Io ho già fatto!
Ci sono delle cose su cui avrei voluto pensare di più, ma non c'è tempo
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Contest di scrittura creativa: Mostro.
==BRANO NON IN GARA==
“Mostri nel buio”
Baffi di fumo ancora si levavano dalle finestre annerite dell’edificio. Sotto, barelle con morti e feriti venivano trasportate e poi caricate sui mezzi. Il suono delle sirene perforava l’aria cittadina.
Jill era sola in casa. Il lampadario incombeva minaccioso sopra di lei.
Eccoli entrambi. Di nuovo a tu per tu.
Si era promessa di diventare coraggiosa come il suo eroe. Provava a fissare quelle zampe da ragno gigante, quelle lucide sfere che sembravano volerla sfiorare con il loro tocco viscido. E ogni volta, sentendosi il mostro venire addosso con bramosia, riabbassava gli occhi e se li copriva con le mani. Poi restava un po’ con lo sguardo sul pavimento, attraverso le dita sottili che erano come sbarre di una prigione. Lei non era Peter Pan, ne stava avendo un’altra conferma, e sentiva il vuoto crescerle attorno.
«Non ti rifugi più sotto le coperte, piccola fifona?»
Jill ebbe un sussulto e arretrò, finendo per inciampare. Incapace di altri movimenti, rimase per qualche istante seduta. Poi si sforzò di raccogliere un po’ di buon senso: la sua ridicola fantasia questa volta si era superata, poteva essere altrimenti?
«Tu… sei solo un oggetto… non sai parlare, e io sono stupida ad aver paura». Silenzio. Il dito tremante puntava ancora verso l’alto.
«Non ne sarei tanto convinto».
Il cuore le balzò in gola. Jill si mise a strisciare all’indietro con i muscoli irrigiditi.
«Ti ghermirò, e ti scuoterò finché i tuoi pezzi non voleranno per la stanza».
I brividi le diedero l’impressione che la minaccia fosse già in atto. Si precipitò oltre un mobile, le mani sudate strinsero la fodera blu. Era il divano di papà, lui si sarebbe arrabbiato se Jill gli avesse rovinato il divano preferito. Mollò la presa e si rannicchiò a terra. Lo sapeva che il lampadario era un mostro, lo aveva capito da subito! Ma ormai non c’era modo di sfuggirgli: la porta si trovava sul lato opposto.
«Scherzavo,» risuonò di nuovo la voce nella penombra. Era tornata tranquilla.
«Prigionia?»
«Ora sei meno codarda, ma sicura di vederci bene?» Il lampadario oscillò un po’, nonostante non ci fosse vento. «Da anni sono incatenato a questo soffitto».
«Oh…» In effetti le cose stavano così. Anche se avesse voluto, lui non avrebbe potuto farle del male. Era stata sciocca prima…
«Credo che tali condizioni mi abbiano incattivito. Un tempo non avevo la forma che vedi, ciò che hai davanti è frutto di un incantesimo. Un incantesimo incancellabile».
«Questi significa… che rimarrai così per sempre?» Jill era avvezza a sentirsi dire che “sarebbe rimasta così per sempre” nel buio del ripostiglio, ma papà alla fine le permetteva di uscire. Poi le dimostrava che in fondo le voleva bene, anche se quei gesti affettuosi le lasciavano una strana sensazione addosso. Scosse la testa per non pensarci.
«Bene, almeno le mie capacità si sono conservate».
Jill lo guardava dall’alto della scala con gli occhi sbarrati. Appena lo aveva sganciato, il lampadario era precipitato giù… ma si era fermato, sospeso in aria a pochi centimetri da terra. «Non mi sembra vero!»
«Allora che fai? Sali?».
Ci pensò, giocherellando nervosamente con la manica del vestito. «Un’ultima cosa! Aspettami qui».
Corse in cucina e trovò ciò che le serviva. Nel posarci la mano sentì un’ondata di entusiasmo e timore. Tornò indietro, il lampadario era ancora lì. Estrasse un fiammifero e lo sfregò contro una delle pareti ruvide. Le si spezzò tra le dita, nel petto l’emozione si dibatteva come un pesce sulla sabbia. Jill si scostò i capelli dal viso e prese un secondo fiammifero, che questa volta si accese. Lo lanciò. Il giornale del mattino pigliò fuoco immediatamente, poco dopo tutto il divano fu un enorme falò.
«Sali su!» sentì protestare alle sue spalle.
Arretrò, ma per un attimo non riuscì a distogliere lo sguardo da quello spettacolo insolito e affascinante.
«Sbrigati, stupida! O ti lascio qui!»
Si riscosse e si arrampicò sul lampadario, reggendosi meglio che poteva. Volarono fuori dalla finestra.
L’Isola che non c’è li aspettava.
Direi che per avere poco tempo, hai fatto un buon lavoro AryaSnow!
stavolta vado sul semplice e banalotto, ma mi piaceva troppo l'idea
Contest di scrittura creativa: il mostro
Le cifre disegnate dal led rossastro coloravano la tigre di pezza, che ancora non era stata relegata in uno scatolone come gli altri pelouche. La sveglia elettronica segnava le quattro.
Michi non riusciva a dormire. Non che avesse paura, semplicemente non aveva sonno. Faceva caldo e si tolse di dosso la coperta, mentre si rigirava alla ricerca di una posizione più comoda. Fino a pochi anni prima non avrebbe mai osato far niente di tutto ciò, da bambino la sua fantasia sembrava essersi specializzata nella creazione di mostri con cui terrorizzarlo.
Innanzitutto c’era l’essere sotto al letto: se Michi avesse osato allungare anche sono una caviglia oltre il bordo una mano l’avrebbe afferrato e trascinato giù. Questo lo sapevano anche suo fratello e i suoi amici, quel mostro li tormentava tutti. Com’era fatto? Michi non ci aveva mai pensato, né riusciva a immaginarlo. Che avesse una mano con cui afferrarlo, e che questa mano dovesse avere degli artigli era certo, il resto non era importante. Là sotto c’era qualcosa, e bisognava stare attenti.
Poi c’era la faccia con gli enormi occhi azzurri: Michi sapeva che se solo avesse aperto gli occhi e si fosse girato, se la sarebbe trovata di fronte e il suo sguardo lo avrebbe ucciso. Non era sicuro, ma credeva fosse il volto di una donna. Sempre con lei c’era una specie di mantide, sicuramente verde, pronta a strappargli di dosso il lenzuolo se avesse osato scoprire anche la più piccola parte del corpo.
Ma non era solo la sua cameretta a essere infestata. Nemmeno percorrere il corridoio era sicuro, era lì che un altro essere gli tendeva le sue imboscate. Michi doveva correre più veloce che poteva e assolutamente non voltarsi mai indietro a guardare. Sua madre dovette sgridarlo più volte per convincerlo a chiudere la porta quando andava in bagno: Michi aveva provato a spiegarle che c’era un mostro nascosto dietro la tenda della doccia, ma era stato inutile. Allora ogni volta cercava di fare più in fretta possibile e comunque non chiudeva mai a chiave, perché gli esseri riescono sempre a bloccare la serratura quando vuoi scappare.
I mostri avevano molti poteri, tipo bloccarti la voce nel caso volessi chiamare aiuto, ma erano lenti e poco attenti, e Michi riusciva a non farsi prendere con facilità. Sapeva di non poter contare sull’aiuto dei suoi genitori in caso di attacco, ma la loro presenza scoraggiava gli esseri, che cercavano sempre di agire senza essere notati. Poi se il letto era addossato al muro quel lato diventava inespugnabile, e a quel punto bastava coprirsi a dovere e non fare il minimo rumore che non lo avrebbero mai trovato.
Un giorno Michi si accorse che non c’era bisogno di correre per la casa, perché il mostro acquattato nei corridoi se n’era andato. Poi toccò a quello che si nascondeva nel bagno, essendo venuto meno il suo habitat: suo padre decise di sostituire la scomoda doccia ormai otturata dal calcare con una cabina tutta di plastica, senza tenda.
A mollare per ultimi i mostri nella sua stanza, che s’indebolirono pian piano: Michi scoprì che non riuscivano più a capire se sotto la coperta avesse gli occhi chiusi o no, e che la protezione di un solo peluche bastava a tenerli lontani. Anche la faccia dagli enormi occhi azzurri decise di abbandonarlo, evidentemente era diventato troppo grande per lei. Da allora Michi cominciò a vedere l’alba che entrava dalla sua finestra e riuscì persino a dormire con la testa fuori dalle lenzuola. In quegli ultimi anni era stato libero anche di distendere le gambe e girarsi a dormire sull’altro fianco, dove non c’era il muro a proteggerlo. Ormai dormiva senza nessuna coperta, in camera da solo, si alzava nella notte a prendere un bicchiere d’acqua senza accendere nemmeno una lampadina. Cominciava persino a piacergli rimanere al buio, ma per tutto quel tempo si era dimenticato di liberarsi dell’essere sotto al letto. Almeno due volte al giorno strisciava là sotto in cerca di un calzino o di una scarpa ma la notte non aveva osato ancora sporgersi, nemmeno con un dito.
Allora per la prima volta Michi spinse il piede oltre l’orlo del letto. Non accadde nulla. Allungò anche il braccio. Nulla, non c’era mai stato nulla.
Sorrise.
Anche l’essere sotto al letto sorrise. Aveva aspettato tanto…
mariateresa: uhm, nello stile ci sono alcuni errori grammaticali e qualche altro difettino (in particolare, l'unico proprio fastidioso per me è la metafora del fiore in boccio che appassisce: davvero troppo banale), ma è abbastanza ok. L'originalità è poca, il contenuto non fa per me (ma quest'ultima è appunto una questione di gusti). Poi... a me sembra troppo corto, quando invece avresti potuto scrivere molto di più. Ad esempio quello che hai precisato sotto potevi inserirlo in qualche modo nel racconto stesso. Sì, lo so che non avevi tempo... però io commento sempre il risultato " />
Secondo me era meglio quello di prima, questo non mi è piaciuto proprio :-/
Seetharaman: Anche tu con le paura infantili dei mostri Vabbè, i nostri due testi sono comunque molto diversi. Ohh, questa volta il brano si capisce e si regge bene da solo " /> Carino, dai! Nello stile ci sono un po' di cose che non mi entusiasmano, ma niente di troppo grave. Il colpo di scena finale funziona e mi ha divertita. Poi a me questo tema dei mostri che il bambino vede piace.
Sapevo non sarebbe piaciuto come l'altro, ma non importa. Sono comunque felice di aver condiviso i miei pensieri con gl altri.
ps:sull'uso delle similitudini non sono mai andata d'accordo con nessuno qui, ma vorrei dire che in una lettera si deve essere quanto più semplici possibile. Soprattutto se scrive a qualcuno tanto intimo. Quanto alla nota finale, è per dare un tocco storico. Si tratta di un testo tradotto, tipo secondo la tradizione greco-romana e del racconto epistolare.
Ah, fa parte del testo del racconto stesso? Ok allora, l'avevo presa per una precisazione tua "dall'esterno"Quanto alla nota finale, è per dare un tocco storico. Si tratta di un testo tradotto, tipo secondo la tradizione greco-romana e del racconto epistolare.
Allora è carina l'idea di presentare il brano in questa forma.
Effettivamente è una lettera dove si racconta in prima persona una vicenda. Nulla di più. Il tutto contornato da uno sfondo storico, infatti in alto ho precisato da dove viene il testo e chi l'ha tradotto. Una finzione narrativa per così dire, come usava fare Tolkien con i suoi saggi linguistici attribuiti ai linguisti elfi.
Scusate, ma non posso non dirlo: Anastasia il tuo racconto è sublime. Io ho un palato particolare ma tu sei una cuoca perfetta! ">
E' un vero dispiacere non poterti assegnare un voto in questo caso.
Addio Got
"Lo scempio ha due teste"
AryaSnow: Scritto abbastanza bene (ma ormai da te mi aspetto di più - comunque lo so che eri di fretta). Ad esempio, la frase "Il dito tremante puntava ancora verso l’alto" è fastidiosa a causa di quell'"ancora", usato quando prima non è stato detto che la bambina avesse mai puntato il dito verso il lampadario. Te lo dico perché penso che questo "ancora" sia stato intenzionale, una specie di "condensazione" per far capire che comunque la bambina prima lo aveva puntato (tu lo fai spesso - e bada bene, fai benissimo a farlo, è un'ottima tecnica), ma in questo caso non funziona. Non so dirti perché, ma non funziona, dà solo fastidio.
Poi, ingredienti del racconto: un lampadario-mostro, e già questo è geniale. Poi il vero mostro non è il lampadario, ma il padre: sapiente velato accenno al fatto che la chiude per punizione nello sgabuzzino, ma quanto sia davvero cattivo (il vero mostro) lo si misura solo alla fine, e tramite la decisione della bambina di andarsene appiccando un incendio. Beh. Sono incantato. Se questo racconto fosse in gara, sono praticamente certo che avrebbe il mio voto.
Seetharaman Toral: Il tuo primo racconto totalmente comprensibile! " /> Sai che a me piacciono i racconti aperti... però (permettimi questa disquisizione), ci ho pensato su, e sono giunto alla seguente conclusione: il racconto "aperto" che mi piace è quello assolutamente incomprensibile, che sgancia solo sensazioni, lascia indovinare un mondo immenso e stranissimo dietro la superficie del testo scritto - come quelli che hai scritto per i temi "Tempesta" e "Tradimento"; un racconto come quello che hai scritto per "Profezia", invece, capisco che si doveva capire, ma magari non capisco lo stesso, o non sono sicuro di aver capito, e questo... non mi va tanto bene. Se poi decidi, come in quest'ultimo racconto, di essere assolutamente chiara, allora va bene di nuovo! " /> Insomma, mi piacciono gli estremi! Ma chiudo la parente, e vengo al tuo racconto. Beh, davvero bello. Mi hai fatto tornare in mente un racconto buffissimo, di Robert Sheckley, "Spettro V"... non so se l'hai letto (non ti sto accusando di plagio, quel racconto è un'altra cosa). Il finale l'ho sospettato un po' in anticipo (quando hai cominciato a elencare i mostri che sparivano via via), ma quando l'hai fornito lo hai fatto con tanta delicatezza e naturalezza... che mi ha colpito in pieno lo stesso! Forse l'idea sarà "banalotta", come dici tu, però le cose bisogna anche saperle scrivere...
... il che mi fa venire in mente (come sono chatty, stasera...) come mai ero cosí sorpreso nel constatare - al contest precedente - che a naso avrei dato a Joanna la mia prima preferenza, e ad AryaSnow la seconda. Eppure le mie "faccine" parlavano chiaro... Ebbene, mistero chiarito: a me dell'idea di un racconto interessa relativamente poco. Anche una cosa ultrabanale, se scritta bene, può diventare assolutamente fantastica. Quindi, da ora in avanti, pur apprezzando l'originalità di un'idea, mi prenderò cura di pesarla di meno nella mia valutazione finale. In breve: non mi interessa se la tua idea è "banalotta" o meno.
mariateresa: Ho un po' storto il naso, pensando che hai ottenuto questo racconto stiracchiando qualcosa che avevi già scritto. L'idea sarebbe quella di creare pezzi originali, per questo contest. Il punto è, Mariateresa, che non ti serve fare cosí. Tu sai scrivere benissimo - puoi creare in men che non si dica un racconto su un "mostro" - dunque perché evitare di farlo? Oltretutto, il risultato non è nemmeno eccezionale. Comunque, mi asterrò dal voto in questo caso, perché secondo me hai violato il regolamento. Credimi, non lo faccio per un beota attaccamento alle regolette del manuale, ma lo faccio semplicemente perché sono convinto che scrivere cose nuove e fresche su un nuovo tema sia effettivamente utile, e non solo, sono certissimo che in generale porti a risultati migliori e più godibili.
Boh, non sono molto convinta, perchè appunto è stato intenzionale.Ad esempio, la frase "Il dito tremante puntava ancora verso l’alto" è fastidiosa a causa di quell'"ancora", usato quando prima non è stato detto che la bambina avesse mai puntato il dito verso il lampadario. Te lo dico perché penso che questo "ancora" sia stato intenzionale, una specie di "condensazione" per far capire che comunque la bambina prima lo aveva puntato (tu lo fai spesso - e bada bene, fai benissimo a farlo, è un'ottima tecnica), ma in questo caso non funziona. Non so dirti perché, ma non funziona, dà solo fastidio.
Vedo se ci sono altri a cui dà fastidio
Però hai detto "ad esempio".... altre cose che ti hanno infastidito?
Solo tre:Però hai detto "ad esempio".... altre cose che ti hanno infastidito?
Io scriverei: "aveva superato se' stessa".la sua ridicola fantasia questa volta si era superata
La voce? O la bambina? Sembra la voce, ma se tu intendevi la bambina allora dovevi scrivere: "Questo la tranquillizzò". Se invece era la voce, dovevi scrivere: "risuonò di nuovo la voce nella penombra, più tranquilla (o calma)".«Scherzavo,» risuonò di nuovo la voce nella penombra. Era tornata tranquilla.
Inutile ripetizione, lo avevi detto (o la bambina lo aveva pensato) prima.Era stata stupida prima…
Mah, non mi piace per nulla: allunga e crea un'assonanza (ssss) con "essere" dopo che mi fa schifino " />Io scriverei: "aveva superato se' stessa".
Assolutamente la voce, se fosse la bambina la cosa non starebbe in piedi per un sacco di motivi.La voce? O la bambina? Sembra la voce, ma se tu intendevi la bambina allora dovevi scrivere: "Questo la tranquillizzò". Se invece era la voce, dovevi scrivere: "risuonò di nuovo la voce nella penombra, più tranquilla (o calma)".
Però questa è interessante: un po' il dubbio che potesse dare tale impressione mi era venuto. Poi avevo deciso di creare comunque uno stacco forte perchè il senso sarebbe: prima risuona la voce, poi la bambina pensa che adesso il tono è diventato più tranquillo. Lo scopo era insomma di mettere l'accento sul fatto che la bambina poi pensa...
Vediamo... e se mettessi... un ";" o un ":" invece che "." per separare? " />
Prima quando esattamente?Inutile ripetizione, lo avevi detto (o la bambina lo aveva pensato) prima.
«Tu… sei solo un oggetto… non sai parlare, e io sono stupida ad aver paura»Prima quando esattamente? " />
Inutile ripetizione, lo avevi detto (o la bambina lo aveva pensato) prima.
Oh, ma sono due cose molto diverse...«Tu… sei solo un oggetto… non sai parlare, e io sono stupida ad aver paura»
Nel primo caso lei non crede ancora che il lampadario abbia davvero parlato. Cerca di convincersi che in realtà lui è solo un oggetto inanimato e non c'è di che aver paura.
Nel secondo lei ha accettato il fatto che il lampadario parla. Si riferisce piuttosto al fatto che lui non vuole, e anche se volesse non potrebbe (non perchè inanimato, ma perchè legato!), farle del male.