Nemmeno per me ci sono problemi a rinviare di un giorno per la "consegna" dei testi.
Più ne arrivano meglio è! " />
Figuriamoci per Idriel!!! Ecco...
Anche per me non c’è nessun problema, giacché ha piacere di partecipare perché non agevolarla.
Come Misterpirelli anch’io sono andato sul comico, il suo racconto mi è piaciuto e spero che vi attiri anche il mio.
Questi giorni di pausa sono stati molto utili, mi sono serviti a limare e tagliare per rimanere nel limite, alla fine del racconto per dare un po’ di caratteristica ai personaggi ho inserito nel dialogo alcune parole piemontesi. Per chi non riuscisse a comprenderle a piè di pagina, ho aggiunto un piccolo glossario.
XXIV Contest di scrittura creativa.
Traccia: Oltre il limite.
Titolo:
IL TEMPO PASSA, PASSIAMOLO BENE.
Era martedì grasso, l’ultimo giorno di Carnevale, e per il Pautasso questa era una vera incombenza, doveva travestirsi.
«Allora Felice, sei pronto?».
«Sì Rosa, arrivo tra un attimo».
«Dai che siamo già in ritardo».
«Sto arrivando».
Il Pautasso faceva la sua porca figura vestito da Gianduja, calzini rossi fiammanti, pantaloni verde ramarro allacciati al ginocchio da due nastrini azzurri, gilet giallo zafferano, giacca lunga marrone e il cappello a tricorno con il codino che sbucava fuori. No, il codino non voleva metterlo, come non aveva nessuna intenzione di travestirsi. «A questa pagliacciata non mi presto. Io non ci vengo».
Alla fine però, si era piegato alla volontà di Rosa, e lei da parte sua si era vestita da Giacometta con un costume da contadinella piemontese e sulla testa una cuffia bianca ornata con fiori di seta.
Ma questi preparativi a che festa mondana erano rivolti?
A una festa presso la casa di riposo per anziani, “La Menopausa”, nei pressi di Chieri dove la Rosa Putero prestava volontariato da diversi anni. Ogni anno a Carnevale era organizzata una festa in maschera con musica e danze.
Rosa aveva anche invitato un loro amico, Moretto Benvenuto detto Nuto, di 88 anni, ma molto ben portati. Inizialmente aveva rifiutato sostenendo che aveva molto da fare, cioè un bel niente, ma alla fine anche lui cedette alle insistenze della Putero e si travestì in stile Banda Bassotti; una mascherina nera sugli occhi e la targhetta con il numero 761-167 appesa al collo.
Quando giunsero alla casa di riposo, si trovarono con una trentina di ottuagenari festeggianti, chi ne era in grado, stazionava sulle proprie gambe, chi no, si aiutava con quadripodi, stampelle o bastoni e c’era anche chi stava sulla sedia a rotelle. Ce n’erano di sofisticatissime, tra le quali una di colore Rosso Ferrari con i freni a disco della Brembo.
Volavano coriandoli e stelle filanti, una parte dei vecchietti era mascherata per lo più con maschere ispirate a dei personaggi politici; Berlusconi, Bossi, un Calderoli, tre Dalema e un Di Pietro.
Quando si diede inizio alle danze, con un repertorio rigorosamente tutto impostato su Julio Iglesias, Rosa avvertì Felice.
«Non ti preoccupare se mi strusciano un po’, lo fanno sempre. Io li lascio fare, a me cosa costa? E loro ne sono contenti». In effetti, fu così.
Uno stagionato ballerino stringeva la Putero che nemmeno un polpo, con tutta la sua buona volontà avrebbe saputo fare di meglio, e ogni tanto Rosa per respirare si distanziava di qualche millimetro, ma l’arrapatissimo damerino subito recuperava il terreno perduto.
Il Pautasso appartato in un angolo mandava giù il rospo, ma non gli sfuggì che da un gruppetto di “fanciulle in fiore” ne spiccava una vestita da Colombina che faceva, attraverso il ventaglio, l’occhio di triglia al bel Moretto travestito da Banda Bassotti.
Dopo una mezzoretta Nuto andò da Felice e gli disse che si doveva assentare, gli scappava la pipì.
Tempo dieci minuti, e nella sala si fiondò una vegliarda vestita da Madame de Pompadour urlando «MI HANNO RUBATO IL COLLIER. QUI CI SONO DEI LADRI».
Tutti si voltarono. E chi era questo ladro?
I Berlusconi, i Bossi, il Calderoli e i Dalema si guardarono a vicenda con sospetto.
«Fermi tutti, bloccate tutte le porte che nessuno esca» tuonò chi aveva la maschera di Di Pietro, che gli conferiva una certa autorità investigativa.
«Cominciamo a perquisire Irina» urlò il vecchietto seduto sulla carrozzina Rosso Ferrari con i freni a disco della Brembo.
E questa Irina chi era? Una bionda infermiera di trent’anni proveniente dall’Est, di cui tutti i maschi ne erano perdutamente innamorati.
«È stata lei! Perquisitela! Spogliatela! Nuda! Patanùa!» urlavano i vecchietti che già assaporavano la scena, e pure le vecchiette che morivano tutte d’invidia.
«Un attimo di pazienza e se fosse un ospite pagante?» disse il Di Pietro. «E chi li conosce questi qua?».
Tutti gli occhi si voltarono verso il Pautasso. Mancava quello travestito da Banda Bassotti.
«Ecco chi è il ladro! Prendiamolo e facciamogli una colonscopia!» urlò qualcuno dalle retrovie.
«Sì ma prima bisogna trovarlo!» fece eco un altro.
«CALMA! FATE SILENZIO! Ora si va a cercarlo.» disse Rosa.
Con la direttrice e il Pautasso cominciarono a ispezionare tutte le camere, ma l’esito fu negativo.
Si passò quindi ai ripostigli, poi alle cucine, niente di niente, del Moretto neanche l’ombra. Sparito completamente.
Poi Felice posò lo sguardo su una porta con la scritta:
CAPPELLA MORTUARIA.
“Oh Signur! Fa d’ no!” E tutto tremante si accinse ad aprire la porta.
Il Nuto era senza pantaloni, tutto intorcinato sulla Colombina in atteggiamento molto intimo.
«Sporcaciun! Non ti vergogni? Sei andato “oltre il limite”. Non vedi che sei con un piede nella fossa! E tu stai ancora facendo di queste cose?» strepitò il Gianduja.
«Ël temp a passa, passumlu bin». Rispose il Moretto con la mascherina da Banda Bassotti e con un paio di culotte di chiffon color rosa porcello calcate sulla testa.
Glossario delle parole piemontesi:
Patanùa Nuda
Oh Signur! Fa d’ no! Oh Signore! Fa che non sia così!
Sporcaciun! Sporcaccione!
Ël temp a passa, passumlu bin Il tempo passa, passiamolo bene.
@Cavalier Stampella
Bellissimo racconto! Complimenti davvero! Sarà che mio padre era piemontese e quando avevo sui 17 anni frequentavo le zone e una volta son pure capitata in una balera dove l'età media era la stessa dei vecchietti della casa di riposo, ma ho proprio visto i tuoi personaggi e tutta la scena! Ah ah ah povero Moretto! Anche il mio Babbo avrebbe risposto così, del resto si definiva "un povr bun om" (perdona ma io non so scrivere bene in dialetto). Del resto i piemontesi hanno proprio un loro modo indolente di esprimere l'ironia. Piaciuto dall'inizio alla fine! Nessun appunto da farti saggio zio Cavaliere!
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@Cavalier Stampella
Bellissimo racconto! Complimenti davvero! Sarà che mio padre era piemontese e quando avevo sui 17 anni frequentavo le zone e una volta son pure capitata in una balera dove l'età media era la stessa dei vecchietti della casa di riposo, ma ho proprio visto i tuoi personaggi e tutta la scena! Ah ah ah povero Moretto! Anche il mio Babbo avrebbe risposto così, del resto si definiva "un povr bun om" (perdona ma io non so scrivere bene in dialetto). Del resto i piemontesi hanno proprio un loro modo indolente di esprimere l'ironia. Piaciuto dall'inizio alla fine! Nessun appunto da farti saggio zio Cavaliere!
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Grazie Ygritte, non sai quanto mi abbia fatto piacere darti dei bei ricordi, sono veramente felice. " />
Parafrasando il detto di tuo papà si può anche dire:
'L brav'om a s' cunòss quand a i è pi nen. (La brava persona è apprezzata quando non c'è più).
Da quanto hai scritto penso che siamo anche corregionali, o sbaglio?
E grazie per lo zio. " /> Mi hai fatto venire la pelle d’oca. " />
Grazie Ygritte, non sai quanto mi abbia fatto piacere darti dei bei ricordi, sono veramente felice. " />
Parafrasando il detto di tuo papà si può anche dire:
'L brav'om a s' cunòss quand a i è pi nen. (La brava persona è apprezzata quando non c'è più).
Da quanto hai scritto penso che siamo anche corregionali, o sbaglio?
E grazie per lo zio. " />
Zio Cavaliere io sono nata e cresciuta (in realtà solo per 20 anni) a Savona....ma papà era della provincia di Asti e ho i cugini sia in provincia che a Torino per cui conosco bene la realtà piemontese. Ora vivo a Roma... ma spesso torno in terra natia.
Edit per Idriel. Anche per me non c'è nessun problema a posticipare di un giorno il termine.
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XXIV Contest di scrittura creativa: Oltre il limite
Una giornata storta
Alla sesta battuta sessista, Wanda Foster aveva perso la pazienza. Il suo movimento era stato così rapido che il collega aveva realizzato cosa fosse successo solo troppo tardi. Ora lui si rotolava a terra, tenendosi le mani premute sull’occhio destro. Wanda respirava affannosamente, stringendo ancora la graffettatrice. Le urla dell’uomo erano agghiaccianti.
“Hai altre battutine da fare, stron*o?” chiese brandendo la sua arma improvvisata. “Qualcun altro vuole dire qualosa?”.
Nessuno rispose.
Wanda liberò la scrivania con una manata e si voltò verso l’uscita.
“Fottetevi tutti” concluse, uscendo dall’ufficio a passo svelto.
Wanda chiuse gli occhi e scosse il capo, per levarsi dalla mente quelle immagini. Alla sesta battuta sessista della giornata, aveva sospirato sconsolata. In gola le si era stretto un nodo difficile da mandar giù. Anni di impegno e di studi non le erano serviti a guadagnarsi il rispetto di quegli idioti. Era stanca di quella situazione.
Per lo meno oggi ne hanno fatte meno del solito, pensò.
Sul viso le si aprì il più falso dei sorrisi di cui era capace, prima di tornare a chinarsi sul lavoro. Dopo una attimo di esitazione, decise di spegnere tutto. Borbottò al suo capo qualcosa riguardo al non sentirsi bene e lasciò l’ufficio a testa bassa.
*************
Al suo terzo giro di parcheggio si accorse di due auto vicine pronte a partire. Dopo aver atteso pazientemente le loro manovre, ingranò la prima e si fece avanti. Un Suv bianco le sfrecciò accanto e sterzò bruscamente, piazzandosi di traverso su entrambi i posti.
Wanda Foster non ci pensò due volte. Schiacciò il piede sull’acceleratore e si schiantò contro il veicolo bianco. Mise la retro e si allontanò quel tanto che bastava per vedere l’uomo scendere di corsa dal Suv.
“Ma che caz*o fai, tr*ia?” urlò.
Wanda non si preoccupò di rispondergli. Senza esitare si buttò dritta su di lui.
Poté sentire chiaramente il rumore delle sue gambe spezzarsi.
Wanda scrollò la testa e trasse un profondo respiro, cercando di calmarsi. Diede un timido colpo di clacson, ma l’uomo del Suv si era già allontanato. Era il suo terzo giro del parcheggio e non vedeva l’ora di tornarsene a casa. Con rassegnazione, proseguì verso l’uscita. Si sarebbe fermata in un altro negozio.
*************
Un passo dopo l’altro e il furbetto le si era piazzato davanti. Niente domande. Niente scuse. Era arrivato e si era messo lì, tra lei e la cassa. Alle sue spalle qualche sbuffo e nulla più.
Wanda Foster saggiò la consistenza della zucca di forma allungata che teneva in mano. Una mazza da baseball sarebbe stata sicuramente meglio, ma si sarebbe accontentata.
“Sei troppo bello per fare la fila?” gli chiese.
L’uomo si voltò a guardarla con aria di superiorità e in quel momento Wanda gli abbatté la Zucca sulla testa dell’uomo.
“CHI TI CREDI DI ESSERE MALEDUCATO PEZZO DI MERD *A?” urlò.
La Zucca si abbatté ancora una volta e poi una terza, prima di andare finalmente in mille pezzi.
Wanda si scrollò la polpa arancione di dosso, gettando quel poco che le restava in mano a terra.
Attorno a lei sguardi allibiti.
Senza voltarsi, Wanda uscì dal negozio a passo deciso.
Wanda scrollò la testa per cancellare quella fantasia dalla testa. Quando l’uomo le si piazzò davanti, si limitò ad imprecare silenziosamente come quelli dietro di lei. L’uomo mise la sua spesa sul rullo e con calma cercò in tutte le tasche la moneta per pagare.
“Signora, mi scusi. Avrebbe degli spiccioli? È imbarazzante, ma mi mancano cinquanta centesimi”.
Con un sospiro e un’occhiataccia, Wanda aprì la borsetta e prese il borsellino.
“Tenga” disse, porgendoglieli.
“Grazie” rispose l’uomo voltandosi.
Quando venne il suo turno, Wanda pagò la sua zucca e uscì abbattuta dal negozio.
*************
Ciok, ciok, ciok.
Il rumore delle gocce le martellavano in testa.
Wanda si massaggiò le tempie, cercando di mandare via il dolore.
Esasperata, si alzò dalla poltrona e si precipitò in cucina. La tazzina lasciata quella mattina sotto il rubinetto era quasi piena.
Ciok, ciok, ciok.
Wanda restò immobile, come ipnotizzata, a guardare quelle gocce cadere. Una dopo l’altra.
Avrebbe dovuto chiamare un idraulico.
L’acqua si avvicinò al bordo e rimase lì a danzare per un istante, prima di riversarsi al di fuori.
Il suono del campanello la ridestò.
Come in trance andò alla porta e guardò dallo spioncino: due uomini in divisa.
“Cosa diavolo è successo?” si domandò sorpresa.
Lentamente, aprì la porta.
Uno dei due agenti fece un passo indietro e portò la mano alla pistola.
“Signora Foster?” chiese.
“Sì, sono io”.
“Per favore, faccia un passo indietro e tenga le mani bene in vista”.
“Cosa? Perché?” chiese Wanda confusa.
Ora anche il secondo agente aveva portato la mano all’arma.
Dev’essere tutto un brutto sogno, pensò.
Wanda Foster chiuse gli occhi e scosse la testa, come a volersi risvegliare.
Dev’essere tutto un brutto sogno, si ripeté.
Wanda aprì gli occhi.
I due agenti erano ancora lì, che la fissavano in guardia.
“Signora Foster, tenga le mani bene in vista”.
XXIV Contest di scrittura creativa: Oltre il limite
Una giornata storta
Povera Wanda, e poi come è andata a finire ha tirato fuori un Kalasnikov nascosto dietro la schiena?
Bello
XXIV CONTEST DI SCRITTURA CREATIVATraccia: oltre il limiteTitolo: Emily
Bello, ho trovato il racconto più lineare dei precedenti.
XXIV Contest di Scrittura Creativa.
Oltre il limite.
Un'esistenza fragile.
“Wear the grudge like a crown of negativity.
Calculate what we will or will not tolerate.
Desperate to control all and everything.
Unable to forgive your scarlet lettermen.”
Lo shock aveva avuto la meglio.
La gente scappava, urla acute come stilettate nel cervello, sangue, caos.
Si accovacciò impaurito ma non riusciva a ricordare da cosa dover fuggire, di cosa aver paura. Il panico l’aveva afferrato scuotendolo con un tremito spasmodico che non riusciva a controllare. Umiliante.
Attorno a lui sedie e tavoli rovesciati, bottiglie rotte e una scena da incubo: due corpi immobili e un altro che, ferito, tentava penosamente di strisciare via lasciando una scia di sangue paurosa. Eccessiva.
Più in là altri corpi, una ragazza con la testa rotta, un’altra con un coltello da ristorante affondato tra i seni. Altri a terra, lividi, pestati, gambe e braccia in posizioni innaturali.
Non poteva pensare, non poteva muoversi, fuggire via. Bloccato. Era in trappola.
Com’era potuto accadere?
Perché?!
La giornata era iniziata come tante altre, un sabato stupido e noioso, grigio nonostante il sole di quell’inizio di primavera.
Il paesaggio collinare era stupendo, ciliegi in fiore, olivi, aziende agricole, cantine, calanchi.
La strada, che scendeva giù con pericolose curve a gomito, era invece pietosa, progettata male e costruita peggio, crateri meteorici più che buche, canaloni di scolo colmi di immondizia, rami e terra, l’asfalto devastato e deformato dalle periodiche colate di acqua e fango.
L’auto iniziava a risentirne, dopo mesi e mesi di andirivieni.
Splendido, buttiamo altri soldi! La dovevo cambiare un anno fa, caxxo.
Arrivato all’incrocio, la solita desolazione: prostitute d’ogni genere, africane a buon mercato, signore di mezza età spinte dalla crisi, il travestito, le bionde dell’est.
La strada era franata due alluvioni fa, l’unica riparazione che aveva visto era consistita nell’aver transennato il tratto in cui il fiume lambiva il bordo ormai a picco. Già da qualche mese si notava un inquietante solco, proprio tra le due carreggiate di marcia, che si allargava di settimana in settimana.
Con qualche morto magari tirano fuori i soldi per rifarla.
Qualche centinaio di metri più avanti, tra squallidi capannoni industriali, sorpassò un campo da calcio che non avrebbe ospitato più alcuna partita: l’alveo aveva cannibalizzato il terreno fino al bordocampo e un intero angolo era franato giù verso il fiume, bandierina compresa.
Che paese di me*da.
Incrociò un gruppo di ciclisti.
Massì, state più in mezzo di strada no?
Una Panda sbucò da una stradina laterale e si piazzò di fronte a lui a cinquanta all’ora.
Vecchio idiota, ma statti alla casa!
Lo sorpassò ferocemente evitando per poco un frontale con un tir, accelerò e finalmente raggiunse la zona del raccordo. Qui la sporcizia era persino maggiore, cassonetti rovesciati stracolmi di rifiuti, edifici abbandonati con insegne di aziende fallite, recinzioni collassate, segnali stradali divelti.
Mentre prendeva l’imbocco per la strada sopraelevata notò qualcosa di davvero stupefacente, un’immagine potente che gli si impresse nella retina nel tempo di quell’occhiata rubata. Una scena per molti versi ordinaria, resa dalle circostanze quasi onirica: tra due capannoni, in un fazzoletto di terra incolta, cresceva tra le erbacce un’esile e piccola mimosa; i fiori la impreziosivano brillando al sole mentre tutta l’inadeguatezza dell’essere si riassumeva nel magro tronco, ritorto e pericolosamente inclinato.
Sarebbe bastato un colpo di vento neanche tanto potente, solo un altro, per porre fine a quel sorprendente equilibrio.
L’immagine restò lì, seminata nell’inconscio, mentre prendeva in silenzio lo stradone verso la città.
Un giro in centro, il caffè, il giornale, quattro chiacchiere inutili, la birra del sabato sera, la macchina lavata, il pranzo domenicale, la partita, il centro commerciale, le spese futili, il bicchiere di vino a cena e anche quel week-end sarebbe stato sprecato, gettato via come tanti altri in quella vita tranquilla, giovane ma ancora non per molto.
Camminava senza fretta per la piazza, circondato da una moderata folla; si sentiva svuotato e appesantito ma ormai, dopo così tanti anni di pratica, la maschera di serenità gli calzava alla perfezione.
Fu in quell’istante, così sbagliato, che li vide. Poche decine di metri davanti a lui.
Lei. E lui, il fu-amicissimo. Con il loro carico di menzogne, di falsità. Attorniati dalle chioccianti ex-amiche comuni, passeggiavano così allegramente, estranei ad ogni dolore, ad ogni colpa, sprizzando gioia di vivere e ipocrisia.
Tutto si annebbiò in un attimo. Non sentiva più nulla, ora, se non quel vento vorticoso che si era alzato gelido, possente.
E la fragile mimosa, sradicata, cadde giù.
Nell’abisso senza ritorno.
Sol da poco son giunto in queste terre, da una estrema ultima Thule. Un paese selvaggio che giace, sublime, fuori dal Tempo, fuori dallo Spazio.
All fled, all done, so lift me on the pyre. The feast is over and the lamps expire.
"I walked this land when the Tlan Imass were but children. I have commanded armies a hundred thousand strong.
I have spread the fire of my wrath across entire continents, and sat alone upon tall thrones. Do you grasp the meaning of this?"
"Yes" said Caladan Brood "you never learn."
Sinceramente non vedo perchè mettere un giorno in più. Pure io sono in alto mare perchè non riesco a scrivere, ma chiedere un giorno in più mi sembra inutile, anche perchè contro le regole. Quelli sono i giorni, in quel tempo si scrive. Mal che vada scriveremo nel prossimo turno.
Se si comincia a chiedere spostamenti adesso, figuriamoci nei prossimi gironi.
È Frittella il nostro Re
Fa i pasticci, fa i bignè
Io ne mangio pure tre
È Frittella il nostro Re!!!
You're mine. Mine, as I'm yours. And if we die, we die. All men must die, Jon Snow. But first we'll live.
La cosa bella di essere guardiani? l'affetto con cui veniamo ripagati, ma anche il rispetto, la riconoscenza. E' un impegno che dà molto onore e tanta gloria (Cit @Maya )
Battute: 5000 (non oltre il limite con il mio OO "> )
Ebbene, si è verificato il primo caso da quando è ripartito il contest in cui un conteggio non ci risulta esatto. A più verifiche e da parte di più persone (con strumenti diversi) le battute sono risultate di più. Ci tocca annunciare quindi che il tuo racconto è fuori concorso misterpirelli. Ti abbiamo oltretutto suggerito di inviarci il racconto prima per verificarne la lunghezza, ma non hai voluto far tuo il consiglio. Ci spiace, ma in questo caso saremo ligi alle regole, anche per rispetto degli altri.
Stiamo anche studiando una soluzione tale per cui il conteggio sarà inequivocabile a partire dal prossimo contest.
Se fosse possibile una prolunga del tempo limite anche solo di un giorno, confesso che ne sarei veramente grata, perchè un giorno basterebbe. Mi rimetto ovviamente alla volontà dei gestori e di voialtri, se non è possibile pazienza, vorrà dire che conserverò il racconto per un altro tema che dovesse risultare compatibile!
Per lo stesso motivo non possiamo concedere il giorno in più richiesto. Questo contest sta diventando il contest delle richieste.
Ragazzi, ci sono pochissime regole e le 2 certe sono la lunghezza del racconto (in merito alla quale vi dovete saper gestire.. calcolatevi 100 caratteri in meno se proprio volete una tolleranza di conteggio), e l'altra è la scadenza. Oltretutto questo contest sta già avendo durata maggiorata di 48 ore, quindi anche in questo caso, siamo spiacenti, ma no, il tempo in più non sarà dato. Qualsiasi racconto postato qui oltre il termine andrà fuori concorso.
Addio Got
"Lo scempio ha due teste"
boh.. io ho riprovato a copiare il testo come già fatto, copiando i incollando (elimanando le tag) risultano 4999 altro che 5000.
Sinceramente dare delle regole poco chiare e poi squalificare il concorso così... ma fate come credete.
Almeno preparate una scheda tecnica dove spiegate passo per passo come fare....
Anche quella di mandare una mail ad uno degli admin per chiedere conferma si il testo va, non mi sembra una soluzine.( Io non manderò mai una mail con un mio testo ad un sconosciuto prima di averla pubblicato, e una questione di principio...)
dal momento che sono fuori concorso io l'ho accetto, la l'ho trovo cmq ridicolo... io ero ín buona fede...
EDIT:
DUnque, tagliamo la testa al toro. Io personalmente effettuo il conteggio con open office, copiando il testo però dalla versione non html che è gravata da caratteri di formattazione. In ogni caso se siete al limite e avete qualche dubbio, poiché la regola è quella del limite massimo di carattere, potete inviare a me o ad Emma per chiedere il conteggio preliminare.
@Vise
Scusa se aggiungo, ma in questo caso non riesco a stare zitto:
se io copio il testo dal browser e lo incollo sul foglio ne risultano caratteri in più, che io presumo essere caratteri di formattazione html.
tu mi hai detto che questi non vengono contati, riporto il tuo post qui sopra...
dunque sono squalificato, e va bene, ma non perchè io non ho rispettato le battute, ma perchè voi non avete contato come mi avete detto (secondo me
spiegami da dove vengono quei caratteri in più (così lo so per la prossima volta), e io accetto la mia squalifica se non sono tag HTML.
Se mi lasci così, senza darmi ulteriori spiegazioni (anche in privato), io mi ritengo ingiustamente messo 'fuori concorso'.
punto.
Cavalier Stampella:
Bello, strappa il sorriso e fin dall'inizio, scritto bene con un giusto tocco dialettale, caratterizzante e anche molto comprensibile, allo stesso tempo. Belle anche le maschere, specie il bassotto col famosissimo numero davanti, uno dei tre "soliti" " />
Sono dettagli che hanno una certa importanza, secondo me, avvicinano il lettore allo scritto, per una via completamente esterna al racconto stesso, con condivisione di veduta, cultura e visione insomma, un po' come usare certi detti dialettali può esserlo per coloro che lo parlano proprio
Bravo zio Cavaliere!
Albert:
Stavolta mi sei piaciuto di più, oltre all'idea, sempre molto interessante che sei solito trovare, hai scritto proprio bene, meglio anzi, perché non è che prima avessi scritto male " />, molto bello il cambio di tempo e di carattere di scrittura, La donna/bambina funziona davvero bene, e anche il finale, veramente.
Letto tutto d'un fiato, notevole! Bravo Albert!
Ser Lostdream:
Siamo sulla falsa riga del racconto di Albert, ossia una doppia linea narrativa di tempo e azione, ma in un contesto e anche nel pensiero, completamente diversi. Perfino paradossale la differenza tra il pensiero e l'azione effettiva, praticamente agli antipodi, solo che il finale fa sfumare del tutto quella gigantesca linea di demarcazione, e rende quel che sembrava pensiero e desiderio reale, e ciò che poteva essere lo svolgersi effettivo delle cose, una sorta di abitudinarietà dalla quale pur deviando, sembra non essere usciti.
Come sempre scritto bene, Ser Lost, un piacere.
Lochlann:
Prima il finale, poi la spiegazione, abbastanza classico, descrittivo e molto realistico il "viaggio" per tornare al punto di partenza, dove poi, si ricollega la scena iniziale, apocalittica
Molto bello lo stacco finale, l'ultima frase, poetica, della mimosa spezzata, che per un amante come me di queste cose, è davvero "pane per affamati". E direi che è il tocco di classe di tutta la storia, che mi è piaciuta molto.
si lo so, sono ripetitivo nel dire che mi piacciono le storie, ma è così! E' colpa vostra!!! " />