Tranquillo Hack
Sono in fase di revisione... (sono riuscito a strabordare anche con 10'000 caratteri )
Io ci sto provando!
Ho una mezza storia in preparazione, ma appunto.. È solo mezza.
Ho provato a cambiare ogni possibile punto di vista e personaggio per riuscire a raccontarla, ma proprio non riesce a nascere.
Forse ora ho trovato un modo per svilupparla in un'altra direzione... Anche se spero sempre in un'idea più interessante...
Io comunque lavoro meglio sotto pressione, quindi probabilmente in extremis riesco a postare qualcosa
eccomi
non è un'idea originale,ve lo dico subito,ai giudici decidere se è in concorso o no,per me l'importante è stato leggere i vostri e poter comunque dilettarmi a raccontare qualcosa
ecco a voi
ps:con i titoli non ci so fare
TITOLO: Vuoi conoscere il futuro?
Lucy entrò nella tenda della zingara, al suo fianco la sua collega ed amica Stella, che l’aveva convinta a quell’uscita serale al luna park. Lucy trattene il disgusto nel guardare i denti marci della vecchia donna mentre le diceva< vuoi conoscere il tuo futuro?>, questa prese la mano di Lucy con forza prima che lei potesse ripsondere e le disse <Oh, piccola cara tu non credi a queste cose ma stasera ho grandi notizie, la tua insulsa vita sta per cambiare>, Lucy sorrise pensando che non ci volesse molto a dire che la sua vita non era questo granchè, la vecchia continuò< c’è un uomo nella tua vita, no non uno di quelli che ti porti a letto sperando che il giorno dopo si ricordino di te, e magari ti tirino fuori dal tuo squallore quotidiano, no quest’uomo a te non piace, lo disprezzi, ma c’è una cosa che devi sapere su quest’uomo, vuoi che vada avanti?>, Lucy era davvero sorpresa, senza dubbio era una bella ragazza, ma per un motivo o per un altro tutte le scelte della sua vita erano state disastrose. Non aveva completato gli studi, non riusciva a tenersi un bravo ragazzo mentre andava con i tipi meno raccomandabili, lavorava in una bettola, la cui clientela la trattava come qualcosa di un po’ meglio di una prostituta, anche se non lo era di certo. Ma se tutte queste cose le si potevano leggere in faccia la donna non poteva sapere del signor Sam, un 57enne di un metro e 90 per 180 chili, tanto brutto quanto sporco e cattivo che le metteva le mani addosso alla prima occasione e che lei disprezzava e odiava a morte, le parole <vai avanti> le uscirono di bocca da sole,< ebbene piccola mia ,tra poco tempo quell’uomo ereditera da un parente una somma gigantesca e poco tempo dopo morira>, Lucy sorrise.
16 mesi dopo
Come era preventivabile Lucy in meno di una settimana dagli eventi del luna park cedette al vecchio porco, e in meno di un mese si fece sposare, la vita di coppia era un tormento soprattutto in camera da letto a causa del peso di Sam. In più la tanto attesa svolta non arrivava, la vita di Lucy era addirittura peggiorata, era disperata, ormai decisa a lasciarlo e cercare quella zingara in tutto il paese per prenderla a calci.
Era in un bar, decisa ormai a lasciarlo e cambiare città, quando dal televisore del locale udì una signorina dire< ecco a voi l’estrazione dei numeri della lotteria di capodanno…>,lei aveva comprato un biglietto, lo faceva sempre,<4, 8, 15, 16, 23, 42>, la mascella di Lucy sembrò quasi staccarsi, era il suo biglietto, aveva vinto 30 milioni, dentro senti montare la furia , tornò a casa, li vi trovò Sam , semi-ubriaco di birra come al solito, Lucy sbottò< vecchio porco schifoso, io me ne vado , mi fai schifo, ora non più bisogno di te per essere mantenuta, non ho più bisogno di nessuno, mi fai schifo vecchio panzone schifoso, pervertito e ubriacone, ti odio ,ti detesto ,me ne vado brutto porc…..> , Sam scattò e le fu addosso, piangeva e rideva allo stesso tempo, le mise le mani al collo e strinse insultandola a sua volta, strinse e continuò a stringere e fu la fine.
Epilogo
Sam alla fine ereditò i 30 milioni della moglie morta ,venne arrestato subito e condannato a 30 anni.
Venne ucciso sotto la doccia del carcere da un ragazzino che aveva tentato di stuprare, neanche 2 mesi dopo l’omicidio di Lucy
hugorill... chi era la indovina Meggy la rana???
Divertente e grottesco :)
Barrieristi scrittori e creativi, abbiamo buone notizie per voi. Abbiamo deciso di concedere una settimana di tempo in più, per poter concludere in bellezza questo momento di scrittura prima di una fisiologica pausa di riflessione. Il tempo per la consegna dei pezzi è quindi prorogato a giovedì 22 gennaio.
Adesso non avete più scuse, vogliamo tutti, ma proprio tutti gli scrittori di ogni tempo impegnati nel compito di far desiderare che il Contest torni prestissimo.
Buona creatività a tutti! ;)
Addio Got
"Lo scempio ha due teste"
Grazie!!
Il racconto l'avrei (quasi) finito... ma non so dove sbattere la testa per rientrare nei 10,000 caratteri! e pensare che di solito arrivo a fatica ai 4,000...
Bene!
Adesso dovete scrivere per forza
Quarto Megacontest di Scrittura Creativa
INABILE AD ESEGUIRE INCANTESIMI
INFANZIA
Non so se qualcuno leggerà questo documento (spero che uno dei Kohont non lo trovi e lo distrugga - d'altronde si tratta sempre di un file digitale). Potrebbe darsi che la società sarà completamente diversa tra pochi anni, potrebbe darsi che questa testimonianza giunga a qualcuno che non sia del "grande Stato del Jahen", quindi è meglio che spieghi qual è la mia storia, affinché tutti capiscano.
Sono nato in una famiglia povera. I miei genitori avevano dato alla luce (condannandoci al disprezzo della società) mio fratello, mia sorella e poi me. Facevamo parte della più infima delle classi sociali, gli Sfayhet, che per farla breve può essere tradotto con “inabili ad eseguire incantesimi”. Eppure fin da piccolo avevo creduto di poter imparare a volare come facevano gli Ahem, i più ricchi, i maghi che avevano il controllo di ogni cosa (e persona).
Ricordo fin troppo chiaramente i pomeriggi trascorsi nella scuola segreta del piccolo ghetto in cui vivevamo. C'era una biblioteca, e leggevo saggi e storie sulla magia, convinto che mi avrebbe aiutato ad impararla. Ricordo pure che mio fratello mi aspettava fuori all'uscita con un’odiosa moto verde. La detestavo. Io sognavo di volare, un cartoccio di metallo che sputacchiava fumo era l’ultimo dei miei sogni. Ma ciò avevamo.
Mentre gli altri bambini tornavano a casa, io mi dimenticavo di averne una, e correvo velocissimo verso la biblioteca. Presto Andreh si stancò di aspettarmi all'uscita, così quello sventurato giorno il compito di riportarmi a casa toccò a mia sorella Diana. Ma chi le aveva detto di occultare la moto? Non mio fratello, convinto che sapesse come fare, non i miei genitori che lavorano fino a tardi. E così mentre mi perdevo in una nuova storia, sentì uno scoppio potente. Le finestre di vetro si ruppero in mille pezzi. Per un attimo pensai di essere entrato a far parte della storia. Ma la verità è sempre più amara di come ci aspettiamo, anche se pensiamo di aver messo abbastanza zucchero.
Guardai fuori. Vidi bagliori arancioni, fumo, cenere cadere dall'alto e mia sorella riversa a terra. La moto distrutta. Avrei dovuto gioire, no? Altre esplosioni, altre urla, sconosciuti che strisciavano furtivi per le strade. Distruggevano tutto, ogni automobile, ogni lampione, rompevano i cavi dell'alta tensione.
La notte fu lunga e luminosa nel ghetto di Pochenm.
ADOLESCENZA
Per anni pensai che quella fosse stata una punizione per tutte le volte che avevo fatto aspettare mio fratello. Quando fui più maturo, capii cos'era successo in realtà.
L'elettricità, loro la odiavano. D’altronde i maledetti Ahen avevano la magia, no? L’elettricità era nociva dicevano, pericolosa. E così distruggevano tutto ciò che funzionasse elettricamente o che andasse a motore, insomma, tutto ciò che non era magico. Ma noi sapevamo difenderci. Avevamo sistemi che erano in grado di occultare i nostri dispositivi "obsoleti". E mia sorella non era stata avvisata, ne lo sapeva, tutto sommato era ingenua come me.
Quando avevo 14 anni entrai a far parte di una banda nomade di Sfayeht. Vagavamo senza meta, ci svegliavamo la mattina pensando unicamente a come saremmo sopravvissuti quel giorno. Ci feci l'abitudine fin da subito, tutto sommato continuavo a lottare, alimentato dal fuoco del mio sogno. Come facevano gli altri a non lottare per nulla?
In realtà non eravamo sempre gli stessi. La gente si aggregava, magari viaggiava sei mesi con noi, e poi tornava per conto proprio. Speravo col cuore che uno tra i miei genitori o Andreh potessero sbucare dagli alberi per unirsi a noi, ma erano passati anni da quel giorno infame, ed ero solo. Ciò che mi teneva in vita e sano di mente erano il ricordo e la speranza (forse illusione) di poterli rivedere.
Una sera percepimmo l’odore di magia, simile a quello del gas. Qualcuno aveva captato le nostre “armi retrograde”? Qualcuno era lì per annientarci? L’odore diventò forte e poi una figura spuntò dagli alberi. Sospirammo di sollievo: era una ragazza. Si chiamava Sarah e si unì a noi, ma le promisi di non dire mai a nessuno il perché. Non era un'Ahem o un Kohont. Era una Giajeht, ovvero un "borghese". Era la prima volta che ne incontravo uno e presto compresi perché li chiamavamo così. Era in grado di usare la magia, sì. Ci aiutava a trovare il sentiero migliore, occultò per noi ogni arma e riusciva a trovare l'acqua come se potesse fiutarla. Ma non sapeva uccidere un cervo senza un arco e non sapeva volare. Erano limitati, insomma.
Ma poco importava. Non nascondo che fossi attratto da lei. E anche io le piacevo. Ma più che altro, ora lo riconosco, mi attiravano le sue capacità, la sua condizione. Volevo imparare anche io. Si, avrei ritrovato la mia famiglia e ci saremmo trasferiti in una città "legale".
A due mesi dal suo arrivo scappammo insieme, senza una meta precisa.
GIOVENTÙ
Io e Sarah viaggiammo molto insieme. Mi portò in una città di borghesi e fece in modo che non avvertissero la mia inferiorità. Fu un periodo piacevole della mia vita. Per la prima volta dalla mia nascita non dovetti preoccuparmi di vivere nascosto. Camminai per le prime volte in strade affollate da maghi, e avevo paura. Ecco cosa mi aveva fatto quella società. Ci volle un po’ per superare quella fobia.
Dopo parecchio arrivai a confondermi perfettamente tra la gente, ma non giravo mai da solo, Sarah era sempre al mio fianco. Eseguiva per me piccole magie, in modo che sembrassi anche io borghese. Mi aveva insegnato i gesti, ma lei agiva per me, come in playback. Nessuno si era mai accorto del nostro trucco.
Sarah, era incredibile, e se prima avevo detto che ero fuggito con lei perché in realtà interessato alla sua capacità, adesso forse ero davvero innamorato. Lei era gentile, mi aiutava davvero, cercava d'insegnarmi la magia, ed era calma e non perdeva la pazienza nonostante i miei progressi nulli. Certo ero innamorato di lei, ma la mia amante segreta restava comunque la magia. Era qualcosa di misterioso, non riuscivo a comprenderne i meccanismi ancora e per questo mi stupiva sempre di più. Nonostante Sarah non fosse un Ahem, era molto capace ed ebbi modo di sperimentare parte delle sue capacità anche nella nostra intimità. Oh, se ci divertivamo. Era un aspetto che non avevo mai preso in considerazione della magia.
Ma perdonatemi, eravamo comunque molto giovani.
MATURITÀ
A 32 anni nacque il nostro unico figlio, Dhean, e potevo considerarmi davvero felice per due motivi. Per prima cosa, era di una bellezza incantevole, piccolo ma prezioso. Passavo le giornate ad osservarlo dormire, e quando sul suo viso affioravano piccoli ed innocenti sorrisi mi veniva un tuffo al cuore. E secondo, considerai la nascita di Dhean, in un certo senso, il mio prima vero incantesimo.
Sarah, divenne un'insegnante in una scuola di magia e le nostre tasche non furono più vuote. Io ero confinato in casa. Non potevo lavorare, non potevo espormi da solo.
Gli anni passarono. Dhean crebbe e, fortunatamente si rivelò capace ad usare la magia. Non era come me, “fermo ancora all’alfabeto”. E stavo a casa, a badargli, a guardarlo sollevare piccoli oggetti senza nemmeno sfiorarli. Prima gioivo con lui, ma cercavo di nascondere il fatto che sotto sotto cresceva in me un pizzico d'invidia. Soffrivo a guardarlo, e ben presto, mi duole confessarlo, arrivai ad odiarlo. Io, 40 anni, nulla. Lui 8, e già si librava in aria. A 15 anni avrebbe iniziato anche lui la scuola magica, ma già era un portento, sarebbe diventato un Ahem.
Arrivai a mentirgli. “Voglio fare una sorpresa a mamma, dovrò uscire in questi giorni. Però shhh, è un segreto.” Pagai una baby-sitter ad insaputa di Sarah. Dhean sarebbe stato a casa, a divertirsi con la sua magia. Io nascosto dietro al muro di un'aula scolastica, ad origliare le lezioni di Sarah.
Un giorno un dannato studente fece esplodere per sbaglio il muro dietro al quale mi nascondevo. Mi trovavo in uno sgabuzzino e attraverso lo squarcio venni avvistato. Qualcuno mi inseguii, e io fuggi per le cantine, al buio. Fui costretto ad accendere una torcia elettrica. E lì accadde l'impensabile. Scattarono sirene, la scuola venne evacuata e venne proclamato lo stato di emergenza in tutta la città. Intravidi Sarah che si apprestava a casa, dove sarei dovuto essere, a badare al piccolo prodigio Dhean. Non tornai più.
Fuggii lontano, pieno di vergogna e odio.
VECCHIAIA
Ora mi trovo in una prigione, nella capitale dello stato. Finalmente il mio sogno si è avverato. Ho visto magia dappertutto, grassi e pigri Ahem librarsi nella salubre aria e niente automobili, niente elettricità, il mondo perfetto. Ma di sicuro non era questo il modo in cui avrei voluto varcare le porte di questo luogo.
Io e altri 13 ribelli siamo stati catturati dopo un blitz nel nostro nascondiglio. Ero vecchio, debole ormai. Per quasi vent'anni ho guidato una delle più grandi organizzazioni ribelli della storia. L'avevo fondata subito dopo la mia fuga. Ero rassegnato, ormai era chiaro che non avrei mai più imparato la magia. L'unica cosa che mi restava da fare era sovvertire il sistema e distruggerlo, con la violenza. Tuttavia chi controlla la magia è invincibile, anche se il suo nemico è mosso da un odio distruttore.
Sono qui in prigione da un anno e fra tre giorni verrò decapitato. Sto scrivendo in un piccolo computer occultato. Nonostante sia stato sconfitto ho ancora grandi appoggi all'esterno. Lascerò questo file in una fognatura, trasportato dal caso a qualcuno lì fuori.
La magia, la mia dannazione. Se solo l'avessi notata, se avessi compreso che era stata tra le mie dita per tutta la vita non mi avrebbe fatto tutto questo. Era nell'amore della mia famiglia, nell’amore di Sarah. Eppure lo comprendo solo ora. Era in Dhean appena nato e tra le mia braccia, la mia più grande magia. Quel bambino piccolo, che nascondeva un prodigio. Che fra tre giorni porrà fine alla mia vita.
Sono fiero di lui, sono fiero di lui perché porrà fine ad una becera esistenza.
Quarto Megacontest di Scrittura Creativa
Sacrifici
La vetrata occupa l’intera parete dell’attico. Da lì posso vedere tutto: la mia casa, la mia città… il mio mondo.
Da un grande potere derivano grandi responsabilità. Parole che avete probabilmente già sentito tutti. Per me sono diventate importanti quasi quanto per il protagonista di quel fumetto. Le soppeso per la milionesima volta, mentre osservo i primi raggi del sole riflettersi sull’oceano in lontananza. Non ho dormito neppure un minuto. Sono oramai anni che dormo solo per piacere e non più per necessità. Eppure ora mi sento stanco, per la prima vota da tanto tempo. Un gemito di dolore, debole e lontano, proviene dal letto a baldacchino alle mie spalle. Chiudo gli occhi e sospiro, cercando di ignorarlo ancora.
La prima volta che ho visto il libro, stavo passeggiando per un mercato delle pulci sulla riva di un fiume. Lo notai con la coda dell’occhio, ma subito capii che era quello che cercavo. Un vecchio sedeva scomposto dietro la bancarella, con tutto il peso del corpo appoggiato ad un bastone di legno. Sembrava dormisse, ma era impossibile dirlo. Le spesse sopracciglia, i folti capelli e la lunga barba bianca gli nascondevano gli occhi.
Afferrai il libro e lo guardai, sfogliandolo lentamente.
“Stai attento con quello,” disse il vecchio all’improvviso.
Sussultai sorpreso.
“Perché?” chiesi.
Lui non rispose. Si limitò ad alzare un altro poco la testa, mostrandomi i due occhi cechi.
“È un libro magico?” domandai con un sorriso divertito stampato sul volto.
“Tutti i libri lo sono”.
Feci una risata divertita e accarezzai distrattamente la copertina color ambra. Le pagine ingiallite erano vuote. Era perfetto.
Mi sono sempre domandato, sin da bambino, cosa avrei fatto se avessi avuto dei grandi poteri. Nelle mie fantasie, diventavo sempre un eroe. Una parte di me è ancora convita che sia così, ma guardo il mio regno e le mie certezze vacillano. Ripenso alla frase di un vecchio film: O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo.
Forse era solo quello il problema. Di nuovo quel lamento a interrompere i miei pensieri. Ero vissuto troppo a lungo.
Era incredibilmente felice quando ricevette il regalo. Lo sguardo di Clara si illuminò nel vedere il libro. Disse subito che ne avrebbe fatto il suo diario segreto.
“Ora però voglio il mio di regalo,” le dissi baciandola.
Lei si liberò dal mio abbraccio e mi guardò mordendosi il labbro.
“Prima devi prendermi,” disse correndo via.
Stetti al gioco. Ci rincorremmo per tutta la casa ridendo come matti.
Successe tutto in un attimo. Clara inciampò sul tappeto e andò a sbattere contro la vetrinetta, rompendola. Solo un graffio e un bello spavento. Nulla di grave.
Alcune gocce di sangue finirono sulle pagine del libro e subito ne furono assorbite. Non lo potevamo ancora sapere, ma da quel momento la nostra vita sarebbe cambiata per sempre.
“Eccoti infine,” disse una voce roca alle mie spalle.
Lo stavo aspettando. Resto immobile a guardare verso l’orizzonte, assorto nei miei pensieri.
“Ti ho cercato a lungo,” dice.
“Eppure io non mi sono mai nascosto,” rispondo.
In quel momento mi volto e lo affronto.
Le sopracciglia sembrano addirittura più folte e la barba più lunga della prima volta che l’ho visto. I suoi occhi cechi mi fissano.
“Eccoci alla resa dei conti, vecchio”.
Sul suo viso si dipinge un sorriso stanco. Si avvicina al letto, appoggiandosi al bastone. Guarda la sagoma minuta nascosta sotto le coperte.
“Dunque è lei?” chiede, indicandola.
Non rispondo. Stringo i pugni e volto la testa, per evitare di guardarlo.
“Non è il bel mondo là fuori che hai creato, lo sai? Questa è la tua creatura”.
Erano passati mesi dal giorno in cui regalai il libro a Clara. Nemmeno me lo ricordavo più, quando per puro caso me lo ritrovai davanti. Stavo per uscire. Una giornata come tante. Lo sguardo cadde su quella copertina color ambra. Senza pensarci lo afferrai ed iniziai a sfogliarlo. Rimasi a bocca aperta. La parte razionale di me non poteva crederci, ma non potevo ignorare quanto leggevo. Decisi di fare subito una prova.
Afferrai una penna e scrissi la prima cosa che mi venne in mente. Era un desiderio innocente. Stupido. Poco dopo un lieve formicolio sul viso. Corsi allo specchio e quasi svenni. La cicatrice sulla guancia, ricordo di un brutto incontro con un cane da bambino, era sparita.
Il mio cervello lavorò in fretta. Quello che avevo tra le mani era la lampada dei desideri. Era la chiave di un potere immenso.
“Lei ha mai capito cosa le stavi facendo?”.
Continuo a giocarmi la carta del silenzio. Sento il vecchio muoversi. Si sta avvicinando a me.
“Guardati. L’uomo più potente del mondo. Muto e imbarazzato come un ragazzino,” mi apostrofa.
“Sei qui per parlare o per fermarmi, vecchio?” rispondo in tono di sfida.
“Come le hai portato via il libro?” mi chiede in risposta.
“Mi è bastato scrivere che volevo lei se ne dimenticasse e così è stato”.
“E quando hai visto il prezzo da pagare, non hai mai voluto fermarti?”.
Non capii subito quale fosse il prezzo da pagare per ogni desiderio. Per ogni pagina riempita. Soldi, successo, salute. Ogni cosa per me e per le persone a cui volevo bene. Un sacco di banalità. Dovevo pensare in grande. Lentamente, iniziai a modellare la realtà a mio piacimento. Tutto quello che volevo, potevo averlo.
Quasi tutto.
Ogni giorno Clara era più debole. Sempre stanca. Passarono settimane prima che collegassi il suo stato all’avanzare del libro. I suoi capelli si fecero rapidamente grigi. La sua vista, andò calando, fino a lasciarla cieca.
Passai giorni e giorni a scrivere. A desiderare che lei si riprendesse, come succedeva a qualsiasi cosa mettessi nero su bianco su quelle pagine. Eppure lei peggiorava a vista d’occhio.
Decisi di chiedere direttamente al libro cosa potevo fare. Lui me lo disse. Molte pagine si riempirono, come un manuale di istruzioni. Quando compresi la portata di quelle righe, Clara non riusciva oramai più ad alzarsi dal letto.
“Non l’ho mai abbandonata,” dico.
“No, è vero. Eppure non ti sei mai fermato”.
Giro le spalle al vecchio e lancio un’occhiata verso la finestra. Il sole illumina oramai gran parte della città e il mio mondo si sta svegliando.
“Un sacrificio era inevitabile, per ottenere tutto questo”.
Il vecchio ride. Una risata stridula e fastidiosa.
“Quello che hai creato è un mondo fatto di paura. Sei diventato alla fine solo un tiranno come tanti. Non sei il primo e non sarai l’ultimo”.
Pensare in grande. Questo mi ripetevo in continuazione. Eppure seduto vicino a quel letto quasi mi mancavano le forze per andare avanti. La vidi allungare lentamente una mano con uno sforzo che sembrava richiederle ogni briciola d’energia rimastole in corpo.
“Sono qui,” le dissi stringendogliela.
Lei provò a parlare, ma non ci riuscì. Dalla sua bocca uscì solo uno stanco lamento.
Decisi di porre fine a quella situazione una volta per tutte. Presi il libro tra le mani e mi fermai. Rinunciare a quel potere era troppo.
Le strinsi nuovamente la mano.
“Ti amo,” le sussurrai.
Lei non rispose. Dormiva.
Piansi per l’ultima volta in vita mia. Poi iniziai seriamente a costruire un futuro migliore.
“Avanti vecchio, questo non è certo il peggiore dei mondi”.
“Non è neppure il migliore”.
A sottolineare quelle parole, da sotto le coperte, arriva ancora quel lamento.
“Sei solo l’ultimo ostacolo sul mio cammino,” gli dico cercando di ignorare tutto il resto. “Mi basta scrivere poche righe e anche tu sparirai come altri prima di te”.
“È vero,” risponde calmo.
Non aggiunge altro. Entrambi sappiamo quali sarebbero le conseguenze.
Mi avvicino alla scrivania e prendo da un cassetto il libro, per l’ultima volta.
“Non provi a fermarmi?” gli chiedo.
“Non posso farlo,” risponde lui.
C’è ancora poco spazio bianco da riempire. Ancora poche righe.
C’erano ancora molte cose da sistemare, ma oramai lo spazio per i desideri era concluso. Ricordo ancora quel giorno come fosse ieri. Alzai la testa e guardai la gente camminare sotto di me. Così ordinata. Così felice. Niente li preoccupava più oramai.
Dovevano solamente seguire le regole. Le mie regole.
Quello che mancava, avrei dovuto risolverlo con le mie forze. Se avessi completato il libro. Tutto sarebbe rimasto definitivo. Nessuna possibilità di tornare indietro.
Guardai Clara dormire nel letto.
Non ero ancora pronto.
Presi il libro e lo chiusi in un cassetto della scrivania.
“Spiegami una cosa,” gli chiedo, “se non puoi fermarmi, perché sei qui?”.
Lui sembra riflettere, cercando una risposta adatta.
“Sono qui per vedere la fine, come ho fatto prima di te e come farò dopo di te”.
Non sono sicuro di capire la risposta e cerco di non pensarci troppo. Guardo ancora fuori dalla finestra e poi sotto quelle coperte.
Infine prendo una decisione.
Quando metto il punto, il libro è finito.
Sento una risata provenire da qualche parte in lontananza. Stridula e fastidiosa.
Lo sforzo che mi serve per aprire gli occhi è sovrumano, ma alla fine ce la faccio. Sono cieco, eppure lo vedo. Il vecchio mi guarda seduto su una sedia, accanto al mio letto.
“Sei uno sciocco,” mi dice.
Vorrei ribattere, ma non ci riesco. Sono troppo debole.
Vorrei chiedere tante cose: dove sono, che giorno è, cosa ci fa lì. Dalla mia bocca esce però solo un lamento.
Lui sembra capire comunque e mi risponde.
“Siamo alla fine,” dice.
Mi tocca la fronte e per un attimo posso nuovamente vedere.
Clara è seduta alla scrivania. Davanti a lei il libro.
“Avresti dovuto desiderare di non aver mai trovato quel libro, ragazzo”.
Per un momento l’avevo anche pensato. Ma alla fine scelsi diversamente. Scelsi di dare a lei quel potere.
Guardo Clara con la testa china.
Il vecchio ride ancora, questa volta più forte.
Clara si volta verso di me. Mi guarda e vedo nei suoi occhi una profonda tristezza.
“Mi dispiace,” dice.
Con un ultimo movimento della mano, mette un punto. Il libro è finito. Così come lo sono io.
Che belli gli ultimi scritti!
La magia e il suo prezzo...
bravissimi Akyan e Ser Lostdream!!!
io ci sono quasi ... per domani dovrei farcela ... però vi avverto subito che per provare a scrivere qualcosa io non ho letto niente di quanto finora pubblicato dagli altri !
Dai Kevan! Mitico. :)
Con Kevan arriveremmo a 10 scritti.
Mi piacerebbe superare la quota 10 comunque.
Faccio ancora un appello disperato a chi non scrive da un po' a chi ha scritto qualche volta in passato e anche a chi non lo ha mai fatto ma vorrebbe!
Per ora comunque e come spesso capita per me, tutto quello che avete scritto mi piace.
Dopo questo megacontest... ci sarà prevedo inevitabilmente la pausa.
Beh a me dispiace moltissimo.
Capisco che non sia una priorità per tutti scrivere in questo topic, ma non credo di essere l'unico a trovare questa "pagina" di forum, particolarmente speciale.
Se vi sta bene... sto pensando di aprire una discussione dove poter postare i nostri scritti lo stesso, almeno nel periodo di assenza del contest.
Spero si possa fare e spero che la cosa vi piaccia.
Mi rivolgo anche a Viserion, chiedendogli se un topic del genere possa essere aperto, non appena il contest va in vacanza...
Ci sarebbero le pagine orrsonali in alternativa, ma non è certo la stessa cosa che leggere assieme diversi racconti.
Potrebbe anche essere, perché no, un'opportunità per i più timidi... visto che non c'è in palio niente e nemmeno ci sarebbero scadenze :)
Fatemi sapere che già mi manca quest'angolo di forum che non c'è :)
Per me l'idea della discussione dove poter postare i nostri scritti è ottima
Quarto Megacontest di Scrittura Creativa
Il Randagio
Troduum... Troodum...
Il cuore di Javier sobbalzò.
Aprì gli occhi di colpo.
Era disteso sul suo letto di paglia. “Il gallo? L’alba, di già?” si chiese, ancora mezzo addormentato. “No. Sono le trombe di guardia del castello. Qualcuno, nel cuore della notte.” Realizzò mentre era già in piedi e quasi presentabile.
Automatismi di un servo di sedici anni.
Raggiunse il cortile interno con il fiatone, più per l’ansia che per la corsa. Tutto Castel Tramonto era in fermento. Guardie armate, domestiche e cortigiani correvano da una parte all'altra sotto la luce delle torce. La frenesia era come quella che precedeva la visita di un emissario del Monarca. “No. Stavolta è diverso.” La paura di un attacco nemico si insinuò in lui, paralizzandolo.
<<Che c’è? Chi sta arrivando?>> chiese ad Agnes, la vecchia cuoca, mentre gli passava accanto.
<<Il Randagio, dicono.>> e si trascinò verso le cucine, dopo aver lanciato un occhiata alle mura.
“Il Randagio?” gli ci volle un po’ per ricordarsi quel nome, uno di quelli delle leggende che gli raccontava sua madre. L’uomo che secoli fa inventò la magia per sconfiggere la Grande Bestia. Era solo uno dei suoi tanti nomi. L’Immortale, l’Ultimo Mago... “Ce n’è un altro che non riesco a ricordare.”
<<Che ‘azzo fai lì impalato, sguattero?!>> era la voce roca del maggiordomo, che dall'alto del suo ventre gonfio lo stava fulminando con lo sguardo. <<Vai subito nel salone di ricevimento, veloce!>>
<<Sì, subito.>> “Il salone? Io?” Ci andava spesso, ma solo per spazzare, sparecchiare, rifornire il camino, mai durante gli incontri ufficiali.
<<E sistemati quel cespuglio che hai in testa, ‘azzo!>>
Javier si diresse verso il mastio, iniziando a salire i gradini a perdifiato. “Tutto pur di non vedere più il gozzo di Sior Panza tremolare ad ogni ‘azzo.”
Ebbe modo di origliare alcune voci, mentre si ultimavano i preparativi. Dicevano che il Randagio aveva camminato a mezz'aria sopra il fossato, che le corde degli archi si spezzavano prima di scagliare le frecce, che era arrivato per spodestare il Signore.
Avevano quasi finito di apparecchiare il tavolo d’accoglienza con la carne ed il vino, quando gli occhi di tutti si spostarono verso il fondo del salone.
Almo Zerran, Signore di Castel Tramonto, aveva preso posto sul suo seggio di velluto rosso in cima alla pedana. Le occhiaie profonde, il volto scavato, i capelli grigi e scompigliati.
A destra sedeva la sua algida Signora, con lo sguardo perso nel vuoto, come sempre. A sinistra stava Vaerland, il primogenito, dritto in piedi, armato e con in pugno lo scudo di famiglia, un esagono a spicchi neri e arancio. Sulla parete, alle loro spalle, la grande vetrata che di sera lasciava filtrare gli ultimi raggi del Sole.
Tutti si disposero immediatamente secondo il loro ruolo. I membri della famiglia ed i protetti affianco alla pedana, le guardie lungo le pareti piene di arazzi e tra le colonne di marmo rosa. Javier si stava aggregando al resto della servitù, vicino alla parete d’ingresso, quando Sior Panza sbraitò:
<<Che ‘azzo fai qui? Stai accanto alla porta, devi andargli incontro appena entra, vai!>>
Solo allora gli fu chiaro il suo scopo nel salone. “Nessuno ha la più pallida idea di cosa sta succedendo e mandano avanti il servo più giovane, senza una famiglia. Quello sacrificabile.”
Tre colpi secchi dell’asta di una lancia contro il pavimento.
Un nodo gli si formò in gola.
Il portone di bronzo si aprì con un leggero cigolio.
Javier aspettava, a destra dell’entrata. Un senso di assurda inevitabilità aveva ormai preso il sopravvento. “Ha così tanti nomi... il Randagio, l’Ultimo Mago, l’Immortale... e un altro che non riesco a ricordare. Magari non mi farà niente se lo chiamo col nome giusto.”
<<Randagio va più che bene.>> esordì una voce forte e calda, come pioggia d’Estate.
Se lo ritrovò davanti all'improvviso e gli venne subito in mente l’altro nome che prima gli sfuggiva. “L’Uomo Nero.”
Javier aveva sentito parlare della gente marrone, ma non ne aveva mai visto uno. La sua pelle era più nera del caffè, in netto contrasto con la lunga coda di capelli ed il pizzetto, completamente bianchi. Qualche ruga attorno agli occhi, iridi verdi come le profondità di un bosco.
Si rese conto di avere la bocca aperta. Ripresosi, tese le braccia in avanti. <<Il sorb... Il soprabito...>>
Il Randagio guardò per un attimo la lunga giacca che indossava, una accozzaglia di toppe diverse: Scaglie rosse, cuoio nero e squame verdi. <<Le braccia di un uomo sono fatte per molte cose, abbracciare un amico, arare la terra, suonare... non per reggere il vestito di qualcun’altro.>> rispose, dandogli una leggera pacca sulla spalla.
<<P-prego, si accomodi. Come posso servirla?>>
<<Grazie. Mi servo da me.>> e si sedette, con le gambe accavallate sopra il tavolo.
Solo allora Javier si accorse del tozzo cane nero che trotterellava al seguito del mago, annusando rumorosamente l’aria. Nel completo silenzio della corte, il Randagio prese a sorseggiare del vino mentre allungava dei bocconi di manzo al suo compagno dal muso schiacciato.
Javier, compreso di non poter far altro, si ritirò verso il fondo del salone, insieme agli altri. Sul volto del maggiordomo Panza intravide una smorfia, segnale di una futura punizione.
<<Benvenuto nella mia umile dimora.>> Almo Zerran ruppe con voce stentorea l’imbarazzante momento. <<Le bestie, però, non sono ammesse.>>
<<Bestie? Ah, ti riferisci a Ombra.>> rispose il Randagio. <<Non preoccuparti, non è pericoloso... basta non dargli fagioli.>> con un cenno della testa indicò il cane, tutto intento a guardarsi attorno.
Vaerland sbottò. <<Come osi?! Razza di...>>
Almo mise subito a tacere il figlio, si raddrizzò sul seggio e proseguì. <<Sono cinquant'anni che il Monarca ha proibito l’uso della magia. Spero che Lei si renda conto dell’enorme rischio che sto correndo per il solo fatto di ospitarla.>>
<<So bene quanto può essere implacabile l’ira del Monarca, dopotutto era un mio allievo. E per la precisione, sono quarantanove, gli anni.>> il mezzo sorriso sulle labbra del Randagio svanì.
<<Dunque cosa l’ha spinta in queste terre, Randagio?>>
<<Un nuovo allievo. Sto cercando qualcuna, o qualcuno, a cui insegnare le arti magiche. C’è qualche volontario?>> lasciò cadere questa domanda tra il mormorio crescente della corte, mentre si dondolava sulle gambe posteriori della sedia.
Il Signore del castello prese un profondo respiro prima di rispondere. <<I Zerran sono fedeli al Monarca dai tempi del padre di mio padre. Nessuno della mia famiglia ti seguirà in questa follia.>>
<<Ottima risposta. Le spie del Monarca saranno contente di averla sentita.>> sospirò. <<Non avrò un allievo Zerran, allora. Anche se non so chi, di noi due, sia il più sollevato.>>
“La sua insolenza costerebbe l’esecuzione a chiunque.” Pensò Javier. Ma l’unica reazione del Signor Almo fu stringere i braccioli del seggio e serrare le mandibole. “Forte con i deboli, debole con i forti, troppo facile.”
<<Forte con i deboli, debole con i forti, troppo facile, già.>> sentenziò mestamente il Randagio.
Javier sentì un tuffo al cuore. I suoi pensieri erano finiti sulla bocca del mago. Distolse lo sguardo in preda al panico e notò che Ombra lo stava fissando.
<<Va be', visto che nessuno si fa avanti... Prendo lo sguattero.>> disse il Randagio, puntandogli il dito contro. <<Sempre che a lui stia bene.>>
La testa prese a giragli mentre la sorpresa tagliò il respiro. Sentì le persone vicino a lui allontanarsi lentamente.
<<Tu. Entri in casa mia, ti servi alla mia tavola, parli di magia e adesso pretendi... pretende di andarsene con uno dei miei servi? No. Non glielo permetto.>> ordinò il Zerran, visibilmente sconvolto.
<<No. Sei tu che non puoi permettertelo, ne andrebbe della tua autorevolezza.>> il Randagio si alzò. <<Facciamo così. Se mi dici il nome di quel ragazzo, resta. Altrimenti ce ne andiamo. E se provi a fermarci renderò la tua dimora ancora più umile.>>
Almo rimase sbigottito, con gli occhi che cercavano freneticamente qualcuno che gli suggerisse un nome.
Javier era ad un passo dallo svenimento. “Tutto questo è troppo. Voglio solo tornare a letto.” Chiuse gli occhi per isolarsi da quel mondo, ma le sue orecchie sentivano.
<<Phaedro?>> sussurrò qualcuno.
<<Ma non era Sguattero?>> rispose una voce familiare.
<<Hander? No, forse Jerome!>>
“Tutto questo è troppo.”
<<Javier.>> disse, con voce spezzata. <<Il mio nome è Javier!>> urlò. <<E me ne vado col Randagio.>>
Non si era mai sentito meglio in tutta la sua vita.
<<Bene. Immagino che tutto quello che possiedi tu ce l’abbia addosso, quindi possiamo partire subito.>> concluse il mago.
Appena Javier mosse un passo verso l’uscita, Almo tuonò, in piedi: <<Bada bene, sguattero. Se mai rimetterai piede nelle mie terre, considerati morto.>>
<<Bada bene, Almo.>> ribatté il Randagio, di spalle. <<Se mai rimetterà piede nelle tue terre, prega che sia di buon umore.>>
L’aurora schiariva la foschia sulle pianure intorno a Castel Tramonto, mentre l’Ultimo Mago e il suo nuovo allievo camminavano verso Est, seguiti da Ombra.
<<Non oso immaginare la quantità delle domande nella tua testa in questo momento... ma lascia prima a me chiederti una cosa. Dimmi, Javier, secondo te come ho fatto a superare incolume le guardie, ad ascoltare i tuoi pensieri, a umiliare quel vecchio nobile impunemente?
<<Con la magia?>> rispose timidamente.
<<Rispondono tutti così.>> sogghignò il Randagio. <<No, con l’immaginazione. Le mie minacce, per esempio, erano vuote, come tutte le parole. È stata la fantasia di Almo a riempirle e a dar loro potere. Certo, con la magia avrei potuto radere al suolo l’intero castello, ma è uno spreco di energie che non posso più permettermi.>>
Dopo una breve pausa, continuò: <<Ricorda, la magia la fanno i maghi, ma è l’immaginazione a fare un mago. Considerala la tua prima lezione.>>
<<Sì, Mio Signore.>>
<<Prima di tutto, appartengo solo a me stesso. Non sono tuo. E poi te l’ho già detto, Randagio va più che bene.>>