Eccomi! " />Ok, faccio una domanda idiota...
Come si fa a contare il numero dei caratteri? L'ho già fatto in passato e non ricordo più, boh!
Un'altra: dove sono tutti? " />
Dopo un bel po' di tempo, ma finalmente ce l'ho fatta a finire il brano. Mi è stato piuttosto difficile sviluppare questo tema, e infatti non sono molto soddisfatta di quello che ho scritto, ma ci tenevo a partecipare di nuovo: questi contest sono probabilmente l'unico posto dove potrei avere un'opinione sincera sulle mie reali abilità di scrittrice. Ecco il testo, vi prego commentate e criticate.
La biblioteca
L'aria è opprimente, un forte odore di chiuso impregna il luogo. Spesse ragnatele coprono le travi del soffitto e si annidano negli angoli più bui degli scaffali, la polvere giace immobile come un sudario sui libri che affollano le mensole. Qualsiasi passo mosso sul pavimento risulterebbe pesantemente smorzato dallo spesso strato che ricopre anche la gelida pavimentazione. Lo zampettare di animali invisibili riempie il silenzio che altrimenti dominerebbe incontrastato. Poca luce giunge a illuminare lo squallido corridoio, attraverso una porta che conduce alla sala di consultazione. Anche in quella stanza regna la stessa atmosfera immobile, l'aria è pesante, viziata, e le pesanti tende di ragnatele che pendono dal soffitto rendono quasi inutile la presenza delle alte finestre, le cui tende di velluto sono invece spalancate a lasciar entrare la luce. Sui tavoli giacciono volumi e volumi, impilati gli uni sugli altri, accatastati in mucchi, aperti a mostrare le loro viscere di carta e inchiostro, sanguinando fogli ingialliti dalle impaginature. Sotto la luce di una vetrata un libro riceve la benedizione dei raggi del sole. Una figura è china sul libro, intenta alla lettura. Le spalle sono curve, il corpo rattrappito, i capelli grigi per l'età, o forse per la polvere. Anche gli abiti sono grigi, ma se si aguzza la vista si possono scorgere qua e là i pallidi ricordi di un rosso forse un tempo vivido. Il viso è nascosto dalle lunghe ciocche di capelli che cadono disordinatamente dalla fronte. Incurante dello stato in cui da anni vive, indifferente al frusciare costante che da anni lo circonda, l'individuo legge. Nulla esiste intorno a lui se non il mondo che quel libro gli descrive. Da tempo non si trova più in una vecchia biblioteca polverosa, le ragnatele sono diventate maestosi tronchi d'albero, il leggero tramestio dei topi lo scrosciare di una sorgente. Non è più seduto ad un vecchio tavolo impolverato, ma cammina al fianco di un gruppo di eroi con passo svelto, i suoi passi calpestano un tappeto di foglie ingiallite. All'improvviso si sente una risata sommessa...
La figura alza lo sguardo dalle pagine, le orecchie improvvisamente tese a cogliere i rumori del mondo esterno. Ed eccolo di nuovo, sopra il frusciare dei topi, il suono di voci umane. Si alza, tirando lentamente indietro la sedia, scostandosi dal tavolo, i passi piccoli e nervosi che lo portano silenziosamente alla porta. Ecco che entra nel corridoio, curvo, strisciante sugli scaffali. Ecco che percorre il labirinto di carta e legno, si dirige verso il suono delle voci. Ecco, adesso è arrivato, li ha trovati. Si ferma, toglie lentamente dei libri dagli scaffali, accosta l'occhio all'apertura. Sono lì, la sua prospettiva obliqua gli permette di cogliere solo uno squarcio degli intrusi che si stanno avvicinando, ma abbastanza per distinguere due bambini che si fanno strada tra le macerie che costellano il pavimento. E sempre persiste quel mormorio costante, snervante, delle loro frasi eccitate e ansiose, a quel suono i suoi pensieri vorticano come fogli scossi da una tempesta...
Bambini! Estranei! Qui nella mia biblioteca! Ma come è possibile? Il mondo è morto, ormai fuori non è altro che sabbia e vento e cenere. Da dove vengono? Le sue mani stringono convulsamente le assi dello scaffale, il panico diventa sempre più incontrollabile. Poi, di colpo, il barlume di un dubbio affaccia lentamente il suo naso da roditore nell'archivio della sua mente, zampetta fastidioso sulle pagine dei suoi ricordi...
O forse quella era solo una storia?
Ma ecco, all'improvviso, benedetto scende nella mente dell'essere il silenzio della calma. Adesso sa che cosa fare. Non ha importanza, si dice, Sono entrati degli intrusi. Solo questo importa.
Lo scaffale è grande, non tanto alto ma largo il doppio di lui, è pesante. Vecchio e carico di carta, scricchiola quando viene inclinato e a quel suono fa eco il mormorio preoccupato dei bambini, si chiedono che cosa sia, forse si stanno guardando attorno in cerca della fonte. E' proprio su di loro la fonte, è una massa di legno e carta che finalmente ha perso il suo baricentro e sta cadendo rumorosamente, libri che colpiscono mensole e mattoni, fogli che sbattono su fogli, un tonfo tremendo e poi il silenzio. Il silenzio.
La figura si allontana lentamente, mentre il suono delle zampe dei roditori torna ad occupare il ruolo che è suo di diritto. Questo terrà anche quei maledetti topi lontani dai libri per un po', è il pensiero soddisfatto che si adagia come inchiostro sul bianco del suo animo tranquillizzato. Ora è di nuovo al tavolo illuminato dal sole, di nuovo può prendere in mano il suo mondo, di nuovo può poggiare il palmo su quelle carte calde di vita pulsante.
Il viso dell'uomo s'increspa in un lieve sorriso.
Finalmente di nuovo solo con voi.
non è brutto, alleras, affatto. almeno secondo me... poco ispirato, forse sì.... ma credo più che altro strutturato per un numero maggiore di caratteri. la descrizione dell'ambiente è dettagliata, ma alla fine troppo. Descrivi, ma al momento del fatto, dedichi solo 2 righe. Ecco, quello è il difetto maggiore, credo. con un paio di ritocchi sarebbe stato mooolto migliore
In effetti il problema che più mi ha messo in difficoltà è proprio il fatto che, in tema di solitudine, non posso fare a meno di immaginare situazioni statiche, unicamente descrittive o introspettive e del tutto prive di una trama. Solo che ovviamente scrivere un racconto di sole descrizioni o pensieri privi di storia è... be', abbastanza senza senso. Quindi in realtà il fatto narrato l'ho usato solo come riempitivo della situazione statica che per me era il fulcro attorno a cui ruotava il brano. E purtroppo così facendo l'ho trascurato troppo senza accorgermene " />
Be', almeno è un sollievo sapere che alla fine non è uscito un obbrobrio.
Purtroppo in questo periodo sono sotto esami. Spero di riuscire a scrivere qualcosa anche io. E' da troppo tempo che mancano i contest. " />
Faccio solo un commento all'ultimo brano postato. Gli altri li recupero appena posso. XD
Quindi AlleraS secondo me potevi tagliare il 90% delle descrizioni e il brano non sarebbe cambiato di una virgola. A parte questo, che è un peccato veniale, secondo me la cosa che non quadra è un'altra. Se l'uomo del racconto ama così morbosamente la sua biblioteca e i suoi libri sono il suo tesoro non riesco proprio ad immaginarmelo che rovescia uno scaffale su degli intrusi, rischiando di rovinare chissà quali volumi. Che ne pensi?
Se invece c'è un motivo, avresti dovuto chiarirlo prima perchè una reazione così estrema, senza alcuna spiegazione sembra fine a sè stessa in questo modo. Ecco, narrando lo stesso evento, magari al posto di tutta la parte iniziale mi sarei soffermato un pò di più sulla psicologia malata del POV. Spero di averti dato qualche spunto di riflessione. " />
Breve commento sul brano di AlleraS anche da parte mia (poi mi esprimerò meglio su tutti al momento di votare).
L'ambientazione e la situazione mi sono piaciute davvero tanto. Però concordo sul fatto che effettivamente la trama principale è troppo sacrificata rispetto alla descrizione iniziale. Se fossero state più equilibrate a livello di lunghezza sarebbe stato davvero bello...perchè l'idea mi ha coinvolto moltissimo. " />
Insomma, mi sono lasciata prendere troppo la mano sulle descrizioni. " /> La prossima volta vedrò di fare una cosa più equilibrata, magari cercando di sforzarmi un po' di più anche sulle parti che di primo acchito non mi ispirano.
In effetti il mio personaggio non ama propriamente i libri, ma le vite alternative che essi gli permettono di vivere. Per lui sono solo i mezzi, mentre il fine, quello di poter essere lasciato tranquillo a sognare queste storie, era ciò che stavano minacciando i bambini con la loro presenza. E quindi, pur di liberarsene in fretta, è disposto anche a rovinare qualche libro. E' qualcosa che ho cercato di fare leggermente notare descrivendo lo stato d'abbandono dei volumi. Se davvero ciò che gli preme è la conservazione dei libri, farebbe un po' di ordine e pulizie o almeno si preoccuperebbe seriamente per la proliferazione di topi. Invece preferisce mettere la passione morbosa per la lettura davanti alla preoccupazione per i libri. Sembra contraddittorio, ma si tratta appunto di un personaggio dalla mente malata, che non ragiona in modo logico. In effetti, però, non è che dal brano si capiva molto, tutto questo. " />Quindi AlleraS secondo me potevi tagliare il 90% delle descrizioni e il brano non sarebbe cambiato di una virgola. A parte questo, che è un peccato veniale, secondo me la cosa che non quadra è un'altra. Se l'uomo del racconto ama così morbosamente la sua biblioteca e i suoi libri sono il suo tesoro non riesco proprio ad immaginarmelo che rovescia uno scaffale su degli intrusi, rischiando di rovinare chissà quali volumi. Che ne pensi?
Se invece c'è un motivo, avresti dovuto chiarirlo prima perchè una reazione così estrema, senza alcuna spiegazione sembra fine a sè stessa in questo modo. Ecco, narrando lo stesso evento, magari al posto di tutta la parte iniziale mi sarei soffermato un pò di più sulla psicologia malata del POV. Spero di averti dato qualche spunto di riflessione. " />
Hai ragione, forse sarebbe stato meglio se avessi impostato il brano più sui pensieri del personaggio che sulla descrizione del luogo, ma l'idea mi si è presentata proprio nella forma di una visione del luogo presentata da un punto di vista esterno, e non mi è venuto in mente per niente di impostarla in quest'altro modo. Forse potrei svilupparlo così se tornerò a lavorarci sopra.
Comunque grazie a tutti per i commenti. Vedrò se riuscirò anche io a tirar fuori un commento che non sia un misero "mi piace/non mi piace" sugli altri brani, ma temo che il mio spirito critico non sia granché sviluppato. " />
Mi aggiungo anch'io. Ho scoperto che il programma che uso, works, ja il conteggio parole e non quello dei caratteri (e mi sembra di sver guardato dappertutto). non abuso della gentilezza di Neshira, dato che deovrei essere dentro il limite abbondantemente, in caso contrario avvisatemi e modifico del necessario. Grazie a tutti delle risposte tempestive
Non appena avrò il tempo per leggere glli altri, li commenterò.
SCHIZZI
16 MARZO
Sospiro, mi alzo dal letto, accendo il computer e mi siedo. Guardo l’orologio, sono le 21:02: c’è ancora tempo prima di dormire, ma non è abbastanza per fare qualcosa di serio.
Giocherello un po’ alla prima cosa che capita, penso alla noia che mi attende domani a scuola, quante centinaia di minuti dovranno passare prima di tornare a casa, in attesa della mattina dopo.
Mi riprendo notando che in chat c’è una ragazza, ma passa offline appena apro la finestra per salutare. Peccato.
Comincio a guardare un film in streaming, sapendo che non riuscirò a finirlo, è troppo tardi.
16 MARZO
Il telefono squillerà improvvisamente, scatterò in piedi e alzerò la cornetta correndo.
Sentirò la mia voce urlare: -Pronto?-
Deluso dall’unica risposta dei tu-tu-tu del telefono, vedrò arrivare la mamma a passo svelto chiedendomi chi è. Mi prenderà la cornetta di mano, mentre le starò dicendo:
-Cos’è questo?-
Lei, sottovoce: -Occupato…-, poi mi risponderà, leggermente irritata: -ma hai chiamato tu?-
-No, ha fatto driiin ed ho risposto-
Lei, incredula, scuoterà la testa, rimettendo la cornetta a posto, e mi comanderà: -torna in camera tua a giocare-.
Il suo tono mi sembrerà arrabbiato, scontento, imperioso e rotto dal pianto.
16 MARZO
Lentamente mi alzai dalla sedia dell’ufficio, dopo aver riposto la pratica, incompleta, che avevo cercato, invano, di ultimare nell’ultima mezz’ora del turno. Sbuffando, cercai il cappotto per uscire, sepolto come al solito sotto quelli degli altri nell’unico attaccapanni di tutto il reparto, domandandomi, come il giorno precedente, come mai noi ne avevamo uno solo, mentre quelli della sezione di fianco alla nostra, altrettanto numerosi, ne potevano utilizzare ben sei.
In corridoio incrociai un collega, Tommaso (o Marco? Non ricordavo con sicurezza), che mi apostrofò con fare allegro se ero contento di scalare un altro giorno dal conto alla rovescia, e vedendomi cercare l’ombrello, all’ingresso, in mezzo a quelli degli altri, mi offrì un passaggio fino a casa, dato che stava staccando anche lui.
-No,- risposi, aprendo il portone, e subito ritraendomi, troppo tardi per non bagnarmi, -non serve-.
16 MARZO
La metropolitana era affollatissima, rovente e sporca come non mai, puntuale come raramente accadeva, i passeggeri maleducati come sempre.
E come sempre, io mi slogavo la mascella a furia di sbadigliare, desiderando di avere altra meta rispetto alla scomoda sedia dell’ufficio, mia moglie rideva insieme al nostro bambino che stava accompagnando a scuola.
Osservavamo il pavimento per non incrociare lo sguardo con qualche altro passeggero. Improvvisamente percepivo il movimento disperato tipico di una persona che cerca di farsi largo tra la folla, di cui, dopo qualche minuto, vedevo i piedi passare davanti a me. Sentivo anche un lieve sobbalzo alla mia sinistra, dov’era seduta mia moglie. Per le restanti fermate, non udivo più risate.
Quando scendevamo alla stessa fermata, mi accorgevo che lei aveva lo sguardo perso, che spaziava qua e là senza meta. Nostro figlio stava in silenzio, con espressione seria e concentrata.
Le chiedevo: -Tutto bene?-
Rispondeva con voce assente: -Sì… non ti preoccupare…-.
16 MARZO
Fa freddo. Mi sento tremare. C’è tanta gente intorno al mio letto. Non li riconosco tutti. Mia figlia è seduta di fianco a me. Vedo suo marito che dice qualcosa. Lei piange. Lui le posa una mano sulla spalla. Che bravo ragazzo. Ha lo sguardo vitreo, forse sta male. Lei mi parla tra i singhiozzi. Non capisco bene quello che dice. Provo a risponderle. Lei piange più forte. Che tenera bambina, mi ricorda sua madre. Gli altri hanno tutti la stessa espressione. Non comprendo. Ho sonno, sono stanco. Provo a chiedere una coperta in più. Non so se riuscirei a dormire. Fa troppo freddo. Tutti sono sudati. Alcuni anche in faccia, sulle guance.
Ho sonno, fa freddo. Peccato che nessuno sappia che ho freddo.
Ciao!
mmmm.... particolare, non c'è che dire...accativante. Per ora, è quello che ha il mio voto virtuale.
Eh niente male, quattro diverse solitudini, immaginata subita cercata e naturale, belli.
Preferisco per ora il primo e ultimo racconto perchè si perdono meno in aggettivi, anche se hanno un paio di frasi che come costruzione mi suonano strane...ma non credo che voterò subito vero? Ci manca il quinto almeno per poter votare lunedi XD
Ti riferisci al terzo episodio per caso?un paio di frasi che come costruzione mi suonano strane...
?si, il 'mi apostrofò con fare allegro se' e prima il 'mi comanderà'. Non mi ricordo abbastanza di grammatica pe dire che sono sbagliati ma non mi pare di aver sentito mai usare questi verbi così
Non capisco, a cosa ti riferisci? Alla scelta lessicale, al tempo verbale, o altro?
Dico che non ho mai immaginato di usare 'apostrofare' insieme ad un periodo ipotetico: è un verbo conclusivo, che da un giudizio su qualcuno (o un assegna un epiteto, spesso negativo): non sono sicura che si possa usare come sinonimo di 'chiedere'.
Lo stesso per 'comandare': si comanda qualcuno, ma si ordina qualcosa (compresa una frase, come hai scritto qui).
In realtà sono due piccolezze, ma in un racconto dallo stile così secco e neutro si sentono molto, perchè spezzano un ritmo molto veloce e anche cadenzato dalla punteggiatura, quasi uguale in tutti i paragrafi (e molto piacevole). Paradossalmente se ci fossero errorini sparsi nel racconto di alleraS, che è sovrabbondante di aggettivi e descrizioni (sempre per i miei gusti eh!), si perderebbero e non si sentirebbero tanto. Anzi magari ci sono e non li ho colti, lì mi è rimasto molto impresso il protagonista, 'solo' e quasi indistinto sullo sfondo molto più descritto e chiaro; così descritto che senza pensarci ho alzato la soglia di rumore e tagliato fuori le descrizioni stesse XD.
Come fluidità e correttezza di stile Erin rimane anche stavolta in cima, come spesso dall'inizio dei contest...Poi che in questo racconto io non riesca a sentire molto la solitudine (perchè i tre altri membri della band mi sembrano 'sistemati', 'integrati', il che dovrebbe esaltare per contrasto il problema del POV ma chissà perchè non mi fa questo effetto) è un altro conto.
Mmm nessuno annuncia nemmeno il quinto racconto per la fine della settimana?
Mah, per quanto riguarda il verbo "apostrofare" sul dizionario c'è scritto che significa "rivolgere la parola", e quello che segue è un discorso indiretto. Potrei sbagliare io, ma non ci vedo niente di scorretto.Dico che non ho mai immaginato di usare 'apostrofare' insieme ad un periodo ipotetico: è un verbo conclusivo, che da un giudizio su qualcuno (o un assegna un epiteto, spesso negativo): non sono sicura che si possa usare come sinonimo di 'chiedere'.
Lo stesso per 'comandare': si comanda qualcuno, ma si ordina qualcosa (compresa una frase, come hai scritto qui).
E "comandare" vuol dire "essere a capo" come dici te, ma è anche sinonimo di ordinare, quindi a quanto ne so si può comandare qualcosa.
Correggetemi se sbaglio, chiaramente.
Ciao
Signori, signori, dai che manca il quinto raconto, siamo quasi alla scadenza dai!