Seija sei proprio in vena poetica!
Bravissima! Come sempre.
E si...
Akyan e Aeron latitano!
Scrivete!
Hacktuhana se tu fossi Qui e,
Dato che io sono Qua, tra di noi
Manca solo Quo.
C'è c'è, quo c'è sempre... e si spaccia per qui col classico qui pro quo.
Quo vadis? :)
E si...
Akyan e Aeron latitano!
Scrivete!
La scuola mi mangia la fantasia...
Quando finalmente avrò mandato a quel paese esami e tutto il resto, mi fiondo su questo topic, questo è certo.
Eppur si muove...
Che sia il Randagio o qualcun'altro, devo tornare a scrivere qualcosa, anche modesta, ma qualcosa!
Intanto compimenti a Seija per la sua poesia solare, con la giusta vena di nostalgia che piace a me :)
Eppur si muove...
Che sia il Randagio o qualcun'altro, devo tornare a scrivere qualcosa, anche modesta, ma qualcosa!
Intanto complimenti a Seija per la sua poesia solare, con la giusta vena di nostalgia che piace a me :)
Caro diario
Caro diario, mi è successa una cosa molto strana.
Una sera sono andato a una festa da ballo in un piccolo paese in Val di Susa, e lì ho avuto l’occasione di conoscere una bellissima ragazza con un vestito bianco.
Un autentico colpo di fulmine. Ho passato l'intera serata a danzare con lei e a un certo punto comincia a tremare, le porgo il mio cappotto e glielo sistemo sulle spalle e poi le offro una cioccolata calda per riscaldarsi.
Quando l’orchestra riprende a suonare ci accingiamo a raggiungere la pista da ballo, c’è molta calca, e un ragazzo disgraziatamente urta la mia dama rovesciandole un po' di caffè sulla spalla del cappotto macchiandolo.
Giunge la mezzanotte e la ragazza mi chiede gentilmente se ho qualche problema ad accompagnarla a casa, indicandomi però di abitare nei pressi del cimitero.
Spavaldamente rispondo che non c’è proprio nessun problema per accompagnarla, anzi lo faccio molto volentieri.
Così usciamo dal ballo e ci incamminiamo nelle nebbiose strade di questa borgata, dove non s’incontra anima viva, non c’è nessuno neanche un cane.
Giunti nei pressi del cimitero davanti al cancello la ragazza mi dice di fermarmi, era arrivata a casa.
Quel luogo è inquietante.
In quel buio si vede una lama di luce che esce da una finestra della casa del custode. Tutto ciò è sufficiente per rassicurarmi e a farmi pensare che la ragazza è la figlia o una parente del medesimo.
Prima di lasciarla le chiedo di dirmi il suo nome.
Lei ha un attimo di titubanza, poi mi risponde: «Mi chiamo Monique Rose Terry».
Mi avvicino e cerco di baciarla, ma lei si ritrae e mi dice:
«Voglio ripagarti il favore perché sei stato gentile con me prestandomi il tuo cappotto, vieni a riprenderlo domani mattina», e si volta scomparendo tra le tombe.
L’indomani ritorno al cimitero per cercare Monique.
Busso alla porta del custode e viene ad aprirmi un uomo anziano.
Comincio a spiegargli di aver accompagnato la sera prima fin qui una ragazza con un vestito bianco e un cappotto da uomo macchiato di caffè e che sono ritornato per riprenderlo.
L'uomo mi risponde che nella sua casa non esiste nessuna donna, vive da solo da parecchi anni giacché non c’è più nessuno a voler fare questo mestiere. Lui rimane lì a prendersi cura delle tombe solo per carità cristiana, per non vederle invase dalle erbacce. Poi a un tratto si rammenta che sì, questa mattina su una tomba ha trovato un paltò maschile.
Gli chiedo se gentilmente può farmi vedere il luogo, e lui mi conduce su una maestosa tomba monumentale.
Sulla tomba c’è il mio cappotto, con un biglietto:
"Grazie, ma tornerò a baciarti".
Togo il cappotto e mi compare un nome inciso sulla lapide:
Monique Rose Terry
Nata il 30 ottobre 1815
Morta il 24 maggio 1838
Il nome della ragazza che ho conosciuto la sera precedente.
Mi ero innamorato di un fantasma, e se non mi aveva baciato, era solo per ricambiare la mia cavalleria.
Lo spettro mi aveva risparmiato, ma aveva anche lasciato una promessa, che un giorno sarebbe ritornato a pretendere quel fatidico bacio.
Caro diario, da allora sto ben lontano dal cimitero di quel paese, e se mi è possibile anche dalla Val di Susa, e non ti nascondo la mia preoccupazione nell’attendere il ritorno di quel bellissimo fantasma in abito bianco.
Guarda
lontano,
ove l'orizzonte
srotola
i suoi gomitoli
chiari
di sete
orientali
ed il cielo
si spoglia
della luce
del mattino,
ed ascolta.
Scorgi
generazioni
di madri
a caccia
di stelle
per le figlie
stanche
quando
le passioni
iniziano
a brillare
nel dolce
suono
della notte,
ed immagina.
Vedrai
il mio amore
in fiamme
illuminar
la collina
che accarezza
il defluire
dei giorni.
Ti accorgerai
delle mani
che tremano
nello scrivere
il tuo nome
né sarà altrimenti
che un breve
istante
rubato.
Perché il vento
non tace
un poco?
Poi ti accorgi che le cose a cui avevi pensato le hai dimenticate,
preso da faccende che alla mente non lasciano tempo,
e così agisci.
Forse per qualche attimo realizzi che non sei tu a condurre il tagliaerbe, ma è lui che ti sta guidando.
Forse...
Ecco, in quei ritagli di cervello, si dovrebbe avere la lungimiranza.
Ma poi non serve, c'è un campo da finire, da sistemare,
e poi ancora.
Allora smetti di pensare a certe cose, e segui la macchina.
Curala, assistila, sostienila persino.
C'è un campo da finire.
Ed è certo.
Finirà.
E tu con lui.
Muto è l'attimo
e veloce l'attore
che trascina in curve di rame
le ultime parole del palcoscenico.
Nessuno più dorme
nella desolata assenza
del fiore smarrito
ed in questa notte
incede di un pallido lutto
il tempo incontrollabile.
Vuoto è ormai il giorno,
gli attori assopiti
han posato passi ancor più lontano
da questi occhi quieti
ed un palco lascian silenzioso
di barche fruscianti di mare.
Un rammarico di ombre furtive
infiamma le stelle
e l'oscurità non dimentica di aprir le ali.
Bellissima!
Grazie,Hack!
Come vedi..il treno è ripartito!
Che bello questo treno :)
Passeggeri!
Scrivete
Forse...
è giunto il tempo che chiuda al cuore i sentimenti.
che se non vuol smettere di far provare quanto sappia pulsare di sangue vivo,
io lo strappi dal petto.
Forse...
Che giorni a venire così non avranno pugni da serrare
e che non si rivolgano al cielo a gridare
perché non c'è disperazione
non c'è emozione a ragionare o a toglierla del tutto.
Forse
se questa è la ricerca per la quiete del proprio sopravvivere
c'è qualcosa che ha l'ardire di continuare a bruciare
nelle vene, infiammando pensieri,
rendendo poi cenere sulla mente a poggiare.
Forse dovrei guardare più spesso la notte
per non vedervi solo abisso fra le stelle.
Ma a guardarne una,
poi,
non vedi più niente.
Prendo il mio petto e lo fermo.
Così brucerà persino il respiro.
e no...
non da questo tipo di fuoco che si può rinascere
che siano le stesse stelle o che ne sia una.
Qualcosa,
consumerà l'esistere senza il sentire del cuore.
E non avrei più niente per viaggiare.
Inquiete luci di rete appese
sciolgono nel mio tempo
silenzio che non odo.
Perdiamoci ora fra questo inganno
di finestre addormentate
su onde d'argento
quando fra le tende
impigliate di vento
uno sguardo parla ancora,
quando quel muro di sabbia scolorita
le nostre impronte dimenticate
rinfrange
ed il cielo è spento.
Incontriamoci di nuovo
come se un attimo
voci fruscianti di remi
non avesse mai visto.
Ritorna alla riva
l'ultima barca del sogno.