PICCOLO OT sulla riforma Moratti:
Nella seconda stesura della riforma la geografia doveva essere abolita del tutto nei licei artistico, musicale e tecnologico, ed essere opzionale nel tecnologico. Negli altri istituti si avrebbe avuto un calo delle ore, compresa la scuola primaria (elementare, per capirci).
Per carità, ben vengano l'inglese e l'informatica, ma se poi finiamo come i bimbi americani, di cui circa metà non sa dove si trovi l'Iraq... ;)
In ogni caso, la riforma Moratti era molto accentratrice in termini di programmi, che erano definiti in maniera fortemente centralizzata... Abbastanza in controtendenza con quanto appare nel testo del referendum...
FINE OT
la geografia doveva essere abolita del tutto nei licei [...] tecnologico, ed essere opzionale nel tecnologico
C'è qualcosa che non mi torna ;)
Opzionale nell'economico, scusa ;)
Inoltre, non tutte le regioni votano contemporaneamente, come abbiamo visto negli ultimi anni... Quindi o ci sono fattori legali che mi sfuggono e che mi incuriosiscono abbstanza (Koorlick dove seiiii? ), oppure come hai detto tu la motivazione non è quella e c'è dell'altro.
Visto che mi tiri in ballo... ;)
A me non risulta che si siano strane congiunzioni astrali, anche perché la riforma non dice neppure 2016, ma si riferisce ai 5 anni dopo le prime elezioni successive: in realtà, se il referendum si fosse tenuto solo pochi mesi fa, per dire, si parlarebbe del 2011, e se vi saranno elezioni anticipate si ricadrà comunque su una data precedente al 2016.
Le regioni a statuto ordinario di regola votano tutte contemporaneamente (salvo il Molise, perché le elezioni del 2000 sono state dichiarate invalide) e le loro consiliature durano 5 anni come le legislature.
Secondo la riforma, le prime elezioni del "senato federale" sarebbero sganciate dalle regionali ed agganciate, invece, alle politiche.
Dopo 5 anni, questa volta a prescindere da scioglimenti anticipati della Camera, si terrebbero nuove elezioni del Senato, e, mi pare di capire, le corrispondenti consiliature regionali verrebbero rapportate a quella data (purché in carica 30 mesi dopo le elezioni precedenti). Detto in altri termini: se le prime elezioni politiche si dovessero tenere nell'aprile 2011, insieme si terrebbero pure le elezioni senatoriali; poi si guarderebbe alle consiliature in corso 30 mesi dopo, ossia nell'ottobre 2013: queste ultime resterebbero in carica in ogni caso fino alle nuove elezioni senatoriali dell'aprile 2016 (con organi eventualmente prorogati).
Si sarebbe potuto fare diversamente? Beh, credo che si sarebbe potuto evitare il regime transitorio prorogando la durata dei Consigli Regionali in carica nell'ottobre 2008; solo che questi dovrebbero essere gli stessi già in carica oggi, e immagino si sia ritenuto che fosse inopportuno introdurre una proroga di tali organi dopo che le elezioni si erano già tenute (una sorta di legge retroattiva).
Dal punto di vista politico, può anche darsi che vi fosse il retropensiero di qualcuno, che sperava di rimodificare il meccanismo prima della sua entrata in vigore, ma chissà ;) Io per carattere mi sforzo di pensare sempre bene.
Non mi è chiara una cosa. Perché è necessario, a quanto dice Calderoli, aspettare la concomitanza delle elezioni politiche e regionali per eleggere un organo solo politico, ovvero il Senato Federale?
Cioè, non è che c'è un senato per regione... O sì? :figo:
No, naturalmente non c'è un Senato per Regione; ma la caratteristica principale (a livello di struttura) del Senato Federale è che è composto da Senatori eletti contestualmente alle elezioni regionali.
In altre parole, i senatori di ogni regione verranno eletti non tutti insieme in contemporanea alle elezioni politiche, ma ognuno insieme alle elezioni regionali della regione di riferimento; la composizione del Senato, dunque, potrebbe anche cambiare ogni anno, ma ovviamente c'è il problema del periodo di transizione... da cui il differimento dell'entrata in vigore.
Ti ho risposto? :figo:
:figo:
Esaurientissimo come sempre.
Per Lord Beric : i bambini americani non sanno dov'è l'Iraq, i ragazzi italiani - studenti universitari!!!- non azzeccano un capoluogo di provincia manco a pagarlo in oro!!!
La geografia nei Licei serve a ben poco, meglio potenziare la Storia.
Studiare i dialetti a scuola mi sembra ridicolo, perchè il dialetto è un linguaggio orale - e ci sarebbe l'effetto del "Savonese" di una trasmissione comica :lol: e dannoso, perchè si esasperano divisioni anacronistiche.
Il sì serve a responsabilizzare le Regioni : se arrivano tot quattrini e una bella fetta se ne va in sprechi, con questa nuova riforma non passerebbe inosservato.
Il sì serve a responsabilizzare le Regioni : se arrivano tot quattrini e una bella fetta se ne va in sprechi, con questa nuova riforma non passerebbe inosservato.
Posso chiederti perché dovrebbe essere così?
(a parte che poi mi sa che ne riparleremo solo a risultati già noti, ma così, tanto per parlare...)
A me pare che se arrivano tot quattrini e una bella fetta se ne va in sprechi, gli sprechi diventeranno regionali anziché statali, e stop. Magari sarebbe diverso con il federalismo fiscale, che però manca completamente dalla riforma.
Come ho già ripetuto fino alla nausea (vostra, non mia, ma non voletemene, vi prego :lol: ), secondo me dal punto di vista delle competenze questa riforma cambia pochino, quindi non capisco certe prese di posizione. :D
penso che l'ultima intervista di Bossi abbia spegato il vero "senso nascosto" di questa riforma :lol:
Copio ed incollo (non riesco a linkarlo) dal sito del quotidiano "La Stampa" questo editoriale di venerdì 23 giugno, sul cui contenuto sono in pieno accordo:
Le bufale referendarie di Luca Ricolfi
Dunque domenica si sceglie. Ridotto all’osso il dilemma è questo: dire sì a una riforma che non funzionerà (quella del centro-destra), o tenerci una riforma che ha già dimostrato di non funzionare (quella del centro-sinistra)?
E’ paradossale, ma la realtà è che i due schieramenti riconoscono che le rispettive riforme costituzionali, entrambe imposte a colpi di maggioranza, «sono migliorabili», un eufemismo che nel linguaggio della politica traduce il più crudo «sono un pasticcio». Nello stesso tempo, anziché dirci in modo esplicito come intenderebbero correggerle, impiegano tutte le loro energie nel terrorizzare gli elettori su quel che accadrebbe se vincessero «gli altri».
Il risultato, come sempre in questi casi, sarà che la maggioranza degli italiani non andrà a votare, mentre la minoranza che andrà a votare si dividerà abbastanza equilibratamente fra la sub-minoranza che corre alle urne perché teme che tutto cambi in peggio, e la sub-minoranza che corre alle urne perché teme che nulla cambi in meglio.
Esiste un’alternativa? No, però, almeno una cosa possiamo cercare di farla: sgombrare il campo da bufale e specchietti per le allodole.
Lo specchietto per le allodole più penoso è la riduzione del numero dei parlamentari: il centro-destra ci sta puntando molto, ma la differenza fra un Parlamento di 1000 membri e un Parlamento di 800 è sostanzialmente irrilevante per il funzionamento del Parlamento stesso, e ha effetti assolutamente irrisori sul bilancio pubblico. Se l’argomento viene sbandierato con tanta insistenza è solo perché è uno dei pochi aspetti della riforma comprensibile a chiunque, e condivisibile da tutti. Ma votare una riforma che cambia radicalmente il funzionamento della nostra democrazia solo perché taglia del 20% il numero dei parlamentari, è come comprare un'auto da corsa perché ti danno in omaggio un video con il cartone animato dei Simpson.
La bufala più grande, invece, l’ha tirata fuori il centro-sinistra negli ultimi giorni per spaventare i cittadini del Nord: adottare la devolution costerebbe la bellezza di 250 miliardi di euro (16 punti di Pil!), dunque più o meno otto volte la correzione strutturale ipotizzata dal Governatore della Banca d'Italia per risanare i nostri conti pubblici (2 punti di Pil). Non sarebbe neanche il caso di menzionare un’assurdità simile, se essa non avesse ricevuto un notevole spazio su giornali, televisioni e Internet: eppure basta uno sguardo ai conti pubblici per rendersi conto che a una simile cifra non si arriverebbe neppure se si duplicasse l’intera spesa sanitaria e scolastica, compresi gli stipendi di medici e insegnanti nonché tutti gli acquisti di beni intermedi!
Sgombrato il campo dagli argomenti più rozzi e demagogici, restano le legittime paure dei difensori del no e dei difensori del sì.
I difensori del no temono che, in caso di vittoria del sì, il governo Prodi si indebolisca, e non abbia la forza di bloccare l’entrata in vigore della nuova Costituzione, che essi considerano oltremodo dannosa per l’Italia. L’argomento è discutibile, perché Parlamenti e governi hanno sempre trovato il modo di aggirare la volontà popolare (ricordate il referendum sul finanziamento pubblico dei partiti?), e nel caso in questione, chiunque vinca, la «volontà popolare» difficilmente rappresenterà più del 20% del corpo elettorale. E tuttavia la preoccupazione non è infondata: se prevalessero i sì, e Prodi dovesse cadere, e infine la Cdl vincesse nuove elezioni, sarebbe difficile evitare la progressiva entrata in vigore della nuova Costituzione. Dunque chi teme (giustamente, a mio parere) che essa non funzionerebbe, ha buone ragioni per preoccuparsi di una vittoria dei sì.
I difensori del sì, per parte loro, temono che in caso di vittoria del no tutto si blocchi. E’ vero, Fassino ha promesso che - una volta incassato il no e tolto di mezzo il brutto anatroccolo della devolution - il centro-sinistra sarebbe pronto ad aprire il dialogo con l’opposizione alla ricerca di una terza soluzione, capace di lasciarsi alle spalle sia la riforma imposta dal centro-sinistra nel 2001, sia quella imposta dal centro-destra nel 2006. E tuttavia i difensori del sì non hanno tutti i torti ad obiettargli che lo scenario più probabile è un altro: la vittoria dei no rafforzerebbe soprattutto i custodi più intransigenti dell’ortodossia costituzionale, e i riformisti del centro-sinistra - per salvare l’unità della coalizione - finirebbero per doversi arrendere alle forze conservatrici.
Così si torna al problema iniziale: i nostri politici ci vogliono far scegliere fra due soluzioni che essi stessi giudicano insoddisfacenti. Sicché viene naturale chiedersi: come mai non hanno pensato di mettersi d’accordo prima del voto su una terza soluzione, impegnandosi solennemente a sostenerla quale che sia l’esito del referendum?
La risposta è semplice: perché qualsiasi soluzione ben definita avrebbe creato divisioni sia nella maggioranza sia nell’opposizione, e né Prodi né Berlusconi vogliono rischiare la propria leadership assumendo posizioni chiare e impegnative. A dispetto del continuo richiamo al dialogo, quel che i leader dei due schieramenti ci stanno chiedendo è solo una delega in bianco: fateci vincere, e poi penseremo noi a usare nel modo migliore la forza che voi ci avrete dato.
Niente di strano, è la politica. Ma la politica non può stupirsi se il gioco non ci appassiona più di tanto.
Essendo sfavorevole alla maggior parte delle modifiche alla Carta Costituzionale proposte dal precedente governo domani voterò no, così come avevo votato no al referendum confermativo delle modifiche proposte dalla commissione bicamerale nel precedente quinquennio del centrosinistra.
Conservatorismo? Forse ... ma è un'etichetta che accetto volentieri dal momento che non credo che "riforma" sia sempre (beninteso, al di là delle intenzioni) sinonimo di "miglioramento".
Una cosa non ho capito di questa cosa che la regione potrebbe insegnare "il suo dialetto" :
e a me, comasca, dovrebbero insegnare il dialetto di Menaggio, di Como, di Milano, di bergamo, di Brescia o di Sondrio?
quale di questi sarebbe il "patrimonio culturale-linquistico" lombardo?
E poi mi sembra che già la gente non sappia l'italiano, perchè dare ben tre lingue differenti da studiare? (premettendo che uno studi italiano e inglese di base)
Io attualmente sono per il no, sia perchè non mi piacciono le riforme (soprattutto perchè farle costa a noi), sia perchè temo che anche le cose positive che la riforma potrebbe portare verranno rigirate a favore di pochi e a danno di molti, come avviene spesso già ora. In sostanza non mi fido.
Votato! Mi non c'era nessuno... :lol:
Ho votato anche io, stamattina...
Tra l'altro mi sorge un ennesimo dubbio, ormai solo filosofico visto che il mio voto l'ho già espresso.
Sia dalla CdL sia dall'Unione sono arrivate proposte di trattative per migliorare la legge nel caso in cui vinca rispettivamente il sì o il no.
Tuttavia, nel caso che vinca il sì, la legge sancita dal referendum non diventa irrevocabile o quanto meno immodificabile (argomento che ho sentito tirar fuori a parecchia gente della CdL dopo il caso-Mussi)?
E se diventa immodificabile, le parole di accordo e riforma condivisa da parte del cdx (cito solo come esempio Berlusconi a Porta a Porta la settimana scorsa, ma non è il solo esempio), come devono essere considerate? :lol:
Votato pure io!Non c'era nessuno,veramente :P