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H di hacktuhana
creato il 29 gennaio 2015

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Eddard Greyjoy
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Eddard Greyjoy
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Inviato il 24 giugno 2016 13:14

Duello tra comandanti

 

 

“Così tanto peso. Tutti questi anni passati a governare, ma mai come ora ho rappresentato il mio popolo.”

 

Adwar Hwisir cercava di mascherare il suo nervosismo, non poteva mostrarsi insicuro davanti alla sua gente, quella gente che in quel giorno credeva al suo re più di quanto non lo facesse già.

 

Il sovrano di Hwistar alzò e poi abbassò lo sguardo, per vedere la grande porta davanti a sè.

Pensò di voltarsi, di dare un ultima occhiata alle case, al popolo che era accorso per salutarlo, per dare il suo sostegno a chi lo stava proteggendo con tutto se stesso.

 

Udì qualcuno chiamarlo: «Fermo! Aspetta!»

Era sua moglie, accompagnata dal suo figlio di dieci anni.

«Non farlo! Non andare da solo, è troppo rischioso. Lascerai me e tutti quanti se te ne vai per sempre.»

 

«Papà, resta.» gli disse il pargolo, con le guance rigate dalle lacrime.

 

Adwar lo prese in braccio: «Accidenti, diventi sempre più pesante. Un giorno sarai tu al posto mio, gwamba.»

 

Il re sorrise al suo piccolo, poi cercò tra tutti quelli venuti a salutarlo il più valoroso di tutti.

Appena lo trovò, gli fece segno di avvicinarsi.

Narsib si separò dalla folla e attese ordini.

«Tu più di chiunque altro hai a cuore Hwistar, tu saresti pronto a fare cose persino più ardite della mia per il bene di tutti. Se tutto va bene, continua a lottare, non per me, ma per chi ti è caro.»

 

«Non dovreste parlare così, Altezza.»

 

«Sei più alto di me, Capitano. Dovrei chiamarti io “Altezza”.»

I due si guardarono un momento, poi Adwar si abbandonò a una leggera risata e lo stesso fece Narsib, forse per rispetto del re o forse perché aveva apprezzato davvero l’umorismo della battuta.

 

«Non abbandonarli, se mi dovesse andar male. Anche se Iard riuscisse ad entrare, anche se i Jorqawd prendessero Hwistar, ricorda la tua gente e proteggila.»

 

Adwar appoggiò la mano sulla spalla di Narsib.

«Buona fortuna.» gli augurò il guerriero.

 

Il re lo abbracciò per qualche secondo, poi gli diede un po’ di pacche sulla spalla.

 

“Anche a te, Narsib. Anche a te.” pensò.

 

Si avvicinò alla moglie, alla sua amata, la cui espressione non poteva nascondere il dolore e la preoccupazione che provava.

 

Provò a sorridergli, ma fu più una smorfia, poi il viso divenne quello di chi si mette a piangere.

 

Adwar decise di darle un bacio. Tuttavia, non fu qualcosa di particolarmente speciale o romantico.

Fu breve. Era più il bacio che il marito da alla moglie quando si assenta da casa, ma sa di ritornare. Un bacio qualsiasi. Due labbra appoggiate per qualche breve istante, che prima o poi si rincontrano, che non hanno paura dell’abbandono.

Adwar non poteva sapere se per lui era lo stesso, non poteva dire se era un gesto di addio o semplicemente un semplice, seppur doloroso, arrivederci.

 

Avrebbe potuto impegnarsi di più, stare per diversi secondi a baciarla o abbracciarla, ma non voleva.

Sentiva che, se lo avesse fatto, avrebbe sentito incredibilmente il dolore dell’abbandono.

 

Non l’avrebbe lasciata. Non era questo quello che doveva succedere. Uscire, lottare e vincere.

 

Un soldato si avvicinò a lui: «Sire, Iard è fuori che vi aspetta»

 

Poco dopo si sentì suonare un corno. Un rumore di certo molto meno alto di quello sentito all’inizio dell’assedio.

 

«Venga il re di questa città. Siano le nostre le spade di tutti.» disse lo Jorqawd senza gridare troppo, perché il suono del suo corno aveva messo ogni uomo dentro le mura a tacere.

 

«Aprite le porte.» ordinò il re.

 

Qualche secondo dopo, cominciarono piano piano ad aprirsi quel tanto che bastava per farlo passare.

 

Si incamminò verso il suo avversario, fermo ad aspettarlo con le braccia conserte.

 

Entrambi non indossavano una vera e propria armatura. Adwar sapeva che era rischioso, ma riteneva fosse importante non avere troppi impedimenti nei movimenti, che dovevano essere i più rapidi possibile. Forse anche Iard era della stessa idea.

 

Adwar si guardò per un attimo intorno, ma Iard lo rassicurò subito: «Siamo solo io e te. Non cercare il nulla in mezzo al niente.»

 

“Dovrò credergli?”

«Vinco io e tu te ne vai e fai ritirare le tue truppe, paghi un riscatto e prometti di lasciarci in pace. Vinci tu e avrai accesso alla città. Se accadrà, prometti che risparmierai la mia gente.»

 

«Non esistono promesse che possiamo essere sicuri di mantenere, Hwisir. L’unica cosa che posso dirti è che proverò a tenere a bada, finchè posso, i miei uomini, se entreranno.»

 

Adwar sfoderò velocemente la sua spada e si avventò verso il nemico.

Iard fu rapido ugualmente e riuscì a parare il colpo. Subito dopo tentò il contrattacco con una serie di fendenti, ma, per quanto fossero rapidi, il re non perse la concentrazione e non si fece colpire.

Si susseguirono senza sosta attacchi di uno o di un altro, ma nessuno dei due era in grado di ferire il suo contendente.

Lottavano entrambi con determinazione, con la consapevolezza di rappresentare la loro gente.

 

Adwar tentò un colpo dall’alto, ma ancora una volta il suo avversario fu in grado di parare.

 

Le lame rimasero in contatto. I due si guardarono per un breve istante.

 

«Non sai fare altro?» lo provocò Iard.

 

Adwar staccò la sua lama da quella del suo nemico e con un rapido movimento riuscì a ferirlo ad una gamba e ad allontanarsi.

Il ferito fece una smorfia di dolore e tirò fuori e lanciò rapidamente un pugnale per cercare di colpirlo, ma il re riuscì a spostarsi quel poco che bastava per farsi provocare un leggere taglio sulla guancia.

 

Il re si tastò la gota insanguinata, distogliendo per un attimo lo sguardo.

Iard ne approfittò e, offeso dal fatto di essere stato colpito, si lanciò contro di lui.

 

Il furore lo portò ad essere meno rapido delle altre volte e Adwar colse l’occasione per schivare.

Poi tirò fuori il suo pugnale, perché già Iard lo aveva fatto, e colpì il fianco sinistro del suo rivale.

 

“Lo sto indebolendo.”

 

L’avversario non si diede per vinto e continuò a lottare, ma ormai il dolore per la ferita e la furia gli facevano perdere lentamente lucidità.

 

Adwar lo colpì di nuovo alle gambe, questa volta in maniera ben più netta e decisa di prima.

 

Iard lasciò la sua spada e rimase in ginocchio.

 

«Arrenditi e lascia questa città.» lo intimò il re di Hwistar.

 

Il suo nemico lo guardò con gli occhi di chi sa di aver perso.

 

Ma quel giorno non accadde.

 

Adwar, mentre teneva la sua spada puntata alla gola di Iard, fu colpito da una freccia sul petto. Poi ne arrivò subito un’altra.

 

“Da…da…dove?” si domandò il re, che cominciava a sentir venir meno le forze.

Si trovò anche lui in ginocchio come Iard.

 

Si guardò attorno, in cerca dell’arciere che lo aveva colpito. Lo vide avvicinarsi sempre più.

Aveva un arco e un’ultima freccia pronta da lanciare. Questa volta molto più da vicino.

 

Il rivale si alzò in piedi e si girò verso il suo compagno: «non dovresti essere qui, Daeos.»

 

«Ti salvo la vita, cugino.» rispose.

 

«Avevo detto che l’avrei risolta da solo.»

 

«Saresti morto da solo.»

 

«Non mi avrebbe ucciso, testardo di un cane!»

 

Adwar, ancora in ginocchio, li guardò per pochi attimi. Poi anche il suo busto cadde a terra.

Con un ultimo sforzo alzò la testa verso il cielo, verso la luce.

 

Poco dopo, il buio.

Modificato il 05 July 2024 17:07


Seija
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Inviato il 20 maggio 2017 9:35

Germogli scoloriti

all'ombra del giorno

distendono lenti

passi lenti sul mio amore.

 

Dove vanno queste navi

senza scarpe

né occhi per guardar lontano

ove solo muove i fiori

questo leggero autunno

di vento.

 

Le parole appese ai remi

di quell'ultimo marinaio

si sciolgono nell'attesa

di un tempo più forte di me.

 

Ma tu lascia che

la notte sia una stella

che rischiara i presagi del cuore

e dolce riposo tenue

dona agli occhi

che troppo hanno raccontato.

 

La strada scolora ormai

alcuni fiori ad est

e le mura stropicciate

riempie di erba e foglie

il silenzio.

 

Un quieto lino

accarezza i ricordi.


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Inviato il 25 maggio 2017 18:51

Voto Seija!

Modificato il 05 July 2024 17:07

Sol da poco son giunto in queste terre, da una estrema ultima Thule. Un paese selvaggio che giace, sublime, fuori dal Tempo, fuori dallo Spazio.

All fled, all done, so lift me on the pyre. The feast is over and the lamps expire.

200s6pw.jpg

"I walked this land when the Tlan Imass were but children. I have commanded armies a hundred thousand strong.

I have spread the fire of my wrath across entire continents, and sat alone upon tall thrones. Do you grasp the meaning of this?"

"Yes" said Caladan Brood "you never learn."

2ajc9r8.jpg


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Seija
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Inviato il 15 giugno 2017 14:33

Ci sarà un dolce sussurro di cielo

per questi occhi che ho dato

spogli

alla memoria dell'ultimo fiore reciso .

Domani le ninfe della notte

si distenderanno sugli altari muti

ove le foglie addormentate

rendono dimentichi gli uomini dei loro anni ,

solitudini argentee alla luna risponderanno

in questo sinuoso dialogo vagabondo

delle stelle bambine .

E tu lì mi osservi , quieta estate , 

coglier ogni petalo mite

delle umili rose di maggio ,

scolorito presagio del mio tempo

quando la voce aveva ancora un suono .

Ma i sogni lasciali cadere a terra

sulle impronte piegate dal vento

delle docili lacrime marine ,

fra le acque di ponente .


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Inviato il 19 giugno 2017 13:38

Ottimi lavori ragazzi


STA USCENDO IL MIO ROMANZO STORICO! TIENITI AGGIORNATO SULLA PAGINA UFFICIALE
https://www.facebook.com/UltimoPaleologo/

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Inviato il 29 giugno 2017 13:51 Autore

Perderai, lo sai, qualcos'altro.
Ancora.
Non hanno importanza il tempo ed i passi.

Succederà,
come hai già ricordato.
Quando a guardare il passato hai capito.

No, non ti bastano sogni e speranze,
quelli che moduli in rima a preghiera.

Il cielo accoglie soltanto la voce,
quella che resta anche dopo il  silenzio.



Seija
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Seija
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Inviato il 03 luglio 2017 14:30

Non guardare ancora

questo tramonto di foglie cadute

ove le ginestre coperte di neve

sciolgono docili farfalle di vento.

Dimenticherò per te la notte

ed i muti silenzi che le appartengono,

sciogliero'questo nome

sulla sabbia intrecciata di mare

e lascerò in un cassetto

gli attimi sfioriti degli anni.

Ma tu ora danza con quei miei occhi

ed allontana dalla strada

il fango dei giorni precari,

stropicciati sul ciglio della luna.

 

Il mantello dei sogni

ha coperto di brina

il respiro di spettri muti. 

 


H
hacktuhana
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Inviato il 03 agosto 2017 23:09 Autore

Io dico grazie,
perché a vivere di grazie ho già imparato,
emozioni di sostanza ho costruito,
e cancelli a pugni stretti nelle mani ho disegnato,
sentimenti verso polveri cadute ho conservato,
continuando a camminare contro tempo,
nei ritagli ho visto facce dentro il vento.

Vivo dentro me.
in un mondo dove i sogni getto via.

Perché a stare nei cassetti,
voglio posto per gli insetti,
con carcasse d'ali rotte,
tra pastiglie per la notte,
c'è un martello per le botte.

Io dico grazie,
modellando dubbi in pietra ed in cemento,
trasformando statue d'ombra a monumento,
vuoti a perdersi in bottiglie consumate d'allegria,
vetri in acqua frantumata in fonte di malinconia,
e a cercare gemme rare per la mente,
ho scoperto che c'è un'anima invadente.

Resto dentro me.

Perché a stare nei cassetti,
voglio posto per gli insetti,
con carcasse d'ali rotte,
tra pastiglie per la notte.
c'è un martello per le botte.

Io dico grazie,
a chiunque mi venisse poi a cercare,
i pensieri li ho disseminati ai matti,
il mio cuore è stato il dono per amare,
e quell'anima invadente è in mezzo ai gatti.
 


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AemonTargaryen
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AemonTargaryen
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Inviato il 31 agosto 2017 7:37

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cut

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Modificato da Lord Beric il 05 July 2024 17:07 per Contenuto rimosso come da richiesta utente (03/05/2018)


Seija
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Seija
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Inviato il 24 ottobre 2017 21:26

Raffiche di vento.

I sentieri dell'inverno

scioglievano la neve

dell'estremo silenzio che ho.

 

Guarda ora

queste mani impigliate in reti

troppo strette,

queste nude mani

incapaci di vivere,

raccontare,

chiedere passi dove andare

forse un giorno

che ha il profumo

di un domani ancora acerbo

ma già caduto dal ramo.

 

Guarda la vita 

che si consuma

senza parole di un autore

che non sa scrivere

e si sporca nel fango

di quel cortile d'aprile.

 

Fuggiamo adesso

il nostro volto di sogni e narcisi.


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AemonTargaryen
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AemonTargaryen
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Inviato il 22 novembre 2017 19:20

***

cut

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Modificato da Lord Beric il 05 July 2024 17:07 per Contenuto rimosso come da richiesta utente (03/05/2018)

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Stella di Valyria
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Stella di Valyria
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Inviato il 26 dicembre 2017 18:45

Ciao. Non so se ciò che sto per scrivere sia regolamentare o meno...
Semplicemente, tre anni fa avevo un blog. Un blogghino piccino picciò, che quando aveva 30 visualizzazioni in un giorno era un lusso. Poi si è estinto perchè... non so. Il motivo ufficiale è che si erano create troppe aspettative; quello vero che... probabilmente, sono cambiata io. Ho sempre avuto un cuoricino giocoso, ironico, un po' bislacco, che amava cogliere il lato buffo delle cose. A volte spontaneamente, altre volte un po' meno; ma ho sempre pensato che finchè riesci a sorridere di una cosa, significa che non ti sta schiacciando, che sei ancora tu a condurre il gioco. Per decenni sono riuscita a mantenere vivo questo angolino di me a cui tenevo tantissimo, forse la parte del mio carattere che sentivo più vera e "mia". Poi... be', una batosta dopo l'altra, a un certo punto si è perso; e non credo che tornerà più. "Sei cresciuta, finalmente, ed era anche ora", direbbero in tanti. Non è vero: non sono cresciuta, sono solo invecchiata. Non ho conquistato nulla, ho solo perso qualcosa.
E avrei tanto piacere di segnalarvi il mio ex-bloggonzolo, che per un anno o due ho amato tanto. E' uno stile lontano anni luce dagli altri scritti ospitati in questo forum, cose scherzose che poi a volte finivano col dire qualcosa di serio; quindi so benissimo che sarà un fiasco totale. Ma me lo consentite, per un motivo puramente affettivo? Giusto per cercare di dare ancora un po' di respiro all'Orbettino (*) e alla parte di me che rappresentava?
(*) Non sto a raccontarvi l'origine del titolo -nato da una battuta tra amici, ma certo che visto così fuori contesto è la cosa più idiota ed impopolare che potessi scegliere.

Semplicemente, se vi va di perdere un po' di tempo, io qui metto un po' di link. Fate voi.

http://angolorbettino.blogspot.it/2015/11/dolce-e-amaro.html?showComment=1448916121837#c2108857427029822657

http://angolorbettino.blogspot.it/2014/02/alice-i-gatti-e-cose-cosi.html

http://angolorbettino.blogspot.it/2015/11/selfie-generation-2-volte-ritornano.html


http://angolorbettino.blogspot.it/2014/01/i-pilastri-della-terra.html

 

http://angolorbettino.blogspot.it/2014/03/un-cane-un-mito.html

 

http://angolorbettino.blogspot.it/2013/11/illusioni.html

 

http://angolorbettino.blogspot.it/2014/03/son-soddisfazioni.html

Modificato il 05 July 2024 17:07

                              

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Stella di Valyria
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Stella di Valyria
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Inviato il 27 dicembre 2017 23:19

Ok. Approfitto ancora di voi e, con molta faccia tosta, copincollo un racconto scritto la bellezza di 22 anni fa.
Pieno di difetti e lontanissimo da come scrivo ora (il che non significa certo che, ora, scriva bene. Ma almeno ho uno stile un po' meno ingenuo, spero). Unico pregio: rispetto alle mie cose solite, è abbastanza breve :)

 

Se la vita fosse come questa autostrada

 

 

 

(un incubo, forse)

 

 

 

 

 

Notte, ore 1.00

 

Se la vita fosse come questa autostrada, sarebbe già qualcosa. Il paesaggio nel buio non si vede e il tempo fa schifo, con questa pioggia che taglia il parabrezza; ma almeno conduce da qualche parte. Fosse così, la mia vita, sarebbe già tanto.

Sto attraversando uno strano paese, posti che non conosco e non mi interessa conoscere. E' notte, guido da nove ore. Se potessi non mi fermerei mai. Voglio arrivare il più presto possibile. In quel piccolo spazio protetto e ovattato che chiamo “casa”, l'unico luogo dove posso chiudere fuori il mondo. E accidenti se ne ho bisogno, in questo momento, di chiuderlo fuori. Guardo i fari delle auto davanti a me,  immagini diffratte e sparse dalla pioggia, rossi e caldi nel buio; hanno qualcosa di confortante. Non che mi importi ancora, no, ma ogni tanto penso a te. A qualcosa devo pur pensare, per tenermi sveglio. 

 

Notte, 2.00

 

          Ho bisogno di una pausa: comincio ad essere stanco, anzi sono stanco, fin nelle ossa. Mi fermerò al primo autogrill. Sempre che riesca a trovarne uno. Fuori non si vede quasi niente, solo la pioggia che disegna sui vetri geometrie ripetitive, ipnotiche, senza significato. Il rumore degli scrosci contro la carrozzeria è forte e rabbioso eppure ha qualcosa di dolce, mi cullerebbe se potessi dormire. Guido da dieci ore (tu diresti che sto fuggendo, per te nella vita fuggivo sempre), dieci ore di pioggia, fango, rumore ritmato del tergicristallo. L'abitacolo con le piccole luci colorate sul cruscotto è intimo e ovattato e tanto piccolo rispetto a tutto il buio che c’è fuori, è come se fossi l'unico al mondo nel centro di tutta questa notte.

            Sto attraversando una fase difficile. Esco da una sconfitta e da una perdita ma non è questo, è che a volte mi sembra di aver perso sempre, tutto. A volte tutto insieme, in quelle sconfittle clamorose, eclatanti. Più spesso in modo sottile, come la sabbia che scivola tra le dita ad un bambino. No, con te non ne ho mai parlato, certi territori si percorrono da soli. Però, in qualche modo, mi aiutavi comunque, per il solo fatto di esserci...

 

            Sono stanco, gli occhi mi si chiudono... Spero di trovare presto un autogrill. Un’area di sosta. Qualcosa.

 

 

Notte, 3.00

 

            Continua a piovere. Sembra un temporale, rabbioso e cattivo; ma i temporali durano poco, questo non finisce più. Il tergicristallo non basta e la visibilità è quasi nulla. Le luci delle auto nelle corsie di fianco alla mia sono bagliori improvvisi, un lampo nello specchietto retrovisore, una sciabolata di luce bianca nell’abitacolo e un attimo dopo non esistono già più. Sembra tutto così lontano, irreale.

            Cercavo un' area di sosta, ma non ne vedo una. E' strano. Mi rendo conto adesso che da molto non oltrepasso neanche uno svincolo di uscita. I cartelli ci sono ma non aiutano, tutti in questa lingua spigolosa e incomprensibile; potrebbero essere tutti uguali e non me ne accorgerei neanche. (Se tu fossi qui, ora... "Non preoccuparti", mi diresti, come se niente fosse. Accenderesti la radio  e cercheresti una stazione di musica classica, possibilmente con qualcosa di Mozart, ti accomoderesti meglio contro il poggiatesta e sorrideresti tra te con quella tua espressione tranquilla, serena; e tutto sembrerebbe normale). Io non accendo la radio. Non voglio musica, non voglio voci; non voglio trucchi per rendere questa notte meno difficile. Voglio solo che questo viaggio lunghissimo finisca, e riposarmi, e smettere di pensare. Solo questo.

 

 

Notte, 4.00

 

 

            E' strano. Sono in viaggio da dodici ore. So che la velocità è bassa per via del diluvio, però  dovrei già essere arrivato da un pezzo. In cambio, ho capito qualcosa: qui non esistono autogrill.
            E nemmeno uscite.

            Vorrei solo fermarmi, riposare; anche solo un momento. Sono sfinito. Ma dietro di me ho due grossi fari gialli, abbaglianti nello specchietto; mi seguono da ore, non mi sorpassano ma so che non mi concederanno di rallentare. Sulle altre corsie auto che nella pioggia non posso vedere mi superano da vicino a velocità furiose; sollevano muri d'acqua compatti che mi spingono di lato quando colpiscono le fiancate della mia auto. Posso solo andare avanti, a quanto pare.

            Sto ancora pensando a te, sempre più forte - ma io non voglio pensarti. (I primi tempi... Parlavamo per ore, ricordi? Ricordi l'esaltazione, quando scoprivamo di avere pensieri così simili; e l'emozione più sottile e preziosa quando trovavamo che, anche dove eravamo diversi, potevamo ugualmente comunicare, completarci a vicenda... Ricordi l'entusiasmo, la gioia limpida di un amore nato a vent'anni o poco più? E ricordi come abbiamo cerato di trascinarlo, dopo, di tenerlo in vita a forza, a tutti i costi, come un malato che non ci si rassegna a perdere? Tu mi capivi. Tu mi hai sempre capito, le mie parole e ancora di più i miei silenzi. Solo tu. Ma non mi amavi.).

 

 

Notte, 5.00

            Ma cosa mi sta succedendo? Nello specchietto vedo sempre le luci rabbiose, implacabili; mi inseguono e non so perché ma non voglio che mi raggiungano, o forse mi stanno solo spingendo avanti, non lo so. (Neanch'io ti amavo, in fondo. Io avevo bisogno di te e questo è molto peggio, fa soffrire molto di più e non da’ nulla, è un prendere e non un dare; è un esigere sempre di più, finchè l’altro chiude la porta una volta di troppo e tu capisci che non tornerà più). Ma perché quest'autostrada non ha uscite né altro? E perché la lancetta bianca della benzina da ore si è congelata su una posizione intermedia?

            Con che cosa vado avanti, e verso che cosa? E cos'è, Dio, cos'è realmente questa autostrada?

 

 

Notte, 6.00

 

 

            Ho rinunciato a capire. So solo che non ho alternative, devo andare avanti e basta, in questa pioggia metallica senza tregua. Un mistero in più, mi sento meno stanco. Qui intorno è sempre tutto uguale, l'unica cosa che abbonda sono le insegne ma sono lettere a caso, non significano niente e non portano in nessun posto. Ho paura.

            Non lo direi mai ma ho bisogno di te, adesso, disperatamente. Non so cosa potresti fare, forse niente. O forse sorrideresti appena - non ti preoccupi mai, tu; semplicemente ci saresti e io mi sentirei già meno fragile e l'incubo forse potrebbe finire. Invece non mi hai voluto, o io non sono stato capace di darti nulla; e ora scivolo, scivolo sempre più giù.

            

Mattino, 7.00

 

 

            In realtà non ci speravo neanch'io.  Non c'è stata nessun'alba. E' sempre notte, naturalmente. E ora so che lo sarà sempre.

            Posso solo continuare a correre, incalzato dalle luci dietro, schiaffeggiato e trascinato dalle forme invisibili che mi sfrecciano ai fianchi. Non credo più che questa strada mi porterà a qualcosa. Non so neanche se ha una fine o continuerò a correre così, chiuso in questa scatola di metallo tra pioggia e notte e niente, per sempre.

            Chissà tu, adesso, dove sei...  Io, non lo so. In un incubo o nella realtà, in quello che sarà d'ora in poi la mia vita, e in qualcosa che non conosco.

                                                                                                    Agosto 1995

 

 

Modificato il 05 July 2024 17:07

                              

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hacktuhana
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hacktuhana
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Inviato il 05 gennaio 2018 18:00 Autore

Che io possa poi piangere per sempre
gocce di lacrima a sentirti ancora.
Sanguinare il dolore ad estirparmi il cuore
spaccato tra le mani di rabbia, contorte.
Scompare questo senso di
vivere a motivo certo,
ogni volta che guardo
e non ci sei dentro gli occhi.
Il vuoto che risponde, prendendo un altro pezzo.
 


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Stella di Valyria
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Stella di Valyria
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Inviato il 05 gennaio 2018 19:13

Che bella... Tutta; ma "il vuoto che risponde, prendendo un altro pezzo" è da tuffo al cuore.

 


                              

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