C'è tempo fino a stasera alle ore 21. :)
Grazie, mi scuso per non aver letto in alto, dove veniva già detto.
Megacontest di scrittura creativa
Titolo: Ore confuse della notte
Caratteri: 7.922
Ore confuse della notte, la malinconia non è uno stato d’animo.
L’ha già detto qualcuno, ne sono sicuro. Non dovrei iniziare la registrazione dei miei pensieri citando qualcuno. È un po’ squallido, ecco. Vagamente impersonale. Totalmente privo di fantasia.
Cosa che io non sono.
Potete non crederci, visto che non sono in grado di attaccare discorso senza qualche frase fatta.
Cosa non vera nemmeno questa.
Non ci credete? Andate a controllare un’altra pagina a caso di questo registro, allora, e vedrete se non ho ragione. Pagine ricche di poesia, pennellate ora a tocchi tenui e delicati, ora calcate con furia cruda e violenta. Vivide immagini di scarna realtà, pugni negli occhi di chi guarda, oppure ameni quadretti, rassicuranti nella loro falsità. Tutta farina del mio sacco, tutto frutto della mia fervida immaginazione.
Dite che non dovrei vantarmi così di m stesso? Sbandierare a questo modo il mio genio? È un po’ narcisista, dite? Vanaglorioso? Immodesto? Realista, dico io.
Ma andate, ve ne prego, e vedremo se non mi darete ragione! Milioni di pagine di cronaca dettagliata, ma con quel pizzico in più, con quel qualcosa di sopraffino, che trasforma una vita normale in un qualcosa di avvincente. Un po’ ritoccata, ecco. Aggiungi un dettaglio là, togli un particolare qua e condisci con riflessioni profonde e aneddoti straordinari. Semplice, no?
Ora magari mi state mal giudicando, perché il mio stile attuale non ha nessuna delle meraviglie che vi sto descrivendo. La verità è che ho bevuto qualche goccio di troppo. Sono confuso, come vi dicevo.
Per farvi capire, il lampione mi sta parlando. Lo fa spesso quando mi trovo a brancolare di notte, mezzo sbronzo, per questa parte della città. Mi racconta delle persone che vede durante la giornata, come la bambina viziata che ogni giorno gli passa davanti piangendo per un capriccio nuovo. Mi sta giusto raccontando della giovane coppia di innamorati che mi ha preceduto sotto la sua luce. È un po’ stizzito, a dire il vero, dalle loro effusioni. Ma cosa volete farci? È un lampione un po’ vecchiotto, ragiona all’antica.
“Ai miei tempi…!” e poi giù di borbottii. È un gran brontolone.
Quando attacca con le sue filippiche ammetto che non lo sto più a sentire. Mi estraneo e continuo la compilazione delle mie memorie.
Diario di bordo, giorno 13125.
Sì, mi piacerebbe, ma a bordo di che cosa navigo, esattamente? La nave della vita? Troppo banale. Retorica scontata e filosofia spicciola, non vale nemmeno la pena di soffermarcisi sopra.
Dovete capire che a me non piace copiare. Se una riflessione l’ha già formulata qualcuno, molto bene, meglio per lui, mi complimento. Ma io lascio perdere. Che bisogno c’è di ripetersi? Certo, non posso essere sicuro di essere originale al cento per cento. Cosa ne posso sapere se un ragazzo dall’altra parte del mondo ha avuto la mia stessa intuizione? Per farvi un esempio: magari, proprio ora, un piccolo genio in una scuola media di Tokyo, Giappone, sta procedendo in complicati calcoli e ragionamenti per dimostrare che la gravità è un orsacchiotto. Sì, avete capito bene, la gravità è un orsacchiotto. Almeno, questo è quello che penso io, e anche quel ragazzino giapponese. Vi state chiedendo come un pensiero tanto assurdo possa essere entrato nella testa di ben due persone al mondo? Signori, siamo sette miliardi su questa terra! Bisognerebbe piuttosto chiedersi come mai non sia venuto in mente anche a qualcun altro! Probabilmente siamo in centinaia, a desso, a riflettere su questo problema. Sì, voi compresi, inutile mentire. È un pensiero affascinante, non trovate? Ti attanaglia la mente. Pensi di essertelo scordato, e improvvisamente un orsetto pacioccone fa capolino da dietro un angolo della tua mente.
Che senso ha? Ma nessuno ovviamente!
E non intendo nemmeno scervellarmi per assegnargliene uno, come quel ragazzino giapponese. Sempre che esista, ben inteso. Il ragazzino. Ma anche il senso.
Mi piace pensarlo, tutto qui. Trovo che abbia un bel suono.
Ed è un pensiero mio, tutto mio. E forse di quel Giapponese. E forse anche di un Russo, un Argentino, un Canadese, un Keniota, un Australiano. Forse persino di un pinguino in Antartide. Forse. Ma per ora è mio.
È inutile dite?
Lo so, ma cosa importa? È mio, punto. Andate e diffondete.
Vi sto annoiando con le mie riflessioni? Mi dispiace, ma cosa volete farci? Anche io mi sto annoiando. Sono seduto a parlare con un lampione che si lamenta della degenerazione dei costumi, vi pare un finale di serata avvincente?
Guardo la sua luce che si accende e spegne concitata, infervorata dall’acredine.
Cosa avevate capito, che sentissi la sua voce? Non sono mica pazzo, lo so che gli oggetti non hanno voce. Come potrebbero? Non hanno né bocca né corde vocali. Per quanto ne so non respirano nemmeno.
Il lampione comunica con me in codice Morse. E no, non è rotto. La riconosco la differenza tra un lampione rotto e un lampione che parla. La luce rotta è monotona, ripete sempre le stesse sillabe, è balbuziente. Questo lampione invece ha una bella parlantina fluida, è un gran chiacchierone, ma ogni tanto fa anche delle pause e mi ascolta. Non molto spesso in verità. Dice che lo annoio.
Oh, sì, io, un navigato racconta storie, che annoio un vecchio lampione brontolone. Robe da pazzi. La verità è che non è in grado di apprezzarmi. Cosa aspettarsi, d’altronde, da uno il cui massimo interesse è scoprire un repellente universale per tenere alla larga i cani? Che poi, su questo punto devo dargli ragione, nemmeno a me piacerebbe se quelle bestiacce facessero i loro bisogni sulle mie gambe. Non è il fulcro della mia esistenza, però, ecco tutto.
L’immaginazione, la ricerca del nuovo, è questo che tiene sveglio il mio interesse! Anche la quotidianità, non fraintendete. Vi dirò di più, soprattutto la quotidianità, nei suoi particolari più peculiari.
È per questo che tanto spesso vengo qui ad ascoltare le lamentele di un vecchio lampione, per le storie che ogni tanto racconta, che io raccolgo, riscrivo. Questo non è copiare, questo è adre nuova vita, universalizzare. E poi non riferisco pedestremente le sue parole, ma ricamo, mescolo, ritocco. Nel prodotto finale c’è un po’ di suo, un po’ di mio e un po’ del mondo. Non ho mai pubblicato, se proprio volete fare i fiscali, le mie storie me le tengo per me, quindi non faccio proprio nulla di male.
Potete controllare, sono tutte raccolte qui, in questo registro, in bell’ordine. Da 1 a 13125, che sarebbe questa pagina che state leggendo.
Il giorno 1 è il più bello. È impregnato di vita e ricco di colori, odori, sapori e ogni altro genere di sensazioni. E come potrebbe essere altrimenti? È il giorno della mia nascita! Se non si è vivi quando si nasce, mi chiedo quando lo si possa essere. Quando si muore, forse?
Le prime pagine sono tutte in quello stile, poi la storia si sviluppa in modo variegato. Ci sono pagine peggiori e pagine migliori, grandi slanci d’ispirazione e precipitose cadute di stile. Ma tutto sommato è una bella storia. E non lo dico solo perché è la mia.
Non giudicatela da quello che state leggendo adesso, ma tornate indietro, per favore. Voltate le pagine, leggete dall’inizio, vedrete che meraviglia è questo diario, quanta vita sprizza da ogni macchiolina d’inchiostro.
Non è difficile, basta prendere uno di quei macchinari da ospedale. Fatemi una radiografia, se volete, o una tac, ancora meglio, e poi andate a spulciare i meandri del mio cervello.
O se siete tipi alla buona, come sono io, prendete un’affettatrice e tagliate una fettina, una minuscola porzione dei miei neuroni, e dategli un’occhiata. Non ve ne pentirete, lo prometto.
La luce è spenta e io sono solo. Non gli ho dato retta e la cosa l’ha stizzito. Non preoccupatevi, gli passerà, ama troppo ascoltarsi per lasciarsi sfuggire l’unico uomo che gli da retta.
Mi alzo. Non è stata una giornata proficua, ma non importa. Ne verranno di migliori. Nuove pagine, più belle, più ricche. Per questa notte basta così.
Lights out.
Metto il mio. Pur senza revisione per mancanza di tempo (finito ora). Spero che non troverete troppi strafalcioni.
Megacontest di Scrittura Creativa
- Ciao papà! -
- Ciao! -
- Come stai? -
- … -
- Eeeeee… Dai, è un modo di salutare. Come va? -
- … -
- … Ma come accidenti ti devo salutare? -
- Basta un ciao. -
- Ok. Ciao! -
- Ciao! Sei tornato! Non credevo che ti saresti fatto vivo così presto. -
- Poi dici a me… -
- Dai. Questo è il tuo sogno, ma io sono morto. Concedimi la battuta. -
- Ma perché sei tutto bruciacchiato? -
- Lascia perdere, va… -
- No. Dai! Racconta. -
- E’ una storia lunga che parte dalle mie visite alla zona fantasy. -
- Che? -
- Devi sapere che anche i personaggi di fantasia hanno il loro spazio qua. -
- Spiegati meglio. -
- Ogni personaggio che viene creato ha un’anima e quindi, quando muore, anche solo una volta, viene qua. Ed hanno il loro spazio. Separato dagli altri per non creare troppa confusione, anche se comunque ogni zona può essere visitata sia da loro che da noi. Devo anche dire che qualcuno arriva e se ne va. -
- Ah ah ah! Mi ricorda qualcosa. Ma hanno anche il piano terra e l’interrato? -
- No. I cattivi sono cattivi perché dipinti cosi. È invenzione. -
- Ma cosa fai quando vai lì? -
- Quello che faccio di solito da quando sono morto: cerco di far passare il tempo. Abbiamo anche organizzato un torneo di scopa. Io sono in coppia con Yoda. –
- Ma come ti è venuta questa idea? -
- Mi sono addentrato in quella zona per conoscere meglio quelle storie che ti appassionano tanto. Poi mi sono fatto coinvolgere dalla loro noia e ho finito per organizzare il torneo. Però ci sono spesso problemi. -
- Tipo? -
- Bé. Ad esempio, ogni volta che Joda gioca una carta di spade laser, fa praticamente a fettine un tavolo; Quando il tuo Robert Baratheon gioca una carta di coppe, si mette a gridare “vinoooo”, o anche il tuo Tywin Lannister, ogni volta che gioca una carta di denari, fa una flatulenza e comunque spesso viene sfottuto dagli altri che lo salutano “nano-nano” e gli chiedono se è vissuto sperando… -
- Perché “mio Lannister”? Prendi in giro? -
- Certo. -
- Non mi hai ancora spiegato perché sei tutto bruciacchiato… -
- Ho voluto dare una mano a un uomo che un altro, un gigante, chiama Egg. Di nascosto lo chiamano il Re Delle Uova. È pieno di Re qui, così che non lo è nessuno realmente… -
- Aspetta, ti interrompo per spiegare a chi legge che parliamo di Aegon Targaryen, quello che nel libro “Il Cavaliere Dei Sette Regni” è soprannominato Egg. Potrebbero non averlo letto tutti, e non racconto altro per non essere punito come spoileratore… -
- Ma… non hai niente da fare… -
- Vai avanti. -
- Non pensi di avere bisogno di una donna fissa? -
- Per me è divertente. Al bar a bere una birra dopo l’altra ci ho passato già abbastanza tempo, e poi… -
- Va bene, va bene. Ho capito. -
- Dai! Vai avanti. -
-Eh. Egg voleva ancor provare a far schiudere le uova di drago… -
- E li hai aiutati? Non era meglio convincerli a desistere? -
- Ci ho provato…ma dopo aver saputo che la sua discendente è riuscita a farle schiudere, il tipo si è incaponito ancora di più e a nulla è valso fargli notare che se le uova si trovano qui, è perché ormai non c’è più niente da fare. Quello che c’era dentro ormai è morto. -
- Cambiamo argomento. Raccontami qualche aneddoto. -
- Io e Joda ci siamo messi a fare scherzi. -
- Ma daaaaiii. Devo ammettere che non me lo aspetterei da nessuno dei due. -
- A volte lui si apposta tutto appallottolato ai bordi di un sentiero. E io mi metto lì a fissarlo. Quando passa qualcuno mi chiede cosa fisso e io dico che sto cercando di capire di quale tipo di ortaggio si tratta. Quando la vittima si avvicina lui o balza in piedi, oppure apre un occhio o si mette a parlare … - osservare devi meglio tu per capire. - Si spaventa chiunque.
- Ahahahah. E vi è sempre riuscito? -
- Insomma. L’altro giorno eravamo a piano terra. E c’erano in libera uscita, una volta tanto perché di solito le tengono segregate per i casini che ti ho raccontato l’altra volta, le due donne, quella bionda e l’imperatrice. Quando l’hanno visto l’hanno accarezzato. A lui si sono rizzati tutti i peli e quando si sono accorte che non era un ortaggio hanno continuato. Poi sono intervenute le guardiane perchè le due non possono avere contatti con altri esseri viventi. L’ho portato in giro inebetito e con gli occhi sbarrati per tutto il giorno. -
- Ma scusa, chi le vigila? Degli angeli? –
- See, proprio quelli. -
- Quando erano segregate all’inizio c’ereano loro, poi hanno cominciato a trovare delle piume tra i vestiti, nel letto e nella biancheria delle due, e così hanno cominciato a mettere con loro delle vecchie suore. E siccome non si poteva essere sicuri nemmeno con loro. Ci hanno messo delle belve. Ma qualcuno dice in giro che sembra che sorridano beate anche quelle… -
- Senti, non è che hai visto in giro uno che si chiama Rhaegar? Vorrei che gli chiedessi alcune cose per me. -
- So chi è. Niente da fare. Ho già provato. Volevo farti una sorpresa, ma dice che non vuole tradire lo zio. E lo stesso vale per tutti gli altri. -
- Immaginarsi…però, se lui sa che cosa è successo, vuol dire che è già stato scritto… interessante… hai già provato anche con Ned?-
- Si. Ma trovarlo è stato molto difficile. -
- Perché? -
- Perché all’inizio lo cercavo con l'aspetto di quello della serie… e ce no sono più di trenta uguali. Uno per ogni personaggio morto interpretato dall’attore. E quando ho trovato quello giusto… purtroppo, anche volendo, non avrebbe saputo dirmi niente. -
- Perché? -
- Perché quello della serie, quegli avvenimenti che tu vorresti conoscere, non li ha vissuti. -
- E l’altro? -
- Bocca cucita. -
- Qualcosa si potrebbe sapere procedendo in un altro modo… -
- Ho capito. Ti dico subito che non è arrivato… -
- Quindi è vivo! -
- …Ma non potrai raccontarlo a nessuno. -
- Va bene. -
- Davvero! -
- Ho detto va bene! Mi sembri uno di quei guardiani-moderatori rompiscatole del forum. -
- E chi ti dice di essere l’unico a poterti collegare in sogno con un parente nell’aldilà? -
- Che vuoi dire? -
- Niente. Meglio che tu non lo sappia per ora. Riprendiamo la nostra discussione. -
- E l’altro presunto morto? È arrivato? Quello g...-
- Shhsshhhh. No. Non è arrivato nemmeno lui
- Draghi? Ce ne sono? -
- Si. Ogni tanto puoi vederli al guinzaglio che li portano a passeggio. E si fanno anche qualche volo addestrato. -
- Non bruciano niente? -
- No. Ci provavano, ma ormai hanno capito che non funziona. Qui al massimo ti stendono con l’alito che, ti assicuro, è peggio del fuoco. A volte li portano al piano interrato per farli sfogare e risparmiare sull’energia. Ma cosa gli fanno fare di preciso non lo sa nessuno. -
- Si può immaginare. Ma non puoi davvero dirmi niente, non ti hanno detto niente? Tipo i genitori di quello, chi ha ucciso quell’altro, chi ha dato certi ordini… -
- Niente. Devi aspettare che lo zio finisca di scrivere, o che venga qui. -
- Ma se poi non dice niente… -
- Se dovesse arrivare senza aver scritto tutto, abbiamo già l’autorizzazione degli angeli ad usare qualsiasi mezzo per convincerlo a parlare. Anche le due segregate, che leggono molto quando sono in cella, si sono offerte di usare i loro mezzi per convincerlo. -
- E se poi racconta balle? -
- Qui non si può dire bugie. -
- Cambiamo argomento, che questo mi sta facendo arrabbiare. I due con i baffi, quelli di cui non si possono pronunciare i nomi e che si erano fatti tanta guerra, sono saliti ancora? -
- Si. E si ride parecchio. -
- Perché? -
- Perché ogni volta che mister baffetto vede la ragazzina con il diario, quella che gli aveva tirato il calcio nelle balle, si mette a correre e scappa. E l’altro dietro a tutta velocità, anche perché ce ne sono molti che vorrebbero fare loro qualche servizio simile. -
- Dici che il racconto nonsense può dirsi concluso?
- Si dai. Meglio che lo rileggi veloce e lo mandi. Manca poco. -
- Ok. Alla prossima. -
- Alla prossima. -
lll Megacontest di Scrittura Creativa.
Venix
La pioggia batteva senza tregua su Venix.
Sulle sue grigie strade, sui lidi d’acciaio. Sul grattacielo della I-DEA e sulla metro in sospensione. Batteva sulle sue anime e sui pensieri di Rickard Carven.
“Quanto ci mette? E quando la smette di piovere? Mi sembra di stare in un maledetto film noir.”
Al riparo, sotto un pilone, mentre il sapore dell’ultima sigaretta stava svanendo e la giacca di pelle iniziava a puzzare di cane bagnato, arrivò finalmente la piatta vettura di ordinanza della Safe Link, accompagnata da quel suo solito silenzio elettrico.
<< Buongiorno Bitt. >> disse, appena salito stancamente in macchina. Un forte odore di ozono fritto e in sottofondo una canzone rock, lenta e cupa.
[ Data la natura del nostro caso, le analisi statistiche sui casi di omicidio e le previsioni meteorologiche, la nostra giornata ha una probabilità del 4,2 % di rivelarsi buona secondo gli standard medi. ]
Bitt era un agente della cooperativa di vigilanza, era il suo collega, ed era un robot. Un Mc-Cop 5, Il terzultimo modello progettato dalla I-DEA. Un esoscheletro squadrato blu opaco, esile e ammaccato, con il rotondo logo della Safe Link sul petto: due anelli di catena bianchi su campo rosso. Al posto della faccia uno schermo azzurro fisso su un emoticon serio.
<< Cristo, mi sa che vogliono farci fuori. Un omicidio hai detto? >> disse Rickard a denti stretti, mentre si accendeva una sigaretta, la settima da quando si era alzato nel cuore della notte.
[ Uno. ]
<< La Safe Link ha stipulato da neanche una settimana il contratto per vigilare questo quartiere di Venix, pagando fior di Quartz al sindaco, e affidano a noi il primo caso di omicidio della zona? >>
[ Uno. ]
<< A noi? Un detective in crisi depressiva e un robot difettoso da rottam... >> Rickard non se la sentì di finire la frase. Con la coda dell’occhio gli sembrò di vedere per un istante, un solo lunghissimo istante, i pixel della bocca di Bitt curvare verso il basso, uno emoticon triste. “Non dovevo dirlo.”
<< Lascia stare. Sai che parlo a sproposito, non crederai a tutto quello che dice un detective depresso? >>
[ Zero. ] rispose Bitt col suo tono metallico. [ La Centrale ha ricevuto una chiamata 17 minuti fa da parte del proprietario del cybordello Sex Machine. Dice di aver trovato uno dei suoi clienti con il collo spezzato. ]
<< Tsk. Inizia a scaricare la cronologia delle attività criminali nelle vicinanze e incrocia i dati con i frequentatori abituali di cybordelli... >> tirò a fondo dalla sigaretta. << ... e prepara gli scan per la scena del crimine. >>
[Ti devo avvertire Rick. Mancano 6 minuti alla destinazione e fumare tabacco organico nuoce gravemente chi ti sta intorno. Secondo la Direttiva Searle ti ordino di cessare questa attività, altrimenti sono autorizzato a neutralizzarti. ]
Il mozzicone restò a stento tra le labbra spalancate di Rickard, mentre Bitt volgeva lentamente il suo schermo verso di lui, mostrando un emoticon sorridente.
<< Cristo, Bitt! Credevo di essere finito in un racconto di Asimov! >>
[ Non crederai a tutto quello che dice un robot difettoso, vero? ]
Rickard non riuscì a trattenere un sorriso, mentre gettava il filtro della sigaretta dal finestrino.
La verità era che Bitt stava diventando sempre più strano. Negli ultimi mesi aveva iniziato ad ascoltare musica, esprimere opinioni, riflettere sul suo futuro, e adesso manifestava il senso dell’umorismo. “Fortuna che si comporta così solo con me, se i programmatori della I-DEA vengono a saperlo...” quel pensiero non piacque a Rickard. “ Ma in fondo, cosa me ne importa? Cos'è Bitt? Solo un robot, solo un agente della Safe Link, solo un collega, solo... un amico?” Questo pensiero lo mise in un disagio inconfessabile.
Il resto del tragitto fu scandito dal ritmo del tergicristallo e dalla solita canzone.
<< Ma non ti stanchi mai di ascoltare la stessa musica, vecchia di un secolo? >>
[ Welcome to the Machine, Pink Floyd, 1975. E Zero. La bellezza di una cosa è indipendente dal numero di volte che viene esperita. Ancora non capisco come fate a perdervi l’alba ogni giorno. ]
<< Siamo arrivati, comunque. Accosta e fa parlare me, questi magnaccia di robot del sesso sono tutti dei rompiballe. >>
Il proprietario li aspettava davanti all'entrata. Un uomo grasso, di mezza età, grosse occhiaie, visibilmente sconvolto.
<< Vi prego, non mi taggate co’sta storia! Vi prego, mi fanno chiudere! >> supplicò ad alta voce, venendogli incontro. << Non ho visto niente, lo giuro! Non c’entro niente! >>
<< Agente Rickard Carven, Safe Link. Questo è il mio supporto tecnico mobile, si calmi e ci mostri il luogo interessato. >>
Il cybordello non era altro che una vecchia palazzina tappezzata da squallide insegne al neon rosse.
[ Ha subito danni fisici, Signor rompiballe? ]
<< Cos...? Agente! Il suo robot mi ha appena dato... >>
<< Io non ho sentito nulla. Adesso ci porti nella stanza dove è avvenuto il fatto, per favore, e spero per lei che le telecamere di sicurezza siano funzionanti. >>
Mentre salivano la rampa di scale, Rickard chiese a Bitt se aveva trovato qualcosa nei dati in memoria riguardanti il locale.
[ Zero risultati significativi. Due denunce di furto negli ultimi 10 mesi ed una tentata rapina 3 anni fa. ]
<< Tsk. Speravo in qualcosa di utile. Ma alla fine resta solo un ritrovo per disperati con pochi Quartz e troppa paura di beccarsi una malattia. >>
[ Ridefinizione di malattia: pagare per simulare un accoppiamento con una macchina dalle fattezze femminili non è sintomo di malattia? ]
<< Ma che caxxo c’ha il tuo robot? Ce l’ha con i miei clienti perché se la spassano con le sue sorelle robotiche? >> Ansimò il proprietario.
[ Non dico cosa sembra quando usate lo spazzolino elettrico. ]
<< Ci siamo, giusto? >> intervenne Rickard.
<< Sì, sì.. la camera 3 e 18. >>
<< OK. Torni pure al piano terra e non si allontani, grazie. >>
Il rosa shocking delle pareti esaltava il nudo pallore dell’uomo riversato ai piedi del letto, prono ma con la faccia rivolta la soffitto, stempiato, sulla quarantina. Seduta sul letto, con la schiena appoggiata alla testata e le gambe aperte, stava inanimata la prostituta robot, con le sembianze di una giovane donna asiatica. La puzza di sudore e lattice si alternava al profumo di vaniglia.
[ Identificazione: La vittima è Timothy Rurke. Un ex agente della City Light. ]
<< La cooperativa che gestiva la sicurezza del quartiere prima di noi? >>
[ Uno. ]
<< Hai raccolto i dati dalla scena? >>
[ Prima scansione: Le uniche tracce organiche appartengono alla vittima. ]
<< Le telecamere? >>
[ Escluso il proprietario, Il circuito esterno non ha registrato alcun individuo in entrata o in uscita dalla camera a partire dalle 4:30, orario stimato del decesso. ]
<< Ma come è possibile? >> La direzione che avevano preso i suoi pensieri iniziava ad angosciarlo. “L’unica soluzione rimasta... non è possibile. Dopo il massacro di Kandahar, il protocollo di Beijing... mai più, mai più un omicidio artificiale... “
{ Benvenuto, agente Carven. Benvenuto al primo vagito di Res Cogitans. }
La voce, sottile e stridente, veniva dalla bocca aperta della donna robot. Le sue piccole pupille nere lo fissavano. Il panico si impossessò di Rickard, mentre la sua mano destra si portava alla fondina.
{ La verità è una putxxna.
Ed il tempo con lei sta per scadere.
Allora guarda il dito, non la luna.
Allora chiediti cosa, non il perché.
E ricordati di dimenticare. }
Dopodiché, il ginoide tornò inanimato. Un silenzio innaturale piombò sulla stanza.
Rickard sbatté gli occhi un paio di volte e deglutì.
<< Tenta una decriptazione di quel messaggio. >>
[ Tentativo fallito. Nessun codice individuato. Sto googolando... Sembra solo un insieme sconnesso di citazioni e proverbi. ]
<< Se questo era il suo primo vagito, non voglio assistere alla sua adolescenza. >> Disse a bassa voce, mentre apriva l’unica finestra presente, alla disperata ricerca di un po’ d’aria fresca.
Si passò una mano fra i lisci capelli neri, fradici di pioggia e sudore freddo.
[ Rick, come procediamo? ]
<< Un attimo. Devo riprendermi da questa scena stile horror giapponese. >>
“ La verità. Un ex agente... Il cosa, non il perché. Il primo. Il tempo sta per scadere. “ Trovare un senso in quelle frasi sembrava come rincorrere l’orizzonte.
<< Bitt... >> “ Contatta la centrale. Questo caso è troppo grosso per noi. “ << Cancella gli ultimi 5 minuti dal tuo video-rapporto ufficiale. Per favore. >>
[ Uno. ]
Rickard volse lo sguardo al cielo, ma non c’era la Luna. Un Sole giovane illuminava il cielo, completamente sgombro, di una chiarezza beffarda.
“ Perché ha smesso di piovere? “
L'ho modificato dopo averlo postato, ma ho modificato solo la grandezza dei caratteri. Mi erano venuti troppo grandi nel copia incolla.
MEGACONTEST DI SCRITTURA CREATIVA
TITOLO: Croce bianca.
CARATTERI: 5706
Stanchezza. Respiro pesante. Odore di muffa. Solitudine.
Freddo. Camino acceso. Bruciatura sul palmo, dolore. Album di fotografie, mangiato dal tempo. Vita.
Il vecchio senza nome gira la pagina, l'ultima pagina, e guarda indietro. Immagini, suoni e colori che si mescolano.
Lacrime. Un matrimonio. Il matrimonio che l'uomo senza nome aveva sempre sognato per sé e che invece fu sua figlia a vivere. Il vecchio guarda il suo sorriso, e ogni rimpianto si dissolve. Per sempre. "Va bene così", pensa. "Va bene così."
Un'altra pagina girata. Brandelli di nuvole, il cielo sembra essere un po' più azzurro.
"Papà", dice una bambina, e sorride. Il padre senza nome la guarda, e il suo sorriso è identico al suo, le fossette sulle guance, gli occhi che brillano. È identico, perché a sorridere glielo aveva insegnato lui.
Un'altra pagina girata, un altro sguardo indietro.
Solitudine. Tremito alla mano. Il giovane senza nome aspetta in una sala parto. Un'attesa di freddo e di buio e di luce e di paura. Perché lo sapeva, che la sua fidanzata era malata. "Non abortirò", aveva detto. "Preferisco rischiare, preferisco tutto."
Le dita del vecchio senza nome sfiorano la carta ingiallita dal tempo. Voltano la pagina su quella scelta. Non vuole vederlo, il funerale, quell'ultima frase, "si chiamerà Chiara".
Le pagine scorrono, scorrono, scorrono. Frammenti di luce, cristalli di vita, confusi, casuali, insignificanti, unici. Perduti. L'eco di una risata, il profumo di una margherita, il volo di un gabbiano sul mare, il riflesso segreto del sole sull'acqua.
Volta pagina un'ultima volta, poi si ferma. Il ragazzo senza nome ha le cuffie nelle orecchie, i pugni stretti e le labbra dure, mentre sbatte la porta di casa. "Lasciami in pace! Due anni, aspetta solo due anni, e me ne vado."
La voce irata di sua madre che glielo conferma, "a diciotto anni fuori di qui, se prima non impari il rispetto."
Rabbia che divora le lacrime e il gelo che pietrifica tutto. Pensieri che sfrecciano tra le lettere della parola suicidio. Fiori che sbocciano, laghi di silenzi e il soffio quieto del tepore. L'orlo di un abisso, la vertigine, il richiamo.
Il riflesso del sole sull'acqua brilla e scompare, cangia, fugge e ride, si prende gioco di lui. Vivere. Vita, all'ombra di una domanda, indissolubile, tacita e invisibile, senza risposta. "Alla fine, penserò che ne sarà valsa la pena?"
Pagina voltata. Il libro è quasi finito.
Il bambino senza nome ha una trottola tra le dita. Nell'ultimo tentativo riesce a fare il movimento giusto, la trottola gira e gira, i punti che diventano linee e le linee che diventano spirali. Il bambino senza nome ride, guarda sua madre, anche lei sta ridendo. Ride mentre i ricordi dello stupro scivolano via, gli occhi del bambino smettono di essere gli occhi del figlio del mostro e diventano gli occhi azzurri di suo figlio.
Una abbraccio, forte, improvviso. La trottola rotea ancora per qualche istante, poi fa un ultimo giro su se stessa e si posa a terra. La donna e il bambino senza nome sono ancora abbracciati.
Passi indietro. Il ricordo vivido di un gatto di stoffa, il sapore del latte, e poi il caldo, il caldo, il caldo. Caldo di un ventre materno.
Caldo sospeso. Torpore languido. Occhi chiusi.
Occhi chiusi.
Il vecchio senza nome smette di guardare indietro, cerca di voltarsi. Vuole voltarsi, ma non ci sono pagine nel libro, non ci sono mai state. La porta è sigillata. La porta non esiste.
Occhi chiusi.
Scintilla di vita.
Un attimo. Forse non è mai esistito neanche quello.
Un attimo, e poi il freddo.
La ragazza si chinò sulla croce. Una croce bianca.
Ne osservò a lungo le venature, alzò il dito per sfiorarle, ma la sua mano tornò lentamente a terra.
Una croce bianca.
Una croce senza nome.
Senza nome e senza storia. Mai esistito.
Bianco come il colore della sala d'aspetto della clinica . Bianco come il colore del vuoto, del nulla. Bianco come il colore dell'unione di tutti i raggi del sole, di tutti i colori. Infinite linee, infiniti frammenti di vita, infinite strade e infinite direzioni diverse cristallizzate nel segreto del bianco.
La ragazza chiuse gli occhi, cercò di immaginarla, quella vita. Un prisma che avrebbe rifratto il disegno del mondo, come una goccia che cade nel lago con migliaia di altre e ne cambia il disegno finale. Una tessera del grande mosaico, perduta.
Nessuno l'avrebbe mai saputo, nessuno se ne sarebbe mai accorto. Il mondo avrebbe continuato a girare.
La croce non ha un nome.
La ragazza continuò a perdersi nel bianco di quello scrigno senza chiave,.
Silenzio. Inviolabile. Incorruttibile.
Croce di legno morto.
La ragazza si portò le dita al viso, poi allungò la mano e la toccò. Non era fredda e non era calda.
Una lacrima rotolò giù dal dito della ragazza e si posò sul bianco. Non c'era un corpo sotto di essa, non c'era vita perduta, solo il sogno di un attimo e una domanda senza risposta.
Una lacrima. Tonda e perfetta. Poi scivolò al suolo, si infranse senza un suono. E del figlio del mostro rimase solo una croce bianca.
La ragazza si alzò, i suoi occhi vagarono per il cimitero, poi si chiusero. Provò a immaginare quella croce bianca con un nome, un volto, una parentesi nel fiume dell'eternità. Tornò a guardarla.
Dopotutto, tutte le croci erano uguali. Anche senza nome. Anche senza cadavere. Dopotutto, la fine era sempre la stessa. Non era un segreto.
Aveva già mosso i primi passi verso la casa quando si voltò. Esitò, poi le sue dita sfiorarono l'erba morbida del prato fiorito. Non strappò niente.
Raccolse una margherita, esile e secca. Bianca.
La posò sulla croce e la guardò per l'ultima volta.
"Va bene così", pensò la ragazza. "Va bene così."
Mi sono appena accorto di essermi dimenticata il titolo e tutto. Posso aggiungerlo ora o il testo è fuori concorso? Ah, e ho scoperto che dall'Ipad non abilita il corsivo.
Mi sono ricordato del contest alle 20.56. Suppongo siano cose che capitano.
SCADUTO IL TERMINE PER L'INVIO DEI RACCONTI!
Da questo momento in poi sarà possibile votare i racconti: ogni utente ha due voti a disposizione e sarà possibile votare fino a giovedì 2 ottobre alle 21.00. :)
Mi sono appena accorto di essermi dimenticata il titolo e tutto. Posso aggiungerlo ora o il testo è fuori concorso?
Mi sono ricordato del contest alle 20.56. Suppongo siano cose che capitano.
Formalmente non si potrebbe modificare il post dopo l'invio, ma dato che senza faccia ha cambiato la grandezza del carattere - e mi sembra insensato mandare fuori concorso un racconto per una cosa del genere - e la tua è stata una dimenticanza penso nessuno abbia niente in contrario se modifichi il post aggiungendo il titolo... (Se qualcuno è contrario lo dica ora o taccia per sempre ;) )
Formalmente non si potrebbe modificare il post dopo l'invio, ma dato che senza faccia ha cambiato la grandezza del carattere - e mi sembra insensato mandare fuori concorso un racconto per una cosa del genere - e la tua è stata una dimenticanza penso nessuno abbia niente in contrario se modifichi il post aggiungendo il titolo... (Se qualcuno è contrario lo dica ora o taccia per sempre ;) )Mi sono appena accorto di essermi dimenticata il titolo e tutto. Posso aggiungerlo ora o il testo è fuori concorso?
Mi sono ricordato del contest alle 20.56. Suppongo siano cose che capitano.
Grazie :)
SCADUTO IL TERMINE PER L'INVIO DEI RACCONTI!
Da questo momento in poi sarà possibile votare i racconti: ogni utente ha due voti a disposizione e sarà possibile votare fino a giovedì 2 ottobre alle 21.00. :)
ho una settimana un po' incasinata e non riesco a leggere tutto. Non si può prolungare? Non me la sento di votare se non li ho letti tutti.
almeno fino a sabato o domenica
Ci dispiace ma è già stato dato del tempo in più per inviare i racconti e alcuni sono stati postati da un po', per la chiusura delle votazioni riteniamo meglio mantenere giovedì. ;)
Mamma quanti racconti in extremis!
Devo fare una full immerscion :) di lettura...
e sono contento di vedere nomi di utenti di solito silenti ma anche un pochino dispiaciuto di non leggere certi soliti e graditi nomi.
Andiamo.
Non ce l'ho fatta.