il messaggio nella sua interezza e nella sua dichiarata non-esaustività.

 

Innanzitutto, parlare di "Italiano", di "l'Italiano", può far pensare a un'unica forma, a un qualcosa di cristallizzato; non è cosí: è Italiano corretto tanto "se stesso" quanto "sé stesso"; tanto "specificamente" quanto "specificatamente"; tanto "deva" quanto "debba"; ecc.

Inoltre, ci sarebbe tutto un lungo discorso da fare su linguaggi settoriali e gergali, registri d'uso, ecc., discorso che toccherò piú avanti.

Fatta questa nota, proseguiamo: che la lingua evolva, neologismi compresi, è una cosa naturale e positiva; questo però non significa che ogni innovazione abbia dei vantaggi, o che sia automaticamente linguisticamente corretta. Potrà diventarlo, ma non è detto che lo sia appena avvenuta.

È stato chiesto perché i neologismi dovrebbero adattarsi alla morfologia della lingua ricevente; come già detto, la lingua è sicuramente in evoluzione, è sicuramente mutevole, ma ha anche una sua storia, una sua struttura, delle convenzioni che fanno sí che sia capita. Perché buttarsi tutto alle spalle? Se poi succede (mi viene in mente "paninoteca", che in teoria dovrebbe indicare una raccolta di panini, in pratica indica un locale dove si mangiano) entrerà nella lingua qualcosa che se ne distacca; ma perché ce ne si dovrebbe volontariamente allontanare? Per una continuazione di questo discorso, rimando alla parte sui linguaggi settoriali (che per loro stessa natura possono non rientrare in quanto appena detto, in quanto la lingua nazionale è, appunto, nazionale; un linguaggio settoriale invece può avere frequente necessità di interfacciarsi con l'estero).

Sempre sui neologismi, è già stato fatto l'esempio evoluzionistico: in natura, le evoluzioni possono essere vantaggiose, neutre o svantaggiose, variando "classe" anche a seconda della zona; parimenti, una mutazione linguistica, neologismi compresi, non necessariamente ha vantaggi.

Sempre restando nell'ambito del parallelo evoluzionistico, una mutazione può rimanere se è vantaggiosa, se è neutrale, se è svantaggiosa ma non troppo; questo significa che un neologismo può avere degli svantaggi (per esempio, parlando dei neologismi per cui esiste già un termine, essere meno comprensibile della parola pre-esistente), ma se questi non sono eccessivi (dove "eccessivi" è funzione di tutti i parlanti) può comunque sopravvivere.

Altro aspetto importante, i registri comunicativi: "La mamma è il papà devono pagare la pappa al loro bambino" è giusto? Sí. In una legge? No, si leggerà piuttosto qualcosa del tipo "[Entrambi] i genitori hanno l'obbligo [giuridico] di assicurare il sostentamento dei figli". A seconda dell'ambito (che comprende anche parlato e scritto), il modo di porsi, il registro linguistico usato, può variare.

Oltre a quanto detto, c'è il famoso discorso dei linguaggi settoriali e gergali, che tra le altre cose hanno una "riserva" di parole e significati caratterizzati dall'essere propri di quello specifico linguaggio.

Ma che cos'è un linguaggio settoriale? Per citare da Italiani Scritti, di Luca Serianni (Il Mulino), "il linguaggio settoriale rappresenta la varietà di una lingua naturale, dipendente da un settore di conoscenze o da un ambito di attività professionali; un linguaggio settoriale è utilizzato, nella sua interezza, da un gruppo di parlanti piú ristretto rispetto a quelli che parlano la lingua base e risponde allo scopo di soddisfare le necessità comunicative di un certo settore specialistico".

"Rischio" e "pericolo" sono grossomodo sinonimi; nel linguaggio settoriale della sicurezza, sono estremamente diversi. Sapere di una prognosi severa potrebbe far preoccupare, per poi scoprire che nel linguaggio settoriale medico "severo", riferito a prognosi, significa "dubbio". Eccetera.

"Lurkare" è Italiano? No, a mio parere. Potrà entrare nella lingua, in futuro? Sicuramente. È accettabile usarlo in ambito Internet? Sí. Questo non lo rende automaticamente giusto in Italiano (vedi dopo), ma ciò non toglie che nel contesto possa essere accettabile usarlo; rientra nel gergo di Internet (triex: discorso analogo per "nu" e simili, con l'aggiunta che sono affettivi, si rifanno alla parlata dei bambini).

Detto tutto questo, personalmente non condivido che anche la sensibilità personale o la comodità siano modi validi per decidere cosa è giusto: in determinati ambiti possono essere importanti (la poesia, dove la sensibilità è fondamentale), in altri possono essere appunto comodi, ma questo non rende automaticamente giusto ciò che ne esce. Attenti a una cosa: potrebbe diventarlo dopo N anni, sto solo dicendo che, anche se la mia sensibilità mi portasse a dire "Me andare ieri mare", una simile frase oggi non è giusta.

Oppure, si considera giusto qualunque modo, ma allora qualcuno mi spieghi (1) cosa si dovrebbe insegnare; e (2) il senso di protestare perché un libro è scritto o tradotto male.

Però, se ci fate caso, questo è quello che molti di voi hanno detto: chi ci tiene a parlare un buon Italiano, chi ama l'Italiano corretto, chi pensa che si debba parlare in maniera giusta. Varierà il criterio, ma l'idea che ci siano dei confini, per quanto mobili, di esattezza mi pare condivisa. Sempre nella consapevolezza che l'uso può variare questi confini, ma cionnondimeno mi pare condivisa.

Ora, come si decide cosa è giusto o cosa no? Ognuno avrà le sue idee, e come detto a molte domande non ci sarà una risposta univoca ("'sé stesso' o 'se stesso'?". Entrambi corretti), ma come in tutti i campi penso che la cosa migliore sia rifarsi a chi conosce la materia; per i motivi detti, reputo che l'Accademia della Crusca sia un'ottima fonte (anche perché in realtà sono tante fonti, c'è un confronto interno), ma se qualcuno non vuole rifarsi a essa (speranzosamente con dei motivi) ci sono tanti altri linguisti.

Non che questo renda il discorso semplice: ci sono linguisti che auspicano la sostituzione CH > K, cosa che personalmente non è che mi ispiri molto; possibilmente c'è da guardare a piú fonti e da ragionarci sopra, con la comodità già citata che l'Accademia è in sé un insieme di piú fonti. In altri termini: magari scegliere da soli, ma facendo una scelta ragionata, con la consapevolezza di quanto si sta facendo. Se non si sa cosa fare, basarsi su fonti che conoscano la materia.

Ovviamente, non è facile stabilire cosa sia Italiano e cosa no, e non ci sarà mai una visione comune; ma penso che tutti concorderemo che imitsu desu ("È un segreto" in Giapponese) non è Italiano. Quindi, esiste un confine, per quanto vago e mobile, tra ciò che rientra in una lingua e ciò che non ci rientra. Confine, torno a ripeterlo, mutevole nel tempo; ma, appunto, nel tempo: non basta usare un termine perché questo sia automaticamente giusto in Italiano. Se per esempio dà contro la morfologia italiana, si dovrà aspettare o che la morfologia si adatti, o che entri nell'uso abbastanza da essere considerato italiano.

Notate che mi rifaccio appunto all'uso: se è l'uso che stabilisce la lingua, deve essere appunto l'uso: non la sensibilità del singolo, non ciò che il singolo considera comodo; non l'entrata di un termine in una ristretta cerchia di persone, o in un singolo ambito chiuso (cosa che porterebbe il termine a essere italiano settoriale); ma appunto l'uso.

In breve, è vero che vincerà "il piú forte": la lingua è dettata dall'uso. Ma questo non mi pare negare che, periodo per periodo, esistono delle cose che sono corrette e altre che non lo sono (banalmente: "Io andai" e "Io andarono"). E penso sia preferibile, avendo le conoscenze, cercare di usare le prime (come detto in passato, l'evoluzione della lingua è il risultato della sua naturale tendenza a mutare e della sua altrettanto naturale inerzia).

Non è questione di obbligare gli altri a usare o non usare certe forme, vocaboli, ecc., ma della semplice constatazione che, pur nella mutevolezza della lingua, non tutto è giusto. Domani sarà diverso, domani magari sarà giusto dire "Me andato mare", non lo nego ed è un bene che ci sia un'evoluzione; ma questo non significa che oggi "Me andato mare" sia giusto.

C'è una frase, che mi piace molto, detta da Giovanni Nencioni, ex-presidente della Crusca. Mi ha colpito dalla prima volta che l'ho letta: "Anche la lingua ha una sua verginità, che accetta il desiderio ma rifiuta lo stupro".

 

Bene, ho il cervello fuso; sperando di essere riuscito a spiegarla (penso sia la prima volta in assoluto che la spiego cosí a fondo), aspetto commenti sulla mia idea.


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Inviato il 19 maggio 2009 10:09

Non capisco bene che cosa vuoi difendere cosi' strenuamente, Mornon. A parte l'ovvio.



joramun
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Inviato il 19 maggio 2009 10:35

A me invece il post è parso chiarissimo e molto esaustivo....e rispecchia esattamente quello che penso.

Bravo Mornon!

Gli Ent apprezzerebbero >_> :unsure: :wacko:


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Inviato il 19 maggio 2009 12:26
Non capisco bene che cosa vuoi difendere cosi' strenuamente, Mornon. A parte l'ovvio

Difendere? Nulla. Per citarmi: «Invece di rispondere ai singoli messaggi riazzero la questione e rispiego cosa ne penso, perché diverse volte ho visto replicare cose che non negano quello che dico come se lo negassero". Visto che reputo che dalle precedenti risposte la mia idea in materia fosse stata almeno parzialmente equivocata, ho semplicemente voluto spiegare in maniera piú approfondita e organica cosa penso dell'argomento.

Poi magari avrò detto cose ovvie, ma se, come sembra da altri messaggi, non sono condivise, forse cosí ovvie non sono.


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Inviato il 19 maggio 2009 12:55

A me invece il post è parso chiarissimo e molto esaustivo....e rispecchia esattamente quello che penso.

Bravo Mornon!

Gli Ent apprezzerebbero >_> :unsure: :wacko:

Bah, per me "lurkare" e' italiano.


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Inviato il 19 maggio 2009 13:18
per me "lurkare" e' italiano

Personalmente reputo di no: è ancora troppo poco diffuso; non è conosciuto nemmeno da tutti quelli che usano Internet, figuriamoci quelli che non lo usano. Reputo invece che faccia parte del gergo, del linguaggio, di Internet.

Comunque, questo è secondario: "lurkare" era un esempio, se non ti piace sostituiscilo con uno di tuo gradimento; il concetto resta. Come detto, il messaggio è da prendere nella sua interezza, se un esempio non vi piace cercatene un altro che renda il concetto (o ditemelo e proverò a portarne altri; se "lurkare" non ti convince, allora "fraggare", o "respawnare", o "chixor"). Non ti piace l'esempio, va bene; ma cosa pensi del concetto nella sua globalità?



joramun
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Inviato il 19 maggio 2009 15:18
Bah, per me "lurkare" e' italiano

Prova a telefonare alla centrale della polizia e a dire "agente,fuori casa mia c'è uno che non la smette di lurkare.....mandi subito una pattuglia"

....e senti cosa ti risponde


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